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1° Giorno

Il mondo creato

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1.1Padre del cielo, e tu del Padre eterno
1.2eterno Figlio, e non creata prole,
1.3de l'immutabil mente unico parto,
1.4divina imago, al tuo divino essempio
1.5eguale, e lume pur di lume ardente;
1.6e tu, che d'ambo spiri e d'ambo splendi,
1.7o di gemina luce acceso Spirto,
1.8che sei pur sacro lume e sacra fiamma,
1.9quasi lucido rivo in chiaro fonte,
1.10e vera imago ancor di vera imago,
1.11in cui se stesso il primo essempio agguaglia
1.12(se dir conviensi), e triplicato Sole,
1.13che l'alme accendi e i puri ingegni illustri;
1.14santo don, santo messo e santo nodo,
1.15che tre sante Persone in un congiungi,
1.16Dio non solingo, in cui s'aduna il tutto,
1.17che 'n varie parti poi si scema e sparge;
1.18termine d'infinito alto consiglio
1.19e de l'ordine suo divino Amore;
1.20tu dal Padre e dal Figlio in me discendi,
1.21e nel mio core alberga, e quinci e quindi
1.22porta le grazie, e inspira i sensi e i carmi,
1.23perch'io canti quel primo alto lavoro,
1.24ch'è da voi fatto, e fuor di voi risplende
1.25maraviglioso, e 'l magistero adorno
1.26di questo allor da voi creato mondo,
1.27in sei giorni distinto. O tu l'insegni,
1.28che 'n un sol punto chiudi i spazi e 'l corso,
1.29che per oblique vie sempre rotando
1.30con mille giri fa veloce il tempo.
1.31Piacciati ancor che del tuo foco a l'aura
1.32canti il settimo dì, soave e dolce
1.33riposo eterno, in cui prometti e rendi
1.34non pur sedi lucenti, e gioia e festa;
1.35ma di breve, terrena, incerta guerra
1.36alfin certe là sù corone e palme,
1.37e trionfo celeste. O pure intanto
1.38questa quiete, in cui m'attempo e piango
1.39(se quiete è qua giù fra 'l pianto e l'ira),
1.40somigli quella, a cui n'invita e chiama
1.41d'infallibil promessa alta speranza,
1.42ch'al suon d'eterna gloria il cor lusinga.
1.43Tu le cagioni a me del novo mondo
1.44rammenta omai, prima cagione eterna
1.45de le cose create inanzi al giro
1.46de' secoli volubili e correnti.
1.47E qual pria mosse te, cui nulla move,
1.48motor superno, a la mirabil opra,
1.49già novissima, esterna, omai vetusta,
1.50che tutto aduna e tutto accoglie in grembo,
1.51e serba ancor le prime antiche leggi,
1.52mentre risplende pur di luce e d'oro,
1.53e di vari colori e varie forme
1.54mirabilmente figurata a' sensi.
1.55Dimmi qual opra allora o qual riposo
1.56fosse nella divina e sacra mente
1.57in quel d'eternità felice stato.
1.58E 'n qual ignota parte e 'n qual Idea
1.59era l'essempio tuo, celeste fabro,
1.60quando facesti a te la reggia e 'l tempio.
1.61Tu, che 'l sai, tu 'l rivela; e chiare e conte,
1.62Signor, per me fa l'opre, i modi e l'arti.
1.63Signor, tu sei la mano, io son la cetra,
1.64la qual, mossa da te, con dolci tempre
1.65di soave armonia risuona, e molce
1.66d'adamantino smalto i duri affetti.
1.67Signor, tu sei lo spirto, io roca tromba
1.68son per me stesso a la tua gloria, e langue,
1.69se non m'inspiri tu, la voce e 'l suono.
1.70Tu le tue maraviglie in me rimbomba,
1.71Signore, e fia tua grazia il novo canto:
1.72perchè non pur s'ascolti in riva al Tebro,
1.73al bel Sebeto, a l'Arno, al re dei fiumi,
1.74al Mincio, al Brembo, al Ren gelato, a l'Istro,
1.75ma dove il Nilo i suoi vicini assorda;
1.76e quei, che fa più sordi errore e colpa,
1.77desta per tempo o tardi a' sacri accenti.
2.1Pria che facesse Dio la terra e 'l cielo,
2.2non eran molti dei, nè molti regi
2.3discordi al fabricar del novo mondo.
2.4Nè solitario in un silenzio eterno
2.5in tenebre viveasi il sommo Padre,
2.6ma col suo Figlio e col divin suo Spirto
2.7in se medesmo avea la sede e 'l regno,
2.8de' suoi pensati mondi alto monarca:
2.9perch'opra fu il pensier divina, interna.
2.10Nè d'uopo a lui facean le schiere e l'armi,
2.11nè teatro a la gloria, in cui risplende
2.12solo a se stesso, e parte altrui s'involve.
2.13Ma narrar non si può, nè 'n spazio angusto
2.14cape de l'intelletto umano e tardo,
2.15come 'n se stesso e di se stesso il verbo
2.16generasse ab eterno; e 'l sacro modo
2.17di sua progenie; e l'inefabil parto
2.18del suo Figliuol, che in maestà sublime
2.19a se medesmo adegua assiso a destra.
2.20Taccia l'antica omai Grecia bugiarda
2.21la progenie di Celo e di Saturno,
2.22e de' cacciati dei le tronche parti;
2.23e i Giganti e i Titani al fondo avinti
2.24de la tartarea e tenebrosa notte;
2.25e gli usurpati seggi, e 'l figlio ingiusto
2.26contaminato dal paterno oltraggio;
2.27e quella, che dal capo ei fuor produsse,
2.28dea favolosa, con lo scudo e l'asta;
2.29e con Osiri e co 'l latrante Anubi
2.30taccia i suoi mostri il tenebroso Egitto,
2.31che d'antiche menzogne il vero adombra.
2.32O, se n'è degno, il chiaro suono ascolti
2.33di lei, ch'uscio dalla divina bocca
2.34de l'altissimo Padre inanzi al tempo
2.35de le cose create; e seco alberga
2.36d'antica eternità gli eccelsi monti:
2.37primogenita sua ne l'alta luce,
2.38a cui la mente umana aspira indarno.
3.1Questa, nata di lui, figliola eterna
3.2sempre fu seco; e 'l raggirar de' lustri
3.3non l'è vicino o 'l variar de gli anni.
3.4E non erano ancor gli oscuri abissi,
3.5nè rotto avean la terra i primi fonti,
3.6quando fu conceputa, e l'erto giogo
3.7non alzavano ancor Pirene ed Alpe,
3.8Ossa, Pelio ed Olimpo e 'l duro Atlante,
3.9o gli altri monti, o da l'aperto fianco
3.10non correano ondeggiando al mare i fiumi
3.11da le quattro del mondo avverse parti,
3.12quando lei partoriva il sommo Padre.
3.13Seco era allor ch'ai ciechi abissi intorno
3.14egli facea l'oscuro cerchio e 'l vallo.
3.15Seco era allor che 'n ciel le stelle affisse,
3.16e l'acque sue, librando, appese in alto.
3.17Seco era allor ch'a l'ocean profondo
3.18termine pose, e diè sue leggi a l'onde;
3.19e quando ei collocò de l'ampia terra
3.20i fondamenti, era pur seco a l'opre.
3.21Seco 'l tutto formò di giorno in giorno
3.22quasi scherzando, e fu l'oprar diletto.
3.23Ma questo fatto avea l'aurato albergo
3.24di chiare stelle, e d'oro adorno e sparso,
3.25a la creata sapienza, e 'n parte
3.26lei de l'eternità felice e lieta.
3.27Ma quello albergo in disusate tempre
3.28per sua natura si trasmuta e cangia;
3.29e nel suo variar già quasi algente
3.30pur diverrebbe ottenebrata in parte,
3.31e qual caduca e ruinosa mole
3.32vacillar già potria: però s'appressa,
3.33e giunge a lui, che gli è sostegno, e 'l folce,
3.34e tutto del suo amor l'illustra e 'nfiamma,
3.35tal che non si dissolve, e non paventa
3.36morte o ruina mai, nè caso o crollo
3.37per vicenda di tempo o per rivolta,
3.38benchè pur d'Ission la ruota, e 'l pondo
3.39del Mauritano stanco altri racconti.
3.40Ma in lui s'acqueta, e 'n contemplar s'eterna
3.41la celeste magion, che 'n sè n'accoglie,
3.42e quella dal principio a Dio presente,
3.43pria ch'ei facesse il suo lavoro adorno,
3.44seco era nel principio, allor che ei volle
3.45formar co' detti le mirabili opre.
4.1È buono Iddio, tranquillo e chiaro fonte,
4.2anzi mar di bontà profondo e largo,
4.3che per invidia non si scema o turba.
4.4Ma quel, ch'è buono e 'n sè perfetto a pieno,
4.5la sua bontate altrui comparte e versa.
4.6Dunque ei, di sua bontà fecondo e colmo,
4.7la sparse, quasi un mar, che l'onde sparge;
4.8la spiegò come un sol che spiega i raggi,
4.9e volere e natura in un congiunse.
4.10E quinci fur quasi germogli o parti
4.11le cose poi create, in cui si scorge
4.12più e men chiaramente, e da l'eccelse
4.13in fin a l'ime ancor riluce e splende.
4.14E 'n tutte il creatore alto vestigio
4.15di lei c'impresse, e figurolle a dentro.
4.16Ma della sua bontà la vera imago
4.17in altre appare, e con sembianza illustre
4.18son degne d'inalzare al ciel la fronte,
4.19di sua divinità parte mostrando.
4.20Anzi non è sì vil di pregio, o 'n vista,
4.21cosa fra le create; o sì lontana
4.22da le pure del ciel lucenti forme
4.23per faticosa via non move o serpe;
4.24o non s'appiglia 'n terra; o 'n dura pietra,
4.25che bagni il mar, non si rimira affissa;
4.26o non giace in palude, o in ima valle,
4.27in cui non si ritrovi e non si mostri
4.28mirabil arte del suo mastro eterno,
4.29che fè di nulla il magistero e l'opre.
5.1Questa fu l'una del creato mondo
5.2alta cagion, ch'i vari effetti adempie
5.3di se medesma; ed infinita avanza;
5.4e non mai de' suoi doni avara o parca
5.5sua largità comparte. A questa arroge
5.6la gloria sua che star non debbe occulta.
5.7Ma come in ciel fra gli stellanti chiostri,
5.8in quel sacro al suo nome eterno tempio
5.9è chi l'adori, e con perpetuo suono
5.10d'alta voce immortale il lodi e canti:
5.11sì che de l'onor suo lieto rimbomba
5.12l'Orto, l'Occaso e l'Aquilone e l'Austro;
5.13e de l'eternità gli antichi monti
5.14risuonan tutti a l'armonia superna;
5.15così debbe qua giuso aver la terra
5.16adoratori, e chi in sonoro carme
5.17sacrificio di laude a Dio consacri.
5.18Perchè quanto adempiè suprema ed alta
5.19bontà divina, ancor sua gloria adempia;
5.20e colmi il tutto; e co' suoi raggi illustri
5.21per le parti di mezzo e per l'estreme.
6.1Già di quel ch'ab eterno in sè prescrisse
6.2Dio, ch'è senza principio e senza fine,
6.3era giunto il principio, e giunto il tempo
6.4co 'l principio del tempo. E qual di gorgo
6.5o di pelago pur tranquillo ed alto,
6.6che senza 'l moto e l'onde e posi e stagni,
6.7esce talvolta il rapido torrente:
6.8tal da l'eternità che 'n sè raccolta
6.9si gira, e di se stessa è sfera e centro,
6.10omai prendeva il tempo il moto e 'l corso;
6.11quando il suo creator lo spazio al passo,
6.12e la misura diè, lo stato eterno.
6.13Gl'invisibili oggetti a pena intesi
6.14(se lece dire avanti) erano avanti;
6.15e l'origin de gli altri esposti a' sensi.
6.16Già cominciava allor che 'l sommo Padre
6.17(che 'l suo Figlio e 'l suo Spirto a l'opre esterne
6.18e communi fra lor non lascia a dietro)
6.19diè 'l pensato principio al novo mondo,
6.20più d'ogni creatura antico e prisco,
6.21il sommo ciel creando e l'ima terra.
7.1Ma come di sublime e chiaro albergo,
7.2che pareggi le cime a gli erti colli,
7.3e gli aurei tetti infra le nubi asconda,
7.4il principio, che 'n lui si loca e fonda,
7.5non è l'albergo ancora, e 'n calle obliquo
7.6non è 'l principio suo l'istesso calle:
7.7così lo stabil punto, onde si volge
7.8il tempo in sè, non è il suo spazio o 'l tempo,
7.9che parte dal principio e 'n lui ritorna.
7.10Dio fece nel principio il cerchio estremo;
7.11e quella, ch'a noi par costante e salda
7.12sede, pur fece in mezzo a l'ampio giro;
7.13nè fu del suo poter, che sia disgiunto
7.14da l'eterno volere, ombrato effetto:
7.15come talor del corpo opaco e denso
7.16è l'ombra, e del lucente il lume e 'l raggio.
7.17E 'l voler fu poter, ed opra eletta.
8.1Ma sì come di creta in Lesbo o 'n Samo
8.2mille vasi compone, e 'n mille guise
8.3il suo buon mastro gli colora e pinge,
8.4nè consuma il poter con l'arte insieme,
8.5l'arte infinita, onde pon fine a l'opre:
8.6così del mondo il fabro, eguale a un mondo
8.7non ha la possa, chè soverchia il tutto;
8.8e mille mondi e l'infinito eccede.
9.1Quel che ne' vari e smisurati campi,
9.2in cui trovar non lece il sommo o l'imo,
9.3nè 'l manco ivi segnar, nè 'l lato destro,
9.4dal vago incontro di minuti corpi
9.5commossi a caso e 'n lungo error volanti,
9.6simili a quei, ch'ove risplende il sole,
9.7talor veggiamo in varia turba e mista,
9.8fa vari mondi, e gli riforma e guasta,
9.9e di sito diversi e di figura,
9.10mentre egli insieme gli congiunge o parte,
9.11tela forma d'Aracne e fral contesto,
9.12che leggiermente poi disperde o solve
9.13de la fortuna errante il soffio e l'aura
9.14o 'l dubbio respirar del corso incerto.
10.1Ma queste (se dir lece) alte colonne
10.2ferma in ben salda base, e 'n lor s'appoggia,
10.3come a lui piace, la profonda terra;
10.4e crollar non la può tempesta o turbo,
10.5ma solo il suo voler la move, e scote
10.6il suo voler, che d'infiniti abissi
10.7ha tenebrose, oscure, alte latebre.
10.8In cui s'aperti avesse i ciechi lumi
10.9quel, ch'i termini tolse al vasto mondo,
10.10le fiammeggianti mura a terra sparse,
10.11e 'l vano immenso col pensier trascorse,
10.12non avria dato a dea fallace ed orba
10.13de la terra e del ciel lo scettro e 'l regno.
10.14Folle, che non conobbe il modo e l'arte,
10.15per cui creato è il mondo al primo essempio,
10.16che 'l divino architetto in sè dipinse,
10.17maggior de l'opra assai, che poscia offerse
10.18quasi da contemplar oggetto a' sensi.
10.19Ma qual mastro terren scolpisce e forma
10.20di preziosa gemma in giro angusto
10.21il cielo, e i suoi lucenti e vaghi segni:
10.22tal il fabro immortal in queste impresse
10.23sparse di varie luci erranti sfere,
10.24l'interna idea, cui non è pari il mondo;
10.25e da lei stanca è la materia, e perde.
10.26La qual creata fu dal primo mastro,
10.27che fece l'opra, e non eletta altronde:
10.28ch'altra origine a lei si cerca indarno.
10.29Ella al suo creator si volge e veste
10.30vaga di sua beltade, e 'n rozzo grembo
10.31mille forme colora, e mille lumi
10.32da la sua luce in varie guise accende.
11.1Chi pone i due princìpi e 'l doppio fonte,
11.2e quinci i beni sol deriva, e quindi
11.3origina di mali ampi torrenti;
11.4o divide l'imperio, o 'n due l'adegua,
11.5e di tenebre un re si finge ed orna,
11.6e fa di sua malizia a lui corona.
11.7E, se ciò fusse, in contrastar rubella
11.8la materia sarebbe, o schiva e tarda
11.9si mostreria sotto il contrario manto
11.10a quel che l'invaghì pur dianzi, e piacque.
11.11Ma noi veggiam ch'ella bramosa e pronta
11.12le forme accoglie e le trasmuta e varia,
11.13come piace a colui che sì l'adorna;
11.14forse ne le più belle è più costante,
11.15ed in guisa di lor sue brame adempie,
11.16che spogliar se 'n ricusa, anzi che 'l mondo
11.17ruinoso vaccilli, e 'l corso obliquo
11.18cessi del sole e de l'erranti stelle.
12.1Ma sia pur questa in ciel materia, od altra
12.2d'altra ragion, d'eternità superba
12.3la materia non vada; e non s'agguagli,
12.4per antica vecchiezza e veneranda,
12.5a quel de gli altri, e suo, vetusto Padre,
12.6e vetusto Signore e Dio vetusto.
13.1Dunque lo spirto suo non poscia od ante,
13.2ma con le forme la creò spirando;
13.3e di bellezza e di bontà divina
13.4spirolle al seno un desiderio interno,
13.5un vago instinto, anzi un leggiadro amore,
13.6ch'a la natia diè fine orrida guerra:
13.7per cui ritrosa e fella e ribellante
13.8era a se stessa in suo furor discorde,
13.9se dir si può che mai la terra al foco
13.10fosse confusa in quella orribil mischia.
13.11Nè foco era, nè terra, e l'aria e l'onda
13.12si distruggean ne le contrarie tempre.
13.13E ciascuna di lor nel dubbio acquisto
13.14se medesma perdeva, e fiera morte
13.15era la sua vittoria; e l'imo al sommo
13.16male adeguato e mal confuso appresso.
13.17Onde quella incomposta e rozza mole
13.18nè tutto era, nè nulla, e nulla apparve.
13.19Fu questa forse immaginata guerra
13.20e d'altra guerra pure imago ed ombra.
13.21E simolacro di tenzon maligna,
13.22che fè natura al suo fattore avversa.
14.1Ma l'alto Dio creò quasi repente
14.2la materia e le forme; e qual sia prima,
14.3o queste, o quella, io non mi glorio e vanto
14.4già di provare in periglioso arringo,
14.5da l'Academia uscito e dal Liceo.
14.6Ma pur l'arte divina è prima, e vince
14.7l'altre per dignitate, e vince il tempo.
14.8Ma l'arte umana pargoleggia e sembra
14.9ne gli scherzi fanciulla a l'opre intorno.
15.1Prima vestia le mansuete agnelle
15.2la bianca lana, e poi la tesse e tinge
15.3il buon testore; e 'n rugiadosa conca
15.4porpora coglie pur Sidone e Tiro,
15.5quasi marini fiori. E l'alto pino
15.6pria con acute foglie in verde monte
15.7frondeggia, o pur l'abete o l'orno o 'l cerro,
15.8poscia l'arte ne fa le navi e l'aste.
15.9Prima nell'ampio sen la terra avara
15.10nasconde il ferro, e quinci il tragge e forma
15.11l'industria umana o spada o lucido elmo,
15.12od innocente a duri campi aratro.
16.1Ma quella inanzi al tempo e inanzi al mondo
16.2arte divina, fè la terra e 'l cielo;
16.3ed intiero ciascun, nè parte adietro
16.4lasciò, ma riempì gli estremi e 'l mezzo,
16.5e 'n lor dispose il foco e l'aria e l'onda,
16.6ch'a la terra, gravosa e ferma sede,
16.7stese le braccia mormorando intorno;
16.8vaga instabil, ma grave; e 'n giro cinta
16.9fu da l'aria più vaga e più leggiera.
16.10E levissimo il foco a lei corona
16.11fece, e vicino al ciel suo loco scelse.
16.12Così l'arte divina insieme avinse,
16.13quasi catena inanellata e salda,
16.14gli elementi fra lor vari e discordi.
16.15E fra gli estremi, per natura avversi,
16.16pose in parte contrari, in parte amici,
16.17i duo di mezzo; e fè constante e fermo
16.18in questa guisa e 'ndissolubil nodo.
17.1Invisibile ancor la nuda terra
17.2era dianzi creata, e non adorna,
17.3quasi novo teatro, e voto i seggi
17.4in cui non sia chi miri, o pur contenda:
17.5chè nati ancora i miseri mortali
17.6non erano a vederla; e vasta ed erma
17.7solitudine inculta i campi e i monti
17.8empiea d'orrore, e le deserte arene.
17.9Non spiegavano ancor l'ombrosa chioma
17.10gli alberi eccelsi, e di lor fronde e d'ombra
17.11non facean vaga scena a' verdi colli.
17.12Non fiorivano ancor rose e ligustri,
17.13e i giacinti e i narcisi e gli altri fiori,
17.14nè dipingeano il seno a' prati erbosi,
17.15nè fean lieta ghirlanda a' chiari fonti.
17.16Era quasi coperta ancor de l'acque,
17.17chè parea tenebroso e fosco il velo
17.18onde ascosa tenea l'orrida faccia,
17.19e le squallide membra e 'l rozzo grembo,
17.20quasi attonita ancor l'antica madre.
17.21E 'l ciel sublime ancor non era adorno,
17.22nè 'l mirabil lavoro in lui distinto
17.23splendea d'un bel sereno e d'aurei fregi
17.24e di segni lucenti. E 'l sol, rotando,
17.25non scotea l'immortale ardente lampa.
17.26Nè la candida luna in colmo giro
17.27gli s'opponeva, o con argentee corna
17.28per distorto camin volgeva il corso.
17.29Mancavan le carole e 'l suono e i cori,
17.30e delle fisse stelle e de l'erranti
17.31lui non cingeano ancor l'alte corone.
17.32Nè creata era ancor la vaga luce,
17.33ma su la faccia de gli oscuri abissi
17.34eran tenebre oscure. In tale aspetto
17.35nascendo ancor non si vedeva il mondo.
18.1Ma quai fur (se spiarlo a noi conviene)
18.2quelle tenebre antiche e quelli abissi?
18.3Quando non anco il sole ad altre genti
18.4portando il giorno, a noi la notte e l'ombra
18.5algente uscia del grembo opaco e denso
18.6de la terra, e giungeva insino al cielo?
18.7Nè già molte potenze incontra opposte
18.8gli abissi fur, com'altri estima a torto.
18.9Nè le tenebre furo al bene avverse,
18.10e di gran forza podestà maligna,
18.11perchè se fosse pari al bene il male
18.12di possa e di valor, perpetua guerra
18.13saria fra loro, anzi perpetua morte,
18.14morendo insieme i vincitori e i vinti.
18.15Ma se 'l ben di potere avanza e vince,
18.16perchè non si distrugge il male e sterpa?
19.1Deh sarà mai che senza mali il mondo
19.2solo di beni abondi? e parte o loco
19.3più non si lasci a l'importuna morte?
19.4Ma trionfi la vita, e morte ancida
19.5ne la vittoria; e de l'antica fraude
19.6non rimanga fra noi vestigio od orma?
20.1Or non ardisca ingiuriosa lingua,
20.2che si rivolge in Dio profana e lorda,
20.3e le bestemmie in lui saetta e vibra;
20.4non ardisca affermar che 'l mal derivi
20.5generato da lui, ch'è largo fonte
20.6ond'ogni bene a noi si sparge e spande.
20.7Perchè niun contrario (omai distingui)
20.8si genera da l'altro o si produce,
20.9benchè, se cade l'uno in terra estinto,
20.10pur l'altro dopo lui risorge e vive.
20.11E dal simìle anzi è prodotto e nasce
20.12il suo simìl, come dal foco il foco.
20.13Ma da la chiara luce indarno uom tenta
20.14dar principio alle tenebre maligne,
20.15e da la morte originar la vita,
20.16o pur da' morbi la salute a gli egri
20.17e miseri mortali. Or non c'inganni
20.18falsa di verità sembianza e larva.
21.1Non è natura il mal, non vera essenza,
21.2nè di lui ricercar lontane parti,
21.3nè pur d'intorno a te risguarda o fuori,
21.4come sia cosa in sè fondata e salda;
21.5ma in te stesso il ritrova, e 'n mezzo a l'alma
21.6rimira lui, pur quasi macchia od ombra
21.7di volontaria colpa e di gradita.
21.8A te medesmo sei perpetuo fabro
21.9de' propi mali, e gli colori ed orni;
21.10e invaghito di lor, con vano affetto,
21.11pur com'idoli amati, in te gli adori.
22.1Ma la vergogna e l'infelice essiglio,
22.2e l'odiosa povertate e quella,
22.3che tanto ne spaventa, orrida morte,
22.4veri mali non sono (or cessi, o lunge
22.5vada il timor!), ma i veri beni indarno
22.6ne' contrari qua giù ricerchi o speri,
22.7benchè sia mal, quando più i beni agogni,
22.8l'esser privo di lor. Il loco adunque,
22.9che privato è del bene, il male adombra,
22.10e le tenebre furo (o ch'io vaneggio)
22.11ne l'aria che di luce è priva e cieca,
22.12qualitate od affetto antico o novo.
22.13Ma se più antiche fur del novo parto
22.14de l'universo, il male è prisco e veglio;
22.15ma non convien che sia più vecchio il peggio.
23.1Dunque era luce eterna inanzi al mondo,
23.2e le tenebre esterne ond'egli è cinto,
23.3luce, che luce a le beate menti,
23.4a' sensi no, ma quel ch'i sensi illustra.
23.5E questa a' sensi esposta adorna mole,
23.6visibil lume, è sol di luce imago:
23.7imago, che s'adorna al primo essempio:
23.8essempio, da cui lunge il sole è raggio,
23.9che si perturba spesso in nube e 'n ombra.
24.1Era luce increata avanti al mondo,
24.2forse, e creata luce; e mille e mille
24.3lustri non solo e secoli volanti
24.4erano inanzi a lui rivolti in giro.
24.5Ma quasi eternità (se dir conviensi)
24.6precedevano ancora il mondo e 'l tempo,
24.7da che furon creati al primo lume
24.8i secondi splendori Angeli santi.
24.9Nè già deveano i Principi celesti,
24.10le Dignitati e le Virtù sublimi,
24.11tante armate là sù d'oro e d'elettro,
24.12gloriose, immortali, elette schiere,
24.13tanti esserciti suoi, vita sì lunga
24.14in tenebre menare oscura e fosca.
25.1S'eran dunque primier create menti,
25.2era creata luce; e' n festa e 'n canto
25.3elle già si vivean lucida vita,
25.4a sembianza di lui, ch'è vita e luce,
25.5facendo i sacri balli e i lieti cori,
25.6e i sacrifici di sovrana laude
25.7a lo splendor de la sua gloria eterna
25.8in quel sereno e luminoso tempio.
25.9E questa luce da gli antichi Padri
25.10fu già promessa a i giusti; e i giusti avranno
25.11sempre luce immortal, sortiti a parte
25.12de la luce de' Santi. Avranno incontra
25.13pene in tenebre esterne iniqui spirti.
26.1Ne le tenebre allor de' ciechi abissi
26.2lo spirito divino, e sovra l'acque
26.3era portato, e l'umida natura
26.4già preparava. Anch'ei presente a l'opra
26.5spirando già forza e virtute a l'onda,
26.6d'uccello in guisa, che da frale scorza
26.7col suo caldo vital covata e piena,
26.8trae non pennato il figlio, e quasi informe.
26.9E disse: "Fatta sia la luce", ed opra
26.10fu il detto, al comandar del Padre eterno.
26.11Ma 'l suo parlar, suon di snodata lingua,
26.12nè percossa fu già che l'aria imprima
26.13di se medesma e di sua voce informi,
26.14ma del santo voler, ch'a l'opre inchina,
26.15quell'inchinarsi è la parola interna.
27.1Così la prima voce e 'l primo impero
27.2del gran Padre del ciel criò repente
27.3la chiarissima pura e bella luce,
27.4che fu prima raccolta, e poi divisa
27.5e 'n più lumi distinta il quarto giorno.
27.6Sgombrò l'orror, le tenebre disperse,
27.7illustrò da più lati il cieco mondo,
27.8manifestò del cielo il dolce aspetto,
27.9rivelò con serena, alma sembianza
27.10l'altre forme leggiadre; e d'ogni parte
27.11egli indusse la cara e lieta vista,
27.12gioia de la natura, almo diletto
27.13de la terra e del ciel, piacere e gloria
27.14de la mente e del senso, e quasi a prova
27.15de le cose mortali e de l'eterne.
27.16Ed in un punto l'Aquilone e l'Austro,
27.17e parimente ancor l'Occaso e l'Orto,
27.18tutto irrigato fu dall'aurea luce.
27.19E rapido sembrò mirabil carro,
27.20via più del tempo e del pensier veloce,
27.21che divina virtù cosparga e porte.
28.1E qual carro più bello e più veloce,
28.2o bellissima luce, o luce amica
28.3de la natura e de la mente umana,
28.4de la divinità serena imago,
28.5che ne consoli e ne richiami al cielo,
28.6potea intorno portar virtuti e doni
28.7celesti in terra a' miseri mortali
28.8da quei tesori e da quei regni eterni,
28.9ch'a noi dispensa con sì larga mano
28.10de' lumi il Padre, e 'l donator fecondo?
29.1Come possente re di Persi o d'Indi
29.2dal grembo oscuro de l'avara terra
29.3preziosi metalli insieme accoglie,
29.4e da l'arene pur d'oro cosparte,
29.5e dal profondo mar le perle e gli ostri
29.6aduna, e i bei rubini a questi aggiunge,
29.7e i bei smeraldi e i lucidi giacinti,
29.8e qual pregiata più s'indura e 'mpetra
29.9ne l'oriente luminosa gemma;
29.10così de l'universo il Re superno
29.11nel cielo empireo ascosto a' vaghi sensi,
29.12e ignoto al contemplar de gli alti ingegni
29.13che misurar de gli astri i giri e 'l corso,
29.14ha di luce divina eterni ed ampi
29.15tesori, e quinci poi gli parte o serba.
29.16Anzi l'istesso cielo è pura luce,
29.17in cui nulla giamai si turba o mesce.
29.18Luce è 'l suo tempio adorno e l'alta reggia;
29.19e son di luce le corone e l'armi,
29.20onde gli eletti suoi circonda e veste.
30.1Ma veggendo qua giù creata luce,
30.2disse ch'è buona; e 'l testimonio aggiunse
30.3de la sua voce, anzi il giudicio espresso.
30.4E perchè è buona e bella, e non si vanti
30.5per bellezza di parti aggiunte insieme,
30.6e con giusta misura in un composte
30.7la natura terrena, o la sublime;
30.8nè ricerchi in frondosa ed ima valle
30.9di mal cauto pastor giudicio errante
30.10e fallace sentenza. Espero in cielo,
30.11Espero miri in ciel lascivo sguardo,
30.12che Lucifero è poi recando il giorno,
30.13e la sua desiata e chiara luce,
30.14e di sua puritate i sensi appaghi,
30.15perchè ascenda la mente a' primi oggetti.
31.1Però Dio separò la chiara luce
31.2da le tenebre oscure; e i nomi impose,
31.3queste notte chiamando, e giorno quella.
31.4E fece solo un dì da mane a sera,
31.5fra tenebrosi e lucidi confini
31.6quinci e quindi ristretto, a cui rotando
31.7il sol non stabilì l'eccelsa meta,
31.8mentre in se stesso pur ritorna e gira,
31.9chè non aveva ancor la forma o 'l corso.
31.10Ma quel che fu del tempo eterno fabro,
31.11gli diè lo spazio e la misura e i segni;
31.12e col quattro e col tre rivolse in giro
31.13le sue misure, e riempiè d'un giorno,
31.14che sette volte in sè si volge e riede,
31.15con tal numero pur lo spazio intiero.
32.1Questa figura ha in sè principio e fine,
32.2ed a l'eternità, non solo al tempo
32.3conviensi, anzi del tempo è quasi un capo:
32.4però d'esser primiera ancor si sdegna,
32.5perchè il suo creator scacciata e scura
32.6la scompagnò da l'altre, e quasi impresse
32.7de la sua nota, onde se 'n va solinga.
32.8Questa è dì del Signor, da lui s'appella,
32.9chè nomarsi dal sole a sdegno prende;
32.10e da sè scaccia i miseri profani
32.11intenti a l'opre fatigose e 'ndegne.
32.12Questa è dì del Signor, grande ed illustre;
32.13alfin, quando che sia, sarà disgiunta
32.14dal numero de' giorni, anzi de gli anni,
32.15e de' lustri e de' secoli correnti;
32.16ned altra a lui sarà seconda o terza.
33.1Ma voi, che del Signor cercate il giorno,
33.2deh non seguite i sogni antichi, e l'ombre
33.3di questo dì ne l'orrida tenebra.
33.4Seguite omai, ch'a voi riluce e splende,
33.5la chiara de l'ottava e nova luce;
33.6la qual non corre faticosa al vespro,
33.7non ha sera o confin di fosco e d'ombra;
33.8ned altro a lei succede in giro alterno
33.9giorno finito da nimica notte;
33.10e costante sarà felice stato
33.11alfine, e resterà solinga ed una.
33.12Giorno, o secolo sia, che pur s'eterni.
33.13Questo a voi dimostrò ne' primi tempi
33.14del profetico spirto il chiaro suono.
33.15Questo poi dimostrò, quando risorse
33.16in guisa di leone, il Re celeste,
33.17e trionfò del tenebroso inferno.
33.18E quella, che per lui guerreggia e vince,
33.19santa Chiesa di Roma a voi l'insegna,
33.20e la celebra in sacri accenti, ed orna
33.21di ben mille sacrate ed auree spoglie.
33.22E d'altissimo seggio, in cui s'adora,
33.23pur anco a voi la benedice e segna
33.24quegli, al cui sacro regno in cielo e 'n terra
33.25non è confine o meta. E ben conviensi
33.26che l'ottavo Clemente il giorno ottavo
33.27de la divina luce i cori illustre,
33.28e i rozzi, tenebrosi e tardi ingegni.
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