about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Chi sarà mai, se voi, Donna, non ste,
1.2da cui mi viene ogni gentil pensiero,
1.3ch' ove per sé non pote erga la mente?
1.4Voi col favor che da voi stessa avete
1.5il bel vostro intelletto alzate al vero,
1.6che d' eterna virtù caldo et ardente
1.7tornando in voi, celesti alti concetti
1.8ovunque vòl negli altrui petti inspira:
1.9voi dunque sol, devoto e reverente,
1.10voi sola invoco, co' pensier ristretti
1.11intorno ai be' vostr' occhi, ove si mira
1.12cose remote dagli umani ingegni;
1.13inspiratemi voi con quel valore
1.14ch' ai secreti del ciel gli animi tira.
1.15Se vostro son, vostra virtù non sdegni
1.16donar a l' intelletto il suo favore,
1.17Ginevra, onor di questo secol nostro,
1.18troppo per voi felice, e aventuroso;
1.19deh rivolgete, o cara Donna, il core
1.20ov' è chi mai non fia d' altri che vostro,
1.21che mesto mi vedrete e lagrimoso
1.22dove Salerno il suo gran mar vagheggia,
1.23ov' alberga virtute e cortesia,
1.24cantar i vostri onor solo e pensoso,
1.25cercando sempre u' col pensier vi veggia.
1.26Conforme oggetto a la mia vita ria,
1.27ch' altro lunge da voi non è che doglia,
1.28angoscia, morte, lo mio stile ha preso:
1.29cantiamo dunque, o bella Musa mia,
1.30or che onesta pietà l' alma m' invoglia,
1.31or che di bei pensier m' avete acceso,
1.32di Piramo e di Tisbe i fieri amori.
1.33Là dove il gran Babel cinse di mura
1.34colei che 'l cor ebbe a grand' opre inteso,
1.35dove l' Eufrate bagna e l' erbe e i fiori,
1.36sotto maligne stelle, in questa oscura
1.37vita apersero gli occhi, ambi d' etate,
1.38ambi di beltà pari alta e gentile:
1.39e volse la lor fera empia ventura
1.40ch' un muro sol le lor case onorate
1.41partisse; Amor col tacito focile,
1.42ne l' età fanciullesca, e ancor in erba,
1.43ne' lor teneri cori accese il foco,
1.44tale, ch' avendo ogn' altra cosa a vile,
1.45mentre la pargoletta etate acerba
1.46i lor dolci sospir tornava in gioco,
1.47e consentiva a le lor prime voglie,
1.48i semplici pensier partiano insieme:
1.49dolce ricetto ad ambi era un sol loco,
1.50da che il caro Titon la vaga moglie
1.51lasciava a l' onde, fin che ne l' estreme
1.52parti de l' occidente andava il Sole,
1.53e mandava nel ciel la sua sorella:
1.54o lieta vita, se più ardita speme
1.55non fosse nata in lor; ma così vole
1.56chi ne regge e governa iniqua stella.
1.57Crebbe l' etate, e col cangiar degli anni
1.58cangiossi il puro e semplice desio,
1.59che viene e parte con l' età novella;
1.60e a far s' incominciar del cor tiranni
1.61pensier più arditi, dal cui grembo uscio
1.62nova speme, e desir caldi e cocenti;
1.63allor viver in altri, e in sé morire
1.64incominciar; et a pagar il fio
1.65di lagrime ad Amore, e di tormenti,
1.66che fece le lor guancie impallidire.
1.67Portar gli anni il desio, ma gli levaro
1.68l' agio d' addurlo a la bramata riva;
1.69la misera fanciulla con martire
1.70dal proprio padre, a cui gradito e caro
1.71era il suo onor, di libertà fu priva.
1.72O mondane venture! or che non pote
1.73brama quel che potea quando non volse;
1.74né più potendo, dagli occhi deriva
1.75amaro umor, e bagna ambe le gote:
1.76pensi chi prova amor qual duol s' accolse
1.77ne l' alme lor, ne' lor teneri cori,
1.78poscia che privi fur de' dolci sguardi,
1.79de le dolci parole; Amor si dolse
1.80seco più volte, e pianse i loro amori,
1.81il ben perduto, e conosciuto tardi;
1.82né potendo impetrar da' feri padri
1.83al giogo marital d' esser uniti,
1.84spinti dal duol degli amorosi dardi
1.85de' communi piacer divenner ladri:
1.86Amor li fece oltre l' usato arditi,
1.87e gli insegnava, e gli scorgea talora
1.88ove involar poteano i lor diletti.
1.89O potenza d' amor! quel che infiniti
1.90occhi non vider per molt' anni, allora
1.91vider gli accorti amanti: il mur che i tetti
1.92paterni divideva in parte aperto
1.93aprir il calle a le dolci parole;
1.94ove pieni di tema e di sospetti,
1.95con bassa voce il loro martir coperto
1.96si facean noto, a la fosc' ombra e al sole:
1.97indi solean a l' uno e a l' altro andare
1.98le lor dolci lusinghe e i lor sospiri
1.99senza timor d' alcun securi e sole;
1.100indi ciascun di lor solea accusare
1.101il muro adverso a' suoi dolci desiri,
1.102cui dicevan piangendo: Invido muro,
1.103perché del nostro duol diletto prendi?
1.104Perché con più pietoso occhio non miri
1.105i martir nostri, e 'l pianto acerbo e duro?
1.106Perché sì come il dolce fiato rendi
1.107de l' uno a l' altro, non lasci che insieme
1.108si congiungano i corpi amati e cari?
1.109E se pur troppo è ciò, ché ne contendi
1.110almeno i dolci basci, che la speme
1.111n' ha più volte promesso e i voler pari?
1.112Né però ingrati siam, ma ognun di noi
1.113ti rende grazie ch' abbi il varco dato
1.114a la voce, de' nostri casi amari
1.115fido messaggio; e 'l ciel preghiam che i tuoi
1.116sassi difenda con eterno stato
1.117dal tempo avaro, e da le sue ruine.
1.118Indi dal fosco de la notte spinto
1.119a forza a dipartir, prendea commiato,
1.120e le parti del muro a lui vicine
1.121basciava ognun di pallidezza tinto:
1.122ma non sì tosto la vermiglia Aurora,
1.123di gigli ornata il crin, cinta di rose,
1.124il ciel di bei colori avea depinto,
1.125che fean ritorno a sì dolce dimora.
1.126E poscia che più volte con dogliose
1.127voci, con mormorio basso, lagnati
1.128si furo invan de la nemica sorte,
1.129ciascun di loro ardito si dispose
1.130gabbar l' accorte guardie, e i dispietati
1.131parenti, e uscir de le paterne porte,
1.132e lasciar la città; ma perché errando
1.133non andasser d' intorno a l' ampio piano
1.134per queste e quelle vie lunghe e distorte
1.135l' un co' piè e col pensier l' altro cercando,
1.136dissegnan di trovarsi non lontano
1.137al sepolcro di Nino, là ove adombra
1.138il verde piano un gelso alto e frondoso:
1.139era del marmo a la sinistra mano
1.140un gelso antico, che con la fresc' ombra
1.141tenea un lucente e puro fonte ascoso,
1.142di bianchi pomi allor superbo e carco.
1.143Così tra lor fermato il lor disegno,
1.144aspettavan che 'l ciel lasciando ombroso
1.145a por giù in occidente il caro incarco
1.146gisse Pirroo; e già colmi di sdegno
1.147accusavano il dì, che pigro e lento
1.148in grembo a l' Occean facea ritorno.
1.149Ma tosto che la notte, avendo a sdegno
1.150ch' Espero ancor co' be' raggi d' argento
1.151a suo mal grado prolungasse il giorno,
1.152venne vestita di stellato manto,
1.153l' accorta giovenetta, il vago viso
1.154velata, uscì for del natio soggiorno:
1.155già col tremulo lume apriva alquanto
1.156la Luna il fosco de la notte, e fiso
1.157mirava i dolci furti degli amanti,
1.158ond' ella in tai parole a lei rivolta
1.159sciolse la lingua: O Dea, se mai conquiso
1.160avesti il cor dai chiari lumi e santi
1.161de l' amato pastor, benigna ascolta
1.162le mie parole, e le mie colpe iscusa:
1.163tu ancora fosti amante, e i lamii sassi
1.164t' han veduta dal ciel più d' una volta,
1.165ne la più bella e chiara luce chiusa,
1.166sospinta dal desio mover i passi
1.167per soggiornar col caro Endimione.
1.168Così dicendo, a la gelata fonte
1.169col solicito piè vicina fassi,
1.170e sotto al gelso ad aspettar si pone
1.171senza temer di fere oltraggi od onte:
1.172in questa, ecco apparir molle e schiumosa
1.173di caldo sangue una fera leona,
1.174che per spenger le voglie ingorde e pronte,
1.175veniva a l' acque in vista empia e sdegnosa:
1.176vedela Tisbe, e'l bel loco abandona
1.177più che pardo legger veloce e presta,
1.178ché la tema a' suoi piedi aggiunse l' ale:
1.179e mentre fugge, e che 'l timor la sprona,
1.180le cadde il bianco vel de l' aurea testa;
1.181né per ciò ferma il corso, anzi il mortale
1.182periglio a pena di scampar si crede,
1.183quantunque ombroso speco l' assecura;
1.184ma che giova esser salva, se l' assale
1.185novo timor e più che pria la fiede?
1.186Or ha del giovenetto altra paura,
1.187che nol veggia la fera, o che non possa
1.188fuggir da l' unghie irate; et a Diana
1.189rivolta con la mente umile e pura,
1.190dice: Deh santa Dea, se forse mossa
1.191t' ha il nostro error a vendetta empia e strana,
1.192perch' io lassi il tuo coro e le compagne,
1.193e 'l pregio virginal, rivolgi l' ira
1.194contra me, ch' ho peccato, et allontana
1.195da lui la pena, né voler che bagne
1.196sì puro sangue fera cruda e dira.
1.197Poi ch' ebbe l' animal fero e selvaggio
1.198spenta con l' onde l' assetata voglia,
1.199tornando ne le selve alte, rimira,
1.200e vede ne l' erboso ermo viaggio
1.201de la fanciulla la caduta spoglia,
1.202e con la bocca, e con l' unghie di sangue
1.203ancor tinte, lo squarcia in mille parti:
1.204trovala il giovenetto, e come foglia
1.205conoscendola trema, e mesto langue
1.206pur temendo di lei; ma poi gli sparti
1.207vestigi vede de la cruda fera,
1.208e di sangue macchiato il caro velo,
1.209grida: Mai non potrà morte levarti
1.210a quest' alma, a seguir pronta e leggiera
1.211le tue orme onorate insino al cielo,
1.212spirto gentil; anzi una notte insieme
1.213ne torrà al mondo cieco e a questa vita.
1.214ahi infelice, io fui certo e nol celo
1.215cagion del tuo morire, alma mia speme,
1.216io sol t' ho, vita mia, morta e tradita,
1.217che commandai che ne la notte fosca
1.218venisti in lochi strani e paventosi,
1.219né prima venni con la destra ardita
1.220a far securo il calle. Oh, se s' imbosca
1.221qui fera alcuna in questi lochi ascosi,
1.222venite a lacerar questa nocente
1.223carne, di viver più sdegnosa e schiva,
1.224perduta la sua pace e i suoi riposi.
1.225ma che dic' io? di paventosa mente
1.226è 'l desiar d' esser di vita priva!
1.227Così dicendo il rotto velo accoglie,
1.228e sotto l' ombra il porta, ove dovea
1.229gli amorosi desir menar a riva,
1.230e di lagrime il bagna, che le doglie
1.231gli aprivano del cor, dove n' avea
1.232una profonda e non mai secca vena;
1.233indi basciatol mille volte e mille,
1.234con dolorose voci alto dicea:
1.235Anima bella, che sol per mia pena
1.236col raggio de le luci alme e tranquille
1.237facesti il ciel di tue bellezze vago,
1.238ond' or t' ha tolta a forza, aspetta almeno
1.239che tinto il ferro di purpuree stille
1.240venga con te, con cui solo m' appago;
1.241non gir senza ques' alma al bel sereno
1.242del terzo ciel, dove t' aspetta Amore;
1.243né ti sia men che in questa vita grato
1.244ch' io porti i tuoi pensier meco nel seno,
1.245tu teco i miei; e del commesso errore
1.246perdon umil ti cheggio: e poi che stato,
1.247lasso, son io cagion de la tua morte,
1.248finiran teco insieme i giorni miei.
1.249Così detto, col ferro il manco lato
1.250ardito si trafisse, e aprì le porte
1.251a l' alma, apparecchiata a seguir lei,
1.252che già credeva esser nel cielo ascesa:
1.253non ha ancor de la piaga alta e profonda
1.254ritratto il ferro, che i suoi lumi rei
1.255comincian a sentir l' ultima offesa
1.256di morte; e grave già nebbia circonda
1.257il vago e bel seren del giovenetto:
1.258cadde in terra supino; e come suole
1.259talora se per forza è chiusa l' onda
1.260in qualche lunga canna o vaso stretto,
1.261dov' abondi ad ognor, tosto ch' al sole
1.262mostrar si pote, e vede aperto il calle,
1.263soave mormorando in aria sale,
1.264e d' esser stata chiusa alto si duole,
1.265così il sangue salia, tal ch' a le spalle
1.266giva del gelso, et al bel crine eguale,
1.267e 'l facea molle di purpurea pioggia:
1.268i bianchi frutti, di sangue macchiati,
1.269cangiar l' abito usato e naturale,
1.270e si mostrar con disusata foggia
1.271di vermiglio color tinti et ornati.
1.272Ecco timida ancor la Donna riede,
1.273e l' amante cogli occhi e col desio
1.274va ricercando, vaga degli andati
1.275perigli dar contezza, e farli fede;
1.276e vedendo ne' frutti il lor natio
1.277color cangiato, sta dubbiosa e incerta
1.278se quel sia il gelso ov' era stata pria:
1.279ma mentre sta suspesa, scorge un rio
1.280di sangue, di che l' erba era coperta,
1.281e vede il poverel, ch' ancor avia
1.282alcun spirto vital, tutto tremante;
1.283subito paventosa il volto tinge
1.284di pallor di viola, e si desvia
1.285dal pensier primo, e volge ambe le piante:
1.286pur l' amorosa tema la sospinge,
1.287e torna, e mira, e riconosce alfine
1.288esser il caro amante, e 'l suo diletto.
1.289Pensi chiunque amor ne' lacci stringe
1.290se fu grave il dolor: l' aurato crine
1.291tutto si squarcia e si percuote il petto,
1.292et abbracciando il corpo amato e caro,
1.293bascia il gelato viso, e le ferute
1.294bagna di pianto con doglioso affetto,
1.295e 'l sangue caldo ancor col pianto amaro
1.296mischia, gridando: O mia vera salute,
1.297o di mia vita albergo, unico bene
1.298di questa miser' alma, ove dimori?
1.299qual caso mi t' ha tolto? hai già perdute
1.300le voci? non rispondi a la tua spene,
1.301Piramo, a Tisbe, ai tuoi graditi amori?
1.302deh Piramo, rispondi, or che ti chiama
1.303l' amata Tisbe tua! Al caro nome
1.304gli occhi coperti di mortali orrori
1.305misero aperse, e con pietosa brama
1.306gli affisò nel bel viso e ne le chiome,
1.307indi li chiuse in queto sonno eterno.
1.308Mentre Tisbe si lagna, e 'l freddo viso
1.309basciando, lava le terrene some
1.310(il mondo e più se stessa avendo a scherno)
1.311di caldo pianto, rimirando fiso
1.312vide la spada ancor di sangue molle,
1.313vide il suo velo lacerato in terra;
1.314e conobbe ch' avea se stesso ucciso:
1.315allor gridò, come furiosa e folle:
1.316La tua mano, e 'l mio amor t' han fatto guerra,
1.317misero, ma ancor io ho mano ardita,
1.318e amor, che insieme mi daranno ardire
1.319di scioglier l' alma, che rinchiude e serra
1.320questo carcer terreno; a l' altra vita
1.321ti verrò dietro, e se del tuo morire
1.322io son stata cagion, sarò compagna,
1.323ché morte (ancor che ciò sola potea)
1.324non mi potrà, mio ben, da te partire:
1.325avaro invido ciel, chi ne scompagna?
1.326chi mi ti toglie e fura, or ch' io dovea
1.327viver teco felice vita e lieta?
1.328Attendi, anima cara, il passo affrena,
1.329ch' io vo' teco venir, come solea
1.330mentre mi fu benigno il mio pianeta;
1.331arbor, che già ricopri la terrena
1.332spoglia mortal d' un amante infelice,
1.333or per coprir di doi, conserva i segni
1.334di tal pietà, sì che si spenga a pena
1.335la memoria, ma 'l tronco e la radice
1.336tua, del sangue di doi molle, s' ingegni
1.337di produr frutto che conforme sia
1.338ad ambi i sangui, e testimonio vero
1.339di nostra morte ai peregrini degni
1.340che qui addurrà pietate e cortesia.
1.341Così detto, sul ferro crudo e fero
1.342appoggiata col fianco, il freddo core
1.343trafisse, e mandò l' alma ignuda e sciolta
1.344a ritrovar per solingo sentero
1.345l' altra (forse salita al suo fattore).
1.346L' arbor del novo sangue un' altra volta
1.347asperso, di color negro et oscuro
1.348vestì i suoi frutti; e di pietate adorno,
1.349perché sì rara fé non sia sepolta,
1.350memoria tien del caso acerbo e duro;
1.351e terrà ognor, fin che fia stanco il giorno
1.352di far dietro a l' Aurora a noi ritorno.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)