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1.1Era già il sol con la divina Astrea
1.2volto per gir ne le marittimm'onde
1.3quando, fornita l'onorevol tomba,
1.4la bella principessa di Tarento
1.5si volse a Belisario, e così disse:
1.6Illustre capitanio de le genti,
1.7da poi ch'io vedo che la mia fortuna
1.8è stata contra me tanto crudele
1.9ch'ha rotto tutti quanti i miei desiri,
1.10non voglio più veder luce del sole:
1.11ma perché uccider non si dee se stessa,
1.12chi brama entrar ne la celeste corte,
1.13io voglio esser murata in un sacello
1.14vicino a questa glorïosa tomba,
1.15ove con prieghi e con pensier divoti
1.16renderò grazie a la divina Altezza,
1.17e pregherolla ancor che doni eterna
1.18requie a l'estinto mio caro consorte
1.19e dia vittoria al correttor del mondo.
1.20Quivi vivrommi poi di quella grazia
1.21che porgerammi le pietose mani
1.22de le divote femine di Roma.
1.23Così disse la donna, e 'l capitano
1.24lacrimò per pietade e per dolore,
1.25e poscia le rispose in questa forma:
1.26Donna eccellente e di virtù suprema,
1.27ponete giù questi pensieri acerbi;
1.28cercate pur di mantenervi in vita
1.29me' che si può serena, perché noi
1.30con ogni studio cercheremo ancora
1.31di ristorare in parte i vostri danni:
1.32e se vorrete troverenvi un altro
1.33sposo d'età conforme a quel ch'è morto
1.34e di valor condegno a vostra altezza;
1.35poi sempre vi farem quel sommo onore
1.36ch'a spirto sì gentil più si convenga.
1.37Così rispose il capitanio eccelso,
1.38a cui la donna replicando disse:
1.39Signor, non impedite il bel dissegno
1.40e l'onesto disio di questa vostra
1.41minima serva, ma divota e fida.
1.42Voi mi potete far tutto quel male
1.43che più v'aggrada, ch'io non ho diffesa
1.44altra con voi che la giustizia vostra:
1.45la quale è nota al mondo esser sì grande
1.46quanto mai fosse in anima terrena.
1.47Sapete ben che quel che non fa male
1.48non può chiamarsi interamente giusto:
1.49ma quel che può far male e non vuol farlo
1.50per sua bontate, ha di giustizia il pregio,
1.51come si scorge ne la vostra altezza.
1.52Deh lasciate, Signor, ch'io mi rinchiuda
1.53in un oscuro e lucido sacello,
1.54oscuro al mondo e lucido a la vita,
1.55ove la mia virginità si servi
1.56intatta, e purghi quei pensieri insulsi
1.57ch'eran già nel mio cuor d'aver marito,
1.58a cui s'oppose la divina voglia:
1.59però ben è seguir ciò ch'al Ciel piace.
1.60Come udì questo, Belisario il grande
1.61si pensò dentr'al cuor de non gli ostare,
1.62e disse: Poi che voi v'avete eletta
1.63questa tal vita rigida e noiosa
1.64aiuterovvi a far ciò che v'aggrada.
1.65E detto questo fece farli un luoco
1.66picciolo e scuro dentro a la Minerva,
1.67con un sol buco da pigliar del pane
1.68ch'era chiuso ancor ei con una rota
1.69di legno che si volge in quella guisa
1.70che le monache fan ne i lor conventi;
1.71ed ella alor non se n'uscì del tempio
1.72fin che non fu murata entr'a quel buco,
1.73ove visse dapoi più di vent'anni;
1.74e cangiò il nome suo ch'ebbe al battesmo,
1.75e fu nomata Rigida, per quella
1.76vita sì dura e rigida che elesse:
1.77e questo nome ancor cangiossi in parte,
1.78e fu poi detta Brigida la santa.
1.79Or mentre si facean questi negozi
1.80il sol s'ascose, e l'ombra de la notte
1.81dapoi sen venne a ricoprir la terra:
1.82onde ciascuno andò ne i cari alberghi
1.83per riposarsi fino a la mattina;
1.84ma solamente l'onorato Achille
1.85stretto dal pianto e dal dolore amaro
1.86non dava a gli occhi suoi riposo alcuno.
1.87Pur quando venne fuor la bella aurora
1.88cinta di rose a rimenarci il giorno,
1.89l'inerte sonno con le sue lusinghe
1.90che suol far molle ogni dolore amaro
1.91a mal grado di lui gli entrò ne gli occhi;
1.92ed in quel tempo l'anima gli apparve
1.93di Corsamonte, con la sua sembianza,
1.94con la persona sua, con la sua voce,
1.95co i suoi begli occhi e con le solite arme:
1.96e poi fermossi appresso a la sua testa
1.97e disse a lui queste parole tali:
1.98Tu dormi, Achille, e m'hai posto in oblio,
1.99né cura prendi de la mia vendetta.
1.100Quel traditor che con astuti inganni
1.101tradimmi, e mi condusse entr'al castello
1.102ove fui morto da la gente gotta
1.103che ruinormi una gran torre adosso,
1.104vive; e se non sarà da voi depresso
1.105libererassi ancor con le sue fraudi,
1.106con danno espresso de le nostre genti:
1.107però provedi a quest'aspro periglio.
1.108Dammi la man, che tu mi fai pietate,
1.109che starai senza me molt'anni in terra;
1.110né più saran communi i pensier nostri
1.111né più l'un l'altro si darem consiglio:
1.112ché la morte crudel da te mi parte
1.113con strada lunga, adamantina ed aspra.
1.114Non ti scordar di me, che pur siam vissi
1.115da i tener'anni in su come fratelli,
1.116anzi come in dui corpi un'alma sola;
1.117però come a fratel ti raccomando,
1.118o come a un altro me, la donna nostra
1.119e la nostra memoria e 'l nostro onore.
1.120A cui rispose l'onorato Achille:
1.121Dunque venuto sei, fratel mio caro,
1.122a ritrovarmi perché tu non pensi
1.123ch'i' abbia cura di te senza ricordo?
1.124Non dubitar, che come il giorno appaia
1.125io farò tutto quel che mi comandi,
1.126s'io vi dovesse abbandonar la vita.
1.127Ma fate un poco in qua, lasciami ch'io
1.128t'abbracci, e teco pianga la mia sorte.
1.129Così parlando aperse ambe le braccia
1.130per abbracciarlo, ma non strinse nulla,
1.131ché l'anima disparve come un fummo
1.132e come un fummo andò volando al cielo.
1.133Levossi stupefatto il forte Achille
1.134e poi si dibatteo palma con palma,
1.135e disse: O Re de la celeste corte,
1.136egli è pur ver che l'anima è immortale
1.137e vive ancor dopo le membra estinte.
1.138L'alma di Corsamonte in questa notte
1.139è stata meco ne la propria forma
1.140e m'ha chiarito tutto il suo disio,
1.141che senza dubbio alcun voglio essequirlo.
1.142E detto questo subito vestissi
1.143l'arme, e poi se n'andò verso la corte.
1.144Quivi trovò che Belisario il grande
1.145si preparava a gire entr'al consiglio:
1.146ma come vide l'onorato Achille
1.147fermossi ad ascoltarlo, ed ei gli disse:
1.148Illustre capitanio de le genti,
1.149l'alma di Corsamonte in questa notte
1.150è venuta a trovarmi entr'a l'albergo,
1.151e mi commette espresso a far vendetta
1.152del traditor che con occulti inganni
1.153lo fece andar nel luoco ove fu morto;
1.154e poi come a fratel mi raccomanda
1.155la sua memoria e la sua cara donna.
1.156Però, signor, vi priego ad aiutarmi
1.157a far vendetta del barone estinto,
1.158ed anco a far spettaculi di giostre,
1.159di correr di cavalli e d'altre cose
1.160per la memoria de la sua virtute.
1.161Rispose Belisario: Assai mi piace
1.162il buon ricordo vostro, e dir vi voglio
1.163che ho fatto dar la fune in questa notte
1.164al traditor Burgenzo et a Doletto,
1.165che discoperto m'han tutto 'l trattato
1.166col quale han fatto uccider Corsamonte
1.167e tutti i tradimenti che per loro
1.168furono orditi ancor contra i Romani,
1.169ond'io voleva destinarli al fuoco:
1.170ma voi gli prenderete, e ne farete
1.171quel strazio e vituperio che vi paia
1.172per la vendetta di quel forte duca.
1.173E le giostre e i spettacoli faransi
1.174come vorrete voi, per fare onore
1.175a la memoria di sì gran guerriero;
1.176e detto questo, fece dar Burgenzo
1.177e Doletto legati a quel signore.
1.178Come ebbe Achille i traditor legati
1.179con le sceleste man dietro a le rene,
1.180si volse e disse a l'onorato Ciro:
1.181E' sarà ben, signor, che noi mandiamo
1.182questi dui scelerati al gran sepulcro
1.183di Corsamonte, e quivi sian puniti,
1.184per dar diletto a l'anima defunta
1.185ed a tutta la turba de i soldati.
1.186Così diss'egli, e quivi gli mandaro
1.187circondati da biri e da persone
1.188che con rampogne e con parole acerbe
1.189gli andavan lacerando per la strada;
1.190e fuvvi alcun che risguardando a l'altro
1.191che gli era appresso sorridendo disse:
1.192Questo volpone è pur aggiunto al varco,
1.193e spier ch'arà la meritata pena.
1.194O come è salda la giustizia eterna,
1.195e la divina providenzia mai
1.196non lasciò senza pena i gran delitti!
1.197Così dicea la plebe, accompagnando
1.198quei malfattori fino a la Minerva;
1.199né mai fu alcun di lor ch'alzasse il viso
1.200né che mandasse fuor parola alcuna.
1.201E giunti quivi l'onorato Achille
1.202fece legar Burgenzo per li piedi
1.203e parimente ancor Doletto, e porli
1.204col capo in terra e i piè verso la coda
1.205dietro a le croppe di dui gran cavalli;
1.206poi fece sopra quei salire Atteio
1.207e Capiton, ch'eran dui buon soldati
1.208già molto cari al gran duca de i Sciti,
1.209che feccion poi volar quei gran destrieri
1.210ben sette volte intorno a l'alta tomba,
1.211onde si laceraro i dui ribaldi:
1.212poi così lacerati e così guasti,
1.213così carghi di polvere e di sangue,
1.214furon gettati in su le fiamme ardenti
1.215ch'aveano apparecchiate i buon Romani;
1.216e mentre andava al ciel l'acuta fiamma
1.217disse gemendo l'onorato Achille:
1.218Rallegrati, fratel, ne l'altra vita,
1.219ch'io comincio essequir ciò che promissi
1.220a l'alma tua quando m'apparve in sogno:
1.221costor che ti tradiro ho posti al fuoco,
1.222e molti ancora de la gente gotta
1.223ch'al tradimento lor poser la mano
1.224fur eri uccisi da la nostra spada;
1.225ma noi, come arem fatti quei certami
1.226che m'ha promessi Belisario il grande,
1.227se n'usciremo fuor con tutto 'l campo
1.228e se n'andremo a ritrovare i Gotti
1.229per far del tuo morir vendetta intiera.
1.230Così disse il baron gemendo forte;
1.231poi lasciando la plebe intorno al fuoco
1.232andò dov'era il capitanio, e disse:
1.233Signor, quei traditor han satisfatto
1.234a Corsamonte e a la giustizia vostra,
1.235che strassinati a coda di cavallo
1.236e tutti lacerati e tutti sangue
1.237fur poi gettati ne le fiamme ardenti;
1.238e 'l cener lor farem gettar nel fiume
1.239perché si sperda, e mai non si riposi.
1.240Sarà poi bene a dar principio al resto,
1.241dico a la giostra, al correr de i cavalli,
1.242al correr de i pedoni ed a molti altri
1.243giuochi per onorar l'estinto duca:
1.244acciò che come arem forniti questi
1.245s'attenda a liberar l'Italia afflitta.
1.246Così diss'egli, e 'l capitanio eccelso
1.247fece recarsi fuor del gran palazzo
1.248cavalli ed arme e prezïosi vasi
1.249d'oro e d'argento e femine e pitture,
1.250pezze di sete e di broccati ed altre
1.251cose di pregio e di bellezza immensa
1.252per darle in premio a tutti quei certami;
1.253e pria fece bandire una gran giostra
1.254per Oribasio con parole tali:
1.255Il vicimperador de l'ocidente
1.256vi fa saper come farassi or ora
1.257su la piazza di Agone una gran giostra
1.258adomanin, con validissime arme;
1.259però qualunque vuol giostrare in essa
1.260venga, che correran tre colpi soli;
1.261e chi sarà battuto de l'arcione
1.262non potrà più giostrare, e quel guerriero
1.263che abbatterallo arà tutti i suoi colpi.
1.264Poscia quel giostrator che farà meglio
1.265de gli altri, e getterà più genti in terra,
1.266guadagnerà il caval di Corsamonte
1.267e tutte l'arme che portava intorno.
1.268Al secondo fia data una donzella
1.269modesta e vaga e di bellezza eletta
1.270con una bella pezza di broccato;
1.271al terzo si darà un bacil d'argento
1.272col suo ramin, tutti dorati intorno,
1.273sì ben composti e di sì bel lavoro
1.274che non si vide mai cosa più bella.
1.275Poi noteranno i colpi di ciascuno
1.276Bessano e Magno e 'l venerando Paulo,
1.277e co 'l consiglio lor daransi i pregi.
1.278Chi vuol dunque giostrar si faccia avanti.
1.279Così disse l'araldo; e 'l fier Mundello
1.280fu il primo che comparse e che s'offerse
1.281giostrare a domanini in quella giostra,
1.282e Traian fu il secondo e 'l terzo Achille,
1.283Olando il quarto e 'l quinto il forte Arasso,
1.284Sindosio il sesto, il settimo Orsicino,
1.285l'ottavo Ciro, il nono era Lucillo,
1.286il decimo Sertorio, e 'l re Cosmundo
1.287l'undecimo, e 'l duodecimo Olimonte:
1.288poi tutti scritti furo in una lista
1.289da Servio cancellier, ch'era presente.
1.290E fatto questo ognun di quei baroni
1.291se n'andò a casa e prestamente armossi,
1.292e poi tornaro armati in su la piazza,
1.293su la piazza d'Agon, ch'era in quel tempo
1.294un nobil circo co i sedili intorno.
1.295Quivi s'assise una infinita gente:
1.296e primamente i senator romani
1.297con le matrone loro e i lor figliuoli
1.298ch'eran rimasi dentro da le mura
1.299quando l'altre n'andòr verso Gaeta,
1.300sederon tutti quanti ne l'orchestra;
1.301e d'indi i cavalier de la cittade
1.302ne i quattordeci primi alti sedili
1.303sedero, e poscia il gran popol di Roma
1.304ne gli altri seggi più lontani ed alti
1.305s'assise, per veder la nobil giostra
1.306con gli altri nobilissimi certami.
1.307In mezzo al pian sopra un palchetto adorno
1.308sedeva il capitanio de le genti
1.309con quei saggi signor ch'avean la cura
1.310di notar tutti e' colpi de i giostranti,
1.311col cancelliero ed Oribasio araldo.
1.312Alora i giostrator giunsero in piazza
1.313con l'arme indosso e co i cimieri in testa.
1.314Il primo che spuntò fu il re Cosmundo,
1.315accompagnato da signori e duchi;
1.316poi molta gente de la sua famiglia
1.317a cavallo ed a piè gli andava inanzi,
1.318e chi di lor portava lancie adorne
1.319d'oro e di lauro e di leggiadri fiori,
1.320chi gli saltava intorno e chi cridava
1.321il nome suo con onorevol voce
1.322e chi facea carriere per le tele
1.323ch'erano in mezzo al spazïoso campo.
1.324Al giunger di costui sonaron tutte
1.325le trombe a un tempo, ed e' sul gran corsiero
1.326veniva a passo a passo per la piazza
1.327con un bastone in man sopra la coscia
1.328destra appoggiato e col suo scudo al petto
1.329serrato e fermo e col grand'elmo in testa,
1.330ch'aveano e per insegna e per cimiero
1.331un bel castel percosso da saetta;
1.332e così passo a passo aggiunse avanti
1.333al vicimperador de l'occidente:
1.334e fatta riverenza a quei signori
1.335fermossi ad aspettar gli altri guerrieri
1.336che venner senza far dimora alcuna.
1.337Da l'altro capo del famoso circo
1.338spuntò il buon Orsicin con la sua rosa
1.339e poi Sindosio col suo bel ginebro,
1.340Sertorio con la cerva ed Olimonte
1.341con la candela accesa in cima a l'elmo.
1.342A l'apparir d'ognun di quei signori
1.343sonaron trombe e piffari e tamburi,
1.344perciò che tutti accompagnati foro
1.345da molti duchi e principi e baroni
1.346e da molti altri cavalieri e fanti,
1.347chi per servirli e chi per farli onore.
1.348Vennero ancor Mundello, Achille e Olando
1.349ed Arasso e Traian, Lucillo e Ciro
1.350che tutti aveano per cimiero il sole,
1.351ché la lor Compagnia non portav'altro:
1.352la quale elesse in piè di Corsamonte
1.353Arasso, che dapoi depose il gallo,
1.354sì come Ciro al luogo di Catullo
1.355fu posto, Magno a quel ch'era di Bocco,
1.356Bessan quel di Acquilino, ed Aldigieri
1.357aveva avuto il luogo di Massenzo.
1.358Al venir di costor levossi un grido
1.359ne la gran piazza da diverse voci
1.360che dicean tutte: La vittoria è giunta:
1.361tra questi rimarrà certo la gloria
1.362e 'l primo onor de l'onorata giostra.
1.363Quando poi tutti ragunati foro,
1.364alora il vecchio e venerando Paulo
1.365alzò la mano, e disse este parole:
1.366Udite il mio parlar, signori e duchi,
1.367che siete per provarvi in questa giostra:
1.368ognun di voi correrà prima un colpo
1.369col suo guerrier che toccheralli in sorte;
1.370poi ponerassi a sorte un'altra volta
1.371per lo secondo colpo, e poscia il terzo
1.372la terza volta ponerassi a sorte
1.373fra tutti quei che rimarranno in campo;
1.374e come sarà corso questo arringo
1.375il vice imperador de l'occidente
1.376darà i pregi a ciascun secondo i merti.
1.377Così diss'egli, e pose i nomi loro
1.378in un'urna d'argento, e poi squassolla:
1.379e trasse fuor per lo primiero corso
1.380Sindosio con Lucillo, e nel secondo
1.381trasse Orsicin col generoso Ciro
1.382e poscia Arasso col feroce Olando,
1.383Traian con Olimonte, e con Achille
1.384Cosmundo, e poi Sertorio con Mundello;
1.385e fatto questo ognun di lor si trasse
1.386da la sua parte e prese l'asta in mano
1.387per dar principio a l'onorata giostra.
1.388Il primo arringo fu del bel Lucillo
1.389col bel Sindosio, a la cui fiera mossa
1.390sonaron tutte le canore trombe;
1.391e poscia si colpiro a mezzo 'l corso
1.392arditamente entr'a i possenti scudi
1.393e le lor lancie andòr volando in pezzi,
1.394perché si rupper fin presso a la resta;
1.395ma non si mosse alcun di lor di sella,
1.396onde i scudieri poi gli andaron dietro
1.397cridando ad alta voce i nomi loro.
1.398Dopo costoro ecco Orsicino e Ciro
1.399venir con le lor lancie in su la coscia,
1.400e poi spronando i lor corsier veloci
1.401dietro al sonar de le canore trombe
1.402a mezzo il corso appunto le abbassaro,
1.403e quivi si incontròr con gran furore:
1.404Orsicino l'accolse in sommo a l'elmo,
1.405e gli mandò per terra il bel cimiero
1.406del sole e non gli fece altro disconcio;
1.407ma Ciro accolse lui ne la baviera
1.408sotto la vista del fortissimo elmo
1.409e mandòl sulle croppe del cavallo
1.410disteso, e certo si sarìa caduto,
1.411che piegava la testa e quinci e quindi
1.412e perduta anco avea la staffa manca,
1.413se nol teneva in sella il buon Gradivo
1.414che gli diè aiuto in forma di sergente.
1.415D'indi Traian giostrò con Olimonte
1.416nel terzo arringo, e le possenti lancie
1.417affirmar tutti dui dentr'a i lor scudi;
1.418ed Olimonte ruppe la sua lancia
1.419senza far danno a l'ottimo Traiano,
1.420ma ben Traiano lo toccò di modo
1.421nel forte scudo, e tant'empia percossa
1.422gli diè, che quel gran scudo andò per terra,
1.423perché l'angel Palladio appresso il petto
1.424de la corazza sua possente e dura
1.425ruppe la vite che 'l tenea sovr'esso
1.426immoto e fermo a sustenere i colpi
1.427de i domanin de le nodose lancie.
1.428E così te n'uscisti fuor di giostra,
1.429Olimonte gentil, senza tua colpa,
1.430sendo dal petto tuo spiccato il scudo.
1.431Il quarto arringo fu del forte Arasso
1.432contra il feroce Olando, a la cui mossa
1.433parimente sonar tutte le trombe:
1.434questi dui si colpiro a mezzo il corso
1.435co i ferri da tre punte entr'a i lor elmi,
1.436l'elmo d'Arasso non si mosse nulla,
1.437ma l'angelo Gradivo a quel d'Olando
1.438fece spezzare il ferro suo davanti
1.439che l'inchiavava sopra la corazza,
1.440onde netto gli uscì fuor de la testa
1.441e rimase attaccatto a le sue spalle
1.442con la correggia ch'ivi lo legava.
1.443Quando 'l baron si ritrovò senz'elmo
1.444si pose ambe le man sopra le tempie,
1.445quasi temendo non aver la testa.
1.446La gente come vide quel bel colpo
1.447mandò fuori un cridor fino a le stelle;
1.448ma vedendolo poi toccarsi il capo
1.449mosser le labbra loro un poco a riso:
1.450però volgendo gli occhi il forte Olando
1.451risguardò intorno, e suspirando disse:
1.452L'angel Gradivo or m'ha disciolto l'elmo,
1.453ma gran ventura è che mi resta il capo;
1.454onde spero con esso un'altra volta,
1.455e col favor del cielo, avere onore,
1.456avegna che ora i' non acquisti biasmo,
1.457ché 'l voler de là su non si riprende.
1.458Così disse il baron col capo ignudo;
1.459e dietro a lor si mosse il re Cosmondo
1.460contra il cortese Achille, e la gran lancia
1.461ruppe nel scudo suo senza piegarlo
1.462e senza farli un minimo disconcio.
1.463Ma il buon Achille lo ferì ne l'elmo
1.464d'un sì feroce colpo, che stordillo
1.465e lo mandò disteso in su l'arena:
1.466come se fosse un gallo in un cortile
1.467che 'l villanel percuota ne la testa
1.468col duro suo baston che porta in mano,
1.469e per quella percossa allarga l'ale
1.470e tutto quanto in terra si distende;
1.471così Cosmondo in terra si distese
1.472per la percossa del feroce Achille.
1.473Alor gli amici suoi gli furo intorno
1.474e lo levar da terra e disarmaro,
1.475e lo menaron poi dentr'a l'albergo
1.476pallido in faccia e pien d'alto dolore.
1.477L'ultimo arringo fu del fier Mundello
1.478e di Sertorio, che con l'aste basse
1.479dopo il sonar de le canore trombe
1.480ambi dui s'incontraro in mezzo 'l corso
1.481e si colpir dentr'ai pesanti scudi;
1.482la lancia di Sertorio in molti pezzi
1.483si ruppe, che volòr verso le stelle;
1.484ma quella di Mundel fu tanto forte,
1.485col domanin che gli attaccò ne l'elmo,
1.486che Sertorio e 'l caval mandò per terra.
1.487Alor levossi un smisurato crido
1.488nel circo che dicea: L'onore e 'l pregio
1.489sarà di quel baron che porta il granchio
1.490nel scudo rosso, e per cimiero ha il sole,
1.491o di colui che porta in campo d'oro
1.492il buon Chirone in cui s'allegra Iove,
1.493e la coda del drago in lui s'essalta.
1.494Così dicea la gente in quel gran circo;
1.495onde forniti alor tutti gli incontri
1.496del primo corso, il buon conte d'Isaura
1.497risguardò gli altri, e poi così gli disse:
1.498Or che finite son le prime sorti
1.499e che ciascuna de le coppie ha corso
1.500i primi colpi suoi, par che sia tempo
1.501da porre un'altra volta dentr'a l'urna
1.502gli otto baron che son rimasi in campo,
1.503e trarli fuor per lo secondo corso.
1.504Così diss'egli, e poi così si fece:
1.505e tratti prima fur Lucillo e Ciro,
1.506e dopo lor Traian con Orsicino,
1.507i terzi fur Sindosio e 'l forte Achille,
1.508Mundello i quarti col feroce Arasso;
1.509e fatto questo ognun di lor si trasse
1.510da la sua parte, e preser l'asta in mano.
1.511Ciro e Lucilo nel primiero arringo
1.512dopo il chiaro stridor de l'oricalco
1.513si rincontraro in mezzo de le tele,
1.514e quelle lancie lor ch'aveano in resta
1.515insieme si toccòr punta con punta;
1.516il domanin si ruppe di Lucillo,
1.517e la lancia di Ciro appresso il ferro
1.518si sfesse e si piegò ma non si franse,
1.519onde poi tutti dui restaro in sella,
1.520ben con disconcio de le lor persone.
1.521Alora disse l'onorato Ciro:
1.522O Re del ciel, poi che non t'è piacciuto,
1.523che si siam tocchi fuor che ne le lancie,
1.524ti priego almen che mi conciedi grazia
1.525ch'io non ritorni senza gloria a casa.
1.526Non bramo il primo onor, ché saria troppo,
1.527e sarà di Mundello over di Achille;
1.528ma basterammi avere il terzo pregio.
1.529Così pregò il barone, e 'l Re del cielo
1.530porse l'orecchie a i suoi divoti prieghi;
1.531e poi dietro a costor con gran furore
1.532Traian si mosse e 'l provido Orsicino:
1.533e Traiano il toccò d'un aspro colpo
1.534ne la chiave del scudo, onde gli fece
1.535voltar le piante al luogo del cimiero
1.536perché si ruppe a lui l'arcion di dietro,
1.537talché per quello in terra fu disteso;
1.538e poi levato su da i suoi scudieri
1.539se n'andò a piedi suspirando a casa
1.540accompagnato da dui soli amici,
1.541ché con l'altro n'andò tutta la gente:
1.542i suoi famigli alor menaro attorno
1.543per le tele del circo il suo cavallo,
1.544mostrando a tutti che i spezzati arcioni
1.545eran stata cagion del suo cadere.
1.546Dapoi giostrò Sindosio e 'l forte Achille
1.547nel terzo arringo, e fu Sindosio colto
1.548d'un sì feroce colpo ne la testa,
1.549che fece andarlo trammortito a terra:
1.550e 'l sangue per lo naso e per le orecchie
1.551gli usciva, onde ne fu portato a casa
1.552da i soi famigli e da i fedeli amici.
1.553Restava il quarto arringo al fier Mundello
1.554che dovea correr col feroce Arasso,
1.555unde si fece a lui vicino, e disse:
1.556Tu non mi caverai l'elmo di testa
1.557come i festi ad Olando, acerbo Arasso,
1.558ch'egli è legato con miglior catena:
1.559ben spier mandarti col cavallo a terra
1.560come mandai Sertorio in l'altro arringo,
1.561se questa con ch'io giostro non si frange,
1.562ch'è un frassino di vena intero e saldo.
1.563Così diss'egli, a cui rispose Arasso:
1.564Fa pur quel che tu puoi con la tua lancia,
1.565superbo cavalier, ch'io non ti temo;
1.566e se tu manderai questo cavallo
1.567a terra, ancora il tuo non starà in piedi,
1.568perché non è del mio molto più forte.
1.569Come ebber detto questo, ognun rivolse
1.570il suo corsiero, e ritornaro al luoco
1.571dov'eran prima, in capo de le tele;
1.572e poi con l'aste lor nodose e grosse
1.573si rincontraro a mezzo del camino
1.574e si colpir con sì terribil colpi
1.575che parean proprio fulguri o bombarde
1.576ch'urtino i sassi e gli albori e le torri:
1.577e tutti dui con un romore immenso
1.578andòr per terra insieme co i cavalli
1.579ben venti braccia lunge da le tele,
1.580che tremar feccion tutta quella piazza;
1.581ma come furo in terra i dui guerrieri
1.582saltaro in piedi con sì fatto ardire
1.583che fece ognun stupir di meraviglia,
1.584senza aver danno ne le lor persone.
1.585Restava a porre ancor la terza sorte
1.586tra quei quattro baron ch'eran rimasi
1.587nel campo, e già s'apparecchiava l'urna:
1.588ma il vicimperador de l'Occidente
1.589si volse a Paulo ed a Bessano e a Magno,
1.590e disse lor queste parole tali:
1.591Penso che sarà ben che non si corra
1.592quest'altro corso più, ma diansi i pregi
1.593a quei baron che son rimasi in giostra;
1.594però ciascun di lor si cavi gli elmi
1.595e s'appresenti avanti a questo palco,
1.596che gli daremo i meritati onori.
1.597Dietro al parlar del capitanio eccelso
1.598ciascun di quei signor si cavò l'elmo
1.599e poi s'appresentò davanti al palco
1.600ove s'aveano a dispensar gli onori.
1.601Alora il capitanio de le genti
1.602diede l'arme e 'l caval di Corsamonte
1.603con faccia allegra al glorïoso Achille,
1.604e disse : Almo signor, prendete l'arme
1.605del miglior cavalier che fosse in terra
1.606con quel caval che non ha paro al mondo:
1.607né si potean locar queste due cose
1.608a persona più degna, né più grata
1.609né più gioconda a quel barone estinto.
1.610La donzella e 'l brocato arà Traiano,
1.611ma il bacile e 'l ramin fian di Mundello
1.612che ha pur gettati dui guerrieri al piano,
1.613se ben per la diffalta del cavallo
1.614anch'ei n'è gito col secondo a terra.
1.615Così diss'egli, e fu di ciò lodato
1.616da tutti quei signor ch'avea d'intorno;
1.617e certamente a lui dava il bacile
1.618se non dicea Lucillo este parole:
1.619Illustre capitanio de le genti,
1.620voi fate a dui che siam rimasi in campo,
1.621Lucillo e Ciro, manifesto torto
1.622a torci il premio e 'l guadagnato onore
1.623e darlo ad un ch'è pur caduto al piano.
1.624Ma se del cader suo pietà vi muove,
1.625avete in casa molto argento ed oro
1.626e drappi e gioie e femine e cavalli
1.627che dar possete a lui, lasciando questo
1.628a noi, secondo la proclama vostra.
1.629Sorrise a le parole del figliastro
1.630l'accorto capitanio de le genti,
1.631e disse: Adunque tuo sarà il bacile,
1.632e 'l ramin, che non è di minor pregio,
1.633sarà di Ciro; et io darò a Mundello
1.634questa collana mia d'oro e di gemme
1.635ch'io tolsi al re de' Vandali dal collo
1.636quando 'l menai prigion dentr'a Bisanzo.
1.637E così detto glie ne fece dono,
1.638e Mundel l'accettò con lieto aspetto
1.639e lietamente se la pose intorno.
1.640E dietro a questo il capitanio eccelso
1.641fece recarsi sette bei tazzoni
1.642di fino argento e d'onorevol peso
1.643e ne diede uno a ognun di quei guerrieri
1.644che patiron disconcio entr'a la giostra;
1.645e questo fé per darli alcun solazzo
1.646con qualche don de la fortuna adversa.
1.647Finita la gran giostra e dati i pregi,
1.648fur cavate le tele in un momento.
1.649Il capitanio alor fece menarsi
1.650un mulo suo bellissimo e gagliardo
1.651ed atto a tolerare ogni fatica,
1.652di color bigio e di sett'anni appunto;
1.653e fece appresso a quei recarsi un vaso
1.654di bianco argento e di gentil lavoro
1.655che un manico dorato avea per banda;
1.656e come furon quivi, in piè levossi
1.657risguardando i Romani, e così disse:
1.658Questi son pregi che daransi a dui
1.659uomini eletti che faran contesa
1.660co i pugni chiusi e co i piombati guanti:
1.661a quel che starà saldo in la battaglia
1.662atterando co i pugni il suo nimico
1.663darassi il mullo, e quel che sarà vinto
1.664arà per suo conforto il vaso adorno;
1.665e poscia andremo al corso de i cavalli.
1.666Così diss'egli, e poi si fece avanti
1.667Frondauro da Corinto, uom di gran forza
1.668e di persona grande e molto ardito
1.669e molto esperto nel giocare a i pugni,
1.670e toccò il mulo e disse este parole:
1.671Facciansi avanti quel che vuole il vaso,
1.672perché non penso che guadagni il mulo
1.673nessun del grande essercito romano,
1.674se non Frondauro, che in tal arte eccelle:
1.675che s'alcuno è miglior con l'asta in mano
1.676non è però di lui miglior co i pugni,
1.677ch'un sol non può saper tutte le cose.
1.678Ben so che chi vorrà contender meco
1.679arà nera la carne e gli ossi franti,
1.680e sarà ben ch'abbia gli amici a canto
1.681che lo riportin macerato a casa.
1.682Così disse il superbo onde ognun tacque;
1.683e solamente si levò Ruberto
1.684figliuol di Rodimarte da Messina.
1.685Questi altre volte in Napoli contese
1.686nel sepelir del duca di Salerno
1.687e vinse a i pugni alor tutti e' campani;
1.688questi era amico del cortese Achille,
1.689onde per lui s'affaticava molto
1.690svegliando con parole il suo valore:
1.691e perché assai bramava la vittoria
1.692de l'ardito figliuol di Rodimarte
1.693gli dava veste di perfetto cuoio
1.694e celata di cuoio e guanti eletti
1.695e ben contesti di pesante piombo.
1.696Ma come fur vestiti, andòr nel mezzo
1.697l'un contra l'altro coi feroci pugni,
1.698e le man gravi mescolaro insieme.
1.699Alor s'udiva il fremito de i denti
1.700e 'l strepito de i colpi, onde 'l sudore
1.701correa copioso fuor de le lor membra:
1.702al fin con gran furore il buon Frondauro,
1.703serbando il tempo che Ruberto intorno
1.704guardasse, dielli un pugno ne la guancia
1.705destra, che tutto in terra lo distese:
1.706e come un pesce dal soffiar del vento
1.707percosso sopra 'l lito di distende
1.708fin che coperto da marittim'onde
1.709può ritornar ne i consüeti gorghi,
1.710così Ruberto in terra si distese.
1.711Alora quel magnanimo Frondauro
1.712lo prese per la mano e sollevollo;
1.713e i suoi compagni poi gli furo intorno
1.714e lo menaron fuor de la gran piazza
1.715ch'appena si traea le gambe dietro,
1.716e gettava la testa e quinci e quindi,
1.717sputando in terra i sanguinosi denti:
1.718né risguardava il mal felice vaso
1.719che i suoi compagni gli portavan dietro.
1.720Il vicimperador de l'occidente
1.721propose dopo questo i terzi pregi
1.722che dar voleva al corso de i cavalli:
1.723e questi furo una pittura antica,
1.724simile a quella del famoso Apelle,
1.725ch'avea la formosissima Ericina
1.726ch'uscia del mare, e si torceva i crini
1.727con ambedua le man per asciugarli.
1.728Posevi ancora dui talenti d'oro
1.729appresso, per donarli insieme a quello
1.730che fosse primo a giungere a la meta;
1.731ed al secondo pose una giumenta
1.732giovane di cinqu'anni e molto bella
1.733e pregna d'un bellissimo corsiero.
1.734Al terzo pose due maniglie d'oro
1.735fatte con smalti, che parean serpenti
1.736ch'avesser prese le lor code in bocca;
1.737al quarto due gran pezze di veluto
1.738pose; ed al quinto un calice d'argento
1.739di belle gemme varïato e d'oro;
1.740poi disse: Venga ognuno a questo corso
1.741ch'ha fede nel valor de i suoi cavalli,
1.742e nel saperli governar col freno
1.743e con la mano e con gli acuti sproni,
1.744ch'acquisteranno i nominati pregi
1.745tutti secondo l'ordine proposto.
1.746Né vuo' che corra il mio caval, né quello
1.747che fu de l'animoso Corsamonte,
1.748ché senza dubbio acquisterian l'onore:
1.749ma disdiriasi a me che ho posti i pregi
1.750s'io tentassi ora ripportarli a casa;
1.751e quel di Corsamonte, essendo morto
1.752il suo signor, non vuol null'altro in sella.
1.753Dietro a questo parlar si fece avanti
1.754prima di tutti il giovane Lucillo:
1.755e venne sopra il suo caval d'Abbruzzo
1.756che guadagnò la notte, quando prese
1.757Frodino e uccise il capitanio Urtado;
1.758poi venne dietro a lui l'ardito Ciro
1.759col buon caval che fu del re de' Gotti,
1.760donato a lui dal gran duca de i Sciti
1.761quando mandò quel re sopra 'l terreno
1.762e Filopisto gli levò il destriero;
1.763il terzo venne il giovane Tibullo,
1.764con quell'altro caval che tolse a Urtado;
1.765e poscia Emilio del prudente Paulo
1.766fu il quarto, col corsier ch'ebbe suo padre
1.767quando fur rotti i Vandali a Cartago.
1.768Al giunger di costui ne la gran piazza
1.769il vecchio padre andolli appresso e disse:
1.770Emilio, io so che giovinetto sempre
1.771t'hai dilettato di domar cavalli
1.772e cavalcarli con ardire ed arte;
1.773però son certo che non hai mestieri
1.774d'altro ammaestramento, perché sai
1.775regger col freno ogni caval feroce:
1.776pur ti dirò, che quando a te fian date
1.777le mosse, appresso la primiera meta,
1.778non batter con la sferza il tuo cavallo
1.779tropp'aspramente, e quando giungi a l'altra
1.780nol spronar troppo, e volgilo a man manca,
1.781destramente, che non si disconci
1.782nel gire intorno a la seconda meta
1.783o non vada di lungo in altra parte:
1.784ma come poscia arai girati i primi
1.785dui corsi intieri, e sarai giunto al terzo,
1.786non risparmiare alor sferza né sproni
1.787fin che tu giunghi al disïato segno,
1.788se brami avere alcun de i primi onori;
1.789che tu sai ben ch'ogni boschiero in selva,
1.790ogni nocchiero in nave, ogni guerriero
1.791sopra il veloce suo caval suol fare
1.792più con l'ingegno assai che con le forze.
1.793Adopra adunque tu l'ingegno e l'arte
1.794che t'insegnaro i messagier divini,
1.795se vuoi schivar d'aver gli ultimi pregi.
1.796Così disse il buon vecchio al suo figliuolo,
1.797e ritornò dove sedeva prima.
1.798Poi venne ultimamente in piazza Magno,
1.799col forte suo destrier ch'ebbe in Tesalia.
1.800Alora i cavallier fur posti a sorte,
1.801come doveano star presso a le mosse:
1.802il primo Emilio fu che uscisse fuori,
1.803per stare a man sinistra appresso il segno,
1.804e fu il secondo allato a lui Tibullo
1.805e poscia Magno; e 'l quarto fu Lucillo,
1.806la quinta sorte venne al conte Ciro;
1.807e così con quell'ordine fur posti
1.808in una fila dentro da le mosse.
1.809Il capitanio poi mandò Traiano
1.810a star vicino a la seconda meta,
1.811perché non si facesse alcuna fraude
1.812in quella parte assai da lui lontana:
1.813ed e' con Paulo ed altri andaro al luoco
1.814ove doveano ritornar correndo.
1.815Quindi fu dato il segno de le mosse
1.816col chiaro son de le canore trombe,
1.817come ordinò Bessan, che n'avea cura:
1.818alora i cavallieri alzòr le sferze
1.819e diero ardire ed animo a i cavalli
1.820con parole veementi, e co i calcagni
1.821batteanli i fianchi e con le sferze i lombi,
1.822onde correan veloci per lo piano
1.823movendo co i lor piè l'arida polve,
1.824e le lor chiome eran diffuse al vento
1.825e i ventri approssimavansi a la terra.
1.826I cavalier dapoi ch'eran sovr'essi
1.827aveano il petto travagliato e 'l cuore
1.828per la cupidità d'aver vittoria:
1.829onde essortava ognuno i suoi corsieri,
1.830che polverosi per la lunga piazza
1.831givan volando come avesser ali.
1.832Ma quando si pervenne al terzo corso,
1.833alora apparve la virtù di tutti.
1.834Lucillo e 'l suo cavallo erano i primi,
1.835e dietro a lui venia l'ardito Ciro
1.836col buon corsier che fu del re de' Gotti;
1.837ed era a quel primier tanto vicino,
1.838che quasi gli salia sopra le croppe,
1.839onde col fiato al cavallier facea
1.840umide e calde le sue larghe spalle:
1.841e senza dubbio il trappassava tosto,
1.842over di pari sarebbe ito al segno,
1.843se 'l gran Latonio non facea caderli
1.844di man la sferza, il che l'offese tanto
1.845che gli occhi suoi di lacrime coperse
1.846per disdegno, per doglia e per temenza
1.847che questo caso non tardasse il corso
1.848del molto affaticato suo destriero.
1.849Ma quel disconcio già non fu nascoso
1.850al buon angel Palladio, onde gli rese
1.851la sua sferza caduta, e diede ardire
1.852e lena al corridor ch'era sott'esso:
1.853e fece che 'l caval del buon Lucillo
1.854pose il sinistro piè dentr'a una buca
1.855profunda, d'un de' pali de le tele
1.856che fur cavati quindi, e non fur piene
1.857le buche lor, come dovean, per fretta;
1.858onde la gamba dal furor del corso
1.859tutta si torse, e in terra lo distese:
1.860e parimente il cavalier convenne
1.861cader sott'esso, onde graffiossi il naso,
1.862la bocca e 'l braccio e la sinistra mano.
1.863Quand'ei si vide in terra, ebbe gran doglia,
1.864più del perduto onor che del cavallo;
1.865e gli occhi suoi di lacrime s'empiero,
1.866ma non gli uscì del petto alcuna voce,
1.867tanto fu il sdegno e 'l suo dolore amaro.
1.868Alora Ciro gli passò davanti,
1.869lasciando ogni altro cavaliero adietro
1.870per lungo spazio, ché Palladio sempre
1.871rinforzava la lena al suo corsiero
1.872per dar vittoria a lui senz'alcun dubbio.
1.873Magno correa dopo l'ardito Ciro
1.874troppo lontan quant'è 'l gettar d'un'asta;
1.875e dietro a lui, ma ben molto vicino,
1.876venia il figliuol del buon conte d'Isaura.
1.877Questi, vedendo in terra esser Lucillo,
1.878cominciò dentr'al cuor prender speranza
1.879di far guadagno de i secondi onori,
1.880e però disse al forte suo cavallo:
1.881Muoviti, caval mio, non esser lento,
1.882e non lasciar che ognun ti vada inanzi:
1.883non dico già, ne vuo' che tu contenda
1.884col buon caval de l'onorato Ciro,
1.885perché l'angel Palladio gli dà forza
1.886e vuol ch'egli abbia amplissima vittoria;
1.887ma ben contender puoi con quel di Magno,
1.888e non lasciarti far da lui vergogna:
1.889ch'io giuro a Dio che leverotti l'orzo
1.890o arai morte dentr'a le mie stale
1.891se tu rapporterai l'ultimo pregio.
1.892Però t'essorto ad affrettarti alquanto,
1.893ch'anch'io t'aiuterò col nostro ingegno.
1.894Così diss'egli, e quel cavallo ardire
1.895prese dal minacciar del suo signore,
1.896e correa più veloce assai che prima.
1.897Magno, come fu poi presso a Lucillo
1.898ch'era caduto col destriero in terra,
1.899si tenne alquanto a la sinistra parte
1.900e lo schivò per non urtare in esso:
1.901ma il giovinetto Emilio alzò la briglia
1.902del suo corsiero e lo toccò co i sproni,
1.903e sopra gli passò con sì gran salto
1.904che fé maravigliar tutta la gente;
1.905e guinto appresso a la seconda meta
1.906si ritrovava esser al par di Magno,
1.907e lo cacciava molto in ver le pietre;
1.908e Magno gli dicea: Che fai, fanciullo?
1.909Non t'accostare a me, che quella meta
1.910agevolmente ci poria dar morte;
1.911schivala alquanto, che potrai passarmi
1.912più facilmente assai da l'altro lato.
1.913Così diceva Magno, e 'l giovinetto
1.914a le parole sue non dava orecchie,
1.915anzi spronava il suo caval più forte
1.916mostrando non l'udire, e sempre andava
1.917spingendo quel baron dentr'a le pietre:
1.918tal che fu forza a lui d'andar più lento
1.919e lasciar ire il giovinetto inanzi
1.920per non esser cagion di maggior male;
1.921poi con sdegno e dolor così gli disse:
1.922Emilio, non è alcun sopra la terra
1.923di men prudenza e di più folle ardire
1.924di te; ma va pur via, che questo pregio
1.925non si ti darà mai senza contesa.
1.926Così diceva Magno e 'l suo cavallo
1.927sempre spronava più, per ricovrare
1.928il primo luoco suo ch'avea perduto
1.929per la fallacia del barone isauro:
1.930e certo andava a strada di pigliarlo,
1.931quando eccoti apparir l'ardito Ciro
1.932col suo corsier presso a l'estremo segno,
1.933e quivi con destrezza lo ritenne;
1.934e poi disceso del cavallo in terra,
1.935ch'era pien di sudore e pien di polve,
1.936lo fece a un paggio suo menare a torno
1.937e passeggiarlo fin che s'affredisse:
1.938ed e' dal capitanio de le genti
1.939prese giocondo la pittura e l'oro
1.940e poi la diede a i suoi fedeli amici
1.941ch'allegramente la portaro a casa.
1.942In questo tempo giunse Emilio al segno,
1.943ch'avea con arte trappassato Magno:
1.944ma di sì poco spazio, che non v'era
1.945con tutto quanto il corridore inanzi;
1.946e poco spazio più ch'avesser corso
1.947Magno il passava, e gli tolleva il pregio.
1.948E dietro a Magno poi venia Tibullo,
1.949lontan da lui quant'un cavallo è lungo;
1.950e dopo tutti il misero Lucillo
1.951veniva a piè, col suo cavallo a mano,
1.952che su tre gambe si fermava appena
1.953e con la quarta non toccava il suolo,
1.954perché era guasta fin presso al genocchio:
1.955onde 'l gran capitanio de le genti,
1.956ch'ebbe misericordia del suo caso,
1.957si volse, e disse a gli ottimi Romani:
1.958Questo baron che per sua mala sorte
1.959guasto ha il cavallo ed ha perduti i pregi
1.960mi fa pietate assai, che molto l'amo
1.961di necessario amor, per esser figlio
1.962de la diletta mia cara consorte:
1.963però nol vuo' lasciar senza ristauro.
1.964Poi fece darsi un'armatura fina
1.965tutta fregiata di lamette d'oro
1.966con una sopravesta di velluto
1.967riccamata di perle e d'altre gemme
1.968ch'avea già tolta al giovinetto Asfalto
1.969quando l'uccise appresso a Ponte Molle;
1.970e questa diede in mano al bel Lucillo,
1.971che l'accettò con grazïoso aspetto.
1.972Poi mentre volea darsi la giumenta
1.973si fece avanti l'onorato Magno,
1.974che con Emilio avea molto disdegno,
1.975e disse verso lui queste parole:
1.976Emilio, tu sai pur quel che faccesti
1.977presso a quell'altra meta, per far danno
1.978al mio cavallo ed a la sua virtute
1.979e far vergogna a la presona nostra:
1.980però ne vengo al capitanio eccelso,
1.981e priego lui che voglia far giurarti
1.982toccando il tuo caval se per inganno
1.983o per virtute m'hai passato inanzi.
1.984A cui rispose Emilio in questa forma:
1.985Illustre cavalier, so che voi siete
1.986maggior di me di etate e di virtute,
1.987onde sapete i giovenili affetti
1.988più forti di voler che di consiglio:
1.989però questa giumenta vi conciedo,
1.990e s'altra ancor me ne ritruovo in stalla
1.991darolla a voi più tosto che restare
1.992ne l'odio vostro e fare offesa al cielo.
1.993Così diss'egli, e tolse la giumenta
1.994e diella in mano a l'onorato Magno:
1.995onde ti rallegrasti entr'al tuo cuore,
1.996Magno gentil, per quel parlar cortese
1.997come le biade fan per la ruggiada
1.998nel maggio, quando 'l sole arde le piante;
1.999e poi dicesti a lui queste parole:
1.1000Emilio, voglio anch'io deponer l'ira,
1.1001ché la tua gentilezza e i tuoi costumi
1.1002m'han mosso più che non faria null'altra
1.1003persona de l'essercito romano.
1.1004Piglia questa giumenta, ch'io la dono
1.1005di buona voglia a te, perch'ognun sappia
1.1006che come io non son stato vinto al corso
1.1007così di cortesia non sarò vinto
1.1008dal nostro Emilio nobile e cortese.
1.1009E detto questo la giumenta porse
1.1010a i compagni d'Emilio, e per sé prese
1.1011con lieta fronte le maniglie d'oro,
1.1012e 'l giovane Tibullo ebbe il velluto.
1.1013Restava a darsi il calice d'argento,
1.1014di fine gemme varïato e d'oro:
1.1015e 'l capitanio eccelso de le genti
1.1016lo prese in mano e risguardollo alquanto,
1.1017e poi lo diede al buon conte d'Isaura
1.1018dicendo: Almo signor, godete questo
1.1019per la memoria de l'estinto duca,
1.1020poi che per l'età vostra non potete
1.1021con l'arco né co i piè né con le braccia
1.1022certar, ma solamente col consiglio
1.1023ch'assai più val che le corporee forze:
1.1024col qual vincete ognun senz'alcun dubbio.
1.1025Così diss'egli, e 'l calice gli diede;
1.1026e 'l conte l'accettò con gran diletto
1.1027e disse: O come è ver, signor mio caro,
1.1028che la vecchiezza mi fa gravi, lente
1.1029tutte le membra che già fur sì destre
1.1030ne la mia verde e giovinile etade,
1.1031tal che a la lutta, al corso, ai pugni, al salto
1.1032vincea tutti i guerrier di quella etade.
1.1033Or io son vecchio e stanco, onde ho bisogno
1.1034più di riposo assai che di certami:
1.1035seguite adunque gli onorati ludi,
1.1036ch'i' accetto allegramente il vago dono
1.1037che voi mi date, e priego il Re del cielo
1.1038che 'n vece mia di ciò grazie vi renda.
1.1039Il capitanio poi propose i pregi
1.1040ch'aver doveano i più veloci al corso:
1.1041al primo pose una ghirlanda d'oro
1.1042ch'avea le foglie simili a la pioppa,
1.1043ed al secondo pose un toro bianco
1.1044tutto macchiato di colore oscuro;
1.1045al terzo, venti brazza di damasco
1.1046verde, con certi fior bianchi e vermigli,
1.1047poi disse: Ognun che pensa esser veloce
1.1048nel correr venga a farne ora la pruova.
1.1049E detto questo, venne il forte Achille
1.1050e l'ottimo Traiano e 'l bel Lucillo,
1.1051che vincea tutti i giovani Romani
1.1052al correr, tanto avea veloci i piedi;
1.1053onde fur prestamente posti in giogo
1.1054l'un presso a l'altro dietro a quella meta
1.1055ch'era dal canto che risguarda il fiume:
1.1056e poi dovean venir correndo a l'altra
1.1057ch'era da l'altro capo in ver levante,
1.1058e ben tre volte circondarle tutte;
1.1059e così stando in ordine e parati,
1.1060come sentiro il segno de le mosse
1.1061dato col chiaro suon de l'oricalco,
1.1062si dipartiro, e poi correan veloci
1.1063per la gran piazza, che parean saette
1.1064uscite fuor di validissimi archi.
1.1065Avanti a gli altri era il cortese Achille,
1.1066e dietro a lui veniva il buon Traiano,
1.1067tanto vicino a le sue belle piante
1.1068quanto è propinquo al petto d'una donna
1.1069la rocca sua da cui descende il filo
1.1070che di lui sopra 'l fuso si raccoglie.
1.1071Così stava propinquo il buon Traiano
1.1072sempre a le spalle del cortese Achille,
1.1073onde spingeali il fiato entr'a la nuca
1.1074e poi ponea ne i suoi vestigi i piedi
1.1075pria che la polve in quei fosse discesa;
1.1076il che vedendo gli ottimi Romani
1.1077davan cridando al suo disire aita,
1.1078ed e' pregava Dio dentr'al suo cuore
1.1079che non l'abbandonasse in quel bisogno;
1.1080l'angel Palladio alor dal ciel discese,
1.1081e fece in lui le membra esser leggiere
1.1082e i piè veloci e la sua lena forte;
1.1083poi trammutossi subito in un cane
1.1084piloso e grosso e di color di terra,
1.1085e mentre Achille era vicino al segno,
1.1086alzando gli occhi spesso a quella meta,
1.1087gli attraversò la strada avanti i piedi,
1.1088di modo tal che trabboccar lo fece:
1.1089onde se impolverò la fronte e 'l naso,
1.1090ma poi saltò subitamente in piedi.
1.1091Alor Traiano a la ghirlanda corse,
1.1092lasciando il tauro a l'onorato Achille:
1.1093ed ei lo prese nel sinistro corno
1.1094con la man destra, e sospirando disse:
1.1095O Re del cielo, il gran Palladio sempre
1.1096sta come madre appresso al buon Traiano
1.1097per aiutarlo, onde cader m'ha fatto
1.1098e m'ha fatto imbruttar tutta la faccia.
1.1099Così diss'egli, e ognun si mosse a riso,
1.1100vedendol tutto impolverato e sporco.
1.1101Lucillo tolse poi l'ultimo onore
1.1102con fronte allegra, e sorridendo disse:
1.1103Quinci si può veder che 'l Re del cielo
1.1104onora ed ama gli uomini attempati:
1.1105il forte Achille ha più di me qualch'anno,
1.1106ma pochi, e questi che è vicino al vecchio
1.1107non si può superar da nessun altro,
1.1108se non dal capitanio de le genti.
1.1109Sorrise Belisario a le parole
1.1110del suo figliastro, e sorridendo disse:
1.1111Non m'arai date queste lode indarno,
1.1112Lucillo mio, ch'io vuo' donarti appresso
1.1113vent'altre braccia di damasco bianco.
1.1114E così detto glie le pose in mano,
1.1115ed egli le pigliò con gran diletto,
1.1116poi dopo questi fur chiariti i pregi
1.1117che dovean darsi al sagittar de gli archi:
1.1118e fece porre in cima de le meta
1.1119destra del circo, che è verso levante,
1.1120un capelletto di velluto nero,
1.1121ch'avea sovr'esso una medaglia d'oro,
1.1122poi disse: Chi darà ne la medaglia
1.1123con la saetta sua pungente e forte
1.1124arà questa bellissima celata,
1.1125adorna d'oro e di purpuree penne;
1.1126un brando arà chi toccherà il capello,
1.1127e chi gli andrà vicino arà un pugnale.
1.1128Così diss'egli, e tre baroni illustri
1.1129posero i nomi lor dentr'ad un'urna
1.1130e d'indi tutti poi furono estratti:
1.1131il primo venne il giovane Fileno,
1.1132fratel del ferocissimo Acquilino,
1.1133e 'l principe Aldigieri fu il secondo,
1.1134onde restò ne l'ultimo Bessano.
1.1135Alor Fileno al suo fortissim'arco,
1.1136senza far voti a chi governa il cielo,
1.1137stese la corda, e su vi pose un strale
1.1138leggiero e forte, e con la destra mano
1.1139quella tirò fin a la destra orecchia:
1.1140e spinsel furïoso ver la cima
1.1141de l'altra meta, e non toccò il capello,
1.1142ma dié di punta nel polito marmo,
1.1143che per la sua durezza nol ritenne;
1.1144anzi lo spinse in su fin'a la cima,
1.1145e per lo vano poi di quel capello
1.1146se n'andò in alto, e trappassò il velluto
1.1147in sommo il capo, e sopra quel si stava
1.1148il ferro bianco a guisa di cimiero,
1.1149e la cocca e le penne eran di sotto.
1.1150Aldigier dopo lui tirò il grand'arco,
1.1151e mirò fiso a la medaglia d'oro
1.1152pregando Iddio che gli prestasse aiuto:
1.1153ma quel Signor che mai non sprezza i prieghi
1.1154che a lui son porti con la mente pura
1.1155gli fece intanto ben pigliar la mira,
1.1156che diede appunto in mezzo a la medaglia
1.1157con gran furore, e trappassolla tutta;
1.1158e fu quel colpo ancor di tanta forza
1.1159che spinse giù il capel da quella meta:
1.1160onde Bessan, quando cader lo vide,
1.1161avendo a l'arco preparato il strale,
1.1162fece voto a Latonio di offerirli
1.1163un vitel bianco se potea toccarlo
1.1164per non restar deluso da la gente;
1.1165e così spinse fuor la sua saetta,
1.1166che trappassò il capel quando cadea,
1.1167onde tutta la gente alzando un crido
1.1168s'ammirò molto de la buona sorte
1.1169e de l'arte gentil di quel barone.
1.1170Così ne venne quel capello a terra
1.1171con tre saette dentr'al suo velluto:
1.1172onde Aldigieri tolse la celada,
1.1173Bessano il brando ed il pugnal Fileno,
1.1174che senza indugio se lo cinse al fianco.
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