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CANTO DICIANNOVESIMO

1.1Già la morte o il consiglio o la paura
1.2da le difese ogni pagano ha tolto,
1.3e sol non s'è da l'espugnate mura
1.4il pertinace Argante anco rivolto.
1.5Mostra ei la faccia intrepida e secura
1.6e pugna pur fra gli inimici avolto,
1.7più che morir temendo esser respinto;
1.8e vuol morendo anco parer non vinto.
2.1Ma sovra ogn'altro feritore infesto
2.2sovragiunge Tancredi e lui percote.
2.3Ben è il circasso a riconoscer presto
2.4al portamento, a gli atti, a l'arme note,
2.5lui che pugnò già seco, e 'l giorno sesto
2.6tornar promise, e le promesse ìr vòte,
2.7Onde gridò: – Così la fé, Tancredi,
2.8mi servi tu? così a la pugna or riedi?
3.1Tardi riedi, e non solo; io non rifiuto
3.2però combatter teco e riprovarmi,
3.3benché non qual guerrier, ma qui venuto
3.4quasi inventor di machine tu parmi.
3.5Fatti scudo de' tuoi, trova in aiuto
3.6novi ordigni di guerra e insolite armi,
3.7ché non potrai da le mie mani, o forte
3.8de le donne uccisor, fuggir la morte. –
4.1Sorrise il buon Tancredi un cotal riso
4.2di sdegno, e in detti alteri ebbe risposto:
4.3– Tardo è il ritorno mio, ma pur aviso
4.4che frettoloso ti parrà ben tosto,
4.5e bramerai che te da me diviso
4.6o l'alpe avesse o fosse il mar fraposto;
4.7e che del mio indugiar non fu cagione
4.8tema o viltà, vedrai co 'l paragone.
5.1Vienne in disparte pur tu ch'omicida
5.2sei de' giganti solo e de gli eroi:
5.3l'uccisor de le femine ti sfida. –
5.4Così gli dice; indi si volge a i suoi
5.5e fa ritrarli da l'offesa, e grida:
5.6– Cessate pur di molestarlo or voi,
5.7ch'è proprio mio più che comun nemico
5.8questi, ed a lui mi stringe obligo antico.
6.1– Or discendine giù, solo o seguito
6.2come più vuoi; – ripiglia il fer circasso
6.3– va' in frequentato loco od in romito,
6.4ché per dubbio o svantaggio io non ti lasso. –
6.5Sì fatto ed accettato il fero invito,
6.6movon concordi a la gran lite il passo:
6.7l'odio in un gli accompagna, e fa il rancore
6.8l'un nemico de l'altro or difensore.
7.1Grande è il zelo d'onor, grande il desire
7.2che Tancredi del sangue ha del pagano,
7.3né la sete ammorzar crede de l'ire
7.4se n'esce stilla fuor per l'altrui mano;
7.5e con lo scudo il copre, e: – Non ferire –
7.6grida a quanti rincontra anco lontano;
7.7sì che salvo il nimico infra gli amici
7.8tragge da l'arme irate e vincitrici.
8.1Escon de la cittade e dan le spalle
8.2a i padiglion de le accampate genti,
8.3e se ne van dove un girevol calle
8.4li porta per secreti avolgimenti;
8.5e ritrovano ombrosa angusta valle
8.6tra più colli giacer, non altrimenti
8.7che se fosse un teatro o fosse ad uso
8.8di battaglie e di caccie intorno chiuso.
9.1Qui si fermano entrambi, e pur sospeso
9.2volgeasi Argante a la cittade afflitta.
9.3Vede Tancredi che 'l pagan difeso
9.4non è di scudo, e 'l suo lontano ei gitta.
9.5Poscia lui dice: – Or qual pensier t'ha preso?
9.6pensi ch'è giunta l'ora a te prescritta?
9.7S'antivedendo ciò timido stai,
9.8è 'l tuo timore intempestivo omai.
10.1– Penso – risponde – a la città del regno
10.2di Giudea antichissima regina,
10.3che vinta or cade, e indarno esser sostegno
10.4io procurai de la fatal ruina,
10.5e ch'è poca vendetta al mio disdegno
10.6il capo tuo che 'l Ciel or mi destina. –
10.7Tacque, e incontra si van con gran risguardo,
10.8ché ben conosce l'un l'altro gagliardo.
11.1E' di corpo Tancredi agile e sciolto,
11.2e di man velocissimo e di piede;
11.3sovrasta a lui con l'alto capo, e molto
11.4di grossezza di membra Argante eccede.
11.5Girar Tancredi inchino in sé raccolto
11.6per aventarsi e sottentrar si vede;
11.7e con la spada sua la spada trova
11.8nemica, e 'n disviarla usa ogni prova.
12.1Ma disteso ed eretto il fero Argante
12.2dimostra arte simile, atto diverso.
12.3Quanto egli può, va co 'l gran braccio inante
12.4e cerca il ferro no, ma il corpo averso.
12.5Quel tenta aditi novi in ogni instante,
12.6questi gli ha il ferro al volto ognor converso:
12.7minaccia, e intento a proibirgli stassi
12.8furtive entrate e sùbiti trapassi.
13.1Così pugna naval, quando non spira
13.2per lo piano del mare Africo o Noto,
13.3fra due legni ineguali egual si mira,
13.4ch'un d'altezza preval, l'altro di moto:
13.5l'un con volte e rivolte assale e gira
13.6da prora a poppa, e si sta l'altro immoto;
13.7e quando il più leggier se gli avicina,
13.8d'alta parte minaccia alta ruina.
14.1Mentre il latin di sottentrar ritenta
14.2sviando il ferro che si vede opporre,
14.3vibra Argante la spada e gli appresenta
14.4la punta a gli occhi; egli al riparo accorre,
14.5ma lei sì presta allor, sì violenta
14.6cala il pagan che 'l difensor precorre
14.7e 'l fere al fianco; e visto il fianco infermo,
14.8grida: – Lo schermitor vinto è di schermo. –
15.1Fra lo sdegno Tancredi e la vergogna
15.2si rode, e lascia i soliti riguardi,
15.3e in cotal guisa la vendetta agogna
15.4che sua perdita stima il vincer tardi.
15.5Sol risponde co 'l ferro a la rampogna
15.6e 'l drizza a l'elmo, ove apre il passo a i guardi.
15.7Ribatte Argante il colpo, e risoluto
15.8Tancredi a mezza spada è già venuto.
16.1Passa veloce allor co 'l piè sinestro
16.2e con la manca al dritto braccio il prende,
16.3e con la destra intanto il lato destro
16.4di punte mortalissime gli offende.
16.5– Questa – diceva – al vincitor maestro
16.6il vinto schermidor risposta rende. –
16.7Freme il circasso e si contorce e scote,
16.8ma il braccio prigionier ritrar non pote.
17.1Alfin lasciò la spada a la catena
17.2pendente, e sotto al buon latin si spinse.
17.3Fe' l'istesso Tancredi, e con gran lena
17.4l'un calcò l'altro e l'un l'altro ricinse;
17.5né con più forza da l'adusta arena
17.6sospese Alcide il gran gigante e strinse,
17.7di quella onde facean tenaci nodi
17.8le nerborute braccia in vari modi.
18.1Tai fur gli avolgimenti e tai le scosse
18.2ch'ambi in un tempo il suol presser co 'l fianco.
18.3Argante, od arte o sua ventura fosse,
18.4sovra ha il braccio migliore e sotto il manco.
18.5Ma la man ch'è più atta a le percosse
18.6sottogiace impedita al guerrier franco;
18.7ond'ei, che 'l suo svantaggio e 'l rischio vede,
18.8si sviluppa da l'altro e salta in piede.
19.1Sorge più tardi e un gran fendente, in prima
19.2che sorto ei sia, vien sopra al saracino.
19.3Ma come a l'Euro la frondosa cima
19.4piega e in un tempo la solleva il pino,
19.5così lui sua virtute alza e sublima
19.6quando ei n'è già per ricader più chino.
19.7Or ricomincian qui colpi a vicenda:
19.8la pugna ha manco d'arte ed è più orrenda.
20.1Esce a Tancredi in più d'un loco il sangue,
20.2ma ne versa il pagan quasi torrenti.
20.3Già ne le sceme forze il furor langue,
20.4sì come fiamma in deboli alimenti.
20.5Tancredi che 'l vedea co 'l braccio essangue
20.6girar i colpi ad or ad or più lenti,
20.7dal magnanimo cor deposta l'ira,
20.8placido gli ragiona e 'l piè ritira:
21.1– Cedimi, uom forte, o riconoscer voglia
21.2me per tuo vincitore o la fortuna;
21.3né ricerco da te trionfo o spoglia,
21.4né mi riserbo in te ragione alcuna. –
21.5Terribile il pagan più che mai soglia,
21.6tutte le furie sue desta e raguna;
21.7risponde: – Or dunque il meglio aver ti vante
21.8ed osi di viltà tentare Argante?
22.1Usa la sorte tua, ché nulla io temo
22.2né lascierò la tua follia impunita. –
22.3Come face rinforza anzi l'estremo
22.4le fiamme, e luminosa esce di vita,
22.5tal riempiendo ei d'ira il sangue scemo
22.6rinvigorì la gagliardia smarrita,
22.7e l'ore de la morte omai vicine
22.8volse illustrar con generoso fine.
23.1La man sinistra a la compagna accosta,
23.2e con ambe congiunte il ferro abbassa;
23.3cala un fendente, e benché trovi opposta
23.4la spada ostil, la sforza ed oltre passa,
23.5scende a la spalla, e giù di costa in costa
23.6molte ferite in un sol punto lassa.
23.7Se non teme Tancredi, il petto audace
23.8non fe' natura di timor capace.
24.1Quel doppia il colpo orribile, ed al vento
24.2le forze e l'ire inutilmente ha sparte,
24.3perché Tancredi, a la percossa intento,
24.4se ne sottrasse e si lanciò in disparte.
24.5Tu, dal tuo peso tratto, in giù co 'l mento
24.6n'andasti, Argante, e non potesti aitarte:
24.7per te cadesti, aventuroso in tanto
24.8ch'altri non ha di tua caduta il vanto.
25.1Il cader dilatò le piaghe aperte,
25.2e 'l sangue espresso dilagando scese.
25.3Punta ei la manca in terra, e si converte
25.4ritto sovra un ginocchio a le difese.
25.5– Renditi – grida, e gli fa nove offerte,
25.6senza noiarlo, il vincitor cortese.
25.7Quegli di furto intanto il ferro caccia
25.8e su 'l tallone il fiede, indi il minaccia.
26.1Infuriossi allor Tancredi, e disse:
26.2– Così abusi, fellon, la pietà mia? –
26.3Poi la spada gli fisse e gli rifisse
26.4ne la visiera, ove accertò la via.
26.5Moriva Argante, e tal moria qual visse:
26.6minacciava morendo e non languia.
26.7Superbi, formidabili e feroci
26.8gli ultimi moti fur, l'ultime voci.
27.1Ripon Tancredi il ferro, e poi devoto
27.2ringrazia Dio del trionfal onore;
27.3ma lasciato di forze ha quasi vòto
27.4la sanguigna vittoria il vincitore.
27.5Teme egli assai che del viaggio al moto
27.6durar non possa il suo fievol vigore;
27.7pur s'incamina, e così passo passo
27.8per le già corse vie move il piè lasso.
28.1Trar molto il debil fianco oltra non pote
28.2e quanto più si sforza più s'affanna,
28.3onde in terra s'asside e pon le gote
28.4su la destra che par tremula canna.
28.5Ciò che vedea pargli veder che rote,
28.6e di tenebre il dì già gli s'appanna.
28.7Al fin isviene; e 'l vincitor dal vinto
28.8non ben saria nel rimirar distinto.
29.1Mentre qui segue la solinga guerra,
29.2che privata cagion fe' così ardente,
29.3l'ira de' vincitor trascorre ed erra
29.4per la città su 'l popolo nocente.
29.5Or chi giamai de l'espugnata terra
29.6potrebbe a pien l'imagine dolente
29.7ritrarre in carte od adeguar parlando
29.8lo spettacolo atroce e miserando?
30.1Ogni cosa di strage era già pieno,
30.2vedeansi in mucchi e in monti i corpi avolti:
30.3là i feriti su i morti, e qui giacieno
30.4sotto morti insepolti egri sepolti.
30.5Fuggian premendo i pargoletti al seno
30.6le meste madri co' capegli sciolti,
30.7e 'l predator, di spoglie e di rapine
30.8carco, stringea le vergini nel crine.
31.1Ma per le vie ch'al più sublime colle
31.2saglion verso occidente, ond'è il gran tempio,
31.3tutto del sangue ostile orrido e molle
31.4Rinaldo corre e caccia il popolo empio.
31.5La fera spada il generoso estolle
31.6sovra gli armati capi e ne fa scempio;
31.7è schermo frale ogn'elmo ed ogni scudo:
31.8difesa è qui l'esser de l'armi ignudo.
32.1Sol contra il ferro il nobil ferro adopra,
32.2e sdegna ne gli inermi esser feroce;
32.3e que' ch'ardir non armi, arme non copra,
32.4caccia co 'l guardo e con l'orribil voce.
32.5Vedresti, di valor mirabil opra,
32.6come or disprezza, ora minaccia, or noce,
32.7come con rischio disegual fugati
32.8sono egualmente pur nudi ed armati.
33.1Già co 'l più imbelle vulgo anco ritratto
33.2s'è non picciolo stuol del più guerriero
33.3nel tempio che, più volte arso e disfatto,
33.4si noma ancor, dal fondator primiero,
33.5di Salamone; e fu per lui già fatto
33.6di cedri, d'oro e di bei marmi altero.
33.7Or non sì ricco già, pur saldo e forte
33.8è d'alte torri e di ferrate porte.
34.1Guinto il gran cavaliero ove raccolte
34.2s'eran le turbe in loco ampio e sublime,
34.3trovò chiuse le porte e trovò molte
34.4difese apparecchiate in su le cime.
34.5Alzò lo sguardo orribile e due volte
34.6tutto il mirò da l'alte parti a l'ime,
34.7varco angusto cercando, ed altrettante
34.8il circondò con le veloci piante.
35.1Qual lupo predatore a l'aer bruno
35.2le chiuse mandre insidiando aggira,
35.3secco l'avide fauci, e nel digiuno
35.4da nativo odio stimulato e d'ira,
35.5tale egli intorno spia d'adito alcuno
35.6(piano od erto che siasi) aprir si mira;
35.7si ferma alfin ne la gran piazza, e d'alto
35.8stanno aspettando i miseri l'assalto.
36.1In disparte giacea (qual che si fosse
36.2l'uso a cui si serbava) eccelsa trave,
36.3né così alte mai, né così grosse
36.4spiega l'antenne sue ligura nave.
36.5Vèr la gran porta il cavalier la mosse
36.6con quella man cui nessun pondo è grave
36.7e recandosi lei di lancia in modo
36.8urtò d'incontro impetuoso e sodo.
37.1Restar non può marmo o metallo inanti
37.2al duro urtare, al riurtar più forte.
37.3Svelse dal sasso i cardini sonanti,
37.4ruppe i serragli ed abbatté le porte.
37.5Non l'ariete di far più si vanti,
37.6non la bombarda, fulmine di morte.
37.7Per la dischiusa via la gente inonda
37.8quasi un diluvio, e 'l vincitor seconda.
38.1Rende misera strage atra e funesta
38.2l'alta magion che fu magion di Dio.
38.3O giustizia del Ciel, quanto men presta
38.4tanto più grave sovra il popol rio!
38.5Dal tuo secreto proveder fu desta
38.6l'ira ne' cori pietosi, e incrudelio.
38.7Lavò co 'l sangue suo l'empio pagano
38.8quel tempio che già fatto avea profano.
39.1Ma intanto Soliman vèr la gran torre
39.2ito se n'è che di David s'appella,
39.3e qui fa de' guerrier l'avanzo accòrre,
39.4e sbarra intorno e questa strada e quella;
39.5e 'l tiranno Aladino anco vi corre.
39.6Come il Soldan lui vede, a lui favella:
39.7– Vieni, o famoso re, vieni; e là sovra
39.8a la rocca fortissima ricovra,
40.1ché dal furor de le nemiche spade
40.2guardar vi puoi la tua salute e 'l regno.
40.3– Oimé, – risponde –oimé, che la cittade
40.4strugge dal fondo suo barbaro sdegno,
40.5e la mia vita e 'l nostro imperio cade.
40.6Vissi, e regnai; non vivo più, né regno.
40.7Ben si può dir: <> A tutti è giunto
40.8l'ultimo dì, l'inevitabil punto.
41.1– Ov'è, signor la tua virtute antica? –
41.2disse il Soldan tutto cruccioso allora.
41.3– Tolgaci i regni pur sorte nemica,
41.4ché 'l regal pregio è nostro e 'n noi dimora.
41.5Ma colà dentro omai da la fatica
41.6le stanche e gravi tue membra ristora. –
41.7Così gli parla, e fa che si raccoglia
41.8il vecchio re ne la guardata soglia.
42.1Egli ferrata mazza a due man prende
42.2e si ripon la fida spada al fianco,
42.3e stassi al varco intrepido e difende
42.4il chiuso de le strade al popol franco.
42.5Eran mortali le percosse orrende:
42.6quella che non uccide, atterra almanco.
42.7Già fugge ognun da la sbarrata piazza,
42.8dove appressar vede l'orribil mazza.
43.1Ecco da fera compagnia seguito
43.2sopragiungeva il tolosan Raimondo.
43.3Al periglioso passo il vecchio ardito
43.4corse, e sprezzò di quei gran colpi il pondo.
43.5Primo ei ferì, ma invano ebbe ferito;
43.6non ferì invano il feritor secondo,
43.7ch'in fronte il colse, e l'atterrò co 'l peso
43.8supin, tremante, a braccia aperte e steso.
44.1Finalmente ritorna anco ne' vinti
44.2la virtù che 'l timore avea fugata,
44.3e i Franchi vincitori o son rispinti
44.4o pur caggiono uccisi in su l'entrata.
44.5Ma il Soldan, che giacere infra gli estinti
44.6il tramortito duce a i piè si guata,
44.7grida a i suoi cavalier: – Costui sia tratto
44.8dentro a le sbarre e prigionier sia fatto. –
45.1Si movon quelli ad esseguir l'effetto,
45.2ma trovan dura e faticosa impresa
45.3perché non è d'alcun de' suoi negletto
45.4Raimondo, e corron tutti in sua difesa.
45.5Quinci furor, quindi pietoso affetto
45.6pugna, né vil cagione è di contesa:
45.7di sì grand'uom la libertà, la vita,
45.8questi a guardar, quegli a rapir invita.
46.1Pur vinto avrebbe a lungo andar la prova
46.2il Soldano ostinato a la vendetta,
46.3ch'a la fulminea mazza oppor non giova
46.4o doppio scudo o tempra d'elmo eletta;
46.5ma grande aita a i suoi nemici e nova
46.6di qua di là vede arrivare in fretta,
46.7ché da duo lati opposti in un sol punto
46.8il sopran duce e 'l gran guerriero è giunto.
47.1Come pastor, quando fremendo intorno
47.2il vento e i tuoni e balenando i lampi
47.3vede oscurar di mille nubi il giorno,
47.4ritrae le greggie da gli aperti campi,
47.5e sollecito cerca alcun soggiorno
47.6ove l'ira del ciel securo scampi,
47.7ei co 'l grido indrizzando e con la verga
47.8le mandre inanti, a gli ultimi s'atterga;
48.1così il pagan, che già venir sentia
48.2l'irreparabil turbo e la tempesta
48.3che di fremiti orrendi il ciel feria
48.4d'arme ingombrando e quella parte e questa,
48.5le custodite genti inanzi invia
48.6ne la gran torre, ed egli ultimo resta:
48.7ultimo parte, e sì cede al periglio
48.8ch'audace appare in provido consiglio.
49.1Pur a fatica avien che si ripari
49.2dentro a le porte, e le riserra a pena
49.3che già, rotte le sbarre, a i limitari
49.4Rinaldo vien, né quivi anco s'affrena.
49.5Desio di superar chi non ha pari
49.6in opra d'arme, e giuramento il mena;
49.7ché non oblia che in voto egli promise
49.8di dar morte a colui che 'l dano uccise.
50.1E ben allor allor l'invitta mano
50.2tentato avria l'inespugnabil muro,
50.3né forse colà dentro era il Soldano
50.4dal fatal suo nemico assai securo;
50.5ma già suona a ritratta il capitano,
50.6già l'orizonte d'ogni intorno è scuro.
50.7Goffredo alloggia ne la terra, e vòle
50.8rinovar poi l'assalto al novo sole.
51.1Diceva a i suoi lietissimo in sembianza:
51.2– Favorito ha il gran Dio l'armi cristiane:
51.3fatto è 'l sommo de' fatti, e poco avanza
51.4de l'opra e nulla del timor rimane.
51.5La torre (estrema e misera speranza
51.6de gli infedeli) espugnarem dimane.
51.7Pietà fra tanto a confortar v'inviti
51.8con sollecito amor gli egri e i feriti.
52.1Ite, e curate quei c'han fatto acquisto
52.2di questa patria a noi co 'l sangue loro.
52.3Ciò più conviensi a i cavalier di Cristo,
52.4che desio di vendetta o di tesoro.
52.5Troppo, ahi! troppo di strage oggi s'è visto,
52.6troppa in alcuni avidità de l'oro;
52.7rapir più oltra, e incrudelir i' vieto.
52.8Or divulghin le trombe il mio divieto. –
53.1Tacque, e poi se n'andò là dove il conte
53.2riavuto dal colpo anco ne geme.
53.3Né Soliman con meno ardita fronte
53.4a i suoi ragiona, e 'l duol ne l'alma preme:
53.5– Siate, o compagni, di fortuna a l'onte
53.6invitti insin che verde è fior di speme,
53.7ché sotto alta apparenza di fallace
53.8spavento oggi men grave il danno giace.
54.1Prese i nemici han sol le mura e i tetti
54.2e 'l vulgo umil, né la cittade han presa,
54.3ché nel capo del re, ne' vostri petti,
54.4ne le man vostre è la città compresa.
54.5Veggio il re salvo e salvi i suoi più eletti,
54.6veggio che ne circonda alta difesa.
54.7Vano trofeo d'abbandonata terra
54.8abbiansi i Franchi; al fin perdran la guerra.
55.1E certo i' son che perderanla alfine,
55.2ché ne la sorte prospera insolenti
55.3fian vòlti a gli omicidi, a le rapine
55.4ed a gli ingiuriosi abbracciamenti;
55.5e saran di leggier tra le ruine,
55.6tra gli stupri e le prede, oppressi e spenti,
55.7se in tanta tracotanza omai sorgiunge
55.8l'oste d'Egitto, e non pote esser lunge.
56.1Intanto noi signoreggiar co' sassi
56.2potrem de la città gli alti edifici,
56.3ed ogni calle onde al Sepolcro vassi
56.4torràn le nostre machine a i nemici. –
56.5Così, vigor porgendo a i cori già lassi,
56.6la speme rinovò ne gli infelici.
56.7Or mentre qui tai cose eran passate,
56.8errò Vafrin tra mille schiere armate.
57.1A l'essercito avverso eletto in spia,
57.2già dechinando il sol, partì Vafrino;
57.3e corse oscura e solitaria via
57.4notturno e sconosciuto peregrino.
57.5Ascalona passò che non uscia
57.6dal balcon d'oriente anco il mattino;
57.7poi quando è nel meriggio il solar lampo,
57.8a vista fu del poderoso campo.
58.1Vide tende infinite e ventillanti
58.2stendardi in cima azzurri e persi e gialli,
58.3e tante udì lingue discordi e tanti
58.4timpani e corni e barbari metalli
58.5e voci di cameli e d'elefanti,
58.6tra 'l nitrir de' magnanimi cavalli,
58.7che fra sé disse: <
58.8translata viene e qui l'Asia è condutta.>>
59.1Mira egli alquanto pria come sia forte
59.2del campo il sito, e qual vallo il circonde;
59.3poscia non tenta vie furtive e torte,
59.4né dal frequente popolo s'asconde,
59.5ma per dritto sentier tra regie porte
59.6trapassa, ed or dimanda ed or risponde.
59.7A dimande, a risposte astute e pronte
59.8accoppia baldanzosa audace fronte.
60.1Di qua di là sollecito s'aggira
60.2per le vie, per le piazze e per le tende.
60.3I guerrier, i destrier, l'arme rimira,
60.4l'arti e gli ordini osserva e i nomi apprende.
60.5Né di ciò pago, a maggior cose aspira:
60.6spia gli occulti disegni e parte intende.
60.7Tanto s'avolge, e così destro e piano,
60.8ch'adito s'apre al padiglion soprano.
61.1Vede, mirando qui, sdruscita tela,
61.2ond'ha varco la voce, onde si scerne,
61.3che là proprio risponde ove son de la
61.4stanza regal le ritirate interne,
61.5sì che i secreti del signor mal cela
61.6ad uom ch'ascolti da le parti esterne.
61.7Vafrin vi guata e par ch'ad altro intenda,
61.8come sia cura sua conciar la tenda.
62.1Stavasi il capitan la testa ignudo,
62.2le membra armato e con purpureo ammanto.
62.3Lunge due paggi avean l'elmo e lo scudo:
62.4preme egli un'asta e vi s'appoggia alquanto.
62.5Guardava un uom di torvo aspetto e crudo,
62.6membruto ed alto, il qual gli era da canto.
62.7Vafrino è attento e, di Goffredo a nome
62.8parlar sentendo, alza gli orecchi al nome.
63.1Parla il duce a colui: – Dunque securo
63.2sei così tu di dar morte a Goffredo? –
63.3Risponde quegli: – Io sonne, e 'n corte giuro
63.4non tornar mai se vincitor non riedo.
63.5Preverrò ben color che meco furo
63.6al congiurare; e premio altro non chiedo
63.7se non ch'io possa un bel trofeo de l'armi
63.8drizzar nel Cairo, e sottopor tai carmi:
64.1<
64.2distruggitor de l'Asia, Ormondo trasse
64.3quando gli trasse l'alma, e le sospese
64.4perché memoria ad ogni età ne passe.>>
64.5– Non fia – l'altro dicea – che 'l re cortese
64.6l'opera grande inonorata lasse:
64.7ben ei darà ciò che per te si chiede,
64.8ma congiunta l'avrai d'alta mercede.
65.1Or apparecchia pur l'arme mentite,
65.2che 'l giorno omai de la battaglia è presso.
65.3– Son – rispose – già preste. – E qui, fornite
65.4queste parole, e 'l duce tacque ed esso.
65.5Restò Vafrino a le gran cose udite
65.6sospeso e dubbio, e rivolgea in se stesso
65.7qual arti di congiura e quali sieno
65.8le mentite arme, e no 'l comprese a pieno.
66.1Indi partissi e quella notte intera
66.2desto passò, ch'occhio serrar non volse;
66.3ma quando poi di novo ogni bandiera
66.4a l'aure matutine il campo sciolse,
66.5anch'ei marciò con l'altra gente in schiera,
66.6fermossi anch'egli ov'ella albergo tolse,
66.7e pur anco tornò di tenda in tenda
66.8per udir cosa onde il ver meglio intenda.
67.1Cercando, trova in sede alta e pomposa
67.2fra cavalieri Armida e fra donzelle,
67.3che stassi in sé romita e sospirosa:
67.4fra sé co' suoi pensier par che favelle.
67.5Su la candida man la guancia posa,
67.6e china a terra l'amorose stelle.
67.7Non sa se pianga o no: ben può vederle
67.8umidi gli occhi e gravidi di perle.
68.1Vedele incontra il fero Adrasto assiso
68.2che par ch'occhio non batta e che non spiri,
68.3tanto da lei pendea, tanto in lei fiso
68.4pasceva i suoi famelici desiri.
68.5Ma Tisaferno, or l'uno or l'altro in viso
68.6guardando, or vien che brami, or che s'adiri;
68.7e segna il nobil volto or di colore
68.8di rabbioso disdegno ed or d'amore.
69.1Scorge poscia Altamor, ch'in cerchio accolto
69.2fra le donzelle alquanto era in disparte.
69.3Non lascia il desir vago a freno sciolto,
69.4ma gira gli occhi cupidi con arte:
69.5volge un guardo a la mano, uno al bel volto,
69.6talora insidia più guardata parte,
69.7e là s'interna ove mal cauto apria
69.8fra due mamme un bel vel secreta via.
70.1Alza alfin gli occhi Armida, e pur alquanto
70.2la bella fronte sua torna serena;
70.3e repente fra i nuvoli del pianto
70.4un soave sorriso apre e balena.
70.5– Signor, – decea – membrando il vostro vanto
70.6l'anima mia pote scemar la pena,
70.7ché d'esser vendicata in breve aspetta,
70.8e dolce è l'ira in aspettar vendetta. –
71.1Risponde l'indian: – La fronte mesta
71.2deh, per Dio! rasserena, e 'l duolo alleggia,
71.3ch'assai tosto averrà che l'empia testa
71.4di quel Rinaldo a piè tronca ti veggia,
71.5o menarolti prigionier con questa
71.6ultrice mano, ove prigion tu 'l chieggia.
71.7Così promisi in voto. – Or l'altro ch'ode,
71.8moto non fa, ma tra suo cor si rode.
72.1Volgendo in Tisaferno il dolce sguardo:
72.2– Tu, che dici, signor? – colei soggiunge.
72.3Risponde egli infingendo: – Io che son tardo
72.4seguiterò il valor così da lunge
72.5di questo tuo terribile e gagliardo. –
72.6E con tai detti amaramente il punge.
72.7Ripiglia l'indo allor: – Ben è ragione
72.8che lunge segua e tema il paragone. –
73.1Crollando Tisaferno il capo altero,
73.2disse: – Oh foss'io signor del mio talento!
73.3libero avessi in questa spada impero!
73.4ché tosto ei si parria chi sia più lento.
73.5Non temo io te né tuoi gran vanti, o fero;
73.6ma il Cielo e l'inimico Amor pavento. –
73.7Tacque; e sorgeva Adrasto a far disfida,
73.8ma la prevenne e s'interpose Armida.
74.1Diss'ella: – O cavalier, perché quel dono,
74.2donatomi più volte, anco togliete?
74.3Miei campion sète voi, pur esser buono
74.4dovria tal nome a por tra voi quiete.
74.5Meco s'adira chi s'adira: io sono
74.6ne l'offese l'offesa, e voi 'l sapete. –
74.7Così lor parla, e così avien che accordi
74.8sotto giogo di ferro alme discordi.
75.1E' presente Vafrino e 'l tutto ascolta,
75.2e sottrattone il vero indi si toglie.
75.3Spia de l'alta congiura, e lei ravvolta
75.4trova in silenzio e nulla ne raccoglie.
75.5Chiedene improntamente anco tal volta,
75.6e la difficoltà cresce e le voglie.
75.7Or qui lasciar la vita egli è disposto,
75.8o riportarne il gran segreto ascosto.
76.1Mille e più vie d'accorgimento ignote,
76.2mille ripensa inusitate frodi,
76.3e pur con tutto ciò non gli son note
76.4de l'occulta congiura e l'arme e i modi.
76.5Fortuna alfin (quel che per sé non pote)
76.6isviluppò d'ogni suo dubbio i nodi,
76.7si ch'ei distinto e manifesto intese
76.8come l'insidie al pio Buglion sian tese.
77.1Era tornato ov'è pur anco assisa
77.2fra' suoi campioni la nemica amante,
77.3ch'ivi opportun l'investigarne avisa
77.4ove traean genti sì varie e tante.
77.5Or qui s'accosta a una donzella, in guisa
77.6che par che v'abbia conoscenza inante;
77.7par v'abbia d'amistade antica usanza,
77.8e ragiona in affabile sembianza.
78.1Egli dicea, quasi per gioco: – Anch'io
78.2vorrei d'alcuna bella esser campione,
78.3e troncar pensarei co 'l ferro mio
78.4il capo o di Rinaldo o del Buglione.
78.5Chiedila pure a me, se n'hai desio,
78.6la testa d'alcun barbaro barone. –
78.7Così comincia, e pensa a poco a poco
78.8a più grave parlar ridur il gioco.
79.1Ma in questo dir sorrise, e fe' ridendo
79.2un cotal atto suo nativo usato.
79.3Una de l'altre allor qui sorgiungendo
79.4l'udì, guardollo, e poi gli venne a lato;
79.5disse: – Involarti a ciascun'altra intendo,
79.6né ti dorrai d'amor male impiegato.
79.7Il mio campion t'eleggo; ed in disparte,
79.8come a mio cavalier, vuo' ragionarte. –
80.1Ritirollo, e parlò: – Riconosciuto
80.2ho te, Vafrin; tu me conoscer déi. –
80.3Nel cor turbossi lo scudiero astuto,
80.4pur si rivolse sorridendo a lei:
80.5– Non t'ho (che mi sovenga) unqua veduto,
80.6e degna pur d'esser mirata sei.
80.7Questo so ben, ch'assai vario da quello
80.8che tu dicesti è il nome ond'io m'appello.
81.1Me su la piaggia di Biserta aprica
81.2Lesbin produsse, e mi nomò Almanzorre. –
81.3Tosto, disse ella: – Ho conoscenza antica
81.4d'ogn'esser tuo, né già mi voglio apporre.
81.5Non ti celar da me, ch'io sono amica,
81.6ed in tuo pro vorrei la vita esporre.
81.7Erminia son, già di re figlia, e serva
81.8poi di Tancredi a un tempo, e tua conserva.
82.1Ne la dolce prigion, due lieti mesi
82.2pietoso prigionier m'avesti in guarda,
82.3e mi servisti in bei modi cortesi.
82.4Ben dessa i' son, ben dessa i' son; riguarda. –
82.5Lo scudier, come pria v'ha gli occhi intesi,
82.6la bella faccia a ravvisar non tarda.
82.7– Vivi – ella soggiungea – da me securo:
82.8per questo ciel, per questo sol te 'l giuro.
83.1Anzi pregar ti vo' che, quando torni,
83.2mi riconduca a la prigion mia cara.
83.3Torbide notti e tenebrosi giorni,
83.4misera, vivo in libertate amara.
83.5E se qui per ispia forse soggiorni,
83.6ti si fa incontro alta fortuna e rara:
83.7saprai da me congiure, e ciò ch'altrove
83.8malagevol sarà che tu ritrove. –
84.1Così gli parla, e intanto ei mira e tace;
84.2pensa a l'essempio de la falsa Armida.
84.3<
84.4vòle e disvòle; è folle uom che se 'n fida.>>
84.5Sì tra sé volge. – Or, se venir ti piace, –
84.6alfin le disse – io ne sarò tua guida.
84.7Sia fermato tra noi questo e conchiuso,
84.8serbisi il parlar d'altro a miglior uso. –
85.1Gli ordini danno di salire in sella
85.2anzi il mover del campo allora allora.
85.3Parte Vafrin dal padiglione, ed ella
85.4si torna a l'altre e alquanto ivi dimora.
85.5Di scherzar fa sembianza e pur favella
85.6del campion novo, e se ne vien poi fora;
85.7viene al loco prescritto e s'accompagna,
85.8ed escon poi del campo a la campagna.
86.1Già eran giunti in parte assai romita
86.2e già sparian le saracine tende,
86.3quando ei le disse: – Or di' come a la vita
86.4del pio Goffredo altri l'insidie tende. –
86.5Allor colei de la congiura ordita
86.6l'iniqua tela a lui dispiega e stende.
86.7– Son – gli divisa – otto guerrier di corte,
86.8tra' quali il più famoso è Ormondo il forte.
87.1Questi (che che lor mova, odio o disegno)
87.2han conspirato, e l'arte lor fia tale:
87.3quel dì ch'in lite verrà d'Asia il regno
87.4tra' due gran campi in gran pugna campale,
87.5avran su l'arme de la Croce il segno,
87.6e l'arme avranno a la francesca; e quale
87.7la guardia di Goffredo ha bianco e d'oro
87.8il suo vestir, sarà l'abito loro.
88.1Ma ciascun terrà cosa in su l'elmetto
88.2che noto a i suoi per uom pagano il faccia.
88.3Quando fia poi rimescolato e stretto
88.4l'un campo e l'altro, elli porransi in traccia,
88.5e insidieranno al valoroso petto
88.6mostrando di custodi amica faccia;
88.7e 'l ferro armato di veneno avranno,
88.8perché mortal sia d'ogni piaga il danno.
89.1E perché fra' pagani anco risassi
89.2ch'io so vostr'usi ed arme e sopraveste,
89.3fèr che le false insegne io divisassi;
89.4e fui costretta ad opere moleste.
89.5Queste son le cagion che 'l campo io lassi:
89.6fuggo l'imperiose altrui richieste;
89.7schivo ed aborro in qual si voglia modo
89.8contaminarmi in atto alcun di frodo.
90.1Queste son le cagion, ma non già sole. –
90.2E qui si tacque, e di rossor si tinse
90.3e chinò cli occhi, e l'ultime parole
90.4ritener volle e non ben le distinse.
90.5Lo scudier, che da lei ritrar pur vòle
90.6ciò ch'ella vergognando in sé ristrinse,
90.7– Di poca fede, – disse – or perché cele
90.8le più vere cagioni al tuo fedele? –
91.1Ella dal petto un gran sospiro apriva,
91.2e parlava con suon tremante e roco:
91.3– Mal guardata vergogna intempestiva
91.4vattene omai, non hai tu qui più loco;
91.5a che pur tenti, o in van ritrosa, o schiva,
91.6celar co 'l foco tuo d'amor il foco?
91.7Debiti fur questi rispetti inante,
91.8non or che fatta son donzella errante. –
92.1Soggiunse poi: – La notte a me fatale
92.2ed a la patria mia che giacque oppressa,
92.3perdei più che non parve; e 'l mio gran male
92.4non ebbi in lei, ma derivò da essa.
92.5Leve perdita è il regno, io co 'l regale
92.6mio alto stato anco perdei me stessa:
92.7per mai non ricovrarla, allor perdei
92.8la mente, folle, e 'l core e i sensi miei.
93.1Vafrin, tu sai che timidetta accorsi,
93.2tanta strage vedendo e tante prede,
93.3al tuo signor e mio, che prima i' scorsi
93.4armato por ne la mia reggia il piede;
93.5e chinandomi a lui tai voci porsi:
93.6<
93.7non prego io te per la mia vita: il fiore
93.8salvami sol del veginale onore.>>
94.1Egli, la sua porgendo a la mia mano,
94.2non aspettò che 'l mio pregar fornisse:
94.3<
94.4io ne sarò tuo difensor>> mi disse.
94.5Allor un non so che soave e piano
94.6sentii ch'al cor mi scese e vi s'affisse
94.7che serpendomi poi per l'alma vaga,
94.8non so come, divenne incendio e piaga.
95.1Visitommi poi spesso, e 'n dolce suono
95.2consolando il mio duol, meco si dolse.
95.3Dicea: <>,
95.4e de le spoglie mie spoglia non volse.
95.5Oimé! che fu rapina e parve dono,
95.6ché rendendomi a me da me mi tolse.
95.7Quel mi rendé ch'è via men caro e degno,
95.8ma s'usurpò del core a forza il regno.
96.1Mal amor si nasconde. A te sovente
96.2desiosa chiedea del mio signore.
96.3Veggendo i segni tu d'inferma mente:
96.4<> mi dicesti <>
96.5Io te 'l negai, ma un mio sospiro ardente
96.6fu più verace testimon del core;
96.7e 'n vece forse della lingua, il guardo
96.8manifestava il foco onde tutt'ardo.
97.1Sfortunato silenzio! avessi almeno
97.2chiesta allor medicina al gran martìre,
97.3s'esser poscia dovea lentato il freno,
97.4quando non giovarebbe, al mio desire.
97.5Partimmi in somma, e le mie piaghe in seno
97.6portai celate e ne credei morire.
97.7Al fin cercando al viver mio soccorso,
97.8mi sciolse amor d'ogni rispetto il morso;
98.1sì ch'a trovarne il mio signor io mossi
98.2ch'egra mi fece e mi potea far sana.
98.3Ma tra via fero intoppo attraversossi
98.4di gente inclementissima e villana.
98.5Poco mancò che preda lor non fossi,
98.6pur in parte fuggimmi erma e lontana;
98.7e colà vissi in solitaria cella,
98.8cittadina de' boschi e pastorella.
99.1Ma poi che quel desio che fu ripresso
99.2molti dì per la tema anco risorse,
99.3tornami ritentando al loco stesso,
99.4la medesma sciagura anco m'occorse.
99.5Fuggir non potei già, ch'era omai presso
99.6predatrice masnada e troppo corse.
99.7Così fui presa, e quei che mi rapiro
99.8Egizi fur ch'a Gaza indi se 'n giro,
100.1e 'n don menàrmi al capitano, a cui
100.2diedi di me contezza, e 'l persuasi
100.3sì ch'onorata e inviolata fui
100.4quei dì che con Armida ivi rimasi.
100.5Così venni più volte in forza altrui,
100.6e me 'n sottrassi. Ecco i miei duri casi.
100.7Pur le prime catene anco riserva
100.8la tante volte liberata e serva.
101.1Oh, pur colui che circondolle intorno
101.2a l'alma, sì che non fia chi le scioglia,
101.3non dica: <
101.4cércati pure>>, e me seco non voglia;
101.5ma pietoso gradisca il mio ritorno
101.6e ne l'antica mia prigion m'accoglia! –
101.7Così diceagli Erminia, e insieme andaro
101.8la notte e 'l giorno ragionando a paro.
102.1Il più usato sentier lasciò Vafrino,
102.2calle cercando o più securo o corto.
102.3Giunsero in loco a la città vicino
102.4quando è il sol ne l'occaso e imbruna l'orto,
102.5e trovaron di sangue atro il camino;
102.6e poi vider nel sangue un guerrier morto
102.7che le vie tutte ingombra, e la gran faccia
102.8tien volta al cielo e morto anco minaccia.
103.1L'uso de l'arme e 'l portamento estrano
103.2pagàn mostràrlo, e lo scudier trascorse;
103.3un altro alquanto ne giacea lontano
103.4che tosto a gli occhi di Vafrino occorse.
103.5Egli disse fra sé: <>
103.6Più il mise poscia il vestir bruno in forse.
103.7Salta di sella e gli discopre il viso,
103.8ed: – Oimé, – grida – è qui Tancredi ucciso. –
104.1A riguardar sovra il guerrier feroce
104.2la male aventurosa era fermata,
104.3quando dal suon de la dolente voce
104.4per lo mezzo del cor fu saettata.
104.5Al nome di Tancredi ella veloce
104.6accorse in guisa d'ebra e forsennata.
104.7Vista la faccia scolorita e bella,
104.8non scese no, precipitò di sella;
105.1e in lui versò d'inessicabil vena
105.2lacrime e voce di sospiri mista:
105.3– In che misero punto or qui mi mena
105.4fortuna? a che veduta amara e trista?
105.5Dopo gran tempo i' ti ritrovo a pena,
105.6Tancredi, e ti riveggio e non son vista:
105.7vista non son da te benché presente,
105.8e trovando ti perdo eternamente.
106.1Misera! non credea ch'a gli occhi miei
106.2potessi in alcun tempo esser noioso.
106.3Or cieca farmi volentier torrei
106.4per non vederti, e riguardar non oso.
106.5Oimé, de' lumi già sì dolci e rei
106.6ov'è la fiamma? ov'è il bel raggio ascoso?
106.7de le fiorite guancie il bel vermiglio
106.8ov'è fuggito? ov'è il seren del ciglio?
107.1Ma che? squallido e scuro anco mi piaci.
107.2Anima bella, se quinci entro gire,
107.3s'odi il mio pianto, a le mie voglie audaci
107.4perdona il furto e 'l temerario ardire:
107.5da le pallide labra i freddi baci,
107.6che più caldi sperai, vuo' pur rapire;
107.7parte torrò di sue ragioni a morte,
107.8baciando queste labra essangui e smorte.
108.1Pietosa bocca che solevi in vita
108.2consolar il mio duol di tue parole,
108.3lecito sia ch'anzi la mia partita
108.4d'alcun tuo caro bacio io mi console;
108.5e forse allor, s'era a cercarlo ardita,
108.6quel davi tu ch'ora conven ch'invole.
108.7Lecito sia ch'ora ti stringa e poi
108.8versi lo spirto mio fra i labri tuoi.
109.1Raccogli tu l'anima mia seguace,
109.2drizzala tu dove la tua se 'n gio. –
109.3Così parla gemendo, e si disface
109.4quasi per gli occhi, e par conversa in rio.
109.5Rivenne quegli a quell'umor vivace
109.6e le languide labra alquanto aprio:
109.7aprì le labra e con le luci chiuse
109.8un suo sospir con que' di lei confuse.
110.1Sente la donna il cavalier che geme,
110.2e forza è pur che si conforti alquanto:
110.3– Apri gli occhi, Tancredi, a queste estreme
110.4essequie – grida – ch'io ti fo co 'l pianto;
110.5riguarda me che vuo' venirne insieme
110.6la lunga strada e vuo' morirti a canto.
110.7Riguarda me, non te 'n fuggir sì presto:
110.8l'ultimo don ch'io ti dimando è questo. –
111.1Apre Tancredi gli occhi e poi gli abbassa
111.2torbidi e gravi, ed ella pur si lagna.
111.3Dice Vafrino a lei: – Questi non passa:
111.4curisi adunque prima, e poi si piagna. –
111.5Egli il disarma, ella tremante e lassa
111.6porge la mano a l'opere compagna,
111.7mira e tratta le piaghe e, di ferute
111.8guidice esperta, spera indi salute.
112.1Vede che 'l mal da la stanchezza nasce
112.2e da gli umori in troppa copia sparti.
112.3Ma non ha fuor ch'un velo onde gli fasce
112.4le sue ferite, in sì solinghe parti.
112.5Amor le trova inusitate fasce,
112.6e di pietà le insegna insolite arti:
112.7l'asciugò con le chiome e rilegolle
112.8pur con le chiome che troncar si volle,
113.1però che 'l velo suo bastar non pote
113.2breve e sottile a le sì spesse piaghe.
113.3Dittamo e croco non avea, ma note
113.4per uso tal sapea potenti e maghe.
113.5Già il mortifero sonno ei da sé scote,
113.6già può le luci alzar mobili e vaghe.
113.7Vede il suo servo, e la pietosa donna
113.8sopra si mira in peregrina gonna.
114.1Chiede: – O Vafrin, qui come giungi e quando?
114.2E tu chi sei, medica mia pietosa? –
114.3Ella, fra lieta e dubbia sospirando,
114.4tinse il bel volto di color di rosa:
114.5– Saprai – rispose – il tutto, or (te 'l comando
114.6come medica tua) taci e riposa.
114.7Salute avrai, prepara il guiderdone. –
114.8Ed al suo capo il grembo indi suppone.
115.1Pensa intanto Vafrin come a l'ostello
115.2agiato il porti anzi più fosca sera,
115.3ed ecco di guerrier giunge un drapello:
115.4conosce ei ben che di Tancredi è schiera.
115.5Quando affrontò il circasso e per appello
115.6di battaglia chiamollo, insieme egli era;
115.7non seguì lui perché non volse allora,
115.8poi dubbioso il cercò de la dimora.
116.1Seguian molti altri la medesma inchiesta,
116.2ma ritrovarlo avien che lor succeda.
116.3De le stesse lor braccia essi han contesta
116.4quasi una sede ov'ei s'appoggi e sieda.
116.5Disse Tancredi allora: – Adunque resta
116.6il valoroso Argante a i corvi in preda?
116.7Ah per Dio non si lasci, e non si frodi
116.8o de la sepoltura o de le lodi.
117.1Nessuna a me co 'l busto essangue e muto
117.2riman più guerra; egli morì qual forte,
117.3onde a ragion gli è quell'onor devuto
117.4che solo in terra avanzo è de la morte. –
117.5Così da molti ricevendo aiuto
117.6fa che 'l nemico suo dietro si porte.
117.7Vafrino al fianco di colei si pose,
117.8sì come uom sòle a le guardate cose.
118.1Soggiunse il prence: – A la città regale,
118.2non a le tende mie, vuo' che si vada,
118.3ché s'umano accidente a questa frale
118.4vita sovrasta, è ben ch'ivi m'accada;
118.5ché 'l loco ove morì l'Uomo immortale
118.6può forse al Cielo agevolar la strada,
118.7e sarà pago un mio pensier devoto
118.8d'aver peregrinato al fin del voto. –
119.1Disse, e colà portato egli fu posto
119.2sovra le piume, e 'l prese un sonno cheto.
119.3Vafrino a la donzella, e non discosto,
119.4ritrova albergo assai chiuso e secreto.
119.5Quinci s'invia dov'è Goffredo, e tosto
119.6entra, ché non gli è fatto alcun divieto,
119.7se ben allor de la futura impresa
119.8in bilance i consigli appende e pesa.
120.1Del letto, ove la stanca egra persona
120.2posa Raimondo, il duce è su la sponda,
120.3e d'ogn'intorno nobile corona
120.4de' più potenti e più saggi il circonda.
120.5Or, mentre lo scudiero a lui ragiona,
120.6non v'è chi d'altro chieda o chi risponda.
120.7– Signor, – dicea – come imponesti, andai
120.8tra gli infedeli e 'l campo lor cercai.
121.1Ma non aspettar già che di quell'oste
121.2l'innumerabil numero ti conti.
121.3I' vidi ch' al passar le valli ascoste
121.4sotto e' teneva e i piani tutti e i monti;
121.5vidi che dove giunga, ove s'accoste,
121.6spoglia la terra e secca i fiumi e i fonti,
121.7perché non bastan l'acque a la lor sete,
121.8e poco è lor ciò che la Siria miete.
122.1Ma sì de' cavalier, sì de' pedoni
122.2sono in gran parte inutili le schiere:
122.3gente che non intende ordini o suoni,
122.4né tringe ferro e di lontan sol fère.
122.5Ben ve ne sono alquanti eletti e buoni
122.6che seguite di Persia han le bandiere,
122.7e forse squadra anco migliore è quella
122.8che la squadra immortal del re s'appella.
123.1Ella è detta immortal perché difetto
123.2in quel numero mai non fu pur d'uno,
123.3ma empie il loco vòto e sempre eletto
123.4sottentra uom novo ove ne manchi alcuno.
123.5Il capitan del campo, Emiren detto,
123.6pari ha in senno e valor pochi o nessuno,
123.7e gli commanda il re che provocarti
123.8debba a pugna campal con tutte l'arti.
124.1Né credo già ch'al dì secondo tardi
124.2l'essercito nemico a comparire.
124.3Ma tu, Rinaldo, assai conven che guardi
124.4il capo, ond'è fra lor tanto desire,
124.5ché i più famosi in arme e i più gagliardi
124.6gli hanno incontra arrotato il ferro e l'ire;
124.7perché Armida se stessa in guiderdone
124.8a qual di loro il troncherà propone.
125.1Fra questi è il valoroso e nobil perso:
125.2dico Altamoro, il re di Sarmacante.
125.3Adrasto v'è, c'ha il regno suo là verso
125.4i confin de l'aurora ed è gigante,
125.5uom d'ogni umanità così diverso
125.6che frena per cavallo un elefante.
125.7V'è Tisaferno, a cui ne l'esser prode
125.8concorde fama dà sovrana lode. –
126.1Così dice egli, e 'l giovenetto in volto
126.2tutto scintilla ed ha ne gli occhi il foco.
126.3Vorria già tra' nemici esser avolto,
126.4né cape in sé, né ritrovar può loco.
126.5Quinci Vafrino al capitan rivolto:
126.6– Signor, – soggiunse – il sin qui detto è poco;
126.7la somma de le cose or qui si chiuda:
126.8impugneransi in te l'arme di Giuda. –
127.1Di parte in parte poi tutto gli espose
127.2ciò che di fraudolente in lui si tesse:
127.3l'arme e 'l venen, l'insegne insidiose,
127.4il vanto udito, i premi e le promesse.
127.5Molto chiesto gli fu, molto rispose;
127.6breve tra lor silenzio indi successe,
127.7poscia inalzando il capitano il ciglio
127.8chiede a Raimondo: – Or qual'è il tuo consiglio? –
128.1Ed egli: – E' mio parer ch'a i novi albori,
128.2come concluso fu, più non s'assaglia,
128.3ma si stringa la torre, onde uscir fuori
128.4quel ch'è là dentro a suo piacer non vaglia,
128.5e posi il nostro campo e si ristori
128.6fra tanto ad uopo di maggior battaglia.
128.7Pensa tu poi s'è meglio usar la spada
128.8con forza aperta o 'l gir tenendo a bada.
129.1Mio giudizio è però che a te convegna
129.2di te stesso curar sovra ogni cura,
129.3ché per te vince l'oste e per te regna.
129.4Chi senza te l'indrizza e l'assecura?
129.5E perché i traditor non celi insegna,
129.6mutar l'insegne a' tuoi guerrier procura.
129.7Così la fraude a te palese fatta
129.8sarà da quel medesmo in chi s'appiatta. –
130.1Risponde il capitan: – Come hai per uso,
130.2mostri amico voler e saggia mente;
130.3ma quel che dubbio lasci, or fia conchiuso.
130.4Uscirem contra a la nemica gente,
130.5né già star deve in muro o 'n vallo chiuso
130.6il campo domator de l'Oriente.
130.7Sia da quegli empi il valor nostro esperto
130.8ne la più aperta luce, in loco aperto.
131.1Non sosterran de le vittorie il nome,
131.2non che de' vincitor l'aspetto altero,
131.3non che l'arme; e lor forze saran dome,
131.4fermo stabilimento al nostro impero.
131.5La torre o tosto renderassi o, come
131.6altri no 'l vieti, il prenderla è leggiero. –
131.7Qui il magnanimo tace e fa partita,
131.8ché 'l cader de le stelle al sonno invita.
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