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IL VIGESIMOSETIMO LIBRO

1.1Vergini sacre al cui governo è posto
1.2Parnaso ed Elicona ed Aganippe,
1.3e co i lor fiori e le lor liquide acque
1.4ornate il mondo di memorie eterne;
1.5or ch'io son giunto a l'ultima fatica
1.6del faticoso e lungo mio poema
1.7co 'l vostro aiuto e co 'l divino Omero,
1.8ch'è stato il mio maestro e la mia stella:
1.9piacciavi darmi ancor tanto soccorso
1.10che giunger possa al disïato fine
1.11ch'è presso omai; né mi rest'altro a dire
1.12che quella acerba ed orrida battaglia
1.13che fu tra dieci e dieci alti guerrieri:
1.14ove il gran capitanio de le genti
1.15prese con le sue mani il re de Gotti
1.16e pose in libertà l'Italia afflitta.
1.17Non mi negate adunque il vostro aiuto,
1.18dilettissime nimfe, a l'ultim'uopo.
1.19Poi ch'ebbe sciolta Belisario il grande
1.20co 'l stratagema suo l'orribil fame
1.21da Rimino e dei fidi soi soldati,
1.22Quivi si riposò per quella notte:
1.23poi la mattina nel spuntar de l'alba
1.24si pose in via con tutte le sue genti,
1.25ch'andar voleva ad espugnar Ravenna;
1.26onde passando il Rubicon famoso
1.27appresso al Cesenatico, e dapoi
1.28il Savio impetüoso e 'l Candiano,
1.29in dui giorni arrivò vicino al Ronco,
1.30che bagna le muraglie de la terra.
1.31E quivi posto il suo munito vallo,
1.32co 'l gran pretorio in mezzo e co i dui fori,
1.33l'uno a man destra e l'altro a man sinistra,
1.34e con la piazza de i tribuni avanti
1.35e con le cinque viech'ivan per lungo,
1.36poi la quintana sola iva a traverso,
1.37e collocate ben le quattro porte:
1.38deliberò di por l'assedio intorno
1.39a quelle altere ed onorate mura;
1.40perché vedea che non ardiano i Gotti
1.41uscir co 'l campo fuori a la campagna,
1.42ch'avean paura di non esser morti
1.43od esser presi da i nimici loro:
1.44però stavano armati appresso i merli
1.45con l'aste basse e co i lor scudi al petto,
1.46sempre chinati e pronti a la difesa;
1.47il che vedendo il capitanio eccelso
1.48fece chiamar i principi del campo
1.49dentr'al su' albergo, e poi così gli disse:
1.50Signori illustri, le cui gran virtuti
1.51mosser l'invitto imperador del mondo
1.52a mandarvi con meco a questa guerra
1.53per trar di servitù l'Italia afflitta;
1.54or che rinchiusa s'è la gente gotta
1.55in questa lor città munita e forte
1.56è ben che non lasciamo uscirla quindi,
1.57ma che cerchiamo d'esserne patroni
1.58per forza di battaglia o per assedio,
1.59e non vi risparmiam fatica alcuna:
1.60ché chi si lascia il suo nimico uscire
1.61di man quando, l'ha preso o può pigliarlo,
1.62si pente indarno, e in van desia d'averlo.
1.63Pensando poi che 'l dar battaglia acerba
1.64a quelle mura sì munite e forti,
1.65e ch'hanno tanta gente a lor difesa,
1.66sarebbe un spender le fatiche indarno
1.67e sparger sangue assai senza profitto:
1.68però fia meglio il porli assedio intorno
1.69e non lasciar che possano indi uscire;
1.70ché essendovisi chiusi a l'improviso
1.71non ponno averci vittüaria molta.
1.72Così parlò quel capitanio eccelso;
1.73onde levossi il vecchio Paulo e disse:
1.74Illustre capitan, luce del mondo,
1.75senz'alcun dubbio è più sicuro e certo
1.76l'assedio, a chi 'l può far che la battaglia,
1.77perché ll'uccider genti e 'l sparger sangue
1.78si dee serbare a gli ultimi bisogni:
1.79ma ben devemo avere estrema cura
1.80ch'ivi non entri vittüaria alcuna,
1.81cosa che non è agevole da farsi;
1.82perciò che 'l Po, ch'è re de gli altri fiumi,
1.83vien per paesi nobili e fecondi
1.84tutti possessi da la gente gotta:
1.85che agevolmente indi potranno avere
1.86copia di grani e di molt'altre cose
1.87gioconde e grate e necessarie al vitto.
1.88Però fia ben mandar sopra quel fiume
1.89le nostre genti, e chiuder ivi il passo
1.90sì fattamente che non possano indi
1.91venir con burchi e vittüarie e strami:
1.92e fatto quello, ancor ci resta il mare,
1.93che molto importa a chiuder quella via;
1.94perciò che ne le venete paludi
1.95tra Ravenna ed Altin sono isolette
1.96abitate da i popoli raccolti
1.97del fior d'Italia ch'Atila percosse:
1.98e con certe barchette e certi legni
1.99snelletti e svelti van solcando il mare
1.100come se fosser figli di Nettuno.
1.101Questi a mal grado de le nostre navi
1.102che ha qui condotte il principe Aldigieri
1.103porrian portarli vittüaria molta:
1.104perché con esse andrìan per entro 'l fuoco
1.105senza che fosser da le fiamme offesi;
1.106ma son di libertà sì grandi amici,
1.107essendo nati ed allevati in essa,
1.108che come lor fia noto che l'impresa
1.109si fa per por l'Ausonia in libertade,
1.110non solamente a lor non darian nulla,
1.111ma gli torrìan quel che venisse altronde,
1.112e ci darriano a quest'assedio aiuto.
1.113Così rispose il buon conte d'Isaura,
1.114e 'l capitanio disse ad Aldigieri:
1.115Ite dunque, signor, con quelle navi
1.116che conduceste vosco fuor d'Ancona,
1.117e statevi con esse appresso 'l porto,
1.118acciò ch'ivi non entri alcun naviglio
1.119che portar possa vittüaria a i Gotti;
1.120dapoi mandate a l'isole ch'ei dice
1.121con una fusta un personaggio accorto,
1.122a farli noto il desiderio nostro:
1.123che essendo giusti e grazïosi e buoni
1.124mai non ci mancheran d'onesto aiuto.
1.125E così a i Gotti chiuderemo il mare,
1.126né aver potranno alcun soccorso quindi.
1.127Udito questo, il principe di Rodi
1.128si dipartì da lui senza dimora,
1.129ed essequì gli accorti suoi mandati;
1.130poi Belisario si rivolse a Magno
1.131ed a Vitellio, e disse este parole:
1.132Signori adorni di virtute immensa
1.133e d'ingegno profondo e di fortezza;
1.134or che siam giunti a l'ultimo sigillo
1.135di questa nostra glorïosa impresa,
1.136né ben si può improntar senza la cera
1.137de le vostre accortissime fatiche:
1.138non vi sia grave andar con due coorti
1.139su 'l Po per impedirli ogni soccorso;
1.140e Vitellio starà sopra la ripa
1.141di qua dal fiume, a far divieto a i burchi
1.142che venisser per esso a portar grano
1.143e altre vittüarie entr'a Ravenna;
1.144e Magno andrà co i suoi d'intorno a quello,
1.145facendo parimente esto divieto.
1.146Così diss'egli, e quei baroni andaro
1.147ad essequire il lor commesso officio;
1.148e poscia il capitano de le genti
1.149attendea solamente al grande assedio.
1.150E così stando i campi a quelle mura,
1.151l'uno a difesa lor, l'altro ad offesa,
1.152l'angel Palladio, che bramava sempre
1.153dar la vittoria a gli ottimi Romani
1.154per essequire il gran voler del Cielo,
1.155prese la effigie de la bella Amata,
1.156ch'era moglie di Vitige, ed andossi
1.157a ritrovarlo nel diletto albergo,
1.158ed in tal modo a lui parlando disse:
1.159Eccelso mio signor, ch'avete in mano
1.160il gran governo de la gente gotta,
1.161ove son le minaccie aspre e superbe
1.162che facevate quando andaste a Roma
1.163e dicevate avere in una rete
1.164il capitanio e i principi romani?
1.165Or siete ritornato entr'a Ravenna
1.166sconfitto e rotto, e con sì poco onore
1.167quanto s'avesse mai d'alcuna impresa;
1.168e Belisario è qui presso a le mura,
1.169e non è alcun di voi che ardisca uscire
1.170fuor de le porte a dimostarli il volto:
1.171ma ve ne state chiusi entr'a i ripari
1.172come fan pecorelle entr'a le mandre
1.173per la paura de i voraci lupi.
1.174Non vi pensate che sedendo appresso
1.175a le vostre mogliere e i vostri figli
1.176possiate conservar questa cittade,
1.177né che dal Ciel vi venga alcuno aiuto:
1.178ché con la diligenza e col consiglio
1.179e co 'l rispiarmar fatiche e sangue
1.180il soccorso divin sempre s'acquista,
1.181ch'ha in odio i pigri e neghitosi e lenti.
1.182Così disse quell'angelo, e spirolli
1.183nel cuore afflitto ed animo e vergogna;
1.184ond'ei rispose con parole tali:
1.185Né vil pensier né timida paura
1.186mi ritien, donna mia, dentr'a Ravenna,
1.187ma buon consiglio ed ottima prudenza,
1.188cose che recan sicurezza a l'uomo.
1.189Io non ho pria voluto uscire al campo
1.190perch'i' aspettava aiuto da i Francesi,
1.191co 'l quale avea speranza di pigliare
1.192e Belisario e i principi romani;
1.193ma poi ch'io vedo che ritardan troppo,
1.194forse per brama de la mia ruina,
1.195cercherò di pigliare altro partito:
1.196e mi consiglierò co i miei baroni,
1.197che sono accorti e d'ottimo intelletto;
1.198ché 'l consiglio de i savi è sempre buono.
1.199Così diss'egli, e fece che gli araldi
1.200chiamaro al suo palazzo ogni barone;
1.201e quell'angel di Dio se n'andò seco,
1.202senz'esser conosciuto da le genti,
1.203per risvegliare ardire entr'a i lor cuori
1.204e far che fosser pronti a la battaglia
1.205Quando poi tutti ragunati foro,
1.206Vitige gli parlò con tai parole:
1.207Voi vedete, signori, il nostro stato
1.208e le miserie in cui ci ha posto il Cielo,
1.209ch'è volto a favorir troppo i Romani,
1.210tal che non so talor dov'io mi volga;
1.211né so s'io debbia uscire a la campagna
1.212con tutto il stuolo, ove con una parte
1.213disfidar Belisario a la battaglia:
1.214o se pur meglio è stare entr'a le mura
1.215ed aspettar che 'l Ciel ne mandi aiuto,
1.216ch'al mio giudizio fia fallace e lento;
1.217però dica ciascuno il suo parere,
1.218acciò ch'io possa far quel che sia 'l meglio.
1.219In questo tempo il Re de l'universo,
1.220per dar a l'opra di Palladio aiuto,
1.221chiamò l'angel Saturnio, e così disse:
1.222Diletto messo mio che 'l sesto cielo
1.223governi, e l'aere più sublime ed alto
1.224che s'avicini al cerchio de la luna:
1.225vedendo i Gotti star dubbiosi alquanto
1.226a le parole che Palladio ha dette
1.227sotto la forma de la bella Amata,
1.228vorrei spronarli a prendere il consiglio
1.229che tosto gli darà, com'io gli ho imposto;
1.230ma perché l'uom, quando gli abbonda il pane,
1.231non prende volentier fatica alcuna,
1.232fia ben trovare un modo che gli tolga
1.233il grano e la speranza di nutrirsi,
1.234acciò ch'escano fuor di quelle mura
1.235e cerchin di affrontarsi co i Romani,
1.236da cui vinti saran senz'altro dubbio.
1.237E però piglia un fulgure, di quelli
1.238tuoi più possenti e di peggior natura,
1.239e spingilo aspramente inver Ravenna,
1.240tal che i granari publici percuota
1.241in guisa che i lor gran consumi ed arda.
1.242L'angel di Dio dopo 'l divin precetto
1.243se n'andò a l'aere più leggiero e caldo;
1.244e tolse da l'incude de i ciclopi
1.245un paventoso fulgure et orrendo
1.246ed alzò il braccio, e ritirossi alquanto
1.247con la persona indietro, e poi lo spinse
1.248con gran furore e con baleni e troni;
1.249e fecelo ir ne i publici granari
1.250e gli arse tutti e consumò i lor grani,
1.251che fu cosa incredibile e stupenda.
1.252Il che vedendo il generoso Orgasto,
1.253ch'era un baron preposto dal signore
1.254a i grani e vittüarie di Ravenna,
1.255subito se n'andò dentr'al consiglio
1.256del re, ch'avea fornito il suo parlare,
1.257e quivi giunto suspirando disse:
1.258Serenissimo re d'alta possanza
1.259ma di poco favor de la fortuna,
1.260buon è che voi sappiate ogni sciagura
1.261che v'apparecchia la virtù divina,
1.262perché possiate prender quel consiglio
1.263che fia migliore a la salute nostra.
1.264Ora è caduto un fulgure dal cielo
1.265con gran furore e con sulfurea fiamma
1.266ne i chiusi luoghi ove si serva il grano,
1.267ed arso ha il tetto e fraccassati e' muri
1.268e consumato il gran che v'era dentro:
1.269né lasciato ve n'ha pur una parte
1.270che non sia tutta discipata ed arsa.
1.271Fate dunque, signor, quel ch'a voi pare
1.272miglior rimedio in questo caso adverso
1.273per farlo esser leggier; ben ch'io non credo
1.274che vaglia contra 'l Ciel difesa umana.
1.275Questo gli disse Orgasto, onde 'l signore
1.276rimase stupefatto entr'al suo petto;
1.277ma il buon angel Palladio, ch'era quivi
1.278e che volea condurli a la battaglia,
1.279prese la effigie di Boardo, e disse:
1.280Signore eccelso d'animo e di forze,
1.281parmi che 'l Ciel con tale augurio mostri
1.282quel che noi debbiam fare in questa impresa.
1.283Il grano è tutto consumato ed arso,
1.284che ci dimostra che debbiamo uscire
1.285fuor de le mura, e gire a la campagna
1.286per acquistar da viver con la spada:
1.287perciò che 'l star serrati ne la terra
1.288senz'aver vittüaria dal paese
1.289ci farebbe morir tutti di fame.
1.290Il fulgure dapoi mostra vittoria,
1.291sì come fece al fortunato Augusto
1.292quand'egli entrò ne la città di Roma:
1.293usciamo adunque armati a la campagna,
1.294mandianci avanti un'ottima speranza
1.295di liberarsi da l'assedio amaro,
1.296e dapoi supportiam ciò ch'al Ciel piaccia
1.297con mente invitta, generosa ed alta.
1.298Io già non uscirei con tutto il campo
1.299a fare un fatto d'arme co i nimici,
1.300chè i nostri fanti son tanto invìliti
1.301che non aspetterian colpo di spada,
1.302e fuggiriansi tutti inanzi a loro
1.303come timìde lepre inanzi a i cani;
1.304ma bene io manderei fuori un araldo
1.305che disfidasse Belisario il grande,
1.306con dieci cavalier de la sua corte,
1.307a combatter con voi dentr'a un steccato,
1.308che con dieci altri validi baroni
1.309l'andrete a ritrovar fuor de le mura.
1.310Quivi combatterassi infin che 'l Cielo
1.311dia la vittoria ad una de le parti;
1.312e quella parte che sarà perdente
1.313darà la signoria d'Italia a l'altra.
1.314Ma devete sperar vittoria certa,
1.315essendo giunto Corsamonte al fine
1.316e 'l superbo Aquilin, ch'erano il fiore
1.317di tutti quanti i cavalier romani.
1.318Così disse quell'angelo, spirando.
1.319Nel cuor de' Gotti un tal disio di guerra
1.320che persüase gli animi leggieri
1.321di quei baroni a far quella disfida:
1.322onde l'incauto re senza pensarvi
1.323più lungamente o disputarvi sopra
1.324dimandar fece Rubicone araldo
1.325e gli commesse tutta la imbasciata
1.326che dovea fare, e poi gli diede in scritto
1.327ancor quei patti che dovean firmarsi
1.328co 'l giuramento di ciascuna parte,
1.329e lo mandò nel campo de i Romani.
1.330Ma pria ch'ivi giungesse quell'araldo,
1.331l'angel Palladio in forma di Prudenzo,
1.332che fu fratel bastardo di Camillo,
1.333padre del capitanio, andò nel vallo
1.334ch'era fuor di Ravenna a ritrovarlo.
1.335Questo Prudenzo fu famoso in arme
1.336ne la sua gioventù ma fatto vecchio
1.337divenne maggiordomo de la casa
1.338di Belisario e de la sua famiglia;
1.339l'angelo adunque in forma di Prudenzo
1.340ritrovò Belisario, e così disse:
1.341Illustre capitanio de l'impresa,
1.342il re de Gotti manderavvi or ora
1.343a disfidar per Rubicone araldo,
1.344come ho veduto questa notte in sogno,
1.345ché 'l divinar de l'anima non mente;
1.346questo disfido fia che in un steccato
1.347combatter vuol con voi da dieci a dieci,
1.348e quella parte che sarà perdente
1.349darà la signoria d'Italia a l'altra.
1.350A cui rispose il capitanio eccelso:
1.351Non saria bene a pormi in tal periglio,
1.352avendo quasi la vittoria in mano:
1.353ché 'l vincere il nimico senza sangue
1.354è più sicura e più lodevol opra
1.355che superarlo con battaglie e morti.
1.356Alor soggiunse quel celeste messo:
1.357Come potrete, capitanio illustre,
1.358rifiutar con onor quella disfida?
1.359Ma poniamo da canto la vergogna,
1.360e che non fosse biasmo il rifiutarla,
1.361come certo saria, perché ne i vostri
1.362sveglieria tema e ne i nimici ardire:
1.363ditemi il modo che tener pensate
1.364per vincere il nimico senza sangue;
1.365che certamente se vorranno uscire
1.366e combatter con voi, sarete astretto
1.367non risparmiar né sangue né ferite;
1.368se poi pensate che si stiano dentro
1.369da l'alte mura, e stretti da la fame
1.370vi diano ne le man la lor cittade,
1.371voi v'ingannate di dannoso errore:
1.372perché aver denno e vittüarie e strami
1.373da sustentar le genti che v'han entro,
1.374onde potranno agevolmente starsi
1.375a la difesa senza alcun disagio.
1.376Sapete ancor che in quelle istesse mura
1.377l'acerbo re de gli Eruli Odoacro
1.378l'assedio supportò fin al terz'anno
1.379che Teodorico gli avea posto intorno,
1.380il quale avea dugento millia in arme,
1.381né l'ebbe mai per fame operbattaglia,
1.382ma nel terz'anno s'accordaro insieme
1.383di tener per metà quel grand'impero:
1.384pensate adunque che se voi deveste
1.385penar tant'anni intorno a quelle mura,
1.386quanta spesa v'andria, quanto disturbo;
1.387e che potria venire a darli aiuto
1.388con tanta gente il forte re di Francia
1.389che di man vi torria questa vittoria.
1.390Però mi par ch'abbiate a render grazie
1.391al sommo Re de la celeste corte,
1.392ch'ha posto in cuore a Vitige di farvi
1.393questa disfida, e di voler con l'arme
1.394terminar l'empia guerra che l'offende:
1.395cosa ch'a voi darà molto vantaggio,
1.396perché arete i guerrieri assai migliori
1.397de i suoi ne l'armi, e più animosi e forti.
1.398Mandate adunque inanzi la speranza,
1.399ed accettate l'alta sua disfida;
1.400né vi lasciate uscir fuor dele mani
1.401questa ventura che vi mostra il Cielo,
1.402per far ch'abbiate la vittoria a pieno.
1.403Così disse quell'angelo, e mostrossi
1.404al capitanio ne la propria forma,
1.405tanto meravigliosa e tanto bella
1.406che non potea firmar la vista in esso;
1.407e poi se n'andò al ciel come un vapore
1.408che ascenda appresso il cerchio de la luna.
1.409Alora il capitanio de le genti
1.410alzò la vista e le man giunte al cielo
1.411e disse: O divinissima sustanza,
1.412noi seguiremo i santi tuoi precetti,
1.413poi che l'occhio mortal non può seguirti.
1.414Così dicendo, Rubicone araldo
1.415aggiunse al vallo, e fu condotto avanti
1.416al capitanio e disse este parole:
1.417Illustre capitanio de i Romani,
1.418l'eccelso re de i bellicosi Gotti
1.419vi manda a disfidare in tal maniera,
1.420che venirà con nove suoi baroni
1.421a combatter con voi dentr'a un steccato,
1.422ch'avrete vosco nove altri guerrieri,
1.423onde sarete alor dieci per parte;
1.424quivi combatterassi infin che 'l Cielo
1.425dia la vittoria chiara ad un di voi:
1.426e quella parte che sarà perdente
1.427darà la signoria d'Italia a l'altra,
1.428e i capitani resteran prigioni.
1.429Ma gli altri andar potranno ove a lor piaccia.
1.430Questi poi sono i patti ch'io vi porto:
1.431onde vi piacerà di vostra mano
1.432sottoscriverli prima, e poi giurarli;
1.433che farà quell'istesso il mio signore
1.434ne la presenza de i messaggi vostri.
1.435Così disse l'araldo, e 'l capitano
1.436da l'apparir de l'angelo commosso
1.437risguardò alquanto i suoi baroni in fronte,
1.438che allegramente udir quella proposta;
1.439ed a l'araldo poi così rispose:
1.440Riporta al tuo signor, fedele araldo,
1.441che 'l vicimperador de l'occidente
1.442accetta volentier la sua disfida:
1.443e domattina come spunti l'alba
1.444se ne verrà co i suoi guerrieri al campo,
1.445e quivi giurerà questi suoi patti
1.446ch'or sottoscrivo di mia propria mano,
1.447e farolli giurare a tutto 'l stuolo,
1.448e parimente anch'ei farà giurarli
1.449a quei che resteran ne la cittade.
1.450E detto questo lasciò gir l'araldo,
1.451che ritornò co i sottoscritti patti
1.452indietro al suo signor, che l'aspettava.
1.453Poi come apparve fuor la bella aurora
1.454con le palme di rose e co i piè d'oro,
1.455i nove cavalier che furo eletti
1.456dal capitanio eccelso de le genti
1.457per combatter co i Gotti si levaro
1.458da i lor stramazzi, e si vestiron d'arme
1.459lucenti e fine e se n'andaro a corte;
1.460questi erano Traiano e 'l forte Achille
1.461e Mundello e Bessano, Arasso e Magno
1.462e Ciro ed Aldigieri e 'l bel Lucillo,
1.463tutti de l'alta Compagnia del Sole:
1.464ma come insieme ragunati foro
1.465il capitanio riguardolli in faccia,
1.466che spiravan per gli occhi ardire e forza,
1.467e poi la bocca in tai parole aperse:
1.468O fortunata Compagnia del Sole
1.469domatrice de i Gotti, anzi del mondo,
1.470or è venuto il dì da poner fine
1.471con le man vostre a questa orribil guerra:
1.472il dì ch'avete disïato tanto,
1.473il dì che renderà gli amati alberghi
1.474a le nostre mogliere e a i vostri figli
1.475e vi parturirà divini onori,
1.476se voi sarete simili a voi stessi.
1.477L'altre battaglie assai ch'avete fatte
1.478ne l'Africa, ne l'Asia e ne l'Europa
1.479son state grandi, e v'han recato fama
1.480che dureravvi ancor dopo la morte:
1.481ma nessuna fu mai simile a questa
1.482di gloria, di grandezza e di virtute,
1.483con beneficio eterno de le genti.
1.484Voi combattete per la patria vostra
1.485e per la libertà d'Italia tutta
1.486contra quei ladri che ve l'han rubbata
1.487e contra quei che fur più volte vinti
1.488da le vostr'arme, e fur cacciati in fuga
1.489vituperosa fin dentr'a i lor valli;
1.490ed or che senza aiuto di soldati
1.491gli troverete, non saran più forti
1.492di quel che stati sian ne l'altre imprese.
1.493Andiamo adunque arditi ad affrontarli,
1.494ché la vittoria è ne le nostre mani.
1.495Così parlò quel capitanio eccelso,
1.496e mosse dentr'al cuor de i suoi compagni
1.497un sì fervente e smisurato ardore
1.498di ritrovarsi a fronte co i nimici
1.499che non potean star fermi co i destrieri
1.500ed aspettare il segno al dipartirsi.
1.501Ma Belisario poi lasciando in guarda
1.502Teogene ed Olando entr'al suo vallo
1.503per ogni caso ch'avenir potesse,
1.504s'appresentò co i nove suoi compagni
1.505al luoco deputato a la battaglia.
1.506Da l'altra parte venne il re de' Gotti
1.507co i nove suoi baron coperti d'arme:
1.508che fur Bisandro e Teio ed Aldibaldo
1.509e Rodorico e Totila e Unigasto
1.510e Tuncasso ed Almondo ed Agrilupo.
1.511In questo tempo il provido Boardo
1.512e 'l vecchio Paulo co i compagni loro
1.513aveano misurata una gran piazza,
1.514nel mezzo apunto tra le mura e 'l vallo,
1.515e tutta l'avean cinta di legnami:
1.516quivi da man sinistra entraro i Gotti,
1.517ch'era la parte volta verso i muri,
1.518e da man destra i principi romani
1.519entraro, ch'era volta verso il vallo.
1.520Poi, come furon dentro andor nel mezzo,
1.521e Belisario risguardando in alto
1.522con le man giunte disse este parole:
1.523O Re del cielo, e voi sustanze eterne
1.524ch'avete cura de le cose umane,
1.525e voi terra e fontane e fiumi e piante,
1.526sarete testimoni a questi patti
1.527ch'ora si fan ne la presenza vostra.
1.528Noi qui combatterem co 'l re de' Gotti
1.529e i nove suoi baroni infin che 'l Cielo
1.530dia la vittoria ad una de le parti:
1.531e quella parte che sarà perdente
1.532darà la signoria d'Italia a l'altra,
1.533e i capitani resteran prigioni
1.534con le mogli e co i figli e co i tesori;
1.535ma gli altri capi in libertà saranno
1.536d'andar sicuramente ove a lor piaccia
1.537con tutte le loro armi e le lor genti.
1.538Così disse, e giurò sopra una carta
1.539d'osservar pienamente questi patti,
1.540e giurar fece a gli altri suoi compagni;
1.541poi giurò parimente il re de' Gotti
1.542e tutti quei baron ch'eran con lui.
1.543D'indi mandaron Rubicone araldo
1.544co 'l vecchio Paulo, i quai sopra 'l messale
1.545dierono 'l giuramento entr'al gran vallo
1.546a tutto l'altro essercito di Roma;
1.547e 'n quel medesmo tempo andò Boardo
1.548entr'a Ravenna, ed Oribasio araldo,
1.549a far giurare i Gotti ch'eran ivi:
1.550e come tutte quante ebber giurato
1.551le persone del campo e de la terra,
1.552quei gran guerrieri s'assettor ne l'arme
1.553e dietro al suon de le canore trombe
1.554s'andaron a incontrar con l'aste basse.
1.555Il primo Ciro fu, ch'era nel corno
1.556sinistro: questi Totila percosse,
1.557ch'era il primiero anch'ei del destro corno;
1.558e la sua lancia gli attaccò ne l'elmo
1.559che fece andar le sue faville al cielo.
1.560Totila ruppe anch'ei la forte lancia
1.561ne la cima de l'elmo al conte Ciro;
1.562d'indi, gettati i lor tronconi a terra,
1.563posero mano a gli affilati brandi
1.564arditamente, e volsero i cavalli
1.565l'un contra l'altro per mandarsi a morte.
1.566Traiano s'incontrò con Aldibaldo,
1.567ed ambedui s'accolsero ne i scudi
1.568con le lor lance, che n'andaro in pezzi,
1.569ma non si mosser punto de le selle.
1.570Teio dapoi col giovane Lucillo
1.571si rincontraro in mezzo del camino,
1.572e si colpiro con le valide aste:
1.573Lucillo prima lo toccò nel scudo,
1.574e tutto lo passò di banda in banda,
1.575tal che se Teio no 'l gettava in terra
1.576forse gli aria passato anco la carne;
1.577ma Teio accolse lui nel forte elmetto
1.578d'un colpo tal che lo mandò per terra:
1.579e come poi lo vide andare al piano
1.580disse con voce allegra e con rampogne:
1.581Tu sei pur ito, cavalier feroce,
1.582a mal tuo grado a riposar ne l'erba,
1.583e così spero che faran molt'altri.
1.584Il che sentendo l'onorato Magno
1.585empì 'l suo petto di vergogna e d'ira,
1.586e spronò il suo caval contra Unigasto;
1.587e lo ferì d'un sì feroce colpo
1.588in sommo al scudo, appresso a la baviera,
1.589che lo mandò disteso in su l'arena:
1.590poi disse: Io mando il provido Unigasto
1.591a riposar su 'l prato con Lucillo,
1.592acciò che non gli incresca a starvi solo.
1.593Il forte Achille poi con Rodorico
1.594fece il su' arringo, e con la valid'asta
1.595l'accolse con fermezza in somm'a l'elmo
1.596e lo mandò co i piedi inverso 'l cielo
1.597tutto stordito e poi si volse e disse:
1.598Teio, noi la facciam da buoni amici,
1.599che due misure vi rendiam per una;
1.600ma vorrò poi con voi finire il piato,
1.601essendo ambi dua noi rimasi in sella.
1.602Arasso poi giostrò col fiero Almondo;
1.603e s'incontror con sì terribil colpi
1.604che tutto il prato gli tremava intorno,
1.605e nessun non uscì fuor de gli arcioni:
1.606ma ben si rupper le possenti lance
1.607d'ambedua loro infin presso a le schibbe.
1.608Corse Aldigieri ancor col fier Tuncasso,
1.609e fu da lui disteso in su l'arena;
1.610ma Bessano e Bisandro si colpiro
1.611con le lor aste valide e nodose,
1.612e tutti dui con incredibil forza
1.613s'uratro, e i colpi fur tanto possenti
1.614che se ben non usciron de gli arcioni
1.615pur se n'andòr co i lor cavalli a terra.
1.616Dapoi Mundello diede ad Agrilupo,
1.617figliuol di Aristo duca di Vercelli,
1.618in mezzo al petto, e trapassolli il cuore
1.619e lo mandò disteso in su l'arena,
1.620talché mai più non si levò da terra.
1.621Ma come il buon Mundel si volse, e vide
1.622che quel crudel dava de i calzi a l'erba,
1.623gli disse: Tu sei qui, rabbioso cane,
1.624e torni a mal tuo grado a le tue terre,
1.625Crepalcuore e Mortara, u' potrai dire
1.626che trovat'hai ne' principi romani
1.627condegna medicina a la tua rabbia:
1.628la qual spregiava Iddio, spregiava i santi
1.629e distruggea le statue de gli altari,
1.630né mai voleva orazïoni o messe
1.631né digiuni o quaresime o battesmo
1.632né eucarestia né penitenza od altro
1.633divoto sacramento de la chiesa;
1.634e non contento del spregiar di Dio
1.635hai dispregiato il padre, ed hai cercato
1.636privarlo de la robba e de la vita:
1.637ma Dio per la mia mano ha posto fine
1.638a gli empi e scelerati tuoi dissegni,
1.639ché non può viver lungo tempo in terra
1.640quel che dispregia il padre e che dispregia
1.641ciò che comandan le divine leggi;
1.642e penso ancor che con più orribil pene
1.643punirà l'alma tua giù ne l'inferno.
1.644Così diss'ei sopra quel Gotto estinto;
1.645ma Belisario ancora e 'l re de' Gotti
1.646restavano a espedir l'ultimo aringo:
1.647ché Belisario era nel destro corno,
1.648e Vitige a l'incontro nel sinistro;
1.649ché, se ben tutti si movero a un tempo,
1.650pur s'incontrar ne l'ordine ch'io dissi.
1.651Il re vedendo sì feroce incontro
1.652turbossi tutto, e gli tremava il cuore;
1.653ma pur volgendo al cielo ambe le luci
1.654pregò l'angel Gradivo in questa forma:
1.655Dammi tanto favor, sustanza eterna
1.656che muovi e che governi il quinto giro
1.657e solo hai cura de la gente gotta,
1.658che mandar possa il mio nimico a terra
1.659con ingegno o con forza o con inganni,
1.660e poi lo meni preso entr'a Ravenna
1.661e ritorni l'Italia al nostro giogo;
1.662ch'io non mi curo, pur ch'i' abbia vittoria,
1.663d'acquistarla con fraudi o con virtute.
1.664Così parlò quel re co 'l cuor tremante:
1.665onde l'angel Gradivo gli concesse
1.666mandar con fraude Belisario a terra,
1.667ma non menarlo preso entr'a Ravenna
1.668né l'Italia tornar sotto 'l suo giogo,
1.669per non opporsi al gran voler del Cielo
1.670che destinato avea contrari effetti.
1.671Dopo questo pregar, con gran furore
1.672si mosse ognun di lor con l'asta bassa
1.673e s'incontraro a mezzo del camino:
1.674Vitige con l'aiuto di Gradivo
1.675fermò la lancia sua dentr'a la fronte
1.676del buon Vallarco, e gli passò il cervello
1.677e mandò quel corsiero in terra morto.
1.678Quando si vide Belisario il grande
1.679da quel colpo vilan cadersi sotto
1.680il suo diletto ed ottimo corsiero,
1.681risaltò in piedi, e con la spada in mano
1.682si preparava a far difesa immensa:
1.683e dicea nel suo cuor: Non ti smarrire,
1.684sta pur senza timor, perché l'inganno
1.685sopra l'ingannator spesso ritorna.
1.686Ma tu, suppremo Re che 'l ciel governi,
1.687volgi la vista tua benigna e pia
1.688a la più bella parte de l'Europa;
1.689e non lasciar che questi iniqui Gotti
1.690la ritengan più tempo in servitute:
1.691e se non si può far senza ch'io muoia,
1.692sarò contento spendervi la vita,
1.693pur che la gente nostra abbia vittoria:
1.694ché 'l beneficio che fa l'uomo a gli altri
1.695sempre suol esser più lodato e degno
1.696quando colui che 'l fa nulla ne gode.
1.697Così pregava il capitanio eccelso
1.698dentr'al suo cuore, e 'l gran Motor del cielo
1.699gli assentì lieto, e fé tremare il mondo:
1.700poi tolse in man le sue bilance d'oro,
1.701che fanno avanti a sé crescer le notti,
1.702e pose sopra l'una de le parti
1.703l'alta ruina de la gente gotta
1.704e sopra l'altra quella de i Romani;
1.705e poi prendeo la trutina nel mezzo
1.706dove è la lingua, e sollevolla in alto:
1.707e i Gotti se n'andòr verso l'abbisso
1.708e verso 'l cielo alzaronsi i Romani.
1.709Il che vedendo gli angeli divini,
1.710conobber chiara la sentenzia eterna
1.711e totalmente abbandonaro i Gotti:
1.712che perché fossero iti in su 'l sabbione
1.713quattro de li lor principi eccellenti
1.714ve n'eran iti ancor quattro Romani,
1.715tal che le cose pareano ir di pari;
1.716ma dopo questo quella orribil pugna
1.717si volse tutta in gloria de i Romani.
1.718Quando poi vide l'onorato Achille
1.719Vallarco morto, e 'l capitanio a piedi,
1.720corse vicino a lui co 'l buon Ircano
1.721e scese in terra, e disse este parole:
1.722Signor, salite sopra 'l mio corsiero,
1.723che non è manco buon di quel ch'è morto;
1.724e volentier ve l'offerisco e dono.
1.725Acciò che voi possiate far battaglia
1.726con quei guerrier che son rimasi in sella.
1.727A cui rispose Belisario il grande:
1.728Accetto il buon corsier, cortese Achille,
1.729che voi mi date, ed userollo alora
1.730ch'io me ne pensi aver maggior bisogno.
1.731Tornate pur a risalir sovr'esso,
1.732ch'io son disposto con la spada in mano
1.733guadagnare il caval di quel vigliaco
1.734che ha fatto al mio sì vergognosa offesa:
1.735spronatel voi verso quegli altri gotti,
1.736che di quest'empio re non ho paura,
1.737bench'io sia a piedi ed ei sopra 'l corsiero.
1.738Udito questo, l'onorato Achille
1.739volse il cavallo suo verso Traiano,
1.740volendo insieme con Mundello e Magno
1.741combatter contra quei ch'erano in sella:
1.742perché i compagni suoi, che già caddero,
1.743eran saliti in piedi, e con le spade
1.744combattean con color che fur gettati
1.745da cavallo ancor essi da i Romani.
1.746Lucillo combattea con Rodorico,
1.747Bessano con Bisandro ed Aldigieri
1.748era a le man col provido Unigasto:
1.749e tutti e' lor cavalli e selle vòte
1.750andavan trascorrendo per lo prato,
1.751che non aveano tempo per pigliarli,
1.752tant'eran tutti a la battaglia intenti.
1.753Teio poscia e Turcasso et Aldibaldo
1.754e Totila crudele e 'l fiero Almondo
1.755sopra i lor ferocissimi cavalli
1.756stavan dubbiosi se dovessen ire
1.757contra quei cavalier ch'erano in sella
1.758o contra quei che combatteano a piedi;
1.759al fin parve lor meglio andarsen tutti
1.760intorno al capitanio de le genti,
1.761che si trovava esser ridotto al piano
1.762ed aver morto il suo cavallo acanto:
1.763per la qual cosa avean ferma speranza
1.764di farlo andare in brieve tempo a morte,
1.765che saria la salute de la impresa
1.766e la vittoria de la gente gotta.
1.767E così tutti quanti l'assaliro
1.768con le lor spade che teneano in mano,
1.769e gli menaron colpi aspri et orrendi:
1.770et e' si difendea con tanto ardire
1.771che non si vide mai simil valore.
1.772Ei pareva una rocca in mezzo a un piano
1.773che ha molte genti per pigliarla intorno
1.774con scale e fuochi e machine murali;
1.775ma quei che vi son dentro a la difesa
1.776gettando sassi e saettami e lance
1.777fanno che ognun sta volentier discosto:
1.778e pur s'alcun vuol appressarsi ad essa
1.779resta da lor percosso, e non fa nulla;
1.780così parean quei furïosi Gotti
1.781intorno al capitanio de le genti:
1.782e quei de la città, che 'n su le mura,
1.783e quei del campo, che sopra i ripari
1.784stavano a rimirar l'empia battaglia,
1.785tutti tutti stupian di quello assalto
1.786e del valor del capitanio eccelso;
1.787al fin gli corse addosso il fiero Almondo
1.788con la sua spada, e minacciando disse:
1.789Acerbo capitan, voi non avete
1.790le vostre armate legïoni a canto
1.791che vi difendan da l'orribil morte
1.792che or ora vi daran le nostre mani.
1.793E detto questo poi menolli un colpo
1.794con ambedue le man sopra la testa,
1.795che mandò a terra il bel cimier del Sole;
1.796e se non era il suo fortissimo elmo
1.797tanto perfetto, gli partiva il capo
1.798fin a le spalle, e forse fin al ventre.
1.799Il capitan per quell'empia percossa
1.800non si smarrì, ma fece come un serpe
1.801che contra il percussor tutto s'avventa
1.802e non lo lascia mai, se non l'afferra
1.803co 'l venenoso dente entr'a la carne,
1.804e quella gli empie di veleno amaro
1.805e fa de la sua ingiuria aspra vendetta;
1.806così il percosso capitanio andossi
1.807con la sua spada acuta verso Almondo
1.808e nel fianco di lui tutta l'ascose,
1.809e morto lo mandò disteso in terra:
1.810poi disse: Or narra, furïoso Almondo,
1.811al padre tuo che ne l'inferno è posto
1.812che senza legïon mi son difeso
1.813da la tua spada e da le tue minaccie.
1.814Quando udì questo il perfido Tuncasso,
1.815ch'era fratel cugin di Filacuto,
1.816che la madre d'Almondo ebbe per moglie,
1.817sentì gran doglia; e mentre alzava il braccio,
1.818che volea dar co 'l brando in su la testa
1.819al capitanio, il capitanio audace
1.820senza paura se gli fece sotto;
1.821e poi lo prese per la gamba destra
1.822e ratto lo tirò fuor de la sella,
1.823onde Tuncasso in terra si distese,
1.824e fuor di mano gli caddeo la spada.
1.825Alora il capitanio de le genti
1.826lasciò la gamba e presegli il cimiero,
1.827ch'era una man ch'avea una spada rossa,
1.828e di tal colpo gli percosse il collo
1.829che via dal busto gli spiccò la testa:
1.830e poscia verso Vitige la trasse
1.831con gran furore, e gli percosse il scudo
1.832con essa, e tutto lo macchiò di sangue;
1.833ma non restor per questo gli altri quattro
1.834d'esser intorno al capitanio eccelso,
1.835urtandol co i cavalli e con le spade:
1.836tal che l'arian condotto a mal partito,
1.837ché un solo, ancor che forte, essendo a piedi
1.838non può mai lungamente far difesa
1.839contra quattr'altri cavalieri armati
1.840sopra i lor validissimi corsieri;
1.841onde 'l cortese Achil vedendo questo
1.842disse a Mundello ed a Traiano e a Magno:
1.843Che stiamo a fare, altissimi guerrieri?
1.844Ché non andiamo tutti a dar soccorso
1.845al capitanio, che si truova a piedi
1.846cinto da tanti cavalieri armati
1.847che agevolmente gli porian dar morte?
1.848Questo diss'egli, e poi tutti in un groppo
1.849se n'andaron correndo a darli aiuto:
1.850il forte Achille pria percosse Teio
1.851d'un colpo sì feroce ne la testa
1.852che lo mandò stordito fuor di sella,
1.853e poco vi mancò che non morisse;
1.854Traian percosse Totila nel fianco
1.855con una punta che non fu mortale
1.856perché Gradivo fece andarla torta,
1.857ma pur così mandòl disteso al piano:
1.858e, 'l fier Mundello con l'acuto brando
1.859menò sì gran percossa ad Aldibaldo,
1.860e correndo l'urtò con tal furore,
1.861che lo mandò co 'l suo cavallo a terra.
1.862Il che vedendo Vitige rivolse
1.863il suo corsiero, e sen volea fuggire;
1.864ma Belisario il prese per la briglia
1.865e lo ritenne, e poi saltolli in groppa
1.866con un salto leggier che parve un pardo;
1.867e lo prese a traverso, e con le braccia
1.868lo trasse fuor per forza de l'arcione:
1.869ma come in terra fu, tolse il pugnale
1.870e lo volea percuoter ne la gola.
1.871Non altrimente un sparavier maestro
1.872che s'attacchi a la coda d'un fasano,
1.873poi che lo tira a suo mal grado in terra,
1.874lo prende per lo collo e per la testa,
1.875e quel grande ucellaccio non si muove
1.876né si diffende, ma s'afflige e crida:
1.877così facea quel re, quando si vide
1.878venire il ferro prossimo a la gola,
1.879che cridava: Signore, a voi mi rendo;
1.880pigliatemi prigion, ch'a voi mi dono
1.881con la moglie e co 'l stato e co i tesori:
1.882non m'uccidete, che darovvi in mano
1.883tutta la Italia in manco di tre giorni,
1.884e venirò con voi dentr'a Bisanzo
1.885o dove paia al correttor del mondo.
1.886Così diss'egli, e 'l capitanio a lui:
1.887Non dubitate, no, ch'io vi dia morte,
1.888poi che ne le mie man vi siete reso,
1.889ché sempre a chi si rende io son cortese.
1.890Venite meco dentr'al nostro vallo
1.891co i vostri cavalier che son rimasi
1.892in vita, e quivi essequiransi i patti
1.893che fur tra noi conclusi e sottoscritti;
1.894né se 'n preterirà pur una iota.
1.895E detto questo l'accettò prigione.
1.896Come fu reso il re, quelli altri tutti
1.897suoi cavalier ne fur molto contenti,
1.898ch'alcuni eran ridotti a mal partito
1.899né si credeano più d'uscirne vivi.
1.900Bisandro era abbracciato con Bessano
1.901e caduto di sotto, ed aspettava
1.902d'esser condotto a vergognosa morte;
1.903Lucillo avea ferito Roderico
1.904in una coscia, e 'l provido Unigasto
1.905da un colpo di Aldigieri era per terra:
1.906però ciascuno udì con gran diletto
1.907che 'l re fosse accettato per prigione
1.908co 'l dar l'Italia a gli ottimi Romani.
1.909E poscia tutti andòr con lui nel vallo,
1.910benché alcuni di lor vi fur portati,
1.911che non potean per le ferite andarvi;
1.912e fur veduti con diletto immenso
1.913da gli onorati principi romani,
1.914e medicati ancor con molta cura.
1.915Poi mentre che si stava entr'a quel vallo
1.916a contemplare il re ch'era prigione
1.917e che si medicavano i feriti,
1.918i famigli d'Almondo e di Tuncasso
1.919e quelli di Agrilupo usciro al campo
1.920per portare in Ravenna i lor signori,
1.921ch'erano stati uccisi in quel duello:
1.922e così preso avean sopra le spalle
1.923il duca d'Asti e 'l duca di Pavia,
1.924e gli portavan lacrimosi dentro;
1.925poi mentre che volean levar da terra
1.926quelli altri servi il corpo d'Agrilupo,
1.927venne una voce altissima dal cielo
1.928con un rimbombo orribile e tremendo
1.929che disse: Lascia star questo ribaldo
1.930inimico del cielo e de la terra,
1.931che Dio non vuol ch'egli abbia alcun sepulcro,
1.932ma vuol che le sue membra inique ed empie
1.933sian divorate da rabbiosi cani,
1.934sì come avea anch'egli immensa rabbia
1.935contra Dio, contra 'l padre e contra i santi;
1.936e l'alma poi da gli angeli nocivi
1.937fia tormentata ne le pene eterne.
1.938Al fin de le parole udissi un trono,
1.939ed appariron quivi molti cani
1.940rabbiosi e grandi ed affamati e neri,
1.941onde fuggiro i timidi famigli
1.942subitamente, e abbandonaro il corpo;
1.943e quei cagnazzi con orribil urli
1.944lo laceraro in più di mille parti
1.945e tutto quanto poscia lo mangiaro,
1.946condegno fine a quel rabbioso lupo.
1.947Il vicimperador de l'occidente
1.948poi per non dare indugio a la vittoria
1.949fece chiamare a sé Traiano e Paulo
1.950e disse lor queste parole tali:
1.951Andate, prudentissimi baroni,
1.952a prendere il possesso di Ravenna,
1.953che forse lo daran senza contrasto,
1.954per osservare i patti che giuraro.
1.955Ma voi, come l'arete, abbiate cura
1.956de la regina Amata e de i tesori,
1.957perché possiam condurli entr'a Bisanzo
1.958e darli in mano al correttor del mondo.
1.959Andate adunque senza alcuno indugio:
1.960menate vosco Rubicone araldo,
1.961che per nome del re faravvi aprire
1.962le porte, e introduravvi a la regina;
1.963e menate anco due coorte intiere
1.964da porle per custodia de le porte.
1.965Così diss'egli e quei baroni andaro
1.966senza dir altro verso quelle mura:
1.967e come giunti furo entr'a Ravenna
1.968lasciarono a la porta il forte Olando
1.969con la sua validissima coorte,
1.970e s'avviaron poi verso 'l palazzo.
1.971Quivi trovaron la regina Amata
1.972che si sedea con molte donne intorno,
1.973e lacrimavan la fortuna avversa
1.974e la ruina de l'imperio gotto;
1.975a questa s'accostò l'antiquo Paulo
1.976e poi le disse con parlar soave:
1.977Gentil regina io penso che sappiate
1.978quel che conchiuse il vostro almo consorte
1.979col vicimperador de l'occidente,
1.980e come gli promise, se perdea,
1.981poner la signoria d'Italia tutta
1.982e la moglie e se stesso in le sue mani;
1.983or ha perduto, ed è nel nostro vallo:
1.984onde mi manda a prendere il possesso
1.985di quest'alma cittade, e tòrre ancora
1.986tutti li vostri amplissimi tesori
1.987ed anco insieme la persona vostra,
1.988perché vi vuol condur dentr'a Bisanzo
1.989e darvi in mano al correttor del mondo.
1.990Piacciavi adunque far senza contrasto
1.991ciò ch'al ciel piace, e quel che vi commette
1.992umanamente quel signor che ha vinto.
1.993Così disse il buon vecchio, a cui rispose
1.994quella regina con sospiri e pianti:
1.995Signore, io so che s'affatica indarno
1.996quel che vuol contrastare al suo destino:
1.997perché il voler del Ciel sempre è più forte
1.998d'ogni consiglio de le genti umane.
1.999Fate adunque di noi ciò che v'aggrada,
1.1000poi che siam giunte ne l'arbitrio vostro.
1.1001Ben spier che l'alto domator del mondo
1.1002arà pietà de l'empia mia fortuna,
1.1003e mi farà trattar come regina
1.1004che sia mandata presa in le sue mani.
1.1005Questo diss'ella, e consignò i tesori
1.1006e la terra e se stessa a quei baroni.
1.1007Poi fatto questo il buon conte d'Isaura
1.1008disse a Sindosio: Ritornate al vallo,
1.1009Sindosio, e dite al capitanio eccelso
1.1010come tutte le cose che ci ha imposte
1.1011sono essequite, e che potrà venirsi
1.1012ad ogni suo piacer dentr'a Ravenna.
1.1013Sindosio riferì quella ambasciata
1.1014al vicimperador de l'occidente,
1.1015il qual poscia v'andò senza dimora.
1.1016Quivi si stette nove giorni interi
1.1017per assettare ed ordinar le cose
1.1018che si doveano fare in quei paesi
1.1019perché l'avuta libertà durasse.
1.1020Poi quando 'l giorno decimo sen venne,
1.1021ascese sopra le veloci navi
1.1022col re prigione e con le spoglie opime,
1.1023e lieto s'avviò verso Bisanzo
1.1024avendo posto Italia in libertade:
1.1025la qual vi stette poi quant'a Dio piacque,
1.1026perché le cose che si fanno in terra
1.1027tutte dipendon dal voler divino.
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