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1.1Intanto Erminia infra le ombrose piante
1.2d'antica selva dal cavallo è scòrta,
1.3né più governa il fren la man tremante,
1.4e mezza quasi par tra viva e morta.
1.5Per tante strade si raggira e tante
1.6il corridor ch'in sua balia la porta,
1.7ch'al fin da gli occhi altrui pur si dilegua,
1.8ed è soverchio omai ch'altri la segua.
2.1Qual dopo lunga e faticosa caccia
2.2tornansi mesti ed anelanti i cani
2.3che la fèra perduta abbian di traccia,
2.4nascosta in selva da gli aperti piani,
2.5tal pien d'ira e di vergogna in faccia
2.6riedono stanchi i cavalier cristiani.
2.7Ella pur fugge, e timida e smarrita
2.8non si volge a mirar s'anco è seguita.
3.1Fuggì tutta la notte, e tutto il giorno
3.2errò senza consiglio e senza guida,
3.3non udendo o vedendo altro d'intorno,
3.4che le lagrime sue, che le sue strida.
3.5Ma ne l'ora che 'l sol dal carro adorno
3.6scioglie i corsieri e in grembo al mar s'annida,
3.7giunse del bel Giordano a le chiare acque
3.8e scese in riva al fiume, e qui si giacque.
4.1Cibo non prende già, ché de' suoi mali
4.2solo si pasce e sol di pianto ha sete;
4.3ma 'l sonno, che de' miseri mortali
4.4è co 'l suo dolce oblio posa e quiete,
4.5sopì co' sensi i suoi dolori, e l'ali
4.6dispiegò sovra lei placide e chete;
4.7né però cessa Amor con varie forme
4.8la sua pace turbar mentre ella dorme.
5.1Non si destò fin che garrir gli augelli
5.2non sentì lieti e salutar gli albori,
5.3e mormorar il fiume e gli arboscelli,
5.4e con l'onda scherzar l'aura e co i fiori.
5.5Apre i languidi lumi e guarda quelli
5.6alberghi solitari de' pastori,
5.7e parle voce udir tra l'acqua e i rami
5.8ch'a i sospiri ed al pianto la richiami.
6.1Ma son, mentr'ella piange, i suoi lamenti
6.2rotti da un chiaro suon ch'a lei ne viene,
6.3che sembra ed è di pastorali accenti
6.4misto e di boscareccie inculte avene.
6.5Risorge, e là s'indrizza a passi lenti,
6.6e vede un uom canuto a l'ombre amene
6.7tesser fiscelle a la sua greggia a canto
6.8ed ascoltar di tre fanciulli il canto.
7.1Vedendo quivi comparir repente
7.2l'insolite arme, sbigottìr costoro;
7.3ma li saluta Erminia e dolcemente
7.4gli affida, e gli occhi scopre e i bei crin d'oro:
7.5– Seguite, – dice – aventurosa gente
7.6al Ciel diletta, il bel vostro lavoro,
7.7ché non portano già guerra quest'armi
7.8a l'opre vostre, a i vostri dolci carmi. –
8.1Soggiunse poscia: – O padre, or che d'intorno
8.2d'alto incendio di guerra arde il paese,
8.3come qui state in placido soggiorno
8.4senza temer le militari offese?
8.5– Figlio, – ei rispose – d'ogni oltraggio e scorno
8.6la mia famiglia e la mia greggia illese
8.7sempre qui fur, né strepito di Marte
8.8ancor turbò questa remota parte.
9.1O sia grazia del Ciel che l'umiltade
9.2d'innocente pastor salvi e sublime,
9.3o che, sì come folgore non cade
9.4in basso pian ma su l'eccelse cime,
9.5così il furor di peregrine spade
9.6sol de' gran re l'altere teste opprime,
9.7né gli avidi soldati a preda alletta
9.8la nostra povertà vile e negletta.
10.1Altrui vile e negletta, a me sì cara
10.2che non bramo tesor né regal verga,
10.3né cura o voglia ambiziosa o avara
10.4mai nel tranquillo del mio petto alberga.
10.5Spengo la sete mia ne l'acqua chiara,
10.6che non tem'io che di venen s'asperga,
10.7e questa greggia e l'orticel dispensa
10.8cibi non compri a la mia parca mensa.
11.1Ché poco è il desiderio, e poco è il nostro
11.2bisogno onde la vita si conservi.
11.3Son figli miei questi ch'addito e mostro,
11.4custodi de la mandra, e non ho servi.
11.5Così me 'n vivo in solitario chiostro,
11.6saltar veggendo i capri snelli e i cervi,
11.7ed i pesci guizzar di questo fiume
11.8e spiegar gli augelletti al ciel le piume.
12.1Tempo già fu, quando più l'uom vaneggia
12.2ne l'età prima, ch'ebbi altro desio
12.3e disdegnai di pasturar la greggia;
12.4e fuggii dal paese a me natio,
12.5e vissi in Menfi un tempo, e ne la reggia
12.6fra i ministri del re fui posto anch'io,
12.7e benché fossi guardian de gli orti
12.8vidi e conobbi pur l'inique corti.
13.1Pur lusingato da speranza ardita
13.2soffrii lunga stagion ciò che più spiace;
13.3ma poi ch'insieme con l'età fiorita
13.4mancò la speme e la baldanza audace,
13.5piansi i riposi di quest'umil vita
13.6e sospirai la mia perduta pace,
13.7e dissi: <> Così, a gli amici
13.8boschi tornando, ho tratto i dì felici. –
14.1Mentre ei così ragiona, Erminia pende
14.2da la soave bocca intenta e cheta;
14.3e quel saggio parlar, ch'al cor le scende,
14.4de' sensi in parte le procelle acqueta.
14.5Dopo molto pensar, consiglio prende
14.6in quella solitudine secreta
14.7insino a tanto almen farne soggiorno
14.8ch'agevoli fortuna il suo ritorno.
15.1Onde al buon vecchio dice: – O fortunato,
15.2ch'un tempo conoscesti il male a prova,
15.3se non t'invidii il Ciel sì dolce stato,
15.4de le miserie mie pietà ti mova;
15.5e me teco raccogli in così grato
15.6albergo ch'abitar teco mi giova.
15.7Forse fia che 'l mio core infra quest'ombre
15.8del suo peso mortal parte disgombre.
16.1Ché se di gemme e d'or, che 'l vulgo adora
16.2sì come idoli suoi, tu fossi vago,
16.3potresti ben, tante n'ho meco ancora,
16.4renderne il tuo desio contento e pago. –
16.5Quinci, versando da' begli occhi fora
16.6umor di doglia cristallino e vago,
16.7parte narrò di sue fortune, e intanto
16.8il pietoso pastor pianse al suo pianto.
17.1Poi dolce la consola e sì l'accoglie
17.2come tutt'arda di paterno zelo,
17.3e la conduce ov'è l'antica moglie
17.4che di conforme cor gli ha dato il Cielo.
17.5La fanciulla regal di rozze spiglie
17.6s'ammanta, e cinge al crin ruvido velo;
17.7ma nel moto de gli occhi e de le membra
17.8non già di boschi abitatrice sembra.
18.1Non copre abito vil la nobil luce
18.2e quanto è il lei d'altero e di gentile,
18.3e fuor la maestà regia traluce
18.4per gli atti ancor de l'essercizio umile.
18.5Guida la greggia a i paschi e la riduce
18.6con la povera verga al chiuso ovile,
18.7e da l'irsute mamme il latte preme
18.8e 'n giro accolto poi lo stringe insieme.
19.1Sovente, allor che su gli estivi ardori
19.2giacean le pecorelle a l'ombre assise,
19.3ne la scorza de' faggi e de gli allori
19.4segnò l'amato nome in mille guise,
19.5e de' suoi strani ed infelici amori
19.6gli aspri successi in mille piante incise,
19.7e in rileggendo poi le proprie note
19.8rigò di belle lagrime le gote.
20.1Indi dicea piangendo: – In voi serbate
20.2questa dolente istoria, amiche piante;
20.3perché se fia ch'a le vostr'ombre grate
20.4giamai soggiorni alcun fedele amante,
20.5senta svegliarsi al cor dolce pietate
20.6de le sventure mie sì varie e tante,
20.7e dica: <
20.8diè Fortuna ed Amore a sì gran fede!>>
21.1Forse averrà, se 'l Ciel benigno ascolta
21.2affettuoso alcun prego mortale,
21.3che venga in queste selve anco talvolta
21.4quegli a cui di me forse or nulla cale;
21.5e rivolgendo gli occhi ove sepolta
21.6giacerà questa spoglia inferma e frale,
21.7tardo premio conceda a i miei martìri
21.8di poche lagrimette e di sospiri;
22.1onde se in vita il cor misero fue,
22.2sia lo spirito in morte almen felice,
22.3e 'l cener freddo de le fiamme sue
22.4goda quel ch'or godere a me non lice. –
22.5Così ragiona a i sordi tronchi, e due
22.6fonti di pianto da' begli occhi elice.
22.7Tancredi intanto, ove fortuna il tira
22.8lunge da lei, per lei seguir, s'aggira.
23.1Egli, seguendo le vestigia impresse,
23.2rivolse il corso a la selva vicina;
23.3ma quivi da le piante orride e spesse
23.4nera e folta così l'ombra dechina
23.5che più non può raffigurar tra esse
23.6l'orme novelle, e 'n dubbio oltre camina,
23.7porgendo intorno pur l'orecchie intente
23.8se calpestio, se romor d'armi sente.
24.1E se pur la notturna aura percote
24.2tenera fronde mai d'olmo o di faggio,
24.3o se fèra od augello un ramo scote,
24.4tosto a quel picciol suon drizza il viaggio.
24.5Esce al fin de la selva, e per ignote
24.6strade il conduce de la luna il raggio
24.7verso un romor che di lontano udiva,
24.8insin che giunse al loco ond'egli usciva.
25.1Giunse ove sorgean da vivo sasso
25.2in molta copia chiare e lucide onde,
25.3e fattosene un rio volgeva a basso
25.4lo strepitoso piè tra verdi sponde.
25.5Quivi egli ferma addolorato il passo
25.6e chiama, e sola a i gridi Ecco risponde;
25.7e vede intanto con serene ciglia
25.8sorger l'aurora candida e vermiglia.
26.1Geme cruccioso, e 'n contra il Ciel si sdegna
26.2che sperata gli neghi alta ventura;
26.3ma de la donna sua, quand'ella vegna
26.4offesa pur, far la vendetta giura.
26.5Di rivolgersi al campo al fin disegna,
26.6benché la via trovar non s'assecura,
26.7ché gli sovien che presso è il dì prescritto
26.8che pugnar dée co 'l cavalier d'Egitto.
27.1Partesi, e mentre va per dubbio calle
27.2ode un corso appressar ch'ognor s'avanza,
27.3ed al fine spuntar d'angusta valle
27.4vede uom che di corriero avea sembianza.
27.5Scotea mobile sferza, e da le spalle
27.6pendea il corno su 'l fianco a nostra usanza.
27.7Chiede Tancredi a lui per quale strada
27.8al campo de' cristiani indi si vada.
28.1Quegli italico parla: – Or là m'invio
28.2dove m'ha Boemondo in fretta spinto. –
28.3Segue Tancredi lui che del gran zio
28.4messaggio stima, e crede al parlar finto.
28.5Giungono al fin là dove un sozzo e rio
28.6lago impaluda, ed un castel n'è cinto,
28.7ne la stagion che 'l sol par che s'immerga
28.8ne l'ampio nido ove la notte alberga.
29.1Suona il corriero in arrivando il corno,
29.2e tosto giù calar si vede un ponte:
29.3– Quando latin sia tu, qui far soggiorno
29.4potrai – gli dice – in fin che 'l sol rimonte,
29.5ché questo loco, e non è il terzo giorno,
29.6tolse a i pagani di Cosenza il conte. –
29.7Mira il loco il guerrier, che d'ogni parte
29.8inespugnabil fanno il sito e l'arte.
30.1Dubita alquanto poi ch'entro sì forte
30.2magione alcuno inganno occulto giaccia;
30.3ma come avezzo a i rischi de la morte,
30.4motto non fanne, e no 'l dimostra in faccia,
30.5ch'ovunque il guidi elezione o sorte,
30.6vuol che securo la sua destra il faccia.
30.7Pur l'obligo ch'egli ha d'altra battaglia
30.8fa che di nova impresa or non gli caglia;
31.1sì ch'incontra al castello, ove in un prato
31.2il curvo ponte si distende e posa,
31.3ritiene alquanto il passo, ed invitato
31.4non segue la sua scorta insidiosa.
31.5Su 'l ponte intanto un cavaliero armato
31.6con sembianza apparia fera e sdegnosa,
31.7ch'avendo ne la destra il ferro ignudo
31.8in suon parlava minaccioso e crudo:
32.1– O tu, che (siasi tua fortuna o voglia)
32.2al paese fatal d'Armida arrive,
32.3pensi indarno al fuggir; or l'arme spoglia
32.4e porgi a i lacci suoi le man cattive,
32.5ed entra pur ne la guardata soglia
32.6con queste leggi ch'ella altrui prescrive,
32.7né più sperar di riveder il cielo
32.8per volger d'anni o per cangiar di pelo,
33.1se non giuri d'andar con gli altri sui
33.2contra ciascun che da Giesù s'appella. –
33.3S'affisa a quel parlar Tancredi in lui
33.4e riconosce l'arme e la favella.
33.5Rambaldo di Guascogna era costui
33.6che partì con Armida, e sol per ella
33.7pagan si fece e difensor divenne
33.8di quell'usanza rea ch'ivi si tenne.
34.1Di santo sdegno il pio guerrier si tinse
34.2nel volto, e gli rispose: – Empio fellone,
34.3quel Tancredi son io che 'l ferro cinse
34.4per Cristo sempre, e fui di lui campione;
34.5e in sua virtute i suoi rubelli vinse,
34.6come vuo' che tu vegga al paragone,
34.7ché da l'ira del Ciel ministra eletta
34.8è questa destra a far in te vendetta. –
35.1Turbossi udendo il glorioso nome
35.2l'empio guerriero, e scolorissi in viso.
35.3Pur celando il timor, gli disse: – Or come,
35.4misero, vieni ove rimanga ucciso?
35.5Qui saran le tue forze oppresse e dome,
35.6e questo altero tuo capo reciso;
35.7e manderollo a i duci franchi in dono,
35.8s'altro da quel che soglio oggi non sono. –
36.1Così dicea il pagano; e perché il giorno
36.2spento era omai sì che vedeasi a pena,
36.3apparìr tante lampade d'intorno
36.4che ne fu l'aria lucida e serena.
36.5Splende il castel come in teatro adorno
36.6suol fra notturne pompe altera scena,
36.7ed in eccelsa parte Armida siede,
36.8onde senz'esser vista e ode e vede.
37.1Il magnanimo eroe fra tanto appresta
37.2a la fera tenzon l'arme e l'ardire,
37.3né su 'l debil cavallo assiso resta
37.4già veggendo il nemico a piè venire.
37.5Vien chiuso ne lo scudo e l'elmo ha in testa,
37.6la spada nuda, e in atto è di ferire.
37.7Gli move incontra il principe feroce
37.8con occhi torvi e con terribil voce.
38.1Quegli con larghe rote aggira i passi
38.2stretto ne l'arme, e colpi accenna e finge;
38.3questi, se ben ha i membri infermi e lassi,
38.4va risoluto e gli s'appressa e stringe,
38.5e là donde Rambaldo a dietro fassi
38.6velocissimamente egli si spinge,
38.7e s'avanza e l'incalza, e fulminando
38.8spesso a la vista gli drizza il brando.
39.1E più ch'altrove impetuoso fère
39.2ove più di vital formò natura,
39.3a le percosse le minaccie altere
39.4accompagnando, e 'l danno a la paura.
39.5Di qua di là si volge, e sue leggiere
39.6membra il presto guascone a i colpi fura,
39.7e cerca or con lo scudo or con la spada
39.8che 'l nemico furore indarno cada;
40.1ma veloce a lo schermo ei non è tanto
40.2che più l'altro non sia pronto a l'offese.
40.3Già spezzato lo scudo e l'elmo infranto
40.4e forato e sanguigno avea l'arnese,
40.5e colpo alcun de' suoi che tanto o quanto
40.6impiagasse il nemico anco non scese;
40.7e teme, e gli rimorde insieme il core
40.8sdegno, vergogna, conscienza, amore.
41.1Disponsi al fin con disperata guerra
41.2far prova omai de l'ultima fortuna.
41.3Gitta lo scudo, e a due mani afferra
41.4la spada ch'è di sangue ancor digiuna;
41.5e co 'l nemico suo si stringe e serra
41.6e cala un colpo, e non v'è piastra alcuna
41.7che gli resista sì che grave angoscia
41.8non dia piagando a la sinistra coscia.
42.1E poi su l'ampia fronte il ripercote
42.2sì ch' il picchio rimbomba in suon di squilla;
42.3l'elmo non fende già, ma lui ben scote,
42.4tal ch'egli si rannicchia e ne vacilla.
42.5Infiamma d'ira il principe le gote,
42.6e ne gli occhi di foco arde e sfavilla;
42.7e fuor de la visiera escono ardenti
42.8gli sguardi, e insieme lo stridor de' denti.
43.1Il perfido pagan già non sostiene
43.2la vista pur di sì feroce aspetto.
43.3Sente fischiare il ferro, e tra le vene
43.4già gli sembra d'averlo e in mezzo al petto.
43.5Fugge dal colpo, e 'l colpo a cader viene
43.6dove un pilastro è contra il ponte eretto;
43.7ne van le scheggie e le scintille al cielo,
43.8e passa al cor del traditor un gelo,
44.1onde al ponte rifugge, e sol nel corso
44.2de la salute sua pone ogni speme.
44.3Ma 'l seguita Tancredi, e già su 'l dorso
44.4la man gli stende e 'l piè co 'l piè gli preme,
44.5quando ecco (al fuggitivo alto soccorso)
44.6sparir le faci ed ogni stella insieme,
44.7né rimaner a l'orba notte alcuna,
44.8sotto povero ciel, luce di luna.
45.1Fra l'ombre de la notte e de gli incanti
45.2il vincitor no 'l segue più né 'l vede,
45.3né può cosa vedersi a lato o inanti,
45.4e muove dubbio e mal securo il piede.
45.5Su l'entrare d'un uscio i passi erranti
45.6a caso mette, né d'entrar s'avede,
45.7ma sente poi che suona a lui di dietro
45.8la porta, e 'n loco il serra oscuro e tetro.
46.1Come il pesce colà dove impaluda
46.2ne i seni di Comacchio il nostro mare,
46.3fugge da l'onda impetuosa e cruda
46.4cercando in placide acque ove ripare,
46.5e vien che da se stesso ei si rinchiuda
46.6in palustre prigion né può tornare,
46.7ché quel serraglio è con mirabil uso
46.8sempre a l'entrare aperto, a l'uscir chiuso;
47.1così Tancredi allor, qual che si fosse
47.2de l'estrania prigion l'ordigno e l'arte,
47.3entrò per se medesmo, e ritrovosse
47.4poi là rinchiuso ov'uom per sé non parte.
47.5Ben con robusta man la porta scosse,
47.6ma fur le sue fatiche indarno sparte,
47.7e voce intanto udì che: – Indarno – grida –
47.8uscir procuri, o prigionier d'Armida.
48.1Qui menerai (non temer già di morte)
48.2nel sepolcro de' vivi i giorni e gli anni. –
48.3Non risponde, ma preme il guerrier forte
48.4nel cor profondo i gemiti e gli affanni,
48.5e fra se stesso accusa Amor, la sorte,
48.6la sua sciocchezza e gli altrui feri inganni;
48.7e talor dice in tacite parole:
48.8<
49.1ma di più vago sol più dolce vista,
49.2misero! i' perdo, e non so già se mai
49.3in loco tornerò che l'alma trista
49.4si rassereni a gli amorosi rai.>>
49.5Poi gli sovvien d'Argante, e più s'attrista
49.6e: <> dice <
49.7ed è ragion ch'ei mi disprezzi e scherna!
49.8O mia gran colpa! o mia vergogna eterna!>>
50.1Così d'amor, d'onor cura mordace
50.2quinci e quindi al guerrier l'animo rode.
50.3Or mentre egli s'afflige, Argante audace
50.4le molli piume di calcar non gode;
50.5tanto è nel crudo petto odio di pace,
50.6cupidigia di sangue, amor di lode,
50.7che, de le piaghe sue non sano ancora,
50.8brama che 'l sesto dì porti l'aurora.
51.1La notte che precede, il pagan fero
51.2a pena inchina per dormir la fronte;
51.3e sorge poi che 'l cielo anco è sì nero
51.4che non dà luce in su la cima al monte.
51.5– Recami – grida – l'arme – al suo scudiero,
51.6ed esso aveale apparecchiate e pronte:
51.7non le solite sue, ma dal re sono
51.8dategli queste, e prezioso è il dono.
52.1Senza molto mirarle egli le prende
52.2né dal gran peso è la persona onusta,
52.3e la solita spada al fianco appende,
52.4ch'è di tempra finissima e vetusta.
52.5Qual con le chiome sanguinose orrende
52.6splender cometa suol per l'aria adusta,
52.7che i regni muta e i feri morbi adduce,
52.8a i purpurei tiranni infausta luce;
53.1tal ne l'arme ei fiammeggia, e bieche e torte
53.2volge le luci ebre di sangue e d'ira.
53.3Spirano gli atti feri orror di morte,
53.4e minaccie di morte il volto spira.
53.5Alma non è così secura e forte
53.6che non paventi, ove un sol guardo gira.
53.7Nuda ha la spada e la solleva e scote
53.8gridando, e l'aria e l'ombre in van percote.
54.1– Ben tosto – dice – il predator cristiano,
54.2ch'audace è sì ch'a me vuole agguagliarsi,
54.3caderà vinto e sanguinoso al piano,
54.4bruttando ne la polve i crini sparsi;
54.5e vedrà vivo ancor da questa mano
54.6ad onta del suo Dio l'arme spogliarsi,
54.7né morendo impetrar potrà co' preghi
54.8ch'in pasto a' cani le sue membra i' neghi. –
55.1Non altramente il tauro, ove l'irriti
55.2geloso amor co' stimuli pungenti,
55.3orribilmente mugge, e co' muggiti
55.4gli spirti in sé risveglia e l'ire ardenti,
55.5e 'l corno aguzza a i tronchi, e par ch'inviti
55.6con vani colpi a la battaglia i venti:
55.7sparge co 'l piè l'arena, e 'l suo rivale
55.8da lunge sfida a guerra aspra e mortale.
56.1Da sì fatto furor commosso, appella
56.2l'araldo; e con parlar tronco gli impone:
56.3– Vattene al campo, e la battaglia fella
56.4nunzia a colui ch'è di Giesù campione. –
56.5Quinci alcun non aspetta e monta in sella,
56.6e fa condursi inanzi il suo prigione;
56.7esce fuor de la terra, e per lo colle
56.8in corso vien precipitoso e folle.
57.1Dà fiato intanto al corno, e n'esce un suono
57.2che d'ogn'intorno orribile s'intende
57.3e 'n guisa pur di strepitoso tuono
57.4gli orecchi e 'l cor de gli ascoltanti offende.
57.5Già i principi cristiani accolti sono
57.6ne la tenda maggior de l'altre tende:
57.7qui fe' l'araldo sue disfide e incluse
57.8Tancredi pria, né però gli altri escluse.
58.1Goffredo intorno gli occhi gravi e tardi
58.2volge con mente allor dubbia e sospesa,
58.3né, perché molto pensi e molto guardi,
58.4atto gli s'offre alcuno a tanta impresa.
58.5Vi manca il fior de' suoi guerrier gagliardi:
58.6di Tancredi non s'è novella intesa,
58.7e lunge è Boemondo, ed ito è in bando
58.8l'invitto eroe ch'uccise il fier Gernando.
59.1Ed oltre i diece che fur tratti a sorte,
59.2i migliori del campo e i più famosi
59.3seguìr d'Armida le fallaci scorte,
59.4sotto il silenzio de la notte ascosi.
59.5Gli altri di mano e d'animo men forte
59.6taciti se ne stanno e vergognosi,
59.7né vi è chi cerchi in sì gran rischio onore,
59.8ché vinta la vergogna è dal timore.
60.1Al silenzio, a l'aspetto, ad ogni segno,
60.2di lor temenza il capitan s'accorse,
60.3e tutto pien di generoso sdegno
60.4dal loco ove sedea repente sorse,
60.5e disse: – Ah! ben sarei di vita indegno
60.6se la vita negassi or porre in forse,
60.7lasciando ch'un pagan così vilmente
60.8calpestasse l'onor di nostra gente!
61.1Sieda in pace il mio campo, e da secura
61.2parte miri ozioso il mio periglio.
61.3Su su, datemi l'arme –; e l'armatura
61.4gli fu recata in un girar di ciglio.
61.5Ma il buon Raimondo, che in età matura
61.6parimente maturo avea il consiglio,
61.7e verdi ancor le forze a par di quanti
61.8erano quivi, allor si trasse avanti,
62.1e disse a lui rivolto: – Ah non sia vero
62.2ch'in un capo s'arrischi il campo tutto!
62.3Duce sei tu, non semplice guerriero:
62.4publico fòra e non privato il lutto.
62.5In te la fé s'appoggia e 'l santo impero,
62.6per te fia il regno di Babèl distrutto.
62.7Tu il senno sol, lo scettro solo adopra;
62.8ponga altri poi l'ardire e 'l ferro in opra.
63.1Ed io, bench'a gir curvo mi condanni
63.2la grave età, non fia che ciò ricusi.
63.3Schivino gli altri i marziali affanni,
63.4me non vuo' già che la vecchiezza scusi.
63.5Oh! foss'io pur su 'l mio vigor de gli anni
63.6qual sète or voi, che qui temendo chiusi
63.7vi state e non vi move ira o vergogna
63.8contra lui che vi sgrida e vi rampogna,
64.1e quale allora fui, quando al cospetto
64.2di tutta la Germania, a la gran corte
64.3del secondo Corrado, apersi il petto
64.4al feroce Leopoldo e 'l posi a morte!
64.5E fu d'alto valor più chiaro effetto
64.6le spoglie riportar d'uom così forte,
64.7che s'alcun or fugasse inerme e solo
64.8di questa ignobil turba un grande stuolo.
65.1Se fosse in me quella virtù, quel sangue,
65.2di questo alter l'orgoglio avrei già spento.
65.3Ma qualunque io mi sia, non però langue
65.4il core in me, né vecchio anco pavento.
65.5E s'io pur rimarrò nel campo essangue,
65.6né il pagan di vittoria andrà contento.
65.7Armarmi i' vuo': sia questo il dì ch'illustri
65.8con novo onor tutti i miei scorsi lustri. –
66.1Così parla il gran vecchio, e sproni acuti
66.2son le parole, onde virtù si desta.
66.3Quei che fur prima timorosi e muti
66.4hanno la lingua or baldanzosa e presta.
66.5Né sol non v'è chi la tenzon rifiuti,
66.6ma ella omai da molti a prova è chiesta;
66.7Baldovin la domanda, e con Ruggiero
66.8Guelfo, i due Guidi, e Stefano e Gerniero,
67.1e Pirro, quel che fe' il lodato inganno
67.2dando Antiochia presa a Boemondo;
67.3ed a prova richiesta anco ne fanno
67.4Eberardo, Ridolfo e 'l pro' Rosmondo,
67.5un di Scozia, un d'Irlanda, ed un britanno,
67.6terre che parte il mar dal nostro mondo;
67.7e ne son parimente anco bramosi
67.8Gildippe ed Odoardo, amanti e sposi.
68.1Ma sovra tutti gli altri il fero vecchio
68.2se ne dimostra cupido ed ardente.
68.3Armato è già; sol manca a l'apparecchio
68.4de gli altri arnesi il fino elmo lucente.
68.5A cui dice Goffredo: – O vivo specchio
68.6del valor prisco, in te la nostra gente
68.7miri e virtù n'apprenda: in te di Marte
68.8splende l'onor, la disciplina e l'arte.
69.1Oh! pur avessi fra l'etade acerba
69.2diece altri di valor al tuo simìle,
69.3come ardirei vincer Babèl superba
69.4e la Croce spiegar da Battro a Tile.
69.5Ma cedi or, prego, e te medesmo serba
69.6a maggior opre e di virtù senile.
69.7Pongansi poi tutti i nomi in un vaso,
69.8come è l'usanza, e sia giudice il caso;
70.1anzi giudice Dio, de le cui voglie
70.2ministra e serva è la fortuna e 'l fato. –
70.3Ma non però dal suo pensier si toglie
70.4Raimondo, e vuol anch'egli esser notato.
70.5Ne l'elmo suo Goffredo i brevi accoglie;
70.6e poi che l'ebbe scosso ed agitato,
70.7nel primo breve che di là traesse,
70.8del conte di Tolosa il nome lesse.
71.1Fu il nome suo con lieto grido accolto,
71.2né di biasmar la sorte alcun ardisce.
71.3Ei di fresco vigor la fronte e 'l volto
71.4riempie; e così allor ringiovenisce
71.5qual serpe fier che in nove spoglie avolto
71.6d'oro fiammeggi e 'n contra il sol si lisce.
71.7Ma più d'ogn'altro il capitan gli applaude
71.8e gli annunzia vittoria, e gli dà laude.
72.1E la spada togliendosi dal fianco,
72.2e porgendola a lui, così dicea:
72.3– Questa è la spada che 'n battaglia il franco
72.4rubello di Sassonia oprar solea,
72.5ch'io già gli tolsi a forza, e gli tolsi anco
72.6la vita allor di mille colpe rea;
72.7questa, che meco ognor fu vincitrice,
72.8prendi, e sia così teco ora felice. –
73.1Di loro indugio intanto è quell'altero
73.2impaziente, e li minaccia e grida:
73.3– O gente invitta, o popolo guerriero
73.4d'Europa, un uomo solo è che vi sfida.
73.5Venga Tancredi omai che par sì fero,
73.6se ne la sua virtù tanto si fida;
73.7o vuol, giacendo in piume, aspettar forse
73.8la notte ch'altre volte a lui soccorse?
74.1Venga altri, s'egli teme; a stuolo a stuolo
74.2venite insieme, o cavalieri, o fanti,
74.3poi che di pugnar meco a solo a solo
74.4non v'è fra mille schiere uom che si vanti.
74.5Vedete là il sepolcro ove il figliuolo
74.6di Maria giacque: or ché non gite avanti?
74.7ché non sciogliete i voti? Ecco la strada!
74.8A qual serbate uopo maggior la spada? –
75.1Con tali scherni il saracin atroce
75.2quasi con dura sferza altrui percote,
75.3ma più ch'altri Raimondo a quella voce
75.4s'accende, e l'onte sofferir non pote.
75.5La virtù stimolata è più feroce,
75.6e s'aguzza de l'ira a l'aspra cote,
75.7sì che tronca gli indugi e preme il dorso
75.8del suo Aquilino, a cui diè 'l nome il corso.
76.1Questo su 'l Tago nacque, ove talora
76.2l'avida madre del guerriero armento,
76.3quando l'alma stagion che n'innamora
76.4nel cor le instiga il natural talento,
76.5volta l'aperta bocca incontra l'òra,
76.6raccoglie i semi del fecondo vento,
76.7e de' tiepidi fiati (oh meraviglia!)
76.8cupidamente ella concipe e figlia.
77.1E ben questo Aquilin nato diresti
77.2di quale aura del ciel più lieve spiri,
77.3o se veloce sì ch'orma non resti
77.4stendere il corso per l'arena il miri,
77.5o se 'l vedi addoppiar leggieri e presti
77.6a destra ed a sinistra angusti giri.
77.7Sovra tal corridore il conte assiso
77.8move a l'assalto, e volge al cielo il viso:
78.1– Signor, che tu drizzasti incontra l'empio
78.2Golia l'arme inesperte in Terebinto,
78.3sì ch'ei ne fu, che d'Israel fea scempio,
78.4al primo sasso d'un garzone estinto;
78.5tu fa' ch'or giaccia (e fia pari l'essempio)
78.6questo fellon da me percosso e vinto,
78.7e debil vecchio or la superbia opprima
78.8come debil fanciul l'oppresse in prima. –
79.1Così pregava il conte, e le preghiere
79.2mosse da la speranza in Dio secura
79.3s'alzàr volando a le celesti spere,
79.4come va foco al ciel per sua natura.
79.5L'accolse il Padre eterno, e fra le schiere
79.6de l'essercito suo tolse a la cura
79.7un che 'l difenda, e sano e vincitore
79.8da le man di quell'empio il tragga fuore.
80.1L'angelo, che fu già custode eletto
80.2da l'alta Providenza al buon Raimondo
80.3insin dal primo dì che pargoletto
80.4se 'n venne a farsi peregrin del mondo,
80.5or che di novo il Re del Ciel gli ha detto
80.6che prenda in sé de la difesa il pondo,
80.7ne l'alta rocca ascende, ove de l'oste
80.8divina tutte son l'arme riposte.
81.1Qui l'asta si conserva onde il serpente
81.2percosso giacque, e i gran fulminei strali,
81.3e quegli ch'invisibili a la gente
81.4portan l'orride pesti e gli altri mali;
81.5e qui sospeso è in alto il gran tridente,
81.6primo terror de' miseri mortali
81.7quando egli avien che i fondamenti scota
81.8de l'ampia terra, e le città percota.
82.1Si vedea fiammeggiar fra gli altri arnesi
82.2scudo di lucidissimo diamante,
82.3grande che può coprir genti e paesi
82.4quanti ve n'ha fra il Caucaso e l'Atlante;
82.5e sogliono da questo esser difesi
82.6principi giusti e città caste e sante.
82.7Questo l'angelo prende, e vien con esso
82.8occultamente al suo Raimondo appresso.
83.1Piene intanto le mura eran già tutte
83.2di varia turba, e 'l barbaro tiranno
83.3manda Clorinda e molte genti instrutte,
83.4che ferme a mezzo il colle oltre non vanno.
83.5Da l'altro lato in ordine ridutte
83.6alcune schiere di cristiani stanno,
83.7e largamente a' duo campioni il campo
83.8vòto riman fra l'uno e l'altro campo.
84.1Mirava Argante, e non vedea Tancredi,
84.2ma d'ignoto campion sembianze nove.
84.3Facesi il conte inanzi, e : – Quel che chiedi,
84.4è – disse a lui – per tua ventura altrove.
84.5Non superbir però, ché me qui vedi
84.6apparecchiato a riprovar tue prove,
84.7ch'io di lui posso sostener la vice
84.8o venir come terzo a me qui lice. –
85.1Ne sorride il superbo, e gli risponde:
85.2– Che fa dunque Tancredi? e dove stassi?
85.3Minaccia il ciel con l'arme, e poi s'asconde
85.4fidando sol ne' suoi fugaci passi;
85.5ma fugga pur nel centro e 'n mezzo l'onde,
85.6ché non fia loco ove securo il lassi. –
85.7– Menti – replica l'altro – a dir ch'uom tale
85.8fugga da te, ch'assai di te più vale. –
86.1Freme il circasso irato, e dice: – Or prendi
86.2del campo tu, ch'in vece sua t'accetto;
86.3e tosto e' si parrà come difendi
86.4l'alta follia del temerario detto. –
86.5Così mossero in giostra, e i colpi orrendi
86.6parimente drizzaro ambi a l'elmetto;
86.7e 'l buon Raimondo ove mirò scontrollo,
86.8né dar gli fece ne l'arcion pur crollo.
87.1Da l'altra parte il fero Argante corse
87.2(fallo insolito a lui) l'arringo in vano,
87.3ché 'l difensor celeste il colpo torse
87.4dal custodito cavalier cristiano.
87.5Le labra il crudo per furor si morse,
87.6e ruppe l'asta bestemmiando al piano.
87.7Poi tragge il ferro, e va contra Raimondo
87.8impetuoso al paragon secondo.
88.1E 'l possente corsiero urta per dritto,
88.2quasi monton ch'al cozzo il capo abbassa.
88.3Schiva Raimondo l'urto, al lato dritto
88.4piegando il corso, e 'l fère in fronte e passa.
88.5Torna di novo il cavalier d'Egitto,
88.6ma quegli pur di novo a destra il lassa,
88.7e pur su l'elmo il coglie, e 'ndarno sempre
88.8ché l'elmo adamantine avea le tempre.
89.1Ma il feroce pagan, che seco vòle
89.2più stretta zuffa, a lui s'aventa e serra.
89.3L'altro, ch'al peso di sì vasta mole
89.4teme d'andar co 'l suo destriero a terra,
89.5qui cede, ed indi assale, e par che vole,
89.6intorniando con girevol guerra,
89.7e i lievi imperii il rapido cavallo
89.8segue del freno, e non pone orma in fallo.
90.1Qual capitan ch'oppugni eccelsa torre
90.2infra paludi posta o in alto monte,
90.3mille aditi ritenta, e tutte scorre
90.4l'arti e le vie, cotal s'aggira il conte;
90.5e poi che non può scaglia d'arme tòrre
90.6ch'armano il petto e la superba fronte,
90.7fère i men forti arnesi, ed a la spada
90.8cerca tra ferro e ferro aprir la strada.
91.1Ed in due parti o tre forate e fatte
91.2l'arme nemiche ha già tepide e rosse,
91.3ed egli ancor le sue conserva intatte,
91.4né di cimier, né d'un sol fregio scosse.
91.5Argante indarno arrabbia, a vòto batte
91.6e spande senza pro l'ire e le posse;
91.7non si stanca però, ma raddoppiando
91.8va tagli e punte e si rinforza errando.
92.1Al fin tra mille colpi il saracino
92.2cala un fendente, e 'l conte è così presso
92.3che forse il velocissimo Aquilino
92.4non sottraggeasi e rimaneane oppresso;
92.5ma l'aiuto invisibile vicino
92.6non mancò lui di quel superno messo,
92.7che stese il braccio e tolse il ferro crudo
92.8sovra il diamante del celeste scudo.
93.1Fragile è il ferro allor (ché non resiste
93.2di fucina mortal tempra terrena
93.3ad armi incorrottibili ed immiste
93.4d'eterno fabro) e cade in su l'arena.
93.5Il circasso, ch'andarne a terra ha viste
93.6minutissime parti, il crede a pena;
93.7stupisce poi, scorta la mano inerme,
93.8ch'arme il campion nemico abbia sì ferme;
94.1e ben rotta la spada aver si crede
94.2su l'altro scudo, onde è colui difeso,
94.3e 'l buon Raimondo ha la medesma fede,
94.4ché non sa già chi sia dal ciel disceso.
94.5Ma però ch'egli disarmata vede
94.6la man nemica, si riman sospeso,
94.7ché stima ignobil palma e vili spoglie
94.8quelle ch'altrui con tal vantaggio toglie.
95.1– Prendi – volea già dirgli – un'altra spada –,
95.2quando novo pensier nacque nel core,
95.3ch'alto scorno è de' suoi dove egli cada,
95.4che di publica causa è difensore.
95.5Così né indegna a lui vittoria aggrada,
95.6né in dubbio vuol porre il comune onore.
95.7Mentre egli dubbio stassi, Argante lancia
95.8il pomo e l'else a la nemica guancia,
96.1e in quel tempo medesmo il destrier punge
96.2e per venirne a lotta oltra si caccia.
96.3La percossa lanciata a l'elmo giunge,
96.4sì che ne pesta al tolosan la faccia;
96.5ma però nulla sbigottisce, e lunge
96.6ratto si svia da le robuste braccia,
96.7ed impiaga la man ch'a dar di piglio
96.8venia più fera che ferino artiglio.
97.1Poscia gira da questa a quella parte,
97.2e rigirasi a questa indi da quella;
97.3e sempre, e dove riede e donde parte,
97.4fère il pagan d'aspra percossa e fella.
97.5Quanto avea di vigor, quanto avea d'arte,
97.6quanto può sdegno antico, ira novella,
97.7a danno del circasso or tutto aduna,
97.8e seco il Ciel congiura e la fortuna.
98.1Quei di fine arme e di se stesso armato,
98.2a i gran colpi resiste e nulla pave;
98.3e par senza governo in mar turbato,
98.4rotte vele ed antenne, eccelsa nave,
98.5che pur contesto avendo ogni suo lato
98.6tenacemente di robusta trave,
98.7sdrusciti i fianchi al tempestoso flutto
98.8non mostra ancor, né si dispera in tutto.
99.1Argante, il tuo periglio allora tal era,
99.2quando aiutarti Belzebù dispose.
99.3Questi di cava nube ombra leggiera
99.4(mirabil mostro) in forma d'uom compose;
99.5e la sembianza di Clorinda altera
99.6gli finse, e l'arme ricche e luminose:
99.7diegli il parlare e senza mente il noto
99.8suon de la voce, e 'l portamento e 'l moto.
100.1Il simulacro ad Oradin, esperto
100.2sagittario famoso, andonne e disse:
100.3– O famoso Oradin, ch'a segno certo,
100.4come a te piace, le quadrella affisse,
100.5ah! gran danno saria s'uom di tal merto,
100.6difensor di Giudea, così morisse,
100.7e di sue spoglie il suo nemico adorno
100.8securo ne facesse a i suoi ritorno.
101.1Qui fa' prova de l'arte, e le saette
101.2tingi nel sangue del ladron francese,
101.3ch'oltra il perpetuo onor vuo' che n'aspette
101.4premio al gran fatto egual dal re cortese. –
101.5Così parlò, né quegli in dubbio stette,
101.6tosto che 'l suon de le promesse intese;
101.7da la grave faretra un quadrel prende
101.8e su l'arco l'adatta, e l'arco tende.
102.1Sibila il teso nervo, e fuore spinto
102.2vola il pennuto stral per l'aria e stride,
102.3ed a percoter va dove del cinto
102.4si congiungon le fibbie e le divide;
102.5passa l'usbergo, e in sangue a pena tinto
102.6qui su si ferma e sol la pelle incide,
102.7ché 'l celeste guerrier soffrir non volse
102.8ch'oltra passasse, e forza al colpo tolse.
103.1Da l'usbergo lo stral si tragge il conte
103.2ed ispicciarne fuori il sangue vede;
103.3e con parlar pien di minaccie ed onte
103.4rimprovera al pagan la rotta fede.
103.5Il capitan, che non torcea la fronte
103.6da l'amato Raimondo, allor s'avede
103.7che violato è il patto, e perché grave
103.8stima la piaga, ne sospira e pave;
104.1e con la fronte le sue genti altere
104.2e con la lingua a vendicarlo desta.
104.3Vedi tosto inchinar giù le visiere,
104.4lentare i freni e por le lancie in resta,
104.5e quasi in un sol punto alcune schiere
104.6da quella parte moversi e da questa.
104.7Sparisce il campo, e la minuta polve
104.8con densi globi al ciel s'inalza e volve.
105.1D'elmi e scudi percossi e d'aste infrante
105.2ne' primi scontri un gran romor s'aggira.
105.3Là giacere un cavallo, e girne errante
105.4un altro là senza rettor si mira;
105.5qui giace un guerrier morto, e qui spirante
105.6altri singhiozza e geme, altri sospira.
105.7Fera è la pugna, e quanto più si mesce
105.8e stringe insieme, più s'inaspra e cresce.
106.1Salta Argante nel mezzo agile e sciolto,
106.2e toglie ad un guerrier ferrata mazza;
106.3e rompendo lo stuol calcato e folto,
106.4la rota intorno e si fa larga piazza.
106.5E sol cerca Raimondo, e in lui sol vòlto
106.6ha il ferro e l'ira impetuosa e pazza,
106.7e quasi avido lupo ei par che brame
106.8ne le viscere sue pascer la fame.
107.1Ma duro ad impedir viengli il sentiero
107.2e fero intoppo, acciò che 'l corso ei tardi.
107.3Si trova incontra Ormanno, e con Ruggiero
107.4di Balnavilla un Guido e duo Gherardi.
107.5Non cessa, non s'allenta, anzi è più fero
107.6quanto ristretto è più da que' gagliardi,
107.7sì come a forza da rinchiuso loco
107.8se n'esce e move alte ruine il foco.
108.1Uccide Ormanno, piaga Guido, atterra
108.2Ruggiero infra gli estinti egro e languente,
108.3ma contra lui crescon le turbe, e 'l serra
108.4d'uomini e d'arme cerchio aspro e pungente.
108.5Mentre in virtù di lui pari la guerra
108.6si mantenea fra l'una e l'altra gente,
108.7il buon duce Buglion chiama il fratello,
108.8ed a lui dice: – Or movi il tuo drapello,
109.1e là dove battaglia è più mortale
109.2vattene ad investir nel lato manco. –
109.3Quegli si mosse, e fu lo scontro tale
109.4ond'egli urtò de gli nemici al fianco,
109.5che parve il popol d'Asia imbelle e frale,
109.6né potè sostener l'impeto franco,
109.7che gli ordini disperde, e co' destrieri
109.8l'insegne insieme abbatte e i cavalieri.
110.1Da l'impeto medesmo in fuga è vòlto
110.2il destro corno; e non v'è alcun che faccia
110.3fuor ch'Argante difesa, a freno sciolto
110.4così il timor precipiti li caccia.
110.5Egli sol ferma il passo e mostra il volto,
110.6né chi con mani cento e cento braccia
110.7cinquanta scudi insieme ed altrettante
110.8spade movesse, or più faria d'Argante.
111.1Ei gli stocchi e le mazze, egli de l'aste
111.2e de' corsieri l'impeto sostenta;
111.3e solo par che 'ncontra tutti baste,
111.4ed ora a questo ed ora a quel s'aventa.
111.5Peste ha le membra e rotte l'arme e guaste,
111.6e sudor versa e sangue, e par no 'l senta.
111.7Ma così l'urta il popol denso e 'l preme
111.8ch'al fin lo svolge e seco il porta insieme.
112.1Volge il tergo a la forza ed al furore
112.2di quel diluvio che 'l rapisce e 'l tira;
112.3ma non già d'uom che fugga ha i passi e 'l core,
112.4s'a l'opre de la mano il cor si mira.
112.5Serbano ancora gli occhi il lor terrore
112.6e le minaccie de la solita ira;
112.7e cerca ritener con ogni prova
112.8la fuggitiva turba, e nulla giova.
113.1Non può far quel magnanimo ch'almeno
113.2sia lor fuga più tarda e più raccolta,
113.3ché non ha la paura arte né freno,
113.4né pregar qui né comandar s'ascolta.
113.5Il pio Buglion, ch'i suoi pensieri a pieno
113.6vede fortuna a favorir rivolta,
113.7segue de la vittoria il lieto corso
113.8e invia novello a i vincitor soccorso.
114.1E se non che non era il dì che scritto
114.2Dio ne gli eterni suoi decreti avea,
114.3quest'era forse il dì che 'l campo invitto
114.4de le sante fatiche al fin giungea.
114.5Ma la schiera infernal, ch'in quel conflitto
114.6la tirannide sua cader vedea,
114.7sendole ciò permesso, in un momento
114.8l'aria in nube ristrinse e mosse il vento.
115.1Da gli occhi de'mortali un negro velo
115.2rapisce il giorno e 'l sole, e par ch'avampi
115.3negro via più ch'orror d'inferno il cielo,
115.4così fiammeggia infra baleni e lampi.
115.5Fremono i tuoni, e pioggia accolta in gelo
115.6si versa, e i paschi abbatte e inonda i campi.
115.7Schianta i rami il gran turbo, e par che crolli
115.8non pur le quercie ma le rocche e i colli.
116.1L'acqua in un tempo, il vento e la tempesta
116.2ne gli occhi a i Franchi impetuosa fère,
116.3e l'improvisa violenza arresta
116.4con un terror quasi fatal le schiere.
116.5La minor parte d'esse accolta resta
116.6(ché veder non le puote) a le bandiere.
116.7Ma Clorinda, che quindi alquanto è lunge,
116.8prende opportuno il tempo e 'l destrier punge.
117.1Ella gridava a i suoi: – Per noi combatte,
117.2compagni, il Cielo, e la giustizia aita;
117.3da l'ira sua le freccie nostre intatte
117.4sono, e non è la destra indi impedita,
117.5e ne la fronte solo irato ei batte
117.6de la nemica gente impaurita,
117.7e la scote de l'arme, e de la luce
117.8la priva: andianne pur, ché 'l fato è duce. –
118.1Così spinge le genti, e ricevendo
118.2sol nelle spalle l'impeto d'inferno,
118.3urta i Francesi con assalto orrendo,
118.4e i vani colpi lor si prende a scherno.
118.5Ed in quel tempo Argante anco volgendo
118.6fa de' gran vincitor aspro governo,
118.7e quei lasciando il campo a tutto corso
118.8volgono al ferro, a le procelle il dorso.
119.1Percotono le spalle a i fuggitivi
119.2l'ire immortali e le mortali spade,
119.3e 'l sangue corre e fa, commisto a i rivi
119.4de la gran pioggia, rosseggiar le strade.
119.5Qui tra 'l vulgo de' morti e de' mal vivi
119.6e Pirro e 'l buon Ridolfo estinto cade;
119.7e toglie a questo il fier circasso l'alma,
119.8e Clorinda di quello ha nobil palma.
120.1Così fuggiano i Franchi, e di lor caccia
120.2non rimaneano i Siri anco o i demoni.
120.3Sol contra l'arme e contra ogni minaccia
120.4di gragnuole, di turbini e di tuoni
120.5volgea Goffredo la secura faccia,
120.6rampognando aspramente i suoi baroni;
120.7e, fermo anzi la porta il gran cavallo,
120.8le genti sparse raccogliea nel vallo.
121.1E ben due volte il corridor sospinse
121.2contra il feroce Argante e lui ripresse,
121.3ed altrettante il nudo ferro spinse
121.4dove le turbe ostili eran più spesse;
121.5al fin con gli altri insieme ei si ristrinse
121.6dentro a i ripari, e la vittoria cesse.
121.7Tornano allora i saracini, e stanchi
121.8restan nel vallo e sbigottiti i Franchi.
122.1Né quivi ancor de l'orride procelle
122.2ponno a pieno schivar la forza e l'ira,
122.3ma sono estinte or queste faci or quelle,
122.4e per tutto entra l'acqua e 'l vento spira.
122.5Squarcia le tele e spezza i pali, e svelle
122.6le tende intere e lunge indi le gira;
122.7la pioggia a i gridi, a i venti, a i tuon s'accorda
122.8d'orribile armonia che 'l mondo assorda.
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