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IL VIGESIMOQUINTO LIBRO

1.1Febo ascendea sopra l'aurato carro
1.2per muovere i veloci suoi corsieri
1.3e levar via dal volto de la terra
1.4l'umida benda de l'oscura notte,
1.5la qual se ne fuggia dinanzi a l'alba
1.6ratta, per attuffarsi entr'a l'Ibero:
1.7quando 'l governator de l'occidente,
1.8lasciato avendo l'ozïoso letto,
1.9con l'apparir de la vermiglia aurora
1.10fece vestirsi le sue lucide armi
1.11ed ordinò che i suoi fedeli araldi
1.12chiamassero al consiglio ogni persona;
1.13e come tutti ragunati foro
1.14aperse la sua bocca in tai parole:
1.15Signori eletti a liberare il mondo
1.16da la superba servitù de' Gotti,
1.17poi che Dio ci mandò tanta ventura
1.18che gli avem rotti appresso a Prima Porta,
1.19e fuggiti si son dentr'a Ravenna,
1.20fia ben che senza indugio ancor cerchiamo
1.21cacciarli quindi, e col divin favore
1.22omai poner l'Ausonia in libertade.
1.23Così diss'egli, e quella audace gente
1.24alzò la man con un cridore immenso,
1.25approvando il parlar del lor signore:
1.26e tutti già con desiderio grande
1.27s'apparecchiavan lieti a quel vïaggio
1.28quando eccoti apparire a l'improviso
1.29un gran prelato con sembianza umana,
1.30ch'avea tre gravi cittadini appresso
1.31degni di molta riverenza in vista;
1.32e salutando il capitanio eccelso
1.33dissero a lui queste parole tali:
1.34La virtù grande e l'onorata fama
1.35di tante vostre glorïose imprese
1.36fatte per liberar l'Italia oppressa
1.37m'hanno sospinto a la presenza vostra
1.38con questi miei chiarissimi colleghi
1.39per dar aiuto a sì lodevol opra.
1.40Io mi dimando Dazio de gli Ottoni,
1.41arcivescovo indegno di Milano;
1.42e questo è Reparato da la Rocca,
1.43quest'altro è Birgentin da le tre faccie
1.44e quel si chiama Eustochio da la Bissa:
1.45tutti tre principai di quella terra,
1.46ma con diverse ingiurie molto offesi
1.47dal nostro duca nominato Teio.
1.48Costui m'uccise un mio fratel carnale,
1.49giovine ardito e di costumi eletti;
1.50a Reparato poi tolse la moglie,
1.51e fece a Birgentin che sua sorella
1.52per lui divenne femina del mondo:
1.53et ad Eustochio ha tolti assai terreni,
1.54e gli minaccia ancor torgli la vita.
1.55Però bisogna, se vogliam salvarci
1.56da l'empia crudeltà di quel tiranno,
1.57cacciarlo fuor de l'usurpato impero:
1.58il che ci sarà lieve, e per lo grado
1.59che avemo, e per gli amici e per la robba,
1.60e per l'acerba sua natura iniqua,
1.61ch'a tutta la città l'ha posto in odio;
1.62ma ben saria difficile il tenerlo
1.63senza soccorso di novella gente,
1.64non per le forze sue, che non son molte,
1.65ma perché il vulgo è mobile e legiero,
1.66e cangia ad or ad or pensieri e voglie:
1.67però sarà mestier che con la tema
1.68sia fatto stare in questo suo volere.
1.69Noi siam dunque venuti a vostra altezza
1.70per darvi ne la man la terra nostra
1.71e tutto il stado suo fecondo e grasso:
1.72onde ogni poca gente che mandiate
1.73in quelle parti, co 'l favor che avemo
1.74l'acquisterete senza alcun contrasto,
1.75e 'l popol per temenza starà saldo.
1.76Dunque abbracciando la ventura che ora
1.77il Mottor di là su vi spinge in mano
1.78darete a questa impresa un grande auito.
1.79Così parlò quell'ottimo prelato,
1.80e Belisario a lui così rispose:
1.81Illustri e reverendi almi signori
1.82venuti a noi da quella gran cittade
1.83ch'è 'l capo de l'Italia intorno al Pado:
1.84abbiamo udita la proposta vostra,
1.85che ci reca nel cuor molto diletto
1.86e molto desiderio d'essequirla;
1.87e se ben questo essercito romano
1.88s'è ragunato qui per porsi in via
1.89ed andar dietro a Vitige a Ravenna;
1.90non resterem però mandar qualcuno
1.91di questi nostri glorïosi duchi
1.92con buona gente ad essequir quell'opra,
1.93e far quanto per voi le sarà imposto:
1.94perché si deve a i lor divoti amici
1.95donar aiuto fin co 'l proprio sangue.
1.96Voi poi vi degnerete pransar nosco
1.97questa mattina per signal d'amore;
1.98che subito pransato averò cura
1.99di farvi avere il desiderio vostro.
1.100Così diss'egli, e poscia andar con lui
1.101ov'era apparecchiata la sua mensa,
1.102a la qual tutti quanti s'assettaro.
1.103Ma come ebber mangiato, e ragionato
1.104diffusamente del negozio loro,
1.105il capitanio eccelso de le genti
1.106chiamò Mundello ed Ennio, e così disse:
1.107Valorosi, prudenti, almi baroni
1.108onor del nostro essercito romano,
1.109vorrei ch'andaste senza alcuno indugio
1.110con questi nobilissimi signori
1.111a tòr Milano e la Liguria insieme
1.112fuor de le man de gli avversarii nostri
1.113e ritornarlo ne l'imperio antico;
1.114perché costor co i lor sagaci ingegni
1.115e le lor opre vi faranno averlo,
1.116che fia d'utile immenso a questa impresa.
1.117Menate vosco quattro gran coorti,
1.118che basteranvi a far tutto 'l negozio;
1.119e con voi ne verrà Fidelio Eparco
1.120ch'ha molta conoscenza in quei paesi,
1.121onde saravvi ed utile e giocondo.
1.122Andate adunque ad imbarcarvi a porto
1.123su quelle navi che menò Narsete
1.124quando soccorse la cittade obsessa:
1.125poi dismontando a Genoa indi per terra
1.126prenderete il camin verso Milano.
1.127Così diss'egli, e quei baroni allegri
1.128de l'alta impresa che gli fu comessa
1.129parlaro a Belisario in questa forma:
1.130Signore eccelso e di virtù suprema,
1.131noi se n'andrem volontarosi e pronti
1.132ad acquistar Milano e gli altri luochi
1.133che ci dimostreram questi signori,
1.134né vi risparmierem fatica alcuna,
1.135pur che fortuna o 'l Ciel non ci ribelli:
1.136ma se saracci la fortuna adversa,
1.137conoscer vi farem co 'l sangue sparso
1.138che dal nostro valor non fia mancato
1.139d'essequir tutti i vostri alti precetti.
1.140E detto questo, quindi si partiro:
1.141e ragunate tutte le lor genti
1.142con quei signori se n'andaro a Porto.
1.143Poi che partiti fur quei dui baroni,
1.144il capitanio eccelso de le genti
1.145si volse a Valerano, e così disse:
1.146Signore illustre, io vuo' lasciarvi in Roma
1.147con quattro validissime coorti
1.148di quella legïon che voi menaste
1.149quando Narsete venne a darci aiuto:
1.150quivi userete diligenza grande
1.151in custodirci ben questa cittade,
1.152ch'è 'l capo e l'importanza de l'impresa;
1.153la quale or posa su le vostre spalle
1.154possenti e larghe ed atte a maggior peso.
1.155E se 'l nimico vi venisse a torno
1.156difendetela pur senza paura:
1.157che se arete bisogno di soccorso,
1.158non sarò tardo o tiepido a mandarlo.
1.159Così diss'egli, e quel baron rispose:
1.160Illustre capitan, mastro di guerra,
1.161guardate e ponderate le mie forze
1.162se son bastanti a così grave pondo:
1.163ben io prometto ne le vostre mani
1.164che prima lascierò sopra quei muri èla vita e queste affaticate membra
1.165che mancar mai di diligenza e fede.
1.166Dietro a quella risposta, il capitano
1.167si volse e disse al callido Narsete:
1.168Signor, voi tornerete entr'a Bisanzo,
1.169come vi disse il correttor del mondo;
1.170e narrerete a lui ciò ch'avem fatto
1.171in questo importantissimo negozio,
1.172e come avemo omai ferma credenza
1.173di tòr l'Italia tutta quanta a i Gotti.
1.174E detto questo lasciò gir Narsete,
1.175ed egli attese a riveder le genti,
1.176né mai si riposò fino a la notte.
1.177Poi quando apparve in ciel la nuova aurora
1.178il capitan de le romane genti
1.179ascese sopra il suo destrier Vallarco,
1.180e con le armate legïoni intorno
1.181al terzo suon de le canoree trombe
1.182si mosse, e s'avviò verso Ravenna.
1.183Or chi vedesse il buon popol di Marte,
1.184ch'apena si credea che fosse sciolto
1.185quel grande assedio orribile ed amaro,
1.186gir coronato de le sacre frondi
1.187che son sì grate al grande arcier di Delo
1.188e accompagnare i suoi diletti amici
1.189fuor de la porta fino a Ponte Molle,
1.190diria che non fu mai gente più degna.
1.191Ma come poi s'avvicinaro al Tebro
1.192il capitanio si rivolse e disse:
1.193O valoroso mio popol di Roma,
1.194ben è che ritorniate a i vostri alberghi
1.195per aver cura de la patria vostra
1.196e de la cara libertà, ch'abbiamvi
1.197ricuperata con fatiche e sangue:
1.198ma solamente restino i descritti
1.199ne l'ordinanze nostre de la guerra,
1.200ch'io gli voglio menar meco a Ravenna
1.201per ultimar questa famosa impresa.
1.202Così disse il barone, onde i Romani
1.203abbracciando e basciando i loro amici
1.204con le luci di lacrime coperte
1.205se ne tornaro in dietro a le lor case;
1.206e nel tornar trovaro uomini e donne,
1.207ch'erano usciti fuor de la cittade
1.208in quelle piaggie, a contemplare i luochi
1.209ch'avean recato lor tanto disturbo;
1.210e fuvvi alcun che rimirando a l'altro
1.211parlava sospirando in questo modo:
1.212O Re del cielo, il qual governi e giri
1.213ogni cosa mortal come a te piace,
1.214questi rabbiosi ed affamati cani
1.215che ci volean mangiar con tanta rabbia
1.216ci han pur lasciate le lor mandre in preda.
1.217Così dicea la turba, e risguardando
1.218con gli occhi allegri i destituti valli
1.219avean dentr'a i lor cuor letizia immensa;
1.220onde co 'l dito l'un mostrava a l'altro:
1.221Qui fu percosso il furïoso Argalto,
1.222qui Turrismondo ci seguìa correndo,
1.223qui fu ferito il generoso Agrippa
1.224e la bella Cillenia ivi s'uccise.
1.225Ma come fur sbramati di guardare
1.226tutti quei luochi, e rimembrar gli affanni
1.227che gli avean porti quell'empie battaglie,
1.228tornaron dentro a le dilette mura;
1.229e 'l capitanio caminando sempre
1.230con le sue buone legïoni instrutte
1.231tenea dritto il camin verso 'l Piceno.
1.232Or mentre ch'era Belisario il grande
1.233co 'l suo gran stuolo a quel vïaggio intento,
1.234i dui baron ch'io dissi e i buon legati,
1.235con tutte le lor genti ivan solcando
1.236l'instabil dorso del profondo mare;
1.237e navigando con propizio vento
1.238passaro in brieve Talamone e l'Elba
1.239e Ligurno e Mottron, l'Erice e Sestri:
1.240e nel spontar de la seconda aurora
1.241giunseno a Genoa, e se n'intraro in porto.
1.242Alor Eustochio disse al fier Mundello:
1.243Signore, e' sarà buon che noi n'andiamo
1.244con queste navi là dietro a quel scoglio
1.245che dal volgo è chiamato la Lanterna;
1.246quivi dismonteran tutte le genti
1.247tacite e quete, e se n'andrem con esse
1.248sicuramente poi verso Milano.
1.249Questo parlare a tutti quanti piacque,
1.250e smontand'ivi ove è san Pier d'Arena,
1.251tolsero alcune vittüarie seco,
1.252ed i battelli ancor de le lor navi
1.253poser su i carri, e gli menar con loro;
1.254e quindi s'avvior verso la Schegia
1.255con tutte le lor genti in ordinanza:
1.256Mundello andava con Fidelio avanti
1.257quasi un buon miglio a specular la strada,
1.258ed Ennio e Grinto conducean le schiere;
1.259quand'ecco appresso al trappassar d'un colle
1.260che da quei monti sterili divide
1.261il pian che riga Tanaro e Tesino
1.262ed Adda ed Oglio, e con diversi rivi
1.263fecondo se ne va fin al Benaco,
1.264gli apparve in strada un eremita solo,
1.265vestito d'un color che parea bigio;
1.266questi andò ver Mundello, e poi gli disse:
1.267Signor che siete posto a fare il varco
1.268da i nostri luochi sterili a i fecondi,
1.269no 'l potrete essequir senza travaglio:
1.270perché quivi avanti surge un aspro colle
1.271sassoso ed erto che ha solo una strada,
1.272a cui da man sinistra s'alza il monte
1.273tanto, che par che voglia ire a le stelle;
1.274e da man destra si profonda tanto,
1.275che quel torrente che gli corre al piede
1.276par che discenda giù fino a l'abisso.
1.277In quella strada è posto un gran castello
1.278con due porte di ferro, e non può girsi
1.279più là senza passar quelle due porte;
1.280quivi sta un ferocissimo gigante
1.281ch'ha nome Poro, ed ha fortezza immensa:
1.282questi la porta ov'è il levar del sole
1.283tiene in custodia, e per tenerla chiusa
1.284se ne sta ritto in piè vicino ad essa
1.285con un bastone in man nodoso e grosso;
1.286ché le percosse sue non han riparo,
1.287onde non si può aprir contra sua voglia.
1.288Poi l'altra porta ove si corca il sole
1.289continuamente si ritruova aperta:
1.290questa è posta in custodia di sua moglie,
1.291nominata Penia, di lui più grande
1.292e più robusta e di più orribil vista,
1.293talché co 'l sguardo suo spaventa ognuno;
1.294ma poi s'alcuno a lei si fa vicino
1.295l'accoglie lieta, e con parole dolci
1.296lo priega che entri dentro a la sua stanza,
1.297ed a ciascun che v'entra porge un pane
1.298di cui quanto co i denti se ne scema
1.299tanto ne cresce in quel per sé medesmo.
1.300Questi giganti poi son sì discordi
1.301fra sé, quantunque sian marito e moglie,
1.302che se non fosse un suo figliuol Bramante
1.303mai non potrebbon conversare insieme,
1.304e però stan sopra contrarie porte;
1.305onde sarebbe il me' tornarvi in dietro,
1.306o far quell'altra via vicina a l'alpe,
1.307che conduriavi al disïato fine
1.308senza gustar questo periglio amaro.
1.309Così gli disse l'eremita accorto,
1.310a cui rispose poi Mundello, e disse:
1.311Eremita gentil, molto m'aggrada
1.312saper questa ventura che voi dite:
1.313la qual voglio tentar senza paura,
1.314s'io vi devesse ben lasciar la vita.
1.315Alor l'angel Palladio, ch'era apparso
1.316in forma d'eremita a quel barone,
1.317disse: Dapoi che voi volete andarvi,
1.318mandate in dietro il buon Fidelio Eparco
1.319co 'l destrier vostro, ch'ei non vi bisogna
1.320per questi sassi discoscesi ed aspri:
1.321ei farà poi che l'altre genti vostre
1.322s'affretteranno ancor più de l'usato,
1.323ed io resterò qui per darvi aiuto
1.324e far che stiano quelle porte aperte
1.325fin che trappassin fuor tutte le schiere.
1.326Così diss'egli, e poi si discoperse
1.327ratto a Mundello, e si mostrò chi gli era,
1.328onde 'l barone ebbe piacere immenso;
1.329poi scese giù del suo destrier Ferrante,
1.330e per Fidelio rimandollo in dietro
1.331ad essequir tutto 'l divin precetto:
1.332d'indi si volse a l'angelo, e lo vide
1.333già tramutato in forma di mercante,
1.334e vide ch'era il messaggier divino
1.335che pria gli apparve in forma d'eremita,
1.336onde sciolse ver lui queste parole:
1.337O sacrosanto messaggier del cielo
1.338che mai non abbandoni i tuoi Romani,
1.339ben posso andar sicuro a quella impresa
1.340senza tema di morte o di disturbo,
1.341avendo meco sì fidata scorta.
1.342Seguirò adunque le tue sacre piante,
1.343né mai mi partirò da i tuoi precetti.
1.344Questo disse Mundello, a cui soggiunse
1.345il buon angel Palladio: Andiamo avanti,
1.346che caminando narrerotti il modo
1.347da poter trappassar quelle due porte.
1.348Così detto, gli narrò l'incanto
1.349e tutto il modo ancor da superarlo:
1.350onde 'l barone instrutto a la gran rocca
1.351pervenne, ove trovò la gigantessa
1.352rugosa e magra, e di sì orribil vista
1.353che gli mosse entr'al cuor molta paura.
1.354Ella, che la sua porta avea dischiusa
1.355e stava in mezzo de le sue donzelle
1.356liberali e mecaniche e rurrestri,
1.357come vide 'l baron se gli fé contra,
1.358e poi gli disse con parole umane:
1.359Signor di aspetto generoso ed alto,
1.360entrate arditamente in questa rocca,
1.361ch'arete compagnia molto fedele
1.362da queste donne mie che ho qui d'intorno;
1.363e se vorrete affaticarvi alquanto,
1.364vi faran superar tutti e' perigli.
1.365Così disse la vecchia, ed ei seguendo
1.366le sue padate entrò dentr'a la soglia
1.367de la gran porta, che per sé medesma
1.368subitamente se li chiuse dietro.
1.369Alor la gigantessa tolse un pane
1.370d'orzo, e mal cotto, affumigato e duro,
1.371e lo porse al baron con tai parole:
1.372Poi che siete ridotto in questo luoco
1.373vi converrà mangiar de i nostri cibi,
1.374che vi risveglieran tutte le forze
1.375ne i membri, e vi faran di tanto ardire
1.376che vi opporrete a l'empio mio consorte.
1.377Come Mundello udì queste parole,
1.378si ricordò de gli ottimi precetti
1.379che gli avea dati l'angelo venendo:
1.380e prese 'l pane e se lo pose a i denti
1.381e con fatica tolsen'un boccone
1.382acerbo e duro, e lo mandò nel ventre;
1.383ma quando poi volea pigliarne un altro
1.384vide che 'l luoco del boccon primiero
1.385era coperto ancor tutto di pane,
1.386di che maravigliossi, e pur non stette
1.387di ripigliarne appresso anco il secondo:
1.388ma tolto quello in quel medesmo luoco
1.389subitamente ne risurse un altro,
1.390onde non volse poi gustarne un terzo;
1.391anzi ripien di meraviglia e d'ira,
1.392trasse a man destra via l'orribil pane
1.393con molta furia, e 'l pan non si ritenne
1.394fin che fu al letto del corrente fiume.
1.395Quando vide Penia l'amato cibo
1.396esser da quel baron gettato a l'onde,
1.397non stimando perigli né fatiche
1.398si calò giù per quell'alpestre ripa,
1.399ch'andar non vi porian capre né serpi,
1.400per ricovrarlo e riportarlo ad alto.
1.401Mondel come si vide in quelle mura
1.402chiuse ed a piedi, sgomentossi alquanto,
1.403né gli tornava ne la mente il modo
1.404che gli avea detto il messaggier del Cielo
1.405che usar devea per liberarsi quindi;
1.406ma quell'angel di Dio, che ben s'avide
1.407che la sua mente era d'errore ingombra,
1.408lo tirò per la vesta, onde 'l barone
1.409ratto si ramentò tutti quei modi
1.410che 'l messaggier divin gli disse in strada:
1.411poi senza altro parlar se n'andò avanti,
1.412co 'l viso alquanto di vergogna tinto.
1.413Ma poco caminò, che giunse ov'era
1.414la grazïosa stanza di Bramante;
1.415questo Bramante è un fanciulletto allegro,
1.416vago e gentile, e di sì bello aspetto
1.417che innamorar farìa tutta la gente,
1.418ma ne i suoi desiderii è molto fisso:
1.419ed è figliuol de i detti dui giganti,
1.420e sol sa ritrovare il tempo e 'l modo
1.421d'aprir la dura porta di suo padre;
1.422però l'angel di Dio gli avea commesso
1.423ch'andasse arditamente a ritrovarlo
1.424e lo pregasse con preghiere ardenti,
1.425che otterrebbe da lui ciò che volesse.
1.426Così giunto Mundello a quella stanza
1.427se n'entrò dentro, e ritrovò il fanciullo,
1.428che giocava a la palla in un cortile
1.429con certi fanciulletti suoi compagni;
1.430ma questi, come videro il barone
1.431coperto d'armi, subito fuggiro
1.432chi qua chi là per quel pallazzo ameno,
1.433e solamente vi restò Bramante:
1.434che con faccia ridente e volto allegro
1.435si stette, ed aspettò quel gran barone.
1.436Alor Mundello a lui parlando disse:
1.437O fortunato e glorïoso germe
1.438che illustri il mondo con la tua bellezza
1.439e sei sì grazïoso e sì cortese
1.440nel tuo parlar, che mai non si diparte
1.441da la tua faccia alcun se non giocondo;
1.442fammi del tuo favor sì fatta parte
1.443ch'io possa lieto dipartirmi quinci
1.444e gir ne i piani, ov'el mio cuore aspira.
1.445Io son entrato per l'amara porta
1.446de la tua madre asperrima Penia,
1.447e vorei trappassar per l'altra ancora
1.448di Poro padre tuo, ch'è molto stretta,
1.449sì come intendo, e quasi sempre è chiusa;
1.450ed ei vi sta con un bastone appresso
1.451nodoso e grosso, e mai non lascia aprirla
1.452contra la voglia sua da alcun che viva:
1.453però, signor ch'entendi i suoi costumi
1.454e 'l modo e 'l tempo da poterla aprire,
1.455e che comandi a tutti e' suoi ministri,
1.456piacciati farla aprir tanto ch'io possa
1.457uscir di questo periglioso colle
1.458e gire in luochi fertili ed ameni.
1.459Fammi, dolce signor, di ciò contento,
1.460che sempre onorerotti, e sempremai
1.461conoscerò da te tutto 'l mio bene.
1.462Così parlò Mundello, e quel fanciullo
1.463lietamente ascoltò la sua dimanda,
1.464poi disse: Eccellentissimo barone,
1.465la virtù vostra e 'l vostro alto valore
1.466m'induce volentieri a compiacervi
1.467ed essequire il bel vostro disio.
1.468E detto questo a sé dimandar fece
1.469sette fantesche sordide, che stansi
1.470ne la cucina di suo padre intente
1.471continüamente a prepararli cibi,
1.472perch'è molto vorace e mangia sempre,
1.473e quanto mangia più tanto ha più fame:
1.474a queste comandò con tai parole:
1.475Andate, Avaria, Arpagia e Diligenza,
1.476Omotia, Venturina e Fraudia e Toca;
1.477portate al padre mio coppioso pranso
1.478con vini eletti e con vivande fatte
1.479di cose soporifere e gioconde,
1.480tal che pasciuto si riposi e dorma;
1.481e dormend'egli, aprite la sua porta
1.482picciola e stretta, e fate uscir per essa
1.483questo notabilissimo barone.
1.484Come quelle ministre ebbero inteso
1.485la voglia e 'l comandar del lor signore
1.486l'essequir tosto, e senza indugio alcuno
1.487portaro a Poro il soporato pranso,
1.488ed e' mandollo avidamente al ventre:
1.489né l'avea tutto tragugliato appenna,
1.490che si distese in terra, e le sue membra
1.491furono oppresse da profondo sonno.
1.492Alor quelle fantesche aprir la porta
1.493ch'era rinchiusa, e 'l cavaliero ardito
1.494se n'uscì fuor con tutte le sue genti:
1.495ché 'l buon Fidelio e 'l buon Palladio insieme
1.496con l'affrettarle e darle ardire e forza
1.497e con l'aprir l'entrata di Penia
1.498le avean condotte appunto a quella porta
1.499nel tempo che Mundel se n'uscia fuori;
1.500onde scendèro insieme a la campagna.
1.501Come fu scorsa quell'aspra ventura
1.502e che le genti si trovaro al piano
1.503ben ordinate, se n'andaro avanti,
1.504e 'l giorno dietro aggiunsero su 'l Pado:
1.505e fatto un ponte a quel sopra i battelli
1.506che aveano seco, subito 'l passaro.
1.507Alor Palibio, che trovossi a caso
1.508sopra la ripa del profondo fiume,
1.509come vide passar tutto quel stuolo
1.510e conobbe l'insegne de i Romani,
1.511volse 'l cavallo, e posesi a fuggire:
1.512e correndo n'andò dentr'a Pavia
1.513e trovò il ferocissimo Algazzero,
1.514ch'era fratel cugin del fier Tuncasso,
1.515e disse a lui queste parole tali:
1.516Signor che siete a la custodia posto
1.517di questa munitissima cittade,
1.518in cui la robba prezïosa e cara
1.519de i Gotti di Liguria si conserva;
1.520sappiate come l'oste de i Romani
1.521passato ha 'l fiume, e viene a ritrovarvi
1.522per torvi, se potrà, questa cittade
1.523e tutti i nostri amplissimi tesori.
1.524Adunque provedete a custodirla
1.525con diligenza, ch'io v'ho fatto cauto;
1.526ché se voi foste colto a l'improviso
1.527agevolmente vi porian far danno.
1.528Al parlar di Polibio quel barone
1.529molto s'accese di disdegno e d'ira.
1.530poi disse: Io voglio uscire a la campagna,
1.531e provar questi principi Romani
1.532come son forti, poi che son sì arditi
1.533di venirci a trovar fino in Liguria:
1.534io pur ho meco il fior de tutti e' Gotti
1.535ch'hanno gli alberghi lor vicini al Pado,
1.536onde uscirò con essi a la campagna,
1.537e farò ben che gli inimici nostri
1.538tosto si pentiran d'esser venuti
1.539in queste parti a stuccicar le vespe.
1.540Così diss'egli, e poi fece portarsi
1.541le lucid'arme di brunito acciale
1.542e prestamente se le pose intorno;
1.543poi comandò che tutta la sua gente
1.544tosto s'armasse e gli venisse a canto:
1.545e come questi ragunati foro
1.546montò sopra 'l feroce suo corsiero,
1.547ch'era coperto di minuta maglia,
1.548e ratto s'avviò fuor de la porta
1.549con gran furore e paventosi gridi.
1.550Non altrimenti a l'abbagliar de' cani
1.551l'orso sdegnoso salta fuor del buco
1.552e contr'al cacciator tutto s'aventa,
1.553ed e' l'aspetta co 'l suo spiedo in mano
1.554senza temer di quella orribil fiera;
1.555così nell'uscir fuor de gli empi Gotti
1.556i buon Romani, ch'eran già propinqui
1.557a i muri di Pavia, non si smarriro,
1.558ma gli affrontaro con immenso ardire:
1.559ed Ennio, ch'era il primo, abassò l'asta
1.560e colse Cattabriga ne l'elmetto,
1.561Cattabriga crudel ch'era nipote
1.562del perfido Zamolso, e fu nutrito
1.563vicino a la riviera di Lavagno;
1.564a costui ruppe le cervella e l'elmo
1.565e lo distese morto in su l'arena.
1.566Quando ciò vide il giovine Candalo,
1.567ch'era figliuol bastardo di Tuncasso
1.568e compagno fidel di Cattabriga,
1.569simile a lui di mente e di costumi
1.570(ch'ogni uom suol esser simile a colui
1.571de la cui conversanza si diletta):
1.572costor non si vivean un senza l'altro,
1.573che stavan sempre insieme, e sempre insieme
1.574mangiavano e dormivano ed insieme
1.575amavano anco una leggiadra donna
1.576e questa ancora si godeano insieme
1.577senza destarsi gelosia fra loro,
1.578perché l'un sempre accomodava l'altro;
1.579costui, vedendo il suo compagno in terra,
1.580ebbe gran doglia, e trasse fuor la spada
1.581e diede un colpo acerbo su la testa
1.582ad Ennio: ed Ennio, il quale avea già tratta
1.583fuor la sua spada, la cacciò nel fianco
1.584a quel meschino, e fece andarlo in terra
1.585disteso e morto appresso al suo compagno,
1.586per dormir seco ancor sì duro sonno.
1.587E dopo questo uccise Salernino,
1.588fratel del duca che reggea Vercelli,
1.589e lo passò col stocco ne la golla,
1.590onde caddette a calcitrar nel piano.
1.591I Gotti, che vedean sì fieri colpi,
1.592si sgomentaro, e sarian posti in fuga,
1.593se 'l feroce Algazzer non si movea:
1.594che se n'andò vers'Ennio con la lancia
1.595bassa, sperando di mandarlo a morte;
1.596ma Pomponio, che vide esser senz'asta
1.597Ennio, temendo ch'ei non fusse offeso
1.598da quel Gotto crudel, spronò 'l cavallo
1.599con l'asta bassa anch'ei verso Algazzero,
1.600e s'incontraro in mezzo del camino;
1.601Pomponio ruppe la nodosa lancia
1.602nel scudo del pagan, ma non lo mosse
1.603né disconciollo punto de la sella:
1.604ed Algazzero lui toccò ne l'elmo
1.605d'un colpo sì crudel, che fece andarlo
1.606su le crope al destrier tutto stordito;
1.607onde Algazzero, quando si rivolse
1.608e vide portar lui dal suo cavallo,
1.609perch'era fuor di sé verso 'l ponente,
1.610senza punto tardar gli tenne dietro:
1.611e quattro eletti cavallieri armati
1.612con lui si mosser per mandarlo a morte.
1.613Fidelio poi, ch'entrato era in un tempio
1.614per fare alcune orazïon divote
1.615quando primieramente s'affrontaro,
1.616sentendo 'l corso d'un caval veloce
1.617se n'uscì fuor del tempio, e vide ch'era
1.618il bon Pomponio, il qual tutto stordito
1.619si lasciava portar dal suo destriero,
1.620e parea sempre che cader dovesse;
1.621onde Fidelio da pietà commosso
1.622montò a cavallo, e con gli acuti sproni
1.623lo spinse, che volea donarli aiuto:
1.624ma l'empia sua fortuna apparecchiolli
1.625un duro caso per mandarlo a morte,
1.626perciò che 'l suo corsiero urtò in un fosso
1.627e caddeo sotto sopra, onde convenne
1.628a suo mal grado andar disteso in terra;
1.629ed Algazzero, che trovossi alora
1.630vicino al luoco ove Fidelio cadde,
1.631con la sua lancia gli traffisse il petto:
1.632e i quattro cavallier ch'eran con esso
1.633con alti cridi e con parole acerbe
1.634gli andaro adosso, e tutti lo feriro;
1.635che parean i pastor, quando per caso
1.636vedon caduto un lupo entro a la fossa
1.637fabricata da lor per tale effetto,
1.638si stanno intorno a l'impaniata fiera
1.639con sassi e dardi e con bastoni e lancie
1.640e cercan tutti di ferirlo a pruova,
1.641né cessan mai fin che non l'hanno estinto:
1.642così facean quei dispietati Gotti,
1.643onde Fidelio Eparco a morte venne;
1.644e non giovaro a lui voti né prieghi
1.645che alor alor avea fatti nel tempio:
1.646ché nulla cosa può tenerci in vita
1.647quando 'l pianeta ha destinata l'ora.
1.648Pomponio al gran cridor de gli empi Gotti
1.649ch'uccidevan Fidelio in sé rivenne,
1.650e 'l buon angel di Dio gli apparve, e disse:
1.651Fuggi, Pomponio mio, verso le schiere
1.652de i tuoi Romani, e pònite fra loro,
1.653acciò che quei ch'hanno Fidelio ucciso
1.654non ti facessen ir con lui sotterra.
1.655Così disse quell'angelo, e spirolli
1.656tanto timor, che lo sospinse in fuga;
1.657onde senza tardar pigliando in mano
1.658la briglia e i piè fermando entr'a le staffe
1.659spronò il suo buon corsier verso i Romani,
1.660e ratto se n'entrò fra le sue schiere:
1.661onde Algazzero che correali dietro
1.662quando no 'l poté aggiunger né ferire
1.663urtò co i cavalier ch'eran con lui
1.664ne le più folte schiere de i Romani;
1.665e primamente uccise Palamedo,
1.666figliuol di Gualdo e di Topina nimfa,
1.667Palamedo gentil, che fu nutrito
1.668per pagio ne la corte di Costanzo
1.669e con lui venne a liberar l'Esperia:
1.670ma liberar non poté la sua vita
1.671dal feroce Algazzer, che trappassolli
1.672il petto, e morto lo distese a l'erba.
1.673Uccise ancor Nucerio e Tartarino,
1.674Simone e Babilonio e Malpeloso,
1.675tutti con gravi e paventosi colpi;
1.676e dopo questi uccise Filodemo
1.677incantatore ed eccellente mago,
1.678e gli partì la testa fino al petto;
1.679né li giovaro i consüeti incanti
1.680che non andasse a insanguinar l'arena.
1.681Come i Romani vider Filodemo
1.682da quel colpo crudel cadere al prato
1.683si sbigotiro, e volean porsi in fuga;
1.684se 'l fier Mundello, il qual ne l'altro corno
1.685si stava, e combattea con molto ardire
1.686e facea prove smisurate e grandi,
1.687avendo ucciso Prassio e Barbadirco,
1.688Piombone e Populonio e Dolimano,
1.689gran capitani de la gente Gotta,
1.690tutti con vari e dispietati colpi:
1.691ch'avea passatto a Prassio con la lancia
1.692l'elmo d'acciale, e a Barbadirco il petto
1.693ed a Piombon con la sua spada avea
1.694passato il collo, e a Populonio il fianco,
1.695e tagliata la testa a Dolimano;
1.696quando alora Mundel vide il suo stuolo
1.697come l'onda del mar tutto commosso
1.698si fece dare una possente lancia
1.699e spronò 'l suo caval verso Algazzero:
1.700ch'era colui che nel sinistro corno
1.701poneva in fuga la romana gente;
1.702onde Algazzero, che venir lo vide,
1.703tolse una lancia anch'ei possente in mano
1.704e ratto s'avviò verso Mundello
1.705e disse: Aspro Roman, questo fia 'l colpo
1.706che chiarirà chi fia di noi più forte,
1.707e forse finirà tutta la guerra.
1.708Or così sia, disse Mundello; e poi
1.709rivoltaro i cavalli e preser campo
1.710e venersi a incontrar con l'aste basse;
1.711che parean dui montoni a la foresta
1.712che con le corna lor rugose e torte
1.713vanno a cozzarsi acerbamente insieme,
1.714e l'altre pecorelle stan da canto
1.715a mirar la virtù de i lor mariti:
1.716così i Romani e i Gotti erano intenti
1.717a mirar la virtù de i lor signori
1.718Algazzero attaccò dentr'al gran scudo
1.719del fier Mundello la sua forte lancia
1.720nel luoco appunto ov'era il granchio d'oro;
1.721ma no 'l poteo passar, perché quell'asta
1.722nel mezzo si ficcò, lasciando il ferro
1.723con una parte del fiaccato legno
1.724dentr'a le lame del pesante scudo.
1.725Mundello ferì lui ne la baviera
1.726con la sua lancia, e trappassolla tutta;
1.727e 'l ferro impetüoso entr'a la golla
1.728passando, lo mandò disteso al piano.
1.729Al cader di costui levossi un crido
1.730altissimo ed allegro ne i Romani,
1.731che si spingeano arditamente avanti;
1.732ne i Gotti poi s'udian suspiri amari
1.733vedendo morto il capitanio loro
1.734e timidetti si traeano indietro.
1.735Mundello ed Ennio con Pomponio e Grinto
1.736urtòr ne gli altri con sì gran furore
1.737che tosto gli sbandaro, e in un momento
1.738tutta la gente lor fu posta in fuga;
1.739e gli ottimi Romani ivan fra quella
1.740sempre ferendo, e n'uccideano tanti
1.741che di sangue correa tutto 'l terreno:
1.742e poco vi mancò ch'entr'a la porta
1.743non andasser con essi, e quella terra
1.744fosse alor presa contra 'l suo destino;
1.745il che certo avenia, se Radagaso,
1.746che fu lasciato a guardia de le mura,
1.747non s'accorgea sì tosto del periglio.
1.748Sendo adunque costui sopra la torre
1.749di quella porta che vagheggia il barco,
1.750vide la morte di Algazzero, e vide
1.751l'orribil fuga de la gente gotta:
1.752onde gridò con voce alta e tremenda:
1.753Non vi smarrite, o generosi Gotti,
1.754se ben il vostro capitanio è morto:
1.755entrate pur in questa alma cittade,
1.756ché serrando le porte e alzando i ponti
1.757difenderènci da quelli aspri cani
1.758sì che non potran farci alcuna offesa.
1.759Così cridava Radagaso acerbo;
1.760poi ratto scese giù presso a la porta,
1.761e come i primi furo entrati in essa,
1.762vedendo esser con gli ultimi e' Romani,
1.763chiuse stridendo le ferrate poste,
1.764poi fece alzare i ponti; onde i meschini
1.765ch'erano stati gli ultimi a la fuga
1.766restaro in preda de i nimici armati:
1.767ma non avendo più speranza alcuna
1.768d'entrar ne la città, ch'aveali esclusi,
1.769gettaron l'arme in terra, e ingenocchiorsi
1.770avanti a i piè de i cavalier romani
1.771dicendo: Almi signor, non ci uccidete,
1.772che sarènvi fedeli, e donerenvi
1.773argento ed oro assai per liberarsi;
1.774e se pur ci vorrete aver per servi
1.775seguirem tutti i vostri alti precetti.
1.776Quando vide Mundel ch'eran senz'arme
1.777e che parlavan con le braccia in croce,
1.778gli accettò per prigioni, e prender fece
1.779subitamente i lor cavalli e l'arme
1.780e dielli in guardia a l'onorato Grinto.
1.781Poi si ritrasse ne la parte estrema
1.782del barco che risguarda inver Binasco,
1.783e quivi s'alloggiò con la sua gente;
1.784e fece ritrovar Fidelio Eparco
1.785con gli altri che moriro in quella zuffa
1.786per farli poi condur verso Milano
1.787ed onorarli de gli estremi onori.
1.788La mattina seguente il fier Mundello
1.789fece cantare una solenne messa
1.790al pastor di Milan, ch'era in quel luoco;
1.791il qual, com'ebbe reso grazie a Dio
1.792che concesso gli avea tanta vittoria,
1.793indi partissi e se n'andò a Milano
1.794per preparar le stanze a quei signori
1.795ed onorarli ne la lor venuta.
1.796Mundel poi vi restò tutto quel giorno,
1.797e circondò le mura di Pavia
1.798tre volte con la gente, per vedere
1.799s'eran difese o se volean lasciarle;
1.800ma quelle ritrovò sì ben munite
1.801che non le parve di tentarle indarno,
1.802onde tornossi ad alloggiar nel luoco
1.803ove alloggiatto avea la sera inanzi.
1.804Poi come venne fuor quell'altra aurora
1.805con le palme di rose e co i piè d'oro,
1.806il valoroso duca de i Fenici,
1.807ch'era il gran capitan di quella impresa,
1.808al terzo suon de le canore trombe
1.809montò a cavallo, e tutto l'altro stuolo
1.810fece marchiar con lui verso Milano:
1.811ove arivor quella medesma sera,
1.812e ritrovor che 'l popolo divoto
1.813co 'l lor pastore e i magistrati inanzi
1.814erano usciti un miglio ad incontrarli;
1.815e quivi poi con reverenza grande
1.816salutaro i Romani e dieron volta
1.817e ne la lor città gli accompagnaro,
1.818che gli aspettava con letizia immensa:
1.819tal che le strade ove dovean passare
1.820tutte quante coperte eran di panni,
1.821con archi e mete e purpure e trofei
1.822e con leggiadre donne a le fenestre.
1.823Quivi primieramente entrar nel domo,
1.824poi fatta riverenza al sommo altare
1.825si dipartiro quindi, e in un palazzo
1.826presso a la piazza accompagnaro il duca
1.827con la sua gente, e quivi lo lasciaro.
1.828I Gotti poscia ch'erano in Pavia
1.829fecion sapere a VItige i lor casi
1.830per un soldato ch'avea nome Argante;
1.831questi, come gli intese, ebbe gran doglia,
1.832e chiamar fece Uragio suo nipote,
1.833giovane astuto e di valore immenso,
1.834e disse lui queste parole tali:
1.835Caro figliuol, perché il feroce Teio
1.836non c'è, né può da Rimino partirsi,
1.837che tien l'assedio intorno a quelle mura;
1.838siate contento andarvene in Liguria,
1.839che poi che ha ribellato il gran Milano
1.840con molte terre che gli sono intorno,
1.841fia ben raccorre i Gotti di quei luoghi
1.842e menarceli qui dentr'a Ravenna:
1.843che, come intendo, Belisario il grande
1.844uscito è fuor de la città di Roma
1.845e vien con tutto 'l stuolo ad assalirci,
1.846onde vuo' prepararmi a far diffesa.
1.847Così diss'egli; e quel baron partissi
1.848e subito n'andò verso Piacenza.
1.849Mentre che si facean questi negozi,
1.850l'angel Gradivo, ch'ha diletto sempre
1.851d'arme e di guerre e di ferite e sangue,
1.852se n'andò in Francia a ritrovar Tiberto
1.853re del paese, il quale era in Leone;
1.854poi tramutato in forma di Guiscardo,
1.855ch'era zio di quel re, così gli disse:
1.856Serenissimo re, tanto possente
1.857quanto alcun altro che si truovi al mondo,
1.858volete comportar che i Gotti afflitti
1.859da le continue guerre e da i Romani,
1.860che son anch'essi indeboliti e stanchi,
1.861cerchin d'aver l'Italia in lor domino;
1.862e voi che siete sì propinquo ad essa
1.863e ch'avete tant'oro e tanta gente
1.864che sarian atte a debellare il mondo,
1.865starvi da canto e trastullarvi in ozio?
1.866Non vi lasciate uscir tanta ventura
1.867fuor de le mani, dateli di piglio,
1.868che 'l ben si dee pigliar quand'egli appare.
1.869Tre fini sono a tutte l'opre umane,
1.870l'utile, il dilettevole e l'onesto,
1.871che si dimanda a i nostri tempi onore;
1.872e voi per ciascun d'essi far dovete
1.873questa onorata e glorïosa impresa:
1.874ché, per esser l'Italia a noi propinqua,
1.875sarà d'utile immenso al vostro regno,
1.876e di tanto diletto e tanto onore
1.877quanto possa pensar pensier umano.
1.878Andate adunque lieto ad acquistarla
1.879e liberarla da quelle empie guerre.
1.880Così disse quell'angelo, e spirolli
1.881nel cor leggiero un gran disio d'averla:
1.882onde gli uscir di mente accordi e leghe
1.883ch'avesser sigillate co i Romani,
1.884ché quella gente oltra misura è pronta
1.885a romper fede e non servare accordi;
1.886però chiamando i capitani e iduchi
1.887del suo paese, a quei propose e disse:
1.888Signori illustri, io vi comando e priego
1.889che facciate adunar tutte le genti
1.890che soglion portar arme in questo regno;
1.891ch'io vuo' passare arditamente l'Alpe,
1.892e con esse acquistar l'Italia tutta
1.893e sottoporla a la corona nostra.
1.894Come quei cavalieri ebbero udita
1.895la proposta del re, si dipartiro,
1.896e ragunaron prestamente insieme
1.897la gente de la Francia entr'a Leone;
1.898e come tutte ragunate furo,
1.899che più di centomillia eran in arme,
1.900quel re feroce sopra 'l suo destriero
1.901si pose inanzi, e tutti gli altri dopo,
1.902e drizzar verso Italia il lor camino;
1.903e trapassando prestamente l'Alpe
1.904andavan chete per passare il Pado
1.905senza far danno alcuno in quel paese,
1.906perché non fusse lor turbato il varco.
1.907Sendo poi giunto il capitanio Uragio
1.908per mandato del re press'al Ticino,
1.909ragunò tutti e' Gotti del paese
1.910ed uscì fuor con essi a la campagna,
1.911che gli volea condur verso Ravenna;
1.912e 'l buon duca Mundel, che questo intese,
1.913sendosi date a lui Navarra e Como
1.914e Lodi ed altre terre ivi propinque,
1.915fece star Ennio a guardia di Milano
1.916ed e' se n'uscì fuor con tutto 'l stuolo:
1.917e ratto se n'andò verso Cremona
1.918e pose il campo suo vicino al fiume,
1.919cinque miglia propinquo al stuol d'Uragio,
1.920per impedirli il transito in Piceno.
1.921E così stando l'un vicino a l'altro
1.922senza combatter, né venire a l'armi,
1.923perché i Romani non volean far altro
1.924che dar impedimento al lor vïaggio
1.925e far che non andasseno a Ravenna;
1.926e i Gotti poi temean, se fossen rotti,
1.927che quella rotta desse gran ruina
1.928al lor signore, e al lor imperio afflitto:
1.929e così stando ognun dentr'a i lor valli,
1.930Tiberto re, ch'avea passato l'Alpe
1.931con cento millia armati a la campagna
1.932senza far in Liguria alcun disconzo,
1.933andava molto cheto verso 'l ponte
1.934del Po tenuto da la gente Gotta
1.935con gran presidio di cavalli e fanti;
1.936il che intendendo il capitanio Uragio
1.937s'allegrò nel suo cuor, pensando certo
1.938che fossero venuti a darli aiuto
1.939onde sperava col favor di Francia
1.940agevolmente vincere i Romani
1.941e cacciarli d'Italia e torli Roma.
1.942Però chiamò Belardo e Malaspino,
1.943ch'eran baroni arditi ed eloquenti,
1.944e disse lor queste parole tali:
1.945L'improvisa venuta de i Francesi
1.946con tanta multitudine di gente
1.947mi reca dentr'al cuor gran meraviglia:
1.948perciò ch'essendo già gran tempo stati
1.949da noi richiesti di mandarci aiuto
1.950secondo il nostro sigillato accordo,
1.951proferendoli appresso argento ed oro,
1.952mai non ci vollen dare alcun soccorso;
1.953or son venuti senz'esser richiesti.
1.954Però mi par ch'andiate ad incontrarli
1.955con questi doni di cavalli e d'armi,
1.956e renderli per noi grazie immortali
1.957di così generoso e grande aiuto;
1.958ché chi soccorre a l'uopo de l'amico
1.959senza esserne da lui prima richiesto
1.960fa cosa molto degna e molto rara,
1.961onde se gli dee avere obligo eterno.
1.962Questo gli disse Uragio, e gir lasciolli.
1.963Come Tiberto poi fu presso alponte
1.964passò per quel con tutta la sua gente,
1.965ché quivi non trovò contrasto alcuno:
1.966perché quei Gotti che si stavan ivi
1.967lieti gli aperson le serrate porte
1.968de i castelli del ponte e de le rocche,
1.969pensando che venisser loro amici.
1.970Ma come il re v'entrò, senza dimora
1.971vi pose un gran presidio di Francesi:
1.972poi le miglier de i Gotti e i lor figliuoli,
1.973che ritrovaron dentro a quei castelli,
1.974fur presi ed imolati, e i corpi loro
1.975subitamente fur gettati al fiume
1.976per prima offerta de l'ooribil guerra;
1.977e parimente ancor vi fur gettati
1.978Balardo e Malaspin, che furon presi
1.979quando venianli contra con quei doni.
1.980E fatto questo subito n'andaro
1.981verso 'l campo de i Gotti, e quivi entraro,
1.982che lo trovaro aperto, e con diletto
1.983eran veduti da la gente gotta,
1.984che credean lor venire a darli aiuto;
1.985ma come furon entro, gli assaliro
1.986con le allabarde, e gli uccideano tutti:
1.987il che vedendo gli infelici Gotti
1.988subitamente abbandonaro il vallo
1.989e se n'andaro in paventosa fuga.
1.990e volendo fuggir verso Toscana
1.991andor per entro 'l campo de i Romani;
1.992ed essi, non sapendo la cagione
1.993di quel fuggir sì subito de i Gotti,
1.994pensaro un leggierissimo pensiero,
1.995che Belisario per occulte strade
1.996fusse venuto, e che gli avesse data
1.997quella gran rotta, e toltoli il lor vallo:
1.998onde da tal pensier tutti commossi
1.999ratto s'armaro, e se n'andaro in fretta
1.1000per congiunger con lui tutta la gente;
1.1001ma si trovaro fuor d'ogni credenza
1.1002condotti fra la gente de i Francesi:
1.1003però convenne a lor contra lor voglia
1.1004venire a l'armi, e non potendo starsi
1.1005quella sì poca gente contr'a tante
1.1006migliaia di Francesi e di Germani
1.1007deliberaron di voler salvarsi,
1.1008e prestamente posersi a fuggire;
1.1009né si fidando star dentr'al lor vallo
1.1010volser la fuga lor verso Toscana.
1.1011E così quel Tiberto in poco d'ora
1.1012fugò dui grandi esserciti e i lor valli
1.1013prese con molta vettovaglia dentro;
1.1014e lieto del periurio ivi s'assise
1.1015per goder quella aventurosa preda.
1.1016Il Re del cielo a così orribil fatto
1.1017volse la faccia disdegnosa in dietro,
1.1018e gli dispiacque assai che avendo rotta
1.1019la fede a i Gotti ed a i Romani a un tempo
1.1020fosser di tanto error sicuri e lieti;
1.1021onde a Latonio ed a Iunonio disse:
1.1022Cari messi del cielo, angeli eletti,
1.1023scendete giù da le superbe nubi,
1.1024mutate l'aria e corrompete i venti;
1.1025e fate sì ch'io veggia aspra vendetta
1.1026da l'empia crudeltà di quei Francesi
1.1027che col periurio lor si fan sì grandi.
1.1028Così diss'egli, e quei celesti messi
1.1029sen venner giù dal ciel come un baleno
1.1030che 'l bell'aere seren fende e le nubi;
1.1031e l'un se ne volò sopra una torre
1.1032de la fortezza che guardava il ponte,
1.1033e l'altro se n'andò d'intorno al fiume
1.1034facendo uscir da lui vapori amari.
1.1035Latonio quando fu sopra la torre
1.1036pose su l'arco l'empie sue saette
1.1037e spinsele nel campo de i Francesi:
1.1038le quai v'indusser sì terribil peste,
1.1039che si morian senza rimedio alcuno;
1.1040e primamente s'attacor ne i muli
1.1041e ne i Satini, e poi ne i corpi umani:
1.1042questi con varie qualità di morti
1.1043cadeano e per le chiese e per le strade,
1.1044e le lor piazze e le campagne tutte
1.1045eran coperte di persone estinte,
1.1046ch'empian d'orrore e di paura ognuno;
1.1047onde quel re con miserabil voce
1.1048si lamentava de la sua fortuna,
1.1049che di man gli tollea tanta vittoria.
1.1050E nove giorni interi eran passati
1.1051fra quella acerba e miserabil peste,
1.1052quando l'angel Palladio, ch'era intento
1.1053a dar favor a gli ottimi Romani,
1.1054sotto la forma di Orcalo prelato
1.1055antico ed onorato ne la Francia
1.1056apparve in sogno al re Tiberto, e disse:
1.1057Eccelso re ch'avete il scettro in mano
1.1058de la vittorïosa nostra gente,
1.1059io vi ricordo che pensar debbiate
1.1060quanto sia grave error mancar di fede;
1.1061ché chi manca di fede e perde quella
1.1062perder altro non può ch'abbia di meglio.
1.1063Voi prometeste al correttor del mondo
1.1064mandarli aiuto a debellare i Gotti;
1.1065né solamente non l'avete fatto,
1.1066ma v'accordaste poi co 'l re de' Gotti,
1.1067il qual vi diede tutta la Provenza,
1.1068e prometeste a lui secreto aiuto;
1.1069ma spesse volte i desideri ingordi
1.1070ci son cagion di pessimi consigli.
1.1071Poi senza risguardare a tai promesse
1.1072che voi faceste a l'una e l'altra gente
1.1073apertamente or gli venite contra,
1.1074rompendo a un tempo a gli uni e a gli altri fede.
1.1075Ma se la forza vostra è tanto grande
1.1076che non ha tema di persone umane
1.1077temete almeno il Re de l'universo,
1.1078ch'ha in odio estremo così gravi eccessi
1.1079e gli punisce con terribil pene:
1.1080però mandato v'ha sì fiera peste
1.1081ad ammunirvi, acciò che non facciate
1.1082maggior dimora in questo vostro errore;
1.1083che se voi vi starete ancor più tempo
1.1084vi punirà dapoi ne la persona.
1.1085Così disse quell'angelo, e sparìo
1.1086e nel sparir lasciò sì gran splendore
1.1087sopra quel re, che subito destossi
1.1088e vide ch'era un messaggier del cileo:
1.1089onde tutto s'impìo d'aspro timore.
1.1090Dapoi levossi prestamente in piedi,
1.1091e non disse ad alcun questo suo sogno:
1.1092ma ratto fece armar tutta la gente
1.1093che in quella peste era rimasa viva,
1.1094la qual di poco trappassava il terzo,
1.1095e con essa tornò verso la Francia
1.1096per fuggir l'ira del Signore eterno.
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