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1.1Ma d'altra parte l'assediate genti
1.2speme miglior conforta e rassecura,
1.3ch'oltra il cibo raccolto altri alimenti
1.4son lor dentro portati a notte oscura,
1.5e han munite d'arme e d'instrumenti
1.6di guerra verso l'Aquilon le mura,
1.7che d'altezza accresciute e sode e grosse
1.8non mostran di temer d'urti o di scosse.
2.1E 'l re pur sempre queste parti e quelle
2.2lor fa inalzare e rafforzare i fianchi,
2.3o l'aureo sol risplenda od a le stelle
2.4ed a la luna il fosco ciel s'imbianchi;
2.5e in far continuamente arme novelle
2.6sudano i fabri affaticati e stanchi.
2.7In sì fatto apparecchio intolerante
2.8a lui se 'n venne, e ragionolli Argante:
3.1– E insino a quando ci terrai prigioni
3.2fra queste mura in vile assedio e lento?
3.3Odo ben io stridere incudi, e suoni
3.4d'elmi e di scudi e di corazze sento,
3.5ma non veggio a qual uso; e quei ladroni
3.6scorrono i campi e i borghi a lor talento,
3.7né v'è di noi chi mai lor passo arresti,
3.8né tromba che dal sonno almen gli desti.
4.1A lor né i prandi mai turbati e rotti,
4.2né molestate son le cene liete,
4.3anzi egualmente i dì lunghi e le notti
4.4traggon con securezza e con quiete.
4.5Voi da i disagi e da la fame indotti
4.6a darvi vinti a lungo andar sarete
4.7od a morirne qui, come codardi,
4.8quando d'Egitto pur l'aiuto tardi.
5.1Io per me non vuo' già ch'ignobil morte
5.2i giorni miei d'oscuro oblio ricopra,
5.3né vuo' ch'al novo dì fra queste porte
5.4l'alma luce del sol chiuso mi scopra.
5.5Di questo viver mio faccia la sorte
5.6quel che già stabilito è là di sopra;
5.7non farà già che senza oprar la spada
5.8inglorioso e invendicato io cada.
6.1Ma quando pur del valor vostro usato
6.2così non fosse in voi spento ogni seme,
6.3non di morir pugnando ed onorato,
6.4ma di vita e di palma anco avrei speme.
6.5A incontrare i nemici e 'l nostro fato
6.6andianne pur deliberati insieme,
6.7ché spesso avien che ne' maggior perigli
6.8sono i più audaci gli ottimi consigli.
7.1Ma se nel troppo osar tu non isperi,
7.2né sei d'uscir con ogni squadra ardito,
7.3procura almen che sia per duo guerrieri
7.4questo tuo gran litigio or difinito.
7.5E perch'accetti ancor più volentieri
7.6il capitan de' Franchi il nostro invito,
7.7l'arme egli scelga e 'l suo vantaggio toglia,
7.8e le condizion formi a sua voglia.
8.1Ché se 'l nemico avrà due mani ed una
8.2anima solo, ancor ch'audace e fera,
8.3temer non déi, per isciagura alcuna,
8.4che la ragion da me difesa pèra.
8.5Pote in vece di fato e di fortuna
8.6darti la destra mia vittoria intera,
8.7ed a te se medesma or porge in pegno
8.8che se 'l confidi in lei salvo è il tuo regno. –
9.1Tacque e rispose il re: – Giovene ardente,
9.2se ben me vedi in grave età senile,
9.3non sono al ferro queste man sì lente,
9.4né sì quest'alma è neghittosa e vile
9.5ch'anzi morir volesse ignobilmente
9.6che di morte magnanima e gentile,
9.7quando io temenza avessi o dubbio alcuno
9.8de' disagi ch'annunzii e del digiuno.
10.1Cessi Dio tanta infamia! Or quel ch'ad arte
10.2nascondo altrui, vuo' ch'a te sia palese.
10.3Soliman di Nicea, che brama in parte
10.4di vendicar le ricevute offese,
10.5de gli Arabi le schiere erranti e sparte
10.6raccolte ha fin dal libico paese,
10.7e i nemici assalendo a l'aria nera
10.8darne soccorso e vettovaglia spera.
11.1Tosto fia che qui giunga; or se fra tanto
11.2son le nostre castella oppresse e serve,
11.3non ce ne caglia, pur che 'l regal manto
11.4e la mia nobil reggia io mi conserve.
11.5Tu l'ardimento e questo ardore alquanto
11.6tempra, per Dio, che 'n te soverchio ferve,
11.7ed opportuna la stagion aspetta
11.8a la tua gloria ed a la mia vendetta.
12.1Forse sdegnossi il saracino audace,
12.2ch'era di Solimano emulo antico,
12.3sì amaramente ora d'udir gli spiace
12.4che tanto se 'n prometta il rege amico.
12.5– A tuo senno – risponde – e guerra e pace
12.6farai, signor: nulla di ciò più dico.
12.7S'indugi pure, e Soliman s'attenda;
12.8ei, che perdé il suo regno, il tuo difenda.
13.1Vengane a te quasi celeste messo,
13.2liberator del popolo pagano,
13.3ch'io, quanto a me, bastar credo a me stesso,
13.4e sol vuo' libertà da questa mano.
13.5Or nel riposo altrui siami concesso
13.6ch'io ne discenda a guerreggiar nel piano:
13.7privato cavalier, non tuo campione,
13.8verrò co' Franchi a singolar tenzone. –
14.1Replica il re: – Se ben l'ire e la spada
14.2dovresti riserbare a miglior uso,
14.3che tu sfidi però, se ciò t'aggrada,
14.4alcun guerrier nemico, io non ricuso. –
14.5Così gli disse, ed ei punto non bada:
14.6– Va' – dice ad un araldo – or colà giuso,
14.7ed al duce de' Franchi, udendo l'oste,
14.8fa' queste mie non picciole proposte:
15.1ch'un cavalier, che d'appiattarsi in questo
15.2forte cinto di muri a sdegno prende,
15.3brama di far con l'armi or manifesto
15.4quanto la sua possanza oltra si stende;
15.5e ch'a duello di venirne è presto
15.6nel pian ch'è fra le mura e l'alte tende
15.7per prova di valore, e che disfida
15.8qual più de' Franchi in sua virtù si fida;
16.1e che non solo è di pugnare accinto
16.2e con uno e con duo del campo ostile,
16.3ma dopo il terzo, il quarto accetta e 'l quinto,
16.4sia di vulgare stirpe o di gentile:
16.5dia, se vuol, la franchigia, e serva il vinto
16.6al vincitor come di guerra è stile. –
16.7Così gli impose, ed ei vestissi allotta
16.8la purpurea de l'arme aurata cotta.
17.1E poi che giunse a la regal presenza
17.2del principe Goffredo e de' baroni,
17.3chiese: – O signore, a i messaggier licenza
17.4dassi tra voi di liberi sermoni? –
17.5– Dassi, – rispose il capitano – e senza
17.6alcun timor la tua proposta esponi. –
17.7Riprese quegli: – Or si parrà se grata
17.8o formidabil fia l'alta ambasciata. –
18.1E seguì poscia, e la difesa espose
18.2con parole magnifiche ed altere.
18.3Fremer s'udiro, e si mostràr sdegnose
18.4al suo parlar quelle feroci schiere;
18.5e senza indugio il pio Buglion rispose:
18.6– Dura impresa intraprende il cavaliere;
18.7e tosto io creder vuo' che glie ne incresca
18.8sì che d'uopo non fia che 'l quinto n'esca.
19.1Ma venga in prova pur, che d'ogn'oltraggio
19.2gli offero campo libero e securo;
19.3e seco pugnerà senza vantaggio
19.4alcun de' miei campioni, e così giuro. –
19.5Tacque, e tornò il re d'arme al suo viaggio
19.6per l'orme ch'al venir calcate furo,
19.7e non ritenne il frettoloso passo
19.8sin che non diè risposta al fier circasso.
20.1– Armati, – dice – alto signor; che tardi?
20.2la disfida accettata hanno i cristiani,
20.3e d'affrontarsi teco i men gagliardi
20.4mostran desio, non che i guerrier soprani.
20.5E mille i' vidi minacciosi sguardi,
20.6e mille al ferro apparecchiate mani:
20.7loco securo il duce a te concede. –
20.8Così gli dice; e l'arme esso richiede,
21.1e se ne cinge intorno e impaziente
21.2di scenderne s'affretta a la campagna.
21.3Disse a Clorinda il re, ch'era presente:
21.4– Giusto non è ch'ei vada e tu rimagna.
21.5Mille dunque con te di nostra gente
21.6prendi in sua securezza, e l'accompagna;
21.7ma vada inanzi a giusta pugna ei solo,
21.8te lunge alquanto a lui ritien lo stuolo. –
22.1Tacque ciò detto; e poi che furo armati,
22.2quei del chiuso n'uscivano a l'aperto,
22.3e giva inanzi Argante e de gli usati
22.4arnesi in su 'l cavallo era coperto.
22.5Loco fu tra le mura e gli steccati
22.6che nulla avea di diseguale e d'erto:
22.7ampio e capace, e parea fatto ad arte
22.8perch'egli fosse altrui campo di Marte.
23.1Ivi solo discese, ivi fermosse
23.2in vista de' nemici il fero Argante,
23.3per gran cor, per gran corpo e per gran posse
23.4superbo e minaccievole in sembiante,
23.5qual Encelado in Flegra, o qual mostrosse
23.6ne l'ima valle il filisteo gigante;
23.7ma pur molti di lui tema non hanno,
23.8ch'anco quanto sia forte a pien non sanno.
24.1Alcun però, dal pio Goffredo eletto
24.2come il miglior, ancor non è fra molti.
24.3Ben si vedean con desioso affetto
24.4tutti gli occhi in Tancredi esser rivolti,
24.5e dichiarato infra i miglior perfetto
24.6dal favor manifesto era de' volti;
24.7e s'udia non oscuro anco il bisbiglio,
24.8e l'approvava il capitan co 'l ciglio.
25.1Già cedea ciascun altro, e non secreto
25.2era il volere omai del pio Buglione:
25.3– Vanne, – a lui disse – a te l'uscir non vieto,
25.4e reprimi il furor di quel fellone. –
25.5E tutto in volto baldanzoso e lieto
25.6per sì alto giudizio, il fer garzone
25.7a lo scudier chiedea l'elmo e 'l cavallo,
25.8poi seguito da molti uscia del vallo.
26.1Ed a quel largo pian fatto vicino,
26.2ov'Argante l'attende, anco non era,
26.3quando in leggiadro aspetto e pellegrino
26.4s'offerse a gli occhi suoi l'alta guerriera.
26.5Bianche via più che neve in giogo alpino
26.6avea le sopraveste, e la visiera
26.7alta tenea dal volto; e sovra un'erta,
26.8tutta, quanto ella è grande, era scoperta.
27.1Già non mira Tancredi ove il circasso
27.2la spaventosa fronte al cielo estolle,
27.3ma move il suo destrier con lento passo,
27.4volgendo gli occhi ov'è colei su 'l colle;
27.5poscia immobil si ferma, e pare un sasso:
27.6gelido tutto fuor, ma dentro bolle.
27.7Sol di mirar s'appaga, e di battaglia
27.8sembiante fa che poco or più gli caglia.
28.1Argante, che non vede alcun ch'in atto
28.2dia segno ancor d'apparecchiarsi in giostra:
28.3– Da desir di contesa io qui fui tratto; –
28.4grida – or chi viene inanzi, e meco giostra? –
28.5L'altro, attonito quasi e stupefatto,
28.6pur là s'affissa e nulla udir ben mostra.
28.7Ottone inanzi allor spinge il destriero,
28.8e ne l'arringo vòto entrò primiero.
29.1Questi un fu di color cui dianzi accese
29.2di gir contra il pagano alto desio;
29.3pur cedette a Tancredi, e 'n sella ascese
29.4fra gli altri che seguìrlo e seco uscio.
29.5Or veggendo sue voglie altrove intese
29.6e starne lui quasi al pugnar restio,
29.7prende, giovene audace e impaziente,
29.8l'occasione offerta avidamente;
30.1e veloce così che tigre o pardo
30.2va men ratto talor per la foresta,
30.3corre a ferire il saracin gagliardo,
30.4che d'altra parte la lancia arresta.
30.5Si scote allor Tancredi, e dal suo tardo
30.6pensier, quasi da un sonno, al fin si desta,
30.7e grida ei ben: – La pugna è mia; rimanti. –
30.8Ma troppo Ottone è già trascorso inanti.
31.1Onde si ferma; e d'ira e di dispetto
31.2avampa dentro, e fuor qual fiamma è rosso,
31.3perch'ad onta si reca ed a difetto
31.4ch'altri si sia primiero in giostra mosso.
31.5Ma intanto a mezzo al corso in su l'elmetto
31.6dal giovin forte è il saracin percosso;
31.7egli a l'incontro a lui co 'l ferro nudo
31.8fende l'usbergo, e pria rompe lo scudo.
32.1Cade il cristiano, e ben è il colpo acerbo,
32.2poscia ch'avien che da l'arcion lo svella.
32.3Ma il pagan di più forza e di più nerbo
32.4non cade già, né pur si torce in sella;
32.5indi con dispettoso atto superbo
32.6sovra il caduto cavalier favella:
32.7– Renditi vinto, e per tua gloria basti
32.8che dir potrai che contra me pugnasti. –
33.1– No, – gli risponde Otton – fra noi non s'usa
33.2così tosto depor l'arme e l'ardire;
33.3altri del mio cader farà la scusa,
33.4io vuo' far la vendetta o qui morire. –
33.5In sembianza d'Aletto e di Medusa
33.6freme il circasso, e par che fiamma spire:
33.7– Conosci or – dice – il mio valor a prova,
33.8poi che la cortesia sprezzar ti giova. –
34.1Spinge il destrier in questo, e tutto oblia
34.2quanto virtù cavaleresca chiede.
34.3Fugge il franco l'incontro e si desvia,
34.4e 'l destro fianco nel passar gli fiede,
34.5ed è sì grave la percossa e ria
34.6che 'l ferro sanguinoso indi ne riede;
34.7ma che pro, se la piaga al vincitore
34.8forza non toglie e giunge ira e furore?
35.1Argante il corridor dal corso affrena,
35.2e indietro il volge; e così tosto è vòlto,
35.3che se n'accorge il suo nemico a pena,
35.4e d'un grand'urto a l'improviso è colto.
35.5Tremar le gambe, indebolir la lena,
35.6sbigottir l'alma e impallidir il volto
35.7fègli l'aspra percossa, e frale e stanco
35.8sovra il duro terren battere il fianco.
36.1Ne l'ira Argante infellonisce, e strada
36.2sovra il petto del vinto al destrier face;
36.3e: – Così – grida – ogni superbo vada,
36.4come costui che sotto i piè mi giace. –
36.5Ma l'invitto Tancredi allor non bada,
36.6ché l'atto crudelissimo gli spiace,
36.7e vuol che 'l suo valor con chiara emenda
36.8copra il suo fallo e, come suol, risplenda.
37.1Fassi inanzi gridando: – Anima vile,
37.2che ancor ne le vittorie infame sei,
37.3qual titolo di laude alto e gentile
37.4da modi attendi sì scortesi e rei?
37.5Fra i ladroni d'Arabia o fra simìle
37.6barbara turba avezzo esser tu déi.
37.7Fuggi la luce, e va' con l'altre belve
37.8a incrudelir ne' monti e tra le selve. –
38.1Tacque; e 'l pagano, al sofferir poco uso,
38.2morde le labra e di furor si strugge.
38.3Risponder vuol, ma il suono esce confuso
38.4sì come strido d'animal che rugge;
38.5o come apre le nubi ond'egli è chiuso
38.6impetuoso il fulmine, e se 'n fugge,
38.7così pareva a forza ogni suo detto
38.8tonando uscir da l'infiammato petto.
39.1Ma poi ch'in ambo il minacciar feroce
39.2a vicenda irritò l'orgoglio e l'ira,
39.3l'un come l'altro rapido e veloce,
39.4spazio al corso prendendo, il destrier gira.
39.5Or qui, Musa, rinforza in me la voce,
39.6e furor pari a quel furor m'inspira,
39.7sì che non sian de l'opre indegni i carmi
39.8ed esprima il mio canto il suon de l'armi.
40.1Posero in resta e dirizzaro in alto
40.2i duo guerrier le noderose antenne;
40.3né fu di corso mai, né fu di salto,
40.4né fu mai tal velocità di penne,
40.5nè furia uguale a quella ond'a l'assalto
40.6quinci Tancredi e quindi Argante venne.
40.7Rupper l'aste su gli elmi, e volàr mille
40.8tronconi e scheggie e lucide faville.
41.1Sol de i colpi il rimbombo intorno mosse
41.2l'immobil terra, e risonàrne i monti;
41.3ma l'impeto e 'l furor de le percosse
41.4nulla piegò de le superbe fronti.
41.5L'uno e l'altro cavallo in guisa urtosse
41.6che non fur poi cadendo a sorger pronti.
41.7Tratte le spade, i gran mastri di guerra
41.8lasciàr le staffe e i piè fermaro in terra.
42.1Cautamente ciascuno a i colpi move
42.2la destra, a i guardi l'occhio, a i passi il piede;
42.3si reca in atti vari, in guardie nove:
42.4or gira intorno, or cresce inanzi, or cede,
42.5or qui ferire accenna e poscia altrove,
42.6dove non minacciò ferir si vede,
42.7or di sé discoprir alcuna parte
42.8e tentar di schernir l'arte con l'arte.
43.1De la spada Tancredi e de lo scudo
43.2mal guardato al pagan dimostra il fianco;
43.3corre egli per ferirlo, e intanto nudo
43.4di riparo si lascia il lato manco.
43.5Tancredi con un colpo il ferro crudo
43.6del nemico ribatte, e lui fère anco;
43.7né poi, ciò fatto, in ritirarsi tarda,
43.8ma si raccoglie e si ristringe in guarda.
44.1Il fero Argante, che se stesso mira
44.2del proprio sangue suo macchiato e molle,
44.3con insolito orror freme e sospira,
44.4di cruccio e di dolor turbato e folle;
44.5e portato da l'impeto e da l'ira,
44.6con la voce la spada insieme estolle,
44.7e torna per ferire, ed è di punta
44.8piagato ov'è la spalla al braccio giunta.
45.1Qual ne l'alpestri selve orsa, che senta
45.2duro spiedo nel fianco, in rabbia monta,
45.3e contra l'arme se medesma aventa
45.4e i perigli e la morte audace affronta,
45.5tale il circasso indomito diventa:
45.6giunta or piaga a la piaga, ed onta a l'onta,
45.7e la vendetta far tanto desia
45.8che sprezza i rischi e le difese oblia.
46.1E congiungendo a temerario ardire
46.2estrema forza e infaticabil lena,
46.3vien che sì impetuoso il ferro gire
46.4che ne trema la terra e 'l ciel balena:
46.5né tempo ha l'altro ond'un sol colpo tire,
46.6onde si copra, onde respiri a pena,
46.7né schermo v'è ch'assecurar il possa
46.8da la fretta d'Argante e da la possa.
47.1Tancredi, in sé raccolto, attende in vano
47.2che de' gran colpi la tempesta passi.
47.3Or v'oppon le difese, ed or lontano
47.4se'n va co' giri e co' veloci passi;
47.5ma poi che non s'allenta il fer pagano,
47.6è forza al fin che trasportar si lassi,
47.7e cruccioso egli ancor con quanta pote
47.8violenza maggior la spada rote.
48.1Vinta da l'ira è la ragione e l'arte,
48.2e le forze il furor ministra e cresce.
48.3Sempre che scende, il ferro o fora o parte
48.4o piastra o maglia, e colpo in van non esce.
48.5Sparsa è d'arme la terra, e l'arme sparte
48.6di sangue, e 'l sangue co 'l sudor si mesce.
48.7Lampo nel fiammeggiar, nel romor tuono,
48.8fulmini nel ferir le spade sono.
49.1Questo popolo e quello incerto pende
49.2da sì novo spettacolo ed atroce,
49.3e fra tema e speranza il fin n'attende,
49.4mirando or ciò che giova, or ciò che noce;
49.5e non si vede pur, né pur s'intende
49.6picciol cenno fra tanti o bassa voce,
49.7ma se ne sta ciascun tacito e immoto,
49.8se non se in quanto ha il cor tremante in moto.
50.1Già lassi erano entrambi, e giunti forse
50.2sarian pugnando ad immaturo fine,
50.3ma sì oscura la notte intanto sorse
50.4che nascondea le cose anco vicine.
50.5Quinci un araldo e quindi un altro accorse
50.6per dipartirli, e li partiro al fine.
50.7L'uno è il franco Arideo, Pindoro è l'altro,
50.8che portò la disfida, uom saggio e scaltro.
51.1I pacifici scettri osàr costoro
51.2fra le spade interpor de' combattenti,
51.3con quella securtà che porgea loro
51.4l'antichissima legge de le genti.
51.5– Sète, o guerrieri, – incominciò Pindoro –
51.6con pari onor, di pari ambo possenti;
51.7dunque cessi la pugna, e non sian rotte
51.8le ragioni e 'l riposo de la notte.
52.1Tempo è da travagliar mentre il sol dura,
52.2ma ne la notte ogni animale ha pace,
52.3e generoso cor non molto cura
52.4notturno pregio che s'asconde e tace. –
52.5Risponde Argante: – A me per ombra oscura
52.6la mia battaglia abbandonar non piace,
52.7ben avrei caro il testimon del giorno!
52.8Ma che giuri costui di far ritorno! –
53.1Soggiunse l'altro allora: – E tu prometti
53.2di tornar rimenando il tuo prigione,
53.3perch'altrimenti non fia mai ch'aspetti
53.4per la nostra contesa altra stagione. –
53.5Così giuraro; e poi gli araldi, eletti
53.6a presciver il tempo a la tenzone,
53.7per dare spazio a le lor piaghe onesto,
53.8stabiliro il mattin del giorno sesto.
54.1Lasciò la pugna orribile nel core
54.2de' saracini e de' fedeli impressa
54.3un'alta meraviglia ed un orrore
54.4che per lunga stagione in lor non cessa.
54.5Sol de l'ardir si parla e del valore
54.6che l'un guerriero e l'altro ha mostro in essa,
54.7ma qual si debbia di lor due preporre,
54.8vario e discordo il vulgo in sé discorre;
55.1e sta sospeso in aspettando quale
55.2avrà la fera lite avenimento,
55.3e se 'l furore a la virtù prevale
55.4o se cede l'audacia a l'ardimento.
55.5Ma più di ciascun altro a cui ne cale,
55.6la bella Erminia n'ha cura e tormento,
55.7che da i giudizi de l'incerto Marte
55.8vede pender di sé la miglior parte.
56.1Costei, che figlia fu del re Cassano
56.2che d'Antiochia già l'imperio tenne,
56.3preso il suo regno, al vincitor cristiano
56.4fra l'altre prede anch'ella in poter venne.
56.5Ma fulle in guisa allor Tancredi umano
56.6che nulla ingiuria in sua balia sostenne;
56.7ed onorata fu, ne la ruina
56.8de l'alta patria sua, come reina.
57.1L'onorò, la servì, di libertate
57.2dono le fece il cavaliero egregio,
57.3e le furo da lui tutte lasciate
57.4le gemme e gli ori e ciò ch'avea di pregio.
57.5Ella vedendo in giovanetta etate
57.6e in leggiadri sembianti animo regio,
57.7restò presa d'Amor, che mai non strinse
57.8laccio di quel più fermo onde lei cinse.
58.1Così se 'l corpo libertà riebbe,
58.2fu l'alma sempre in servitute astretta.
58.3Ben molto a lei d'abbandonar increbbe
58.4il signor caro e la prigion diletta;
58.5ma l'onestà regal, che mai non debbe
58.6da magnanima donna esser negletta,
58.7la constrinse a partirsi, e con l'antica
58.8madre ricoverarsi in terra amica.
59.1Venne a Gierusalemme, e quivi accolta
59.2fu dal tiranno del paese ebreo;
59.3ma tosto pianse in nere spoglie avolta
59.4de la sua genitrice il fato reo.
59.5Pur né 'l duol che le sia per morte tolta,
59.6né l'essiglio infelice, unqua poteo
59.7l'amoroso desio sveller dal core,
59.8né favilla ammorzar di tanto ardore.
60.1Ama ed arde la misera, e sì poco
60.2in tale stato che sperar le avanza
60.3che nudrisce nel sen l'occulto foco
60.4di memoria via più che di speranza;
60.5e quanto è chiuso in più secreto loco,
60.6tanto ha l'incendio suo maggior possanza.
60.7Tancredi al fine a risvegliar sua spene
60.8sovra Gierusalemme ad oste viene.
61.1Sbigottìr gli altri a l'apparir di tante
61.2nazioni, e sì indomite e sì fere;
61.3fe' sereno ella il torbido sembiante
61.4e lieta vagheggiò le squadre altere,
61.5e con avidi sguardi il caro amante
61.6cercando gio fra quelle armate schiere.
61.7Cercollo in van sovente ed anco spesso:
61.8– Eccolo – disse, e 'l riconobbe espresso.
62.1Nel palagio regal sublime sorge
62.2antica torre assai presso a le mura,
62.3da la cui sommità tutta si scorge
62.4l'oste cristiana, e 'l monte e la pianura.
62.5Quivi, da che il suo lume il sol ne porge
62.6in sin che poi la notte il mondo oscura,
62.7s'asside, e gli occhi verso il campo gira
62.8e co' pensieri suoi parla e sospira.
63.1Quinci vide la pugna, e 'l cor nel petto
63.2sentì tremarsi in quel punto sì forte
63.3che parea che dicesse: <
63.4è quegli là ch'in rischio è de la morte.>>
63.5Così d'angoscia piena e di sospetto
63.6mirò i successi de la dubbia sorte,
63.7e sempre che la spada il pagan mosse,
63.8sentì ne l'alma il ferro e le percosse.
64.1Ma poi ch'il vero intese, e intese ancora
64.2che dée l'aspra tenzon rinovellarsi,
64.3insolito timor così l'accora
64.4che sente il sangue suo di ghiaccio farsi.
64.5Talor secrete lagrime e talora
64.6sono occulti da lei gemiti sparsi:
64.7pallida, essangue e sbigottita in atto,
64.8lo spavento e 'l dolor v'avea ritratto.
65.1Con orribile imago il suo pensiero
65.2ad or ad or la turba e la sgomenta,
65.3e via più che la morte il sonno è fero,
65.4sì strane larve il sogno le appresenta.
65.5Parle veder l'amato cavaliero
65.6lacero e sanguinoso, e par che senta
65.7ch'egli aita le chieda; e desta intanto,
65.8si trova gli occhi e 'l sen molle di pianto.
66.1Né sol la tema di futuro danno
66.2con sollecito moto il cor le scote,
66.3ma de le piaghe ch'egli avea l'affanno
66.4è cagion che quetar l'alma non pote;
66.5e i fallaci romor, ch'intorno vanno,
66.6crescon le cose incognite e remote,
66.7sì ch'ella avisa che vicino a morte
66.8giaccia oppresso languendo il guerrier forte.
67.1E però ch'ella da la madre apprese
67.2qual più secreta sia virtù de l'erbe,
67.3e con quai carmi ne le membra offese
67.4sani ogni piaga e 'l duol si disacerbe
67.5(arte che per usanza in quel paese
67.6ne le figlie de i re par che si serbe),
67.7vorria di sua man propria a le ferute
67.8del suo caro signor recar salute.
68.1Ella l'amato medicar desia,
68.2e curar il nemico a lei conviene;
68.3pensa talor d'erba nocente e ria
68.4succo sparger in lui che l'avelene,
68.5ma schiva poi la man vergine e pia
68.6trattar l'arti maligne, e se n'astiene.
68.7Brama ella almen ch'in uso tal sia vòta
68.8di sua virtude ogn'erba ed ogni nota.
69.1Né già d'andar fra la nemica gente
69.2temenza avria, ché peregrina era ita,
69.3e viste guerre e stragi avea sovente,
69.4e scorsa dubbia e faticosa vita,
69.5sì che per l'uso la feminea mente
69.6sovra la natura è fatta ardita,
69.7e di leggier non si conturba e pave
69.8ad ogni imagin di terror men grave.
70.1Ma più ch'altra cagion, dal molle seno
70.2sgombra Amor temerario ogni paura,
70.3e crederia fra l'ugne e fra 'l veneno
70.4de l'africane belve andar secura;
70.5pur se non de la vita, avere almeno
70.6de la sua fama dée temenza e cura,
70.7e fan dubbia contesa entro al suo core
70.8duo potenti nemici, Onore e Amore.
71.1L'un così le ragiona: <
71.2che le mie leggi insino ad or serbasti,
71.3io mentre ch'eri de' nemici ancella
71.4ti conservai la mente e i membri casti;
71.5e tu libera vuoi perder la bella
71.6verginità ch'in prigionia guardasti?
71.7Ahi! nel tenero cor questi pensieri
71.8chi svegliar può? che pensi, oimè? che speri?
72.1Dunque il titolo tu d'esser pudica
72.2sì poco stimi, e d'onestate il pregio,
72.3che te n'andrai fra nazion nemica,
72.4notturna amante, a ricercar dispregio?
72.5Onde il superbo vincitor ti dica:
72.6“Perdesti il regno, e in un l'animo regio;
72.7non sei di me tu degna”, e ti conceda
72.8vulgare a gli altri e mal gradita preda.>>
73.1Da l'altra parte il consiglier fallace
73.2con tai lusinghe al suo piacer l'alletta:
73.3<
73.4né d'aspro e freddo scoglio, o giovanetta,
73.5ch'abbia a sprezzar d'Amor l'arco e la face
73.6ed a fuggir ognor quel che diletta,
73.7né petto hai tu di ferro o di diamante
73.8che vergogna ti sia l'esser amante.
74.1Deh! vanne omai dove il desio t'invoglia.
74.2Ma qual ti fingi vincitor crudele?
74.3Non sia com'egli al tuo doler si doglia,
74.4come compianga al pianto, a le querele?
74.5Crudel sei tu, che con sì pigra voglia
74.6movi a portar salute al tuo fedele.
74.7Langue, o fera ed ingrata, il pio Tancredi,
74.8e tu de l'altrui vita a cura siedi!
75.1Sana tu pur Argante, acciò che poi
75.2il tuo liberator sia spinto a morte:
75.3così disciolti avrai gli oblighi tuoi,
75.4e sì bel premio fia ch'ei ne riporte.
75.5E' possibil però che non t'annoi
75.6quest'empio ministero or così forte
75.7che la noia non basti e l'orror solo
75.8a far che tu di qua te 'n fugga a volo?
76.1Deh! ben fòra, a l'incontra, ufficio umano,
76.2e ben n'avresti tu gioia e diletto,
76.3se la pietosa tua medica mano
76.4avicinassi al valoroso petto;
76.5ché per te fatto il tuo signor poi sano
76.6colorirebbe il suo smarrito aspetto,
76.7e le bellezze sue, che spente or sono,
76.8vagheggiaresti in lui quasi tuo dono.
77.1Parte ancor poi ne le sue lodi avresti,
77.2e ne l'opre ch'ei fèsse alte e famose,
77.3ond'egli te d'abbracciamenti onesti
77.4faria lieta, e di nozze aventurose.
77.5Poi mostra a dito ed onorata andresti
77.6fra le madri latine e fra le spose
77.7là ne la bella Italia, ov'è la sede
77.8del valor vero e de la vera fede.>>
78.1Da tai speranze lusingata (ahi stolta!)
78.2somma felicitate a sé figura;
78.3ma pur si trova in mille dubbi avolta
78.4come partir si possa indi secura,
78.5perché vegghian le guardie e sempre in volta
78.6van di fuori al palagio e su le mura,
78.7né porta alcuna, in tal rischio di guerra,
78.8senza grave cagion mai si disserra.
79.1Soleva Erminia in compagnia sovente
79.2de la guerriera far lunga dimora.
79.3Seco la vide il sol da l'occidente,
79.4seco la vide la novella aurora;
79.5e quando son del dì le luci spente,
79.6un sol letto le accolse ambe talora:
79.7e null'altro pensier che l'amoroso
79.8l'una vergine a l'altra avrebbe ascoso.
80.1Questo sol tiene Erminia a lei secreto
80.2e s'udita da lei talor si lagna,
80.3reca ad altra cagion del cor non lieto
80.4gli affetti, e par che di sua sorte piagna.
80.5Or in tanta amistà senza divieto
80.6venir sempre ne pote a la compagna,
80.7né stanza al giunger suo giamai si serra,
80.8siavi Clorinda, o sia in consiglio o 'n guerra.
81.1Vennevi un giorno ch'ella in altra parte
81.2si ritrovava, e si fermò pensosa,
81.3pur tra sé rivolgendo i modi e l'arte
81.4de la bramata sua presenza ascosa.
81.5Mentre in vari pensier divide e parte
81.6l'incerto animo suo che non ha posa,
81.7sospese di Clorinda in alto mira
81.8l'arme e le sopraveste: allor sospira.
82.1E tra sé dice sospirando: <
82.2beata è la fortissima donzella!
82.3quant'io la invidio! e non l'invidio il vanto
82.4o 'l feminil onor de l'esser bella.
82.5A lei non tarda i passi il lungo manto,
82.6né 'l suo valor rinchiude invida cella,
82.7ma veste l'armi, e se d'uscirne agogna,
82.8vassene e non la tien tema o vergogna.
83.1Ah perché forti a me natura e 'l cielo
83.2altrettanto non fèr le membra e 'l petto,
83.3onde potessi anch'io la gonna e 'l velo
83.4cangiar ne la corazza e ne l'elmetto?
83.5Ché sì non riterrebbe arsura o gelo,
83.6non turbo o pioggia il mio infiammato affetto,
83.7ch'al sol non fossi ed al notturno lampo,
83.8accompagnata o sola, armata in campo.
84.1Già non avresti, o dispietato Argante,
84.2co 'l mio signor pugnato tu primiero,
84.3ch'io sarei corsa ad incontrarlo inante;
84.4e forse or fòra qui mio prigioniero
84.5e sosterria da la nemica amante
84.6giogo di servitù dolce e leggiero,
84.7e già per li suoi nodi i' sentirei
84.8fatti soavi e alleggeriti i miei.
85.1O vero a me da la sua destra il fianco
85.2sendo percosso, e riaperto il core,
85.3pur risanata in cotal guisa almanco
85.4colpo di ferro avria piaga d'Amore;
85.5ed or la mente in pace e 'l corpo stanco
85.6riposariansi, e forse il vincitore
85.7degnato avrebbe il mio cenere e l'ossa
85.8d'alcun onor di lagrime e di fossa.
86.1Ma lassa! i' bramo non possibil cosa,
86.2e tra folli pensier in van m'avolgo;
86.3io mi starò qui timida e dogliosa
86.4com'una pur del vil femineo volgo.
86.5Ah! non starò: cor mio, confida ed osa.
86.6Perch'una volta anch'io l'arme non tolgo?
86.7perché per breve spazio non portolle
86.8sostener, benché sia debile e molle?
87.1Sì potrò, sì, ché mi farà possente
87.2a tolerarne il peso Amor tiranno,
87.3da cui spronati ancor s'arman sovente
87.4d'ardire i cervi imbelli e guerra fanno.
87.5Io guerreggiar non già, vuo' solamente
87.6far con quest'armi un ingegnoso inganno:
87.7finger mi vuo' Clorinda; e ricoperta
87.8sotto l'imagin sua, d'uscir son certa.
88.1Non ardirieno a lei far i custodi
88.2de l'alte porte resistenza alcuna.
88.3Io pur ripenso, e non veggio altri modi:
88.4aperta è, credo, questa via sol una.
88.5Or favorisca l'innocenti frodi
88.6Amor che le m'inspira e la Fortuna.
88.7E ben al mio partir commoda è l'ora,
88.8mentre co 'l re Clorinda anco dimora.>>
89.1Così risolve; e stimolata e punta
89.2da le furie d'Amor, più non aspetta,
89.3ma da quella a la sua stanza congiunta
89.4l'arme involate di portar s'affretta.
89.5E far lo può, ché quando ivi fu giunta,
89.6diè loco ogn'altro, e si restò soletta;
89.7e la notte i suoi furti ancor copria,
89.8ch'a i ladri amica ed a gli amanti uscia.
90.1Essa veggendo il ciel d'alcuna stella
90.2già sparso intorno divenir più nero,
90.3senza fraporvi alcuno indugio appella
90.4secretamente un suo fedel scudiero
90.5ed una sua leal diletta ancella,
90.6e parte scopre lor del suo pensiero.
90.7Scopre il disegno de la fuga, e finge
90.8ch'altra cagion a dipartir l'astringe.
91.1Lo scudiero fedel sùbito appresta
91.2ciò ch'al lor uopo necessario crede.
91.3Erminia intanto la pomposa vesta
91.4si spoglia, che le scende insino al piede,
91.5e in ischietto vestir leggiadra resta
91.6e snella sì ch'ogni credenza eccede;
91.7né, trattane colei ch'a la partita
91.8scelta s'avea, compagna altra l'aita.
92.1Co 'l durissimo acciar preme ed offende
92.2il delicato collo e l'aurea chioma,
92.3e la tenera man lo scudo prende,
92.4pur troppo grave e insopportabil soma.
92.5Così tutta di ferro intorno splende,
92.6e in atto militar se stessa doma.
92.7Gode Amor ch'è presente, e tra sé ride,
92.8come allor già ch'avolse in gonna Alcide.
93.1Oh! con quanta fatica ella sostiene
93.2l'inegual peso e move lenti i passi,
93.3ed a la fida compagnia s'attiene
93.4che per appoggio andar dinanzi fassi.
93.5Ma rinforzan gli spirti Amore e spene
93.6e ministran vigore a i membri lassi,
93.7sì che giungono al loco ove le aspetta
93.8lo scudiero, e in arcion sagliono in fretta.
94.1Travestiti ne vanno, e la più ascosa
94.2e più riposta via prendono ad arte,
94.3pur s'avengono in molti e l'aria ombrosa
94.4veggon lucer di ferro in ogni parte
94.5ma impedir lor viaggio alcun non osa,
94.6e cedendo il sentier ne va in disparte,
94.7ché quel candido ammanto e la temuta
94.8insegna anco ne l'ombra è conosciuta.
95.1Erminia, benché quinci alquanto sceme
95.2del dubbio suo, non va però secura,
95.3ché d'essere scoperta a la fin teme
95.4e del suo troppo ardir sente or paura;
95.5ma pur, giunta a la porta, il timor preme
95.6ed inganna colui che n'ha la cura.
95.7– Io son Clorinda, – disse – apri la porta,
95.8ché 'l re m'invia dove l'andare importa. –
96.1La voce feminil sembiante a quella
96.2de la guerriera agevola l'inganno
96.3(chi crederia veder armata in sella
96.4una de l'altre ch'arme oprar non sanno?),
96.5sì che 'l portier tosto ubidisce, ed ella
96.6n'esce veloce e i duo che seco vanno;
96.7e per lor securezza entro le valli
96.8calando prendon lunghi obliqui calli.
97.1Ma poi ch'Erminia in solitaria ed ima
97.2parte si vede, alquanto il corso allenta,
97.3ch'i primi rischi aver passati estima,
97.4né d'esser ritenuta omai paventa.
97.5Or pensa a quello a che pensato in prima
97.6non bene aveva; ed or le s'appresenta
97.7difficil più ch'a lei non fu mostrata
97.8dal frettoloso suo desir, l'entrata.
98.1Vede or che sotto il militar sembiante
98.2ir tra feri nemici è gran follia;
98.3né d'altra parte palesarsi, inante
98.4ch'al suo signor giungesse, altrui vorria.
98.5A lui secreta ed improvisa amante
98.6con secura onestà giunger desia;
98.7onde si ferma, e da miglior pensiero
98.8fatta più cauta parla al suo scudiero:
99.1– Essere, o mio fedele, a te conviene
99.2mio precursor, ma sii pronto e sagace.
99.3Vattene al campo, e fa' ch'alcun ti mene
99.4e t'introduca ove Tancredi giace,
99.5a cui dirai che donna a lui ne viene
99.6che gli apporta salute e chiede pace:
99.7pace, poscia ch'Amor guerra mi move,
99.8ond'ei salute, io refrigerio trove;
100.1e ch'essa ha in lui sì certa e viva fede
100.2ch'in suo poter non teme onta né scorno.
100.3Di' sol questo a lui solo; e s'altro ei chiede,
100.4di' non saperlo e affretta il tuo ritorno.
100.5Io (ché questa mi par secura sede)
100.6in questo mezzo qui farò soggiorno. –
100.7Così disse la donna, e quel leale
100.8gìa veloce così come avesse ale.
101.1E 'n guisa oprar sapea, ch'amicamente
101.2entro a i chiusi ripari era raccolto,
101.3e poi condotto al cavalier giacente,
101.4che l'ambasciata udia con lieto volto;
101.5e già lasciando ei lui, che ne la mente
101.6mille dubbi pensier avea rivolto,
101.7ne riportava a lei dolce risposta:
101.8ch'entrar potrà, quanto più lice, ascosta.
102.1Ma ella intanto impaziente, a cui
102.2troppo ogni indugio par noioso e greve,
102.3numera fra se stessa i passi altrui
102.4e pensa: <>.
102.5E già sembra, e se ne duol, colui
102.6men del solito assai spedito e leve.
102.7Spingesi al fine inanti, e 'n parte ascende
102.8onde comincia a discoprir le tende.
103.1Era la notte, e 'l suo stellato velo
103.2chiaro spiegava e senza nube alcuna,
103.3e già spargea rai luminosi e gelo
103.4di vive perle la sorgente luna.
103.5L'innamorata donna iva co 'l cielo
103.6le sue fiamme sfogando ad una ad una,
103.7e secretari del suo amore antico
103.8fea i muti campi e quel silenzio amico.
104.1Poi rimirando il campo ella dicea:
104.2– O belle a gli occhi miei tende latine!
104.3Aura spira da voi che mi ricrea
104.4e mi conforta pur che m'avicine;
104.5così a mia vita combattuta e rea
104.6qualche onesto riposo il Ciel destine,
104.7come in voi solo il cerco, e solo parmi
104.8che trovar pace io possa in mezzo a l'armi.
105.1Raccogliete me dunque, e in voi si trove
105.2quella pietà che mi promise Amore
105.3e ch'io già vidi, prigioniera altrove,
105.4nel mansueto mio dolce signore.
105.5Né già desio di racquistar mi move
105.6co 'l favor vostro il mio regale onore;
105.7quando ciò non avenga, assai felice
105.8io mi terrò, se 'n voi servir mi lice. –
106.1Così parla costei, che non prevede
106.2qual dolente fortuna a lei s'appreste.
106.3Ella era in parte ove per dritto fiede
106.4l'armi sue terse il bel raggio celeste,
106.5sì che da lunge il lampo lor si vede
106.6co 'l bel candor che le circonda e veste,
106.7e la gran tigre ne l'argento impressa
106.8fiammeggia sì ch'ognun direbbe: <>
107.1Come volle sua sorte, assai vicini
107.2molti guerrier disposti avean gli aguati;
107.3e n'eran duci due fratei latini,
107.4Alcandro e Poliferno, e fur mandati
107.5per impedir che dentro a i saracini
107.6greggie non siano e non sian buoi menati;
107.7e se 'l servo passò, fu perché torse
107.8più lunge il passo e rapido trascorse.
108.1Al giovin Poliferno, a cui fu il padre
108.2su gli occhi suoi già da Clorinda ucciso,
108.3viste le spoglie candide e leggiadre,
108.4fu di veder l'alta guerriera aviso,
108.5e contra le irritò l'occulte squadre;
108.6né frenando del cor moto improviso
108.7(com'era in suo furor sùbito e folle)
108.8gridò: – Sei morta –, e l'asta in van lanciolle.
109.1Sì come cerva ch'assetata il passo
109.2mova a cercar d'acque lucenti e vive,
109.3ove un bel fonte distillar da un sasso
109.4o vide un fiume tra frondose rive,
109.5s'incontra i cani allor che 'l corpo lasso
109.6ristorar crede a l'onde, a l'ombre estive,
109.7volge indietro fuggendo, e la paura
109.8la stanchezza obliar face e l'arsura;
110.1così costei, che de l'amor la sete,
110.2onde l'infermo core è sempre ardente,
110.3spegner ne l'accoglienze oneste e liete
110.4credeva, e riposar la stanca mente,
110.5or che contra gli vien chi glie 'l diviete,
110.6e 'l suon del ferro e le minaccie sente,
110.7se stessa e 'l suo desir primo abbandona,
110.8e 'l veloce destrier timida sprona.
111.1Fugge Erminia infelice, e 'l suo destriero
111.2con prontissimo piede il suol calpesta.
111.3Fugge ancor l'altra donna, e lor quel fero
111.4con molti armati di seguir non resta.
111.5Ecco che da le tende il buon scudiero
111.6con tarda novella arriva in questa,
111.7e l'altrui fuga ancor dubbio accompagna,
111.8e gli sparge il timor per la campagna.
112.1Ma il più saggio fratello, il quale anch'esso
112.2la non vera Clorinda avea veduto,
112.3non la volle seguir, ch'era men presso,
112.4ma ne l'insidie sue s'è ritenuto;
112.5e mandò con l'aviso al campo un messo
112.6che non armento od animal lanuto,
112.7né preda altra simìl, ma ch'è seguita
112.8dal suo german Clorinda impaurita;
113.1e ch'ei non crede già, né 'l vuol ragione,
113.2ch'ella, ch'è duce e non è sol guerriera,
113.3elegga a l'uscir suo tale stagione
113.4per opportunità che sia leggiera;
113.5ma giudichi e comandi il pio Buglione,
113.6egli farà ciò che da lui s'impera.
113.7Giunge al campo tal nova, e se ne intende
113.8il primo suon ne le latine tende.
114.1Tancredi, cui dinanzi il cor sospese
114.2quell'aviso primiero, udendo or questo,
114.3pensa: <
114.4e 'n periglio è per me>>, né pensa al resto.
114.5E parte prende sol del grave arnese,
114.6monta a cavallo e tacito esce e presto;
114.7e seguendo gli indizi e l'orme nove,
114.8rapidamente a tutto corso il move.
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