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1.1Ben era assai, fanciul crudo e spietato,
1.2ch' agli acuti tuoi strali io fossi segno,
1.3e 'l più infelice de' miseri amanti,
1.4senza che 'l tuo orgoglioso e fero sdegno
1.5mi conducesse in così acerbo stato,
1.6ch' altro meco non è che doglie e pianti;
1.7tal che tra le meschine alme et erranti
1.8nel regno oscuro del fratel di Giove
1.9non è sorte penosa, e tanto ria,
1.10che s' aguagli a la mia,
1.11non udita giamai, né scorta altrove.
1.12Qual è che di me sia
1.13doglioso più ne le tartaree pene?
1.14E più lontan dal desiato bene?
1.15A poco a poco, faticato e lasso,
1.16Sisifo poggia un alto orrido monte
1.17con la pietra al suo mal fatta compagna,
1.18e quando a quello altier calca la fronte,
1.19e crede di posar, ritorna il sasso
1.20al primier loco, ond' ei si crucia e lagna,
1.21e di lagrime amare il petto bagna;
1.22ma poi che nulla val pianto o sospiri,
1.23ritorna afflitto ove 'l gran peso vede
1.24con l' affannato piede:
1.25e come quei che fine al mal desiri,
1.26il colle ascende, e crede
1.27di trovar tregua a le fatiche in cima,
1.28ma 'l sasso torna ov' ei lo tolse prima.
1.29Vanno l' empie sorelle al mesto fiume
1.30per gli orrori, e per l' ombre atre e notturne
1.31a toglier l' acque, afflitte et angosciose,
1.32e sì come in più parti aperte l' urne
1.33fosser, acciò più ognuna si consume,
1.34voti veggono i vasi; onde dogliose
1.35riedon di novo a le rive odiose
1.36ove con l' onde sue geme Cocito,
1.37ma trovan lo sperar fallace e 'ncerto,
1.38però che 'l vaso aperto
1.39l' acque distilla sovra il fiero lito,
1.40lor dimostrando certo
1.41che tai fatiche non avranno mai
1.42riposo alcun, ma fieno eterni i guai.
1.43In mezzo chiari e lucidi ruscelli
1.44con dolci pomi sovra il capo appesi,
1.45di quei bramoso et assetato vive
1.46Tantalo, e co' desii caldi et accesi
1.47cerca di tor, digiuno, or questi or quelli,
1.48e di gustar l' acque correnti e vive,
1.49ma fuggono da lui nemiche e schive:
1.50ritornan poscia, ond' ei dolente ognora
1.51piange, sospira, e s' affatica invano;
1.52e la bocca e la mano
1.53movendo, in sempiterno error dimora,
1.54poi ch' ir vede lontano,
1.55e verso l' aria, e ne l' oscure valli,
1.56i vaghi frutti, e i liquidi cristalli.
1.57Tal io più di costor tristo e 'nfelice
1.58col peso del dolor che meco porto
1.59ascendo un sasso faticoso et alto,
1.60e sì tosto ch' io spero essere scorto
1.61dove viver potrei lieto e felice,
1.62faccio nel fondo un periglioso salto:
1.63né sgomentato per lo primo assalto
1.64de la fortuna, ancor debile poggio
1.65col grave incarco su le stanche spalle,
1.66ma per l' usato calle
1.67veloce scendo l' erto alpestro poggio:
1.68così più volte falle
1.69il mio pensier, né per salir mai sempre,
1.70men crude trovo l' amorose tempre.
1.71L' anima trista va la notte e 'l giorno
1.72al doloroso fiume, a tor quell' onde
1.73che 'l cor distilla con ben larga vena,
1.74e dentro a lor, che son cupe e profonde,
1.75col vaso in mano fa spesso ritorno,
1.76ché sempre è voto agli occhi aggiunto a pena;
1.77ond' ella torna, né giamai sì piena
1.78riporta l' urna, che basti a la doglia.
1.79Così col lungo mio martir eterno,
1.80cerco la state e 'l verno
1.81novo liquor, ch' a l' arso petto toglia
1.82il caldo, e questo interno
1.83desir appaghi, e l' amorosa sete;
1.84né trovo chi la spenga, o chi lo acquete.
1.85Tra divin cibi, et acque chiare e fresche
1.86del fonte di beltà vivo a tutt' ore,
1.87dove mi tiene l' empia voglia ardente:
1.88ma se 'l digiuno e sitibundo core
1.89sbramar fra l' onde, e 'n mezzo a sì dolc' esche
1.90cerco, fuggon da me rapidamente;
1.91e perché tornin poscia in un repente,
1.92parton di novo, se le braccia estendo.
1.93Così con grave duol seguo chi fugge,
1.94et in questa si strugge
1.95la vita, di cui poca cura prendo:
1.96e sì le vene sugge
1.97la fiamma del desio che 'ncende l' alma,
1.98che già distrutta è la terrena salma.
1.99Lasso me, questi almen se non sol uno
1.100dolor aggrava, et io di scempio in scempio
1.101son trasportato, come vol mia sorte;
1.102et un feroce augel crudele et empio
1.103con becco troppo acuto et importuno
1.104mi rode dentro, e non mi dona morte.
1.105Sovra 'l mio capo una gravosa e forte
1.106selce s' attiene a sì debile stame,
1.107ch' io temo d' ora in ora il colpo fero;
1.108né so com' io non pero,
1.109seguendo l' alte, e troppo audaci brame
1.110per sì aspro sentero,
1.111che non posso salir dov' io vorrei,
1.112ove giungono a pena i pensier miei.
1.113Come Ixion a la volubil rota,
1.114cinta da serpi velenosi e crudi,
1.115canzon, mi gira quella donna ingrata,
1.116che fiera e dispietata,
1.117co' pensieri d' amor scarchi et ignudi,
1.118per far mia vita trista e sconsolata
1.119m' affligge ognor; e son condotto a tale
1.120ch' altra gioia non ho ch' esser mortale.
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