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2° Giorno

Il mondo creato

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1.1Anzi le porte del mirabil tempio
1.2che si portava d'una ad altra parte,
1.3i lochi aperti, e ne l'aperto cielo,
1.4cui tetto non ricopre o velo adombra,
1.5erano esposti a le pruine, al ghiaccio,
1.6al torbido spirar d'orridi venti,
1.7e del fervido Cane a' raggi estivi;
1.8e 'n lor già s'accogliea profana turba,
1.9e destinate al ferro armenti o greggie.
1.10Tai son pur quelli, in cui n'alberga il mondo
1.11ne la profonda sua parte più fosca.
2.1Di lui parlando, e di terreni obietti,
2.2or da caliginose alte tenebre
2.3già trapassati a la serena luce,
2.4siam dove in sette lumi appar distinto
2.5il candelabro, e 'nestinguibil lampa
2.6lieta e sicura del soffiar de l'Austro,
2.7a Dio s'accende, e qui d'immondo affetto,
2.8o di bruto desio le parti sacre
2.9non ha contaminate il puro albergo.
3.1Lunge, o lunge, o profani, ite in disparte.
3.2O chi rimove a' gran misteri il velo,
3.3sì che n'appaia fiammeggiando in alto
3.4l'alato Cherubin, qual prima apparse?
3.5Già nel suo Figlio avea creato il Padre,
3.6nel Figlio, ch'è principio, il primo cielo,
3.7ch'è fuor de gli stellanti e vaghi giri;
3.8già si godea tranquilla e stabil pace,
3.9cui non perturba o varia 'l corso a destra,
3.10od a sinistra pur volgendo intorno;
3.11già con l'empireo ciel di pure menti
3.12gli angelici splendori insieme accensi,
3.13eran del sommo Sol diffusi i raggi.
3.14E s'altri fur creati in altre parti,
3.15fur di grado men alto, e men eccelse
3.16ebber le sedi e i loro offici e l'opre.
3.17Già rivolgeasi da mattino a vespro
3.18lor conoscenza; e quasi in lucida alba
3.19ciascun in Dio mirando al ver s'illustra.
3.20Ma ne le cose quel saper l'adombra,
3.21e quasi assera, e già la grazia e 'l merto
3.22gli fa beati e gli riempie ed orna.
3.23Quando continuò di giorno in giorno
3.24le sante maraviglie il fabro eterno.
4.1"Facciasi," disse "e sia costante e fermo,
4.2in mezzo a l'acque, il ciel sparso di stelle,
4.3lo qual divida pur l'acque da l'acque."
4.4E fece un chiaro ciel di stelle sparso,
4.5incontra il tempo di robusta forza,
4.6e saldo al raggirar d'un lungo corso:
4.7perch'egli al variar de gli altri erranti
4.8sia quasi certa norma e certa legge.
4.9E col denso di lui l'acque distinse
4.10vaghe, rare, sottili e preste e snelle,
4.11o di ondeggiante o di gelata e salda
4.12natura in sè raccolta. E dipartille,
4.13altre sotto lasciando, altre di sovra.
5.1Così Dio fece, e 'l nome imposto al cielo
5.2da sua fermezza, il firmamento appella
5.3quel che l'uom chiamò poi stellante sfera,
5.4o pur giri stellanti. E fatto insieme
5.5fu da mattino a sera il dì secondo.
6.1Come Dedalo o Scopa, od altro antico
6.2d'artificio gentil famoso mastro,
6.3prima raccoglie i peregrini marmi
6.4e i lucidi metalli e i cedri eletti,
6.5i quai del tempo e de l'età vetusta
6.6l'invido dente non consumi e roda;
6.7poi forma il tutto, e la superba mole
6.8comparte e compie; e le sue volte e gli archi
6.9fonda sovra marmoree alte colonne,
6.10o pur di Caria a' simulacri appoggia;
6.11e fa teatri e loggie entro e d'intorno
6.12con lavori di Ionia o di Corinto;
6.13così di sua materia il fabro eterno
6.14pria l'universo informa, e poi distingue
6.15le varie parti, e l'abbellisce ed orna.
7.1Nè vero è quel che si descrive e mostra
7.2da' saggi, onde la Grecia ancor si vanta:
7.3che tutta la materia al far d'un mondo
7.4consumasse ei nell'opra, e quinci avvenga
7.5che ne facesse un sol, che 'l tutto cinge,
7.6e tutto accoglie ancor nel vasto grembo.
8.1Ned infiniti sono i mondi e i cieli
8.2(com'altri afferma), che d'opposta parte
8.3il furor letterato adduce in guerra.
8.4Ma Dio, che generò la forma, e 'nsieme
8.5la materia del mondo allor produsse,
8.6molti far ne potea di bolle in guisa,
8.7che di spumoso umor riempie il vento.
8.8Perchè a lato al poter che tutto avanza,
8.9son quasi gonfie bolle i mondi e i cieli.
9.1Ma pur ne fece un solo il fabro eterno,
9.2perch'uno era l'essempio, ed uno il mastro;
9.3e della sua virtù formollo impresso.
9.4Uno è l'ordine ancora; e 'n un si volge,
9.5ma in molte sfere si comparte e gira.
9.6La somma de le spere, o 'l sommo cielo
9.7che non ha moto, onde conosce il senso
9.8umano e 'nfermo le sostanze eterne,
9.9corpo ancora non è, ma pura forma
9.10che di serena luce arde e fiammeggia,
9.11e questo empireo ciel fra noi s'appella.
9.12L'altro, ch'è pur corporea e vaga mole,
9.13e conosciuto ancor da' sensi erranti,
9.14in nove giri si divide e volve;
9.15e de la sua materia è lite e guerra,
9.16per cui la dialettica faretra
9.17s'empie d'acuti sillogismi a prova
9.18e n'arma le nemiche avverse parti.
10.1Altri pur di mistura informe e rozza,
10.2onde uscir gli elementi, il forma e finge
10.3ruinoso e caduco, esposto a morte.
10.4Ma con la forma sua, che tutto adempie,
10.5un suo desio leggiadro il tiene in vita
10.6eterna quasi, ed alle cose eterne
10.7il fa sembiante in sì mirabil vista.
10.8Altri de gli elementi il sommo e 'l puro
10.9da l'immondo e feccioso aduna e scieglie;
10.10e ne figura gli stellanti chiostri,
10.11c'hanno dal foco la serena luce
10.12e da la terra il suo costante e 'l saldo.
10.13Questi libera ancor d'orrida morte,
10.14quasi giudice amico, il nato mondo;
10.15non per natura, che soggiace a forza
10.16di tenebrosa morte al duro Fato,
10.17ma perchè il suo fattore il regge e 'l folce;
10.18e sol per suo volere eterno il serba.
11.1Altri, via più vicino a' primi tempi,
11.2de' suoi quattro princìpi, in sè diversi,
11.3alternando le volte, il face e guasta,
11.4ma come vuol discordia o vuole amore.
11.5E se discordia è vincitrice in guerra,
11.6ma vinto amor, nasce il sensibil mondo;
11.7e s'a l'incontro la discordia è vinta,
11.8amor vittorioso il suo riforma
11.9a gli intelletti, e 'n lui trionfa e regna.
12.1Altri un vano intelletto affanna e stanca
12.2ne la confusion turbida, e mischia
12.3de l'infinite parti; e quinci indarno
12.4la mente pazza s'argomenta e 'ngegna
12.5di separarle. Altri corporea mole
12.6genera di figure in vari aspetti:
12.7di piramide acuta il sottil foco,
12.8di quadre forme poi la stabil terra,
12.9di venti quasi faccie il vago e leve
12.10spirante aer sublime egli compone,
12.11e d'otto l'acqua, e vuol che peso e corpo
12.12vane figure, e senza moto e pondo,
12.13diano a' quattro elementi in varie guise.
13.1Altri una quinta essenza al cielo assegna,
13.2sciolta da tutte qualitati umane,
13.3e da morte il difende, e d'ogni oltraggio
13.4mortale il guarda, e nel suo corso eterno,
13.5ch'egli volge e rivolge in vari giri
13.6al suo motor, come bramoso amante.
14.1Ma che? nostra ragion ha corti i vanni
14.2dietro il senso fallace, e strada incerta
14.3il vario moto ne dimostra e segna.
14.4E perchè al mezzo pur s'inchini il grave,
14.5ed inverso l'estremo il leve ascenda;
14.6e 'l corpo non leggiero e non gravoso
14.7d'intorno al centro si raggiri e volga;
14.8e quinci e quindi a' non veduti oggetti
14.9non trova ingegno umano aperto il varco;
14.10e ne' veduti ancor sovente adombra;
14.11ne gli altri, al troppo lume, i lumi abbaglia.
15.1Di qual materia sian le stelle e 'l cielo
15.2dicalo quel che lui spiegò d'intorno,
15.3qual picciol velo, o quasi leggier fumo
15.4fermare il volle; e 'l fè costante e fermo
15.5più di cristallo assai, ch'al giel s'induri,
15.6e lucido divenga in aspro monte;
15.7più di metallo, che s'impetri e stringa,
15.8e renda come specchio altrui l'imago.
15.9Di sembiante materia il Padre eterno
15.10fece ancor di cristallo un puro cielo,
15.11se le cose terrene a le celesti
15.12tanto pon simigliare; e questo ancora
15.13girò d'intorno a le stellanti sfere,
15.14confine estremo del sensibil mondo,
15.15e sovra l'acque vi ripone o serba.
15.16Quali acque, o Dio, sovra le stelle e 'l lume
15.17del sol ponesti? ed a qual uopo, o quando,
15.18come a te piace le riserbi e versi?
15.19son le sostanze spiritali e pronte,
15.20onde il tuo nome glorioso, eterno,
15.21di chiarissime laudi ivi risuona?
15.22ma che? ti loda la pruina e 'l foco?
15.23son l'acque forse la materia informe?
15.24ma da principio tu l'imprimi e fingi?
15.25son l'acque gravi, ove non giunge il leve,
15.26che vola appresso al ciel, nè passa inanzi?
15.27dunque a natura in ciel mutata è legge?
15.28Ma del turbato ciel l'orride porte
15.29tu apristi a l'acque, e le spargesti a terra,
15.30lei ricoprendo e i più superbi monti;
15.31quando sommerso in gran diluvio il mondo,
15.32a pena ricovrossi a' monti Armeni
15.33il seme de' mortali in fragil legno.
15.34Sono adunque di pena e di spavento
15.35l'acque là sù nel ciel ministre eterne
15.36a' miseri mortali; o pur sono anco
15.37incontra 'l foco refrigerio e scampo,
15.38onde ha sua vita 'l mondo in varie tempre?
15.39S'è necessario il foco a l'uso, a l'arte
15.40del viver nostro, e di natura amico,
15.41necessarie son l'acque, e 'n varie sedi
15.42l'uno da l'altro si difende e guarda.
15.43E 'n paragon de l'acque ha seggio angusto
15.44la terra, antica madre, e picciol giro.
15.45Però nel grembo de gli oscuri abissi
15.46già nascosa si giacque; a pena or mostra
15.47parte de le sue membra, a pena inalza
15.48da le spumose braccia al ciel la fronte.
16.1Ma gran parte del mare anco è sommersa.
16.2Nè solo accolte in uno oscuro fondo
16.3son l'acque ascose entro perpetua notte,
16.4o fan sotterra un tenebroso corso;
16.5ma sovra il volto suo diffuse e sparte.
16.6Quinci vedi stagnar paludi e laghi,
16.7e sorger mormorando i chiari fonti,
16.8e l'alte rive empier torrenti e fiumi.
16.9Corron da l'oriente Idaspe ed Indo,
16.10e de gli altri maggior trascorre il Gange,
16.11ed il Caspio ed Arasse e Ciro e Battro.
16.12La Tana ancor, cui l'onde 'l ghiaccio astringe,
16.13ne la salsa discende alta palude,
16.14e dal Caucaso il Fasi al mare Eussino.
16.15Da l'occidente ancor Tarteso ed Istro;
16.16quegli oltra le colonne in mar si sparge;
16.17questi nel Ponto, e pria divide e parte
16.18i popoli d'Europa e i campi e i regni.
16.19Oh quanti ancor da gl'iperborei monti
16.20corron veloci, e da Pirene ed Alpe,
16.21distinguendo Germani e Belgi e Celti?
16.22Dal mezzo giorno l'Etiopia inonda
16.23il Nilo, e i campi impingua al verde Egitto,
16.24e 'l Cremete e l'Egon e 'l Nisio e 'l Negro.
16.25Altri nel nostro mar si spande e mesce,
16.26altri si vota a l'Oceano in grembo.
16.27E l'ondoso Ocean superbo in vista
16.28l'umil terra percote e lei circonda.
16.29E fu secreta providenza ed alta
16.30che di tante acque e tanti umori occulti,
16.31tanti palesi, assecurò la terra
16.32dal foco violento, a lei nemico:
16.33perch'ei, che signoreggia il tutto, vince
16.34d'impeto e d'ira e di contraria possa,
16.35non signoreggi ancor quasi tiranno
16.36usurpando de gli altri i regni e i seggi,
16.37sin a quel spaventoso estremo giorno,
16.38da giudizio divino a lui prescritto.
17.1Tempo certo verrà, come rimbomba
17.2sacra fama in più lingue, e già vetusta,
17.3che 'l foco infiammerà la terra e l'onde,
17.4e tutto in uno incendio avolto il mondo
17.5caderà sparso in cenere e 'n faville.
17.6Allor tutti fian secchi i fiumi e i fonti,
17.7nè fian sicuri i tenebrosi abissi
17.8dal foco vincitor. N'affida intanto
17.9quel che dispose in più soavi tempre
17.10le cose tutte insin dal sommo a l'imo;
17.11e quelle acque da queste allor distinse.
18.1Acque son dunque; e la stellante sfera,
18.2che sette giri in sè contiene e copre,
18.3soggiace a l'acque. E 'l suo maestro eterno,
18.4quando gli fece così adorni in vista,
18.5quadrata lor non diè costante e salda
18.6figura, over simìle a turbo acuto;
18.7nè piramide volle, o pur cilindro
18.8assomigliar nel magistero antico;
18.9ma l'un ne l'altro giro intorno ei volse
18.10in guisa tal che i più sublimi ed ampi
18.11cingon gli altri e men ampi e men sublimi.
18.12E come quel che pria disegna e fonda,
18.13e ne le parti sue dispone il tutto,
18.14e poi l'adorna e di colori e d'auro,
18.15fa vari fregi al magisterio illustre
18.16ed imagine aggiunge e simolacri;
18.17così tutte ei facea del mondo intiero
18.18le parti ornate; e la sublime spera
18.19non figurava già di stelle ardenti
18.20in vari modi, e le sue note e i segni
18.21poi di sua mano impresse il mastro eterno
18.22quel dì ch'ei fece i bei stellanti chiostri,
18.23il quarto dì, quando l'accolta luce
18.24in due gran lumi e 'n altri ancor distinse.
18.25E non sol fece Arturo ed Orione,
18.26ma tutte l'altre onde s'adorna il cielo,
18.27imagini lucenti a' vaghi sensi,
18.28a cui l'età futura i nomi impose.
18.29E la rota al girar leggiera e pronta
18.30sovra due punti in sè contrari affisse;
18.31e i due poli nel ciel costanti e fermi.
18.32L'un mai sempre si mostra ed erge in alto;
18.33l'altro s'inchina a la profonda Stige,
18.34e si rimane ognor sotterra ascoso.
19.1Questo Dio fece, e poi l'umana gente
19.2nel cielo imaginando i vari cerchi,
19.3col pensiero il distinse; e 'n cinque zone
19.4partillo; e 'n altrettante impari fasce
19.5sotto il ciel dipartì l'opaca terra.
19.6E 'l maggior cerchio, che 'n due parti eguali
19.7seca per mezzo il cielo, e quinci e quindi
19.8lascia i duo fissi poli incontra opposti,
19.9fu nomato Equator, perch'egli adegua,
19.10allor che il sol vi giunge, il giorno e l'ombra.
19.11L'altro, ch'obliquo si rivolge intorno
19.12sino a' duo punti, onde ritorna il sole
19.13a ritesser di novo il giro stesso,
19.14Cerchio de gli animali o de la vita,
19.15e de' segni appellar future genti.
19.16E i duo minori intorno al punto affissi,
19.17onde il torto viaggio il sol converte,
19.18Tropici fur chiamati; e gli altri duo
19.19fatti da' poli, ebber di Poli il nome.
19.20E i duo cerchi imperfetti anco nomaro
19.21da le rivolte del pianeta illustre.
19.22E quel che terminò l'umana vista
19.23ne i tenebrosi e lucidi confini,
19.24Orizonte fu detto; e dal meriggio
19.25quello, a cui giunge a mezzogiorno il sole,
19.26ch'a' vari abitator si cangia e varia.
19.27Ma quell'obliquo, in cui distinto calle
19.28fecer poscia girando erranti lumi,
19.29seca in due parti eguali il largo cinto,
19.30che parte il mondo, e notte a giorno agguaglia;
19.31ed a' Tropici aggiunto è quindi e quinci,
19.32tal ch'egli solo è con tre cerchi affisso.
19.33E la metà di sè dimostra ogn'ora
19.34con sei di stelle adorni, ardenti segni
19.35sovra la terra, e l'altra parte ascosa
19.36con altrettanti pur sotto rimansi;
19.37e ciascun spazio eguale in cielo ingombra,
19.38ma con tempo inegual or nasce, or cade,
19.39veloce o tardo; e sei la notte oscura
19.40si fuggon di là su cadenti segni;
19.41e sei riveggon poi tornando il cielo
19.42imagini di stelle accese e d'auro,
19.43come le figurar gl'ingegni audaci
19.44che già produsse il tenebroso Egitto.
19.45E la Grecia i suoi mostri ancor ci finse,
19.46e di favole vane il ciel ripieno,
19.47più adorno il fece di menzogne illustri.
20.1Primo (come si scrive e si figura)
20.2senza l'aurate spoglie oscuro lume
20.3dimostra il portator di Frisso e d'Elle,
20.4che dopo il verno primavera adduce.
20.5Poi col ginocchio ripiegato il Tauro
20.6distende il corpo, e da l'accese corna
20.7gravido fa di sua feconda luce
20.8l'umor terrestre; e i duo Gemelli aggiunti
20.9spargon da chiare stelle ardente foco.
20.10E l'infiammato Cancro al sole indugio
20.11par che sia quasi, e gli ritardi il corso.
20.12E 'l superbo Leon con torvo aspetto
20.13fiammeggia, e 'nsin dal cielo ancor minaccia.
20.14La Vergine vicina a lui risplende
20.15con l'aurea Spiga; e poi la luce e l'ombra
20.16l'alta Libra celeste agguaglia in lance.
20.17Indi lo Scorpion del cielo usurpa
20.18più del suo giusto spazio; e par ch'ei faccia
20.19con le branche ad Astrea lucida libra.
20.20Il Sagittario ha ne l'orribil destra
20.21l'arco piegato; e 'l Capricorno il segue
20.22con fier sembiante, e del gran sole al corso
20.23par ch'egli sia là sù di novo intoppo,
20.24e ritenga le notti algenti e pigre.
20.25Risplende dopo lui con lucida urna
20.26il fanciullo troiano; e 'n una stella
20.27luminosa catena ed aureo nodo
20.28fan di squamosa coda umidi Pesci.
20.29Così nel cerchio obliquo i segni ardenti
20.30poi figurò nel cielo il secol prisco.
21.1Altre imagini a destra, altre a sinistra
21.2verso il freddo Aquilone o 'l nubilo Austro
21.3collocò poscia, e i chiari nomi impose.
21.4Vicina al Polo, che s'inalza e scopre,
21.5con brevissimo giro intorno ruota
21.6l'Orsa minor, che già fu scorta e segno
21.7de la Fenicia a' naviganti audaci.
21.8Di sette stelle poscia adorna il vello,
21.9l'Orsa maggior fa brevi giri e lenti:
21.10l'Orsa, ch'a' Greci in tempestoso mare
21.11fu già fidata duce e segno amico.
21.12Par ch'ei le gridi appresso ad alta voce
21.13il suo pigro Boote, e 'l fiero Drago
21.14fra l'Orsa fiammeggiando orrido serpe.
21.15Cefeo poser non lunge, e d'Arianna
21.16la stellata corona, e 'l grande Alcide,
21.17e la Cetra col Cigno, e l'altro figlio
21.18del favoloso Giove in ciel sublime,
21.19cui d'Aquilone il fiato aspira e d'alto
21.20il fiede, a Cassiopea la destra ei tende,
21.21e i piedi alati vincitore al cielo
21.22porta, quasi di terra alzato a volo,
21.23polveroso e repente, e 'ntorno al manco
21.24ginocchio con tremante e debil luce
21.25le stelle picciolette anco locaro,
21.26che Virgilie chiamò l'età vetusta:
21.27segno nel ciel d'oscuro e picciol lume,
21.28ma pur di nome ancora e chiaro e grande,
21.29perchè i princìpi della state illustra,
21.30e gl'industri mortali a l'opre invita:
21.31perch'è già tempo ch'a l'antica madre
21.32confidi il buon cultore il seme sparso.
21.33Qui insieme collocar sublime Auriga,
21.34che di serpente i piè nel carro ascose;
21.35ed Esculapio (o così parve) a l'Angue
21.36raffigurato; e la Saetta accesa
21.37di cinque stelle, e l'Aquila superba
21.38e 'l guizzante Delfino e 'l gran Pegaso,
21.39che già portò Bellorofonte a volo.
21.40E la figlia di Cefeo e 'l Delta appresso,
21.41o quella imago che figura e segna
21.42l'Isola, che tre monti inalza in mare;
21.43e del nudo Monton l'oscura testa
21.44del suo splendore infiamma, e 'n quella parte
21.45a le vie de gli erranti è più vicina.
21.46Da l'altra, verso il Polo opposto a l'Orse,
21.47presso il torto viaggio è il fiero mostro,
21.48a cui fu ignuda esposta in riva a l'acque
21.49Andromeda legata al duro scoglio.
21.50E par che 'n cielo ancor di lei ricerchi
21.51già lontana, sicura in parti eccelse,
21.52ricoverata d'Aquilone e l'aure.
21.53Ed Orion di fiamme armato e d'auro
21.54v'imaginar, che ne la notte estrema
21.55allor che nasce Scorpio, egli s'asconde.
21.56E l'imagin del Fiume ivi risplende
21.57d'eterno foco; e timidetta Lepre
21.58fuggir di Can veloce i fieri morsi
21.59vi figuraro; e 'l minor Cane ardente
21.60di rabbia il cielo ancor nascendo attrista
21.61con l'infelice lume e i campi infiamma,
21.62e dopo l'altro a noi sorgendo appare,
21.63ma prima a quei, ch'oltre l'obliquo cinto
21.64abitatori son di terra adusta.
21.65Argo, conversa in ciel, si volge a dietro
21.66con proda oscura, e fa ritroso corso;
21.67ma l'altra parte ha luminosa, illustre.
21.68Qui l'Idra e 'l Vaso e 'l Corvo e 'l gran Centauro;
21.69e qui risplende il Lupo e qui l'Altare.
21.70Altra Corona ancor di stelle adorna
21.71da questo lato il cielo, ed altro Pesce
21.72in più lontana parte in lui risplende.
21.73Il Pesce, ch'adorò ne' propi alberghi,
21.74sì come propio Dio, l'antica gente
21.75di Siria abitatrice; a cui non basta
21.76farlo in magion terrena e divo e nume,
21.77ma nel cielo il figura e 'n ciel l'adora,
21.78fatto, come stimò, nel cielo eterno.
22.1Oh de le pazze genti antico errore,
22.2e prisca fraude e mal nutrito inganno,
22.3che torse il mondo al culto iniquo ed empio!
22.4Oh di cerchi e di stelle in un congiunte
22.5vane figure, imaginate indarno
22.6contra la providenza e contra il vero!
22.7Oh vana sapienza e vano ingegno
22.8de la natura umana in Dio superba!
22.9Van pensier, vano ardire e vano orgoglio,
22.10che 'n ciel presume annoverar le stelle,
22.11e qua giù le minute inculte arene;
22.12e misurar gli smisurati campi
22.13de la terra, del mar, del ciel profondo;
22.14e terminar de gl'infiniti abissi
22.15l'altezza e 'l fondo; e por costante meta
22.16a questo spazio della vita incerto;
22.17e prescriver de' fati eterna legge,
22.18serva facendo la natura a forza,
22.19e 'l libero voler, libero dono,
22.20cui non vince, nè sforza o stella od astro.
22.21Egli a l'incontra signoreggia e vince;
22.22e può rapire il gran regno celeste
22.23con violenza, se d'amor s'infiamma.
22.24Ma d'altro amor più santo, e d'altre fiamme
22.25di quelle, onde l'età vetusta e folle
22.26con l'imagini sue mentite e false
22.27tentò di far quasi profano e immondo
22.28del cielo il luminoso e puro tempio.
22.29Poco era adunque del lascivo Cigno
22.30furto amoroso, o d'Aquila ministra,
22.31non di folgori più, nè d'ire ardenti,
22.32ma di piaceri, la rapina ingiusta?
22.33E la corona d'Arianna, e mille
22.34favole vaghe, e favolosi amori,
22.35che Grecia aggiunse a le menzogne antiche
22.36di Babilonia e del superbo Egitto,
22.37se d'Alessandro il successor novello
22.38non aggiungeva ancor la tronca chioma
22.39di Berenice a l'altre stelle ardenti?
22.40Tanto lece a' mortali adunque in terra,
22.41ch'osan di far, non sol di rozza pietra,
22.42o di ruvido pur selvaggio tronco,
22.43lor dei terreni ed idoli superbi,
22.44ma fanno oltraggio a le nature eterne,
22.45ed a la gloria de' celesti giri?
22.46Chè de le stelle è gloria il chiaro lume,
22.47ond'è stella da stella in ciel diversa.
22.48Ma quei già non devean sì pure forme
22.49farsi cagion di sì dannoso inganno,
22.50e 'n tenebre cader da pura luce,
22.51precipitando ne gli oscuri abissi;
22.52anzi salire a Dio di lume in lume,
22.53e riconoscer lui ne l'opre eccelse,
22.54che son del suo splendor faville e raggi.
23.1Dio solo è quel che numerare a pieno
23.2nel mar puote le stille e 'n ciel le stelle.
23.3E Dio pose a ciascuna il propio nome,
23.4onde, chiamata, al suo Signor risponde,
23.5pronta al servizio del sublime impero.
23.6E quai fidi guerrier locati in guardia
23.7ne la più tenebrosa oscura notte
23.8giran le mura vigilando attorno,
23.9tai circondano ancor notturne e preste
23.10l'alte parti del ciel le stelle ardenti,
23.11come lor pria dispose il Re superno.
23.12Lo qual non Orso e non Leone o Drago,
23.13non Aquila sublime in ciel dipinse
23.14d'eterni lumi e di perpetue fiamme;
23.15non altra forma, che nel mar profondo,
23.16o 'n fiume si rimiri o 'n monte o 'n bosco;
23.17ma quella Croce, ove il suo Figlio estinto
23.18trionfar poi dovea de' regni stigi,
23.19in cielo impresse, e ne formò l'essempio
23.20con quattro luminose e chiare stelle;
23.21le quai non rimirò l'etate antica
23.22in questo polo, in cui Boote e 'l Carro
23.23imaginossi e l'altre forme illustri,
23.24ma la nova le scorge in ciel sublimi;
23.25e l'altro Polo, a' nostri sensi ascoso,
23.26ad altri abitatori in sè l'esalta.
23.27E di certa vittoria è segno eterno
23.28al giusto Re, ne la pietosa guerra,
23.29quella, che fiammeggiando in aria apparse
23.30d'Elena al figlio glorioso invitto,
23.31che 'l novo Faraon sommerso in Tebro
23.32fece cader dal ruinoso ponte,
23.33e Roma liberò dal giogo oppressa,
23.34e gli idoli superbi a terra sparse.
23.35E quella poi, che folgorando in alto
23.36pur dimostrossi al successore indegno,
23.37si dissolvea, come vapori accesi
23.38in quei de l'aria tempestosi campi.
23.39Ma questo in ciel di lumi eterni e fissi
23.40è trofeo non caduco, e stabil segno
23.41(se sperar lice) di costante impero,
23.42e quasi nota, onde sue leggi inscrisse
23.43il Re superno a' vincitori, a' vinti:
23.44chè gloria a gli uni, e dà salute a gli altri.
23.45Ben se n'avide ancor l'antico Egitto
23.46ne le tenebre sue più fosche e dense,
23.47onde fra l'altre sue figure e note
23.48de' suoi misteri, ancor la croce impresse.
23.49E figurò la croce il fabro eterno
23.50ne le quattro del mondo avverse parti:
23.51talchè la forma sua divide e segna
23.52l'Orto e l'Occaso e l'Aquilone e l'Austro.
24.1Son dunque segni di salute i segni
24.2ch'impresse Dio nel magistero eterno.
24.3Nè cosa feo là sù malvagia o fella,
24.4o di morte cagione o d'altro danno
24.5a' miseri mortali. Ah, cessi or l'empio,
24.6cessi il superbo, che saetta e vibra
24.7incontra il ciel l'ingiuriosa lingua!
24.8Non son maligne le serene stelle,
24.9nè pon nocer altrui con fiero aspetto
24.10nè per elezion, nè per natura.
24.11Non per elezion: chè senso ed alma
24.12avrian le stelle, e d'animali in guisa
24.13perturbate sarian da' nostri affetti.
24.14Non per natura ancor, se Dio creolle:
24.15che non è creator di mali Iddio,
24.16nè mai d'opra non buona è mastro o fabro.
24.17Nè mai, per variare il loco e 'l sito,
24.18potrian di buone divenir maligne,
24.19o pur buone di ree, chinando 'l guardo,
24.20o mutando figura o pur sembiante:
24.21come si dice che più lieta in vista
24.22alcuna si rallegra allor che nasce,
24.23e inanzi al suo cader si duole e turba.
24.24Altra a l'incontro è lieta anzi l'occaso,
24.25e dogliosa ne l'orto; altra si sdegna,
24.26e poi si placa nel cangiare il grado.
24.27Chè se ciò fusse, la natura umana
24.28saria men variabile e 'ncostante
24.29de la celeste, e 'n quelle eterne leggi
24.30certezza non saria, ma vano errore.
24.31Nè già convien che 'l messaggier di Giove,
24.32come animal da' luoghi a cui s'appressa
24.33in mille guise si colora e varia,
24.34così mille colori e mille forme
24.35prenda ei da' suoi vicini. Adunque in cielo
24.36non si perde bontà per grado, o scema:
24.37che 'l cielo è tutto buono, e 'n ogni grado
24.38la divina bontà diletta e giova.
25.1Tacciansi ancor de le sublimi stelle
25.2gli odi celesti e i lor celesti amori,
25.3ma non degni del cielo, e i vari aspetti,
25.4ch'altri si miri da contraria parte,
25.5altri congiunto, altri girando intorno
25.6tre segni, o quattro, o sei, si trovi in mezzo,
25.7mentre riguarda la sua amica stella,
25.8o la nemica: chè discordia in cielo
25.9esser non può, nè ingiurioso sdegno.
25.10Ne' cinque aspetti soli, e 'n altre guise
25.11l'una potria ver l'altra esser conversa
25.12benigna stella in placido sembiante.
25.13E se dimostra pur dal cielo e segna
25.14quanto schivar, quanto seguir conviensi,
25.15in questo spazio de la vita incerto,
25.16non ci costringe a forza e non ci offende,
25.17ma giova sempre, o 'l bene o 'l mal predica.
25.18Giova al nocchiero entro al securo porto
25.19la nave ritener, se 'l vento e l'onda
25.20spaventosa tempesta a lui minaccia,
25.21ed armato Orion guerra gli indice.
25.22E giova al peregrin volgendo il passo
25.23fuggir la noia d'importuna pioggia,
25.24e ricovrarsi in solitario albergo.
25.25E giova a gli egri l'osservar de i giorni
25.26giudici della vita e della morte.
25.27E 'l buon cultor de' campi, o i semi sparga
25.28o piante, osserva pur ne l'opre usate
25.29il nascere o 'l cader di stelle amiche,
25.30ed opportuna la stagione e 'l tempo.
26.1Ma che? l'alto Signore a noi predisse
26.2ch'appariran gli spaventosi segni
26.3del mondo, che ruina alfin minaccia,
26.4nel sole e ne la luna e ne le stelle.
26.5Ci negherà la luna il lume e i raggi,
26.6e fia converso il sol turbato in sangue,
26.7e questi fian de la ruina estrema
26.8orridi i segni. Or chi trapassa il guado,
26.9di nostra vita le ragioni assegna;
26.10e quasi avinta con non saldo stame
26.11al fatal fuso di severa Parca,
26.12la fa soggetta al variar de' cieli;
26.13e loda de' Caldei gl'ingegni e l'arti.
26.14Ma concedasi pur che 'n ciel descritti
26.15i segni sian non di tempesta o nembo,
26.16o de l'incerto variar de' tempi,
26.17ma de la vita, e di sue varie sorti:
26.18che ne diran? che delle stelle erranti,
26.19e de l'affisse ne l'obliquo cinto
26.20congiunte insieme, gl'implicati nodi,
26.21e le varie figure, e i vari incontri
26.22sien di felice aventurosa vita
26.23alta cagione a chi lo ciel sortilla?
26.24o di contraria pur dogliosa sorte?
26.25Ma pur dirò, per illustrare 'l dubbio,
26.26quel che degli altri è detto, e i detti in prova
26.27pur addurrò contra gl'istessi in lite.
27.1Gl'inventori de l'arte in poco spazio
27.2vider molte figure e 'n breve tempo,
27.3chè disparian troppo veloci inanzi
27.4a gli occhi loro: onde raccolte e chiuse
27.5fur da gl'istessi entro misure anguste,
27.6quasi in un solo indivisibil punto,
27.7che 'n un sol batter d'occhio altrui disparve.
27.8Quinci di quei che da' materni chiostri
27.9nascer deveano a la serena luce,
27.10nel primo punto o 'n quel che segue appresso,
27.11molta varietà d'ingegno e d'arte
27.12notaro, e di possanza e di fortuna.
27.13Ch'altri ci nasce pur Cambise o Ciro,
27.14od Alessandro o fortunato Augusto,
27.15a scettro, a regno, a glorioso impero,
27.16a l'onor de' trionfi e di vittoria.
27.17Altri iro a ricercar di porta in porta
27.18quel che sostegna la noiosa vita
27.19in vergognosa povertate e grave.
27.20Però in dodici parti il cerchio obliquo
27.21diviser prima, ed ogni parte in trenta:
27.22chè 'n tanti giorni un segno il sol trascorre
27.23di que' dodici in lui segnati e impressi.
27.24E poi secar le trenta, e risecaro
27.25le sessanta in sessanta, e 'n sì minute
27.26parti distinte fur gli aspetti e l'ore,
27.27per trovar quella di chi nasce al mondo.
27.28E non fur certi de l'instabil punto:
27.29perchè sparire e dileguar repente
27.30in cielo il vedi co 'l volar del tempo.
28.1È nato a pena il fanciulletto ignudo
28.2che si riguarda il sesso, e poi s'aspetta
28.3il pianto, segno de l'umana vita
28.4lacrimoso e dolente, a lei conforme:
28.5predice indi il Caldeo le varie sorti.
28.6Quanti punti trascorsi intanto a volo
28.7son ne l'indugio? e chi descrive appunto
28.8la figura del cielo? e quale ascenda
28.9sublime stella, e signoreggi intanto,
28.10e prescriva al fanciullo il propio fato?
28.11Però ne le figure, e varie e vaghe,
28.12è certo inganno e nel volar de l'ore.
29.1Nasce costui di grazioso aspetto,
29.2placido e grave e lento, e crespo il crine;
29.3e l'ora sua da l'animal di Frisso
29.4aver si crede; e questi è d'alto core
29.5e magnanimo ancor, chè tal si mostra
29.6l'animal, che de gli altri è quasi il duce,
29.7ardito al cozzo ed al ferir di corno,
29.8e mansueto poi, mentre si spoglia
29.9senza dolor la molle e bianca lana,
29.10di cui Natura poi l'orna e riveste
29.11agevolmente. E quel ch'i lumi aperse
29.12mentre ha nel Tauro il sol lucido albergo,
29.13è faticoso, e tolerante a l'opre,
29.14ed in atto servil se stesso ei doma,
29.15però ch'avezzo è 'l Tauro al grave giogo.
29.16Quegli a cui Scorpio in ciel lucente ascende,
29.17altrui percote disdegnoso e fere,
29.18come la fera che le piaghe attosca.
29.19Ma Libra, che le cose agguaglia in lance,
29.20giusto fa l'uomo e di giustizia amico.
30.1Or tieni il riso? Il segno in via distorta,
30.2onde prendi a la vita alto principio,
30.3o sia il Monton, che già le notti adegua
30.4co' dì sereni, o pur lucida Libra,
30.5poca è del cielo e più lontana parte.
30.6E da le fiere e da le greggie immonde
30.7i costumi de l'uom figuri e formi?
30.8e ferina per te, non pure immonda,
30.9è la natura umana? al cielo ancora
30.10la feritate assegni? il ciel dipende
30.11da le contaminate e lorde mandre?
30.12e fai soggette le celesti spere
30.13a le terrene belve? Oh sciocca e stolta
30.14sapienza mondana, ond'uom si gonfia
30.15di vano fasto e di superbo orgoglio,
30.16simile a tela d'infelice aracne,
30.17che ne la sua testura a pena involve,
30.18e 'ntrica l'ali a l'importuna mosca;
30.19ma se peso più grave in lei s'incappa,
30.20non si ritien, ma la dissolve e frange.
30.21Oh piaccia a lui, che ne distringe e lega,
30.22com'a lui piace, e talor solve e snoda
30.23i lacci del peccato e i duri nodi,
30.24onde il fato qua giù tien l'alme avinte;
30.25oh piaccia, dico, a lui, cui tanto aggrada
30.26il libero voler, celeste dono,
30.27anzi divino, e non soggetto al cielo:
30.28di squarciar de' contesti antiqui inganni
30.29la fragil tela, e peso aggiunga a detto
30.30liberator de gl'infelici ingegni.
31.1Dunque dirò che nel continuo corso
31.2de' sette erranti, altri al suo centro intorno
31.3fan più veloce il giro, altri più tardo;
31.4ed in un'ora altri guardarsi insieme
31.5sogliono, altri celarsi; e mille e mille
31.6fanno di sè ne gli stellanti chiostri
31.7varie figure, e da minuto inganno
31.8nel suo principio, che s'avanza e cresce,
31.9un infinito errore alfin deriva.
31.10E s'in ogni momento il ciel si cangia
31.11e muta in un sol dì mille sembianze,
31.12perchè non ogni giorno il re ci nasce?
31.13o perch'al padre nel paterno regno
31.14succede il figlio nato in vario clima
31.15sotto varia del ciel figura e d'astro?
31.16perchè non tutti i regi e i grandi augusti
31.17regia figura in ciel, reale aspetto,
31.18attendono de' figli al novo parto?
31.19e qual nel generarli almeno elegge
31.20l'ora opportuna? e di bramata prole
31.21chiede il consiglio alle fatali stelle?
31.22Ebbe forse nel ciel reale imago
31.23di fortunate luci, allor che nacque
31.24Gige, che re di servo alfin divenne?
31.25o Servio, che di Roma al regno ascese?
31.26o 'l Tartaro, che l'Asia e vinse e corse?
31.27Creso a l'incontra con servile aspetto
31.28nacque di fiera stella e di maligna.
31.29E Perseo e 'l fier Iugurta e gli altri regi,
31.30che 'l trionfo onorar di Roma invitta.
31.31E come gli altri l'infelice Augusto
31.32preso dal re de' Persi, e l'altro avinto
31.33dal barbarico orgoglio ha pari scempio.
32.1Ma ne l'estremo, quel che tutto avanza,
32.2ponga omai fine a le question profonde:
32.3perchè vane sarian le sacre leggi,
32.4vani i giudìci, onde virtù s'onora
32.5col guiderdone, e 'l vizio ha pena e scorno,
32.6se i gran princìpi derivati altronde
32.7fosser de l'opre giuste e de l'inique,
32.8e non in noi medesmi; e ladro il ladro
32.9non fora, e non faria col furto oltraggio,
32.10nè, percotendo, il micidiale ingiusto,
32.11se non potesse la sua errante destra
32.12quel da l'oro astener, questi dal ferro,
32.13sospinto a forza dal destino avverso.
32.14Vani sariano i magisteri e l'arti,
32.15e le fatighe ancora; e i campi indarno
32.16segneria con l'aratro il buon cultore,
32.17o domeria col rastro e col bidente,
32.18aguzzando talor l'adunca falce,
32.19se da l'ira del ciel matura messe
32.20fosse negata, o dal voler del fato.
32.21E 'nvano altri solcando il mare Eussino
32.22o 'l Caspio o l'Eritreo travaglia e merca,
32.23se 'l fato le ricchezze accoglie e sparge.
32.24E quella de' fedeli antica speme,
32.25ch'al gran regno del cielo invitta aspira,
32.26perir potrebbe, ove il suo premio al giusto
32.27non si conceda, e la sua pena a l'empio.
32.28Chè dove il fato signoreggia e sforza,
32.29la dignitate e la virtù sublime
32.30non han loco fra noi conforme al merto.
32.31Ma temer non debbiam che il ciel non serbi
32.32a le buon'opre alfin corona e palma.
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