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1.1Le gloriose pompe e' fieri ludi
1.2della città che 'l freno allenta e stringe
1.3a magnanimi Toschi, e i regni crudi
1.4di quella dea che 'l terzo ciel dipinge,
1.5e i premi degni alli onorati studi,
1.6la mente audace a celebrar mi spinge,
1.7sì che i gran nomi e i fatti egregi e soli
1.8fortuna o morte o tempo non involi.
2.1O bello idio ch'al cor per gli occhi inspiri
2.2dolce disir d'amaro pensier pieno,
2.3e pasciti di pianto e di sospiri,
2.4nudrisci l'alme d'un dolce veleno,
2.5gentil fai divenir ciò che tu miri,
2.6né può star cosa vil drento al suo seno;
2.7Amor, del quale i' son sempre suggetto,
2.8porgi or la mano al mio basso intelletto.
3.1Sostien tu el fascio ch'a me tanto pesa,
3.2reggi la lingua, Amor, reggi la mano;
3.3tu principio, tu fin dell'alta impresa,
3.4tuo fia l'onor, s'io già non prego invano;
3.5di', signor, con che lacci a te presa
3.6fu l'alta mente del baron toscano
3.7più gioven figlio della etrusca Leda,
3.8che reti furno ordite a tanta preda.
4.1E tu, ben nato Laur, sotto il cui velo
4.2Fiorenza lieta in pace si riposa,
4.3né teme i venti o minacciar del celo
4.4o Giove irato in vista più crucciosa,
4.5accogli all'ombra del tuo santo stelo
4.6la voce umil, tremante e paurosa;
4.7o causa, o fin di tutte le mie voglie,
4.8che sol vivon d'odor delle tuo foglie.
5.1Deh, sarà mai che con più alte note,
5.2se non contasti al mio volar fortuna,
5.3lo spirto della membra, che devote
5.4ti fuor da' fati insin già dalla cuna,
5.5risuoni te dai Numidi a Boote,
5.6agl'Indi al mar che 'l nostro celo imbruna,
5.7e posto il nido in tuo felice ligno,
5.8di roco augel diventi un bianco cigno?
6.1Ma fin ch'all'alta impresa tremo e bramo,
6.2e son tarpati i vanni al mio disio,
6.3lo glorioso tuo fratel cantiamo,
6.4che di nuovo trofeo rende giulio
6.5il chiaro sangue e di secondo ramo:
6.6convien ch'i' sudi in questa polver io.
6.7Or muovi prima tu mie' versi, Amore,
6.8ch'ad alto volo impenni ogni vil core.
7.1E se qua su la fama el ver rimbomba
7.2che la figlia di Leda, o sacro Achille,
7.3poi che 'l corpo lasciasti intro la tomba,
7.4t'accenda ancor d'amorose faville,
7.5lascia tacere un po' tuo maggior tromba
7.6ch'i' fo squillar per l'italiche ville,
7.7e tempra tu la cetra a nuovi carmi,
7.8mentr'io canto l'amor di Iulio e l'armi.
8.1Nel vago tempo di sua verde etate,
8.2spargendo ancor pel volto il primo fiore,
8.3né avendo il bel Iulio ancor provate
8.4le dolce acerbe cure che dà Amore,
8.5viveasi lieto in pace e 'n libertate;
8.6talor frenando un gentil corridore,
8.7che gloria fu de' ciciliani armenti,
8.8con esso a correr contendea co' venti:
9.1ora a guisa saltar di leopardo,
9.2or destro fea rotarlo in breve giro;
9.3or fea ronzar per l'aere un lento dardo,
9.4dando sovente a fere agro martiro.
9.5Cotal viveasi il giovene gagliardo;
9.6né pensando al suo fato acerbo e diro,
9.7né certo ancor de' suo' futuri pianti,
9.8solea gabbarsi delli afflitti amanti.
10.1Ah quante ninfe per lui sospirorno!
10.2Ma fu sì altero sempre il giovinetto,
10.3che mai le ninfe amanti nol piegorno,
10.4mai poté riscaldarsi il freddo petto.
10.5Facea sovente pe' boschi soggiorno,
10.6inculto sempre e rigido in aspetto;
10.7e 'l volto difendea dal solar raggio,
10.8con ghirlanda di pino o verde faggio.
11.1Poi, quando già nel ciel parean le stelle,
11.2tutto gioioso a sua magion tornava;
11.3e 'n compagnia delle nove sorelle
11.4celesti versi con disio cantava,
11.5e d'antica virtù mille fiammelle
11.6con gli alti carmi ne' petti destava:
11.7così, chiamando amor lascivia umana,
11.8si godea con le Muse o con Diana.
12.1E se talor nel ceco labirinto
12.2errar vedeva un miserello amante,
12.3di dolor carco, di pietà dipinto,
12.4seguir della nemica sua le piante,
12.5e dove Amor il cor li avessi avinto
12.6lì pascer l'alma di dua luci sante
12.7preso nelle amorose crudel gogne,
12.8sì l'assaliva con agre rampogne:
13.1«Scuoti, meschin, del petto il ceco errore,
13.2ch'a te stessi te fura, ad altrui porge;
13.3non nudrir di lusinghe un van furore,
13.4che di pigra lascivia e d'ozio sorge.
13.5Costui che 'l vulgo errante chiama Amore
13.6è dolce insania a chi più acuto scorge:
13.7sì bel titol d'Amore ha dato il mondo
13.8a una ceca peste, a un mal giocondo.
14.1Ah quanto è uom meschin, che cangia voglia
14.2per donna, o mai per lei s'allegra o dole;
14.3e qual per lei di libertà si spoglia
14.4o crede a sui sembianti, a sue parole!
14.5Ché sempre è più leggier ch'al vento foglia,
14.6e mille volte el dì vuole e disvuole:
14.7segue chi fugge, a chi la vuol s'asconde,
14.8e vanne e vien, come alla riva l'onde.
15.1Giovane donna sembra veramente
15.2quasi sotto un bel mare acuto scoglio,
15.3o ver tra' fiori un giovincel serpente
15.4uscito pur mo' fuor del vecchio scoglio.
15.5Ah quanto è fra' più miseri dolente
15.6chi può soffrir di donna il fero orgoglio!
15.7Ché quanto ha il volto più di biltà pieno,
15.8più cela inganni nel fallace seno.
16.1Con essi gli occhi giovenili invesca
16.2Amor, ch'ogni pensier maschio vi fura;
16.3e quale un tratto ingoza la dolce esca
16.4mai di sua propria libertà non cura;
16.5ma, come se pur Lete Amor vi mesca,
16.6tosto obliate vostra alta natura;
16.7né poi viril pensiero in voi germoglia,
16.8sì del proprio valor costui vi spoglia.
17.1Quanto è più dolce, quanto è più securo
17.2seguir le fere fugitive in caccia
17.3fra boschi antichi fuor di fossa o muro,
17.4e spiar lor covil per lunga traccia!
17.5Veder la valle e 'l colle e l'aer più puro,
17.6l'erbe e' fior, l'acqua viva chiara e ghiaccia!
17.7Udir li augei svernar, rimbombar l'onde,
17.8e dolce al vento mormorar le fronde!
18.1Quanto giova a mirar pender da un'erta
18.2le capre, e pascer questo e quel virgulto;
18.3e 'l montanaro all'ombra più conserta
18.4destar la sua zampogna e 'l verso inculto;
18.5veder la terra di pomi coperta,
18.6ogni arbor da' suoi fructi quasi occulto;
18.7veder cozzar monton, vacche mughiare
18.8e le biade ondeggiar come fa il mare!
19.1Or delle pecorelle il rozo mastro
19.2si vede alla sua torma aprir la sbarra;
19.3poi quando muove lor con suo vincastro,
19.4dolce è a notar come a ciascuna garra.
19.5Or si vede il villan domar col rastro
19.6le dure zolle, or maneggiar la marra;
19.7or la contadinella scinta e scalza
19.8star coll'oche a filar sotto una balza.
20.1In cotal guisa già l'antiche genti
20.2si crede esser godute al secol d'oro;
20.3né fatte ancor le madre eron dolenti
20.4de' morti figli al marzial lavoro;
20.5né si credeva ancor la vita a' venti
20.6né del giogo doleasi ancora il toro;
20.7lor case eron fronzute querce e grande,
20.8ch'avean nel tronco mèl, ne' rami ghiande.
21.1Non era ancor la scelerata sete
21.2del crudele oro entrata nel bel mondo;
21.3viveansi in libertà le genti liete,
21.4e non solcato il campo era fecondo.
21.5Fortuna invidiosa a lor quiete
21.6ruppe ogni legge, e pietà misse in fondo;
21.7lussuria entrò ne' petti e quel furore
21.8che la meschina gente chiama amore».
22.1In cotal guisa rimordea sovente
22.2l'altero giovinetto e sacri amanti,
22.3come. talor chi sé gioioso sente
22.4non sa ben porger fede alli altrui pianti;
22.5ma qualche miserello, a cui l'ardente
22.6fiamme struggeano i nervi tutti quanti,
22.7gridava al ciel: «Giusto sdegno ti muova,
22.8Amor, che costui creda almen per pruova.
23.1Né fu Cupido sordo al pio lamento,
23.2e 'ncominciò crudelmente ridendo:
23.3«Dunque non sono idio? dunque è già spento
23.4mie foco con che il mondo tutto accendo?
23.5Io pur fei Giove, mughiar fra l'armento,
23.6io Febo drieto a Dafne gir piangendo,
23.7io trassi Pluto delle infernal segge:
23.8e che non ubidisce alla mia legge?
24.1Io fo cadere al tigre la sua rabbia
24.2al leone il fer rughio, al drago il fischio;
24.3e quale è uom di sì secura labbia,
24.4che fuggir possa il mio tenace vischio?
24.5Or, ch'un superbo in sì vil pregio m'abbia
24.6che di non esser dio vegna a gran rischio?
24.7Or veggiàn se 'l meschin ch'Amor riprende,
24.8da due begli occhi se stesso or difende».
25.1Zefiro già, di be' fioretti adorno,
25.2avea de' monti tolta ogni pruina;
25.3avea fatto al suo nido già ritorno
25.4la stanca rondinella peregrina;
25.5risonava la selva intorno intorno
25.6soavemente all'òra mattutina,
25.7e la ingegnosa pecchia, al primo albore
25.8giva predando ora uno or altro fiore.
26.1L'ardito Iulio, al giorno ancora acerbo,
26.2allor ch'al tufo torna la civetta,
26.3fatto frenare il corridor superbo,
26.4verso la selva con sua gente eletta
26.5prese el cammino, e sotto buon riserbo
26.6seguial de' fedel can la schiera stretta;
26.7di ciò che fa mestieri a caccia adorni,
26.8con archi e lacci e spiedi e dardi e corni.
27.1Già circundata avea la lieta schiera
27.2il folto bosco, e già con grave orrore
27.3del suo covil si destava ogni fera;
27.4givan seguendo e bracchi il lungo odore;
27.5ogni varco da lacci e can chiuso era,
27.6di stormir d'abbaiar cresce il romore,
27.7di fischi e bussi tutto il bosco suona,
27.8del rimbombar de' corni el cel rintruona.
28.1Con tal romor, qualor più l'aer discorda,
28.2di Giove il foco d'alta nube piomba;
28.3con tal tumulto, onde la gente assorda,
28.4dall'alte cataratte il Nil rimbomba;
28.5con tale orror, del latin sangue ingorda,
28.6sonò Megera la tartarea tromba.
28.7Qual animal di stiza par si roda,
28.8qual serra al ventre la tremante coda.
29.1Spargesi tutta la bella compagna:
29.2altri alle reti, altri alla via più stretta;
29.3chi serba in coppia e can, chi gli scompagna;
29.4chi già 'l suo ammette, chi 'l richiama e alletta;
29.5chi sprona el buon destrier per la campagna;
29.6chi l'adirata fera armato aspetta;
29.7chi si sta sovra un ramo a buon riguardo,
29.8chi in man lo spiede e chi s'acconcia el dardo.
30.1Già le setole arriccia e arruota e denti
30.2el porco entro 'l burron; già d'una grotta
30.3spunta giù 'l cavriuol; già e vecchi armenti
30.4de' cervi van pel pian fuggendo in frotta;
30.5timor gl'inganni della volpe ha spenti;
30.6le lepri al primo assalto vanno in rotta;
30.7di sua tana stordita esce ogni belva;
30.8l'astuto lupo vie più si rinselva,
31.1e rinselvato le sagace nare
31.2del picciol bracco pur teme il meschino;
31.3ma 'l cervio par del veltro paventare,
31.4de' lacci el porco o del fero mastino.
31.5Vedesi lieto or qua or là volare
31.6fuor d'ogni schiera il gioven peregrino;
31.7pel folto bosco el fer caval mette ale
31.8e trista fa qual fera Iulio assale.
32.1Quale el centaur per la nevosa selva
32.2di Pelio o d'Elmo va feroce in caccia,
32.3dalle lor tane predando ogni belva:
32.4or l'orso uccide, or al lion minaccia;
32.5quanto è più ardita fera più s'inselva,
32.6e 'l sangue a tutte drento al cor s'aghiaccia;
32.7la selva trema e gli cede ogni pianta,
32.8gli arbori abbatte o sveglie, o rami schianta.
33.1Ah quanto a mirar Iulio è fera cosa
33.2romper la via dove più 'l bosco è folto
33.3per trar di macchia la bestia crucciosa,
33.4con verde ramo intorno al capo avolto,
33.5colla chioma arruffata e polverosa,
33.6e d'onesto sudor bagnato il volto!
33.7Ivi consiglio a sua fera vendetta
33.8prese Amor, che ben loco e tempo aspetta;
34.1e con sua man di leve aier compuose
34.2l'imagin d'una cervia altera e bella:
34.3con alta fronte, con corna ramose,
34.4candida tutta, leggiadretta e snella.
34.5E come tra le fere paventose
34.6al gioven cacciator s'offerse quella,
34.7lieto spronò il destrier per lei seguire,
34.8pensando in brieve darli agro martire.
35.1Ma poi che 'nvan dal braccio el dardo scosse,
35.2del foder trasse fuor la fida spada,
35.3e con tanto furor il corsier mosse,
35.4che 'l bosco folto sembrava ampia strada.
35.5La bella fera, come stanca fosse,
35.6più lenta tuttavia par che sen vada;
35.7ma quando par che già la stringa o tocchi,
35.8picciol campo riprende avanti alli occhi.
36.1Quanto più segue invan la vana effigie,
36.2tanto più di seguirla invan s'accende;
36.3tuttavia preme sue stanche vestigie,
36.4sem re la giunge, e pur mai non la prende:
36.5qual fino al labro sta nelle onde stigie
36.6Tantalo, e 'l bel giardin vicin gli pende,
36.7ma qualor l'acqua o il pome vuol gustare,
36.8subito l'acqua e 'l pome via dispare.
37.1Era già drieto alla sua desianza
37.2gran tratta da' compagni allontanato,
37.3né pur d'un passo ancor la preda avanza,
37.4e già tutto el destrier sente affannato;
37.5ma pur seguendo sua vana speranza,
37.6pervenne in un fiorito e verde prato:
37.7ivi sotto un vel candido li apparve
37.8lieta una ninfa, e via la fera sparve.
38.1La fera sparve via dalle suo ciglia,
38.2ma 'l gioven della fera ormai non cura;
38.3anzi ristringe al corridor la briglia,
38.4e lo raffrena sovra alla verdura.
38.5Ivi tutto ripien di maraviglia
38.6pur della ninfa mira la figura:
38.7parli che dal bel viso e da' begli occhi
38.8una nuova dolcezza al cor gli fiocchi.
39.1Qual tigre, a cui dalla pietrosa tana
39.2ha tolto il cacciator li suoi car figli;
39.3rabbiosa il segue per la selva ircana,
39.4che tosto crede insanguinar gli artigli;
39.5poi resta d'uno specchio all'ombra vana,
39.6all'ombra ch'e suoi nati par somigli;
39.7e mentre di tal vista s'innamora
39.8la sciocca, el predator la via divora.
40.1Tosto Cupido entro a' begli occhi ascoso,
40.2al nervo adatta del suo stral la cocca,
40.3poi tira quel col braccio poderoso,
40.4tal che raggiugne e l'una e l'altra cocca;
40.5la man sinistra con l'oro focoso,
40.6la destra poppa colla corda tocca:
40.7né pria per l'aer ronzando esce 'l quadrello
40.8che Iulio drento al cor sentito ha quello.
41.1Ahi qual divenne! ah come al giovinetto
41.2corse il gran foco in tutte le midolle!
41.3che tremito gli scosse il cor nel petto!
41.4d'un ghiacciato sudor tutto era molle;
41.5e fatto ghiotto del suo dolce aspetto,
41.6giammai li occhi da li occhi levar puolle;
41.7ma tutto preso dal vago splendore,
41.8non s'accorge el meschin che quivi è Amore.
42.1Non s'accorge ch'Amor lì drento è armato
42.2per sol turbar la suo lunga quiete;
42.3non s'accorge a che nodo è già legato,
42.4non conosce suo piaghe ancor segrete;
42.5di piacer, di disir tutto è invescato,
42.6e così il cacciator preso è alla rete.
42.7Le braccia fra sé loda e 'l viso e 'l crino,
42.8e 'n lei discerne un non so che divino.
43.1Candida è ella, e candida la vesta,
43.2ma pur di rose e fior dipinta e d'erba;
43.3lo inanellato crin dall'aurea testa
43.4scende in la fronte umilmente superba.
43.5Rideli a torno tutta la foresta,
43.6e quanto può suo cure disacerba;
43.7nell'atto regalmente è mansueta,
43.8e pur col ciglio le tempeste acqueta.
44.1Folgoron gli occhi d'un dolce sereno,
44.2ove sue face tien Cupido ascose;
44.3l'aier d'intorno si fa tutto ameno
44.4ovunque gira le luce amorose.
44.5Di celeste letizia il volto ha pieno,
44.6dolce dipinto di ligustri e rose;
44.7ogni aura tace al suo parlar divino,
44.8e canta ogni augelletto in suo latino.
45.1Con lei sen va Onestate umile e piana
45.2che d'ogni chiuso cor volge la chiave;
45.3con lei va Gentilezza in vista umana,
45.4e da lei impara il dolce andar soave.
45.5Non può mirarli il viso alma villana,
45.6se pria di suo fallir doglia non have;
45.7tanti cori Amor piglia fere o ancide,
45.8quanto ella o dolce parla o dolce ride.
46.1Sembra Talia, se in man prende la cetra,
46.2sembra Minerva se in man prende l'asta;
46.3se l'arco ha in mano, al fianco la faretra,
46.4giurar potrai che sia Diana casta.
46.5Ira dal volto suo trista s'arretra,
46.6e poco, avanti a lei, Superbia basta;
46.7ogni dolce virtù l'è in compagnia,
46.8Biltà la mostra a dito e Leggiadria.
47.1Ell'era, assisa sovra la verdura,
47.2allegra, e ghirlandetta avea contesta,
47.3di quanti fior creassi mai natura,
47.4de' quai tutta dipinta era sua vesta.
47.5E come prima al gioven puose cura,
47.6alquanto paurosa alzò la testa;
47.7poi colla bianca man ripreso il lembo,
47.8levossi in piè con di fior pieno un grembo.
48.1Già s'inviava, per quindi partire,
48.2la ninfa sovra l'erba, lenta lenta,
48.3lasciando il giovinetto in gran martire,
48.4che fuor di lei null'altro omai talenta.
48.5Ma non possendo el miser ciò soffrire,
48.6con qualche priego d'arrestarla tenta;
48.7per che, tutto tremando e tutto ardendo,
48.8così umilmente incominciò dicendo:
49.1«O qual che tu ti sia, vergin sovrana,
49.2o ninfa o dea, ma dea m'assembri certo;
49.3se dea, forse se' tu la mia Diana;
49.4se pur mortal, chi tu sia fammi certo,
49.5ché tua sembianza è fuor di guisa umana;
49.6né so già io qual sia tanto mio merto,
49.7qual dal cel grazia, qual sì amica stella,
49.8ch'io degno sia veder cosa sì bella».
50.1Volta la ninfa al suon delle parole,
50.2lampeggiò d'un sì dolce e vago riso,
50.3che i monti avre' fatto ir, restare il sole:
50.4ché ben parve s'aprissi un paradiso.
50.5Poi formò voce fra perle e viole,
50.6tal ch'un marmo per mezzo avre' diviso;
50.7soave, saggia e di dolceza piena,
50.8da innamorar non ch'altri una Sirena:
51.1«Io non son qual tua mente invano auguria,
51.2non d'altar degna, non di pura vittima;
51.3ma là sovra Arno innella vostra Etruria
51.4sto soggiogata alla teda legittima;
51.5mia natal patria è nella aspra Liguria,
51.6sovra una costa alla riva marittima,
51.7ove fuor de' gran massi indarno gemere
51.8si sente il fer Nettunno e irato fremere.
52.1Sovente in questo loco mi diporto,
52.2qui vegno a soggiornar tutta soletta;
52.3questo è de' mia pensieri un dolce porto,
52.4qui l'erba e' fior, qui il fresco aier m'alletta;
52.5quinci il tornare a mia magione è accorto,
52.6qui lieta mi dimoro Simonetta,
52.7all'ombre, a qualche chiara e fresca linfa,
52.8e spesso in compagnia d'alcuna ninfa.
53.1Io soglio pur nelli ociosi tempi,
53.2quando nostra fatica s'interrompe,
53.3venire a' sacri altar ne' vostri tempî
53.4fra l'altre donne con l'usate pompe;
53.5ma perch'io in tutto el gran desir t'adempi,
53.6e 'l dubio tolga che tuo mente rompe,
53.7meraviglia di mie bellezze tenere
53.8non prender già, ch'io nacqui in grembo a Venere.
54.1Or poi che 'l sol sue rote in basso cala,
54.2e da questi arbor cade maggior l'ombra,
54.3già cede al grillo la stanca cicala,
54.4già 'l rozo zappator del campo sgombra,
54.5e già dell'alte ville il fumo essala,
54.6la villanella all'uom suo el desco ingombra;
54.7omai riprenderò mia via più accorta,
54.8e tu lieto ritorna alla tua scorta».
55.1Poi con occhi più lieti e più ridenti,
55.2tal che 'l ciel tutto asserenò d'intorno,
55.3mosse sovra l'erbetta e passi lenti
55.4con atto d'amorosa grazia adorno.
55.5Feciono e boschi allor dolci lamenti
55.6e gli augelletti a pianger cominciorno;
55.7ma l'erba verde sotto i dolci passi
55.8bianca, gialla, vermiglia e azurra fassi.
56.1Che de' far Iulio? Ahimè, ch'e' pur desidera
56.2seguir sua stella e pur temenza il tiene:
56.3sta come un forsennato, e 'l cor gli assidera,
56.4e gli s'aghiaccia el sangue entro le vene;
56.5sta come un marmo fisso, e pur considera
56.6lei che sen va né pensa di sue pene,
56.7fra sé lodando il dolce andar celeste
56.8e 'l ventilar dell'angelica veste.
57.1E' par che 'l cor del petto se li schianti,
57.2e che del corpo l'alma via si fugga,
57.3e ch'a guisa di brina, al sol davanti,
57.4in pianto tutto si consumi e strugga.
57.5Già si sente esser un degli altri amanti,
57.6e pargli ch'ogni vena Amor li sugga;
57.7or teme di seguirla, or pure agogna,
57.8qui 'l tira Amor, quinci il ritrae vergogna.
58.1«U' sono or, Iulio, le sentenzie gravi,
58.2le parole magnifiche e' precetti
58.3con che i miseri amanti molestavi?
58.4Perché pur di cacciar non ti diletti?
58.5Or ecco ch'una donna ha in man le chiavi
58.6d'ogni tua voglia, e tutti in sé ristretti
58.7tien, miserello, i tuoi dolci pensieri;
58.8vedi chi tu se' or, chi pur dianzi eri.
59.1Dianzi eri d'una fera cacciatore,
59.2più bella fera or t'ha ne' lacci involto;
59.3dianzi eri tuo, or se' fatto d'Amore,
59.4sei or legato, e dianzi eri disciolto.
59.5Dov'è tuo libertà, dov'è 'l tuo core?
59.6Amore e una donna te l'ha tolto.
59.7Ahi, come poco a sé creder uom degge!
59.8ch'a virtute e fortuna Amor pon legge».
60.1La notte che le cose ci nasconde
60.2tornava ombrata di stellato ammanto,
60.3e l'usignuol sotto l'amate fronde
60.4cantando ripetea l'antico pianto
60.5ma sola a' sua lamenti Ecco risponde,
60.6ch'ogni altro augel quetato avea già 'l canto;
60.7dalla chimmeria valle uscian le torme
60.8de' Sogni negri con diverse forme.
61.1E gioven che restati nel bosco erono,
61.2vedendo il cel già le sue stelle accendere,
61.3sentito il segno, al cacciar posa ferono;
61.4ciascun s'affretta a lacci e reti stendere,
61.5poi colla preda in un sentier si schierono:
61.6ivi s'attende sol parole a vendere,
61.7ivi menzogne a vil pregio si mercono;
61.8pei tutti del bel Iulio fra sé cercono
62.1Ma non veggendo il car compagno intorno,
62.2ghiacciossi ognun di subita paura
62.3che qualche cruda fera il suo ritorno
62.4non li 'mpedisca o altra ria sciagura.
62.5Chi mostra fuochi, chi squilla el suo corno,
62.6chi forte il chiama per la selva oscura,
62.7le lunghe voci ripercosse abondono,
62.8e «Iulio Iulio» le valli rispondono.
63.1Ciascun si sta per la paura incerto,
63.2gelato tutto, se non ch'ei pur chiama;
63.3veggiono il cel di tenebre coperto,
63.4né san dove cercar, bench'ognun brama.
63.5Pur «Iulio Iulio» suona il gran diserto;
63.6non sa che farsi omai la gente grama.
63.7Ma poi che molta notte indarno spesono,
63.8dolenti per tornarsi il cammin presono.
64.1Cheti sen vanno e pure alcun col vero
64.2la dubia speme alquanto riconforta,
64.3ch'el sia rèdito per altro sentiero
64.4al loco ove s'invia la loro scorta.
64.5Ne' petti ondeggia or questo or quel pensiero,
64.6che fra paura e speme il cor traporta:
64.7così raggio, che specchio mobil ferza,
64.8per la gran sala or qua or là si scherza.
65.1Ma 'l gioven, che provato avea già l'arco
65.2ch'ogni altra cura sgombra fuor del petto,
65.3d'altre speme e paure e pensier carco,
65.4era arrivato alla magion soletto.
65.5Ivi pensando al suo novello incarco
65.6stava in forti pensier tutto ristretto,
65.7quando la compagnia piena di doglia
65.8tutta pensosa entrò dentro alla soglia.
66.1Ivi ciascun più da vergogna involto
66.2per li alti gradi sen va lento lento:
66.3quali i pastori a cui il fer lupo ha tolto
66.4il più bel toro del cornuto armento,
66.5tornonsi a lor signor con basso volto,
66.6né s'ardiscon d'entrar all'uscio drento;
66.7stan sospirosi e di dolor confusi,
66.8e ciascun pensa pur come sé scusi.
67.1Ma tosto ognuno allegro alzò le ciglia,
67.2veggendo salvo lì sì caro pegno:
67.3tal si fe', poi che la sua dolce figlia
67.4ritrovò, Ceres giù nel morto regno.
67.5Tutta festeggia la lieta famiglia
67.6con essi, e Iulio di gioir fa segno,
67.7e quanto el può nel cor preme sua pena
67.8e il volto di letizia rasserena.
68.1Ma fatta Amor la sua bella vendetta,
68.2mossesi lieto pel negro aere a volo,
68.3e ginne al regno di sua madre in fretta,
68.4ov'è de' picciol suoi fratei lo stuolo:
68.5al regno ov'ogni Grazia si diletta,
68.6ove Biltà di fiori al crin fa brolo,
68.7ove tutto lascivo, drieto a Flora,
68.8Zefiro vola e la verde erba infiora.
69.1Or canta meco un po' del dolce regno,
69.2Erato bella, che 'l nome hai d'amore;
69.3tu sola, benché casta, puoi nel regno
69.4secura entrar di Venere e d'Amore;
69.5tu de' versi amorosi hai sola il regno,
69.6teco sovente a cantar viensi Amore;
69.7e, posta giù dagli omer la faretra,
69.8tenta le corde di tua bella cetra.
70.1Vagheggia Cipri un dilettoso monte,
70.2che del gran Nilo e sette corni vede
70.3e 'l primo rosseggiar dell'orizonte,
70.4ove poggiar non lice al mortal piede.
70.5Nel giogo un verde colle alza la fronte,
70.6sotto esso aprico un lieto pratel siede,
70.7u' scherzando tra' fior lascive aurette
70.8fan dolcemente tremolar l'erbette.
71.1Corona un muro d'or l'estreme sponde
71.2con valle ombrosa di schietti arbuscelli,
71.3ove in su' rami fra novelle fronde
71.4cantano i loro amor soavi augelli.
71.5Sentesi un grato mormorio dell'onde,
71.6che fan duo freschi e lucidi ruscelli,
71.7versando dolce con amar liquore,
71.8ove arma l'oro de' suoi strali Amore.
72.1Né mai le chiome del giardino eterno
72.2tenera brina o fresca neve imbianca;
72.3ivi non osa entrar ghiacciato verno,
72.4non vento o l'erbe o li arbuscelli stanca;
72.5ivi non volgon gli anni il lor quaderno,
72.6ma lieta Primavera mai non manca,
72.7ch'e suoi crin biondi e crespi all'aura spiega,
72.8e mille fiori in ghirlandetta lega.
73.1Lungo le rive e frati di Cupido,
73.2che solo uson ferir la plebe ignota,
73.3con alte voci e fanciullesco grido
73.4aguzzon lor saette ad una cota.
73.5Piacere e Insidia, posati in sul lido,
73.6volgono il perno alla sanguigna rota,
73.7e 'l fallace Sperar col van Disio
73.8spargon nel sasso l'acqua del bel rio.
74.1Dolce Paura e timido Diletto,
74.2dolce Ire e dolce Pace insieme vanno;
74.3le Lacrime si lavon tutto il petto
74.4e 'l fiumicello amaro crescer fanno;
74.5Pallore smorto e paventoso Affetto
74.6con Magreza si duole e con Affanno;
74.7vigil Sospetto ogni sentiero spia,
74.8Letizia balla in mezo della via.
75.1Voluttà con Belleza si gavazza,
75.2va fuggendo il Contento e siede Angoscia,
75.3el ceco Errore or qua or là svolazza,
75.4percuotesi il Furor con man la coscia;
75.5la Penitenzia misera stramazza,
75.6che del passato error s'è accorta poscia,
75.7nel sangue Crudeltà lieta si ficca,
75.8e la Desperazion se stessa impicca.
76.1Tacito Inganno e simulato Riso
76.2con Cenni astuti messaggier de' cori,
76.3e fissi Sguardi, con pietoso viso,
76.4tendon lacciuoli a Gioventù tra' fiori.
76.5Stassi, col volto in sulla palma assiso,
76.6el Pianto in compagnia de' suo' Dolori;
76.7e quinci e quindi vola sanza modo
76.8Licenzia non ristretta in alcun nodo.
77.1Con tal milizia e tuoi figli accompagna
77.2Venere bella, madre delli Amori.
77.3Zefiro il prato di rugiada bagna,
77.4spargendolo di mille vaghi odori:
77.5ovunque vola, veste la campagna
77.6di rose, gigli, violette e fiori;
77.7l'erba di sue belleze ha maraviglia:
77.8bianca, cilestra, pallida e vermiglia.
78.1Trema la mammoletta verginella
78.2con occhi bassi, onesta e vergognosa;
78.3ma vie più lieta, più ridente e bella,
78.4ardisce aprire il seno al sol la rosa:
78.5questa di verde gemma s'incappella,
78.6quella si mostra allo sportel vezosa,
78.7l'altra, che 'n dolce foco ardea pur ora,
78.8languida cade e 'l bel pratello infiora.
79.1L'alba nutrica d'amoroso nembo,
79.2gialle, sanguigne e candide viole;
79.3descritto ha 'l suo dolor Iacinto in grembo,
79.4Narcisso al rio si specchia come suole;
79.5in bianca vesta con purpureo lembo
79.6si gira Clizia palidetta al sole;
79.7Adon rinfresca a Venere il suo pianto,
79.8tre lingue mostra Croco, e ride Acanto.
80.1Mai rivestì di tante gemme l'erba
80.2la novella stagion che 'l mondo aviva.
80.3Sovresso il verde colle alza superba
80.4l'ombrosa chioma u' el sol mai non arriva;
80.5e sotto vel di spessi rami serba
80.6fresca e gelata una fontana viva,
80.7con sì pura, tranquilla e chiara vena,
80.8che gli occhi non offesi al fondo mena.
81.1L'acqua da viva pomice zampilla,
81.2che con suo arco il bel monte sospende;
81.3e, per fiorito solco indi tranquilla
81.4pingendo ogni sua orma, al fonte scende:
81.5dalle cui labra un grato umor distilla,
81.6che 'l premio di lor ombre alli arbor rende;
81.7ciascun si pasce a mensa non avara,
81.8e par che l'un dell'altro cresca a gara.
82.1Cresce l'abeto schietto e sanza nocchi
82.2da spander l'ale a Borea in mezo l'onde;
82.3l'elce che par di mèl tutta trabocchi,
82.4e 'l laur che tanto fa bramar suo fronde;
82.5bagna Cipresso ancor pel cervio gli occhi
82.6con chiome or aspre, e già distese e bionde;
82.7ma l'alber, che già tanto ad Ercol piacque,
82.8col platan si trastulla intorno all'acque.
83.1Surge robusto el cerro, et alto el faggio,
83.2nodoso el cornio, e 'l salcio umido e lento;
83.3l'olmo fronzuto, e 'l frassin pur selvaggio;
83.4el pino alletta con suoi fischi il vento.
83.5L'avorniol tesse ghirlandette al maggio,
83.6ma l'acer d'un color non è contento
83.7la lenta palma serba pregio a' forti,
83.8l'ellera va carpon co' piè distorti.
84.1Mostronsi adorne le vite novelle
84.2d'abiti varie e con diversa faccia:
84.3questa gonfiando fa crepar la pelle,
84.4questa racquista le già perse braccia,
84.5quella tessendo vaghe e liete ombrelle,
84.6pur con pampinee fronde Apollo scaccia;
84.7quella ancor monca piange a capo chino,
84.8spargendo or acqua per versar poi vino.
85.1El chiuso e crespo bosso al vento ondeggia,
85.2e fa la piaggia di verdura adorna;
85.3el mirto, che sua dea sempre vagheggia,
85.4di bianchi fiori e verdi capelli orna.
85.5Ivi ogni fera per amor vaneggia,
85.6l'un ver l'altro i montoni armon le corna,
85.7l'un l'altro cozza, l'un l'altro martella,
85.8davanti all'amorosa pecorella.
86.1E mughianti giovenchi a piè del colle
86.2fan vie più cruda e dispietata guerra,
86.3col collo e il petto insanguinato e molle,
86.4spargendo al ciel co' piè l'erbosa terra.
86.5Pien di sanguigna schiuma el cinghial bolle,
86.6le larghe zanne arruota e il grifo serra,
86.7e rugghia e raspa e, per più armar sua forze,
86.8frega il calloso cuoio a dure scorze.
87.1Pruovon lor punga e daini paurosi,
87.2e per l'amata druda arditi fansi;
87.3ma con pelle vergata, aspri e rabbiosi,
87.4e tigri infuriati a ferir vansi;
87.5sbatton le code e con occhi focosi
87.6ruggendo i fier leon di petto dansi;
87.7zufola e soffia il serpe per la biscia,
87.8mentre ella con tre lingue al sol si liscia.
88.1El cervio appresso alla Massilia fera
88.2co' piè levati la sua sposa abbraccia;
88.3fra l'erbe ove più ride primavera,
88.4l'un coniglio coll'altro s'accovaccia;
88.5le semplicette lepri vanno a schiera,
88.6de' can secure, ad amorosa traccia:
88.7sì l'odio antico e 'l natural timore
88.8ne' petti ammorza, quando vuole, Amore.
89.1E muti pesci in frotta van notando
89.2dentro al vivente e tenero cristallo,
89.3e spesso intorno al fonte roteando
89.4guidon felice e dilettoso ballo;
89.5tal volta sovra l'acqua, un po' guizzando,
89.6mentre l'un l'altro segue, escono a gallo:
89.7ogni loro atto sembra festa e gioco,
89.8né spengon le fredde acque il dolce foco.
90.1Li augelletti dipinti intra le foglie
90.2fanno l'aere addolcir con nuove rime,
90.3e fra più voci un'armonia s'accoglie
90.4di sì beate note e sì sublime,
90.5che mente involta in queste umane spoglie
90.6non potria sormontare alle sue cime;
90.7e dove Amor gli scorge pel boschetto,
90.8salton di ramo in ramo a lor diletto.
91.1Al canto della selva Ecco rimbomba,
91.2ma sotto l'ombra che ogni ramo annoda,
91.3la passeretta gracchia e a torno romba;
91.4spiega il pavon la sua gemmata coda,
91.5bacia el suo dolce sposo la colomba,
91.6e bianchi cigni fan sonar la proda;
91.7e presso alla sua vaga tortorella
91.8il pappagallo squittisce e favella.
92.1Quivi Cupido e' suoi pennuti frati,
92.2lassi già di ferir uomini e dei,
92.3prendon diporto, e colli strali aurati
92.4fan sentire alle fere i crudi omei;
92.5la dea Ciprigna fra' suoi dolci nati
92.6spesso sen viene, e Pasitea con lei,
92.7quetando in lieve sonno gli occhi belli
92.8fra l'erbe e' fiori e' gioveni arbuscelli.
93.1Muove dal colle, mansueta e dolce,
93.2la schiena del bel monte, e sovra i crini
93.3d'oro e di gemme un gran palazo folce,
93.4sudato già nei cicilian camini.
93.5Le tre Ore, che 'n cima son bobolce,
93.6pascon d'ambrosia i fior sacri e divini:
93.7né prima dal suo gambo un se ne coglie,
93.8ch'un altro al ciel più lieto apre le foglie.
94.1Raggia davanti all'uscio una gran pianta,
94.2che fronde ha di smeraldo e pomi d'oro:
94.3e pomi ch'arrestar fenno Atalanta,
94.4ch'ad Ippomene dienno il verde alloro.
94.5Sempre sovresso Filomela canta,
94.6sempre sottesso è delle Ninfe un coro;
94.7spesso Imeneo col suon di sua zampogna
94.8tempra lor danze, e pur le noze agogna.
95.1La regia casa il sereno aier fende,
95.2fiammeggiante di gemme e di fino oro,
95.3che chiaro giorno a meza notte accende;
95.4ma vinta è la materia dal lavoro.
95.5Sovra a colonne adamantine pende
95.6un palco di smeraldo, in cui già fuoro
95.7aneli e stanchi, drento a Mongibello,
95.8Sterope e Bronte et ogni lor martello.
96.1Le mura a torno d'artificio miro
96.2forma un soave e lucido berillo;
96.3passa pel dolce oriental zaffiro
96.4nell'ampio albergo el dì puro e tranquillo;
96.5ma il tetto d'oro, in cui l'estremo giro
96.6si chiude, contro a Febo apre il vessillo;
96.7per varie pietre il pavimento ameno
96.8di mirabil pittura adorna il seno.
97.1Mille e mille color formon le porte,
97.2di gemme e di sì vivi intagli chiare,
97.3che tutte altre opre sarian roze e morte
97.4da far di sé natura vergognare:
97.5nell'una è insculta la 'nfelice sorte
97.6del vecchio Celio, e in vista irato pare
97.7suo figlio, e colla falce adunca sembra
97.8tagliar del padre le feconde membra.
98.1Ivi la Terra con distesi ammanti
98.2par ch'ogni goccia di quel sangue accoglia,
98.3onde nate le Furie e' fier Giganti
98.4di sparger sangue in vista mostron voglia;
98.5d'un seme stesso in diversi sembianti
98.6paion le Ninfe uscite sanza spoglia,
98.7pur come snelle cacciatrice in selva,
98.8gir saettando or una or altra belva.
99.1Nel tempestoso Egeo in grembo a Teti
99.2si vede il frusto genitale accolto,
99.3sotto diverso volger di pianeti
99.4errar per l'onde in bianca schiuma avolto;
99.5e drento nata in atti vaghi e lieti
99.6una donzella non con uman volto,
99.7da zefiri lascivi spinta a proda,
99.8gir sovra un nicchio, e par che 'l cel ne goda.
100.1Vera la schiuma e vero il mar diresti,
100.2e vero il nicchio e ver soffiar di venti;
100.3la dea negli occhi folgorar vedresti,
100.4e 'l cel riderli a torno e gli elementi;
100.5l'Ore premer l'arena in bianche vesti,
100.6l'aura incresparle e crin distesi e lenti;
100.7non una, non diversa esser lor faccia,
100.8come par ch'a sorelle ben confaccia.
101.1Giurar potresti che dell'onde uscissi
101.2la dea premendo colla destra il crino,
101.3coll'altra il dolce pome ricoprissi;
101.4e, stampata dal piè sacro e divino,
101.5d'erbe e di fior l'arena si vestissi;
101.6poi, con sembiante lieto e peregrino,
101.7dalle tre ninfe in grembo fussi accolta,
101.8e di scellato vestimento involta.
102.1Questa con ambe man le tien sospesa
102.2sopra l'umide trezze una ghirlanda
102.3d'oro e di gemme orientali accesa,
102.4questa una perla alli orecchi accomanda;
102.5l'altra al bel petto e' bianchi omeri intesa,
102.6par che ricchi monili intorno spanda,
102.7de' quai solien cerchiar lor proprie gole,
102.8quando nel ciel guidavon le carole.
103.1Indi paion levate inver le spere
103.2seder sovra una nuvola d'argento:
103.3l'aier tremante ti parria vedere
103.4nel duro sasso, e tutto il cel contento;
103.5tutti li dei di sua biltà godere,
103.6e del felice letto aver talento:
103.7ciascun sembrar nel volto meraviglia,
103.8con fronte crespa e rilevate ciglia.
104.1Nello estremo, se stesso el divin fabro
104.2formò felice di sì dolce palma,
104.3ancor dalla fucina irsuto e scabro,
104.4quasi obliando per lei ogni salma,
104.5con desire aggiugnendo labro a labro
104.6come tutta d'amor gli ardessi l'alma:
104.7e par vie maggior fuoco acceso in ello,
104.8che quel ch'avea lasciato in Mongibello.
105.1Nell'altra in un formoso e bianco tauro
105.2si vede Giove per amor converso
105.3portarne il dolce suo ricco tesauro,
105.4e lei volgere il viso al lito perso
105.5in atto paventosa; e i bei crin d'auro
105.6scherzon nel petto per lo vento avverso;
105.7la vesta ondeggia, e indrieto fa ritorno,
105.8l'una man tiene al dorso, e l'altra al corno.
106.1Le 'gnude piante a sé ristrette accoglie
106.2quasi temendo il mar che lei non bagne:
106.3tale atteggiata di paura e doglie
106.4par chiami invan le dolci sue compagne;
106.5le qual rimase tra fioretti e foglie
106.6dolenti Europa ciascheduna piagne.
106.7«Europa», suona il lito, «Europa, riedi»,
106.8e 'l tor nuota e talor li bacia e piedi.
107.1Or si fa Giove un cigno or pioggia d'oro,
107.2or di serpente or d'un pastor fa fede,
107.3per fornir l'amoroso suo lavoro;
107.4or transformarsi in aquila si vede,
107.5come Amor vuole, e nel celeste coro
107.6portar sospeso il suo bel Ganimede,
107.7qual di cipresso ha il biondo capo avinto,
107.8ignudo tutto e sol d'ellera cinto.
108.1Fassi Nettunno un lanoso montone,
108.2fassi un torvo giovenco per amore;
108.3fassi un cavallo il padre di Chirone
108.4diventa Febo in Tessaglia un pastore:
108.5e 'n picciola capanna si ripone
108.6colui ch'a tutto il mondo dà splendore,
108.7né li giova a sanar sue piaghe acerbe
108.8perch'e' conosca la virtù dell'erbe.
109.1Poi segue Dafne, e 'n sembianza si lagna
109.2come dicessi: «O ninfa, non ten gire,
109.3ferma il piè, ninfa, sovra la campagna,
109.4ch'io non ti seguo per farti morire;
109.5così cerva lion, così lupo agna,
109.6ciascuna il suo nemico suol fuggire:
109.7me perché fuggi, o donna del mio core,
109.8cui di seguirti è sol cagione amore?»
110.1Dall'altra parte la bella Arianna
110.2colle sorde acque di Teseo si duole,
110.3e dell'aura e del sonno che la 'nganna;
110.4di paura tremando, come suole
110.5per picciol ventolin palustre canna,
110.6pare in atto aver prese tai parole:
110.7«Ogni fera di te meno è crudele,
110.8ognun di te più mi saria fedele».
111.1Vien sovra un carro, d'ellera e di pampino
111.2coverto Bacco, il qual duo tigri guidono,
111.3e con lui par che l'alta arena stampino
111.4Satiri e Bacche, e con voci alte gridono:
111.5quel si vede ondeggiar, quei par che 'nciampino,
111.6quel con un cembol bee, quelli altri ridono;
111.7qual fa d'un corno e qual delle man ciotola,
111.8quale ha preso una ninfa e qual si ruotola.
112.1Sovra l'asin Silen, di ber sempre avido,
112.2con vene grosse nere e di mosto umide,
112.3marcido sembra sonnacchioso e gravido,
112.4le luci ha di vin rosse infiate e fumide;
112.5l'ardite ninfe l'asinel suo pavido
112.6pungon col tirso, e lui con le man tumide
112.7a' crin s'appiglia; e mentre sì l'aizono,
112.8casca nel collo, e' satiri lo rizono.
113.1Quasi in un tratto vista amata e tolta
113.2dal fero Pluto, Proserpina pare
113.3sovra un gran carro, e la sua chioma sciolta
113.4a' zefiri amorosi ventilare;
113.5la bianca vesta in un bel grembo accolta
113.6sembra i colti fioretti giù versare:
113.7lei si percuote il petto, e 'n vista piagne,
113.8or la madre chiamando or le compagne.
114.1Posa giù del leone il fero spoglio
114.2Ercole, e veste di femminea gonna
114.3colui che 'l mondo da greve cordoglio
114.4avea scampato, et or serve una donna;
114.5e può soffrir d'Amor l'indegno orgoglio
114.6chi colli omer già fece al ciel colonna;
114.7e quella man con che era a tenere uso
114.8la clava ponderosa, or torce un fuso.
115.1Gli omer setosi a Polifemo ingombrano
115.2l'orribil chiome e nel gran petto cascono,
115.3e fresche ghiande l'aspre tempie adombrano:
115.4d'intorno a lui le sue pecore pascono,
115.5né a costui dal cor già mai disgombrano
115.6le dolce acerbe cur che d'amor nascono,
115.7anzi, tutto di pianto e dolor macero,
115.8siede in un freddo sasso a piè d'un acero.
116.1Dall'uno all'altro orecchio un arco face
116.2il ciglio irsuto lungo ben sei spanne;
116.3largo sotto la fronte il naso giace,
116.4paion di schiuma biancheggiar le zanne;
116.5tra' piedi ha 'l cane, e sotto il braccio tace
116.6una zampogna ben di cento canne:
116.7lui guata il mar che ondeggia, e alpestre note
116.8par canti, e muova le lanose gote,
117.1e dica ch'ella è bianca più che il latte,
117.2ma più superba assai ch'una vitella,
117.3e che molte ghirlande gli ha già fatte,
117.4e serbali una cervia molto bella,
117.5ur orsacchin che già col can combatte;
117.6e che per lei si macera e sfragella,
117.7e che ha gran voglia di saper notare
117.8per andare a trovarla insin nel mare.
118.1Duo formosi delfini un carro tirono:
118.2sovresso è Galatea che 'l fren corregge,
118.3e quei notando parimente spirono;
118.4ruotasi attorno più lasciva gregge:
118.5qual le salse onde sputa, e quai s'aggirono,
118.6qual par che per amor giuochi e vanegge;
118.7la bella ninfa colle suore fide
118.8di sì rozo cantor vezzosa ride.
119.1Intorno al bel lavor serpeggia acanto,
119.2di rose e mirti e lieti fior contesto;
119.3con varii augei sì fatti, che il lor canto
119.4pare udir nelli orecchi manifesto:
119.5né d'altro si pregiò Vulcan mai tanto,
119.6né 'l vero stesso ha più del ver che questo;
119.7e quanto l'arte intra sé non comprende,
119.8la mente imaginando chiaro intende.
120.1Questo è 'l loco che tanto a Vener piacque,
120.2a Vener bella, alla madre d'Amore;
120.3qui l'arcier frodolente prima nacque,
120.4che spesso fa cangiar voglia e colore,
120.5quel che soggioga il cel, la terra e l'acque,
120.6che tende alli occhi reti, e prende il core,
120.7dolce in sembianti, in atti acerbo e fello,
120.8giovene nudo, faretrato augello.
121.1Or poi che ad ale tese ivi pervenne,
121.2forte le scosse, e giù calassi a piombo,
121.3tutto serrato nelle sacre penne,
121.4come a suo nido fa lieto colombo:
121.5l'aier ferzato assai stagion ritenne
121.6della pennuta striscia il forte rombo:
121.7ivi racquete le triunfante ale,
121.8superbamente inver la madre sale.
122.1Trovolla assisa in letto fuor del lembo,
122.2pur mo di Marte sciolta dalle braccia,
122.3il qual roverso li giacea nel grembo,
122.4pascendo gli occhi pur della sua faccia:
122.5di rose sovra a lor pioveva un nembo
122.6per rinnovarli all'amorosa traccia;
122.7a Vener dava a lui con voglie pronte
122.8mille baci negli occhi e nella fronte.
123.1Sovra e d'intorno i piccioletti Amori
123.2scherzavon nudi or qua or là volando:
123.3e qual con ali di mille colori
123.4giva le sparte rose ventilando,
123.5qual la faretra empiea de' freschi fiori,
123.6poi sovra il letto la venia versando,
123.7qual la cadente nuvola rompea
123.8fermo in su l'ale, e poi giù la scotea.
124.1Come avea delle penne dato un crollo,
124.2così l'erranti rose eron riprese:
124.3nessun del vaneggiar era satollo;
124.4quando apparve Cupido ad ale tese,
124.5ansando tutto, e di sua madre al collo
124.6gittossi e pur co' vanni el cor li accese,
124.7allegro in vista, e sì lasso ch'a pena
124.8potea ben, per parlar, riprender lena.
125.1«Onde vien, figlio, o qual n'apporti nuove?»,
125.2Vener li disse, e lo baciò nel volto:
125.3«Onde esto tuo sudor? qual fatte hai pruove?
125.4qual dio, qual uomo hai ne' tuo' lacci involto?
125.5Fai tu di nuovo in Tiro mughiar Giove?
125.6o Saturno ringhiar per Pelio folto?
125.7Che che ciò sia, non umil cosa parmi,
125.8o figlio, o sola mia potenzia et armi».
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