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1.1Andava instrutto il glorïoso stuolo
1.2del fortunato imperador del mondo
1.3co 'l capitanio suo verso 'l Piceno:
1.4che poi ch'uscì de l'onorata Roma,
1.5passato avendo 'l Tebro, era alloggiato
1.6su 'l pian che l'onde bianche de la Nera
1.7rigan vicine a la città di Terni;
1.8quivi arrivaron gli orator de i Gotti
1.9ch'aveano in guardia Chiusi,Orbieto e Todi,
1.10città che dentro avean presidio gotto:
1.11or per timor ch'e' non v'andasse il campo
1.12avean mandato a rendersi a i Romani.
1.13Onde un di lor, ch'avea nome Timarco,
1.14sen venne avanti 'l capitanio e disse:
1.15Illustre capitanio de le genti,
1.16Gelimero ci manda a vostr'altezza
1.17ed Albilo, che tengono in governo
1.18Orbieto e Chiusi; ed io, che tengo Todi,
1.19per nome loro e mio ne vengo a darvi
1.20queste città, che son munite e forti;
1.21con tal patto però che siano salve
1.22e le nostre persone e 'l nostro avere,
1.23né per voi ci sia fatto alcun oltraggio.
1.24A cui rispose Belisario il grande:
1.25Gentili ambasciadori, assai mi piace
1.26che risparmiate a noi questa fatica
1.27di gir col nostro campo in quelle parti,
1.28e liberate voi da molti mali
1.29che di necessità portan le guerre.
1.30Adunque allegramente le accettiamo,
1.31né volemo altro da le vostre genti
1.32se non che più non ci combatten contra.
1.33E così detto gli toccò la mano
1.34ed accettò le chiavi de le terre;
1.35poi chiamò Arato ed Atalo e Terpandro
1.36e disse lor queste parole tali:
1.37Non vi sia grave, cavalieri illustri,
1.38di menar vosco tre coorti intiere
1.39e prender il possesso di quei luochi
1.40che vi consegneran questi legati:
1.41e non fate a costoro ingiuria alcuna,
1.42ché 'l vincitor benefico e modesto
1.43par ch'inviti le genti a star sott'esso.
1.44Poi solamente mandarete i Gotti
1.45che saran ivi a Napoli e Messina,
1.46sotto il governo accorto di Terpandro,
1.47perché non possan più venirci contra.
1.48Così diss'egli, e quei baroni audaci
1.49essequir puntalmente i suoi mandati;
1.50poi quando venne fuor la sesta aurora
1.51si dipartiro, e giunsero a Spoleti:
1.52e quindi poi lasciando a man sinistra
1.53Fuligno, trapassarono a man destra
1.54Tollentin, Macerata e Recanati,
1.55che Recineto era nomato alora,
1.56e tutti gli accettar senza contrasto;
1.57ma sol quei d'Osmo avean le porte chiuse,
1.58né voleano ascoltare alcuno araldo:
1.59perciò che v'era dentro il fier Bisandro
1.60con più di dieci millia eletti fanti
1.61e più di mille cavalieri armati;
1.62il che sentendo il capitanio eccelso
1.63fermossi in Recanati, e contemplava
1.64il sito d'Osmo, che volea sforzarlo.
1.65Or quivi aggiunse il giovane Grimaldo,
1.66nobile e dotto, e di costumi eletti,
1.67il qual fu mandat'ivi da Canonte,
1.68che raguagliasse Belisario il grande
1.69di tutto quel ch'avea fatto in Ancona;
1.70questi come fu giunto avanti lui
1.71gli fece riverenza, e poi gli disse:
1.72Almo rettor de le terrene squadre,
1.73Canonte vostro, principe de i Daci,
1.74avendo udita la venuta vostra
1.75mi manda a reverirvi, e farvi noto
1.76ciò ch'è accaduto a lui dentro d'Ancona,
1.77in cui Vitellio lo lasciò per guarda
1.78quando se n'andò a Rimino, e lo prese.
1.79Voi saperete adunque, almo signore,
1.80sì come il re de i bellicosi Gotti
1.81avendo intesa la partenza vostra
1.82da Roma, per venir verso Ravenna,
1.83mandò un suo capitan nomato Baccio
1.84con più di cinque millia uomini armati
1.85per occuparsi la città d'Ancona;
1.86ed ordinò che pria venisse ad Osmo
1.87e togliesse Bisandro e la sua gente
1.88seco per far quell'onorata impresa,
1.89e così tutti vennero a trovarci.
1.90Ma come intese questo il fier Canonte,
1.91più da disio che da ragion commosso,
1.92se n'uscì fuor con tutto quanto 'l stuolo
1.93e non vi lasciò dentro alcun soldato:
1.94poi di quella sua gente al piè del colle
1.95fece una lunga e poco densa schiera,
1.96cingendo quasi tutto quanto il monte
1.97a guisa d'un signor che vada a caccia;
1.98ma quelli, come videro i nimici
1.99venir con sì gran numero di gente,
1.100voltòr le spalle e posensi a fuggire
1.101per ritirarsi dentro da le mura.
1.102Gli Anconitani che vedean fuggirli
1.103gli aprir le porte e gli accettaron entro:
1.104ma i Gotti sempre gli seguian ferendo
1.105ed occidendo quei ch'eran più lenti;
1.106onde i buon cittadini, avendo tema
1.107che non v'entrasser entro anche i nemici,
1.108ch'a le lor spalle sempre eran propinqui,
1.109chiuser le porte de la lor cittade:
1.110dapoi calòr da i merli alcune funi,
1.111per cui traeano i miseri Romani
1.112i quai fuor de le porte eran rimasi
1.113quando serrate fur da quei d'Ancona;
1.114e vi tiror tra gli altri ancor Canonte,
1.115ch'era restato a dietro, e combattea
1.116fin che vide salvar tutti i Romani.
1.117I Gotti poi che non avean potuto,
1.118come speravan, prender quella terra
1.119arsero i borghi ch'ella avea d'intorno;
1.120ed oltra questo poser molte scale
1.121a i muri per voler salir sovr'esse:
1.122ma noi s'eravam posti a le diffese,
1.123né giovato ci aria, perciò che Baccio
1.124da un canto e 'l ferocissimo Bisandro
1.125da l'altro eran saliti su le mura
1.126con molti Gotti, e si spingeano dentro,
1.127se 'l feroce Olimonte al fier Bisandro
1.128non s'opponea, né 'l buon Gualtiero a Baccio,
1.129che quivi erano aggiunti il giorno istesso
1.130che ci fu dato quel sì crudo assalto.
1.131Questi co 'l lor valor ci ricovraro;
1.132Bisandro combattea con Olimonte
1.133acerbamente, e già l'avea ferito
1.134in quattro luochi de la sua persona,
1.135quando Olimonte fieramente urtollo
1.136con la spada e co 'l petto e co 'l gran scudo
1.137e lo spinse per forza fuor del muro;
1.138che parve un vento quando spinge un faggio
1.139con le radici in su giù d'un gran colle
1.140e che lo fa cadere entr'a una valle,
1.141che tutta quanta gli rimbomba intorno:
1.142tal parve nel cader Bisandro alora,
1.143che fece sbigottir tutti quei Gotti
1.144ch'eran con lui saliti in su le mura;
1.145onde con furia si gettaro al basso
1.146per fuggir l'empia forza d'olimonte.
1.147Né con minor valore il buon Gualtiero
1.148sospinse Baccio giù da la sua parte:
1.149perciò ch'avendo avute entr'al suo petto
1.150molte ferite da i feroci Gotti
1.151tolse un'asta di mano a Bagiavante,
1.152e dié con essa un colpo ne la testa
1.153a Baccio; e se non era il fino elmetto
1.154senza alcun dubbio lo mandava a morte:
1.155ma lo ferì però sì fieramante
1.156che fé caderlo anch'ei dentr'al gran fosso,
1.157e tutti gli altri gli saltaro dietro
1.158per non gustar quelle percosse amare;
1.159e non fu alcun dapoi di quei di fuori
1.160che più ponesse il piè sopra le scale,
1.161né più tentasse di salir su 'l muro.
1.162Gualtiero ed Olimonte dopo questo
1.163per le ferite e per lo sangue sparso
1.164caddero a terra, e così mezzi morti
1.165furon portati a casa di Canonte,
1.166che gli fé medicar con molta cura:
1.167tal che or non sono in dubbio de la vita.
1.168I Gotti poi se ne tornaro in Osmo
1.169senza far nulla, e si dimoran ivi
1.170per far contra di voi difesa e guerra.
1.171Così parlò Grimaldo, e molto piacque
1.172al capitanio intender come Ancona
1.173si fosse ben difesa da i nimici;
1.174ma poi non conoscendo il giovinetto
1.175che referito avea quell'ambasciata
1.176gli disse rispondendo in questa forma:
1.177Veramente, signor, ci avete esposto
1.178tant'ordinatamente quel negozio,
1.179che mi reca nel cuor molto diletto;
1.180ma perché più non mi ricordo avervi
1.181scorto fra i nostri cavalier romani
1.182io saprei volentier chi voi vi siete.
1.183Alor Grimaldo a lui così rispose:
1.184Almo rettor de le terrene squadre,
1.185l'esser mio basso e la mia nuova etade
1.186non può dar conoscenza ad uom sì grande:
1.187pur questo io vi dirò ch'io son Toscano,
1.188de l'estrema città verso la Francia,
1.189e già mi diedi a i studi de le Muse:
1.190né gran tempo è ch'io mi venia d'Atene,
1.191e capitai ne la città d'Ancona;
1.192e vedendo ivi le romane insegne
1.193mi fermai ne la corte di Canonte
1.194per voler darmi parimente a l'arme:
1.195perciò che la dottrina aggiunta a l'arme
1.196suol parturir gran gloria fra i mortali;
1.197ma non so ben s'io mi potrò durarvi
1.198ché troppo piene son d'aspre fatiche.
1.199Disse alor Belisario: Io lodo molto
1.200quest'onorato bel vostro disio,
1.201né vi sgomenti in ciò fatica alcuna:
1.202ché l'uomo elegger dee l'ottima vita,
1.203perché vivendo e dimorando in essa
1.204l'uso glie la farà dolce e süave.
1.205Consigliatevi pur co i saggi e buoni,
1.206perché colui che ben non si consiglia
1.207va spesso in preda de i piaceri umani.
1.208E detto questo il capitanio eccelso
1.209fece che tutti e' suoi prendesser cibo,
1.210per poter ir dapoi col campo ad Osmo.
1.211Quest'Osmo è una città sopra un gran colle
1.212ch'è di rimpetto a quel di Ricanati,
1.213ov'era alor l'essercito di Roma:
1.214e separati son da un piano ameno
1.215che riga il Musio con sue liquid'onde.
1.216E così il capitan partissi quindi,
1.217com'ebber preso il consüeto cibo,
1.218e passò il Musio ed andò appresso ad Osmo:
1.219e mentre che facea munire il vallo
1.220Bisandro se n'uscì fuor de le mura
1.221con molti Gotti ed assalì e' Romani
1.222ne l'ora appunto che i pasciuti armenti
1.223tornan da i paschi a le dilette mandre;
1.224onde i Romani, che muniano il vallo,
1.225quantunque fosser colti a l'improviso
1.226non si smarriro, anzi pigliaron l'arme
1.227e gli andòr contra con valore immenso
1.228e 'l capitanio eccelso il qual parea
1.229un nuovo Marte giù dal ciel disceso,
1.230scontrò con l'asta bassa il fier Bisandro
1.231e lo ferì d'un sì terribil colpo,
1.232che poco gli mancò che nol mandasse
1.233disteso in terra a insanguinar l'arena;
1.234e se Gradivo no 'l teniva in sella
1.235e no 'l faceva entrar fra le sue genti,
1.236era l'ultimo dì de la sua vita.
1.237Poi dietro a quello ancor ferì Brunoro,
1.238fratel di Baccio, e lo distese a l'erba,
1.239tal che più non poteo levarsi quindi.
1.240Uccise ancora il giovane Feroldo,
1.241ché gli cacciò la spada dentr'al naso
1.242e per quei buchi andò fin al cervello:
1.243e cadde in terra, e dié d'i calzi a l'erba.
1.244Achille uccise Arcaldo e Bachilante,
1.245Traian mandò per terra Casentino
1.246e Ciro Orildo e 'l bel Sindosio Aronte,
1.247tutti gran capi de la gente gotta:
1.248Baccio vedendo quelli orribil colpi
1.249subitamente si rivolse in fuga
1.250con tutto l'altro essercito de i Gotti
1.251verso 'l suo colle, e gli ottimi Romani
1.252lo seguian sempre, e n'uccideano tanti
1.253che di sangue correa tutto 'l terreno;
1.254e se non era l'ombra de la notte,
1.255che gli divise, alor poneasi fine
1.256a quei certami, perché arian pres'Osmo
1.257e i Gotti rimanean sconfitti o morti:
1.258ma Dio non volse, onde tornaro indietro
1.259gli uni a guardar la terra e gli altri al vallo,
1.260e vigilaron l'una e l'altra parte
1.261per tema de l'insidie de i nimici
1.262quasi tutta la notte in fin al giorno.
1.263Poi quando apparve fuor la bella aurora
1.264coronata di rose in vesta d'oro
1.265l'eccelso capitanio de le genti,
1.266munito avendo il suo ben posto vallo,
1.267pose l'assedio intorno a la cittade,
1.268per ciò che non potea darli battaglia,
1.269ch'era su rupi discoscese ed alte:
1.270e così stando a quell'assedio intento,
1.271veniano i Gotti fuor de le sue porte
1.272a prender erba in un'erboso prato
1.273ch'era su 'l colle appresso a le lor mura,
1.274cosa che diede a l'una e a l'altra parte
1.275cagion di frequentissime battaglie;
1.276perciò che i Gotti ivano a tuor quell'erba
1.277per portarl'entro e darla a i lor cavalli,
1.278ed i Romani ad assediarli intenti
1.279saliano il colle e gli impediano il torla,
1.280né perché i Gotti poi pigliassen gli assi
1.281con le ruote de i carri, e giù del monte
1.282le facessen girar contra i Romani
1.283quando ascendeano su per farli offesa,
1.284poteon salvarsi da i lor fieri assalti:
1.285ché spesse volte quelle ruote andaro
1.286fin al più basso fondo de la valle
1.287senza far danno a i cavalier romani,
1.288che sempre gli turbavano i lor paschi
1.289e gli facean fuggir dentr'a le mura;
1.290onde Bisandro poi per far riparo
1.291a quel disturbo, trovò Baccio e disse:
1.292Buon è che andiate, Baccio, ad imboscarvi
1.293con mille nostri cavallieri eletti;
1.294e stando quivi manderò sul prato
1.295alcuni saccomani a mieter l'erba:
1.296e venendo i Romani ad impedirli,
1.297uscite fuor con le imboscate genti
1.298e di lor fate asperrimo governo.
1.299Così diss'egli, e Baccio andò a imboscarsi:
1.300poi Marzïan vedendo i saccomani
1.301tagliar quell'erba, ascese sopra il colle
1.302con la sua gente, e con Maurusio e Calpo,
1.303per non lasciar che la portassen entro.
1.304Maurusio ch'era avanti con la lanza
1.305passò il costato di Plutonio Gotto,
1.306ch'era colui che gli facea la scorta,
1.307e lo distese morto in su quell'erba;
1.308ma quando 'l vide esser vestito d'oro
1.309discese giù del suo destriero in terra,
1.310dapoi prese quel morto per la chioma
1.311perché lo volea trar fuor de la turba
1.312per tòrli quelle opime e belle spoglie:
1.313ma mentre che traea quel corpo estinto
1.314vi sopragiunser gli imboscati Gotti;
1.315e Baccio ch'era avanti con la lancia
1.316passò Maurusio, e l'inchiodò co 'l morto,
1.317e fitti insieme gli lasciò sul prato.
1.318Poi ferì Marzïan nel braccio destro,
1.319e a Gargarismo trapassò la gola:
1.320così ferian quei disboscati Gotti
1.321con gran vantaggio i miseri Romani,
1.322de i quali ognun n'avea d'intorno dieci;
1.323e in poco d'ora gli arian morti tutti,
1.324se 'l vicimperador de l'occidente
1.325e gli altri ancor che si trovòr nel vallo
1.326- che co 'l cridare avean chiamati in dietro
1.327i buon Romani che saliro al colle
1.328quando videro i Gotti uscir del bosco:
1.329ma per esser intenti a quel negozio
1.330o per la gran distanzia non gli udiro,
1.331onde eran giunti a miserabil passo -
1.332se 'l capitan, che vide il lor periglio,
1.333non mandava Traiano e 'l forte Achille
1.334con molti cavalieri a darli aiuto:
1.335perché da l'altra parte ancor Bisandro
1.336con la sua gente uscì fuor de la porta
1.337per torli in mezzo e per mandarli a morte:
1.338e 'l capitanio, come vide uscirlo,
1.339lasciando Paulo a guardia del steccato
1.340salì sul monte anch'ei con tutto 'l stuolo.
1.341Alor s'incominciò crudel battaglia,
1.342che i Gotti essendo in più sublime luoco
1.343per quella altezza avean molto vantaggio:
1.344ma i buon Romani, che d'ingegno e forza
1.345vinceano i Gotti, non cedeanli un palmo
1.346di terra, e sempre si faceano inanzi,
1.347opponendosi a lor come far suole
1.348la palma contra 'l peso che la prieme.
1.349Or chi vedesse l'onorato Achille
1.350ferir ne i Gotti e far prove mirande
1.351diria che non fu mai simil guerriero:
1.352questi uccise Tuderto e Fossambruno,
1.353Pelagio e Sarno con l'acuta lancia;
1.354poi cacciò mano a la tagliente spada
1.355ed uccise Fiorin, Barocco e Pugno;
1.356e dié tante ferite e tante morti
1.357a tutti quei che gli veniano appresso
1.358che di sangue piovea tutto quel colle.
1.359il capitanio poi da l'un de' lati
1.360si stava armato con la spada in mano,
1.361ed essortava ognuno a la battaglia
1.362e non lasciava alcun traersi indietro:
1.363il che vedendo il perfido Amartano,
1.364ch'era fratel bastardo di Finalto,
1.365pose su l'arco una saetta acuta
1.366e volse gli occhi al cielo, e così disse:
1.367O stella che governi il quinto giro,
1.368se tu non fai ch'io spinga esta saetta
1.369nel ventre al capitanio de i Romani,
1.370mai più non ti vuo' fare onore alcuno,
1.371anzi vogl'ire a disperata morte.
1.372Così disse e tirò la fiera corda:
1.373e la saetta sibilando andava
1.374per l'aria verso il capitanio eccelso,
1.375e saria fitta in lui dentr'al bilico,
1.376se 'l gran Palladio non li dava aiuto:
1.377che come vide quell'orribil strale
1.378venirli contra disse al buon Traiano:
1.379Baron, se tu non salvi il tuo signore,
1.380ei sarà morto, e tutto quanto il stuolo
1.381sarà condotto a miserabil fine:
1.382spingi la mano in là verso 'l suo ventre,
1.383piglia quel stral che se gli aventa contra,
1.384che sarai causa de la sua salute
1.385e de la libertà d'Italia tutta.
1.386Così gli disse e l'ottimo Traiano,
1.387che gli era appresso da la man sinistra,
1.388porse la destra man presso a la cinta
1.389di Belisario e prese l'empio strale;
1.390e non lo pote raffrenar, se prima
1.391tutta non gli passò la destra mano,
1.392ma nel guanto d'accial poi si ritenne.
1.393Alora il capitanio de le genti
1.394spronò Vallarco suo verso Amartano,
1.395e lo trovò che posto avea su l'arco
1.396un'altra validissima saetta:
1.397ma non tirò quella nervosa corda,
1.398ché Belisario lo ferì nel braccio
1.399sinistro, e netto lo mandò per terra
1.400e insieme con la man cadde ancor l'arco;
1.401poscia una punta gli tirò nel ventre
1.402che 'l passò tutto, e uscì fuor per le rene,
1.403onde gemendo e bestemiando forte
1.404se n'andò fuor quell'anima feroce.
1.405E fatto questo, il capitanio eccelso
1.406urtò tra i Gotti con la spada in mano;
1.407e tanti ne ferì, tanti n'uccise,
1.408che di sangue piovea tutto quel colle:
1.409e tutti e' Gotti gli fuggiano avanti
1.410come l'onde del mare avanti al vento.
1.411Fugian tra loro ancor Bisandro e Baccio,
1.412e poscia insieme si serraro in Osmo,
1.413onde i Romani ritornaro al vallo,
1.414né i Gotti ardiron più pigliar quell'erba.
1.415Or mentre che 'l rettor de l'occidente
1.416si stava intento a quell'assedio amaro,
1.417venne un soldato ch'avea nome Egisto,
1.418ch'era uscito di Rimino la notte,
1.419e con periglio estremo de la vita
1.420portò una carta a Belisario il grande
1.421che gli mandava il misero Giovanni,
1.422la qual dicea queste parole tali:
1.423Illustre capitanio de le genti,
1.424sappiate che siam molto a l'estremo,
1.425ché tutto quel ch'è necessario al vitto
1.426ci manca, e più non vi potrem durare
1.427né far difesa più contra i nemici,
1.428tanto siam lassi, indeboliti e stanchi:
1.429però prima che giunga il sesto giorno,
1.430se da voi non aremo alcuno aiuto,
1.431sarem da tal necessità constretti
1.432che darem la cittade in man de i Gotti,
1.433e le nostre persone e 'l nostro onore;
1.434il che farem con smisurata doglia,
1.435ché nulla cosa è di maggior vergogna
1.436che seguir il voler de i suoi nimici.
1.437Dateci adunque subito soccorso,
1.438ché non si può durar contra la fame.
1.439Com'ebbe inteso il capitanio eccelso
1.440il stato e la miseria di Giovanni,
1.441sentì dentr'al suo cuor dolore immenso:
1.442dapoi stava fra sé molto suspeso,
1.443ché da l'un lato gli premea 'l disconcio
1.444de la gente di Arimino, e da l'altro
1.445l'abbandonar l'assedio e 'l lasciar Osmo
1.446gli parea la ruina de l'impresa:
1.447perché lasciando a sé dopo le spalle
1.448sì gran presidio, non avea speranza
1.449d'andar sicuro a dibellar Ravenna.
1.450e così stando in tal pensier suspeso
1.451se n'andò al letto, e quivi appresso al giorno
1.452l'angel Palladio in forma di Procopio
1.453gli apparve, e disse a lui queste parole:
1.454Illustre capitanio de le genti,
1.455v'essorto a dare al buon Vitellio aiuto,
1.456senza però lasciar quest'alta impresa:
1.457e perché meglio voi possiate farlo,
1.458dirovvi una notabil meraviglia
1.459che avvenne già gran tempo in queste parti,
1.460la qual daravvi in tal negozio aiuto.
1.461Di là dal Musio di rimpetto al poggio
1.462u' sciede la città che avette obsessa
1.463surge un bel colle, ed ha nome Laureto,
1.464perché ha una selva di fronduti allori:
1.465in questa selva al tempo d'Odoacro
1.466venne da Ierosolima per mare
1.467un bel tempietto che parea una nave,
1.468e gli angeli del ciel moveano i remi
1.469e sostenealo per le liquid'onde:
1.470al cui passaggio le tempeste e i venti
1.471tutte acquettaro, e l'onde eran tranquille;
1.472e le nimfe marine un coro intorno
1.473di sé faceanli, e con soavi canti
1.474sempre danzando lo spingeano inanzi,
1.475e i pesci fuor d'i pelaghi profondi
1.476uscendo ivan divoti ad adorarlo;
1.477e così venne a riva, e d'indi poi
1.478gli angeli la portaro in quel Laureto
1.479ch'io v'ho narrato e quivi si fermaro:
1.480perciò che quella statua che v'era entro
1.481mostrò co 'l riso di voler star ivi.
1.482Quando Odoacro poi da più persone
1.483intese quel miraculo sì grande
1.484s'empìo di meraviglia e di stupore,
1.485e chiamar fece dui solenni maghi,
1.486l'un chiamato Zachelo e l'altro Omargo,
1.487le cui parole a lui parean divine;
1.488e cominciò parlarli in questa forma:
1.489Io so che siete incantatori e maghi
1.490molto eccelenti, e che vi son palesi
1.491tutte le cose che nel mondo foro,
1.492e quelle che vi sono e che verranvi:
1.493onde anco arete inteso il gran prodigio
1.494ch'apparuto è nel bosco de gli allori.
1.495Però vi piaccia arditamente dirmi
1.496se questo è bon augurio o s'egli è tristo;
1.497e s'egli è tristo, datemi consiglio
1.498com'io debbia fuggir le sue minaccie.
1.499Al parlar di costui rispose Omargo:
1.500Invittissimo re prudente e forte,
1.501poi che saper volete il mio parere
1.502del tempio ch'è venuto in queste parti,
1.503io vi discoprirò ciò ch'io n'intendo.
1.504L'alta divinità ch'è in quel saccello
1.505è la madre di Colui che volse
1.506co 'l proprio sangue liberare il mondo
1.507da l'empia offesa de l'antico padre,
1.508onde si può nomar senza menzogna
1.509la libertà de la natura umana:
1.510e questa libertà ch'è in quel sacello
1.511come fia nota e manifesta a tutti
1.512torrà l'Italia da le vostre mani,
1.513e poneralla in libertade espressa;
1.514ed oltre a questo darà sempre aiuto
1.515a chi ne i casi lor dolenti e tristi
1.516porgeran prieghi a la divina altezza:
1.517onde risanerà le genti inferme
1.518e farà molte grazie a i suoi divoti.
1.519Però, signor, se nel pensiero avete
1.520che resti in servitù l'Italia afflitta,
1.521convienvi ritrovar qualche buon modo
1.522da chiuder quel santissimo sacello
1.523pria che sia nota a le terrene menti
1.524la gran divinità ch'ivi si chiude.
1.525Così parlò l'incantatore Omargo,
1.526a cui rispose il perfido Odoacro:
1.527Chi dà consiglio e poi non porge aiuto
1.528a chi non può per sé medesmo aitarsi,
1.529al parer mio costui consiglia indarno:
1.530però non vi sia grave il dar soccorso
1.531a questo nuovo consigliar che fate,
1.532e far co i vostri magici secreti
1.533che quel sacello sia tanto nascosto
1.534che nol possa veder persona umana,
1.535acciò che non si turbi il nostro impero.
1.536Questo disse Odoacro, ed ei rispose:
1.537Io spero, signor mio, di satisfarvi
1.538prima che 'l sole aggiunga al terzo giorno;
1.539poi fra se stesso mormorando disse:
1.540Costui goderà poco questa grazia,
1.541ma lascierà goderla a i suoi nimici
1.542che forse anch'essi un dì la perderanno.
1.543Quindi partissi, e si ritrasse in casa:
1.544poi co ll'incanti suoi fé fare un muro
1.545tutto di ferro intorno a quel saccello,
1.546ch'occhio mortal non lo potea vedere,
1.547perch'era cinto d'una nebbia oscura;
1.548a questo fece far sola una porta,
1.549e diella in guardia a dui feroci mostri,
1.550nomati l'uno Ambizio e l'altro Avario:
1.551perché se mai per gran favor del Cielo
1.552s'approssimasse alcuno a l'alto muro
1.553e lo vedesse, indi ne fusse espulso,
1.554da quei crudeli e scelerati mostri'.
1.555Così narrava l'angelo, e poi disse:
1.556Dunque, signor, se liberar volete
1.557l'Italia afflitta da le man de Gotti,
1.558convienvi discoprir quel buon saccello,
1.559che 'n brieve tempo fia liberato Osmo
1.560e dopo quello Arimino e Ravenna,
1.561e tutta Italia in libertà vedrassi.
1.562Mandate adunque il generoso Achille
1.563e 'l buon Traiano a far sì fatta impresa,
1.564che informerolli e insegnerolli il modo
1.565da vedere e disfar quel duro incanto.
1.566Questo disse il buon angelo, e sparìo;
1.567e nel sparir lasciò tanto splendore
1.568intorno al capitanio, che destossi,
1.569e ben conobbe il messaggier divino,
1.570onde si rallegrò dentr'al suo cuore.
1.571Poi si levò subitamente in piedi,
1.572e tosto si vestì di panni e d'arme;
1.573e chiamar fece l'onorato Achille
1.574e 'l buon Traiano, e gli narrò quel sogno:
1.575poi disse loro: Altissimi baroni,
1.576non vi sia grave il far sì bella impresa,
1.577perch'uscir non vi può se non felice,
1.578quando l'angel di Dio ci essorta a farla.
1.579Così diss'egli, e i dui baroni arditi
1.580accetòr volentier la santa impresa:
1.581poi si ritrasser dentro a i loro alberghi
1.582per prender le lor arme e i lor cavalli
1.583ed avviarsi al bosco de gli allori.
1.584L'angel Palladio in forma di valletto
1.585muttossi, e ritrovò quei dui baroni
1.586ch'erano armati e pronti al dipartirsi,
1.587onde gli disse: Cavalieri illustri,
1.588a voi mi manda Belisario il grande
1.589perch'io vi guidi a quell'alta ventura
1.590ch'ei v'ha narrato; andiamo adunque insieme,
1.591ché in poco d'ora condurovvi ad essa.
1.592E detto questo insieme si partiro;
1.593e così andando racontolli tutta
1.594la forza e la ragion di quello incanto
1.595e ciò che dovean far per superarlo:
1.596poi come fur vicini al bel Laureto
1.597quel messaggio di Dio si discoperse,
1.598e sparir fece l'incantata nebbia
1.599che nascondea quella ferrata cinta,
1.600onde vider la porta e i dui gran mostri;
1.601et e' disparve poi come un vapore
1.602che da terra si parta e ascenda in cielo,
1.603di che si rallegraro i dui baroni.
1.604Ma poscia risguardando quei gran mostri
1.605orrendi e fieri, tutti si stupiro:
1.606ciascuno avea le mambra di gigante,
1.607ma il fiero Ambizio che dal destro lato
1.608si stava avea la testa di leone,
1.609di cervo i piedi e di cavallo il ventre;
1.610e le lor braccia eran dui gran serpenti
1.611ch'avean le bocche aperte come mani,
1.612e i venenosi denti erano l'ungie.
1.613L'altro che stava dal sinistro canto
1.614de la gran porta avea di lupo il capo,
1.615di porco il ventre e d'asino le gambe;
1.616ed in vece di braccia avea dui gatti,
1.617che parean lenti in aspettare il tempo,
1.618ma nel carpir molto tenaci e presti.
1.619Questi dui mostri avean sì dure pelle
1.620che ferro alcun non le potea tagliare,
1.621salvo che Ambizio in sommo de la testa
1.622potea ferirsi, e Avario in mezz'al ventre.
1.623Come quei mostri videro i baroni,
1.624ch'eran discesi a piè per intrar entro,
1.625se gli aventaro con furore addosso
1.626per divorarli, e con le bocche aperte
1.627de le mani e del capo gli abbracciaro.
1.628Achille era condotto a mal partito,
1.629ché Ambizio mostro lo strigea co i denti
1.630di quelle serpi venenose ed aspre,
1.631tanto che se non eran le buon'arme
1.632l'aria condotto a miserabil fine;
1.633ma no 'l potendo poi graffiar co 'l morso
1.634per le fine arme che teneva intorno
1.635lo levò in alto per gettarlo in terra
1.636e fiaccarli così le carni e gli ossi:
1.637ma come Achille esser si vide in alto
1.638scorse quel luoco ove dovea ferirlo,
1.639come avea detto il messaggier celeste,
1.640e con la manca man prese le giube
1.641e tolse con la destra il suo pugnale
1.642e gliel ficcò nel mezzo de la testa,
1.643onde 'l mostro caddeo fremendo in terra.
1.644Traiano ebbe da poi minor fatica,
1.645perché ad Avario che l'aveva in braccio
1.646cacciò il pugnale in mezzo del bilico
1.647e lo distese morto in su l'arena.
1.648Achille al mostro suo tagliò le giube,
1.649e 'l buon Traiano al suo cavò il fegàto,
1.650come ordinolli l'angelo del cielo:
1.651onde crolossi tutto quanto il monte
1.652da un terremoto orribile e tremendo,
1.653e quel muro di ferro indi disparve.
1.654Alor mostrossi a gli occhi de le genti
1.655il sacro e divinissimo saccello,
1.656e i dui baron divoti entraro in esso;
1.657e ingenocchiati con le palme giunte
1.658avanti a quella glorïosa imago
1.659disser divotamente este parole:
1.660Regina sempiterna de le stelle
1.661liberatrice de la specie umana
1.662che salvò il tuo figliuol co 'l proprio sangue
1.663che da te prese dentr'al tuo bel ventre;
1.664or che levato avem dal buon saccello
1.665il muro che velava il tuo valore
1.666donaci grazia che possiam levare
1.667da queste nobilissime contrade
1.668il grave giogo de la gente gotta:
1.669tu sola sei la libertà del mondo,
1.670e lo ristori sola, avendo in mano
1.671la sanità ch'è libertà de i corpi,
1.672e parimente ancor la libertade,
1.673che è la gioconda sanità de l'alma;
1.674soccorra adunque il tuo divin valore
1.675l'afflitta Esperia, e in libertà la ponga.
1.676Così pregaro quei baroni eccelsi
1.677nel buon sacello; e quella statua santa,
1.678quantunque fosse di pulito legno,
1.679piegò la tasta ed accettò i lor prieghi:
1.680e poscia i dui signor tornaro al vallo,
1.681e raccontaro a Belisario il grande
1.682tutto quel ch'avean fatto entr'al laureto.
1.683In quel medesmo giorno ancor aggiunse
1.684Mundello, e disse al capitanio eccelso
1.685tutto quel ch'era occorso entr'a Milano,
1.686e gli narrò la giunta de i Francesi
1.687che ruppero in un dì la gente gotta
1.688e la Romana, e presero i lor valli:
1.689ond'ei fuggendo a Fiesole sen venne,
1.690e quivi intese la partita loro;
1.691poi disse come Fiesole si rese
1.692a Ciprïan, che stava a quell'assedio:
1.693onde co i duci gotti ch'avean presi
1.694s'eran venuti a ritrovarlo ad Osmo
1.695per raccontarli tutti quei negozi,
1.696ed esequir ciò che sariali imposto.
1.697Il capitanio attentamente udìo
1.698tutti e' lor casi, e vide con diletto
1.699i duchi presi de la gente gotta;
1.700poi gli fece condur con buona scorta
1.701vicini ad Osmo, e dimonstrarli a tutti
1.702color che si trovaro in su le mura:
1.703onde Traian, ch'ivi gli avea condotti,
1.704disse a Bisandro e a Baccio este parole:
1.705Che volete aspettare, afflitti Gotti?
1.706Perché non date a noi questa cittade
1.707come fer quei da Fiesole a Mundello?
1.708Se sperate da Vitige soccorso,
1.709troppo fia tardo, e nol potrete avere,
1.710ché non si può da Rimino partirsi,
1.711che lascieria Ravenna in gran periglio;
1.712e poi gli converrebbe render conto
1.713al nostro forte essercito romano
1.714pria che s'avicinasse a queste mura.
1.715Pensate ancor che s'egli avesse forze
1.716da mandar qui, che a Fiesole mandava,
1.717né aria perduta sì munita terra.
1.718Non siate adunque pertinaci tanto
1.719che vi convenga poi morir da fame;
1.720perché la pertinacia oltra le forze
1.721spesso è cagion d'altissima ruina.
1.722Così parlò Traiano, e quei signori
1.723non diero al suo parlar risposta alcuna:
1.724ma tutta notte poscia vi pensaro,
1.725ché 'l Re del ciel gli avea nel cuor mandato
1.726paura e tema, onde levata l'alba
1.727fecer consiglio sopra le parole
1.728che gli avea dette l'ottimo Traiano;
1.729e poi mandaro al capitanio eccelso
1.730un ch'avea nome Tomoro, che disse:
1.731Illustre capitanio de i Romani,
1.732i Gotti che si truovan chiusi in Osmo,
1.733vedendo che dal re non han soccorso
1.734come più volte fu promesso loro,
1.735m'hanno mandato a l'eccelenza vostra
1.736a dirli che daranli quella terra,
1.737salvando le persone e 'l loro avere
1.738e lasciandoli andar dove a lor piace
1.739con le bandiere dispiegate al vento.
1.740Come udì questo Belisario il grande
1.741ben s'allegrò, ma stava pur suspeso,
1.742ché se lasciasse andar sì bella gente
1.743a Rimino e Ravenna, assai disturbo
1.744poteano dare a l'ordinata impresa;
1.745da l'altra parte gli premea l'assedio
1.746del buon Vitellio, e volea darli aiuto,
1.747ma ciò non potea far non avend'Osmo;
1.748però rispose a Tomoro: Signore,
1.749non vi sia grave l'aspettare alquanto,
1.750ché vuo' parlar con questi miei baroni
1.751prima, e da poi vi renderò risposta.
1.752Così diss'egli, e poi fece chiamarli
1.753tutti subitamente entr'al suo albergo,
1.754a i quali espose la proposta gotta
1.755e la ragion perché volea accettarla.
1.756Alora Olando in piè levossi, e disse:
1.757Dunque volete, capitanio eccelso,
1.758remunerar le nostre alte fatiche
1.759e 'l sangue ch'avem sparso contra i Gotti
1.760co 'l lasciarli tornare a i loro alberghi
1.761con le persone e con la robba salva?
1.762Questo non sarà mai giocondo a tutti:
1.763considerate ben se tanto sangue,
1.764tante nostre ferite e tante morti
1.765han guadagnato le ricchezze loro;
1.766e se debbiam così lasciarli andare
1.767or che gli abbiam condotti entr'a la rete
1.768e che constretti da l'orribil fame
1.769si renderanno a noi come vorremo.
1.770Oh quanto meglio fia far la vendetta
1.771di tanti oltraggi, che lasciarli andare
1.772con rischio di patir molt'altre offese.
1.773Dividiam la lor robba al nostro stuolo
1.774che guadagnata l'ha; né può fuggirli
1.775se noi staremo a questo assedio alquanto.
1.776Non fate adunque loro alcuna grazia,
1.777ché quei piacer che fannosi a i nimici
1.778non mutan mai la lor natura acerba.
1.779Al contradir di Olando il capitano
1.780sorrise alquanto, e poi così gli disse:
1.781Barone illustre e di feroce ardire,
1.782se voi mangiassi crudo il re de Gotti
1.783e la moglie e i figliuoli, ancor non sazia
1.784l'ira vostra sarìa contr'al suo sangue:
1.785farò ciò che volete, perché questo
1.786non vuo' che faccia in noi discordia alcuna.
1.787ben manderovvi in Osmo a far gli accordi
1.788co i Gotti al meglio che potransi fare:
1.789ch'io voglio al tutto aver quella cittade,
1.790per dar soccorso al misero Gioanni
1.791e non abbandonare i nostri amici.
1.792Così detto e risposto, in piè levossi
1.793e poscia disse al buon conte d'Isaura:
1.794Non vi sia grave andar col forte Olando
1.795e col novello ambasciator de i Gotti
1.796in Osmo, e tòr quella cittade a patti,
1.797o boni o rei, come potrete averli.
1.798E detto ch'ebbe questo, introdur fece
1.799Tomoro Gotto, e poi così gli disse:
1.800Signore ambasciadore, ho detto tutto
1.801quel che chiedete a i nostri almi baroni,
1.802a cui par troppo la dimanda vostra:
1.803ma nondimeno io manderò con voi
1.804dui cavalieri nobili ed illustri
1.805per trattar quest'accordo con Bisandro.
1.806E così detto fé che Olando e Paulo
1.807andar con quello ambasciadore in Osmo:
1.808e quivi stando a maneggiar gli accordi
1.809conobber la lor fame e 'l lor timore,
1.810ond'ebber la città con questi patti,
1.811che i Gotti avesser le persone salve
1.812e la metà di tutto il loro avere,
1.813lasciando l'altra parte a i buon Romani.
1.814Così tornar con quell'accordo al vallo,
1.815e 'l capitan ne fu molto contento;
1.816e poscia giustamente fu divisa
1.817tutta la robba de la gente gotta,
1.818la qual dolente abbandonò la terra,
1.819e i buon Romani allegri entraro in essa.
1.820Come poi venne fuor quell'alma aurora,
1.821l'eccelso capitanio de le genti,
1.822desideroso d'aiutar Giovanni
1.823e trarlo fuor di quel assedio amaro,
1.824lasciando Areto a la custodia d'Osmo
1.825fece chiamare il principe Aldigieri,
1.826e disse a lui queste parole tali:
1.827O valoroso principe di Rodi,
1.828voi piglierete cinque millia fanti
1.829e ve n'andrete a la città d'Ancona;
1.830e menerete vosco ancor Lucillo
1.831e Sindosio ed Emilio e Cipriano;
1.832poi monterete sopra quelle navi
1.833che stan ivi aspettando il gran Narsete
1.834che venne a Roma senza darli nuova
1.835di sé, quando partì da la Sibilla,
1.836e drizzerete a Rimino la prora:
1.837né vi dilungherete da la riva
1.838molto, ma ve n'andrete lento lento
1.839aspettando le genti che su 'l litto
1.840saran condotte dal cortese Achille,
1.841da Marzïano e da Sertorio e Ciro,
1.842per arrivare a Rimino in un tempo.
1.843Io poscia me n'andrò su per i monti,
1.844e non sarò da voi molto lantano.
1.845Così diss'egli, e così poi fu fatto.
1.846Il capitanio alor per Urbisaglia,
1.847città distrutta al tempo d'Alarico,
1.848prese il camin con tutta la sua gente,
1.849ch'era sì ben armata e ben instrutta
1.850che parea cosa nobile a vederla:
1.851né mai fu notte limpida e serena
1.852che risplendesse di sì belle stelle
1.853intorno a lo epiciclo de la luna,
1.854quando dal suo fratel molto s'allunga,
1.855come splendeano quelle armate genti
1.856ch'erano intorno al capitanio eccelso.
1.857Ma quando fur vicine una giornata
1.858a la città di Rimino, ch'è posta
1.859là dove la Marecchia entra nel mare,
1.860trovaro Uldarno e 'l perfido Cardasso
1.861che con trecento fanti per quei monti
1.862passavan, per andare entr'ad Urbino:
1.863alora Olando ch'era avanti a gli altri
1.864e seco avea l'imperïal bandiera,
1.865come incontrossi co i nimici armati
1.866ferìte Uldarno con la valida asta,
1.867e 'l petto gli passò, tal che gli fece
1.868uscire il ferro acuto per le spalle,
1.869e morto lo mandò disteso in terra.
1.870Cardasso, che conobbe l'alta insegna
1.871di Belisario, e vide tanta gente
1.872che d'ognintorno ricopriano i colli,
1.873si volse per fuggir; ma il fiero Olando
1.874con l'asta sua l'accolse in una spalla,
1.875che dentro penetrò, ma non per questo
1.876restò Cardasso di seguir la fuga;
1.877poi s'appiattò fuggendo dietro a un cespo
1.878ch'er'ivi in un vallon molto rimoto,
1.879così sperando di fuggir la morte.
1.880Il fiero Olando poi co 'l ferro in mano
1.881si pose tra quell'altra empia gentaglia;
1.882e tanti ne ferì, tanti n'uccise,
1.883che tutte quelle pietre e quelle piante
1.884ch'eran d'intorno gocciolavan sangue:
1.885molti poi di color ch'eran fuggiti
1.886con le ferite lor stavansi ascosi
1.887per valli e selve e per caverne e sassi;
1.888e vedendo quei monti esser coerti
1.889d'uomini armati, e spessi come foglie,
1.890aveano entr'al lor cuor tanto timore
1.891che ciascun d'essi gli parea cinquanta.
1.892Poi come giunse l'ombra de la notte
1.893quelli infelici si partiron quindi,
1.894e tanto caminor, che andaro al vallo
1.895del re de Gotti, e poscia entraro in esso,
1.896che furon conosciuti da le guarde,
1.897perché da lor quel giorno eran partiti.
1.898Cardasso alor ferito in una spalla
1.899se n'andò avanti a Vitige gemendo,
1.900ch'era nel padiglion co i suoi baroni
1.901a consultar che volea dar battaglia
1.902l'altra mattina a Rimine, e tentare
1.903di guadagnar quella città per forza
1.904pria che venisse Belisario il grande
1.905con l'essercito suo per darli aiuto;
1.906alor Cardasso disse in questa forma:
1.907Serenissimo re pien di valore
1.908ma con poco favor de la fortuna,
1.909se voi non vi partite in questa notte
1.910da l'ostinato e periglioso assedio,
1.911andrete in man di Belisario il grande
1.912e perderete il regno e la persona.
1.913Ei vien con una innumerabil gente,
1.914che cuopre i monti e le campagne d'arme:
1.915noi poscia, ch'andavamo entr'ad Urbino,
1.916ritrovati gli abbiam sopra quei colli;
1.917quivi fu morto il valoroso Uldarno
1.918ed io ferito fui come vedete,
1.919poi gli altri tutti che non ebber morte,
1.920chi ferito e chi no, carghi di sangue
1.921si son fuggiti meco in questo vallo.
1.922Così parlò Cardasso, e come tacque
1.923divenne in faccia pallido e caddeo
1.924ne la presenza lor privo di vita.
1.925Alora il re con tutti i suoi baroni
1.926s'empieron di pietate e di paura:
1.927e risguardando ancor gli altri feriti
1.928che dicean molte cose del gran stuolo
1.929che Belisario avea su per quei colli,
1.930eran tanti inviliti che ciascuno
1.931già si movea per uscir fuor del vallo
1.932e seguitare il re, ch'era già in piedi
1.933per tornarsi fuggendo entr'a Ravenna;
1.934e fuggiti sarian, se non che Teio
1.935si levò ritto e disse in questa forma:
1.936Che cosa vi spaventa, eccelsi Gotti?
1.937La morte di un guerrier che sia fuggito
1.938con certi pochi suoi compagni inerti
1.939che si son posti in paventosa fuga
1.940senza mostrar la fronte a i lor nimici?
1.941A me par che debbiam veder con gli occhi
1.942questi tanti Romani, ed assaggiarli,
1.943pria che debbiamo aver timore alcuno;
1.944poi creder non si den tutte le cose,
1.945perciò che 'l creder poco e 'l bever poco
1.946son come nodi a la prudenza umana.
1.947Se 'l re vuol ritrarsi entr'a Ravenna,
1.948vadavi, e meni tutta la sua corte;
1.949ché l'altra gente gotta resteravvi
1.950fin che si prenda Rimino per forza:
1.951e se pur quella ancor vorrà partirsi,
1.952Totila ed io vogliam restarvi intorno
1.953sin che si veda il fin di questa impresa.
1.954Così disse il barone, onde levossi
1.955un grido da color ch'eranli intorno
1.956ch'ammirava laudando il suo parlare:
1.957tal che quei ch'eran già levati in piedi
1.958ne le lor sedi poi si risedero.
1.959Or eccoti apparir Bellafro e Narmo,
1.960ch'eran soldati eletti di Unigasto
1.961posti a la guardia del superbo vallo
1.962da la parte ch'è volta verso Fano,
1.963e dissero al signor queste parole:
1.964Serenissimo re pien di valore,
1.965vi fo saper si come abbiam veduto
1.966una infinita quantità di fuochi
1.967da la parte che a Pesaro risguarda,
1.968ch'ardean sul pian vicino a la marina:
1.969il che dimostra innumerabil gente
1.970venirci addosso ancor da quella parte,
1.971dunque, signore, or ch'io v'ho fatto cauto
1.972fateli quel rimedio che vi piace.
1.973Udito questo, il re vi volse andare
1.974personalmente a veder s'era vero:
1.975vedendo poi ch'e' fuochi erano tanti
1.976si smarrì tutto quanto entr'al suo cuore,
1.977onde deliberò partirsi quindi
1.978come spuntasse primamente l'alba.
1.979Poi quando venne fuor la bella aurora
1.980a rimenare il dì sopra la terra,
1.981apparve un'altra quantità di gente
1.982vicina al porto ov'entra la Marecchia,
1.983con tante navi e tanti armati legni
1.984che tutta ricoprian l'onda marina:
1.985queste eran quelle genti e quelle navi
1.986che furon date al principe Aldigieri
1.987quando uscì fuor de la città d'Ancona;
1.988queste, come apparir vicine al porto,
1.989mossen tanto timor nel cuor de i Gotti,
1.990che senza aspettar più posersi in fuga:
1.991e con molto cridore uscian del vallo
1.992esortando l'un l'altro ad affrettarsi,
1.993e per la fretta si premeano tanto
1.994che con fatica uscian fuor de le porte;
1.995non altrimente a l'apparir de i cani
1.996escono i cervi timidi del bosco
1.997e se ne van fuggendo per le piagge,
1.998lasciando al cacciator le amate selve:
1.999così fuggiano i spaventati Gotti
1.1000al subito apparir di quelle navi
1.1001abbandonando i lor muniti valli;
1.1002né vi rimase Totila né Teio,
1.1003che spese avean quelle parole altere,
1.1004anzi con gli altri insieme se n'andaro.
1.1005e se fusse venuto entr'al pensiero
1.1006al buon Vitellio, che vedea fuggirli,
1.1007di saltar fuor con la sua gente obsessa,
1.1008tutti gli arebbe fraccassati e morti,
1.1009ed aria posto fine a quella guerra
1.1010inanzi al dì che 'l Ciel gli avea prefisso:
1.1011ma fosse o ch'eran da la fame afflitti
1.1012o che volesse Iddio donar la gloria
1.1013di quella impresa a Belisario il grande,
1.1014si stetter cheti a la difesa intenti.
1.1015Alor discese il principe Aldigieri
1.1016con le sue buone genti in su la riva,
1.1017e prestamente appresentossi al vallo,
1.1018poi dentr'a quello andò senza contrasto:
1.1019e trovò molte vittüarie in esso
1.1020e molte belle machine murali
1.1021che per quell'aspra e subitanea fuga
1.1022vi fur lasciate da la gente Gotta,
1.1023e tutte furo in Rimino condotte.
1.1024Dopo Aldigieri giunse il forte Achille
1.1025con quella gente che menava seco
1.1026per l'arenoso lito appresso al mare,
1.1027e fur veduti con piacere immenso.
1.1028Ma come quando cessa una gran pioggia
1.1029che lungo tempo sia dal ciel discesa,
1.1030e l'api ingenïose entr'a gli essami
1.1031sian state, senza uscire la foresta;
1.1032poi che rasciuga il sol l'erbette e i fiori
1.1033escon ne' prati a ragunare il mèle:
1.1034così faceano gli ottimi Romani,
1.1035ch'usciano fuor de la città rinchiusa
1.1036per trovar vittüaria in quei contorni.
1.1037Ma poco stando Belisario il grande
1.1038giunse ancor ei con la sua bella gente
1.1039che per la via de i monti avea condotta;
1.1040e dismontato dentr'al gran palazzo
1.1041tutti quanti i baron gli furo intorno,
1.1042e tutto quanto il popol de la terra
1.1043lo risguardavan, come fosse un Dio:
1.1044ed e' volgendo gli occhi a quei soldati
1.1045ch'eran stati rinchiusi entr'a l'assedio
1.1046ed eran magri, squallidi ed afflitti
1.1047per li disagi avuti e per la fame,
1.1048disse verso Vitellio este parole:
1.1049Signore, il vostro smisurato ardire
1.1050e 'l non curar de i fidi miei precetti
1.1051v'ha posto in questo asperrimo periglio:
1.1052ma rendete pur grazie ad Aldigieri,
1.1053ch'entrò ne i loggiamenti de i nimici
1.1054e v'ha recata vittüaria tanta,
1.1055che sarà gran cagion da ristorarvi.
1.1056Ed egli: Io son tenuto al buon Narsete
1.1057d'obiligo assai maggior, che vi sospinse
1.1058in Roma a trarmi fuor di tal periglio.
1.1059Così detto e risposto, quella notte
1.1060giocondamente in Rimino posaro.
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