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CANTO DODICESIMO

1.1Era la notte, e non prendean ristoro
1.2co 'l sonno ancor le faticose genti:
1.3ma qui vegghiando nel fabril lavoro
1.4stavano i Franchi a la custodia intenti,
1.5e là i pagani le difese loro
1.6gian rinforzando tremule e cadenti
1.7e reintegrando le già rotte mura,
1.8e de' feriti era comun la cura.
2.1Curate al fin le piaghe, e già fornita
2.2de l'opere notturne era qualcuna;
2.3e rallentando l'altre, al sonno invita
2.4l'ombra omai fatta più tacita e bruna.
2.5Pur non accheta la guerriera ardita
2.6l'alma d'onor famelica e digiuna,
2.7e sollecita l'opre ove altri cessa.
2.8Va seco Argante, e dice ella a se stessa:
3.1<
3.2fèr meraviglie inusitate e strane,
3.3ché soli uscìr fra tante schiere e tante
3.4e vi spezzàr le machine cristiane.
3.5Io (questo è il sommo pregio onde mi vante)
3.6d'alto rinchiusa oprai l'arme lontane,
3.7saggittaria, no 'l nego, assai felice.
3.8Dunque sol tanto a donna e più non lice?
4.1Quanto me' fòra in monte od in foresta
4.2a le fère aventar dardi e quadrella,
4.3ch'ove il maschio valor si manifesta
4.4mostrarmi qui tra cavalier donzella!
4.5Ché non riprendo la feminea vesta,
4.6s'io ne son degna e non mi chiudo in cella?>>
4.7Così parla tra sé; pensa e risolve
4.8al fin gran cose ed al guerrier si volve:
5.1– Buona pezza è, signor, che in sé raggira
5.2un non so che d'insolito e d'audace
5.3la mia mente inquieta: o Dio l'inspira,
5.4o l'uom del suo voler suo Dio si face.
5.5Fuor del vallo nemico accesi mira
5.6i lumi; io là n'andrò con ferro e face
5.7e la torre arderò: vogl'io che questo
5.8effetto segua, il Ciel poi curi il resto.
6.1Ma s'egli averrà pur che mia ventura
6.2nel mio ritorno mi rinchiuda il passo,
6.3d'uom che 'n amor m'è padre a te la cura
6.4e de le care mie donzelle io lasso.
6.5Tu ne l'Egitto rimandar procura
6.6le donne sconsolate e 'l vecchio lasso.
6.7Fallo per Dio, signor, ché di pietate
6.8ben è degno quel sesso e quella etate. –
7.1Stupisce Argante, e ripercosso il petto
7.2da stimoli di gloria acuti sente.
7.3– Tu là n'andrai, – rispose – e me negletto
7.4qui lascierai tra la vulgare gente?
7.5E da secura parte avrò diletto
7.6mirar il fumo e la favilla ardente?
7.7No, no; se fui ne l'arme a te consorte,
7.8esser vo' ne la gloria e ne la morte.
8.1Ho core anch'io che morte sprezza e crede
8.2che ben si cambi con l'onor la vita.
8.3– Ben ne fèsti – diss'ella – eterna fede
8.4con quella tua sì generosa uscita.
8.5Pure io femina sono, e nulla riede
8.6mia morte indanno a la città smarrita;
8.7ma se tu cadi (tolga il Ciel gli augùri),
8.8or chi sarà che più difenda i muri? –
9.1Replicò il cavaliero: – Indarno adduci
9.2al mio fermo voler fallaci scuse.
9.3Seguirò l'orme tue, se mi conduci;
9.4ma le precorrerò, se mi ricuse. –
9.5Concordi al re ne vanno, il qual fra i duci
9.6e fra i più saggi suoi gli accolse e chiuse.
9.7Incominciò Clorinda: – O sire, attendi
9.8a ciò che dir voglianti, e in grado il prendi.
10.1Argante qui (né sarà vano il vanto)
10.2quella machina eccelsa arder promette.
10.3Io sarò seco, ed aspettiam sol tanto
10.4che stanchezza maggiore il sonno allette. –
10.5Sollevò il re le palme, e un lieto pianto
10.6giù per le crespe guancie a lui cadette;
10.7e: – Lodato sia tu, – disse – che a i servi
10.8tuoi volgi gli occhi e 'l regno anco mi servi.
11.1Né già sì tosto caderà, se tali
11.2animi forti in sua difesa or sono.
11.3Ma qual poss'io, coppia onorata, eguali
11.4dar a i meriti vostri o laude o dono?
11.5Laudi la fama voi con immortali
11.6voci di gloria, e 'l mondo empia del suono.
11.7Premio v'è l'opra stessa, e premio in parte
11.8vi fia del regno mio non poca parte. –
12.1Sì parla il re canuto, e si ristringe
12.2or questa or quel teneramente al seno.
12.3Il Soldan, ch'è presente e non infinge
12.4la generosa invidia onde egli è pieno,
12.5disse: – Né questa spada in van si cinge;
12.6verravvi a paro o poco dietro almeno. –
12.7– Ah! – rispose Clorinda – andremo a questa
12.8impresa tutti? e se tu vien, chi resta? –
13.1Così gli disse, e con rifiuto altero
13.2già s'apprestava a ricusarlo Argante;
13.3ma 'l re il prevenne, e ragionò primiero
13.4a Soliman con placido sembiante:
13.5– Ben sempre tu, magnanimo guerriero,
13.6ne ti mostrasti a te stesso sembiante,
13.7cui nulla faccia di periglio unquanco
13.8sgomentò, né mai fosti in guerra stanco.
14.1E so che fuora andando opre faresti
14.2degne di te; ma sconvenevol parmi
14.3che tutti usciate, e dentro alcun non resti
14.4di voi che sète i più famosi in armi.
14.5Né men consentirei ch'andasser questi
14.6(ché degno è il sangue lor che si risparmi),
14.7s'o men util tal opra o mi paresse
14.8che fornita per altri esser potesse.
15.1Ma poi che la gran torre in sua difesa
15.2d'ogni intorno le guardie ha così folte
15.3che da poche mie genti esser offesa
15.4non pote, e inopportuno è uscir con molte,
15.5la coppia che s'offerse a l'alta impresa,
15.6e 'n simil rischio si trovò più volte,
15.7vada felice pur, ch'ella è ben tale
15.8che sola più che mille insieme vale.
16.1Tu, come al regio onor più si conviene,
16.2con gli altri, prego, in su le porte attendi;
16.3e quando poi (ché n'ho secura spene)
16.4ritornino essi e desti abbian gli incendi,
16.5se stuol nemico seguitando viene,
16.6lui risospingi e lor salva e difendi. –
16.7Così l'un re diceva, e l'altro cheto
16.8rimaneva al suo dir, ma non già lieto.
17.1Soggiunse allora Ismeno: – Attender piaccia
17.2a voi, ch'uscir dovete, ora più tarda,
17.3sin che di varie tempre un misto i' faccia
17.4ch'a la machina ostil s'appigli e l'arda.
17.5Forse allora averrà che parte giaccia
17.6di quello stuol che la circonda e guarda. –
17.7Ciò fu concluso, e in sua magion ciascuno
17.8aspetta il tempo al gran fatto opportuno.
18.1Depon Clorinda le sue spoglie inteste
18.2d'argento e l'elmo adorno e l'arme altere,
18.3e senza piuma o fregio altre ne veste
18.4(infausto annunzio!) ruginose e nere,
18.5però che stima agevolmente in queste
18.6occulta andar fra le nemiche schiere.
18.7E' quivi Arsete eunuco, il qual fanciulla
18.8la nudrì da le fasce e da la culla,
19.1e per l'orme di lei l'antico fianco
19.2d'ogni intorno traendo, or la seguia.
19.3Vede costui l'arme cangiate, ed anco
19.4del gran rischio s'accorge ove ella gìa,
19.5e se n'affligge, e per lo crin che bianco
19.6in lei servendo ha fatto e per la pia
19.7memoria de' suo' uffici instando prega
19.8che da l'impresa cessi; ed ella il nega.
20.1Onde ei le disse alfin: – Poi che ritrosa
20.2sì la tua mente nel suo mal s'indura
20.3che né la stanca età, né la pietosa
20.4voglia, né i preghi miei, né il pianto cura,
20.5ti spiegherò più oltre, e saprai cosa
20.6di tua condizion che t'era oscura;
20.7poi tuo desir ti guidi o mio consiglio. –
20.8Ei segue, ed ella inalza attenta il ciglio.
21.1– Resse già d'Etiopia, e forse regge
21.2Senapo ancor con fortunato impero,
21.3il qual del figlio di Maria la legge
21.4osserva, e l'osserva anco il popol nero.
21.5Quivi io pagan fui servo e fui tra gregge
21.6d'ancelle avolto in feminil mestiero,
21.7ministro fatto de la regia moglie
21.8che bruna è sì, ma il bruno il bel non toglie.
22.1N'arde il marito, e de l'amore al foco
22.2ben de la gelosia s'agguaglia il gelo.
22.3Si va in guisa avanzando a poco a poco
22.4nel tormentoso petto il folle zelo
22.5che da ogn'uom la nasconde, e in chiuso loco
22.6vorria celarla ai tanti occhi del cielo.
22.7Ella, saggia ed umil, di ciò che piace
22.8al suo signor fa suo diletto e pace.
23.1D'una pietosa istoria e di devote
23.2figure la sua stanza era dipinta.
23.3Vergine, bianca il bel volto e le gote
23.4vermiglia, è quivi presso un drago avinta.
23.5Con l'asta il mostro un cavalier percote:
23.6giace la fèra nel suo sangue estinta.
23.7Quivi sovente ella s'atterra, e spiega
23.8le sue tacite colpe e piange e prega.
24.1Ingravida fra tanto, ed espon fuori
24.2(e tu fosti colei) candida figlia.
24.3Si turba; e de gli insoliti colori,
24.4quasi d'un novo mostro, ha meraviglia.
24.5Ma perché il re conosce e i suoi furori,
24.6celargli il parto al fin si riconsiglia,
24.7ch'egli avria dal candor che in te si vede
24.8argomentato in lei non bianca fede.
25.1Ed in tua vece una fanciulla nera
25.2pensa mostrargli, poco inanzi nata.
25.3E perché fu la torre, ove chius'era,
25.4da le donne e da me solo abitata,
25.5a me, che le fui servo e con sincera
25.6mente l'amai, ti diè non battezzata;
25.7né già poteva allor battesmo darti,
25.8ché l'uso no 'l sostien di quelle parti.
26.1Piangendo a me ti porse, e mi commise
26.2ch'io lontana a nudrir ti conducessi.
26.3Chi può dire il suo affanno, e in quante guise
26.4lagnossi e raddoppiò gli ultimi amplessi?
26.5Bagnò i baci di pianto, e fur divise
26.6le sue querele da i singulti spessi.
26.7Levò alfin gli occhi, e disse: <
26.8l'opre più occulte, e nel mio cor t'interni,
27.1s'immaculato è questo cor, s'intatte
27.2son queste membra e 'l marital mio letto,
27.3per me non prego, che mille altre ho fatte
27.4malvagità: son vile al tuo cospetto;
27.5salva il parto innocente, al qual il latte
27.6nega la madre del materno petto.
27.7Viva, e sol d'onestate a me somigli;
27.8l'essempio di fortuna altronde pigli.
28.1Tu, celeste guerrier, che la donzella
28.2togliesti del serpente a gli empi morsi,
28.3s'accesi ne' tuo' altari umil facella,
28.4s'auro o incenso odorato unqua ti porsi,
28.5tu per lei prega, sì che fida ancella
28.6possa in ogni fortuna a te raccòrsi.>>
28.7Qui tacque; e 'l cor le si rinchiuse e strinse,
28.8e di pallida morte si dipinse.
29.1Io piangendo ti presi, e in breve cesta
29.2fuor ti portai, tra fiori e frondi ascosa;
29.3ti celai da ciascun, che né di questa
29.4diedi sospizion né d'altra cosa.
29.5Me n'andai sconosciuto; e per foresta
29.6caminando di piante orride ombrosa,
29.7vidi una tigre, che minaccie ed ire
29.8avea ne gli occhi, incontr'a me venire.
30.1Sovra un arbore i' salsi e te su l'erba
30.2lasciai, tanta paura il cor mi prese.
30.3Giunse l'orribil fèra, e la superba
30.4testa volgendo, in te lo sguardo intese.
30.5Mansuefece e raddolcio l'acerba
30.6vista con atto placido e cortese;
30.7lenta poi s'avicina e ti fa vezzi
30.8con la lingua, e tu ridi e l'accarezzi;
31.1ed ischerzando seco, al fero muso
31.2la pargoletta man secura stendi.
31.3Ti porge ella le mamme e, come è l'uso
31.4di nutrice, s'adatta, e tu le prendi.
31.5Intanto io miro timido e confuso,
31.6come uom faria novi prodigi orrendi.
31.7Poi che sazia ti vede omai la belva
31.8del suo latte, ella parte e si rinselva;
32.1ed io giù scendo e ti ricolgo, e torno
32.2là 've prima fur vòlti i passi miei,
32.3e preso in picciol borgo alfin soggiorno,
32.4celatamente ivi nutrir ti fei.
32.5Vi stetti in sin che 'l sol correndo intorno
32.6portò a i mortali e diece mesi e sei.
32.7Tu con lingua di latte anco snodavi
32.8voci indistinte, e incerte orme segnavi.
33.1Ma sendo io colà giunto ove dechina
33.2l'etate omai cadente a la vecchiezza,
33.3ricco e sazio de l'or che la regina
33.4nel partir diemmi con regale ampiezza,
33.5da quella vita errante e peregrina
33.6nella patria ridurmi ebbi vaghezza,
33.7e tra gli antichi amici in caro loco
33.8viver, temprando il verno al proprio foco.
34.1Partomi, e vèr l'Egitto onde son nato,
34.2te conducendo meco, il corso invio,
34.3e giungo ad un torrente, e riserrato
34.4quinci da i ladri son, quindi dal rio.
34.5Che debbo far? te, dolce peso amato,
34.6lasciar non voglio, e di campar desio.
34.7Mi gitto a nuoto, ed una man ne viene
34.8rompendo l'onda e te l'altra sostiene.
35.1Rapidissimo è il corso, e in mezzo l'onda
35.2in se medesma si ripiega e gira;
35.3ma, guinto ove più volge e si profonda,
35.4in cerchio ella mi torce e giù mi tira.
35.5Ti lascio allor, ma t'alza e ti seconda
35.6l'acqua, e secondo a l'acqua il vento spira,
35.7e t'espon salva in su la molle arena;
35.8stanco, anelando, io poi vi giungo a pena.
36.1Lieto ti prendo; e poi la notte, quando
36.2tutte in alto silenzio eran le cose,
36.3vidi in sogno un guerrier che minacciando
36.4a me su 'l volto il ferro ignudo pose.
36.5Imperioso disse: <
36.6ciò che la madre sua primier t'impose:
36.7che battezzi l'infante; ella è diletta
36.8del Cielo, e la sua cura a me s'aspetta.
37.1Io la guardo e difendo, io spirto diedi
37.2di pietate a le fère e mente a l'acque.
37.3Misero te s'al sogno tuo non credi,
37.4ch'è del Ciel messaggiero.>> E qui si tacque.
37.5Svegliaimi e sorsi, e di là mossi i piedi
37.6come del giorno il primo raggio nacque;
37.7ma perché mia fé vera e l'ombre false
37.8stimai, il tuo battesmo non mi calse,
38.1né de i preghi materni; onde nudrita
38.2pagana fosti, e 'l vero a te celai.
38.3Crescesti, e in arme valorosa e ardita
38.4vincesti il sesso e la natura assai:
38.5fama e terre acquistasti, e qual tua vita
38.6sia stata poscia tu medesma il sai;
38.7e sai non men che servo insieme e padre
38.8io t'ho seguita fra guerriere squadre.
39.1Ier poi su l'alba, a la mia mente oppressa
39.2d'alta quiete e simile a la morte,
39.3nel sonno s'offerì l'imago stessa,
39.4ma in più turbata vista e in suon più forte:
39.5<> dicea <
39.6che dée cangiar Clorinda e vita e sorte:
39.7mia sarà mal tuo grado, e tuo fia il duolo.>>
39.8Ciò disse, e poi n'andò per l'aria a volo.
40.1Or odi dunque tu che 'l Ciel minaccia
40.2a te, diletta mia, strani accidenti.
40.3Io non so; forse a lui vien che dispiaccia
40.4ch'altri impugni la fé de' suoi parenti.
40.5Forse è la vera fede. Ah! giù ti piaccia
40.6depor quest'arme e questi spirti ardenti. –
40.7Qui tace e piagne; ed ella pensa e teme,
40.8ch'un altro simil sogno il cor le preme.
41.1Rasserenando il volto, al fin gli dice:
41.2– Quella fé seguirò che vera or parmi,
41.3che tu co 'l latte già de la nutrice
41.4sugger mi fèsti e che vuoi dubbia or farmi;
41.5né per temenza lascierò, né lice
41.6a magnanimo cor, l'impresa e l'armi,
41.7non se la morte nel più fer sembiante
41.8che sgomenti i mortali avessi inante. –
42.1Poscia il consola; e perché il tempo giunge
42.2ch'ella deve ad effetto il vanto porre,
42.3parte e con quel guerrier si ricongiunge
42.4che si vuol seco al gran periglio esporre.
42.5Con lor s'aduna Ismeno, e instiga e punge
42.6quella virtù che per se stessa corre;
42.7e lor porge di zolfo e di bitumi
42.8due palle, e 'n cavo rame ascosi lumi.
43.1Escon notturni e piani, e per lo colle
43.2uniti vanno a passo lungo e spesso,
43.3tanto che a quella parte ove s'estolle
43.4la machina nemica omai son presso.
43.5Lor s'infiamman gli spirti, e 'l cor ne bolle
43.6né può tutto capir dentro a se stesso:
43.7gli invita al foco, al sangue, un fero sdegno.
43.8Grida la guardia, e lor dimanda il segno.
44.1Essi van cheti inanzi, onde la guarda
44.2– A l'arme! a l'arme! – in alto suon raddoppia;
44.3ma più non si nasconde e non è tarda
44.4al corso allor la generosa coppia.
44.5In quel modo che fulmine o bombarda
44.6co 'l lampeggiar tuona in un punto e scoppia,
44.7movere ed arrivar, ferir lo stuolo,
44.8aprirlo e penetrar, fu un punto solo.
45.1E forza è pur che fra mill'arme e mille
45.2percosse il lor disegno al fin riesca.
45.3Scopriro i chiusi lumi, e le faville
45.4s'appreser tosto a l'accensibil esca,
45.5ch'a i legni poi l'avolse e compartille.
45.6Chi può dir come serpa e come cresca
45.7già da più lati il foco? e come folto
45.8turbi il fumo a le stelle il puro volto?
46.1Vedi globi di fiamme oscure e miste
46.2fra le rote del fumo in ciel girarsi.
46.3Il vento soffia, e vigor fa ch'acquiste
46.4l'incendio e in un raccolga i fochi sparsi.
46.5Fère il gran lume con terror le viste
46.6de' Franchi, e tutti son presti ad armarsi.
46.7La mole immensa, e sì temuta in guerra,
46.8cade, e breve ora opre sì lunghe atterra.
47.1Due squadre de' cristiani intanto al loco
47.2dove sorge l'incendio accorron pronte.
47.3Minaccia Argante: – Io spegnerò quel foco
47.4co 'l vostro sangue –, e volge lor la fronte.
47.5Pur ristretto a Clorinda, a poco a poco
47.6cede, e raccoglie i passi a sommo il monte.
47.7Cresce più che torrente a lunga pioggia
47.8la turba, e li rincalza e con lor poggia.
48.1Aperta è l'Aurea porta, e quivi tratto
48.2è il re, ch'armato il popol suo circonda,
48.3per raccòrre i guerrier da sì gran fatto,
48.4quando al tornar fortuna abbian seconda.
48.5Saltano i due su 'l limitare, e ratto
48.6diretro ad essi il franco stuol v'inonda,
48.7ma l'urta e scaccia Solimano; e chiusa
48.8è poi la porta, e sol Clorinda esclusa.
49.1Sola esclusa ne fu perché in quell'ora
49.2ch'altri serrò le porte ella si mosse,
49.3e corse ardente e incrudelita fora
49.4a punir Arimon che la percosse.
49.5Punillo; e 'l fero Argante avisto ancora
49.6non s'era ch'ella sì trascorsa fosse,
49.7ché la pugna e la calca e l'aer denso
49.8a i cor togliea la cura, a gli occhi il senso.
50.1Ma poi che intepidì la mente irata
50.2nel sangue del nemico e in sé rinvenne,
50.3vide chiuse le porte e intorniata
50.4sé da' nemici, e morta allor si tenne.
50.5Pur veggendo ch'alcuno in lei non guata,
50.6nov'arte di salvarsi le sovenne.
50.7Di lor gente s'infinge, e fra gli ignoti
50.8cheta s'avolge; e non è chi la noti.
51.1Poi, come un lupo tacito s'imbosca
51.2dopo occulto misfatto, e si desvia,
51.3da la confusion, da l'aura fosca
51.4favorita e nascosa, ella se 'n gìa.
51.5Solo Tancredi avien che lei conosca;
51.6egli quivi è sorgiunto alquanto pria;
51.7vi giunse allor ch'essa Arimon uccise:
51.8vide e segnolla, e dietro a lei si mise.
52.1Vuol ne l'armi provarla: un uom la stima
52.2degno a cui sua virtù si paragone.
52.3Va girando colei l'alpestre cima
52.4verso altra porta, ove d'entrar dispone.
52.5Segue egli impetuoso, onde assai prima
52.6che giunga, in guisa avien che d'armi suone,
52.7ch'ella si volge e grida: – O tu, che porte,
52.8che corri sì? – Risponde: – E guerra e morte.
53.1– Guerra e morte avrai; – disse – io non rifiuto
53.2darlati, se la cerchi –, e ferma attende.
53.3Non vuol Tancredi, che pedon veduto
53.4ha il suo nemico, usar cavallo, e scende.
53.5E impugna l'uno e l'altro il ferro acuto,
53.6ed aguzza l'orgoglio e l'ire accende;
53.7e vansi a ritrovar non altrimenti
53.8che duo tori gelosi e d'ira ardenti.
54.1Degne d'un chiaro sol, degne d'un pieno
54.2teatro, opre sarian sì memorande.
54.3Notte, che nel profondo oscuro seno
54.4chiudesti e ne l'oblio fatto sì grande,
54.5piacciati ch'io ne 'l tragga e 'n bel sereno
54.6a le future età lo spieghi e mande.
54.7Viva la fama loro; e tra lor gloria
54.8splenda del fosco tuo l'alta memoria.
55.1Non schivar, non parar, non ritirarsi
55.2voglion costor, né qui destrezza ha parte.
55.3Non danno i colpi or finti, or pieni, or scarsi:
55.4toglie l'ombra e 'l furor l'uso de l'arte.
55.5Odi le spade orribilmente urtarsi
55.6a mezzo il ferro, il piè d'orma non parte;
55.7sempre è il piè fermo e la man sempre in moto,
55.8né scende taglio in van, né punta a vòto.
56.1L'onta irrita lo sdegno a la vendetta,
56.2e la vendetta poi l'onta rinova;
56.3onde sempre al ferir, sempre a la fretta
56.4stimol novo s'aggiunge e cagion nova.
56.5D'or in or più si mesce e più ristretta
56.6si fa la pugna, e spada oprar non giova:
56.7dansi co' pomi, e infelloniti e crudi
56.8cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.
57.1Tre volte il cavalier la donna stringe
57.2con le robuste braccia, ed altrettante
57.3da que' nodi tenaci ella si scinge,
57.4nodi di fer nemico e non d'amante.
57.5Tornano al ferro, e l'uno e l'altro il tinge
57.6con molte piaghe; e stanco ed anelante
57.7e questi e quegli al fin pur si ritira,
57.8e dopo lungo faticar respira.
58.1L'un l'altro guarda, e del suo corpo essangue
58.2su 'l pomo de la spada appoggia il peso.
58.3Già de l'ultima stella il raggio langue
58.4al primo albor ch'è in oriente acceso.
58.5Vede Tancredi in maggior copia il sangue
58.6del suo nemico, e sé non tanto offeso.
58.7Ne gode e superbisce. Oh nostra folle
58.8mente ch'ogn'aura di fortuna estolle!
59.1Misero, di che godi? oh quanto mesti
59.2fiano i trionfi ed infelice il vanto!
59.3Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti)
59.4di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.
59.5Così tacendo e rimirando, questi
59.6sanguinosi guerrier cessaro alquanto.
59.7Ruppe il silenzio al fin Tancredi e disse,
59.8perché il suo nome a lui l'altro scoprisse:
60.1– Nostra sventura è ben che qui s'impieghi
60.2tanto valor, dove silenzio il copra.
60.3Ma poi che sorte rea vien che ci neghi
60.4e lode e testimon degno de l'opra,
60.5pregoti (se fra l'arme han loco i preghi)
60.6che 'l tuo nome e 'l tuo stato a me tu scopra,
60.7acciò ch'io sappia, o vinto o vincitore,
60.8chi la mia morte o la vittoria onore. –
61.1Risponde la feroce: – Indarno chiedi
61.2quel c'ho per uso di non far palese.
61.3Ma chiunque io mi sia, tu inanzi vedi
61.4un di quei due che la gran torre accese. –
61.5Arse di sdegno a quel parlar Tancredi,
61.6e: – In mal punto il dicesti; – indi riprese
61.7– il tuo dir e 'l tacer di par m'alletta,
61.8barbaro discortese, a la vendetta. –
62.1Torna l'ira ne' cori, e li trasporta,
62.2benché debili in guerra. Oh fera pugna,
62.3u'l'arte in bando, u' già la forza è morta,
62.4ove, in vece, d'entrambi il furor pugna!
62.5Oh che sanguigna e spaziosa porta
62.6fa l'una e l'altra spada, ovunque giugna,
62.7ne l'arme e ne le carni! e se la vita
62.8non esce, sdegno tienla al petto unita.
63.1Qual l'alto Egeo, perché Aquilone o Noto
63.2cessi, che tutto prima il volse e scosse,
63.3non s'accheta ei però, ma 'l suono e 'l moto
63.4ritien de l'onde anco agitate e grosse,
63.5tal, se ben manca in lor co 'l sangue vòto
63.6quel vigor che le braccia a i colpi mosse,
63.7serbano ancor l'impeto primo, e vanno
63.8da quel sospinti a giunger danno a danno.
64.1Ma ecco omai l'ora fatale è giunta
64.2che 'l viver di Clorinda al suo fin deve.
64.3Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
64.4che vi s'immerge e 'l sangue avido beve;
64.5e la veste, che d'or vago trapunta
64.6le mammelle stringea tenera e leve,
64.7l'empie d'un caldo fiume. Ella già sente
64.8morirsi, e 'l piè le manca egro e languente.
65.1Segue egli la vittoria, e la trafitta
65.2vergine minacciando incalza e preme.
65.3Ella, mentre cadea, la voce afflitta
65.4movendo, disse le parole estreme;
65.5parole ch'a lei novo uno spirto ditta,
65.6spirto di fé, di carità, di speme:
65.7virtù ch'or Dio le infonde, e se rubella
65.8in vita fu, la vuole in morte ancella.
66.1– Amico, hai vinto: io ti perdon...perdona
66.2tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
66.3a l'alma sì; deh! per lei prega, e dona
66.4battesmo a me ch'ogni mia colpa lave. –
66.5In queste voci languide risuona
66.6un non so che di flebile e soave
66.7ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
66.8e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.
67.1Poco quindi lontan nel sen del monte
67.2scaturia mormorando un picciol rio.
67.3Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
67.4e tornò mesto al grande ufficio e pio.
67.5Tremar sentì la man, mentre la fronte
67.6non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
67.7La vide, la conobbe, e restò senza
67.8e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!
68.1Non morì già, ché sue virtuti accolse
68.2tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
68.3e premendo il suo affanno a dar si volse
68.4vita con l'acqua a chi co 'l ferro uccise.
68.5Mentre egli il suon de' sacri detti sciolse,
68.6colei di gioia trasmutossi, e rise;
68.7e in atto di morir lieto e vivace,
68.8dir parea: <>
69.1D'un bel pallore ha il bianco volto asperso,
69.2come a' gigli sarian miste viole,
69.3e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso
69.4sembra per la pietate il cielo e 'l sole;
69.5e la man nuda e fredda alzando verso
69.6il cavaliero in vece di parole
69.7gli dà pegno di pace. In questa forma
69.8passa la bella donna, e par che dorma.
70.1Come l'alma gentile uscita ei vede,
70.2rallenta quel vigor ch'avea raccolto;
70.3e l'imperio di sé libero cede
70.4al duol già fatto impetuoso e stolto,
70.5ch'al cor si stringe e, chiusa in breve sede
70.6la vita, empie di morte i sensi e 'l volto.
70.7Già simile a l'estinto il vivo langue
70.8al colore, al silenzio, a gli atti, al sangue.
71.1E ben la vita sua sdegnosa e schiva,
71.2spezzando a forza il suo ritegno frale,
71.3la bella anima sciolta al fin seguiva,
71.4che poco inanzi a lei spiegava l'ale;
71.5ma quivi stuol de' Franchi a caso arriva,
71.6cui trae bisogno d'acqua o d'altro tale,
71.7e con la donna il cavalier ne porta,
71.8in sé mal vivo e morto in lei ch'è morta.
72.1Però che 'l duce loro ancor discosto
72.2conosce a l'arme il principe cristiano,
72.3onde v'accorre, e poi ravisa tosto
72.4la vaga estinta, e duolsi al caso strano.
72.5E già lasciar non volle a i lupi esposto
72.6il bel corpo che stima ancor pagano,
72.7ma sovra l'altrui braccia ambi li pone,
72.8e ne vien di Tancredi al padiglione.
73.1A fatto ancor nel piano e lento moto
73.2non si risente il cavalier ferito;
73.3pur fievolmente geme, e quinci è noto
73.4che 'l suo corso vital non è fornito.
73.5Ma l'altro corpo tacito ed immoto
73.6dimostra ben che n'è lo spirto uscito.
73.7Così portati, è l'uno a l'altro appresso;
73.8ma in differente stanza al fine è messo.
74.1I pietosi scudier già sono intorno
74.2con vari uffici al cavalier giacente,
74.3e già se 'n riede a i languidi occhi il giorno,
74.4e le mediche mani e i detti ei sente;
74.5ma pur dubbiosa ancor del suo ritorno,
74.6non s'assecura attonita la mente.
74.7Stupido intorno ei guarda, e i servi e 'l loco
74.8al fin conosce; e dice afflitto e fioco:
75.1– Io vivo? io spiro ancora? e gli odiosi
75.2rai miro ancor di questo infausto die?
75.3Dì testimon de' miei misfatti ascosi,
75.4che rimprovera a me le colpe mie!
75.5Ahi! man timida e lenta, or ché non osi,
75.6tu che sai tutte del ferir le vie,
75.7tu, ministra di morte empia ed infame,
75.8di questa vita rea troncar lo stame?
76.1Passa pur questo petto, e feri scempi
76.2co 'l ferro tuo crudel fa' del mio core;
76.3ma forse, usata a' fatti atroci ed empi,
76.4stimi pietà dar morte al mio dolore.
76.5Dunque i' vivrò tra memorandi essempi
76.6misero mostro d'infelice amore:
76.7misero mostro, a cui sol pena è degna
76.8de l'immensa impietà la vita indegna.
77.1Vivrò fra i miei tormenti e le mie cure,
77.2mie giuste furie, forsennato, errante;
77.3paventerò l'ombre solinghe e scure
77.4che 'l primo error mi recheranno inante,
77.5e del sol che scoprì le mie sventure,
77.6a schivo ed in orrore avrò il sembiante.
77.7Temerò me medesmo; e da me stesso
77.8sempre fuggendo, avrò me sempre appresso.
78.1Ma dove, oh lasso me!, dove restaro
78.2le reliquie del corpo e bello e casto?
78.3Ciò ch'in lui sano i miei furor lasciaro,
78.4dal furor de le fère è forse guasto.
78.5Ahi troppo nobil preda! ahi dolce e caro
78.6troppo e pur troppo prezioso pasto!
78.7ahi sfortunato! in cui l'ombre e le selve
78.8irritaron me prima e poi le belve.
79.1Io pur verrò là dove sète; e voi
79.2meco avrò, s'anco sète, amate spoglie.
79.3Ma s'egli avien che i vaghi membri suoi
79.4stati sian cibo di ferine voglie,
79.5vuo' che la bocca stssa anco me ingoi,
79.6e 'l ventre chiuda me che lor raccoglie:
79.7onorata per me tomba e felice,
79.8ovunque sia, s'esser con lor mi lice. –
80.1Così parla quel misero, e gli è detto
80.2ch'ivi quel corpo avean per cui si dole:
80.3rischiarar parve il tenebroso aspetto,
80.4qual le nube un balen che passe e vole;
80.5e da i riposi sollevò del letto
80.6l'inferma de le membra e tarda mole;
80.7e traendo a gran pena il fianco lasso,
80.8colà rivolse vacillando il passo.
81.1Ma come giunse, e vide in quel bel seno,
81.2opera di sua man, l'empia ferita,
81.3e quasi un ciel notturno anco sereno
81.4senza splendor la faccia scolorita,
81.5tremò così che ne cadea, se meno
81.6era vicina la fedele aita.
81.7Poi disse: – Oh viso che puoi far la morte
81.8dolce, ma raddolcir non puoi mia sorte!
82.1Oh bella destra che 'l soave pegno
82.2d'amicizia e di pace a me porgesti!
82.3quali or, lasso!, vi trovo? e qual ne vegno?
82.4E voi, leggiadre membra, or non son questi
82.5del mio ferino e scelerato sdegno
82.6vestigi miserabili e funesti?
82.7Oh di par con la man luci spietate:
82.8essa le piaghe fe', voi le mirate.
83.1Asciutte le mirate? or corra, dove
83.2nega d'andare il pianto, il sangue mio. –
83.3Qui tronca le parole, e come il move
83.4suo disperato di morir desio,
83.5squarcia le fasce e le ferite, e piove
83.6da le sue piaghe essacerbate un rio;
83.7e s'uccidea, ma quella doglia acerba,
83.8co 'l trarlo di se stesso, in vita il serba.
84.1Posto su 'l letto, e l'anima fugace
84.2fu richiamata a gli odiosi uffici.
84.3Ma la garrula fama omai non tace
84.4l'aspre sue angoscie e i suoi casi infelici.
84.5Vi tragge il pio Goffredo, e la verace
84.6turba v'accorre de' più degni amici.
84.7Ma né grave ammonir, né pregar dolce
84.8l'ostinato de l'alma affanno molce.
85.1Qual in membro gentil piaga mortale
85.2tocca s'inaspra e in lei cresce il dolore,
85.3tal da i dolci conforti in sì gran male
85.4più inacerbisce medicato il core.
85.5Ma il venerabil Piero, a cui ne cale
85.6come d'agnella inferma al buon pastore,
85.7con parole gravissime ripiglia
85.8il vaneggiar suo lungo, e lui consiglia:
86.1– O Tancredi, Tancredi, o da te stesso
86.2troppo diverso e da i princìpi tuoi,
86.3chi sì t'assorda? e qual nuvol sì spesso
86.4di cecità fa che veder non puoi?
86.5Questa sciagura tua del Cielo è un messo;
86.6non vedi lui? non odi i detti suoi?
86.7che ti sgrida, e richiama a la smarrita
86.8strada che pria segnasti e te l'addita?
87.1A gli atti del primiero ufficio degno
87.2di cavalier di Cristo ei ti rappella,
87.3che lasciasti per farti (ahi cambio indegno!)
87.4drudo d'una fanciulla a Dio rubella.
87.5Seconda aversità, pietoso sdegno
87.6con leve sferza di là su flagella
87.7tua folle colpa, e fa di tua salute
87.8te medesmo ministro; e tu 'l rifiute?
88.1Rifiuti dunque, ahi sconoscente!, il dono
88.2del Ciel salubre e 'ncontra lui t'adiri?
88.3Misero, dove corri in abbandono
88.4a i tuoi sfrenati e rapidi martìri?
88.5Sei giunto, e pendi già cadente e prono
88.6su 'l precipizio eterno; e tu no 'l miri?
88.7Miralo, prego, e te raccogli, e frena
88.8quel dolor ch'a morir doppio ti mena. –
89.1Tace, e in colui de l'un morir la tema
89.2poté de l'altro intepidir la voglia.
89.3Nel cor dà loco a que' conforti, e scema
89.4l'impeto interno de l'interna doglia,
89.5ma non così che ad or ad or non gema
89.6e che la lingua a lamentar non scioglia,
89.7or seco parlando, or con la sciolta
89.8anima che dal Ciel forse l'ascolta.
90.1Lei nel partir, lei nel tornar del sole
90.2chiama con voce stanca, e prega e plora,
90.3come usignuol cui 'l villan duro invole
90.4dal nido i figli non pennuti ancora,
90.5che in miserabil canto afflitte e sole
90.6piange le notti, e n'empie i boschi e l'òra.
90.7Al fin co 'l novo dì rinchiude alquanto
90.8i lumi, e 'l sonno in lor serpe fra 'l pianto.
91.1Ed ecco in sogno di stellata veste
91.2cinta gli appar la sospirata amica:
91.3bella assai più, ma lo splendor celeste
91.4orna e non toglie la notizia antica;
91.5e con dolce atto di pietà le meste
91.6luci par che gli asciughi, e così dica:
91.7<
91.8fedel mio caro, e in me tuo duolo acqueta.
92.1Tale i' son, tua mercé: tu me da i vivi
92.2del mortal mondo, per error togliesti;
92.3tu in grembo a Dio fra gli immortali e divi,
92.4per pietà, di salir degna mi fèsti.
92.5Quivi io beata amando godo, e quivi
92.6spero che per te loco anco s'appresti,
92.7ove al gran Sole e ne l'eterno die
92.8vagheggiarai le sue bellezze e mie.
93.1Se tu medesmo non t'invidii il Cielo
93.2e non travii co 'l vaneggiar de' sensi
93.3vivi e sappi ch'io t'amo, e non te 'l celo,
93.4quanto più creatura amar conviensi.>>
93.5Così dicendo, fiammeggiò di zelo
93.6per gli occhi, fuor del mortal uso accensi;
93.7poi nel profondo de' suoi rai si chiuse
93.8e sparve, e novo in lui conforto infuse.
94.1Consolato ei si desta e si rimette
94.2de' medicanti a la discreta aita,
94.3e intanto sepellir fa le dilette
94.4membra ch'informò già la nobil vita.
94.5E se non fu di ricche pietre elette
94.6la tomba e da man dedala scolpita,
94.7fu scelto almeno il sasso, e chi gli diede
94.8figura, quanto il tempo ivi concede.
95.1Quivi da faci in lungo ordine accese
95.2con nobil pompa accompagnar la feo,
95.3e le sue arme, a un nudo pin sospese,
95.4vi spiegò sovra in forma di trofeo.
95.5Ma come prima alzar le membra offese
95.6nel dì seguente il cavalier poteo,
95.7di riverenza pieno e di pietate
95.8visitò le sepolte ossa onorate.
96.1Giunto a la tomba, ove al suo spirto vivo
96.2dolorosa prigione il Ciel prescrisse,
96.3pallido, freddo, muto, e quasi privo
96.4di movimento, al marmo gli occhi affise.
96.5Al fin, sgorgando un lagrimoso rivo,
96.6in un languido: –oimè! – proruppe, e disse:
96.7– O sasso amato ed onorato tanto,
96.8che dentro hai le mie fiamme e fuori il pianto,
97.1non di morte sei tu, ma di vivaci
97.2ceneri albergo, ove è riposto Amore;
97.3e ben sento io da te l'usate faci,
97.4men dolci sì, ma non men calde al core.
97.5Deh! prendi i miei sospiri, e questi baci
97.6prendi ch'io bagno di doglioso umore;
97.7e dalli tu, poi ch'io non posso, almeno
97.8a le amate reliquie c'hai nel seno
98.1Dalli lor tu, ché se mai gli occhi gira
98.2l'anima bella a le sue belle spoglie,
98.3tua pietate e mio ardir non avrà in ira,
98.4ch'odio o sdegno là su non si raccoglie.
98.5Perdona ella il mio fallo, e sol respira
98.6in questa speme il cor fra tante doglie.
98.7Sa ch'empia è sol la mano; e non l'è noia
98.8che, s'amando lei vissi, amando moia.
99.1E amando morrò: felice giorno,
99.2quando che sia; ma più felice molto,
99.3se come errando or vado a te d'intorno,
99.4allor sarò dentro al tuo grembo accolto.
99.5Faccian l'anime amiche in Ciel soggiorno,
99.6sia l'un cenere e l'altro in un sepolto;
99.7ciò che 'l viver non ebbe, abbia la morte.
99.8Oh se sperar ciò lice, altera sorte! –
100.1Confusamente si bisbiglia intanto
100.2del caso reo ne la rinchiusa terra.
100.3Poi s'accerta e divulga, e in ogni canto
100.4de la città smarrita il romor erra
100.5misto di gridi e di femineo pianto;
100.6non altramente che se presa in guerra
100.7tutta ruini, e 'l foco e i nemici empi
100.8volino per le case e per li tèmpi.
101.1Ma tutti gli occhi Arsete in sé rivolve,
101.2miserabil di gemito e d'aspetto.
101.3Ei come gli altri in lagrime non solve
101.4il duol, ché troppo è d'indurato affetto;
101.5ma i bianchi crini suoi d'immonda polve
101.6si sparge e brutta, e fiede il volto e 'l petto.
101.7Or mentre in lui vòlte le turbe sono,
101.8va in mezzo Argante e parla in cotal suono:
102.1– Ben volev'io, quando primier m'accorsi
102.2che fuor si rimanea la donna forte,
102.3seguirla immantinente; e ratto corsi
102.4per correr seco una medesma sorte.
102.5Che non feci o non dissi? o quai non porsi
102.6preghiere al re che fèsse aprir le porte?
102.7Ei me pregante, e contendente invano,
102.8con l'imperio affrenò c'ha qui soprano.
103.1Ahi! che s'io allora usciva, o dal periglio
103.2qui ricondotta la guerriera avrei,
103.3o chiusi, ov'ella il terren fe' vermiglio,
103.4con memorabil fine i giorni miei.
103.5Ma che potevo io più? parve al consiglio
103.6de gli uomini altramete e de gli dèi:
103.7ella morì di fatal morte, ed io
103.8quant'or conviensi a me già non oblio.
104.1Odi, Gierusalem, ciò che prometta
104.2Argante; odi 'l tu, Cielo; e se in ciò manco,
104.3fulmina su 'l mio capo: io la vendetta
104.4giuro di far ne l'omicida franco,
104.5che per la costei morte a me s'aspetta,
104.6né questa spada mai depor dal fianco
104.7insin ch'ella a Tancredi il cor non passi
104.8e 'l cadavero infame a i corvi lassi. –
105.1Così disse egli, e l'aure popolari
105.2con applauso seguìr le voci estreme;
105.3e imaginando sol, temprò gli amari
105.4l'aspettata vendetta in quel che geme.
105.5Oh vani giuramenti! ecco contrari
105.6seguir tosto gli effetti a l'alta speme,
105.7e cader questi in tenzon pari estinto
105.8sotto colui ch'ei fa già preso e vinto.
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