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I

Anselmo Calderoni (1393–1446)
Poesie

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1.1Nel trentasette,il dì primo di maggio,
1.2ero in sul letto mio per accidente,
1.3e venivo pensando al grande oltraggio
2.1che fé nel trentatré la falsa gente
2.2della mia patria, a torto e a peccato,
2.3a Cosimo e al fratel prencipalmente.
3.1In tal pensier mi fui adormentato,
3.2ma poco stetti, ché due santi intorno
3.3mi fùr con riso, ed ebbonmi svegliato.
4.1«Noi siàn venuti per darti il buon giorno,
4.2perché di ciò tu ne facci un sermone,
4.3che si intenda per tutto col tuo corno,
5.1e per lor principal consolazione
5.2noi ci partiàn dal lor padre Giovanni,
5.3assunto in cielo alla nostra magione.
6.1Già impetrammo dal Re degli alti scanni
6.2che possin far la nostra festa ogn'anno
6.3dentro a Firenze, liberi da 'nganni.
7.1E stù ben miri, quand'ebbono inganno,
7.2fêr prima nostra festa in atto umano,
7.3ed a rifarla tornoron l'altr'anno.
8.1Sappi che no' siam Cosimo e Damiano,
8.2divoti a' sopradetti, sì che noi
8.3dinanzi al buon Gesù per lor preghiamo.
9.1E per tua terra i gran meriti suoi,
9.2di chiese e di spedali e di ben tanti
9.3che 'nanzi al passio simil fùro e poi.
10.1Tornando allora, quanti mercatanti
10.2hanno già sostenuti, che falliti
10.3sarebbon con amari e crudi pianti!
11.1Quante donzelle hanno avuti mariti
11.2per loro aiuto! Vedov'e orfanelli
11.3hanno cibati e di panni vestiti
12.1cori, cappelle e altri luoghi belli!
12.2Quanti pover terrieri e contadini
12.3son fatti allegri, ch'eran tapinelli!
13.1E nel tempo ch'egli erano a' confini
13.2poteron ritornar per torte vie:
13.3non vollon mai, come buon Fiorentini.
14.1Non fan così molti c'han voglie rie;
14.2anzi, per contentar lor apetito,
14.3tornerien con la biscia o coll'arpie.
15.1Ma lascia far, ché chi ha mal nel dito
15.2e medicasi il capo, non s'avede
15.3di sua ignoranza in fin ch'egli è perito.
16.1E chi cerca il suo male, è gran merzede
16.2ched e' lo truovi; e però non si doglia
16.3chi perde l'alma per sua poca fede.
17.1Sappi che la tua terra ognor si spoglia
17.2d'invidia, d'avarizia e di superbia,
17.3e d'unitate ogni dì più s'amoglia,
18.1perché ha tagliata tutta la mala erba,
18.2dico ribella; ma chi starà al segno,
18.3d'aver grazia e speranza si riserba.
19.1Quanto ben seguirà di tale sdegno!
19.2perché 'l grande, mezzano e 'l piccolino
19.3son ogni equali all'onorato regno:
20.1popolo è ora e Comun fiorentino
20.2uniti insieme, una corda tirando,
20.3che fa star lieto el tuo conte d'Urbino;
21.1come figliuolo e in suo raccomando
21.2el giorno del Batista manda un segno
21.3d'un ricco palio, la festa onorando.
22.1E tutti gli altri, c'hanno di ciò sdegno,
22.2scoppieranno ancora pe' lor fianchi,
22.3non andando la cosa a lor disegno;
23.1e molti in corto tempo saran bianchi,
23.2ché non vedranno riuscir lor credenza,
23.3e que' ch'eran gagliardi fieno stanchi.
24.1Perché or dirai all'alma tua Fiorenza
24.2che dieno al buon principio ottimo fine,
24.3ché ricôr possa la buona semenza.
25.1Tornar vogliamo alle sedie divine,
25.2da poi che no' t'abbiàn tratto di lutto;
25.3rimani in pace». Questo fu lor fine.
26.1Io mi levai per riscrivere il tutto.
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