1.1Così dicendo ancor vicino scorse
1.2un destrier ch'a lui volse errante il passo;
1.3tosto al libero fren la mano ei porse
1.4e su vi salse, ancorch'afflitto e lasso.
1.5Già caduto è il cimier ch'orribil sorse,
1.6lasciando l'elmo inonorato e basso;
1.7rotta è la sopravesta, e di superba
1.8pompa regal vestigio alcun non serba.
2.1Come dal chiuso ovil cacciato viene
2.2lupo talor che fugge e si nasconde,
2.3che, se ben del gran ventre omai ripiene
2.4ha l'ingorde voragini profonde,
2.5avido pur di sangue anco fuor tiene
2.6la lingua e 'l sugge da le labra immonde,
2.7tal ei se 'n gìa dopo il sanguigno strazio,
2.8de la sua cupa fame anco non sazio.
3.1E come è sua ventura, a le sonanti
3.2quadrella, ond'a lui intorno un nembo vola,
3.3a tante spade, a tante lancie, a tanti
3.4instrumenti di morte alfin s'invola,
3.5e sconosciuto pur camina inanti
3.6per quella via ch'è più destra e sola;
3.7e rivolgendo in sé quel che far deggia,
3.8in gran tempesta di pensieri ondeggia.
4.1Disponsi alfin di girne ove raguna
4.2oste sì poderosa il re d'Egitto,
4.3e giunger seco l'arme, e la fortuna
4.4ritentar anco di novel conflitto.
4.5Ciò prefisso tra sé, dimora alcuna
4.6non pone in mezzo e prende il camin dritto,
4.7ché sa le vie, né d'uopo ha di chi il guidi
4.8di Gaza antica a gli arenosi lidi.
5.1Né perché senta inacerbir le doglie
5.2de le sue piaghe, e grave il corpo ed egro,
5.3vien però che si posi e l'arme spoglie,
5.4ma travagliando il dì ne passa integro.
5.5Poi quando l'ombra oscura al mondo toglie
5.6i vari aspetti e i color tinge in negro,
5.7smonta e fascia le piaghe, e come pote
5.8meglio, d'un'alta palma i frutti scote;
6.1e cibato di lor, su 'l terren nudo
6.2cerca adagiare il travagliato fianco,
6.3e la testa appoggiando al duro scudo
6.4quetar i moti del pensier suo stanco.
6.5Ma d'ora in ora a lui si fa più crudo
6.6sentire il duol de le ferite, ed anco
6.7roso gli è il petto e lacerato il core
6.8da gli interni avoltoi, sdegno e dolore.
7.1Alfin, quando già tutto intorno chete
7.2ne la più alta notte eran le cose,
7.3vinto egli pur da la stanchezza, in Lete
7.4sopì le cure sue gravi e noiose,
7.5e in una breve e languida quiete
7.6l'afflitte membra e gli occhi egri compose;
7.7e mentre ancor dormia, voce severa
7.8gli intonò su l'orecchie in tal maniera:
8.1– Solima, Solimano, i tuoi sì lenti
8.2riposi a miglior tempo omai riserva,
8.3ché sotto il giogo di straniere genti
8.4la patria ove regnasti ancor è serva.
8.5In questa terra dormi, e non rammenti
8.6ch'insepolte de' tuoi l'ossa conserva?
8.7ove sì gran vestigio è del tuo scorno,
8.8tu neghittoso aspetti il novo giorno?
9.1Desto il Soldan alza lo sguardo, e vede
9.2uom che d'età gravissima a i sembianti
9.3co 'l ritorto baston del vecchio piede
9.4ferma e dirizza le vestigia erranti.
9.5– E chi sei tu, – sdegnoso a lui richiede
9.6– che fantasma importuno a i viandanti
9.7rompi i brevi lor sonni? e che s'aspetta
9.8a te la mia vergogna o la vendetta?
10.1– Io son un – risponde il vecchio – al quale
10.2in parte è noto il tuo novel disegno,
10.3e sì come uomo a cui di te più cale
10.4che tu forse non pensi, a te ne vegno;
10.5né il mordace parlare indarno é tale,
10.6perché de la virtù cote è lo sdegno.
10.7Prendi in grado, signor, che 'l mio sermone
10.8al tuo pronto valor sia sferza e sprone.
11.1Or perché, s'io m'appongo, esser dée vòlto
11.2al gran re d'Egitto il tuo camino,
11.3che inutilmente aspro viaggio tolto
11.4avrai, s'inanzi segui, io m'indovino;
11.5ché, se ben tu non vai, fia tosto accolto
11.6e tosto mosso il campo saracino,
11.7né loco è là dove s'impieghi e mostri
11.8la tua virtù contra i nemici nostri.
12.1Ma se 'n duce me prendi, entro quel muro,
12.2che da l'arme latine è intorno astretto,
12.3nel più chiaro del dì porti securo,
12.4senza che spada impugni, io ti prometto.
12.5Quivi con l'arme e co' disagi un duro
12.6contrasto aver ti fia gloria e diletto;
12.7difenderai la terra insin che giugna
12.8l'oste d'Egitto a rinovar la pugna. –
13.1Mentre ei ragiona ancor, gli occhi e la voce
13.2de l'uomo antico il fero turco ammira,
13.3e dal volto e da l'animo feroce
13.4tutto depone omai l'orgoglio e l'ira.
13.5– Padre, – risponde – io già pronto e veloce
13.6sono a seguirti: ove tu vuoi mi gira.
13.7A me sempre miglior parrà il consiglio
13.8ove ha più di fatica e di periglio. –
14.1Loda il vecchio i suoi detti; e perché l'aura
14.2notturna avea le piaghe incrudelite,
14.3un suo licor v'instilla, onde ristaura
14.4le forze e salda il sangue e le ferite.
14.5Quinci veggendo omai ch'Apollo inaura
14.6le rose che l'aurora ha colorite:
14.7– Tempo è – disse – al partir, ché già ne scopre
14.8le strade il sol ch'altrui richiama a l'opre. –
15.1E sovra un carro suo, che non lontano
15.2quinci attendea, co 'l fer niceno ei siede;
15.3le briglie allenta, e con maestra mano
15.4ambo i corsieri alternamente fiede.
15.5Quei vanno sì che 'l polveroso piano
15.6non ritien de la rota orma o del piede;
15.7fumar li vedi ed anelar nel corso,
15.8e tutto biancheggiar di spuma il morso.
16.1Maraviglie dirò: s'aduna e stringe
16.2l'aer d'intorno in nuvolo raccolto,
16.3sì che 'l gran carro ne ricopre e cinge,
16.4ma non appar la nube o poco o molto,
16.5né sasso, che mural machina spinge,
16.6penetraria per lo suo chiuso e folto;
16.7ben veder ponno i duo dal curvo seno
16.8la nebbia intorno e fuori il ciel sereno.
17.1Stupido il cavalier le ciglia inarca,
17.2ed increspa la fronte, e mira fiso
17.3la nube e 'l carro ch'ogni intoppo varca
17.4veloce sì che di volar gli è aviso.
17.5L'altro, che di stupor l'anima carca
17.6gli scorge a l'atto de l'immobil viso,
17.7gli rompe quel silenzio e lui rappella,
17.8ond'ei si scote e poi così favella:
18.1– O chiunque tu sia, che fuor d'ogni uso
18.2pieghi natura ad opre altere e strane,
18.3e spiando i secreti, entro al più chiuso
18.4spazii a tua voglia de le menti umane,
18.5s'arrivi co 'l saper, ch'è d'alto infuso,
18.6a le cose remote anco e lontane,
18.7deh! dimmi qual riposo o qual ruina
18.8a i gran moti de l'Asia il Ciel destina.
19.1Ma pria dimmi il tuo nome, e con qual arte
19.2far cose tu sì inusitate soglia,
19.3ché se pria lo stupor da me non parte,
19.4com'esser può ch'io gli altri detti accoglia? –
19.5Sorrise il vecchio, e disse: – In una parte
19.6mi sarà leve l'adempir tua voglia.
19.7Son detto Ismeno, e i Siri appellan mago
19.8me che de l'arti incognite son vago.
20.1Ma ch'io scopra il futuro e ch'io dispieghi
20.2de l'occulto destin gli eterni annali,
20.3troppo è audace desio, troppo alti preghi:
20.4non è tanto concesso a noi mortali.
20.5Ciascun qua giù le forze e 'l senno impieghi
20.6per avanzar fra le sciagure e i mali,
20.7ché sovente adivien che 'l saggio e 'l forte
20.8fabro a se stesso è di beata sorte.
21.1Tu questa destra invitta, a cui fia poco
21.2scoter le forze del francese impero,
21.3non che munir, non che guardar il loco
21.4che strettamente oppugna il popol fero,
21.5contra l'arme apparecchia e contra 'l foco:
21.6osa, soffri, confida; io bene spero.
21.7Ma pur dirò, perché piacer ti debbia,
21.8ciò che oscuro vegg' io quasi per nebbia.
22.1Veggio o parmi vedere, anzi che lustri
22.2molti rivolga il gran pianeta eterno,
22.3uom che l'Asia ornerà co' fatti illustri,
22.4e del fecondo Egitto avrà il governo.
22.5Taccio i pregi de l'ozio e l'arti industri,
22.6mille virtù che non ben tutte io scerno;
22.7basti sol questo a te, che da lui scosse
22.8non pur saranno le cristiane posse,
23.1ma insin dal fondo suo l'imperio ingiusto
23.2svelto sarà ne l'ultime contese,
23.3e le afflitte reliquie entro uno angusto
23.4giro sospinte e sol dal mar difese.
23.5Questi fia del tuo sangue. – E qui il vetusto
23.6mago si tacque, e quegli a dir riprese:
23.7– O lui felice, eletto a tanta lode! –
23.8E parte ne l'invidia e parte gode.
24.1Soggiunse poi: – Girisi pur Fortuna
24.2o buona o rea, come è là su prescritto,
24.3ché non ha sovra me ragione alcuna
24.4e non mi vedrà mai se non invitto.
24.5Prima dal corso distornar la luna
24.6e le stelle potrà, che dal diritto
24.7torcere un sol mio passo. – E in questo dire
24.8sfavillò tutto di focoso ardire.
25.1Così gìr ragionando insin che furo
25.2là 've presso vedean le tende alzarse.
25.3Che spettacolo fu crudele e duro!
25.4E in quante forme ivi la morte apparse!
25.5Si fe' ne gli occhi allor torbido e scuro,
25.6e di doglia il Soldano il volto sparse.
25.7Ahi con quanto dispregio ivi le degne
25.8mirò giacer sue già temute insegne!
26.1E scorrer lieti i Franchi, e i petti e i volti
26.2spesso calcar de' suoi più noti amici,
26.3e con fasto superbo a gli insepolti
26.4l'arme spogliare e gli abiti infelici;
26.5molti onorare in lunga pompa accolti
26.6gli amati corpi de gli estremi uffici,
26.7altri suppor le fiamme, e 'l vulgo misto
26.8d'Arabi e Turchi a un foco arder ha visto.
27.1Sospirò dal profondo, e 'l ferro trasse
27.2e dal carro lanciossi e correr volle,
27.3ma il vecchio incantatore a sé il ritrasse
27.4sgridando, e raffrenò l'impeto folle;
27.5e fatto che di novo ei rimontasse,
27.6drizzò il suo corso al più sublime colle.
27.7Così alquanto n'andaro, insin ch'a tergo
27.8lasciàr de' Franchi il militare albergo.
28.1Smontaro allor del carro, e quel repente
28.2sparve; e presono a piedi insieme il calle
28.3ne la solita nube occultamente
28.4discendendo a sinistra in una valle,
28.5sin che giunsero là dove al ponente
28.6l'alto monte Siòn volge le spalle.
28.7Quivi si ferma il mago e poi s'accosta
28.8quasi mirando, a la scoscesa costa.
29.1Cava grotta s'apria nel duro sasso,
29.2di lunghissimi tempi avanti fatta;
29.3ma disusando, or riturato il passo
29.4era tra i pruni e l' erbe ove s'appiatta.
29.5Sgombra il mago gli intoppi, e curvo e basso
29.6per l'angusto sentiero a gir s'adatta,
29.7e l'una man precede e il varco tenta,
29.8l'altra per guida al principe appresenta.
30.1Dice allora il Soldan: – Qual via furtiva
30.2è questa tua, dove convien ch'io vada?
30.3Altra forse miglior io me n'apriva,
30.4se 'l concedevi tu, con la mia spada. –
30.5– Non sdegnar, – gli risponde – anima schiva,
30.6premer co 'l forte piè la buia strada,
30.7ché già solea calcarla il grande Erode,
30.8quel c'ha ne l'arme ancor sì chiara lode.
31.1Cavò questa spelonca allor che porre
31.2volse freno a i soggetti il re ch'io dico,
31.3e per essa potea da quella torre,
31.4ch'egli Antonia appellò dal chiaro amico,
31.5invisibile a tutti il piè raccòrre
31.6dentro la soglia del gran tempio antico,
31.7e quindi occulto uscir de la cittate
31.8e trarne genti ed introdur celate.
32.1Ma nota è questa via solinga e bruna
32.2or solo a me de gli uomini viventi.
32.3Per questa andremo al loco ove raguna
32.4i più saggi a conciglio e i più potenti
32.5il re ch'al minacciar de la fortuna,
32.6più forse che non dée, par che paventi.
32.7Ben tu giungi a grand'uopo: ascolta e taci,
32.8poi movi a tempo le parole audaci. –
33.1Così gli disse, e 'l cavaliero allotta
33.2co 'l gran corpo ingombrò l'umil caverna,
33.3e per le vie dove mai sempre annotta
33.4seguì colui che 'l suo camin governa.
33.5Chini pria se n'andàr, ma quella grotta
33.6più si dilata quanto più s'interna,
33.7sì ch'asceser con agio e tosto furo
33.8a mezzo quasi di quell'antro oscuro.
34.1Apriva allor un picciol uscio Ismeno,
34.2e se ne gian per disusata scala
34.3a cui luce mal certo e mal sereno
34.4l'aer che giù d'alto spiraglio cala.
34.5In sotterraneo chiostro al fin venieno,
34.6e salian quindi in chiara e nobil sala.
34.7Qui con lo scettro e co 'l diadema in testa
34.8mesto sedeasi il re fra gente mesta.
35.1Da la concava nube il turco fero
35.2non veduto rimira e spia d'intorno,
35.3e ode il re fra tanto, il qual primiero
35.4incomincia così dal seggio adorno:
35.5– Veramente, o miei fidi, al nostro impero
35.6fu il trapassato assai dannoso giorno;
35.7e caduti d'altissima speranza,
35.8sol l'aiuto d'Egitto omai n'avanza.
36.1Ma ben vedete voi quanto la speme
36.2lontana sia da sì vicin periglio.
36.3Dunque voi tutti ho qui raccolti insieme
36.4perch'ognun porti in mezzo il suo consiglio. –
36.5Qui tace, e quasi in bosco aura che freme
36.6suona d'intorno un picciolo bisbiglio.
36.7Ma con la faccia baldanzosa e lieta
36.8sorgendo Argante il mormorare accheta.
37.1– O magnanimo re, – fu la risposta
37.2del cavaliero indomito e feroce
37.3– perché ci tenti? e cosa a nullo ascosta
37.4chiedi, ch'uopo non ha di nostra voce?
37.5Pur dirò: sia la speme in noi sol posta;
37.6e s'egli è ver che nulla a virtù noce,
37.7di questa armiamci, a lei chiediamo aita,
37.8né più ch'ella si voglia amiam la vita.
38.1Né parlo io già così perch'io dispere
38.2de l'aiuto certissimo d'Egitto,
38.3ché dubitar, se le promesse vere
38.4fian del mio re, non lece e non è dritto;
38.5ma il dico sol perché desio vedere
38.6in alcuni di noi spirto più invitto,
38.7ch'egualmente apprestato ad ogni sorte
38.8si prometta vittoria e sprezzi morte. –
39.1Tanto sol disse il generoso Argante
39.2quasi uom che parli di non dubbia cosa.
39.3Poi sorse in autorevole sembiante
39.4Orcano, uom d'alta nobiltà famosa,
39.5e già ne l'arme d'alcun pregio inante;
39.6ma or congiunto a giovanetta sposa,
39.7e lieto omai di figli, era invilito
39.8ne gli affetti di padre e di marito.
40.1Disse questi: – O signor, già non accuso
40.2il fervor di magnifiche parole,
40.3quando nasce d'ardir che star rinchiuso
40.4tra i confini del cor non può né vòle;
40.5però se 'l buon circasso a te per uso
40.6troppo in vero parlar fervido sòle,
40.7ciò si conceda a lui che poi ne l'opre
40.8il medesmo fervor non meno scopre.
41.1Ma si conviene a te, cui fatto il corso
41.2de le cose e de' tempi han sì prudente,
41.3impor colà de' tuoi consigli il morso
41.4dove costui se ne trascorre ardente,
41.5librar la speme del lontan soccorso
41.6co'l periglio vicino, anzi presente,
41.7e con l'arme e con l'impeto nemico
41.8i tuoi novi ripari e 'l muro antico.
42.1Noi (se lece a me dir quel ch'io ne sento)
42.2siamo in forte città di sito e d'arte,
42.3ma di machine grande e violento
42.4apparato si fa da l'altra parte.
42.5Quel che sarà, non so; spero e pavento
42.6i giudizi incertissimi di Marte,
42.7e temo che s'a noi più fia ristretto
42.8l'assedio, al fin di cibo avrem difetto.
43.1Però che quegli armenti e quelle biade
43.2ch'ieri tu ricettasti entro le mura,
43.3mentre nel campo a insanguinar le spade
43.4s'attendea solo, e fu alta ventura,
43.5picciol esca a gran fame, ampia cittade
43.6nutrir mal ponno se l'assedio dura;
43.7e forza è pur che duri, ancor che vegna
43.8l'oste d'Egitto il dì ch'ella disegna
44.1Ma che fia se più tarda? Or sù, concedo
44.2che tua speme prevegna e sue promesse;
44.3la vittoria però, però non vedo
44.4liberate, o signor, le mura oppresse.
44.5Combattremo, o buon re, con quel Goffredo
44.6e con que' duci e con le genti istesse
44.7che tante volte han già rotti e dispersi
44.8gli Arabi, i Turchi, i Soriani e i Persi.
45.1E quali sian, tu 'l sai, che lor cedesti
45.2sì spesso il campo, o valoroso Argante,
45.3e sì spesso le spalle anco volgesti
45.4fidando assai ne le veloci piante;
45.5e 'l sa Clorinda teco ed io con questi
45.6ch'un più de l'altro non convien si vante.
45.7Né incolpo alcuno io già, ché vi fu mostro
45.8quanto potea maggiore il valor nostro.
46.1E dirò pur (benché costui di morte
46.2bieco minacci e 'l vero udir si sdegni):
46.3veggio portar da inevitabil sorte
46.4il nemico fatale a certi segni,
46.5né gente potrà mai, né muro forte
46.6impedirlo così ch'al fin non regni;
46.7ciò mi fa dir (sia testimonio il Cielo)
46.8del signor, de la patria, amore e zelo.
47.1Oh saggio il re di Tripoli, che pace
47.2seppe impetrar da i Franchi e regno insieme!
47.3Ma il Soldano ostinato o morto or giace,
47.4o pur servil catena il piè gli preme,
47.5o ne l'essiglio timido e fugace
47.6si va serbando a le miserie estreme;
47.7e pur, cedendo parte, avria potuto
47.8parte salvar co' doni e co 'l tributo. –
48.1Così diceva, e s'avolgea costui
48.2con giro di parole obliquo e incerto,
48.3ch'a chieder pace, a farsi uom ligio altrui
48.4già non ardia di consigliarlo aperto.
48.5Ma sdegnoso il Soldano i detti sui
48.6non potea omai più sostener coperto,
48.7quando il mago gli disse: – Or vuoi tu darli
48.8agio, signor, ch'in tal materia parli?
49.1– Io per me – gli risponde – or qui mi celo
49.2contra mio grado, e d'ira ardo e di scorno. –
49.3Ciò disse a pena, e immantinente il velo
49.4de la nube, che stesa è lor d'intorno,
49.5si fende e purga ne l'aperto cielo,
49.6ed ei riman nel luminoso giorno,
49.7e magnanimamente in fero viso
49.8rifulge in mezzo, e lor parla improviso:
50.1– Io, di cui si ragiona, or son presente,
50.2non fugace e non timido Soldano,
50.3ed a costui ch'egli è codardo e mente
50.4m'offero di provar con questa mano.
50.5Io che sparsi di sangue ampio torrente,
50.6che montagne di strage alzai su 'l piano,
50.7chiuso nel vallo de' nemici e privo
50.8al fin d'ogni compagno, io fuggitivo?
51.1Ma se più questi o s'altri a lui simìle,
51.2a la sua patria, a la sua fede infido,
51.3motto osa far d'accordo infame e vile,
51.4buon re, sia con tua pace, io qui l'uccido.
51.5Gli agni e i lupi fian giunti in un ovile
51.6e le colombe e i serpi in un sol nido,
51.7prima che mai di non discorde voglia
51.8noi co' Francesi alcuna terra accoglia. –
52.1Tien su la spada, mentre ei sì favella,
52.2la fera destra in minaccievol atto.
52.3Riman ciascuno a quel parlar, a quella
52.4orribil faccia, muto e stupefatto.
52.5Poscia con vista men turbata e fella
52.6cortesemente inverso il re s'è tratto:
52.7– Spera, – gli dice – alto signor, ch'io reco
52.8non poco aiuto: or Solimano è teco. –
53.1Aladin, ch'a lui contra era già sorto,
53.2risponde: – Oh come lieto or qui ti veggio
53.3diletto amico! Or del mio stuol ch'è morto
53.4non sento il danno; assai temea di peggio.
53.5Tu lo mio stabilire e in tempo corto
53.6puoi ridrizzar il tuo caduto seggio,
53.7se 'l Ciel no 'l vieta. – Indi le braccia al collo,
53.8così detto, gli stese e circondollo.
54.1Finita l'accoglienza, il re concede
54.2il suo medesmo soglio al gran niceno.
54.3Egli poscia a sinistra in nobil sede
54.4si pone, ed al suo fianco alluoga Ismeno,
54.5e mentre seco parla ed a lui chiede
54.6di lor venuta, ed ei risponde a pieno,
54.7l'alta donzella ad onorar in pria
54.8vien Solimano; ogn'altro indi seguia.
55.1Seguì fra gl'altri Ormusse, il qual la schiera
55.2di quegli Arabi suoi a guidar tolse;
55.3e mentre la battaglia ardea più fera,
55.4per disusate vie così s'avolse
55.5ch'aiutando il silenzio e l'aria nera
55.6lei salva al fin nella città raccolse,
55.7e con le biade e con rapiti armenti
55.8aita porse a l'affamate genti.
56.1Sol con la faccia torva e disdegnosa
56.2tacito si rimase il fer circasso,
56.3a guisa di leon quando si posa,
56.4girando gli occhi e non movendo il passo.
56.5Ma nel Soldan feroce alzar non osa
56.6Orcano il volto, e 'l tien pensoso e basso.
56.7Così a conciglio il palestin tiranno
56.8e 'l re de' Turchi e i cavalier qui stanno.
57.1Ma il pio Goffredo la vittoria e i vinti
57.2avea seguiti, e libere le vie,
57.3e fatto intanto a i suoi guerrieri estinti
57.4l'ultimo onor di sacre essequie e pie;
57.5ed ora a gli altri impon che siano accinti
57.6a dar l'assalto nel secondo die,
57.7e con maggiore e più terribil faccia
57.8di guerra i chiusi barbari minaccia.
58.1E perché conosciuto avea il drapello,
58.2ch'aiutò lui contra la gente infida,
58.3esser de' suoi più cari ed esser quello
58.4che già seguì l'insidiosa guida,
58.5e Tancredi con lor, che nel castello
58.6prigion restò de la fallace Armida,
58.7ne la presenza sol de l'Eremita
58.8e d'alcuni più saggi a sé gli invita;
59.1e dice lor: – Prego ch'alcun racconti
59.2de' vostri brevi errori il dubbio corso,
59.3e come poscia vi strovaste pronti
59.4in sì grand'uopo a dar sì gran soccorso. –
59.5Vergognando tenean basse le fronti,
59.6ch'era al cor picciol fallo amaro morso.
59.7Al fin del re britanno il chiaro figlio
59.8ruppe il silenzio, e disse alzando il ciglio:
60.1– Partimmo noi che fuor de l'urna a sorte
60.2tratti non fummo, ognun per sé nascoso,
60.3d'Amor, no 'l nego, le fallaci scorte
60.4seguendo e d'un bel volto insidioso.
60.5Per vie ne trasse disusate e torte
60.6fra noi discordi, e in sé ciascun geloso.
60.7Nutrian gli amori e i nostri sdegni (ahi! tardi
60.8troppo il conosco) or parolette, or guardi.
61.1Al fin giungemmo al loco ove già scese
61.2fiamma dal cielo in dilatate falde,
61.3e di natura vendicò l'offese
61.4sovra le genti in mal oprar sì salde.
61.5Fu già terra feconda, almo paese,
61.6or acque son bituminose e calde
61.7e steril lago; e quanto ei torpe e gira,
61.8compressa è l'aria e grave il puzzo spira.
62.1Questo è lo stagno in cui nulla di greve
62.2si getta mai che giunga insino al basso,
62.3ma in guisa pur d'abete o d'orno leve
62.4l'uom vi sornuota e 'l duro ferro e 'l sasso.
62.5Siede in esso un castello, e stretto e breve
62.6ponte concede a' peregrini il passo.
62.7Ivi n'accolse, e non so con qual arte
62.8vaga è là dentro e ride ogni sua parte.
63.1V'è l'aura molle e 'l ciel sereno e lieti
63.2gli alberi e i prati e pure e dolci l'onde,
63.3ove fra gli amenissimi mirteti
63.4sorge una fonte e un fiumicel diffonde:
63.5piovono in grembo a l'erbe i sonni queti
63.6con un soave mormorio di fronde,
63.7cantan gli augelli: i marmi io taccio e l'oro
63.8meravigliosi d'arte e di lavoro.
64.1Apprestar su l'erbetta, ov'è più densa
64.2l'ombra e vicino al suon de l'acque chiare,
64.3fece di sculti vasi altera mensa
64.4e ricca di vivande elette e care.
64.5Era qui ciò ch'ogni stagion dispensa,
64.6ciò che dona la terra o manda il mare,
64.7ciò che l'arte condisce; e cento belle
64.8servivano al convito accorte ancelle.
65.1Ella d'un parlar dolce e d'un bel riso
65.2temprava altrui cibo mortale e rio.
65.3Or mentre ancor ciascuno a mensa assiso
65.4beve con lungo incendio un lungo oblio,
65.5sorse e disse: <> E con un viso
65.6ritornò poi non sì tranquillo e pio.
65.7Con una man picciola verga scote,
65.8tien l'altra un libro, e legge in basse note.
66.1Legge la maga, ed io pensiero e voglia
66.2sento mutar, mutar vita ed albergo.
66.3(Strana virtù!) novo pensier m'invoglia:
66.4salto ne l'acqua, e mi vi tuffo e immergo.
66.5Non so come ogni gamba entro s'accoglia,
66.6come l'un braccio e l'altro entri nel tergo,
66.7m'accorcio e stringo, e su la pelle cresce
66.8squamoso il cuoio; e d'uom son fatto un pesce.
67.1Così ciascun de gli altri anco fu vòlto
67.2e guizzò meco in quel vivace argento.
67.3Quale allor mi foss'io, come di stolto
67.4vano e torbido sogno, or me 'n rammento.
67.5Piacquele al fin tornarci il proprio volto;
67.6ma tra la meraviglia e lo spavento
67.7muti eravam, quando turbata in vista
67.8in tal guisa ne parla e ne contrista:
68.1<> ne dice
68.2<
68.3Pende dal mio voler ch'altri infelice
68.4perda in prigione eterna il ciel sereno,
68.5altri divenga augello, altri radice
68.6faccia e germogli nel terrestre seno,
68.7o che s'induri in selce, o in molle fonte
68.8si liquefaccia, o vesta irsuta fronte.
69.1Ben potete schivar l'aspro mio sdegno,
69.2quando servire al mio piacer v'aggrade:
69.3farvi pagani, e per lo nostro regno
69.4contra l'empio Buglion mover le spade.>>
69.5Ricusàr tutti e aborrìr l'indegno
69.6patto; solo a Rambaldo il persuade.
69.7Noi (ché non val difesa) entro una buca
69.8di lacci avolse ove non è che luca.
70.1Poi nel castello istesso a sorte venne
70.2Tancredi, ed egli ancor fu prigioniero.
70.3Ma poco tempo in carcere ci tenne
70.4la falsa maga; e (s'io n'intesi il vero)
70.5di seco trarne da quell'empia ottenne
70.6del signor di Damasco un messaggiero,
70.7ch'al re d'Egitto in don fra cento armati
70.8ne conduceva inermi e incatenati.
71.1Così ce n'andavamo; e come l'alta
71.2providenza del Cielo ordina e move,
71.3il buon Rinaldo, il qual più sempre essalta
71.4la gloria sua con opre eccelse e nove,
71.5in noi s'aviene, e i cavalieri assalta
71.6nostri custodi e fa l'usate prove:
71.7gli uccide e vince, e di quell'arme loro
71.8fa noi vestir che nostre in prima foro.
72.1Io 'l vidi, e 'l vider questi; e da lui porta
72.2ci fu la destra, e fu sua voce udita.
72.3Falso è il romor che qui risuona e porta
72.4sì rea novella, e salva è la sua vita;
72.5ed oggi è il terzo dì che con la scorta
72.6d'un peregrin fece da noi partita
72.7per girne in Antiochia, e pria depose
72.8l'arme che rotte aveva e sanguinose. –
73.1Così parlava, e l'Eremita intanto
73.2volgeva al cielo l'una e l'altra luce.
73.3Non un color, non serba un volto: oh quanto
73.4più sacro e venerabile or riluce!
73.5Pieno di Dio, rapto dal zelo, a canto
73.6a l'angeliche menti ei si conduce;
73.7gli si svela il futuro, e ne l'eterna
73.8serie de gli anni e de l'età s'interna
74.1e la bocca sciogliendo in maggior suono
74.2scopre le cose altrui ch'indi verranno.
74.3Tutti conversi a le sembianze, al tuono
74.4de l'insolita voce attenti stanno.
74.5– Vive – dice – Rinaldo, e l'altre sono
74.6arti e bugie di feminile inganno.
74.7Vive, e la vita giovanetta acerba
74.8a più mature glorie il Ciel riserba.
75.1Presagi sono e fanciulleschi affanni
75.2questi ond'or l'Asia lui conosce e noma.
75.3Ecco chiaro vegg'io, correndo gli anni,
75.4ch'egli s'oppone a l'empio Augusto e 'l doma
75.5e sotto l'ombra de gli argentei vanni
75.6l'aquila sua copre la Chiesa e Roma,
75.7che de la fèra avrà tolte a gli artigli;
75.8e ben di lui nasceran degni i figli.
76.1De' figli i figli, e chi verrà da quelli,
76.2quinci avran chiari e memorandi essempi;
76.3e da' Cesari ingiusti e da' rubelli
76.4difenderan le mitre e i sacri tèmpi.
76.5Premer gli alteri e sollevar gli imbelli,
76.6difender gli innocenti e punir gli empi,
76.7fian l'arti lor: così verrà che vole
76.8l'aquila estense oltra le vie del sole.
77.1E dritto è ben che, se 'l ver mira e 'l lume,
77.2ministri a Pietro i folgori mortali.
77.3U' per Cristo si pugni, ivi le piume
77.4spiegar dée sempre invitte e trionfali,
77.5ché ciò per suo nativo alto costume
77.6dielle il Cielo e per leggi a lei fatali.
77.7Onde piace là su che in questa degna
77.8impresa, onde partì, chiamato vegna. –
78.1Qui dal soggetto vinto il saggio Piero
78.2stupido tace, e 'l cor ne l'alma faccia
78.3troppo gran cose de l'estense altero
78.4valor ragiona, onde tutto altro spiaccia.
78.5Sorge intanto la notte, e 'l velo nero
78.6per l'aria spiega e l'ampia terra abbraccia;
78.7vansene gli altri e dan le membra al sonno,
78.8ma i suoi pensieri in lui dormir non ponno.
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