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1.1Mentre in tal guisa i cavalieri alletta
1.2ne l'amor suo l'insidiosa Armida,
1.3né solo i diece a lei promessi aspetta
1.4ma di furto menarne altri confida,
1.5volge tra sé Goffredo a cui commetta
1.6la dubbia impresa ov'ella esser dée guida,
1.7ché de gli aventurier la copia e 'l merto
1.8e 'l desir di ciascuno il fanno incerto.
2.1Ma con provido aviso al fin dispone
2.2ch'essi un di loro scelgano a sua voglia,
2.3che succeda al magnanimo Dudone
2.4e quella elezion sovra sé toglia.
2.5Così non averrà ch'ei dia cagione
2.6ad alcun d'essi che di lui si doglia,
2.7e insieme mostrerà d'aver nel pregio,
2.8in cui deve a ragion, lo stuolo egregio.
3.1A sé dunque li chiama, e lor favella:
3.2– Stata è da voi la mia sentenza udita,
3.3ch'era non di negare a la donzella,
3.4ma di darle in stagion matura aita.
3.5Di novo or lo propongo, e ben pote ella
3.6esser dal parer vostro anco seguita,
3.7ché nel mondo mutabile e leggiero
3.8costanza è spesso il variar pensiero.
4.1Ma se stimate ancor che mal convegna
4.2al vostro grado rifiutar periglio,
4.3e se pur generoso ardire sdegna
4.4quel che troppo gli par cauto consiglio,
4.5non sia ch'involontari io vi ritegna,
4.6né quel che già vi diedi or mi ripiglio;
4.7ma sia con esso voi, com'esser deve,
4.8il fren del nostro imperio lento e leve.
5.1Dunque lo starne o 'l girne i' son contento
5.2che dal vostro piacer libero penda:
5.3ben vuo' che pria facciate al duce spento
5.4successor novo, e di voi cura ei prenda,
5.5e tra voi scelga i diece a suo talento;
5.6non già di diece il numero trascenda,
5.7ch'in questo il sommo imperio a me riservo:
5.8non fia l'arbitrio suo per altro servo. –
6.1Così disse Goffredo; e 'l suo germano,
6.2consentendo ciascun, risposta diede:
6.3– Sì come a te conviensi, o capitano,
6.4questa lenta virtù che lunge vede,
6.5così il vigor del core e de la mano,
6.6quasi debito a noi, da noi si chiede.
6.7E saria la matura tarditate,
6.8ch'in altri è providenza, in noi viltate.
7.1E poi che 'l rischio è di sì leve danno
7.2posto in lance co 'l pro che 'l contrapesa,
7.3te permettente, i diece eletti andranno
7.4con la donzella a l'onorata impresa. –
7.5Così conclude, e con sì adorno inganno
7.6cerca di ricoprir la mente accesa
7.7sotto altro zelo; e gli altri anco d'onore
7.8fingon desio quel ch'è desio d'amore.
8.1Ma il più giovin Buglione, il qual rimira
8.2con geloso occhio il figlio di Sofia,
8.3la cui virtute invidiando ammira
8.4che 'n sì bel corpo più cara venia,
8.5no 'l vorrebbe compagno, e al cor gli inspira
8.6cauti pensier l'astuta gelosia,
8.7onde, tratto il rivale a sé in disparte,
8.8ragiona a lui con lusinghievol arte:
9.1– O di gran genitor maggior figliuolo,
9.2che 'l sommo pregio in arme hai giovenetto,
9.3or chi sarà del valoroso stuolo,
9.4di cui parte noi siamo, in duce eletto?
9.5Io, ch'a Duson famoso a pena, e solo
9.6per l'onor de l'età, vivea soggetto;
9.7io, fratel di Goffredo, a chi più deggio
9.8cedere omai? se tu non sei, no 'l veggio.
10.1Te, la cui nobiltà tutt'altre agguaglia,
10.2glorie e merito d'opre a me prepone,
10.3né sdegnerebbe in pregio di battaglia
10.4minor chiamarsi anco il maggior Buglione.
10.5Te dunque in duce bramo, ove non caglia
10.6a te di questa sira esser campione,
10.7né già cred'io che quell'onor tu curi
10.8che da' fatti verrà notturni e scuri;
11.1né mancherà qui loco ove s'impieghi
11.2con più lucida fama il tuo valore.
11.3Or io procurerò, se tu no 'l neghi,
11.4ch'a te concedan gli altri il sommo onore;
11.5ma perché non so ben dove si pieghi
11.6l'irresoluto mio dubbioso core,
11.7impetro or io da te, ch'a voglia mia
11.8o segua poscia Armida o teco sia. –
12.1Qui tacque Eustazio, e questi estremi accenti
12.2non proferì senza arrossarsi in viso,
12.3e i mal celati suoi pensier ardenti
12.4l'altro ben vide, e mosse ad un sorriso;
12.5ma perch'a lui colpi d'amor più lenti
12.6non hanno il petto oltra la scorza inciso,
12.7né molto impaziente è di rivale,
12.8né la donzella di seguir gli cale
13.1ben altamente ha nel pensier tenace
13.2l'acerba morte di Dudon scolpita,
13.3e si reca a disnor ch'Argante audace
13.4gli soprastia lunga stagion in vita;
13.5e parte di sentir anco gli piace
13.6quel parlar ch'al dovuto onor l'invita,
13.7e 'l giovenetto cor s'appaga e gode
13.8del dolce suon de la verace lode.
14.1Onde così rispose: – I gradi primi
14.2più meritar che conseguir desio,
14.3né, pur che me la mia virtù sublimi,
14.4di scettri altezza invidiar degg'io;
14.5ma s'a l'onor mi chiami, e che lo stimi
14.6debito a me, non ci verrò restio,
14.7e caro esser mi dée che sia dimostro
14.8sì bel segno da voi del valor nostro.
15.1Dunque io no 'l chiedo e no 'l rifiuto; e quando
15.2duce io pur sia, sarai tu de gli eletti. –
15.3Allor il lascia Eustazio, e va piegando
15.4de' suoi compagni al suo voler gli affetti;
15.5ma chiede a prova il principe Gernando
15.6quel grado, e bench'Armida in lui saetti,
15.7men può nel cor superbo amor di donna
15.8ch'avidità d'onor che se n'indonna.
16.1Sceso Gernando è da' gran re norvegi,
16.2che di molte provincie ebber l'impero;
16.3e le tante corone e' scettri regi
16.4e del padre e de gli avi il fanno altero.
16.5Altero è l'altro de' suoi propri pregi
16.6più che de l'opre che i passati fèro,
16.7ancor che gli avi suoi cento e più lustri
16.8stati sian chiari in pace e 'n guerra illustri.
17.1Ma il barbaro signor, che sol misura
17.2quanto l'oro o 'l dominio oltre si stenda,
17.3e per sé stima ogni virtute oscura
17.4cui titolo regal chiara non renda,
17.5non può soffrir che 'n ciò ch'egli procura
17.6seco di merto il cavalier contenda,
17.7e se ne cruccia sì ch'oltra ogni segno
17.8di ragione il trasporta ira e disdegno.
18.1Tal che 'l maligno spirito d'Averno,
18.2ch'in lui strada sì larga aprir si vede,
18.3tacito in sen gli serpe ed al governo
18.4de' suoi pensieri lusingando siede.
18.5E qui più sempre l'ira e l'odio interno
18.6inacerbisce, e 'l cor stimola e fiede;
18.7e fa che 'n mezzo a l'alma ognor risuona
18.8una voce ch'a lui così ragiona:
19.1<
19.2quel suo numero van d'antichi eroi?
19.3Narri costui, ch'a te vuol farsi eguale,
19.4le genti serve e i tributari suoi;
19.5mostri gli scettri, e in dignità regale
19.6paragoni i suoi morti a i vivi tuoi.
19.7Ah quanto osa un signor d'indegno stato,
19.8signor che ne la serva Italia è nato!
20.1Vinca egli o perda omai, ché vincitore
20.2fu insino allor ch'emulo tuo divenne,
20.3che dira il mondo? (e ciò fia sommo onore):
20.4“Questi già con Gernando in gara venne”.
20.5Poteva a te recar gloria e splendore
20.6il nobil grado che Dudon pria tenne;
20.7ma già non meno esso da te n'attese:
20.8costui scemò suo pregio allor che 'l chiese.
21.1E se, poi ch'altri più non parla o spira,
21.2de' nostri affari alcuna cosa sente,
21.3come credi che 'n Ciel di nobil ira
21.4il buon vecchio Dudon si mostri ardente,
21.5mentre in questo superbo i lumi gira
21.6ed al suo temerario ardir pon mente,
21.7che seco ancor, l'età sprezzando e 'l merto,
21.8fanciullo osa agguagliarsi ed inesperto?
22.1E l'osa pure e 'l tenta, e ne riporta
22.2in vece di castigo onor e laude,
22.3e v'è chi ne 'l consiglia e ne l'essorta
22.4(o vergogna comune!) e chi gli applaude.
22.5Ma se Goffredo il vede, e gli comporta
22.6che di ciò ch'a te déssi egli ti fraude,
22.7no 'l soffrir tu; né già soffrirlo déi,
22.8ma ciò che puoi dimostra e ciò che sei.>>
23.1Al suon di queste voci arde lo sdegno
23.2e cresce in lui quasi commossa face;
23.3né capendo nel cor gonfiato e pregno,
23.4per gli occhi n'esce e per la lingua audace.
23.5Ciò che di riprensibile e d'indegno
23.6crede in Rinaldo, a suo disnor non tace;
23.7superbo e vano il finge, e 'l suo valore
23.8chiama temerità pazza e furore.
24.1E quanto di magnanimo e d'altero
24.2e d'eccelso e d'illustre in lui risplende,
24.3tutto adombrando con mal arti il vero,
24.4pur come vizio sia, biasma e riprende,
24.5e ne ragiona sì che 'l cavaliero,
24.6emulo suo, publico il suon n'intende;
24.7non però sfoga l'ira o si raffrena
24.8quel cieco impeto in lui ch'a morte il mena,
25.1ché 'l reo demon che la sua lingua move
25.2di spirto invece, e forma ogni suo detto,
25.3fa che gl'ingiusti oltraggi ognor rinove,
25.4esca aggiungendo a l'infiammato petto.
25.5Loco è nel campo assai capace, dove
25.6s'aduna sempre un bel drappello eletto,
25.7e quivi insieme in torneamenti e in lotte
25.8rendon le membra vigorose e dotte.
26.1Or quivi, allor che v'è turba più folta,
26.2pur, com'è suo destin, Rinaldo accusa,
26.3e quasi acuto strale in lui rivolta
26.4la lingua, del venen d'Averno infusa;
26.5e vicino è Rinaldo e i detti ascolta,
26.6né pote l'ira omai tener più chiusa,
26.7ma grida: – Menti –, e adosso a lui si spinge,
26.8e nudo ne la destra il ferro stringe.
27.1Parve un tuono la voce, e 'l ferro un lampo
27.2che di folgor cadente annunzio apporte.
27.3Tremò colui, né vide o fuga o scampo
27.4da la presente irreparabil morte;
27.5pur, tutto essendo testimonio il campo,
27.6fa sembianti d'intrepido e di forte,
27.7e 'l gran nemico attende, e 'l ferro tratto
27.8fermo si reca di difesa in atto.
28.1Quasi in quel punto mille spade ardenti
28.2furon vedute fiammeggiar insieme,
28.3ché varia turba di mal caute genti
28.4d'ogn'intorno v'accorre, e s'urta e preme.
28.5D'incerte voci e di confusi accenti
28.6un suon per l'aria si raggira e freme,
28.7qual s'ode in riva al mare, ove confonda
28.8il vento i suoi co' mormorii de l'onda.
29.1Ma per le voci altrui già non s'allenta
29.2ne l'offeso guerrier l'impeto e l'ira.
29.3Sprezza i gridi e i ripari e ciò che tenta
29.4chiudergli il varco, ed a vendetta aspira;
29.5e fra gli uomini e l'armi oltre s'aventa,
29.6e la fulminea spada in cerchio gira,
29.7sì che le vie si sgombra e solo, ad onta
29.8di mille difensor, Gernando affronta.
30.1E con la man, ne l'ira anco maestra,
30.2mille colpi vèr lui drizza e comparte:
30.3or al petto, or al capo, or a la destra
30.4tenta ferirlo, or a la manca parte,
30.5e impetuosa e rapida la destra
30.6è in guisa tal che gli occhi inganna e l'arte,
30.7tal ch'improvisa e inaspettata giunge
30.8ove manco si teme, e fère e punge.
31.1Né cessò mai sin che nel seno immersa
31.2gli ebbe una volta e due la fera spada.
31.3Cade il meschin su la ferita, e versa
31.4gli spirti e l'alma fuor per doppia strada.
31.5L'arme ripone ancor di sangue aspersa
31.6il vincitor, né sovra lui più bada;
31.7ma si rivolge altrove, e insieme spoglia
31.8l'animo crudo e l'adirata voglia.
32.1Tratto al tumulto il pio Goffredo intanto,
32.2vede fero spettacolo improviso:
32.3steso Gernando, il crin di sangue e 'l manto
32.4sordido e molle, e pien di morte il viso,
32.5ode i sospiri e le querele e 'l pianto
32.6che molti fan sovra il guerrier ucciso.
32.7Stupido chiede: – Or qui, dove men lece,
32.8chi fu ch'ardì cotanto e tanto fece? –
33.1Arnalto, un de' più cari al prence estinto,
33.2narra (e 'l caso in narrando aggrava molto)
33.3che Rinaldo l'uccise e che fu spinto
33.4da leggiera cagion d'impeto stolto,
33.5e che quel ferro, che per Cristo è cinto,
33.6ne' campioni di Cristo avea rivolto,
33.7e sprezzato il suo impero e quel divieto
33.8che fe' pur dianzi e che non è secreto;
34.1e che per legge è reo di morte e deve,
34.2come l'editto impone, esser punito,
34.3sì perché il fallo in se medesmo è grave,
34.4sì perché in loco tale gli è seguito;
34.5e che se d'error suo perdon riceve,
34.6fia ciascun altro per l'essempio ardito,
34.7e che gli offesi poi quella vendetta
34.8vorranno far ch'a i giudici s'aspetta;
35.1onde per tal cagion discordie e risse
35.2germoglieran fra quella parte e questa.
35.3Rammentò i merti dell'estinto, e disse
35.4tutto ciò ch'o pietate o sdegno desta.
35.5Ma s'oppose Tancredi e contradisse,
35.6e la causa del reo dipinse onesta.
35.7Goffredo ascolta, e in rigida sembianza
35.8porge più di timor che di speranza.
36.1Soggiunse allor Tancredi. – Or ti sovegna,
36.2saggio signor, chi sia Rinaldo e quale:
36.3qual per se stesso onor gli si convegna,
36.4e per la stirpe sua chiara e regale,
36.5e per Guelfo suo zio. Non dée chi regna
36.6nel castigo con tutti esser eguale:
36.7vario è l'istesso error ne' gradi vari,
36.8e sol l'egualità giusta è co' pari. –
37.1Risponde il capitan: – Da i più sublimi
37.2ad ubidire imparino i più bassi.
37.3Mal, Tancredi, consigli e male stimi
37.4se vuoi ch'i grandi in sua licenza io lassi.
37.5Qual fòra imperio il mio s'a vili ed imi,
37.6sol duce de la plebe, io commandassi?
37.7Scettro impotente e vergognoso impero:
37.8se con tal legge è dato, io più no 'l chero.
38.1Ma libero fu dato e venerando,
38.2né vuo' ch'alcun d'autorità lo scemi.
38.3E so ben io come si deggia e quando
38.4ora diverse impor le pene e i premi,
38.5ora, tenor d'egualità serbando,
38.6non separar da gli infimi i supremi. –
38.7Così dicea; né rispondea colui,
38.8vinto da riverenza, a i detti sui.
39.1Raimondo, imitator de la severa
39.2rigida antichità, lodava i detti.
39.3– Con quest'arti – dicea – chi bene impera
39.4si rende venerabile a i soggetti,
39.5ché già non è disciplina intera
39.6ov'uom perdono e non castigo aspetti.
39.7Cade ogni regno, e ruinosa è senza
39.8la base del timor ogni clemenza. –
40.1Tal ei parlava, e le parole accolse
40.2Tancredi, e più fra lor non si ritenne,
40.3ma vèr Rinaldo immantinente volse
40.4un suo destrier che parve aver le penne.
40.5Rinaldo, poi ch'al fer nemico tolse
40.6l'orgoglio e l'alma, al padiglion se 'n venne.
40.7Qui Tancredi trovollo, e de le cose
40.8dette e risposte a pien la somma espose.
41.1Soggiunse poi: – Bench'io sembianza esterna
41.2del cor non stimi testimon verace,
41.3ché 'n parte troppo cupa e troppo interna
41.4il pensier de' mortali occulto giace,
41.5pur ardisco affermar, a quel ch'io scerna
41.6nel capitan ch'in tutto anco no 'l tace,
41.7ch'egli ti voglia a l'obligo soggetto
41.8de' rei comune e in suo poter ristretto. –
42.1Sorrise allor Rinaldo, e con un volto
42.2in cui tra 'l riso lampeggiò lo sdegno:
42.3– Difenda sua ragion ne' ceppi involto
42.4chi servo è – disse – o d'esser servo è degno.
42.5Libero i' nacqui e vissi, e morrò sciolto
42.6pria che man porga o piede a laccio indegno:
42.7usa a la spada è questa destra ed usa
42.8a le palme, e vil nodo ella ricusa.
43.1Ma s'a i meriti miei questa mercede
43.2Goffredo rende e vuol impregionarme
43.3pur com'io fosse un uom del vulgo, e crede
43.4a carcere plebeo legato trarme,
43.5venga egli o mandi, io terrò fermo il piede.
43.6Giudici fian tra noi la sorte e l'arme:
43.7fera tragedia vuol che s'appresenti
43.8per lor diporto a le nemiche genti. –
44.1Ciò detto, l'armi chiede; e 'l capo e 'l busto
44.2di finissimo acciaio adorno rende
44.3e fa del grande scudo il braccio onusto,
44.4e la fatale spada al fianco appende,
44.5e in sembiante magnanimo ed augusto,
44.6come folgore suol, ne l'arme splende.
44.7Marte, e' rassembra te qualor dal quinto
44.8cielo di ferro scendi e d'orror cinto.
45.1Tancredi intanto i feri spirti e 'l core
45.2insuperbito d'ammollir procura.
45.3– Giovene invitto, – dice – al tuo valore
45.4so che fia piana ogn'erta impresa e dura,
45.5so che fra l'arme sempre e fra 'l terrore
45.6la tua eccelsa virtute è più secura;
45.7ma non consenta Dio ch'ella si mostri
45.8oggi sì crudelmente a' danni nostri.
46.1Dimmi, che pensi far? vorrai le mani
46.2del civil sangue tuo dunque bruttarte?
46.3e con le piaghe indegne de' cristiani
46.4trafigger Cristo, ond'ei son membra e parte?
46.5Di transitorio onor rispetti vani,
46.6che qual onda del mar se 'n viene e parte,
46.7potranno in te più che la fede e 'l zelo
46.8di quella gloria che n'eterna in Cielo?
47.1Ah non, per Dio!, vinci te stesso e spoglia
47.2questa feroce tua mente superba.
47.3Cedi! non fia timor, ma santa voglia,
47.4ch'a questo ceder tuo palma si serba.
47.5E se pur degna ond'altri essempio toglia
47.6è la mia giovenetta etate acerba,
47.7anch'io fui provocato, e pur non venni
47.8co' fedeli in contesa e mi contenni;
48.1ch'avend'io preso di Cilicia il regno,
48.2e l'insegne spiegatevi di Cristo,
48.3Baldovin sopragiunse, e con indegno
48.4modo occupollo e ne fe' vile acquisto;
48.5ché, mostrandosi amico ad ogni segno,
48.6del suo avaro pensier non m'era avisto.
48.7Ma con l'arme però di ricovrarlo
48.8non tentai poscia, e forse i' potea farlo.
49.1E se pur anco la prigion ricusi
49.2e i lacci schivi, quasi ignobil pondo,
49.3e seguir vuoi l'opinioni e gli usi
49.4che per leggi d'onore approva il mondo,
49.5lascia qui me ch'al capitan ti scusi,
49.6e 'n Antiochia tu vanne a Boemondo,
49.7ché né sopporti in questo impeto primo
49.8a' suoi giudizi assai securo stimo.
50.1Ben tosto fia, se pur qui contra avremo
50.2l'arme d'Egitto o d'altro stuol pagano,
50.3ch'assai più chiaro il tuo valore estremo
50.4n'apparirà mentre sarai lontano;
50.5e senza te parranne il campo scemo,
50.6quasi corpo cui tronco è braccio o mano. –
50.7Qui Guelfo sopragiunge e i detti approva,
50.8e vuol che senza indugio indi si mova.
51.1A i lor consigli la sdegnosa mente
51.2de l'audace garzon si volge e piega,
51.3tal ch'egli di partirsi immantinente
51.4fuor di quell'oste a i fidi suoi non nega.
51.5Molta intanto è concorsa amica gente,
51.6e seco andarne ognun procura e prega;
51.7egli tutti ringrazia e seco prende
51.8sol duo scudieri, e su 'l cavallo ascende.
52.1Parte, e porta un desio d'eterna ed alma
52.2gloria ch'a nobile core è sferza e sprone;
52.3a magnanime imprese intent'ha l'alma
52.4ed insolite cose oprar dispone:
52.5gir fra i nemici, ivi o cipresso o palma
52.6acquistar per la fede ond'è campione,
52.7scorrer l'Egitto, e penetrar sin dove
52.8fuor d'incognito fonte il Nilo move.
53.1Ma Guelfo, poi che 'l giovene feroce
53.2affrettato al partir preso ha congedo,
53.3quivi non bada, e se ne va veloce
53.4ove egli stima ritrovar Goffredo,
53.5il qual, come lui vede, alza la voce:
53.6– Guelfo, – dicendo – a punto or te richiedo,
53.7e mandato ho pur ora in varie parti
53.8alcun de' nostri araldi a ricercarti. –
54.1Poi fa ritrarre ogn'altro, e in basse note
54.2ricomincia con lui grave sermone:
54.3– Veracemente, o Guelfo, il tuo nepote
54.4troppo trascorre, ov'ira il cor gli sprone,
54.5e male addursi a mia credenza or pote
54.6di questo fatto suo giusta cagione.
54.7Ben caro avrò ch'ella ci rechi tale,
54.8ma Goffredo con tutti è duce uguale;
55.1e sarà del legitimo e del dritto
55.2custode in ogni caso e difensore,
55.3serbando sempre al giudicare invitto
55.4da le tiranne passioni il core.
55.5Or se Rinaldo a violar l'editto
55.6e de la disciplina il sacro onore
55.7costretto fu, come alcun dice, a i nostri
55.8giudizi venga ad inchinarsi, e 'l mostri.
56.1A sua retenzion libero vegna:
56.2questo, ch'io posso, a i merti suoi consento.
56.3Ma s'egli sta ritroso e se ne sdegna
56.4(conosco quel suo indomito ardimento),
56.5tu di condurlo a proveder t'ingegna
56.6ch'ei non isforzi uom mansueto e lento
56.7ad esser de le leggi e de l'impero
56.8vendicator, quanto è ragion, severo. –
57.1Così disse egli; e Guelfo a lui rispose:
57.2– Anima non potea d'infamia schiva
57.3voci sentir di scorno ingiuriose,
57.4e non farne repulsa ove l'udiva.
57.5E se l'oltraggiatore a morte ei pose,
57.6chi è che meta a giust'ira prescriva?
57.7chi conta i colpi o la dovuta offesa,
57.8mentre arde la tenzon, misura e pesa?
58.1Ma quel che chiedi tu, ch'al tuo soprano
58.2arbitrio il garzon venga a sottoporse,
58.3duolmi ch'esser non può, ch'egli lontano
58.4da l'oste immantinente il passo torse.
58.5Ben m'offro io di provar con questa mano
58.6a lui ch'a torto in falsa accusa il morse,
58.7o s'altri v'è di sì maligno dente,
58.8ch'ei punì l'onta ingiusta giustamente.
59.1A ragion, dico, al tumido Gernando
59.2fiaccò le corna del superbo orgoglio.
59.3Sol, s'egli errò, fu ne l'oblio del bando;
59.4ciò ben mi pesa, ed a lodar no 'l toglio. –
59.5Tacque, e disse Goffredo: – Or vada errando,
59.6e porti risse altrove; io qui non voglio
59.7che sparga seme tu di nove liti:
59.8deh, per Dio, sian gli sdegni anco forniti. –
60.1Di procurare il suo soccorso intanto
60.2non cessò mai l'ingannatrice rea.
60.3Pregava il giorno, e ponea in uso quanto
60.4l'arte e l'ingegno e la beltà potea;
60.5ma poi, quando stendendo il fosco manto
60.6la notte in occidente il dì chiudea,
60.7tra duo suoi cavalieri e due matrone
60.8ricovrava in disparte al padiglione.
61.1Ma benché sia mastra d'inganni, e i suoi
61.2modi gentili e le maniere accorte,
61.3e bella sì che 'l ciel prima né poi
61.4altrui non diè maggior bellezza in sorte,
61.5tal che del campo i più famosi eroi
61.6ha presi d'un piacer tenace e forte;
61.7non è però ch'a l'esca de' diletti
61.8il pio Goffredo lusingando alletti.
62.1In van cerca invaghirlo, e con mortali
62.2dolcezze attrarlo a l'amorosa vita,
62.3ché qual saturo augel, che non si cali
62.4ove il cibo mostrando altri l'invita,
62.5tal ei sazio del mondo i piacer frali
62.6sprezza, e se 'n poggia al Ciel per via romita,
62.7e quante insidie al suo bel volo tende
62.8l'infido amor, tutte fallaci rende.
63.1Né impedimento alcun torcer da l'orme
63.2pote, che Dio ne segna, i pensier santi.
63.3Tentò ella mill'arti, e in mille forme
63.4quasi Proteo novel gli apparse inanti,
63.5e desto Amor, dove più freddo ei dorme,
63.6avrian gli atti dolcissimi e i sembianti,
63.7ma qui (grazie divine) ogni sua prova
63.8vana riesce, e ritentar non giova.
64.1La bella donna, ch'ogni cor più casto
64.2arder credeva ad un girar di ciglia,
64.3oh come perde or l'alterezza e 'l fasto!
64.4e quale ha di ciò sdegno e meraviglia!
64.5Rivolger le sue forze ove contrasto
64.6men duro trovi al fin si riconsiglia,
64.7qual capitan ch'inespugnabil terra
64.8stanco abbandoni, e porti altrove guerra.
65.1Ma contra l'arme di costei non meno
65.2si mostrò di Tancredi invitto il core,
65.3però ch'altro desio gli sgombra il seno,
65.4né vi può loco aver novello ardore;
65.5ché sì come da l'un l'altro veneno
65.6guardar ne suol, tal l'un da l'altro amore.
65.7Questi soli non vinse: o molto o poco
65.8avampò ciascun altro al suo bel foco.
66.1Ella, se ben si duol che non succeda
66.2sì pienamente il suo disegno e l'arte,
66.3pur fatto avendo così nobil preda
66.4di tanti eroi, si riconsola in parte.
66.5E pria che di sue frodi altri s'aveda,
66.6pensa condurgli in più secura parte,
66.7ove gli stringa poi d'altre catene
66.8che non son quelle ond'or presi li tiene.
67.1E sendo giunto il termine che fisse
67.2il capitano a darle alcuno soccorso,
67.3a lui se 'n venne riverente e disse:
67.4– Sire, il dì stabilito è già trascorso,
67.5e se per sorte il reo tiranno udisse
67.6ch'i' abbia fatto a l'arme tue ricorso,
67.7prepareria sue forze a la difesa,
67.8né così agevol poi fòra l'impresa.
68.1Dunque, prima ch'a lui tal nova apporti
68.2voce incerta di fama o certa spia,
68.3scelga la tua pietà fra i tuoi più forti
68.4alcuni pochi, e meco or or gli invia,
68.5ché se non mira il Ciel con occhi torti
68.6l'opre mortali o l'innocenza oblia,
68.7sarò riposta in regno, e la mia terra
68.8sempre avrai tributaria in pace e in guerra. –
69.1Così diceva, e 'l capitano a i detti
69.2quel che negar non si potea concede,
69.3se ben, ov'ella il suo partir affretti,
69.4in sé tornar l'elezion ne vede;
69.5ma nel numero ognun de' diece eletti
69.6con insolita instanza esser richiede,
69.7e l'emulazion che 'n lor si desta
69.8più importuni li fa ne la richiesta.
70.1Ella, che 'n essi mira aperto il core,
70.2prende vedendo ciò novo argomento,
70.3e su 'l lor fianco adopra il rio timore
70.4di gelosia per ferza e per tormento;
70.5sapendo ben ch'al fin s'invecchia Amore
70.6senza quest'arti e divien pigro e lento,
70.7quasi destrier che men veloce corra
70.8se non ha chi lui segua e chi 'l precorra.
71.1E in tal modo comparte i detti sui
71.2e 'l guardo lusinghiero e 'l dolce riso,
71.3ch'alcun non è che non invidii altrui,
71.4né il timor de la speme è in lor diviso.
71.5La folle turba de gli amanti, a cui
71.6stimolo è l'arte d'un fallace viso,
71.7senza fren corre, e non li tien vergogna,
71.8e loro indarno il capitan rampogna.
72.1Ei ch'egualmente satisfar desira
72.2ciascuna de le parti e in nulla pende,
72.3se ben alquanto or di vergogna or d'ira
72.4al vaneggiar de' cavalier s'accende,
72.5poi ch'ostinati in quel desio li mira,
72.6novo consiglio in accordarli prende:
72.7– Scrivansi i vostri nomi ed in un vaso
72.8pongansi, – disse – e sia giudice il caso. –
73.1Subito il nome di ciascun si scrisse,
73.2e in picciol' urna posti e scossi foro,
73.3e tratti a sorte; e 'l primo che n'uscisse
73.4fu il conte di Pembrozia Artemidoro.
73.5Legger poi di Gherardo il nome udisse,
73.6ed uscì Vincilao dopo costoro:
73.7Vincilao che, sì grave e saggio inante,
73.8canuto or pargoleggia e vecchio amante.
74.1Oh come il volto han lieto, e gli occhi pregni
74.2di quel piacer che dal cor pieno inonda,
74.3questi tre primi eletti, i cui disegni
74.4la fortuna in amor destra seconda!
74.5D'incerto cor, di gelosia dan segni
74.6gli altri il cui nome avien che l'urna asconda,
74.7e da la bocca pendon di colui
74.8che spiega i brevi e legge i nomi altrui.
75.1Guasco quarto fuor venne, a cui successe
75.2Ridolfo ed a Ridolfo indi Olderico,
75.3quinci Guglielmo Ronciglion si lesse,
75.4e 'l bavaro Eberardo, e 'l franco Enrico.
75.5Rambaldo ultimo fu, che farsi elesse
75.6poi, fé cangiando, di Giesù nemico
75.7(tanto pote Amor dunque?); e questi chiuse
75.8il numero de' diece, e gli altri escluse.
76.1D'ira, di gelosia, d'invidia ardenti,
76.2chiaman gli altri Fortuna ingiusta e ria,
76.3a te accusano, Amor, che le consenti
76.4che ne l'imperio tuo giudice sia.
76.5Ma perché instinto è de l'umane genti
76.6che ciò che più si vieta uom più desia,
76.7dispongon molti ad onta di fortuna
76.8seguir la donna come il ciel s'imbruna.
77.1Voglion sempre seguirla a l'ombra al sole,
77.2e per lei combattendo espor la vita.
77.3Ella fanne alcun motto, e con parole
77.4tronche e dolci sospir a ciò gli invita,
77.5ed or con questo ed or con quel si duole
77.6che far convienle senza lui partita.
77.7S'erano armati intanto, e da Goffredo
77.8toglieano i diece cavalier congedo.
78.1Gli ammonisce quel saggio a parte a parte
78.2come la fé pagana è incerta e leve,
78.3e mal securo pegno; e con qual arte
78.4l'insidie e i casi aversi uom fuggir deve;
78.5ma son le sue parole al vento sparte,
78.6né consiglio d'uom sano Amor riceve.
78.7Lor dà commiato al fine, e la donzella
78.8non aspetta al partir l'alba novella.
79.1Parte la vincitrice, e quei rivali
79.2quasi prigioni al suo trionfo inanti
79.3seco n'adduce, e tra infiniti mali
79.4lascia la turba poi de gli altri amanti.
79.5Ma come uscì la notte, e sotto l'ali
79.6menò il silenzio e i levi sogni erranti,
79.7secretamente, com'Amor gl'informa,
79.8molti d'Armida seguitaron l'orma.
80.1Segue Eustazio il primiero, e pote a pena
80.2aspettar l'ombre che la notte adduce;
80.3vassene frettoloso ove ne 'l mena
80.4per le tenebre cieche un cieco duce.
80.5Errò la notte tepida e serena;
80.6ma poi ne l'apparir de l'alma luce
80.7gli apparse insieme Armida e 'l suo drapello,
80.8dove un borgo lor fu notturno ostello.
81.1Ratto ei vèr lei si move, ed a l'insegna
81.2tosto Rambaldo il riconosce, e grida
81.3che ricerchi fra lor e perché vegna.
81.4– Vengo – risponde – a seguitarne Armida,
81.5ned ella avrà da me, se non la sdegna,
81.6men pronta aita o servitù men fida. –
81.7Replica l'altro: – Ed a cotanto onore,
81.8di', chi t'elesse? – Egli soggiunse. – Amore.
82.1Me scelse Amor, te la Fortuna: or quale
82.2da più giusto elettore eletto parti? –
82.3Dice Rambaldo allor: – Nulla ti vale
82.4titolo falso, ed usi inutil arti;
82.5né potrai de la vergine regale
82.6fra i campioni legitimi meschiarti,
82.7illegitimo servo. – E chi – riprende
82.8cruccioso il giovenetto – a me il contende?
83.1– Io te 'l difenderò – colui rispose,
83.2e feglisi a l'incontro in questo dire,
83.3e con voglie egualmente in lui sdegnose
83.4l'altro si mosse e con uguale ardire;
83.5ma qui stese la mano, e si frapose
83.6la tiranna de l'alme in mezzo a l'ire,
83.7ed a l'uno dicea: – Deh! non t'incresca
83.8ch'a te compagno, a me campion s'accresca.
84.1S'ami che salva i' sia, perché mi privi
84.2in sì grand'uopo de la nova aita? –
84.3Dice a l'altro: – Opportuno e grato arrivi
84.4difensor di mia fama e di mia vita;
84.5né vuol ragion, né sarà mai ch'io schivi
84.6compagnia nobil tanto e sì gradita. –
84.7Così parlando, ad or ad or tra via
84.8alcun novo campion le sorvenia.
85.1Chi di là giunge e chi di qua, né l'uno
85.2sapea de l'altro, e il mira bieco e torto.
85.3Essa lieta gli accoglie, ed a ciascuno
85.4mostra del suo venir gioia e conforto.
85.5Ma già ne lo schiarir de l'aer bruno
85.6s'era del lor partir Goffredo accorto,
85.7e la mente, indovina de' lor danni,
85.8d'alcun futuro mal par che s'affanni.
86.1Mentre a ciò pur ripensa, un messo appare
86.2polveroso, anelante, in vista afflitto,
86.3in atto d'uom ch'altrui novelle amare
86.4porti, e mostri il dolore in fronte scritto.
86.5Disse costui: – Signor, tosto nel mare
86.6la grande armata apparirà d'Egitto;
86.7e l'aviso Guglielmo, il qual comanda
86.8a i liguri navigli, a te ne manda. –
87.1Soggiunse a questo poi che, da le navi
87.2sendo condotta vettovaglia al campo,
87.3i cavalli e i cameli onusti e gravi
87.4trovato aveano a mezza strada inciampo,
87.5e ch'i lor difensori uccisi o schiavi
87.6restàr pugnando, e nessun fece scampo,
87.7da i ladroni d'Arabia in una valle
87.8assaliti a la fronte ed a le spalle;
88.1e che l'insano ardire e la licenza
88.2di que' barbari erranti è omai sì grande
88.3ch'in guisa d'un diluvio intorno senza
88.4ancun contrasto si dilata e spande,
88.5onde convien ch'a porre in lor temenza
88.6alcuna squadra di guerrier si mande,
88.7ch'assecuri la via che da l'arene
88.8del mar di Palestina al campo viene.
89.1D'una in un'altra lingua in un momento
89.2ne trapassa la fama e si distende,
89.3e 'l vulgo de' soldati alto spavento
89.4ha de la fame che vicina attende.
89.5Il saggio capitan, che l'ardimento
89.6solito loro in essi or non comprende,
89.7cerca con lieto volto e con parole
89.8come li rassecuri e riconsole:
90.1– O per mille perigli e mille affanni
90.2meco passati in quelle parti e in queste,
90.3campion di Dio, ch'a ristorare i danni
90.4de la cristiana sua fede nasceste;
90.5voi, che l'arme di Persia e i greci inganni,
90.6e i monti e i mari e 'l verno e le tempeste,
90.7de la fame i disagi e de la sete
90.8superaste, voi dunque ora temete?
91.1Dunque il Signor che v'indirizza e move,
91.2già conosciuto in caso assai più rio,
91.3non v'assecura, quasi or volga altrove
91.4la man de la clemenza e 'l guardo pio?
91.5Tosto un dì fia che rimembrar vi giove
91.6gli scorsi affanni, e sciòrre i voti a Dio.
91.7Or durate magnanimi, e voi stessi
91.8serbate, prego, a i prosperi successi. –
92.1Con questi detti le smarrite menti
92.2consola e con sereno e lieto aspetto,
92.3ma preme mille cure egre e dolenti
92.4altamente riposte in mezzo al petto.
92.5Come possa nutrir sì varie genti
92.6pensa fra la penuria e tra 'l difetto,
92.7come a l'armata in mar s'opponga, e come
92.8gli Arabi predatori affreni e dome.
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