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IL VIGESIMOSECONDO LIBRO

1.1Tutta quanta la notte il re de' Gotti
1.2secondo l'aricordo di Burgenzo
1.3mandò le genti d'arme ad imboscarsi
1.4di là da Prima Porta, in un vallone
1.5occulto e vicinissimo al castello:
1.6dapoi fece condur tutte le robbe
1.7più necessarie fuor de gli ampi valli
1.8e porre il fuoco in essi, e dipartirsi
1.9lasciando solamente in un di questi
1.10Burgenzo ingannator, legato in modo
1.11che quella fiamma non potea noiarlo.
1.12Ma quando il buon Traian, ch'era a la guardia
1.13de la Porta Pinciana, vide accesi
1.14gli alloggiamenti de la gente gotta,
1.15si rivolse a Fonteio, e così disse:
1.16Fonteio mio gentil, quei molti fuochi
1.17ch'io veggio accesi intorno a queste mura
1.18sono ne' valli de la gente gotta,
1.19la qual, come cred'io, sarà fuggita:
1.20però non vi sia grave andar correndo
1.21al capitanio e dirli questa nuova,
1.22e che disponga ciò che far devemo:
1.23ché tanto si farà quant'a lui piaccia.
1.24Così diss'egli, e 'l giovane Fonteio
1.25se n'andò ratto a Belisario il grande:
1.26e ritrovollo a punto inanzi l'alba,
1.27ch'era levato per vestirsi d'arme
1.28ed ordinar le cose de la guerra;
1.29onde narolli quello acceso fuoco
1.30con le parole proprie di Traiano.
1.31Il vicimperador, quand'ebbe intesa
1.32quella gran nuova, senza far dimora
1.33fece chiamar Mundello e Corsamonte
1.34e disse lor queste parole tali:
1.35Baroni illustri e di virtù suprema,
1.36i Gotti, come intendo, han posto fuoco
1.37ne i lor muniti valli, e gli arden tutti:
1.38che mi par segno ch'e' si sian partiti
1.39e che vogliano andar verso Romagna.
1.40Però fia ben ch'andiate fuor di Roma
1.41con quattrocento cavalieri armati
1.42a veder ciò che sia dentr'a quei valli:
1.43e se potessi ancor prender qualcuno
1.44de le lor genti ch'han lasciate a dietro,
1.45saria cosa bonossima; che forse
1.46ci porian dir qualche dissegno loro.
1.47Andate adunque, e ritornate in brieve
1.48ben informati del negozio tutto.
1.49Come fu nota a quei baroni eletti
1.50la volontà del capitanio eccelso,
1.51subitamente se n'uscir di Roma,
1.52e per l'Aurelia Porta andaro in Prati;
1.53e primamente videro il steccato
1.54di Marzio acceso e senza gente dentro,
1.55dapoi trovaro abbandonato il ponte
1.56con la fortezza sua che v'era sopra:
1.57e quindi se n'andar di vallo in vallo,
1.58che tutti quanti ardean vòti di gente,
1.59eccetto che trovaro in quel d'Argalto
1.60Burgenzo ingannator legato in ceppi.
1.61Questi come gli vide indi passare
1.62cridò piangendo: O cavalier ch'andate
1.63intorno a i valli risguardando i fuochi,
1.64se è punto di pietà ne' vostri petti
1.65datemi aiuto, o fate almen ch'io muoia
1.66per le man vostre senza alcun'indugio,
1.67e che le membra mie non s'ardan vive
1.68e vadan lente a disperata morte.
1.69A quella voce, i dui baroni eccelsi
1.70volser la vista ne la parte d'onde
1.71udìano uscire il suon de le parole:
1.72e risguardando dentro da la porta
1.73del vallo vider un ch'era legato,
1.74ed avea fitti i piedi in certi legni
1.75in modo tal che non potea fuggirsi:
1.76onde smontati giù de i lor destrieri
1.77con altri molti cavalieri illustri
1.78entraro entr'alsteccato,e prestamente
1.79conobbero Burgenzo, e lo slegaro:
1.80e 'l forte Corsamonte fu il primiero
1.81che ruppe i ceppi con la spada acuta
1.82e da le false man sciolse le funi;
1.83onde il slegato subito si volse
1.84e ingenocchiossi avanti a Corsamonte,
1.85e basciandoli i piè così gli disse:
1.86Signore illustre e di virtù suprema,
1.87poi che da voi ricevo questa vita,
1.88tutta vuo' porla ne' servigi vostri;
1.89però non vi sdegnate d'accettarmi
1.90per vostro fido suddito e per servo,
1.91ch'io son disposto d'ubidir voi solo
1.92mentre che viverò sopra la terra.
1.93E Corsamonte a lui: Burgenzo mio,
1.94questo è nulla ch'i' ho fatto, e lo farei
1.95per ogni nostro minimo vassallo,
1.96non che per un baron come voi siete.
1.97Onde v'accetto non per nostro servo,
1.98come voi dite, ma per nostro amico
1.99e per compagno caro e per fratello;
1.100ma grave non vi sia, signor, di dirci
1.101quale era la cagion che facea darvi
1.102da quella gente sì spietata morte.
1.103A cui Burgenzo: Altissimo signore,
1.104il tutto vi dirò senza menzogna:
1.105e se non dirò il ver, la terra s'apra
1.106ne la vostra persenza e mi summerga.
1.107Come fui dato a l'empio re de' Gotti
1.108da i miei soldati, che gli dier la rocca
1.109di Ponte Molle e me legato insieme,
1.110quel re mi diede in guardia al fiero Argalto,
1.111il qual teneami con custodia intorno
1.112acciò ch'io non fuggisse, ma nel resto
1.113lasciommi in libertà, tal ch'io non era
1.114a dire il ver né libero né servo.
1.115Ben poi ch'Argalto fu condutto a morte
1.116dal grande ardir de l'onorato Achille
1.117mi ritrovava in libertà maggiore;
1.118e quando presa fu la bella Elpidia,
1.119sendo condotta al nostro alloggiamento,
1.120fecimi a lei conoscer per Romano
1.121e per prigion de' Gotti e vostro amico:
1.122onde poi che fu posta entr'a la rocca
1.123di Prima Porta, l'ho tenuta sempre
1.124visitata con doni e con proferte
1.125e consolata ne gli suoi travagli;
1.126perch'i' era molto amico di Sarmento
1.127che l'aveva in custodia, ed in quel luoco
1.128era luogotenente d'Unigasto.
1.129Questo Sarmento ancor condussi a tanto,
1.130che si volea fuggir con quella donna
1.131fuor del castel ne la presente sera;
1.132ed io dovea trovarmi in quella parte
1.133per poter tutti tre, la donna e noi,
1.134venire insieme a ritrovarvi in Roma
1.135per l'oscuro silenzio de la notte.
1.136Or un de' suoi, ch'avea nome Cantone,
1.137dopo la fugga del signor de' Gotti
1.138veniami a dir come Sarmento ed ella
1.139volean tener fuggendo un'altra via
1.140per certi colli sopra Monte Malo,
1.141che saria più secreta e più sicura;
1.142e volean ch'io v'andasse in quella notte
1.143per venir seco a la presenzia vostra.
1.144Ma non pervenne a me quella ambasciata,
1.145perché Cantone improvido fu preso
1.146da le scelte de i Gotti, e per salvarsi
1.147gli confessò tutto 'l dissegno nostro:
1.148né però pòte liberar la vita,
1.149anzi fu impreso, ed io fui posto in ceppi
1.150per farmi ardere il dì presente ognuno;
1.151ma poi, deliberando di fuggirsi,
1.152legato mi lascior col fuoco intorno
1.153acciò ch'i' ardesse senz'alcun soccorso.
1.154Così dicea Burgenzo, e Corsamonte
1.155per la pietà de la sua cara sposa
1.156piangea come se fosse una fontana
1.157coppiosa d'acqua che con larga vena
1.158sparga i liquori suoi fuor d'un gran sasso;
1.159poi scender fece Filopisto in terra
1.160del suo destriero, e diedelo a Burgenzo,
1.161e tutti insieme s'aviaro a Roma.
1.162Ma prima che giungessero a la porta
1.163videro un uom tutto affannato in vista:
1.164questi era stato ascosto in un macchione,
1.165secodo che ordinor la sera insieme
1.166Burgenzo ed ello, onde com'ei lo vide
1.167tra quei soldati andar verso le mura
1.168si discoperse, e finse essere a caso
1.169scontrato in loro, ed aver gran timore.
1.170Alor Burgenzo, ch'avea posto a segno
1.171quel tradimento, e gli riusciva a punto,
1.172si volse a Corsamonte e disse: Questi
1.173che voi vedete è un certo mio famiglio
1.174che mi dee recar nuove di Sarmento,
1.175ch'ivi il mandai nel tramontar del sole
1.176prima che si scoprissero i trattati;
1.177ma se volete ch'io lo chiami, penso
1.178che ci saprà narrar dove si truova
1.179Elpidia e 'l campo de la gente gotta.
1.180Si si, disser Mundello e Corsamonte
1.181tutti in un tempo, fate pur, ch'e' venga;
1.182e Burgenzo il chiamò: Vien qua, Doletto;
1.183ed e' fingendo aver molta paura
1.184se n'andò a lui tutto smarito in vista;
1.185poi tutti quattro si tiror da parte
1.186e Burgenzo gli disse in questa forma:
1.187Dì pur, Doletto, via, senza timore
1.188ciò che mi vuoi narrar di Prima Porta,
1.189ch'a questi cavalieri ho detto il tutto,
1.190perch'io gli ho per signori e per fratelli:
1.191ove lasciasti Elpidia,? Ov'è Sarmento?
1.192Ov'è la massa de la gente gotta?
1.193Alor Doletto, instrutto da gli inganni
1.194del perfido Burgenzo, aperse i labbri
1.195e disse: Signor mio, la bella Elpidia
1.196si stava in fondo d'una orribil torre:
1.197ché come fu scoperta la sua fuga
1.198vi fu rinchiusa, e via fuggì Sarmento
1.199per un secreto bucco del castello
1.200che va per sotto i muri in un boschetto,
1.201strada che sola è manifesta a lui,
1.202donde voleano in quella notte uscirsi
1.203se non eran scoperti i lor pensieri.
1.204Io come aggiunsi fui da lui raccolto,
1.205e da la bella Elpidia, con gran festa;
1.206ed aspettando l'ora al dipartirsi
1.207venne la nuova ch'era stato impeso
1.208Cantone e che 'l trattato era scoperto:
1.209onde Sarmento subito chiamommi
1.210e tolti alcuni lumi e certi fuochi
1.211che sempre a suo piacer gli accende e ammorza,
1.212mentre che Elpidia si menava al basso
1.213n'andammo fuor per quel secreto luoco
1.214ed arrivammo in una occulta grotta
1.215ch'era in quel bosco, ed ei rimase quivi
1.216nascosto, e m'ha mandato a ricercarvi;
1.217e priegavi, se siete in libertade,
1.218che vi piaccia venire in quel boschetto
1.219a ritrovarlo la futura notte,
1.220ch'andar faravvi entr'a la chiusa rocca
1.221per quella strada onde noi siamo usciti:
1.222e farà sì che voi potrete quindi
1.223menare Elpidia, e ciò ch'a voi fia grato,
1.224senza tema di noia, o di disturbo.
1.225La massa grande de la gente gotta
1.226debbe esser giunta forse a Castel Nuovo:
1.227e come sia in Otricoli arrivata
1.228manderà a tòrre Elpidia, per condurla
1.229con la sua compagnia dentr'a Ravenna;
1.230e forse fia questa futura notte,
1.231come Sarmento udì con le su' orecchie,
1.232che 'l re mandollo a dire ad Unigasto
1.233poco avanti a la presa di Cantone.
1.234Così disse Doletto, e poscia entraro
1.235per l'Asinaria Porta entr'a le mura;
1.236e quindi andaro a Belisario il grande,
1.237a cui narraron ciò ch'avean veduto
1.238e ciò ch'aveano udito da Burgenzo,
1.239d'indi tornaro a i lor fedeli alberghi;
1.240e Corsamonte volse che Burgenzo
1.241andasse ad alloggiare entr'al su' albergo
1.242per ragionar di Elpidia a suo bell'agio,
1.243e così tutti dui n'andaro insieme.
1.244com'ebber poi mangiato, e coronate
1.245le belle tazze di spumoso vino,
1.246Corsamonte gli disse este parole:
1.247Burgenzo mio gentil, che siete il fonte
1.248de i bellicosi inganni e de i partiti,
1.249pensate un modo di poter avere
1.250la bella principessa di Tarento
1.251prima che sia condotta entr'a Ravenna:
1.252o per la via che detto v'ha Doletto
1.253o con andarla a tuor per forza d'arme
1.254a quei che conduranla al re de' Gotti;
1.255che senza lei non mi par esser vivo
1.256e le fatiche mie son state indarno,
1.257non ricovrando quel che m'è più caro.
1.258Così diss'egli, e poi Burgenzo, allegro
1.259de l'alta occasïon che gli era porta,
1.260dietro a un finto suspir guardollo e disse:
1.261Barone illustre e di suprema forza,
1.262poi che da voi conosco aver la vita,
1.263pronto sarò per voi spenderla ancora,
1.264né mai mi muterò di questa voglia
1.265mentre arò al corpo l'anima congiunta.
1.266Ben prima vi dirò quel ch'a me pare,
1.267e poi sempre farò ciò che vorrete.
1.268Quando un può far senz'arme un suo dissegno,
1.269e senza sangue, dee cercar di farlo:
1.270perché l'ingegno è meglio che la forza,
1.271la quale è da serbar sempre a l'estremo,
1.272e poscia alora arditamente usarla.
1.273Dunque a me par che sia da tentar prima
1.274quel che ha detto Doletto: il che seguendo,
1.275non ci sarà mestier d'altri perigli;
1.276ma se noi gli assalimmo ne la strada
1.277e vorrem torla lor per forza d'arme,
1.278porian per sdegno ucciderla, onde poi
1.279vi recheria nel cuor tanto dolore
1.280che mai più non areste alcun contento.
1.281Dunque fia ben che noi mandiàn Doletto
1.282a ritrovar Sarmento, il qual daracci
1.283la via di liberar questa signora,
1.284ed io v'andrò come si corchi il sole;
1.285e pria ch'esca de l'onde un'altra volta
1.286sarò qui con la donna, o sarò morto:
1.287e s'io non la potrò menar con meco,
1.288non vi mancherà poi tentar con l'arme
1.289di torla fuor di sì spietate mani.
1.290Il parlar di Burgenzo a Corsamonte
1.291non spiacque, e non pensò d'alcuno inganno:
1.292che 'l Re del ciel gli avea la mente ingombra
1.293di tanto amor, che vedea poco lume;
1.294e non si ricordò d'aver già offeso
1.295quel traditor col darli una ceffata
1.296essendo ancor fanciul dentr'a Bisanzo:
1.297che l'uom ch'offende scrive entr'a la polve
1.298l'offesa, e in marmo quel che la riceve;
1.299poi chi si fa temer da molta gente,
1.300è necessario ancor che tema molti:
1.301però devea temer di molti il duca,
1.302ch'era da ognun temuto oltra misura,
1.303ma non lo fece, anzi con molto ardire
1.304disse a Burgenzo: Anch'io ne verrò vosco,
1.305che insieme esequirem meglio il negozio:
1.306mandiam Doletto a dire ora a Sarmento
1.307che noi verrem questa presente sera
1.308a ritrovarlo dentr'a la sua grotta
1.309per andar seco in quella occulta via
1.310e liberar la mia diletta donna
1.311da l'amara prigione in cui si truova.
1.312Alor Burgenzo oltra misura allegro,
1.313che vedea caminar bene il dissegno,
1.314disse: Signor, certo pareami il meglio
1.315che lasciaste a me sol questa fatica;
1.316ma poi che piace a voi d'averne parte,
1.317non voglio oppormi al desiderio vostro,
1.318ché spesse volte l'uom per se medesmo
1.319dà volentieri a i suoi negozi effetto,
1.320massimamente ove interviene amore.
1.321Così disse Burgenzo, e poi si volse
1.322presente Corsamonte al suo famiglio
1.323e disse a lui queste parole tali:
1.324Doletto, or ti bisogna oprar l'ingegno,
1.325ed andar cauto a ritrovar Sarmento:
1.326e digli come qui la cosa è in punto,
1.327e che verrò stanotte a ritrovarlo
1.328con un compagno ch'è il miglior guerriero
1.329e 'l più forte baron ch'Italia alberghi,
1.330il qual m'ha liberato da la morte.
1.331Faccia ancor egli ciò ch'egli ha da fare,
1.332perché possiamo rapportarne quindi
1.333la bella preda a noi tanto gioconda.
1.334Così diss'egli, e lasciò gir Doletto,
1.335ch'era informato ben del tradimento:
1.336il quale andovvi, e poi com'ebbe dette
1.337tutte le cose che doveano farsi
1.338subitamente ritornossi a Roma;
1.339e Corsamonte e 'l perfido Burgenzo
1.340dopo la ritornata di Doletto
1.341si dipartiro, e se n'andaro in Borgo:
1.342e quivi nel gran tempio di San Pietro
1.343posaro alquanto, rimandando in dietro
1.344le lor famiglie a l'onorato albergo.
1.345Ma come vider ch'apparian le stelle
1.346se n'andor tutti tre verso il castello
1.347di Prima Porta a ritrovar Sarmento:
1.348e nel primiero uscir di quel gran tempio
1.349il duca, ch'era pien d'alto pensiero,
1.350diede col piè nel limitare, e cadde
1.351sopra la sepoltura di Calisto,
1.352e poi levossi prestamente ritto
1.353quasi turbato de l'augurio adverso;
1.354ma non stette però che non salisse
1.355sopra il destriero, e non andasse al luoco
1.356ch'esser dovea cagion de la sua morte.
1.357Così dietro a i vestigi di Doletto
1.358in brieve tempo giunsero a la grotta
1.359ove facea dimora il mal Sarmento:
1.360il qual, come gli vide entr'a la bucca,
1.361fece molta allegrezza con Burgenzo
1.362col cuore, ma co i gesti e con la lingua
1.363molto onorava il generoso duca,
1.364dicendo: Veramente, alto signore,
1.365sempre son stato admiratore e servo
1.366de la vostra rarissima virtute:
1.367la quale, insieme col favor del cielo,
1.368ha fatto e sempre fa cose mirande;
1.369ed ora Iddio v'ha qui condotto a tempo
1.370per tuor di prigionia la donna vostra;
1.371che se non venivate, in poco d'ora
1.372il re facea menarla entr'a Ravenna,
1.373com'ella ora m'ha scritto, e ancor mi priega
1.374ch'io lo faccia sapere a vostra altezza
1.375e ch'io vi chieggia da sua parte aiuto.
1.376Al fin de le parole il mal Sarmento
1.377mostrò una lettra falsa, che parea
1.378di man d'Elpidia che scrivesse questo:
1.379onde 'l gran duca, stimulato molto
1.380da l'amore e da l'ira e dal sapere
1.381che non mancava a lui virtù né forza,
1.382rodeasi dentro, e disse: Andiamo, andiamo
1.383a trar questa meschina fuor di pene.
1.384Alor Sarmento, preparato avendo
1.385e lumi e fuochi, cominciò la strada;
1.386e Corsamonte dismontato a piedi
1.387lasciò il cavallo e l'armi in quella grotta
1.388a guardia di Doletto, e portò seco
1.389la spada sola e la celada e 'l scudo,
1.390ché non pensava aver bisogno d'arme,
1.391perciò che posta avea tutta la speme
1.392di liberar la sua diletta sposa
1.393ne le promesse false di Burgenzo:
1.394ma chi spera aver ben da chi gli è stato
1.395nimico espresso, ha debole il consiglio.
1.396Come Doletto ch'era ivi rimaso
1.397vide i baroni in quella occulta via,
1.398andò per l'altra parte entr'al castello;
1.399e giunto in esso, pose in su le mura
1.400una facella accesa, per signale
1.401che si movesser prestamente i Gotti
1.402perciò che Corsamonte era in quel luoco.
1.403Ma come il duca per l'occulta via
1.404insieme con Burgenzo e con Sarmento
1.405si ritrovor vicini a quella torre
1.406ov'era chiusa Elpidia, uscir del buco:
1.407e mentre che Sarmento ad una guarda
1.408de la prigion dicea che aprisse tosto,
1.409ed ella pur tenea la cosa in lungo
1.410fingendo non saper trovar le chiavi
1.411giunsero i Gotti dentro a quel castello
1.412con gran furore e con cridori immensi,
1.413ch'erano stati aperti da Doletto.
1.414Alor s'accorse il duca esser tradito,
1.415e volsesi a Sarmento irato, e disse:
1.416Ahi, falso traditor, tu m'hai pur colto
1.417come si colge il lupo entr'a la fossa:
1.418e dielli un pugno tale in una tempia
1.419che franse l'osso e ruppeli il cervello,
1.420e lo distese morto in su 'l terreno;
1.421poi si volse per dare anco a Burgenzo,
1.422ma non lo vide, che 'l ribaldo cauto
1.423restò nel buco, e chiuse ivi la porta.
1.424In questo aggiunse il duca di Vicenza
1.425con trentamillia Gotti in un squadrone:
1.426questi era a piè con gli altri, che i cavalli
1.427avean lasciati ognun fuor de la porta
1.428et andò contra Corsamonte e disse:
1.429Tu sarai colto pur a questa volta,
1.430acerbo cane, e non potrai fuggire.
1.431E detto questo, lasciò gire un'asta
1.432possente e grossa, e colselo nel scudo,
1.433tal che l'acerbo e impetüoso ferro
1.434di quella, gli passò sei grosse piastre
1.435di fino acciale che 'l copriano tutto,
1.436e poscia ne la settima si tenne.
1.437Ma Corsamonte intrepido e virile
1.438torse quell'asta con la mano, ed ella
1.439ruppe la punta sua presso a l'acciale
1.440primo, dov'era sculto il gran leone
1.441che quel baron portava per insegna;
1.442né perché fosse rotta la sua punta
1.443lasciò di trarla anch'ei verso il nimico
1.444che lanciata l'avea dentr'al suo scudo,
1.445ma non l'accolse, che saltò da un lato
1.446e si schermì; ben colse Spinabello,
1.447figliuol di Sergio conte di Valdagno,
1.448ch'era ivi appresso in mezzo de la fronte:
1.449e così senza punta franse l'osso
1.450del capo e penetrò fin al cervello,
1.451onde cadeo disteso in terra morto.
1.452Il che vedendo Marzio ebbe paura,
1.453e 'n dietro si tirò tra le sue genti,
1.454e poi cridava con orribil voce:
1.455Fatevi inanzi o generosi Gotti,
1.456ora che avemo il lupo entr'a la cava:
1.457non vi smarrite, no, per li soi colpi,
1.458che non possono aver lunga durata;
1.459né risparmiate saettami e lancie,
1.460ché tosto morto il vederete in terra.
1.461Così cridava Marzio, onde volaro
1.462infinite saette entr'al gran scudo
1.463di Corsamonte, ed e' volgeasi intorno:
1.464e presa avendo in man l'orribil spada
1.465la facea sfavillar per ogni parte;
1.466e ferì Sulimano in una tempia
1.467figliuol di Gallio conte di Asigliaco,
1.468e lo mandò disteso in su 'l terreno.
1.469Uccise poi Griffaldo e Galabronte,
1.470ch'eran figliuoi di Durlo e Crispatora:
1.471prima a Griffaldo trappassò la pancia,
1.472a Galabronte poi partì la testa,
1.473che gli caddeo su l'una e l'altra spalla;
1.474onde vedendo quelli orribil colpi
1.475tutta si ritirò la gente gotta,
1.476e 'l duca Marzio ancor rimase avanti:
1.477e vedendosi quivi alzò la spada,
1.478ché la necessità lo fece ardito,
1.479e menò su la testa a Corsamonte;
1.480e se non era l'ottima celada
1.481e la maniglia de la buona Areta
1.482lo mandava in due parti sul sabbione,
1.483ma quelle due diffese lo salvaro.
1.484Poi Corsamonte a lui tirò una punta,
1.485e colsel proprio sotto 'l destro fianco;
1.486e senza dubbio lo mandava a morte,
1.487s'egli non si schermìa, tal che sospinse
1.488di sbrisso il ferro e andò tra carne e pelle:
1.489pur il sangue gli uscì fuor de la piaga.
1.490Ma quando Marzio si sentì ferito
1.491e vide il sangue suo cadere in terra,
1.492si tenne morto senz'alcun rimedio:
1.493e per disperazion fatto sicuro
1.494alzò con ambe man l'acuta spada
1.495e diede a Corsamonte su la testa
1.496un fiero colpo, e con sì gran furore,
1.497che quasi lo mandò stordito al piano.
1.498E Corsamonte alora empìo 'l suo petto
1.499tanto di sdegno e di vergogna e d'ira,
1.500che raddoppiaro in lui tutte le forze:
1.501onde prese ancor ei la spada orrenda
1.502con ambe due le sue possenti mani;
1.503e diede a Marzio su la spalla manca
1.504il maggior colpochemai fosse udito,
1.505e 'l petto gli partì, la schena e 'l busto,
1.506e gli uscì fuori appresso il destro fianco
1.507e 'n due pezzi il mandò sopra l'arena,
1.508che ciascun d'essi avea una man e un braccio,
1.509e l'un tenea la spada e l'altro il scudo:
1.510così quel duca ebbe spietata morte
1.511per man de l'animoso Corsamonte.
1.512E come il lupo che in un chiuso ovile
1.513per arte del pastor si truova colto,
1.514e i giovinetti pastorelli e i cani
1.515gli sono intorno per mandarlo a morte
1.516ed e' s'aiuta con l'acuto dente:
1.517poi quando afferra un cane entr'a la gola
1.518e sanguinoso lo distende a terra
1.519fuggono i pastorei fuggono i cani
1.520per la paura de l'orribil fiera;
1.521così tutta fuggìa la gente gotta
1.522per la paura del possente duca
1.523che 'n dui pezzi mandò il nimico al piano.
1.524E dopo questo quel barone audace
1.525si messe dietro a la fugace gente:
1.526e tanti n'uccidea con l'empio brando
1.527ch'altro non si vedea che morti e sangue;
1.528e certamente tutti erano uccisi,
1.529se non giungeva Totila e Bisandro
1.530e Teio ed Asinario e Rodorico
1.531col secondo squadrone a darli aiuto:
1.532questi venian cridando: Morte, morte
1.533al nimico crudel ch'è chiuso in gabbia;
1.534e così entraro dentro a la gran rocca
1.535con quelli orrendi e paventosi gridi.
1.536Ma Corsamonte non si mosse nulla,
1.537ché nel suo cuor non entrò mai paura,
1.538e si cacciò tra lor col brando in mano;
1.539e 'l primo che ferì fu Squarciaferro,
1.540signor di Campo Lungo e San Germano;
1.541poscia uccise Rondon, Pilasso e Targo:
1.542Rondon nel collo e Targo ne la tempia
1.543ferìte, e 'l fier Pilasso ne la pancia;
1.544e sbaragliava ancor quest'altra schiera,
1.545se 'l re de' Gotti e 'l resto de la gente
1.546non fussero saliti in su le mura
1.547da la parte di fuor con molte scale,
1.548lasciando a basso guastatori e fabri
1.549circa le torri con liviere e picchi
1.550per ruinarle addosso a Corsamonte:
1.551e questo fece il re perché Burgenzo
1.552detto gli avea che 'l duca ha una maniglia
1.553ch'a Gnatia gli donò la buona Areta,
1.554ch'esser non può né punto né ferito;
1.555però bisogna over gettarli addosso
1.556qualche gran torre, over fiaccarlo in modo
1.557che per stanchezza sia condutto a morte:
1.558e questo parve a lui consiglio eletto,
1.559perch'era più sicuro il star lontano
1.560e ferir quel baron, che andarli appresso.
1.561Onde fece salir la terza schiera
1.562sopra le mura al lume de la luna
1.563che rilucea come se fosse giorno,
1.564e lasciò a basso i guastatori e i fabri
1.565con ferri a scalpellar circa le torri.
1.566Poi ne la piaccia Totila e Bisandro
1.567e Teio e gli altri principi de i Gotti
1.568erano intorno al glorïoso duca
1.569con spade e lance e con orribil sassi;
1.570ed e' si stava intrepido, e col scudo
1.571si diffendeva e col tagliente brando:
1.572col quale uccise il giovane Gradarco,
1.573ch'era fratel di Totila bastardo,
1.574figliol di Serpentano e di Armerina,
1.575d'Armerina gentil, che ascostamente
1.576lo parturì nel bosco del Montello
1.577per tema di Altamonda, ch'era madre
1.578di Totila e moglier di Serpentano;
1.579ma non schiffò però l'odio e 'l furore
1.580di quella donna, che com'ebbe inteso
1.581il parto di costei fece annegarla
1.582nel fiume impetüoso de la Piave:
1.583e 'l fanciullin di lei fu poi nutrito
1.584da certe pastorelle in quella selva,
1.585e cresciuto di forza e di bellezza
1.586venne a Trivigi a ritrovare il padre
1.587e Totila suo frate, che l'accolse
1.588con gran diletto e poi menollo a Roma;
1.589e quindi era con lui: ma troppo inanzi
1.590si spinse, onde 'l feroce Corsamonte
1.591con la sua spada gli traffisse il petto
1.592e morto lo mandò sopra la piaccia.
1.593Il che vedendo ognun stava lontano,
1.594facendo guerra con le lance e i sassi
1.595più volentieri assai che con le spade;
1.596e Corsamonte col suo scudo in braccio
1.597sostenea tutto il stuol, come un cingiale
1.598ch'abbia d'intorno cacciatori e cani
1.599con spiedi e dardi: ed e' si volge e freme
1.600col pelo irsuto e col feroce dente;
1.601tal che non osa alcuno andarli appresso,
1.602perché qualunque a lui si fa vicino
1.603non si diparte senza sparger sangue;
1.604così faceano i principi de i Gotti
1.605ch'erano a basso intorno a Corsamonte.
1.606Ma quei ch'eran saliti su le mura
1.607gettavan tante lance e tanti sassi
1.608sopra il baron che combatteva in piazza,
1.609ch'era cosa incredibile a vederla:
1.610né mai fioccò da ciel sì spessa neve
1.611nel freddo tempo de l'algente bruma,
1.612né sì spessa gragnuola a i giorni estivi
1.613tempestò mai su le terrene piante,
1.614come spesse cadean le dure pietre
1.615e l'aste forti e i penetranti dardi
1.616sopra il gran scudo del possente duca,
1.617tal che facealo alcuna volta andare
1.618a mal suo grado col genocchio in terra:
1.619ma non possendo riparare a un tempo
1.620col scudo a quei di sotto e a quei di sopra,
1.621si trasse in dietro al piè d'un'alta torre
1.622ch'era posta in un canto de la piaccia,
1.623coperta d'un gran vòlto, e da le spalle
1.624del muro de la rocca era difesa
1.625e sol davanti avea la strada aperta.
1.626Quivi firmossi l'animoso duca
1.627fecend' un'incredibile difesa;
1.628e parea proprio un scoglio avanti un porto
1.629che da l'onde del mar tutto è percosso
1.630con estremo rumor d'orribil vento:
1.631et ei sta saldo, e col suo starsi immoto
1.632frange e disperde ciò, che a lui s'appressa;
1.633così parea quel Corsamonte audace
1.634e ben da tutto il stuol s'aria difeso
1.635se quei ch'eran di fuor co i picchi in mano,
1.636e che più di quattr'ore avean piccato
1.637intorno ai fondamenti de la torre,
1.638non la facean cader sopra il suo capo;
1.639e nel cader che fece ancora accolse
1.640Turbone e Baricardo a Fuligante,
1.641dui cugini di Teio, un di Bisandro,
1.642con più di novecento altre persone:
1.643ma questo parve nulla al re de' Gotti,
1.644poi che 'l suo gran nimico era sott'essa.
1.645Le genti, come vider quella torre
1.646caduta sopra l'animoso duca,
1.647mandarono un cridor fin a le stelle:
1.648e così morto fu quel gran guerriero
1.649con danno estremo de l'Italia afflitta.
1.650Poi non fu Gotto alcun che non pigliasse
1.651legnami o sassi e no i gettasse sopra
1.652la gran ruina e le cadute pietre:
1.653quasi temendo ancor che quindi uscisse
1.654e tutti quanti gli mandasse a morte;
1.655così gettando ognun materia molta
1.656crebbe su quella piazzia un alto monte,
1.657non minor del Testaccio, e non men grave
1.658di quel che 'l grande Encelado ricuopre.
1.659Il Re del cielo, a cui dispiacque e dolve
1.660la morte d'un tant'uom, ma consentilla
1.661per non si contraporre al suo destino,
1.662chiamò l'angelo Erminio, e così disse:
1.663Diletto e fido messaggier del cielo,
1.664tu vedi il grave ed immaturo fine
1.665del più forte guerrier che fusse in terra:
1.666vestiti l'ale, e va volando a Roma
1.667e narra al capitanio de le genti
1.668che 'l buon duca di Scitia è in gran periglio
1.669di lasciarli la vita; e digli appresso
1.670la causa de l'orribil sua sciagura:
1.671ma non gli dir però che sia caduta
1.672la torre addosso lui, né che sia morto
1.673acciò che vada tosto a darli aiuto.
1.674L'angel di Dio, dopo il divin precetto,
1.675aggiunse l'ali a sue veloci piante:
1.676e venne giuso come fa il baleno
1.677che ne la notte limpida scintilla
1.678e nunzia che sarà sereno e caldo;
1.679poi presa la sembianza d'Orsicino
1.680andò dov'era il capitanio, e disse:
1.681Illustre capitan, gloria del mondo,
1.682io stava in guardia a la Flaminia Porta,
1.683e questa notte in l'ora de le squille
1.684venne a trovarmi un uom di tal presenza
1.685ch'un de' messi parea del paradiso;
1.686e mi disse: Orsicin, vattene tosto
1.687al vicimperador de l'occidente
1.688e digli come il forte Corsamonte
1.689stato è rinchiuso dentro dal castello
1.690di Prima Porta, e tutto il campo gotto
1.691v'è posto intorno per mandarlo a morte;
1.692e quivi fu condotto da Burgenzo
1.693con arte e con promessa di trar quindi
1.694la bella Elpidia, e di condurla a Roma.
1.695Digli che vada tosto a darli aiuto,
1.696ché questo è il dì che caccieranno i Gotti
1.697con gran ruina lor dentr'a Ravenna.
1.698Così da parte di quel messo eterno
1.699vi dico, e parimente ancor v'essorto,
1.700ch'andiate prestamente a darli aiuto.
1.701E detto questo, via sparì come ombra:
1.702onde 'l gran capitanio ben conobbe
1.703ch'egli era un messaggier del paradiso:
1.704e senza indugio alcun levossi in piedi
1.705e ratto si vestì di panni e d'arme;
1.706poi quell'angel di Dio con gran prestezza
1.707sotto la forma di Carterio araldo
1.708se n'andò a risvegliar tutta la gente;
1.709e trovò prima l'onorato Achille,
1.710che come intese la spietata nuova
1.711di Corsamonte, e 'l suo periglio estremo
1.712senza curar d'alcun futuro male,
1.713perché non era salda ancor la piaga
1.714ch'Ablavio diede a lui sotto 'l costato,
1.715che fu più perigliosa che non parve,
1.716levossi, e si vestì di lucid'arme
1.717e ratto s'avviò verso la corte.
1.718Quivi trovò che Belisario armato
1.719sopra Valarco volea gire al campo,
1.720e le schiere venian con molta fretta,
1.721ch'eran solicitate da gli araldi.
1.722Al giunger di costui si rallegraro
1.723alquanto in vista le adunate genti
1.724come Elitropia a l'apparir del sole;
1.725et e' disse al capitanio eccelso:
1.726Illustre capitanio de le genti,
1.727andiamo a dare aiuto a Corsamonte:
1.728et andiam tosto, che 'l soccorso lento
1.729suol giovar poco e poca grazia acquista.
1.730E così detto, tutti s'avviaro
1.731verso il castel al lume de la luna:
1.732e come furo appresso a la gran rocca
1.733trovar Burgenzo insieme con Doletto,
1.734i quai, dapoi che fu sepulto il duca
1.735da la ruina di quell'alta torre,
1.736ritornaro a la grotta di Sarmento
1.737per prendere il caval di Corsamonte
1.738e per donarlo a l'empio re de' Gotti;
1.739e seco aveano a man quel buon corsiero,
1.740perché non volse alcun di loro in sella.
1.741Ma come s'incontraro in quella gente
1.742ch'avea condotta Belisario il grande,
1.743si smarrir tutti, e si volean fuggire:
1.744pur presero ardimento, e se n'andaro
1.745al capitanio lagrimosi in vista,
1.746e Burgenzo gli disse in questa forma:
1.747Illustre capitanio de le genti,
1.748assai mi duol de l'immatura morte
1.749di Corsamonte e del suo caso acerbo:
1.750Dio sa ch'io non volea menarlo meco
1.751in quel periglio, ed e' venir vi volse
1.752spinto d'amore e da soverchio ardire;
1.753ma chi si fida troppo ne la forza
1.754è spesso vinto da l'altrui consiglio.
1.755Così disse Burgenzo; e quel signore
1.756che per bocca de l'angelo sapeva
1.757il tradimento fatto, e non la morte
1.758di Corsamonte, anzi l'avea per vivo,
1.759come udì quella ebbe dolore immenso
1.760e fecesi narrar tutta la cosa:
1.761ed e' glie la narrò, dicendo spesso
1.762che questo fatto fu senza sua colpa.
1.763Com'ei si tacque, il capitanio eccelso
1.764guardollo torto, e con favella acerba
1.765gli disse: Ah traditor, tu l'hai condotto
1.766in quella rocca con fallaci inganni
1.767e sei stato cagion del suo morire:
1.768ma non lo vuo' lasciar senza vendetta;
1.769e subito ordinò che fusser presi
1.770Doletto e lui, poi gli mandò legati
1.771sotto la guardia di Traiano a Roma.
1.772Achille, come udì l'acerba morte
1.773di Corsamonte, suo perfetto amico
1.774ch'era amato da lui più che se stesso,
1.775con le man gravi si percosse il capo
1.776e poi gemendo e lacrimando molto
1.777si lamentava esser rimaso in vita,
1.778e che 'l crudele Ablavio non l'uccise:
1.779onde per consolarlo il buon Lucillo,
1.780che tema avea che non si desse morte,
1.781per man lo prese, e lagrimava seco.
1.782Lagrimava con lui Sertorio e Ciro,
1.783Bessagno e Magno e molti altri baroni
1.784per l'empia morte de l'eccelso duca;
1.785né finito saria quel duro pianto
1.786se 'l capitanio eccelso de le genti
1.787non gli dicea queste parole tali:
1.788Non consumate lagrimando il tempo,
1.789baroni illustri e cavalieri eletti:
1.790ma ognun di voi ch'amava Corsamonte
1.791s'adopri a far di lui chiara vendetta,
1.792che più grata le fia che doglie e pianti:
1.793ché la vendetta è il pianto de i guerrieri,
1.794né mai sta bene a gli uomini robusti
1.795il lacrimar come fanciulli o donne.
1.796Così parlò quel capitanio eccelso;
1.797e poi fece ordinar le ardite schiere
1.798ed assalì con molta furia i Gotti
1.799ch'erano intenti ad atterrar le torri
1.800e a gettar pietre in sul barone estinto:
1.801onde in poc'ora tutti gli disperse,
1.802perché da la vigilia de la notte
1.803e da la tema del ferir del duca
1.804e dal piacer ch'avean de la sua morte
1.805erano tutti affaticati e stanchi.
1.806Or chi vedesse Achille avanti gli altri
1.807e Mundello e Bessan, Lucillo e Ciro
1.808urtare in essi, e far del sangue loro
1.809vermiglio il prato, ed inalzarsi il fiume,
1.810dirìa che non fu mai simil macello.
1.811L'ardito Ciro uccise Sacripardo,
1.812fratel cugin del principe Bisandro:
1.813questi era il più superbo e 'l più arrogante
1.814baron de l'Istria, e combattea con tutti
1.815que' suoi vicini senza alcun vantaggio;
1.816questi percosso fu da l'asta fiera
1.817del conte Ciro, e fu mandato a morte,
1.818che 'l petto gli passò fin a le spalle:
1.819tal che desiderò d'aver avuto
1.820vantaggio d'arme e di destrier gagliardo
1.821per uscir da le man di quel barone,
1.822a cui non era equal se non di grado,
1.823che fu ancor egli conte di Trieste.
1.824Achille uccise Folco e Marcolisto,
1.825Tarpone e Bilingaro e Garimbaldo
1.826l'un dopo l'altro con diversi colpi:
1.827Folco ferì nel petto e Marcolisto
1.828in fronte, e poi Tarpone e Bilingaro
1.829l'un nel belico e l'altro ne la pancia,
1.830e Garimbaldo nel sinistro fianco.
1.831Mundello uccise Oveno ed Origillo,
1.832Bessano Alfardo, e 'l bel Lucillo Orsaldo;
1.833e Magno uccise Urante, e 'l capitano
1.834ne mandò tre con la sua lancia a morte,
1.835Aridarco e Grancone ed Orïonte,
1.836Orïonte crudel, ch'avea le membra
1.837come un gigante e 'l cuor come un leone:
1.838ma l'une e l'altro a lui dièr poco aiuto,
1.839che Belisario gli passò la gola
1.840e lo distese morto in su 'l terreno.
1.841Alor si messe totalmente in fuga
1.842la gente gotta, e ognun di lor fuggìa
1.843chi qua chi là verso i vicini colli.
1.844Il re s'era fuggito al primo assalto
1.845sopra un suo corridor verso i Veienti;
1.846e Totila fuggì verso Rignano,
1.847Bisandro a Castel Nuovo e Rodorico
1.848a Monte Rosio ed Unigasto a Sutri,
1.849Teio a Baccano; e fuvvi alcun di loro
1.850che correndo n'andò fino a Viterbo:
1.851ma seguitati un pezzo da i Romani
1.852tanti ne fur feriti, e tanti uccisi,
1.853ch'era coperta la campagna tutta
1.854di cavai morti e d'uomini e di sangue.
1.855Alora il capitanio de le genti
1.856fece sonar ricolta, e poscia disse
1.857a la ridotta gente este parole:
1.858Signori eletti a liberare il mondo,
1.859or che fuggita s'è la gente gotta
1.860con tanta occisïone e tanto sangue
1.861quanto spargesser mai fuor de i lor petti,
1.862fia ben che noi si ritorniamo in Roma
1.863acciò che tosto andiam verso Ravenna:
1.864che per la rotta acerba c'hanno avuta
1.865e per la fuga lor molto dispersa
1.866non riduransi agevolmente insieme;
1.867e noi sì tosto gli saremo addosso
1.868che tempo non aran da far diffesa:
1.869perché dopo le rotte de i nimici
1.870chi vuole aver di lor vittoria a pieno
1.871non gli dia spazio mai da ristorarsi.
1.872Sarà poi ben che resti il conte Ciro
1.873con le sue genti, e faccia trarre il corpo
1.874di Corsamonte fuor de le ruine
1.875e con Elpidia lo conduchi a Roma,
1.876ch'ivi farènli i meritati onori:
1.877ed ivi ordinerem la nostra andata
1.878con diligenza e con prestezza immensa.
1.879Così diss'egli, e subito partissi
1.880e rimenò tutta la gente in Roma,
1.881da quella in fuor ch'ivi lasciò con Ciro.
1.882Ma Ciro che rimase entr'a la rocca
1.883fece cavar di sotto a quelle pietre
1.884il morto Corsamonte, e poi lavarlo
1.885e rinvestirlo de le lucid'arme
1.886per farlo indi portar da i suoi soldati
1.887a sepelir ne la città di Roma.
1.888Ma l'onorata Elpidia, ch'era chiusa
1.889ne l'alta rocca, udendo il gran rumore
1.890che si faccea la notte in su la piazza,
1.891avea dentr'al suo petto aspro cordoglio;
1.892poi dicea nel suo cuor: Di che pavento,
1.893meschina me? Me meschina, ch'io mi truovo
1.894nel peggior stato che mai fosse al mondo,
1.895né cosa aver poss'io che non sia meglio.
1.896Se Corsamonte fosse in queste parti
1.897arei giusta cagion d'aver timore
1.898de la sua vita, a me più di me cara.
1.899Or ei, sì come credo, si ritruova
1.900in luogo assai lontan da questa rocca,
1.901tal che non può sapere i miei tormenti,
1.902ché sarebbe venuto a darmi aiuto:
1.903ma pur mi trema il cuor, né so la causa.
1.904Così fra sé dicea la bella donna;
1.905ma come poi co 'l dì s'aperse l'uscio
1.906de la gran torre per le man di Ciro,
1.907ch'e' v'entrò dentro, e disse este parole:
1.908Illustre principessa di Tarento,
1.909uscite omai de la prigione amara,
1.910venite meco a la città di Roma:
1.911ché Corsamonte mio fratel cugino
1.912v'ha posto in libertà con la sua morte.
1.913Così le disse Ciro, ed ella tosto
1.914udendo quella asperrima novella
1.915come una inspirata corse fuori
1.916di quella prigionia col cuor traffitto
1.917per veder s'era ver che fosse estinto
1.918il suo diletto et onorato duca:
1.919ma come vide Corsamonte morto
1.920nel cataletto in mezzo a' suoi soldati,
1.921cadde a riverso trammortita in terra;
1.922e le donzelle sue, che gli eran dietro,
1.923la raccolsero in braccio, e tutte intorno
1.924stavano a lei con lacrimosa fronte.
1.925Ed ella, poi che ritornolli il spirto,
1.926dimandò a Ciro come era venuto
1.927il duca in quel castello, e chi l'uccise,
1.928e Ciro le narrò tutta la cosa:
1.929onde l'afflitta e sconsolata donna
1.930con le man bianche si percosse il petto
1.931e i capei d'oro si traea di testa;
1.932e poi piangendo e suspirando disse:
1.933Qual donna al mondo ha più contraria sorte
1.934di me, che solamente al mondo nacqui
1.935per segno over bersaglio a la fortuna?
1.936Il padre mio fu da Teodato ucciso
1.937a tradimento con orribil modo;
1.938e la mia madre poi, vedendo il teschio
1.939di suo marito, cadde in terra morta:
1.940ond'io dolente ed orfana rimasa
1.941nel mezzo de le forze de i nimici
1.942venni a Brandizio a Belisario il grande
1.943per dimandarli in questi affanni aiuto;
1.944ed e' mi diè per moglie a Corsamonte
1.945duca di Scitia, uom di valore immenso,
1.946ch'avea Tebaldo di sua man occiso
1.947e fatta la vendetta di mio padre:
1.948ond'io sperava che costui dovesse
1.949esser la mia diffesa e 'l mio contento.
1.950Poi mentre ch'io venia per far le nozze
1.951a Roma, presa fui da Turrismondo
1.952e posta in questa asperrima prigione,
1.953che Dio volesse alor ch'io fosse estinta:
1.954poscia il gran duca per cavarmi quindi
1.955è stato ucciso anch'ei da gli empi Gotti
1.956per l'empio tradimento di Burgenzo.
1.957Ed io pur vivo e fra miserie tante
1.958ancora ardisco di guardare il sole?
1.959O come è ver che non è mal sì grave
1.960che nol sopporti la natura umana!
1.961Ma se la sorte mia non vorrà trarmi
1.962di vita, spero di trovare un modo
1.963da non veder mai più luce del sole.
1.964Così dicea quella dolente donna,
1.965con sì gravi sospiri e tai lamenti
1.966ch'arian mosso a pietà le piante e i marmi;
1.967dapoi salita sopra un palafreno
1.968che fece darli l'onorato Ciro
1.969con le donzelle sue colme di pianto
1.970accompagnaro il corpo entr'a la terra.
1.971E Ciro ancor con l'altra gente d'arme
1.972gli andavan dietro, e con suspiri amari
1.973fondean da gli occhi lor lacrime calde.
1.974Ma quando furo a la Flaminia Porta
1.975trovaron tutti i chierici di Roma
1.976che stavan quivi con doppieri accesi
1.977ad aspettarlo, e poi gli andaro avanti
1.978cantando salmi in lamentevol notte:
1.979e dopo questi andaro a cique a cinque
1.980tutta la legïon ch'avea in governo
1.981con le bandiere lor tratte per terra;
1.982e dietro a quei stendardi andava un paggio
1.983il qual menava il suo cavallo Ircano
1.984poco avanti al ferètro, tanto mesto
1.985che parea lagrimare il suo signore;
1.986e 'l vice imperador dietro al feretro
1.987con tutti gli altri principi romani
1.988vestiti a bruno e lacrimosi e mesti
1.989accompagnaro quel baron defonto
1.990al loco eletto per lo suo sepulcro.
1.991Poi non fu alcun del gran popol di Roma
1.992né giovane né femina né vecchio
1.993che non si ritrovasse ad onorarlo
1.994e non piangesse la sua dura morte.
1.995Così con quel bel ordine n'andaro
1.996fino a la chiesa u' fu deposto il corpo
1.997con tanti torchi e luminari intorno
1.998che parea tutta quanta arder di fiamme.
1.999Quivi la bella Elpidia e le sue donne
1.1000taglior piangendo le lor chiome bionde
1.1001e le gettòr sopra il barone estinto;
1.1002ma prima Elpidia disse este parole:
1.1003Signor, pigliate le infelici chiome
1.1004di quella che doveva esservi sposa,
1.1005se ben unqua da voi non fu veduta
1.1006se non presso a Brandizio una sol volta:
1.1007la cui vista crudel v'ha date molte
1.1008fatiche, e ne la fin mandovvi a morte
1.1009senza sua colpa, ond'ella per dolore
1.1010non vuol mai più veder luce del sole.
1.1011Così dicendo e lacrimando insieme
1.1012pose le chiome d'or dentr'a le mani
1.1013solute e molli de l'estinto duca,
1.1014che mosse in quei baron dirotto pianto:
1.1015ma più d'ogni altro l'onorato Achille
1.1016piangea con voci dolorose ed alte,
1.1017che facea lacrimar tutta la gente.
1.1018Poi ne la piazza ch'è 'nanzi a la chiesa
1.1019s'apparecchiava una superba tomba
1.1020di finissimi marmi; e dentro a quella
1.1021dopo la mesta orazïon funèbre
1.1022ne la qual dottamente il buon Terpandro
1.1023narrò tutte le laudi del defunto
1.1024e dietro al canto de i divoti preti
1.1025vi fu rinchiuso l'onorato corpo
1.1026con molte spoglie glorïose intorno
1.1027che acquistò già ne le battaglie orrende.
1.1028Poi tutti i gesti suoi furon descritti
1.1029entro a quei bianchi e ben politi marmi
1.1030con lettre d'oro e con parole elette.
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