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1.1Molte parole fur molti bisbigli
1.2tra gli onorati principi romani
1.3sopra il disfido del feroce Argalto
1.4e la risposta del cortese Achille:
1.5a chi parea che fosse cosa giusta
1.6che tutte l'arme lor fussero equali,
1.7chi giudicava molto esser dispare
1.8il premio ancor de la vittoria loro,
1.9a porre una città per una donna;
1.10ed altri poi volean farsi una cosa
1.11in quel duello, altri voleano un'altra.
1.12Ben comendaron tutti la risposta
1.13de 'l forte Achille, e molti volean darli
1.14arme sicure, ed insegnarli colpi
1.15da riportarne la vittoria certa.
1.16Al fin gli disse il buon conte d'Isaura:
1.17Figliuolo, io vi ricordo che cerchiate
1.18d'avere ogni avantaggio in quel duello,
1.19e non lasciarli a l'aversario vostro:
1.20che chi lascia avantaggi al suo nimico
1.21non guarda con dritt'occhio a la vittoria.
1.22Così disse il buon vecchio al forte Achille;
1.23ma sapend'ei la sua destrezza e forza,
1.24e conoscendo ancor come avea l'arte
1.25perfetta del schermire e de la lotta,
1.26s'avea tra sé firmato in mezz'al cuore
1.27un alto e superbissimo dissegno,
1.28di combatter con lui senz'alcun'arme:
1.29ma non ardiva a dir di ciò parola,
1.30perché nol disturbassero i baroni;
1.31e stava in mezzo a lor come una quercia
1.32ch'ha le radici altissime e profonde,
1.33che, perché sia percossa e quinci e quindi
1.34da fieri venti, inchina ben le foglie,
1.35ma non piega però l'annoso tronco;
1.36tale avea Achille il suo pensier nel petto,
1.37e se parea con le parole alquanto
1.38d'assentire al voler di quei signori,
1.39non movea punto l'alto suo dissegno.
1.40E dopo questo, il capitanio eccelso
1.41sciolse il consiglio, e tutti quei baroni
1.42se ne tornaro a i lor diletti alberghi:
1.43ben restar fece Corsamonte a pranso
1.44e 'l vecchio Paulo, con Achille e Magno
1.45e Bessano e Mundel, Traiano e Ciro.
1.46Ma come ebber mangiato, e coronate
1.47spesso le tazze di spumoso vino,
1.48si dipartiro anch'essi, e se n'andaro
1.49chi qua chi là ne i loro altri negozi.
1.50Poi quando sparse il figlio di Latona
1.51l'altra luce del dì sopra la terra,
1.52s'udiron risonar tamburi e trombe
1.53per quelle strade, e poi cavalli e fanti
1.54si vedean ire a ritrovare i capi
1.55per adunarsi prima in Campo Marzo,
1.56e poscia andare insieme a la campagna:
1.57ma come giunse il capitanio eccelso
1.58con molti suoi baroni in quelle schiere
1.59tolsero Achille in mezzo, e se n'andaro
1.60con la falange instrutta al gran duello.
1.61Da l'altra parte venne il re de' Gotti
1.62con Turrismondo e con Argalto a lato,
1.63ed avea dietro Totila e Bisandro
1.64con tutta l'altra sua fiorita gente.
1.65E quando fur tra lor tanto vicini
1.66quanto che un sasso si trarrìa con mano,
1.67il capitan mandò Traiano e Paulo
1.68a confirmar col re tutti quei patti
1.69ch'avea proposti Rubicone in Roma,
1.70e che fur scritti in quello almo consesso.
1.71Alora il re, sendo presente ognuno,
1.72gli lesse e poi giurò di mantenerli
1.73sopra la carta che gli diero avanti;
1.74e parimente il capitanio eccelso
1.75giurò da l'altra parte di servarli
1.76ad Unigasto, che mandaro i Gotti.
1.77Giuraro ancora Argalto e 'l forte Achille
1.78e tutti gli altri principi e baroni:
1.79e dopo questo se n'andaro insieme
1.80Traiano e Turrismondo a misurarli
1.81un steccato nel mezzo in forma d'uovo;
1.82e da ciascun de i capi vi piantaro
1.83un padiglione, e poi tiror le sorti,
1.84in qual ciascun di lor dovesse armarsi:
1.85ad Achille toccò la banda destra
1.86ed al feroce Argalto la sinistra,
1.87ove subitamente se n'antraro
1.88soli, che Achil non volse alcun patrino
1.89perché non gli sturbasse il suo dissegno;
1.90anzi vi fé portar la lancia e 'l scudo
1.91e la celada e le sue solite armi
1.92per dar pasto a la gente ch'era intorno.
1.93Argalto prima uscì del padiglione
1.94cinto di ferro da la testa a i piedi,
1.95col scudo in braccio e con la picca in mano
1.96e con la spada e col pugnale al fianco.
1.97L'audace Achille poi se n'uscì nudo
1.98da l'altra parte, e solamente avea
1.99un nodoso baston ne la man destra:
1.100il che vedendo Corsamonte ardito
1.101si mutò tutto quanto di colore,
1.102e disse pien di colera e di sdegno
1.103verso 'l gran capitanio de le genti:
1.104Se non fusse, signor, la nostra fede
1.105e 'l nostro giuramento, io me n'andrei
1.106sdegnoso a disturbar questo duello,
1.107per non lasciar morir sì caro amico:
1.108ché certo, per amar la gloria troppo,
1.109col troppo suo valor cerca la morte;
1.110ma non so che mi fare in questo caso,
1.111se non apparecchiarmi a la vendetta:
1.112ché mai non vuo' mancare a la mia fede
1.113ben ch'io mi roda a perdere in un punto
1.114sì caro amico e sì diletta donna.
1.115Così diss'egli, e 'l capitanio a lui:
1.116Barone illustre e di supprema forza,
1.117poi che detto non v'ha l'audace Achille
1.118di volersi condur senz'arme e nudo
1.119contra un de i primi de la gente gotta,
1.120ch'è da le piante in su coperto d'arme,
1.121certo si dee sentir d'aver con seco
1.122qualche grazia del Ciel che lo governi.
1.123O s'ella fosse tal che gli facesse
1.124aver vittoria contra il suo nimico
1.125- come , non può capermi entr'a la mente -
1.126quanta gloria s'aria, quanto diletto!
1.127Poi, se fa questo per voler morire,
1.128lasciate fare a lui, che non si puote
1.129vietare altrui la volontaria morte:
1.130noi non starem di racquistar per questo
1.131con altro modo la città di Porto
1.132e trar di servitù la donna vostra.
1.133Mentre così dicean quei dui signori,
1.134gli altri romani, che vedeano il molto
1.135ardir d'Achille, e le sue belle membra
1.136che parean latte e rose entr'a un bel vaso,
1.137pregavan Dio per lui con tai parole:
1.138O Re del ciel, muovi il tuo santo aiuto:
1.139non lasciar ir questo barone a morte,
1.140ché troppo a tutti noi molesta il cuore
1.141vederlo ignudo andar con tanto ardire
1.142contra quel can di rabbia armato e d'arme;
1.143salvalo, almo Rettor de l'universo,
1.144ché pòi far ciò che vuoi con la tua forza.
1.145Così pregaro Iddio quei buon Romani,
1.146ma i Gotti poi dicean da l'altra parte:
1.147Il nostro Argalto arà poca fatica
1.148a superar un uom senz'arme e nudo
1.149che forse ha perso il ben de l'intelletto.
1.150Or mentre si dicean queste parole
1.151da l'una e l'altra parte, i dui baroni
1.152s'avvicinaro con ardire immenso;
1.153onde gli disse il furibondo Argalto:
1.154Qual tuo peccato o qual sciocchezza estrema
1.155ti mena disarmato a la battaglia?
1.156Torna indietro, meschin, ch'io mi vergogno
1.157combatter teco, ch'hai perduto il senno:
1.158né si può guadagnare onor co i pazzi.
1.159A cui rispose poi l'ardito Achille:
1.160Non ti pensare, Argalto, di smarrirmi
1.161con le minaccie tue come s'io fosse
1.162un fanciullin che non conosce l'arme:
1.163anch'io so minacciar, ma non vuo' farlo,
1.164ch'è differenza da parole a fatti.
1.165E vuo' che sappi ancor ch'io ti conosco
1.166tu fosti figlio del feroce Alberto
1.167e de la bella Crobizza, e governi
1.168la città populosa e 'l bel paese
1.169che siede fra l'Ereteno e la Brenta;
1.170ed io fui il figlio del cortese Alcasto
1.171e de la gentilissima Ericina,
1.172e 'l padre mio discese da Trizeno
1.173padre d'Eufemo, il cui figliuol Cleante
1.174venne da Troia col figliuol d'Anchise
1.175e fu de i conditor che fecen Alba:
1.176e quivi stette poi la stirpe nostra
1.177infino a l'avol mio, che fu nomato
1.178Sabellio; e questi poscia uscì di Roma
1.179per l'estrema sevizia d'Odoacro
1.180e se ne venne ad abitare in Argo
1.181appresso una città ch'era nomata
1.182dal primo suo progenitor ch'io dissi.
1.183Poscia il figlio di lui, chiamato Alcasto,
1.184che fu mio padre, per la sua bellezza
1.185ebbe Ericina bella per mogliera,
1.186figlia di Timoteo duca d'Atene:
1.187di costor son nat'io; però non stimo
1.188le tue parole e 'l tuo parlare inetto,
1.189ch'anch'io saprei risponder per le rime;
1.190ché chi dice mal d'altri, a suo mal grado
1.191conviene udire il mal ch'a lui sia detto.
1.192Non stiamo adunque a dir parole e ciance
1.193come fanno le donne in su la strada
1.194che sospinte da l'ira e dal disdegno
1.195si dicon molte ingiurie e vere e false
1.196senza rispetto aver di chi le ascolta;
1.197pruova ciò che sai far con l'arme in mano,
1.198ch'a tormi giù de l'alto mio proposto
1.199ti bisogna usar forza e non parole.
1.200Come udì questo, il furibondo Argalto
1.201gli tirò un colpo de l'orribil asta,
1.202che lo credeo passar da un canto a l'altro;
1.203ma l'onorato Achille, avendo pronti
1.204l'occhio e la mano, e pien d'ardire il petto,
1.205dié con la mazza sua ne la gran picca
1.206e la mandò da parte, e poi cacciossi
1.207con tal prestezza adosso al fiero Argalto,
1.208ch'ei convenne lasciar la lancia e 'l scudo;
1.209ma come Achille l'abbracciò a traverso
1.210e con la gamba aviticchiò le gambe
1.211d'Argalto, il fece trabbocare in terra:
1.212ed ei sopra gli fu, come un leone
1.213ch'ha trovato un gran cervo entr'a una selva
1.214e l'ha con l'ungie sue mandato al piano,
1.215poi gli sta sopra, e con gli acuti denti
1.216gli prende il collo e tosto il manda a morte,
1.217ch'aiutar non si può con le sue corna
1.218ramose e lunghe e senza alcuna forza;
1.219tale era Achille, onde 'l feroce Argalto
1.220non si potea valer punto de l'arme.
1.221Il che vedendo gli ottimi Romani
1.222mandaron fuori un smisurato crido,
1.223e i Gotti spinser gemiti e suspiri:
1.224ma non sì tosto Argalto in terra cadde,
1.225che 'l fiero Achille a lui tolse 'l pugnale
1.226ed alzò il braccio e cridò: Corsamonte,
1.227mostrandoli il pugnal ch'aveva in mano;
1.228poi tutto lo cacciò dentr'a la gola
1.229d'Argalto, e lo scannò come uno agnello.
1.230Gran doglia nacque ne la gente gotta
1.231per la morte d'Argalto, e gran diletto
1.232ne gli onorati principi romani
1.233per la vittoria del cortese Achille:
1.234e tutti quanti poscia l'abbracciaro,
1.235ed egli abbracciò loro avendo in mano
1.236quel papagorge ancor cargo di sangue
1.237alora disse Belisario il grande
1.238verso la gente gotta este parole:
1.239Signori, poi che la vittoria è nostra,
1.240come ogni uom vede, datice la donna
1.241perché possiamo ritornare in Roma
1.242col premio che ci fu da voi promesso.
1.243E mentre si dicean queste parole,
1.244l'angel Nemesio, in forma d'Unigasto
1.245per disturbar la gloria de i Romani
1.246ritrovò Ablavio, ch'era ivi da canto
1.247per la morte di Argalto afflitto e mesto,
1.248e disse verso lui queste parole:
1.249Barone illustre e di sagace ingegno,
1.250non vi darebbe il cuor di trarre un starle
1.251nel bel corpo d'Achille,e darli morte?
1.252Cosa che fia gioconda al re de' Gotti
1.253e grata molto a tutto quanto il stuolo,
1.254onde n'acquisterete eterna gloria;
1.255e farete con questa ancor vendetta
1.256di Argalto, ch'era a voi fratel cugino.
1.257Oprate adunque arditamente l'arco:
1.258pregate il Re del ciel che lo governi,
1.259che non vi mancherà d'onesto aiuto.
1.260Così parlò Nemesio, onde commosse
1.261la mente ignara a quel barone incauto;
1.262tal che addattò un buon strale in sul grand'arco
1.263e fece starsi i suoi soldati avanti,
1.264poi pregò il Re del ciel con tai parole:
1.265Eterno Re, ch'a l'opre de' mortali
1.266dài sempre quando vuoi felice effetto,
1.267drizza la mia saetta entr'a la carne
1.268del fiero Achille, e fa ch'io gli dia morte
1.269per far vendetta del feroce Argalto,
1.270ch'era di sangue a me tanto congiunto;
1.271ché com'io torni in Padoa faccio voto
1.272di farti fare un sacrificio grande
1.273dentr'a Santa Sofia vicin al fiume.
1.274E detto questo poi tirò la corda
1.275de l'arco suo fino a la destra orecchia
1.276e spinse il stral verso 'l barone ignudo.
1.277Ma Dio, che sol volea concieder parte
1.278del dimandar d'Ablavio, e far ch'entrasse
1.279ne la carne d'Achille sua saetta,
1.280ma non per questo lo mandasse a morte,
1.281fé che Nemesio governolla in modo
1.282tal che lenta arrivò dentr'al suo fianco
1.283e lenta se n'andò tra carne e pelle
1.284vicina a l'ombilico, ove fermossi,
1.285e non se n'uscì fuor da l'altra parte.
1.286Turbossi Achille, come entr'al suo fianco
1.287sentì venir quella saetta amara;
1.288né men turbossi Corsamonte, quando
1.289vide l'amico suo ferito a morte:
1.290poi lo prese per mano, e così disse:
1.291Fratel mio caro, i giuramenti e i patti
1.292ch'han rotto i Gotti, e la promessa fede,
1.293son stati la cagion de la tua morte:
1.294ch'avendo tu con smisurato ardire
1.295ucciso Argalto armato, essendo ignudo,
1.296ed avendo acquistato tanta gloria
1.297quanta mai s'acquistasse in un duello,
1.298essi poi t'hanno a tradimento ucciso.
1.299Ma l'alto Re del ciel farà vendetta
1.300di tai pergiuri, e se non sarà presta
1.301tanto più grave fia quanto più lenta:
1.302ed io ti giuro parimente farla,
1.303e tagliar quella man che spinse il strale
1.304a tradimento contra le tue membra,
1.305se la terra non s'apre e non m'ingoia.
1.306Così diss'egli, e l'onorato Achille
1.307per consolarlo gli rispose, e disse:
1.308Non dubitar di me, fratel mio caro,
1.309ché la ferita mia non è mortale:
1.310la divina bontà l'ha fatta andare
1.311tra carne e pelle fin press'al bilico,
1.312com'io la sento, e palpola con mano.
1.313Alora disse il capitanio eccelso:
1.314Dio voglia, Achille mio, che questo sia;
1.315né tu lo pòi sapere, essendo caldo,
1.316ma ben saprallo un medico eccellente.
1.317E così detto, subito si volse
1.318verso Carterio araldo, e disse a lui:
1.319Carterio, va correndo al buon Teodetto,
1.320e fa che venga tosto a ritrovarci:
1.321ch'io bramo di saper da la sua lingua
1.322se la ferita del cortese Achille
1.323sarà pericolosa de la morte
1.324over se agevolmente può sanarsi.
1.325L'araldo al comandar del suo signore
1.326obedì tosto, e se n'andò correndo
1.327a ricercarlo per le folte schiere;
1.328e lo trovò che 'n mezzo a i suoi soldati
1.329si stava in ordinanza, onde si fece
1.330a lui vicino e poi così gli disse:
1.331Teodetto, il capitanio de le genti
1.332vi manda a dimandar che a lui vegniate,
1.333che saper brama da la vostra lingua
1.334se la ferita del cortese Achille
1.335sarà pericolosa de la morte
1.336over se agevolmente può sanarsi.
1.337Com'udì questo, il medico eccellente
1.338se n'andò per la turba de i soldati
1.339a ritrovare il capitanio eccelso:
1.340quivi era Achille e molti altri baroni,
1.341che tutti si dolean di quello inganno.
1.342Ma come giunse il medico palpolli
1.343il loco tutto ov'era intrato il strale,
1.344e vide che la punta era vicina
1.345al ombilico, e quivi gli dolea;
1.346onde disse a i baroni: Il male è poco,
1.347e lo risaneremo in brieve tempo.
1.348Poi, tratta quindi la saetta amara,
1.349feceli prima uscir premendo il sangue,
1.350dapoi condutto dentro a la cittade
1.351lo medicò con prezïosi unguenti.
1.352Or mentre che si stava in quel negozio,
1.353Vitige re fece ordinar le schiere:
1.354il che vedendo, Belisario il grande
1.355non stette a risguardar né a far dimora,
1.356ma tosto rassettò tutto 'l suo stuolo
1.357ponendo al destro ed al sinistro corno
1.358gli aiuti, e poi le legïoni in mezzo.
1.359Alor si vide affaticarsi molto
1.360l'angel Contenzïoso fra quei stuoli:
1.361ed ora ne i Romani, ora ne i Gotti
1.362si travagliava, e gli donava ardire,
1.363per far al tutto disturbar gli accordi.
1.364Avanti gli altri Corsamonte il fiero
1.365si stava armato sul feroce Ircano,
1.366e desïava di veder tra i Gotti
1.367l'altero Turrismondo, e far vendetta
1.368de l'onta ch'avea fatta a la sua donna:
1.369or mentre lo cercava con la vista,
1.370l'angel Gradivo in forma di Unigasto
1.371si fece appresso Totila, e gli disse:
1.372Totila, u' son le tue parole altere
1.373e l'avantar ch'hai fatto entr'a i conviti
1.374di volerti condur con Corsamonte,
1.375e combatter con lui senza paura?
1.376Or ei t'aspetta sopra il suo destriero.
1.377A cui rispose Totila superbo:
1.378Signor, voi non sapete la gran forza
1.379di Corsamonte e l'alto suo valore,
1.380né il gran favor del Ciel che l'accompagna;
1.381ma se 'l favor del Ciel pur fosse equale,
1.382combatterei con lui, né sarei vinto:
1.383ancor che 'l corpo suo fosse di ferro.
1.384A cui rispose quel celeste messo:
1.385Barone illustre, non aver timore,
1.386ché tu sei come lui di carne e d'ossa,
1.387né di men forte e men famosa gente:
1.388priega pur l'alto Re de l'universo,
1.389che non ti mancherà d'onesto aiuto;
1.390e sprona il tuo corsier contra costui
1.391senza punto stimar minaccie e ciance.
1.392Così disse, e spirolli ardire e forza;
1.393ed e' pregando Iddio con le man giunte
1.394disse: Signor del ciel, donami tanto
1.395del tuo favore, e fammi tanta grazia,
1.396che quella orribil fiera non m'uccida
1.397or ch'io mi muovo per combatter seco.
1.398Questo diss'egli, e poi spronò il cavallo
1.399e ratto se n'andò dinanzi a tutti;
1.400ma non posero ancor le lance in resta
1.401quei dui generosissimi baroni,
1.402se ben inanzi a gli altri si trovaro.
1.403Alor vedeasi la pianura piena
1.404tutta di fanti e cavalieri armati
1.405de l'uno e l'altro glorïoso stuolo,
1.406che risplendean come lucenti fiamme.
1.407E quivi prima Totila si mosse
1.408col scudo avanti 'l petto e l'elmo in testa
1.409e con la lancia sua sopra la coscia,
1.410con tanto ardir che minacciava al mondo;
1.411da l'altra parte Corsamonte il fiero
1.412se n'andò verso lui come un leone
1.413che vede un toro che gli viene incontra;
1.414ma quando l'uno a l'altro fur vicini,
1.415il duca mandò fuor queste parole:
1.416Totila, io veggio che ti spingi avanti
1.417desideroso di combatter meco,
1.418perché tu speri forse aver l'impero
1.419sopra la gente tua, se tu m'uccidi:
1.420o forse speri aver terreni ed oro
1.421ch'a te fien dati da le genti gotte,
1.422se tu mi mandi in questo giorno a morte.
1.423Ma gran difficultà faratti a farlo,
1.424perché ho forza maggior, che tu non pensi.
1.425Deh, torna in dietro a le tue fide schiere
1.426prima che abbi da me vergogna e danno;
1.427e non tardare il gran desir ch'io tengo
1.428di trovarmi a le man con Turrismondo.
1.429Così diss'egli, e Totila rispose:
1.430Non creder farmi aver timore alcuno
1.431con le parole tue, superbo duca,
1.432ché mai non s'annidò dentr'al mio petto
1.433stilla di tema: prendi pur del campo,
1.434che proverem chi arà più forte lancia.
1.435E così detto, rivoltò il cavallo
1.436e Corsamonte anch'ei fece il medesmo,
1.437e s'allongor quasi una buona arcata;
1.438poi con tanto furor ciascun si mosse,
1.439che tutto 'l pian tremava sotto i piedi
1.440de li lor velocissimi corsieri:
1.441e s'incontraro in mezzo del camino
1.442come se fossen due procelle orrende
1.443o dui fulguri ardenti che fan darsi
1.444luogo a le torri, a gli arbori ed a i monti.
1.445Totila prima accolse in mezz'al scudo
1.446con la sua lancia il gran duca de i Sciti,
1.447e quella se n'andò volando in pezzi;
1.448ma Corsamonte lui toccò ne l'elmo,
1.449ch'era d'accial finissimo e fadato:
1.450onde non lo passò, ma fece andarlo
1.451col capo su le croppe del cavallo,
1.452il qual convenne ingenocchiarsi anch'esso
1.453per la gran lena del feroce Ircano;
1.454pur si rifece, e 'l cavalier di sella
1.455non si moveo, benché stordito fosse.
1.456Poi Corsamonte trasse fuori il brando,
1.457e senza dubbio lo mandava a morte
1.458se l'angel santo non gli dava aiuto:
1.459questi mandato fu dal Cielo in Roma,
1.460per non lasciarla saccheggiare a i Gotti,
1.461ma poi mosso a pietà di quel signore
1.462soccorse lui nel suo periglio estremo;
1.463né poteo ritenerlo il buon Palladio,
1.464ben che dicesse a lui queste parole:
1.465Deh, non donare, Adrastio, alcun soccorso
1.466a quel crudel, lascia ch'e' vada a morte:
1.467che 'l Re del ciel t'ha pur mandato in terra
1.468per salvar Roma da le man de' Gotti,
1.469e non per aiutarli da la morte.
1.470A cui rispose Adrastio: Io vuo' che sappi
1.471ch'io non m'oppongo al comandar divino,
1.472che vuol salvar costui per la ruina
1.473d'Italia e per la gloria di Narsete:
1.474onde non dee morir vicino al Tebro,
1.475ma fuggendo morrà presso al Metauro
1.476ed io gli sarò adverso in quel conflitto.
1.477E detto questo, stese avanti gli occhi
1.478di Corsamonte una gran nebbia folta:
1.479poi levò in alto Totila, e lo spinse
1.480molto leggier sopra i cavalli e i fanti
1.481ne l'ampia retroguardia del suo stuolo,
1.482e fatto a lui vicin così gli disse:
1.483Totila mio, quel messaggier del Cielo
1.484fu troppo ardito e senza buon discorso,
1.485a farti andare a quell'aspra battaglia
1.486con Corsamonte, ch'è 'l miglior guerriero
1.487che porti lancia in campo de i Romani.
1.488Non t'affrontar mai più con quel barone,
1.489che contra il tuo destin ti darìa morte;
1.490ma com'ei sarà fuor di queste parti
1.491combatti arditamente con ognuno,
1.492ch'arai vittorie inopinate e grandi.
1.493Così gli disse, e sciolse poi la nebbia
1.494che Corsamonte avea davanti a gli occhi;
1.495onde ammirossi, e diss'este parole:
1.496Qual meraviglia è questa, ch'io non veggio
1.497Totila, e veggio la sua lancia in pezzi
1.498là dove la gettò sopra il terreno?
1.499Certo egli è caro al gran Motor del cielo,
1.500a cui dee fare orazïoni e voti,
1.501poi che salvato l'ha da le mie mani.
1.502Or vadasi in malora, bench'io stimo
1.503che non arà mai più sì folle ardire
1.504di disfidarmi e di combatter meco,
1.505essendo uscito con la vita appena
1.506fuor del periglio ove s'aveva involto.
1.507Così prima parlò fra se madesmo,
1.508poi si rivolse a l'altra gente e disse:
1.509O valorosi cavalieri e fanti,
1.510non stati scevri da la gente gotta,
1.511ma ciascun vada contra il suo nimico:
1.512ciascun per sé combatta, perch'io solo
1.513non posso a un tempo seguitarli tutti
1.514né combatter con tutti in tutti i luoghi;
1.515ma ciò che potran far le mani e i piedi
1.516e l'animo, e la forza, io vi prometto
1.517de non gli dar già mai riposo alcuno,
1.518ma sempre essercitarli fra costoro:
1.519e non s'allegrerà nessun de i Gotti
1.520di ritrovarsi appresso a la mia lancia.
1.521Così esortava il duca le sue genti;
1.522ma Turrismondo poi da l'altra parte
1.523dicea cridando: O generosi Gotti,
1.524non abbiate timor di Corsamonte
1.525né de l'acerbo suo bravar che face,
1.526ch'anch'io combatterei con le parole
1.527contra i demoni orrendi de l'inferno,
1.528ma non mi daria 'l cuor d'averne onore.
1.529Sappiate ancor che Corsamonte acerbo
1.530non fornirà con le parole il tutto,
1.531ma lascierà da far la maggior parte.
1.532Io son disposto poi d'andarli contra
1.533e di provar s'egli è di me più forte,
1.534e se 'l mio stocco e la mia lancia punge.
1.535Quel superbo signor pien di valore,
1.536così diceva ed essortava i Gotti;
1.537e i Gotti se n'andor con l'aste basse
1.538contra i Romani, e mescolaro insieme
1.539le forze e l'arme con orribil cridi.
1.540L'angel Latonio alor si fece appresso
1.541al forte Turrismondo, e così disse:
1.542Non combatter baron, con Corsamonte,
1.543ma sta fra gli altri tuoi fuor del tumulto:
1.544perché oggi ha tanta forza, e tanto è caro
1.545al gran Motor de le celesti rote,
1.546che agevolmente manderiati a morte.
1.547Così gli disse, e Turrismondo poi
1.548che ben conobbe il messaggier del cielo
1.549si ritirò nel mezzo de le squadre;
1.550ma Corsamonte con la lancia in resta
1.551spronò 'l suo corridor contra Fabalto,
1.552che dentr'al scudo suo portava il foco;
1.553e lo ferì con l'asta ne la testa
1.554e tutta la passò di banda in banda:
1.555né lo diffese l'elmo, come fosse
1.556stato di cera tenera o di piombo,
1.557onde tosto caddèo disteso in terra
1.558a mal suo grado, e morsicò l'arena.
1.559Poi Corsamonte alteramente disse:
1.560Tu sei pur morto, asperrimo Fabalto,
1.561e non hai posta la città di Roma,
1.562come tu t'avantasti, a fuoco e fiamma:
1.563e per memoria del tuo mal pensiero
1.564portavi il fuoco acceso per insegna
1.565intorno a le muraglie d'una terra;
1.566or te ne resterai vicino al Tebro
1.567con le tue membra e le tue fiamme estinte,
1.568né più ritornerai là dove alberga
1.569l'afflitta madre tua tra l'Oglio e 'l Brembo.
1.570Questo gli disse Corsamonte il fiero;
1.571néd ei rispose a lui, ché tosto gli occhi
1.572gli fur d'oscure tenebre coperti:
1.573poi calpestato fu da i duri piedi
1.574de i corridor de i Gotti e de i Romani.
1.575Uccise ancor Rifosco e Sabinaco,
1.576giovani eletti: questi eran figliuoli
1.577di Muzzolone altero e di Carnienta,
1.578che parturilli in su la ripa d'Agno
1.579prima che 'l Chiampo a lui dimostri l'acque;
1.580il duca dié la morte a Sabinaco,
1.581ché con l'asta lo punse entr'a una tempia
1.582e ruppe l'osso prima, e poi la tinse
1.583de le cervelle sua ch'eran quiv'entro,
1.584onde si stese palpitando in terra.
1.585Il che vedendo il giovane Rifosco
1.586volse il cavallo per voler fuggire;
1.587ma Corsamonte gli cacciò la lancia
1.588dentr'a la schena in mezzo de le spalle,
1.589ed ella se n'andò fino a le mamme:
1.590onde l'alma uscì fuor soffiando molto,
1.591come fa un toro acerrimo ferito
1.592da l'empio macellaro entr'al macello,
1.593che sparge con romor soffiando il sangue,
1.594e l'anima dolente l'accompagna.
1.595D'indi si volse il duca al bel Merano
1.596figliuol di Baldimarca e di Alarico
1.597ed unico fratel di Turrismondo,
1.598ch'era venuto pochi giorni avanti
1.599da Aquileia a Ravenna e d'indi a Roma.
1.600ché Baldimarca non lasciò ch'andasse
1.601con Turrismondo a la feroce guerra,
1.602ch'era ancor giovinetto e molto bello,
1.603e nel correr vincea tutti i furlani;
1.604ma poscia vinta da le sue preghiere
1.605mandolvi. e giunse al tempo de la tregua:
1.606e quel fu il primo dì che si vestisse
1.607d'arme e di piastre per andare in guerra;
1.608e la sua sorte indusse quello incauto
1.609a gir primieramente a la battaglia
1.610contr'al miglior guerrier che fosse al mondo.
1.611Questi spronò il cavallo adosso al duca,
1.612e ruppegli la lancia entr'al gran scudo,
1.613ma nol passò, né pur signollo alquanto:
1.614poi Corsamonte con la spada in mano
1.615se gli fé appresso, e dielli una stoccata
1.616sotto 'l bilico, e gli passò il diafragma;
1.617tal che 'l meschino andò piangendo in terra,
1.618e prese con le man le sue budella
1.619che per la piaga usciro, onde una nebbia
1.620spietata e dura gli coperse gli occhi.
1.621L'acerbo Turrismondo, quando vide
1.622disteso in terra il suo fratel Merano
1.623con le budella in man, privo di luce,
1.624non poteo più durar né star da parte
1.625come l'angel di Dio gli avea commesso.
1.626Ma se ne venne contra Corsamonte
1.627con la sua spada impetüosa in mano;
1.628e Corsamonte rallegrossi, e disse:
1.629Io veggio pur colui ch'ha tanto offeso
1.630la mente mia col tòrli il suo diporto
1.631onde ho speranza di non star più a bada
1.632né di cercarlo in mezzo de le squadre,
1.633ch'or s'avicinerem con l'arme nude.
1.634Così diss'egli, e poi con gli occhi torti
1.635risguardò prima Turrismondo, e disse:
1.636Fatti vicino a me perché tu possi
1.637giunger più tosto al fin de la tua vita.
1.638E Turrismondo a lui senza paura:
1.639Non sperar, Corsamonte, di vedermi
1.640aver nel petto alcun signal di tema;
1.641ché se ben so che sei tenuto in Roma
1.642il miglior cavalier che porti lancia,
1.643non ti temo però né mi sgomento,
1.644ché Dio suol dar vittoria a chi gli piace.
1.645Pur la mia spada ha la sua punta acuta
1.646come la tua, né men feroce ha il taglio:
1.647onde penso poter ferirti anch'io
1.648e poterti mandare a l'altra vita,
1.649perché la carne tua non è d'acciale.
1.650Così diss'egli, e poi tirò una punta
1.651verso la gola del possente duca,
1.652ch'agevolmente gli aria fatto oltraggio:
1.653se 'l buon Palladio non spingeva indietro
1.654il braccio a Turrismondo, onde convenne
1.655lentamente arrivar dentr'al camaglio,
1.656tal che non poté farli alcuna offesa.
1.657Ma Corsamonte con orribil crido
1.658mosse la spada sua per darli morte;
1.659e certamente non saria campato,
1.660se quell'altr'angel ch'era in suo favore
1.661no 'l ricopria con una nebbia oscura
1.662che lo diffese in quel periglio estremo:
1.663ma ben tre volte Corsamonte il fiero
1.664gli menò de la spada, e ben tre volte
1.665percosse l'aria e quella nebbia densa;
1.666ma quando poi la quarta volta adosso
1.667gli andò come un demonio, e non lo colse,
1.668superbamente minacciando disse:
1.669Tu l'hai fuggita pur, rabbioso cane,
1.670perché l'angel di Dio t'ha dato aiuto
1.671per qualche voto che sta mane hai fatto:
1.672ma ben non fuggirai, com'io ti giunga
1.673un'altra volta sopra questi piani,
1.674se 'l favor di là su non mi fia adverso.
1.675Or voglio andar contra quest'altri Gotti
1.676per provar anco lor come son forti.
1.677E detto questo prese una gran lancia
1.678che Filopisto gli portava dietro;
1.679e passò ne la gola il bel Tebolo
1.680che fu figliuol di Ruvolone e Venda,
1.681e morto lo lasciò disteso in terra.
1.682Uccise poi Vargonte e Verulato
1.683l'un dopo l'altro, e Dardano e Biante,
1.684tutti con l'empia e dispietata lancia,
1.685la qual si ruppe a l'ultime percosse;
1.686onde poi trasse fuor l'orribil spada,
1.687e diede a Monlïon sotto la poppa
1.688destra, che dentr'al fegato cacciolla
1.689e di sangue gli empio le gonne e l'arme:
1.690il che vedendo il giovane Materno,
1.691ch'era figliuol di Tarsia e Filacuto,
1.692scese giù del cavallo, ed al gran duca
1.693basciò la staffa ed abbracciolli il piede;
1.694poi disse: Alto signor, non m'uccidete,
1.695ma mandatemi vivo al vostro albergo,
1.696ch'eternamente vi sarò fedele.
1.697Deh, movavi a pietà la verde etade
1.698in ch'io mi truovo, e la mia afflitta madre
1.699che nove mesi mi portò nel ventre
1.700e priva del marito in questa guerra
1.701ha collocata in me la sua speranza:
1.702perché di sette figli ch'ella avea
1.703sei ne son morti, ed io le resto solo;
1.704e se vorrete mai ch'io torni a casa
1.705vi donerà per me molto tesoro,
1.706per esser donna di richezza immensa.
1.707Così parlò Materno, e Corsamonte,
1.708quantunque fosse pien di sdegno e d'ira,
1.709s'intenerì nel cuore e non l'uccise;
1.710anzi gli disse: Or va dove ti piace,
1.711ma non ci venir più con l'arme contra:
1.712ché se vorrai combatter co i Romani
1.713la mia pietà sarà da l'ira vinta.
1.714Così diss'egli, e poi volgendo gli occhi
1.715verso i nimici vide il re de' Gotti
1.716con l'asta in mano star davanti a gli altri,
1.717onde si volse a Filopisto e disse:
1.718Porgime, Filopisto, quella lancia
1.719che tu mi porti dietro, perch'io voglio
1.720tentar s'uccider posso questo drago:
1.721per la cui morte arei ferma speranza
1.722di porre in libertà l'Italia aflitta
1.723e racquistar la mia perduta donna.
1.724Ben ti ricordo che s'io 'l mando a terra,
1.725che tu abbi l'occhio sempre al suo cavallo,
1.726e cerca destramente di pigliarlo
1.727e menal poi subitamente a Roma,
1.728cosa che ti sarà d'eterna gloria,
1.729perch'è il miglior caval ch'Italia pasca.
1.730Com'ebbe detto questo, prese in mano
1.731quella robusta lancia, ed avviossi
1.732verso il superbo re per darli morte;
1.733il che vedendo l'angelo Gradivo
1.734senza dimora a Vitige accostossi
1.735sotto la forma d'Unigasto, e disse:
1.736Non dubitate, sir, di Corsamonte:
1.737giostrate pur con lui senza paura,
1.738che certamente non sarete ucciso;
1.739per ciò che è destinato il vostro fine
1.740sopra le piume in più lontana parte.
1.741Così disse, e spirolli animo e forza;
1.742onde pose quel re la lancia in resta
1.743e spronò il suo caval contra 'l gran duca
1.744cridando: Acerbo e dispietato cane,
1.745or è venuto il dì ch'ha il ciel mandato
1.746da poner fine a la tua immensa rabbia.
1.747E Corsamonte contra lui si mosse
1.748con l'asta bassa e col suo scudo al petto,
1.749e rincontrollo in mezzo del camino;
1.750ed ambi si colpiro entr'a i lor scudi
1.751con tanta forza e con sì gran romore
1.752che tutto 'l prato rimbombava intorno.
1.753Ma l'empia lancia del superbo Gotto
1.754non stette salda, anzi n'andò in pezzi;
1.755e quella poi di Corsamonte acerbo
1.756non si ruppe o piegò, ma fece andare
1.757l'ardito re disteso in su 'l terreno,
1.758perché l'arcion de la ferrata sella
1.759di lui si ruppe, onde cadder convenne:
1.760e parve una gran rocca sopra un colle
1.761minata con cunìculli ripieni
1.762di nitro pesto e di carbone e solfo,
1.763che quando dentro poi v'è posto il foco
1.764da i buon soldati ch'a l'assedio stanvi
1.765cade per terra con ruina immensa
1.766e fa tremarsi le campagne intorno;
1.767così al cader di Vitige tremaro
1.768tutte le menti de la gente gotta,
1.769e fuor mandaron gemiti e sospiri:
1.770sì come da parte de i Romani
1.771s'udian per tutto glorïosi cridi.
1.772Il buon caval del re, ch'a sella vota
1.773rimase, scorse lentamente avanti,
1.774onde l'accorto Filopisto il prese
1.775e ratto lo menò dentr'a le mura.
1.776Quando l'ardito Corsamonte vide
1.777ch'avea gettato il suo nimico in terra,
1.778scese giù del caval per darli morte
1.779o per menarlo suo prigione in Roma:
1.780ma quando gli fu appresso, e non lo vide,
1.781perché 'l Gradivo alor l'avea coperto
1.782di nebbia e fattol quetamente andarsi
1.783fuor de la zuffa e chiudersi nel vallo,
1.784tutto di meraviglia e di duol pieno
1.785disse dentr'al suo cuor queste parole:
1.786Che cosa esser può questa, ch'io non vedo
1.787quel ch'i' ho con l'asta mia mandato al piano,
1.788né so pensar come si sia fuggito
1.789né come a gli occhi miei si sia nascosto?
1.790E così detto rimontò a cavallo;
1.791e poi l'angel Palladio andogli appresso,
1.792che parea proprio il duca de i Fenici,
1.793e gli disse pian pian queste parole:
1.794Illustre cavalier, quel ch'ha quell'arco
1.795è il falso Ablavio ch'ha ferito Achille,
1.796ond'or potrete far la sua vendetta.
1.797Come udì questo l'animoso duca
1.798gli corse contra con la spada in mano;
1.799ed e', ch'avea 'l caval molto veloce,
1.800vedendo il duca posesi a fuggire:
1.801e 'l duca lo seguìa, sperando sempre
1.802per l'estrema bontà del suo destriero
1.803prenderlo e darli la promessa pena;
1.804ma quello astuto poi così fuggendo
1.805pose su l'arco una saetta acuta
1.806e tuttavia correndo si rivolse
1.807con l'arco in dietro, e lasciò gire un strale
1.808verso 'l duca di Scitia che 'l seguia:
1.809e 'l duca ratto si coprì col scudo,
1.810onde l'aspra saetta in terra cadde,
1.811che non poteo passar quel fino acciale;
1.812e parve una gragnuola che sia spinta
1.813dal vento, e che percuota un duro marmo
1.814con gran furore, e senza farli danno
1.815ritorna in dietro e volgesi per terra.
1.816Poi mentre si volgea per trarne un'altra
1.817Corsamonte l'aggiunse con la spada,
1.818tal che la mano e l'arco e la saetta
1.819subitamente fé caderli al prato,
1.820e Corsamonte poi così gli disse:
1.821Acerbissimo Gotto, io t'ho pur colto,
1.822e govate non t'han l'usate fraudi.
1.823E detto questo trapassolli avanti,
1.824e tirolli una punta ne la faccia
1.825che da l'angel Palladio fu driciata
1.826ne la bocca di lui, ch'aveva aperta
1.827e dimandava lagrimando aiuto:
1.828onde tirolli quella orribil spada
1.829fin ne la strozza la periura lingua;
1.830e tanto penetrò l'acerbo colpo
1.831che la punta uscì fuor da l'altra parte
1.832del collo, e lo mandò disteso al piano:
1.833ma nel cader che fece il fiero duca
1.834gli tirò un altro colpo a la man destra,
1.835che tutta netta la spiccò dal braccio,
1.836e poscia disse: Achille, io te la dono,
1.837che per me non gli arei fatto altra offesa.
1.838Poi fatto questo con furore immenso
1.839si volse contra l'altra gente gotta,
1.840ed ovunque arrivava ognun fuggìa.
1.841Non altrimente in una selva folta
1.842l'acceso foco dal furor de' venti
1.843ratto si sparge in questa parte e in quella,
1.844ed ove arriva fa cader le piante;
1.845così vedeasi Corsamonte acerbo
1.846per tutto il stuolo con l'orribil spada
1.847mandare a terra gli omini e i cavalli,
1.848che tutta la fecean correr di sangue;
1.849ed egli ancor col suo feroce Ircano
1.850calcava e corpi morti e lance e scudi
1.851che per terra giacean, tal che le goccie
1.852del sangue risalian verso la pancia
1.853di quel corsiero, onde pioveanli tutte
1.854di sangue umano le schiniere e i sproni.
1.855E come quando il fumo ascende al cielo
1.856d'una accesa cittade in cui da l'ira
1.857del Signor di là su s'apprenda il fuoco,
1.858si vede in essa ognun pigliar fatica
1.859chi in portar acqua e chi in salvar le robbe,
1.860e tutti insieme aver dolori e danni;
1.861così vedeansi da l'orribil duca
1.862tutti quei Gotti aver fatiche e doglie:
1.863onde vedendo il provido Unigasto,
1.864che fu lasciato a guardia de i ripari,
1.865come ciascuno era già posto in fuga,
1.866disse a color che stavano al governo
1.867de le porte del vallo este parole:
1.868Aprite ben tutte le chiuse intrate
1.869de i gran steccati, e giù callate i ponti
1.870perché si salvi il popolo che fugge;
1.871ma come poi ciascun sia tolto dentro
1.872le chiuderemo, e leveremo i ponti,
1.873perché il crudel non ci tollesse i valli.
1.874Così diss'egli, e fur le porte aperte
1.875subitamente, e messi i ponti a basso.
1.876L'angel Latonio alor dal ciel discese
1.877per dar soccorso a quella gente afflitta,
1.878che sitibunda e polverosa e stanca
1.879se ne fuggìa verso i muniti valli:
1.880e non poteavi intrar tutta in un tempo,
1.881che Corsamonte pien di rabbia e d'ira
1.882e di disir di gloria e di vendetta
1.883non la lasciava aver riposo alcuno;
1.884e forse preso aria quegli ampi valli
1.885con gran ruina de la gente gotta,
1.886contra 'l destin che 'l Ciel gli avea prefisso,
1.887se 'l buon Latonio non facea voltarsi
1.888Bisandro duca d'Istria, e non gli dava
1.889tanto ardimento che firmasse i piedi:
1.890perché sotto la forma d'Agrilupo
1.891se gli fé appresso, e disse este parole:
1.892A che devemo avere, illustre duca,
1.893tanta paura de gli orribil colpi
1.894di questi acerbi cavalier Romani?
1.895Noi siamo armati da finissime arme,
1.896che si diffenderem da ogni periglio:
1.897con le quai forse pria ch'andiamo a morte
1.898offenderem chi vorrà farci offesa,
1.899e forse salverem la nostra gente.
1.900Così diss'egli, e poi Bisandro volse
1.901la faccia u' prima avea volte le spalle;
1.902ma come poscia vide Corsamonte
1.903che venia verso lui di buon galoppo,
1.904fece dentr'al suo cuor molti pensieri:
1.905l'un era di fuggir con gli altri insieme
1.906verso 'l gran vallo, e poi tra sé temea
1.907che Corsamonte acerbo non pigliasse
1.908e nol scannasse con le proprie mani;
1.909l'altr'era di voltarsi verso il Tebro
1.910e passarlo notando, e gir ne' monti
1.911e quindi ritornar verso Romagna:
1.912ma dubitava ancor che nol seguisse
1.913l'ardito duca sul feroce Ircano
1.914e nol mandasse a vergognosa morte.
1.915Al fin gli parve il meglio di aspettarlo
1.916e combatter con lui senza fuggirlo,
1.917dicendo entr'al suo cuore: Egli è pur omo
1.918mortal come son io di carne e d'ossa,
1.919se ben il Re del ciel gli dà più forza.
1.920E così discorrendo stette saldo,
1.921ed aspettò l'acerbo Corsamonte
1.922disposto e pronto a far con lui battaglia.
1.923E come il pardo uscito de la selva
1.924aspetta il cacciator, né si spaventa
1.925perch'oda il crido e l'abbagliar de i cani,
1.926ma si sta saldo, e non ritorna in dietro
1.927se con lui primamente non combatte;
1.928così Bisandro alor fuggir non volse
1.929se non giostrava pria con Corsamonte:
1.930e però pose la sua lancia in resta
1.931e disse a lui cridando este parole:
1.932Tu credi, Corsamonte, in questo giorno
1.933pigliare i valli de la gente gotta
1.934e Roma liberar dal grande assedio:
1.935sciocco, che prenderai molte fatiche
1.936e molte doglie pria che i nostri valli,
1.937perché vi siam molt'omini robusti
1.938che gli difenderem da tutto 'l mondo;
1.939e non si partirem da questo assedio
1.940che vedrem tutta Roma ardere in fiamme.
1.941Così diss'egli, e poi spronò il destriero,
1.942e ruppe la sua lancia entr'al gran scudo
1.943di Corsamonte, e non passò la lama
1.944che 'l copria tutto quanto, ma il leone
1.945ch'avea nel mezzo di finissim'oro
1.946fu trappassato da l'ardita punta
1.947che si ritenne poi nel forte acciale
1.948e Corsamonte, ch'era senza lancia,
1.949nel trappassar, che fé Bisandro avanti
1.950gli tenne dietro con la spada in mano:
1.951e 'n poco tempo lo mandava a morte,
1.952se l'angel santo nol coprìa sì tosto
1.953di nebbia oscura, e nol portava tosto
1.954fuor de le schiere e del conflitto amaro;
1.955e perché quel buon angelo era vago
1.956di liberar quel dì la gente gotta
1.957da le feroci man di Corsamonte
1.958e di ridurla salva entr'a i steccati,
1.959prese la propria forma di Bisandro
1.960ed andò contra 'l duca con la spada:
1.961ma quando il duca poi volea ferirlo
1.962tosto quell'angel si traeva in dietro
1.963e lentamente gli fuggiva inanzi
1.964per farsi seguitar da quel barone,
1.965e sempre lo volgea verso le mura;
1.966onde sperando Corsamonte sempre
1.967di giungerlo con l'arme, e darli morte,
1.968lo seguitava, e s'allungò dal vallo
1.969tal che la gente gotta poté intrarvi
1.970che fuggia inanzi a i principi romani:
1.971e non fu ardito alcun di star di fuori
1.972né d'aspettar l'un l'altro per sapere
1.973chi sia fuggito da gli orribil colpi
1.974o rimaso difunto in su l'arena;
1.975ma tutti con disio v'entraron'entro
1.976secondo che da i piedi eran portati
1.977o dal veloce corso de i cavalli:
1.978onde tosto se impìo tutto 'l steccato
1.979di fuggitivi cavallieri e fanti.
1.980Da poi, chiuse le porte e alzati i ponti,
1.981tutti i soldati senza dar ristauro
1.982al lor sudor e a l'importuna sete
1.983andòr co i scudi sopra i gran ripari
1.984per custodirli ben da i lor nimici.
1.985L'angel Latonio poi ch'avea rimosso
1.986con la vera sembianza di Bisandro
1.987l'acerbo duca dal seguir i Gotti,
1.988i quali eran salvati entr'al steccato,
1.989si volse, e disse con parole acerbe:
1.990Non mi seguir, baron, con tanta furia,
1.991ch'io son messo di Dio, né son mortale:
1.992conoscime or; ch'io ti son stato ascoso
1.993per separarti da la gente gotta
1.994e farla andar dentr'a i muniti valli.
1.995Tòrnati adunque a la città di Roma,
1.996ché 'l sole è per corcarsi entr'a l'Ibero:
1.997e non tentar mai più con lucid'arme
1.998di far offesa a i messaggier del cielo.
1.999Così disse, e sparì come un baleno:
1.1000onde rimase Corsamonte alora
1.1001pien di gran meraviglia e di stupore;
1.1002poi ritornossi lentamente in Roma,
1.1003quando 'l voler di Dio si vide adverso.
1.1004Da poi s'ascose il dì ne l'onde salse
1.1005e cominciaro ad apparir le stelle.
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