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Rogo amoroso

PoeTree.it

1.1Se fu mai dolce il nostro canto o 'l suono,
1.2or amaro è via più d' onda marina,
1.3più di fèl, più d' assenzio, e più di tòsco;
1.4non è più dolce no, non è più canto,
1.5ma pianto miserabile e dolente
1.6come morte che 'l fa. Corinna è morta.
1.7Morta è Corinna, ahi lacrimoso fato!
1.8Di queste selve il più bel ramo è svelto,
1.9reciso il più bel fior di questa piaggia,
1.10di questi giorni il più bel raggio è spento.
1.11Pianser le ninfe la tua acerba morte,
1.12testimoni voi sète, abeti e faggi
1.13ch' udiste il pianto e voi fontane e rivi
1.14che più cresceste al lacrimoso umore.
1.15Niuno allor condusse a ber gl' armenti,
1.16non gustò fèra le turbate fonti,
1.17né toccò per dolor l' erba del prato.
1.18Gemeva ancor il tuo morir, Corinna,
1.19l' africano leon, la tigre ircana,
1.20come dicon le selve e i fèri monti.
1.21Corinna dimostrò ne' rozzi boschi
1.22qual fosse gentilezza e cortesia
1.23e 'nsegnò prima a le selvaggie Ninfe
1.24a figurar con l' ago i fiori e l' erba
1.25e i dipinti augelletti e i vaghi cervi
1.26con le ramose corna e i capri e i pardi,
1.27tal che le sue vittorie ella dipinse
1.28e i suoi propri trofei spiegò ne l' oro,
1.29cara a Diana e cara anco a Minerva.
1.30Come ad arbor la vita, a vite l' uva,
1.31tauro a gli armenti e biada a' grassi campi,
1.32così tu fosti a' tuoi, Corinna, onore.
1.33Poscia che t' involò l' acerba morte,
1.34Pale medesma abbandonò piangendo
1.35le sue nude campagne, e seco Apollo;
1.36e ne' solchi in cui già fu sparso il grano
1.37vi signoreggia l' infelice loglio
1.38e la sterile avena o felce appresso
1.39sventurata, che frutto non produce,
1.40e 'n vece pur di violetta molle,
1.41di purpureo narciso o di giacinto,
1.42il cardo sorge e con le spine acute
1.43il
1.44Di verdi fronde voi l' arida terra,
1.45o Pastori, spargete e i chiari fonti
1.46coprite intorno pur con l' ombra fosa,
1.47che l' istessa Corinna il vi comanda.
1.48Fate il sepolcro, e nel sepolcro il carme
1.49aggiongete piangendo a' bianchi marmi:
1.50Giaccio io Corinna qui, da terra al cielo
1.51e da le verdi selve all' auree stelle
1.52nota per fama di beltà pudica.
1.53Di bello armento guardian più bello,
1.54tale è 'l tuo canto a noi, divin poeta,
1.55qual sopra l' erba verde il dolce sonno
1.56a l' uom già stanco, e ne l' estivo ardore
1.57dolce rivo ch' estingua ardente sete;
1.58nè sol con la sampogna il mastro agguagli,
1.59ma con la voce e co' soavi accenti.
1.60Fanciullo aventuroso, or tu sarai
1.61secondo a lui, ma sol d' età secondo;
1.62noi cantaremo i nostri versi a prova
1.63qualunque paia il nostro modo e l' arte
1.64e Corinna alzerem sin alle stelle,
1.65sin alle stelle inalzarem Corinna,
1.66ch' io non fui degno di vederla in terra,
1.67ma spero forse di vederla in Cielo.
1.68Qual fu di questo mai più caro dono?
1.69Ella fu degna del tuo chiaro canto,
1.70e 'l tuo canto lodàr Batto e Menalca.
1.71La candida Corinna il bianco cerchio
1.72e 'l candor non usato in ciel rimira
1.73e vede sotto i pié le vaghe nubi
1.74in mille forme e l' argentata luna
1.75e l' altre stelle e 'l lor viaggio torto,
1.76però del suo piacer s' allegra il bosco
1.77e si riveste omai la verde spoglia,
1.78di Pane albergo e di Pastori e Ninfe,
1.79né lupo insidia a le lanose greggi,
1.80né tendono le reti inganno a' cervi.
1.81Ama Corinna l' ozio, è l' ozio in Cielo,
1.82ma la fatica s' ange in su le porte
1.83del tenebroso Inferno ove dolente
1.84sta fra la schiera d' infiniti mali.
1.85I monti adorni di fiorite chiome
1.86alzano nel piacer le voci al Cielo,
1.87suonan l' inculte rupi i vaghi carmi,
1.88di vaghe rime ancor suonano i boschi.
1.89Diva fu, Diva fu Corinna, o parve;
1.90e s' in terra fu Dea, che fia nel Cielo?
1.91Ecco (s' a te non basta, o Dea, la tomba)
1.92quattr' alziam qui bianchi e politi altari,
1.93duo o Corinna a te, duo a Diana,
1.94e ciascun anno spargeremo intorno
1.95tazze spumanti pur di novo latte;
1.96a te duo vasi di liquor d' oliva
1.97porrò, Corinna, e le più adorne mense
1.98farà Bacco più liete, in ampio vetro
1.99versando il prezioso e nobil vino,
1.100e canteranno a me Lizio ed Egone,
1.101i Satiri saltanti Alfesibeo
1.102imiterà. O Dea, riguarda i giochi,
1.103ch' avrai perpetui questi onori in terra,
1.104e quando renderem solenni voti
1.105a le Ninfe de' fiumi e de le selve
1.106e quando purgheremo i nostri campi.
1.107Mentre il cinghial de' monti i duri gioghi,
1.108mentre il pesce amarà gl' ondosi fiumi,
1.109mentre si pasceran l' api de' fiori
1.110e di rugiada avran celeste cibo
1.111le canore cicale, in terra sempre
1.112più saldo rimarrà ch' in salda pietra
1.113l' onor tuo, la tua laude e 'l chiaro nome.
1.114Come a Cerere, a Bacco, a te votivi
1.115i doni portarà da' verdi campi
1.116il tuo rozzo cultor con larga mano,
1.117e tu condannarai co' voti, o Diva.
1.118Quali a te, quali per sì colti versi
1.119render doni potrò degni del canto?
1.120Perché non tanto il sibilar de l' Austro
1.121né d' onda che si rompa al salso lido
1.122udir mi giova il suono, o quel d' un fiume
1.123precipitante fra sassose valli.
1.124Ma prendi questo vaso in cui soleva
1.125Corinna a mezzo dì spenger la sete,
1.126stanca de le vittorie e de le prede,
1.127ch' ella colmò già d' acque, io poi di pianto
1.128due volte il giorno e spargerollo intorno
1.129al sepolcro ch' alzar dobbiamo a gara,
1.130quando si leva e quando inchina il sole.
1.131Ma se non tanto il pianger mio gradisce
1.132quanto le rime tue, prendi, Pastore,
1.133in sua memoria eterna il caro dono.
1.134Prendi all' incontro tu, cortese Aminta,
1.135questa fistola mia di sette canne,
1.136onde già risonar l' elci e l' arene
1.137che percuote il mar d' Adria e fiede il vento.
1.138Ma qual odo io più che d' umana voce
1.139dolcissimo concento, e quali io veggio
1.140e luci e lampi? O dolce lume, o suono!
1.141Ecco Febo, ecco Amor con mille amori.
1.142A voi non si convene,
1.143o dolenti pastori,
1.144alzare il tempio o pur alzar la tomba
1.145di questa che volò quasi colomba
1.146con le sue candid' ali,
1.147e bench' ella non sdegni il dolce suono
1.148de l' umile siringa,
1.149ama più chiara tromba
1.150e più nobili esequie e più gradite,
1.151e d' altro che di bianchi e tersi marmi
1.152ama il sepolcro e i carmi:
1.153opra è sola d' Amore
1.154farle cotanto onore.
1.155Incontro a quel superbo,
1.156che là s' innalza con terribil fronte
1.157in guisa tal ch' agguaglia orrido monte,
1.158l' alzerò di mia mano
1.159d' altra materia pur che di terrena,
1.160sì che l' argento e l' oro
1.161perderà dal lavoro.
1.162Dirà il Franco e l' Ispano
1.163e chiunque passando il mare e l' alpe
1.164giungerà stanco al fine in val di Tebro,
1.165là dove io la celebro:
1.166ecco due gran sepolcri,
1.167ecco due meraviglie
1.168del mondo e di natura,
1.169ma quella, se ben miro,
1.170fecer gl' uomini già, questa li Dei,
1.171che non pur io son Divo,
1.172ma son Divi ed Eroi fra questi colli,
1.173per cui, se dritto estima Amore e Marte,
1.174anzi giudice Alcide e Giove stesso,
1.175men gloriosa è del leon la spoglia
1.176che de l' Orsa famosa il nobil vello,
1.177e men degna del cielo e di sue stelle.
1.178Dunque terrena è quella,
1.179fia questa opra divina,
1.180che 'l Ciel sì alta gloria a lei destina.
1.181Voi fra tanta volando,
1.182o pargoletti miei, spogliate intorno
1.183e monti e prati e valli
1.184di fior purpurei e gialli,
1.185acciò che sparga odori il rogo ardente
1.186di questa mia Fenice,
1.187come fa quel de l' altra in Oriente.
1.188Altri tagli il ginebro,
1.189altri l' arbore incida,
1.190che troncato già mai ramo né foglia
1.191di novo non rinverde e non germoglia;
1.192altri sostegno al rogo
1.193faccia statue spiranti,
1.194e nel cipresso incida
1.195le sue palme e i trofei:
1.196teste di fère e spoglie,
1.197reti, dardi, faretre, archi, quadrella;
1.198né le vittorie solo
1.199avute ne le selve
1.200contra l' erranti belve,
1.201ma quella ond' ella vinse uomini e Dei.
1.202Altri le care membra al nobil rogo
1.203imponga, e le ricopra il puro velo;
1.204altri le faci accenda e 'l foco desti.
1.205Ecco arde il rogo, ecco la fiamma al cielo:
1.206deh cessi il flebil suono,
1.207deh cessino i lamenti,
1.208dian luogo ad alte lodi alti sospiri
1.209e si rasciughi il pianto,
1.210ch' a parlar de la Fama
1.211par che la terra e 'l ciel risuoni in tanto.
1.212Dolore annunzio e lutto,
1.213Pastor, Bifolci e Ninfe,
1.214Fauni, Sileni e Pani,
1.215e Satiri e Silvani,
1.216l' annunzio a voi che nell' alpestri cime
1.217abitate de' monti o presso l' onde
1.218de l' arenoso lido,
1.219a voi che 'l mar circonda,
1.220a voi che cinge la palude e 'l fiume,
1.221a voi Dive del mare. A voi del Cielo
1.222Dive e Divi io ragiono,
1.223ma solo annunzio a voi diletto e pace
1.224dell' alma che sen vola a' vostri cori.
1.225Morta è Corinna, anzi tra voi salita,
1.226lasciando il mondo in lacrimoso orrore,
1.227scuro, dolente e fosco.
1.228Qual senza fronde il bosco
1.229e senza fiori il prato
1.230e senza l' acque il fonte
1.231e senza stelle il cielo,
1.232tale è senza i suoi pregi
1.233la terra e, senza il suo lucente raggio,
1.234d' alpestre e di selvaggio,
1.235e d' orrido deserto ha faccia oscura.
1.236Piange il mondo e natura:
1.237qual meraviglia è poi
1.238se piange ancor la Fama
1.239che dovrebbe lodarla,
1.240e per mill' occhi lacrime distilla?
1.241Ma tu non piangi, Amore,
1.242perché speri goderne e goder solo,
1.243non in Pafo od in Gnido,
1.244ma su nel terzo Cielo,
1.245e a me sol qui lasci il nome e 'l grido.
1.246S' io tante lingue avessi e tante penne
1.247quante ella ebbe virtù, quante bellezze,
1.248sarebbe eterno il suono, eterno il volo
1.249onde il suo nome portarei cantando
1.250da l' uno a l' altro polo.
1.251Ma non basta a' suoi merti ogni favella,
1.252però taccio piangendo
1.253quanto leggiadra fosse e quanto accorta,
1.254taccio che nel fiorir de' suoi verd' anni
1.255vinse di senno i saggi,
1.256di fede i più fedeli,
1.257vinse di gravità matura etate,
1.258non pur di leggiadria la più leggiadra.
1.259Solo io dirò ch' a lei cotanto piacque
1.260l' esser casta e pudica
1.261che le spiacque esser bella,
1.262e le spiacque il bel nome
1.263che le acquistò cantando il suo fedele.
1.264Io medesma le spiacqui,
1.265io che tanto la lodo e lodo il vero,
1.266Fama certa e verace,
1.267messaggiera qua giù della sua morte,
1.268anzi de la sua pace
1.269e de la sua virtù, ch' in Ciel consorte
1.270la fa de gl' altri Divi:
1.271ella fra loro avrà perpetua vita,
1.272quant' esser dée gradita.
1.273Voi, voi non sète vivi,
1.274voi ch' alor non moriste
1.275impallidir veggendo il chiaro viso
1.276e morte ricoprir d' eterno gelo
1.277le sue purpuree rose
1.278e d' ombra eterna i duo lucenti lumi,
1.279gloria di questa etate.
1.280O tenebrosi fumi,
1.281qual più lucido raggio
1.282ne scopre in queste selve alto viaggio
1.283senza la bella e graziosa luce
1.284che vi fu scorta e duce?
1.285O dolore, o pietate,
1.286o miseria del mondo,
1.287come passa repente e come fugge
1.288virtù, grazia, bellezza e leggiadria!
1.289Ma già la Fama è stanca,
1.290a cui subbietto avanza e spirto manca;
1.291muta la Fama stessa omai diviene
1.292che fu tanto sonora.
1.293Ma se più non la loda, almen l' adora,
1.294e qui consacra l' ale e qui le trombe,
1.295e ben mille virtù d' un cor pudico
1.296tacita involve in un silenzio amico.
1.297Tace la vaga Fama,
1.298ma viene al suo rimbombo
1.299ogni più scelto Iddio e più sublime,
1.300vengono anco i minori
1.301ad onorar questa notturna pompa
1.302co' suoi doni funebri.
1.303Questa sì preziosa e bianca lana
1.304che già vestiva il mansueto agnello,
1.305vestita ancor ne' boschi avria Diana;
1.306tu sprezzasti orgogliosa il bianco vello,
1.307né quel di Frisso a' miei amorosi incendi
1.308fatto pietoso avrebbe il cor rubello.
1.309S' ardesti il donatore, il dono accendi,
1.310e rifiutato in vita, in morte il prendi.
1.311Quest' erbe e questi fiori,
1.312ch' hanno virtù di richiamare in vita,
1.313porgo a le fiamme con la man ardita,
1.314ma ella ritornar forse non vole,
1.315io troppo ardisco ed oso,
1.316e non mi rende accorto antica pena.
1.317Or, mentre spazia in luce più serena,
1.318non fulmini sdegnoso
1.319sovra me Giove, come irato suole,
1.320ma fulmine amoroso,
1.321s' io temer debbo sì cocenti ardori,
1.322fulmini dolcemente i nostri cuori.
1.323Mentre non arde ancor chiome sì belle
1.324l' odorifera fiamma e non circonda,
1.325io la corono di mia verde fronda,
1.326per coronarla poscia in Ciel di stelle.
1.327Degno è sol de le faci alme e divine
1.328e di celesti raggi il biondo crine,
1.329di cui faran le fiamme empie rapine.
1.330Se questo è d' oro, il fuoco a l' or perdona,
1.331e splenda in Ciel la chioma e la corona.
1.332A te le bionde spiche
1.333Cerere accendo, e tanto ora mi doglio,
1.334ch' in me rinovo il mio primo cordoglio.
1.335Esser potei di Proserpina in vece
1.336qui nel sereno giorno,
1.337mentr' ella alberga giù ne l' ombra oscura,
1.338ma cruda morte mi t' invola e fura,
1.339e saria il tuo ritorno
1.340come quel di mia figlia e d' Euridiche.
1.341Ahi Fati, ahi Parche a tant' onor nemiche!
1.342Messaggier del gran Giove io dono l' ali
1.343al rogo tuo per non volar già mai.
1.344Queste e l' officio tu prender potrai;
1.345mal grado de la morte e de' mortali,
1.346vinci l' Inferno e sue leggi fatali.
1.347Iride ceda, e s' a pietà si move,
1.348sia messaggiera tu del sommo Giove,
1.349prendi la verga, e ne' celesti regni
1.350spirti richiama che di lor sian degni.
1.351Noi portiamo al tuo rogo, anima illustre,
1.352queste candide penne,
1.353come il candor ch' a tua beltà convenne,
1.354e se tu brami scintillar fra noi
1.355d' altra fiamma più bella,
1.356e rotar per gl' obliqui alti viaggi,
1.357vieni là su fra' duo cortesi Eroi,
1.358contenta di tua stella;
1.359partiamo il tempo, raddoppiamo i raggi,
1.360noi del tuo lume, e tu del nostro ornata.
1.361L' abito eletto e i preziosi fregi
1.362prendete, o fiamme, onde me stesso avolsi,
1.363dolci miei scorni, anzi miei dolci pregi.
1.364Se quel che volle Amore, ancor io volsi,
1.365abbial Corinna e voi. De' fatti egregi
1.366colga quel frutto in Ciel, ch' in Ciel io colsi.
1.367Simil è 'l rogo e 'l fine, anzi la meta,
1.368e splenda val di Tebro in guisa d' Èta.
1.369L' arme ch' uscir del foco, al foco ancora
1.370render dovrei, e gire inerme e umile,
1.371non potendo costei ritorre a morte,
1.372come ritolse Alcide alma gentile,
1.373Alcide che nel Ciel meco s' onora
1.374nato mortal, ma non di me più forte.
1.375Ma che? Prenda lo specchio e incenda or seco
1.376il dono de la Dea ch' Amor fè cieco.
1.377Ed io lassa, dolente e lacrimosa
1.378più che d' Adone estinto,
1.379dono il mio caro cinto,
1.380né mai sarò nel mio dolor vezzosa.
1.381Arda il mio nobil cinto, ardan con lei
1.382le mie lusinghe e i miei susurri insieme,
1.383cose gradite e care,
1.384ardan seco le grazie e i vezzi miei,
1.385e spento il foco che sospira e geme,
1.386sarò fredda in amare,
1.387se non raccende pur face amorosa
1.388del cener suo qualche favilla ascosa.
1.389Questo, questo fu il pomo
1.390ond' arse Troia al fine,
1.391e cadde sparsa in cenere e ruine.
1.392Arda, s' accese, arda in più giuste faci
1.393per te ch' avesti il vanto
1.394di grazia e d' onestate,
1.395e non sian guerre più, ma sante paci
1.396là su nel regno santo,
1.397fra l' anime beate;
1.398arda e vinca d' odor croco ed amomo.
1.399Ciò che figlia del Sol piangendo instilla,
1.400ciò che lacrima mirra e nardo e 'ncenso,
1.401Corinna, or sia di nostra mano accenso
1.402nel rogo che per te splende e sfavilla.
1.403Così resta l' odore, alma tranquilla,
1.404di tua virtute, onde quetasti il senso.
1.405Lo sparga aura di fama e 'ntorno il porte,
1.406perché spiri immortal dopo la morte.
1.407Strali, faretra ed arco,
1.408armi, mie lucide armi,
1.409qual duro fato vuol ch' io mi disarmi?
1.410Erri securo ormai per l' alte selve
1.411timido cervo con ramose corna,
1.412vada secura omai la damma al fonte,
1.413corran senza timor l' antiche belve
1.414quando più imbruna il ciel e quand' aggiorna,
1.415ch' io non cingo di reti il bosco e 'l monte,
1.416e non l' attendo al varco;
1.417tu va nel foco o mio gradito incarco.
1.418Sacro a le fiamme la corona anch' io
1.419che mi verdeggia all' onorata fronte,
1.420per dolor fatto tenebroso Dio.
1.421S' altra di raggi e di serena luce
1.422avrà nel cielo onde caddeo Fetonte,
1.423l' avrà su 'l carro, e ne fia scorta e duce.
1.424Gema fra tanto il mio vivace alloro,
1.425e 'n vece di sospiri a mille a mille,
1.426sparga nel foco pur le sue faville,
1.427mentr' io la piango e il mio dolente coro.
1.428E noi doniamo al foco anzi la tomba
1.429questo bel plettro eburno e questa lira,
1.430per cui tal fama spira
1.431che porta il nome a guisa di colomba;
1.432e se d' Orfeo la cetra in mezzo a l' Ebro
1.433solo Euridice mormorar s' udiva,
1.434agitandola il fiume e l' onde e i venti,
1.435risoni questa ne la fiamma viva
1.436del cipresso odorato e del ginebro,
1.437e faccia ardendo i suoi dolci lamenti:
1.438suoni Corinna in più dogliosi accenti,
1.439e Corinna risponda il vento e l' aura,
1.440mentre il foco ristaura,
1.441e se lira non basta, arda la tromba.
1.442Che donar posso al fuoco, anzi a me stesso,
1.443perché donando al fuoco altrui non dono,
1.444se non questo monile e questa rete?
1.445Ardete voi, fiamme lucenti, ardete
1.446questa per cui mal vendicato io sono,
1.447benché Venere presi e Marte appresso,
1.448poich' a lei non s' avolse il crine adorno,
1.449arda la sua catena, arda il mio scorno.
1.450Dono io candida tela a questo foco,
1.451anzi ben mille palme a questa fiamma,
1.452e mille gloriosi alti trofei;
1.453che posso più donar se quest' è poco
1.454in cui fulmina Giove e i monti infiamma?
1.455Qui le vittorie son de' nostri Dei,
1.456qui me vittoriosa ancor dipinsi
1.457contra i giganti il dì ch' Aracne i' vinsi.
1.458Queste più care gemme
1.459e questo lucid' or porto dal seno
1.460del tenebroso mio regno terreno,
1.461perché 'l rogo ne sia lucente e chiaro.
1.462Ecco io le verso e spargo
1.463sovra le fiamme in dolce seno apprese,
1.464ma son sdegnoso e largo
1.465di tutti altri tesori, alma cortese,
1.466se non de le tue spoglie incenerite,
1.467già povero Plutone, or ricco Dite.
1.468Dal mar questi coralli,
1.469e queste gemme porto ancor da l' onde,
1.470fiammeggin qui con le tue chiome bionde,
1.471ardano i miei tesori,
1.472poi che fiamma crudel, fiamma rapace,
1.473le tue vere bellezze arde e consuma,
1.474o d' immortali onori
1.475anima degna e di celeste pace,
1.476non men di lei ch' uscì di bianca spuma.
1.477E tu prendi, sublime ed alto rogo,
1.478e voi fiamme funeste,
1.479questo scettro reale, anzi celeste.
1.480Mentre more il suo fral, vive l' eterno:
1.481l' anima che se 'n riede,
1.482e fu de' sensi al mondo alta regina,
1.483se 'l porti omai là giù nel basso Inferno,
1.484ma non là dove siede
1.485ne le tenebre Pluto e Proserpina;
1.486regni in più lieta e più felice sede,
1.487libera e senza giogo,
1.488né turbi il nostro amore e 'l nostro luogo.
1.489Questa tazza di fino e lucid' auro,
1.490onde nettare io bevo a la gran mensa,
1.491fece Vulcan prima ch' in cigno e 'n tauro
1.492io mi volgessi, e 'n pioggia d' or condensa.
1.493Con questa Ebe mi diè dolce restauro
1.494de le fatiche nella sete accensa,
1.495poi l' ebbe Ganimede, or tu l' avrai,
1.496a te, Corinna, tant' onor serbai.
1.497Queste, onde si misura e si distingue
1.498il ratto trapassar d' ore veloci,
1.499dono a le fiamme io vecchio pigro e tardo,
1.500a cui potrebber con sonore voci
1.501di costei ragionar faconde lingue,
1.502che veloce sen gì qual tigre o pardo;
1.503bella cosa mortal passa e non dura,
1.504e 'l pianto a questa fiamma altri misura.
1.505Io de' celesti Dei terrena madre
1.506piango Corinna. Ahi lutto amaro, ahi doglia!
1.507Piango le membra sue care e leggiadre
1.508che pasce il foco quasi arida foglia.
1.509Fuoco crudel, fiamme crudeli ed adre,
1.510ardete insieme quest' orrida spoglia;
1.511così Alcide volò fatto più bello,
1.512mentre arse del leone irsuto vello.
1.513E noi versiamo i fiori
1.514da le colme faretre
1.515ne l' alto rogo, e i più soavi odori.
1.516O pargoletti, miei cari seguaci,
1.517faci giungete a faci,
1.518sì che la fiamma illustri
1.519l' oscura notte e giunga in sino al cielo.
1.520Io di farfalla in guisa
1.521n' andrò volando intorno al chiaro foco,
1.522o pur, quasi Fenice,
1.523v' accenderò vermiglie ed auree piume,
1.524e con eterna vita
1.525lieto risorgerò dal vivo lume,
1.526io che d' antica etate e di novella,
1.527vecchio sono e fanciullo,
1.528son tormento e trastullo
1.529di questa etate e quella.
1.530Cade il bianco ligustro e poi risorge,
1.531e di novo germoglia,
1.532e da le spine ancor purpurea rosa
1.533colta rinasce e spiega
1.534l' odorato suo grembo a' dolci raggi.
1.535Spargono i pini e i faggi
1.536le frondi a terra, e di lor verde spoglia
1.537poi rivestono i rami.
1.538Cade e risorge l' amorosa stella.
1.539Tu cadesti, Corinna, ahi duro caso,
1.540per non risorger mai,
1.541né più spero veder tra l' erbe e i fiori
1.542le tue vestigia impresse.
1.543Tu chiudesti, Corinna, i dolci lumi
1.544in sempiterno sonno,
1.545né gl' aprirai di novo in questa luce
1.546per far i miei contenti.
1.547Tu ponesti silenzio a' dolci accenti,
1.548e non sarà ch' io mai
1.549cosa veggia ed ascolti
1.550che mi conforti ad altro chì a trar guai.
1.551Tu moristi, Corinna, io vivo e spiro?
1.552Io vivo e tu sei morta? Ahi morte, ahi vita
1.553egualmente odiosa!
1.554Stelle, stelle crudeli,
1.555perché non mi celate il vostro lume,
1.556poi che 'l suo m' ascondeste?
1.557Perché non volgi o luna adietro il corso?
1.558Perché non copre intorno orrido nembo
1.559il tuo puro sereno?
1.560Perché il ciel non si tigne
1.561tutto di nere macchie e di sanguigne?
1.562Tenebre, e voi che le serene luci
1.563m' ingombrate repente,
1.564coprite il cielo e i suoi spietati lumi,
1.565e minaccino sol baleni e lampi
1.566d' arder il mondo e le celesti spere.
1.567Stiasi dolente, ascoso, il sol ne l' onde,
1.568tema natura di perpetua notte,
1.569tremi la terra, ed Aquilone ed Austro
1.570facciano insieme impetuosa guerra,
1.571crollando i boschi e le robuste piante
1.572svelte a terra spargendo, il mar si gonfi
1.573e con onde spumanti il cielo ingombri,
1.574volgano i fiumi incontro i fonti il corso.
1.575Voi, fère belve, in queste stanche membra
1.576saziate la fame e in questo sangue,
1.577perché io non viva un infelice esempio
1.578di fortuna e d' amore
1.579con perpetuo dolore.
1.580Folle, ah folle! Che pensi o che ragioni?
1.581Colei che piangi è viva e su nel Cielo
1.582attende il tuo ritorno.
1.583Ivi spera vederla, io sarò duce
1.584per vie sublimi.
1.585Ahi mentitor fallace,
1.586tue promesse di fè come son vòte!
1.587Quest' è forse la prima onde schernito
1.588e deluso io rimagno?
1.589Lasso, molt' anni m' ingannasti in vita,
1.590e m' aggirasti d' uno in altro errore,
1.591d' un male in altro e d' uno in altro affanno;
1.592pur, mentre visse, m' avolgea contento
1.593ne l' amoroso laberinto errando.
1.594Or che lice sperar dopo la morte,
1.595se con la morte ha fine ogni speranza?
1.596Vaneggi per dolore e per disdegno,
1.597e 'l tuo sperar come il vedere è corto.
1.598Tempra, Aminta, il dolore.
1.599Anch' io Siringa piansi
1.600e risonar de' miei dogliosi accenti
1.601feci sovente Menalo e Liceo.
1.602Pianse Alcide il fanciullo
1.603che gl' involar le Ninfe al chiaro fonte;
1.604Orfeo pianse Euridice,
1.605e pianse Apollo Dafne e Ciparisso;
1.606pianse Giove medesmo
1.607per Calisto e per Io,
1.608ed asciugò dopo il dolore il pianto;
1.609tu ti condanni a sempiterno lutto.
1.610Sia come il danno eterno anco il dolore.
1.611Folle! Troppo vaneggi e poco speri,
1.612né di Tirsi il cantar rammenti o quello
1.613che di Sileno udisti in verde speco.
1.614O Dea, quel dì ch' Amore
1.615mi tolse il cor dal petto
1.616e poi mi disse: non ne far parola,
1.617mi tolse insieme il senno;
1.618qual meraviglia è s' io piango e vaneggio?
1.619Tempra, Aminta, il dolor, ch' in questo monte,
1.620de la cui fama il mondo ancor rimbomba,
1.621e 'n questi verdi boschi e 'n queste valli,
1.622la tua Corinna avrà perpetuo onore.
1.623E tu con lei di gloriosa fama
1.624degno sarai, ché loderansi insieme
1.625la sua vera onestate e la tua fede,
1.626la sua beltate e la tua stirpe antica
1.627che vento di fortuna a pena crolla,
1.628ma non dibarba, Aminta, e non atterra,
1.629sì che non spieghi i gloriosi rami
1.630che ricoprono il Tebro e i sette colli
1.631con l' ombra antica e tutto il bel paese
1.632ove s' ascose già Saturno il veglio.
1.633Non fare, Aminta, a l' alta stirpe oltraggio
1.634col soverchio dolor; l' animo invitto
1.635mostra, come il mostrar gl' antichi Padri
1.636in ogni colpo di fortuna adversa.
1.637Vaticano a tua stirpe e gli altri sette
1.638piegan le chiome e l' Appenin s' inchina,
1.639e via più lunge Pindo, Olimpo, Atlante
1.640sostenitor de le dorate stelle,
1.641e par che dica: più famoso pondo
1.642non sostengo de l' Orse o più lucente,
1.643de l' Orse, altere imprese, insegne eccelse,
1.644vostri eterni trofei ch' in ciel traslati,
1.645quasi presagio fur del vostro merto.
1.646Ma voi potreste alzarle ancor più in alto,
1.647s' altro cielo sovran si volge intorno
1.648che per divina luce a voi s' asconda,
1.649voi, non di Licaon figli o nepoti,
1.650ma di Pane e di Giove invitta prole.
1.651Tempra, Aminta, il dolor, non dico il pianto,
1.652ma se 'l pianto amorzar può duolo ardente,
1.653or teco pianga Roma e i sette Monti.
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