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1.1Quand'ebbe intesa Belisario il grande
1.2la manifesta fuga de le schiere,
1.3si dolse molto, e col suo braccio al collo,
1.4ch'oprar non lo potea per la ferita
1.5che gli avea dato il perfido Ulïeno,
1.6se n'andò verso la Pinciana Porta
1.7per tòr dentro color ch'erano fuori
1.8e medicar dapoi tutti gli offesi.
1.9Come fu quivi, ritrovò ch'entrata
1.10quasi era tutta la romana gente:
1.11onde tolti entro alcuni pochi ancora
1.12ch'eran restati adietro chiuder fece
1.13la porta, e por le guarde su le mura;
1.14d'indi tornò subitamente a casa,
1.15ove trovò che i medici raccolti
1.16s'erano intorno al generoso Arasso,
1.17che nel destr'occhio avea la gran saetta:
1.18e non gli ardiano por le mani adosso,
1.19non per salvarli l'occhio, perché ognuno
1.20di loro omai l'avean come perduto,
1.21ma per non lacerar le vene o i nervi,
1.22che 'n quella parte son copiose e molti,
1.23ed esser la cagion de la sua morte.
1.24Alor Teodetto, medico eccellente,
1.25palpolli con la man di rietro al collo,
1.26leggiermente premendo e dimandolli
1.27se dal toccar di lui sentìa dolore;
1.28ed e' rispose: Sì ch'ivi mi duole.
1.29Onde l'accorto medico gli disse:
1.30Arasso, non vi date alcun pensiero,
1.31che voi sarete salvo, e l'occhio ancora
1.32non perderà la luce e sarà salvo,
1.33perciò che 'l ferro è prossimo a la pelle.
1.34E così detto, ratto si disciolse
1.35le maniche dal braccio, e 'n suso alciolle;
1.36dapoi si pose a turno un drappo bianco,
1.37e primamente gli tagliò quel legno
1.38de la saetta ch'apparia nel volto
1.39con un tagliente ed ottimo coltello:
1.40e poi sfesse la pelle in quella parte
1.41del collo che più dolve al gran barone,
1.42e con la tenacissima tanaglia
1.43quindi prendéo l'acuto ferro e trasse
1.44da quella parte fuor l'empia saetta,
1.45ch'aveva in sé tre ferocissimi ami,
1.46e così l'occhio suo rimase illeso.
1.47Poscia prendette albume d'uovo e stoppa
1.48di lino, ed ambe gli fasciò le piaghe;
1.49dapoi con sughi d'erbe e con unguenti
1.50sì fattamente gli curò la faccia,
1.51che non v'apparve mai signale alcuno.
1.52Così curò Teodetto il forte Arasso,
1.53che piacque molto al capitanio eccelso.
1.54Ma gli altri ebber da poi peggior ventura
1.55ch'andaro a medicar Catullo e Bocco:
1.56perché Catullo nel cavar de l'asta,
1.57che gli era molto fitta ne la testa,
1.58trammortì prima, e pochi giorni poi
1.59andò freneticando a l'altra vita;
1.60e parimente ancor moritte Bocco,
1.61ch'avea tagliato il musculo del braccio
1.62manco a traverso, onde col sangue insieme
1.63la vita sua n'andò verso le stelle.
1.64E così questi dui baroni illustri
1.65moriro, e pianti fur da tutto 'l stuolo.
1.66Ma non per questo il capitanio eccelso
1.67era più lento a ristorar la guerra:
1.68se ben traea dal cuore alti sospiri
1.69e numerosi più che le faville
1.70ch'escono al stucicar d'un arso cepo,
1.71onde suol disïar la gente vana
1.72d'aver numero tal d'argento e d'oro;
1.73anzi tra quei sospiri amari e folti
1.74il capitanio fece andar gli araldi
1.75a dimandar la gente al suo consiglio:
1.76e comandolli che dicesser piano,
1.77per non muover tumulto entr'a la terra;
1.78ed egli il primo fu che venne in sala,
1.79ed aspettava in essa i gran baroni
1.80che sconsolati si condusser ivi.
1.81Onde poi surse Belisario il grande
1.82e dopo un grave gemito gli disse:
1.83Signori adorni di virtù supprema
1.84ridotti qui per consultar la guerra
1.85e medicar questo disconcio che oggi
1.86avuto abbiam per volontà del Cielo
1.87che commutò la mia primiera voglia:
1.88ma non si può schivar ciò ch'ei destina
1.89né per consiglio uman né per fatiche.
1.90Dricciamo adunque e rivolgiamo i passi
1.91in questa nostra asperrima tempesta
1.92a qualche via che ci ristori alquanto.
1.93Penso che saria ben mandar qualcuno
1.94de i nostri cavalier verso i steccati
1.95dei Gotti, e questi over entrando in essi
1.96over pigliando alcun di quei che fuori
1.97per la campagna van cercando i morti,
1.98tentasse di scoprire i lor consigli:
1.99il che seriacci di piacere immenso
1.100e di gran beneficio a questa impresa;
1.101che 'l sapere i pensier de i lor nimici
1.102spesso trasmuta la fortuna adversa.
1.103Vadavi adunque alcun ch'abbia ardimento:
1.104ch'oltra ch'acquisterà fama immortale,
1.105ancora ogni signor, quando ritorni,
1.106daralli un dono di cavalli o d'arme
1.107o d'altra cosa prezïosa e rara
1.108per testimonio de la sua virtute:
1.109Così parlò quel capitanio eccelso,
1.110ed ognun stava tacito e suspeso,
1.111ché questo gli parea troppo periglio.
1.112Alfin levossi in piedi il fier Mundello,
1.113e disse: Almo signore, il cuor mi sprona
1.114d'andare a questa perigliosa impresa;
1.115ma s'ancor meco ne venisse un altro,
1.116sarìa più salda e più sicura andata:
1.117ché quando vanno dui, s'aiutan meglio
1.118l'un l'altro a ritrovar ciò che den fare;
1.119ché sempre un solo ha più l'ingegno tardo
1.120e più dubioso e debole il pensiero.
1.121Così diss'egli, e molti volean ire
1.122con esso lui: voleavi andar Bessano,
1.123Olando e Magno e Valerano e Ciro;
1.124voleavi andar Teogene e Traiano,
1.125che tutti questi avean la mente pronta
1.126d'entrar fra l'empie schiere de i nimici
1.127e a lor mal'onta rapportar novelle
1.128de l'arroganza e dei dissegni loro:
1.129onde poi disse Belisario il grande:
1.130Mundello mio carrissimo e diletto,
1.131eleggi qual tu vuoi di questi niostri
1.132baroni; poi che se ne veggion tanti
1.133che vorrian venir teco i tal negozio;
1.134e non guardare a dignità né a grado,
1.135ma solamente a la virtù ch'è in loro.
1.136Così diss'egli, e poi parlò Mundello:
1.137Or che vi piace ch'io di questi eleggia
1.138qual più mi aggrada, io voglio il buon Traiano,
1.139ch'è di cuor pronto e di giudizio saldo
1.140e buon tolerator d'ogni fatica:
1.141ch'avendo meco quest'almo barone
1.142arei speranza uscir fuor de le fiamme.
1.143A cui rispose il buon duca Traiano:
1.144Lasciamo pur da canto queste lode,
1.145Mundello mio, cerchiam di far qualche opra
1.146utile a questa glorïosa impresa,
1.147che sarem chiari ancor che non vogliamo.
1.148Andiam pur tosto,e non perdiam più tempo,
1.149ch'è già passato il terzo de la notte.
1.150E detto questo, subito s'armaro
1.151d'arme sicure e senza alcun splendore,
1.152e se n'uscir per la Salaria Porta;
1.153né molto spazio s'allongaron quindi
1.154che sentiro a man destra una civetta
1.155che da l'angel Palladio era mandata:
1.156onde allegrossi molto il buon Traiano
1.157e disse: Angel di Dio, tu sei pur sempre
1.158apparecchiato e pronto a darmi aiuto,
1.159e nessun atto mio non t'è nascosto.
1.160Fammi grazia, signor, ch'io faccia prima
1.161qualche bell'opra, e poi ritorni in Roma
1.162sano e con gloria assai maggior che preda.
1.163Così pregò Traiano, e poi Mundello
1.164con le man giunte anch'ei pregando disse:
1.165Non ti partir da noi, celeste messo;
1.166governa il periglioso mio vïaggio,
1.167ch'io faccio voto farti un bello altare
1.168subitamente ch'io ritorni in Roma,
1.169e fare in esso un sacrificio ogni anno
1.170per onorare il tuo divino aiuto.
1.171L'angel Palladio a lor così rispose:
1.172Ite sicuri, o miei diletti amici,
1.173ch'io sarò vosco, e copriròvi tutti
1.174di nebbia tal che non sarete offesi.
1.175Così detto e risposto se n'andaro,
1.176che parean dui fortissimi leoni,
1.177tra corpi morti ed arme sparse e sangue;
1.178né prima giunti fur presso al gran vallo
1.179che sentir voci dolorose e pianti
1.180sì gravi, che parea che fusse giunta
1.181la ruina total di tutti i Gotti,
1.182di che s'ammirar molto i dui guerrieri.
1.183E mentre eran vicini a la gran porta,
1.184e non poteano intrarvi, essendo chiusa,
1.185venne Unigasto, ch'era stato al ponte
1.186e d'indi al vallo del feroce Argalto,
1.187onde fu tosto aperto e tolto dentro;
1.188tal che i baroni senz'esser veduti,
1.189ch'eran coperti da la nebbia oscura,
1.190entror con essolui nel forte vallo,
1.191e quivi intese poi come la causa
1.192di quei dolori eran l'acerbe morti
1.193dei principali de la gente gotta
1.194che furo il dì ne la battaglia uccisi.
1.195Poscia Unigasto, giunto a la presenza
1.196del re, cominciò dire in questa forma:
1.197Alto signor ch'avete in mano il freno
1.198del grande imperio de la gente gotta:
1.199considerando meco tante morti
1.200che son seguite in quest'aspra battaglia,
1.201e del vostro fratello e del mio figlio
1.202e di tant'altri valorosi duchi,
1.203penso che saria buono a porvi modo;
1.204ché, benché paia altrui ch'abbiam vantaggio
1.205ne la giornata d'oggi, io nol conosco:
1.206anzi a me par disavantaggio grande
1.207l'aver spenduto in essa tanto sangue.
1.208Noi combattiam con genti alme e divine,
1.209che come vinte son tornan più fiere;
1.210però venuto sono a ritrovarvi
1.211sì tardo, ché ora è 'l terzo de la notte,
1.212per dirvi apertamente il mio pensiero,
1.213qual è, che noi pigliam qualche compenso
1.214a questa acerba e dispietata guerra.
1.215Argalto dice ch'ha per fermo inteso
1.216come l'imperador farebbe accordo
1.217onesto e buono con la gente gotta:
1.218il che, se fosse, ci trarrìa d'affanni.
1.219Dunque a me par che noi debbiam mandare
1.220a Roma a far la tregua co i Romani
1.221per nove dì, da seppellire i morti:
1.222e 'n questo tempo maneggiar l'accordo.
1.223Dissemi ancora Argalto e Turrismondo
1.224ch'hanno a le mani un altro bel negozio,
1.225che forse il forniranno in questo tempo
1.226con gran profitto de la vostra altezza.
1.227Questo fedel consiglio al re de' Gotti
1.228non spiacque punto, ch'era stanco omai
1.229di guerreggiar con sì feroci genti;
1.230e comandò che Rubicone andasse
1.231quella mattina ne l'aprir de l'alba
1.232ad offerir la tregua a i buon Romani
1.233per nove dì, da seppellire i morti;
1.234e disse ad Unigasto che tornasse
1.235a riposarsi col feroce Argalto.
1.236Udito ch'ebber questo, i dui baroni,
1.237senz'esser mai veduti da persona,
1.238se n'uscir fuori ancor con Unigasto,
1.239e poi disse Traiano al fier Mundello:
1.240Hai tu veduto, frate, che i pensieri
1.241non son men travagliati ne i nimici
1.242di quel che siano i nostri entr'a la terra?
1.243A me parrebbe ancor d'andare in Prati
1.244nel steccato di Marzio, e veder quivi
1.245se potremo buscar qualch'altra nuova.
1.246Disse Mundello: Andiamo, e s'avviaro
1.247per l'empia via che conduceva in Prati;
1.248ma caminaron poco verso il ponte
1.249ch'udiro un che venìa per quella strada,
1.250onde Traiano ancor disse a Mundello:
1.251Mundello, o questi è un uom che vien de Prati
1.252a portar qualche nuova al re de' Gotti,
1.253od è qualcun che va spogliando i morti.
1.254Tiriànci ove è quel subero, e lasciànlo
1.255venirci appresso, e subito piglianlo:
1.256ese ci narrerà cosa che vaglia
1.257lo menerem prigion dentr'a le mura,
1.258se non, l'uccideremo in questo loco.
1.259Così parlando pianamente insieme
1.260si ritiraro al subero, e colui
1.261non stette guari che vi fu vicino;
1.262poi Mundello davanti e Traian dietro
1.263in un medesmo tempo l'abbracciaro,
1.264che pervero dui gatti intorno a un topo
1.265ch'uscito sia del consüeto bucco
1.266e vada incauto a procurarsi cibo.
1.267Come quel meschinel si vide preso
1.268ingenocchiossi, e lagrimando disse:
1.269Non m'uccidete, altissimi signori,
1.270ch'io mi riscoterò con grossa taglia,
1.271e cosa vi dirò ch'a voi sia grata.
1.272Traian rispose: Non temer di morte,
1.273se cosa mi dirai che mi talenti;
1.274ma pria dimmi chi sei, poi donde vieni
1.275e quel che vai facendo in questo loco.
1.276Disse alora il prigion: Son Lucimborgo,
1.277figliuol di Nome sacro de la selva;
1.278e benché 'l padre mio sia molto avaro,
1.279pur è sì ricco di denari e campi,
1.280d'usure e mercanzie, ch'assai tesoro
1.281per la salute mia potrà donarvi.
1.282Io poscia andava a l'alto re de' Gotti,
1.283che 'l duca di Vicenza a lui mi manda
1.284per farli manifesto un gran trattato
1.285che tiene in Roma per aver le mura
1.286che son di qua dal Tebro appresso il ponte.
1.287Al suon di quel trattato, il buon Traiano
1.288aprì le orecchie e dimandolli: Dimmi
1.289ancor più chiaramente questa cosa,
1.290e come volean torci la cittade;
1.291che s'io la scuopro, e troverassi vera,
1.292ti darò premio ancora oltra la vita.
1.293E Lucimborgo disse: Dui Romani,
1.294l'un detto Saturnino e l'altro Gracco,
1.295ch'hanno gli alberghi lor presso a San Piero,
1.296furon da Truffaldello e Rubaldino,
1.297dui giottarelli attissimi a le frodi,
1.298corrotti e mossi con argento ed oro
1.299a far ch'essi portassen su quel muro
1.300acqua alloppiata mescolata in vino,
1.301e darlo quivi a bere a quelle guarde,
1.302che le farian dormir tutta la notte:
1.303onde lieve sarìa prender le mura
1.304con le barchette che porrian nel fiume.
1.305carche di scale e di fiorita gente.
1.306Come udir questo, i dui baroni accorti
1.307lascior la via che gli menava in Prati
1.308e ritornaro al capitanio in Roma,
1.309che gli aspettava a la Salaria Porta.
1.310Come gli vide Belisario il grande
1.311con quel prigion, si rallegrò nel cuore,
1.312e così fecer parimente gli altri
1.313ch'erano seco quivi ad aspettarli:
1.314e come quando ne la gran tempesta
1.315del mar turbato i dui figliuoi di Leda
1.316vengono ad apparir sopra i navigli,
1.317ne l'arbor conquassato o ne le corde,
1.318tutta la gente si rallegra e spera
1.319che sarà salva quell'afflitta nave;
1.320così ne l'apparir de i dui guerrieri
1.321si rallegror le menti de i Romani,
1.322onde poi disse il buon conte d'Isaura:
1.323Valoroso Traian, mastro di guerra,
1.324chi è questo cavalier che voi menate?
1.325A cui rispose il callido Traiano:
1.326Questi abbiam preso or ora ne la strada,
1.327che Marzio lo mandava al suo signore,
1.328ed acci discoperto un pensier folle
1.329ch'avea quel duca di pigliar la terra
1.330e di mandarci tutti a fil di spada.
1.331Ancora io vi so dir che 'l re de' Gotti
1.332è sazio de la guerra, e manderavvi
1.333diman per tempo a dimandar la tregua
1.334per nove dì, da seppellire i morti,
1.335e maneggiar con voi qualch'altro accordo.
1.336Così diss'egli, e poscia a parte a parte
1.337minutamente raccontolli il tutto;
1.338e poscia disse: Io voglio andare ancora
1.339a discoprir le perigliose insidie
1.340che costui m'ha narrate, e voi potrete
1.341andare entro 'l palazzo ad aspettarmi.
1.342Com'ebbe detto questo, dipartissi
1.343subitamente ed andò verso 'l ponte:
1.344quivi trovò che Saturnino e Gracco
1.345a punto preparavan la bevanda
1.346da poter poi portar sopra le mura,
1.347onde gli prese e gli menò al palazzo
1.348e consignolli a Belisario il grande
1.349col lor vino alloppiato entr'un barile;
1.350e Belisario, avendo inteso il vero,
1.351ordinò prima la futura pena,
1.352poi rimandò i baroni a i loro alberghi
1.353per dar riposo a le affannate membra
1.354col grato don de l'ozïoso sonno.
1.355Ma quando venne fuor la bella aurora
1.356a rimenare il dì sopra la terra,
1.357fur tagliate a quei dui l'orecchie e 'l naso,
1.358e posti sopra un asino e mandati
1.359a Marzio per la Porta di san Piero
1.360perché il lor vituperio gli mostrasse
1.361che 'l folle suo dissegno era scoperto.
1.362Poi, fatto questo, Rubicone aggiunse
1.363col mandato del re da l'altra porta;
1.364ed introdotto a Belisario avanti,
1.365che si trovava alora entr'al consiglio,
1.366espose la imbasciata in questa forma:
1.367Illustre capitanio de i Romani,
1.368Vitige re de i Gotti a voi mi manda,
1.369e dice come egli ha per fermo inteso
1.370che 'l vostro imperador farebbe accordo
1.371onesto e buono con la gente Gotta.
1.372Però giudica ben fare una tregua
1.373di nove dì, per sepellire i morti;
1.374e 'n questo tempo maneggiar l'accordo.
1.375A cui rispose Belisario il grande:
1.376Araldo, tu puoi dire al tuo signore
1.377come contenti siam di far la tregua
1.378de i nove dì, per sepellire i morti,
1.379ch'io non contendo con la gente estinta.
1.380Ma quanto a maneggiar l'accordo poi,
1.381faccialo pur col correttor del mondo,
1.382che di ciò ch'ei farà sarem contenti.
1.383Così disse, e giurò sopra il suo scettro
1.384che osserveria l'addimandata tregua:
1.385onde poi Rubicon tornossi al vallo
1.386e referì la tregua esser conclusa.
1.387Alor le genti Gotte se n'andaro
1.388a trovare i lor morti e sepellirli;
1.389così facean da Roma i buon Romani.
1.390Ma Belisario poi si volse e disse
1.391agli altri cavalier ch'avea d'intorno:
1.392Agrippa esser dee morto, ch'io nol veggio
1.393venirmi a visitar come solea.
1.394A cui disse Gualtier: Signor mio caro,
1.395egli non vive, e morse ne la zuffa
1.396che fu fatt'eri con la gente Gotta:
1.397ch'essendo cinto da inimici armati,
1.398come si dice, fé mirabil prove,
1.399poi morto fu da Argalto e Turismondo;
1.400e la consorte sua questa mattina,
1.401come fu giunto qui l'araldo gotto,
1.402uscì con le sue donne a la campagna:
1.403e mi fu detto ch'ella tolse il corpo
1.404ne la carretta seco, e l'ha portato
1.405al fiume, e quivi l'ha lavato ed unto,
1.406poi l'ha vestito ed adornato tutto;
1.407e siede in terra appresso quello estinto
1.408ed il capo di lui sopra i genocchi.
1.409Come udì questo, il capitanio eccelso
1.410si percosse con la man la destra coscia;
1.411poi subito montò sopra il cavallo
1.412con mille cavalier de la sua gente
1.413e se n'andò con essi ove giacea
1.414vicino al Tebro il sventurato Agrippa:
1.415e fece che Traian gli portò dietro
1.416bellissimi ornamenti, per vestirlo
1.417con quelli ed onorar l'estinto amico.
1.418Ma come quivi giunse, e vide in terra
1.419seder la donna con quel morto a canto,
1.420lagrimò per dolore e per pietade,
1.421poi disse al morto Agrippa: Anima fida,
1.422tu sei da noi partita, e ci hai lasciati
1.423per la partenza tua colmi di doglia.
1.424E detto questo, gli toccò la mano:
1.425ma la mano il seguì, ch'era spiccata
1.426dal braccio, che tagliolla il fiero Argalto;
1.427onde si dolse il capitanio ancora
1.428più gravemente, e rese a lei la mano;
1.429ed ella lagrimando la ritolse,
1.430e poi basciolla et addatolla al braccio
1.431al me' che pòte, e sospirando disse:
1.432Così vanno, signor, le cose umane.
1.433Ma che bisogna più che voi miriate
1.434ne i nostri amari e miserabil casi?
1.435Egli è per mia cagion condotto al fine:
1.436io sciocca l'essortai che far dovesse
1.437così, per dimostrarsi amico degno
1.438de la vostra virtù ch'è senza pare;
1.439onde so ben che non pensossi ad altro
1.440che farsi onore, e non pregiar la vita.
1.441Or egli è morto senza aver mancato
1.442né a le parole mie né a vostra altezza;
1.443ed io che l'essortai sono ancor viva.
1.444Così diss'ella, e Belisario il grande
1.445si stette un poco tacito e suspeso
1.446lagrimando con gli occhi, e poi le disse:
1.447O generosa donna, il vostro Agrippa
1.448è giunto a bella ed onorevol morte,
1.449ch'è 'l proprio fin de la virtù de l'uomo.
1.450Però pigliando voi questi ornamenti
1.451nostri, ch'ora vi porta il buon Traiano,
1.452l'adornerete, e noi farènli appresso
1.453un onorato e nobile sepulcro
1.454che fia del suo valor memoria eterna.
1.455Ed anco a voi, per la beltà ch'avete,
1.456per l'onestate e tante altre virtuti,
1.457faremo onor sopra ciascuna donna:
1.458e manderènvi ove vorrete andare
1.459con buona scorta e compagnia sicura.
1.460Ditecel pur senza rispetto alcuno,
1.461ch'essequirem tutta la vostra voglia.
1.462Ed ella: Signor mio, non dubitate,
1.463che pria ch'a questo dì s'asconda il sole
1.464vi farò noto ov'io mi viglia andare.
1.465Alora il capitanio indi partissi
1.466pien di misericordia, ripensando
1.467di qual marito era la donna priva
1.468e qual mogliera Agrippa avea lasciata
1.469senza sperar mai più di rivederla.
1.470Cillenia poi commise a i fidi eunuchi,
1.471Salvidio e gli altri dui ch'avea con lei,
1.472ch'andassero a notar qualche buon loco
1.473da fare un bel sepulcro al lor signore,
1.474come avea detto il capitanio eccelso;
1.475poi mandò l'altre sue donzelle al fiume
1.476a tòrli un vaso pien di liquid'onda,
1.477e la nutrice sua ritenne seco,
1.478e disse: Madre mia, quand'io sia morta
1.479ricopri Agrippa e me d'una sol vesta.
1.480La vecchia intenta al suon de le parole
1.481non intese a che fin l'avesse dette;
1.482ma come vide lei prender la spada
1.483dal fianco del marito, e porla in terra
1.484col pomo, e volger la sua punta al petto,
1.485piangendo corse incontro a le donzelle
1.486per farle venir tosto, et impedire
1.487con ella insieme quella acerba morte.
1.488Allor Cillenia suspirando disse:
1.489Anima santa e di virtù supprema
1.490senza la qual non vuo' veder più luce
1.491ma voglio venir teco ovunque andrai;
1.492e le nostr'ossa mescolate insieme
1.493forse fian poste in una istessa tomba.
1.494E detto questo, fece andar la punta
1.495di quella acuta spada entr'al suo petto
1.496sotto la poppa manca appresso il cuore,
1.497e cadde poi sopra il marito estinto.
1.498In questo tempo corsen le donzelle,
1.499e come vider lei caduta e morta
1.500sopra l'acuta e sanguinosa spada
1.501mandaron un cridor fin a le stelle,
1.502piangendo, urlando e lacerando i panni;
1.503e l'infelice vecchia si traeva
1.504i capelli di testa, e con i pugni
1.505batteasi il petto e si graffiava il volto.
1.506In questo tempo ritornar gli eunuchi;
1.507e quando vider la lor donna estinta
1.508appresso il lor signor, trassen le spade
1.509e se n'andaro a volontaria morte
1.510appoggiando i lor petti a le lor punte.
1.511Ma poi che 'l capitanio intese il caso,
1.512rimase stupefatto entr'al suo petto:
1.513e fece por que' dui fedei consorti
1.514in una bella ed onorevol tomba
1.515e farli essequie sontüose e degne;
1.516né lasciò senza onore anco gli eunuchi,
1.517ma fece sepelirli in un sepulcro
1.518e porvi i nomi loro e la lor fede.
1.519Dapoi nel cominciar di quella tregua
1.520l'eccelso capitanio de le genti
1.521disse in tal forma al callido Narsete
1.522ed a Giovanni, che Vitellio ancora
1.523si solea nominar da tutto il stuolo:
1.524Poi che v'ha detto il correttor del mondo
1.525che debbiate tornare entr'a Bisanzo,
1.526penso che sarà ben ch'andiate prima
1.527per la via d'Adria ch'è di là da Fermo,
1.528ove mandiamo il buon Vitellio nostro
1.529con più di mille cavalieri armati
1.530a scorseggiare e depredare i Gotti.
1.531Però, finita questa nuova tregua,
1.532s'io non vi scrivo quinci altro dissegno
1.533ponete a sacco tutte le lor terre,
1.534pigliando i lor fanciulli e le lor donne;
1.535e voi potrete poi starvi in Ancona
1.536e quindi navicar verso Durazzo:
1.537perché Vitellio andrà con quella gente
1.538quanto più andar potrà presso a Ravenna,
1.539acciò che i Gotti sian constretti anch'essi
1.540guardare a diffensar la sedia loro.
1.541Ben gli ricordo nel passare inanzi
1.542che non si lasci alcun presidio dietro
1.543che poi gli possa dar noia e disturbo.
1.544Così gli disse il capitanio eccelso;
1.545poi la mattina nel spuntar de l'alba
1.546si pose con Vitellio in quel vïaggio.
1.547Da la parte de i Gotti, il fiero Argalto,
1.548spronato e persüaso da Burgenzo
1.549che volea male estremo a Corsamonte,
1.550ritrovò Turrismondo, e poi gli disse:
1.551Turrismondo, tu sai quel che parlammo
1.552l'altr'ieri insieme de la nobil preda
1.553che potrem far nel tempo de la tregua.
1.554La bella principessa di Tarento,
1.555quando partì da Napoli, sen venne
1.556a passi lenti al Garigliano e a Fondi
1.557e quindi a Terracina ed a Priverno:
1.558che per la via non la trovò Giraldo,
1.559che dovea farla gir verso 'l Circeo;
1.560percioché preso fu da certi nostri
1.561soldati, i quali inteso il suo camino
1.562lo dispogliaro e gli taglior la testa:
1.563e poscia andaron sconosciuti a Fondi,
1.564e quivi ritrovor la bella donna
1.565la qual doman dee giungere a Marino,
1.566come affirmavan poi d'averlo inteso
1.567da certi suoi famigli a Terracina.
1.568Andiamo adunque a far sì ricca preda,
1.569che la salute fia del nostro impero.
1.570Rispose Turrismondo: Andiam pur tosto,
1.571ch'io sarò pronto sempre al nostro bene.
1.572Poi, come giunse l'ombra de la notte,
1.573si dipartiro insieme, e se n'andaro
1.574con cinquecento cavalieri armati;
1.575e fér tacitamente una imboscata
1.576tra Belletri e Marin presso a la strada:
1.577ma come il dì seguente indi passaro
1.578Elpidia con Terpandro e la sua corte,
1.579questi subitamente gli assaliro
1.580e gli prenderon tutti, eccetto quattro;
1.581l'un fu Terpandro, e l'altro il buon Favenzo,
1.582i quai vedendo presa la lor donna
1.583e non possendo darle alcuno aiuto,
1.584si posero a fuggir verso Belletri
1.585e d'indi a Sermonetta ad a Priverno
1.586e poscia a la badia di Fossa Nuova,
1.587che cinquecento monachi pascea:
1.588e tolta scorta da l'antico abbate,
1.589che disse lor dov'erano i baroni,
1.590andaro al monte ove abitò già Circe.
1.591La bella Elpidia, che si vide presa
1.592da quelli armati al tempo de la tregua,
1.593ch'a lei fu nota in Fondi e Sermonetta,
1.594disse ad Argalto con sicura fronte:
1.595Signor, quel detto antiquo non è falso,
1.596che i giuramenti de i cattivi sono
1.597scritti ne l'onde, e in marmo quei de i buoni.
1.598Così veggi' or che la promessa fede
1.599e la giurata tregua in tutto è spenta
1.600o cancellata dentr'a i vostri petti.
1.601Ma fate pur di voi ciò che vi piace,
1.602che 'l fermo mio voler non sarà mosso:
1.603e se voi mi farete ingiuria alcuna
1.604me n'uscirò di vita, con speranza
1.605che Corsamonte ne farà vendetta.
1.606Così parlò la donna, e quel barone
1.607a lei ripose umanamente, e disse:
1.608Non dubitate, no, gentil signora,
1.609d'ingiuria alcuna: e pria che 'l sol tramonti
1.610vi conduremo avanti al re de' Gotti,
1.611che poi vi manderà dove gli piaccia:
1.612e serverà tutti gli accordi fatti
1.613secondo il suo costume e la sua fede.
1.614E detto questo, punsero i cavalli,
1.615voltandosi a man dritta fuor di strada;
1.616né si fermaro mai, fin che non furo
1.617nel gran steccato del feroce Argalto,
1.618ove smontaro a rinfrescarsi alquanto
1.619per condur poi la donna al re de' Gotti.
1.620A cui Burgenzo, come udì la presa
1.621d'Elpidia, lieto e sorridendo corse
1.622e disse al re parlando in questa forma:
1.623Signore eccelso e di valore immenso,
1.624io vengo a voi con ottime novelle
1.625che fian cagion de la vittoria vostra:
1.626Argalto e Turrismondo in questo giorno
1.627han presa Elpidia fin presso a Marino,
1.628e con lei son tornati entr'al lor vallo.
1.629Quest'è la principessa di Tarento
1.630già promessa per moglie a Corsamonte,
1.631ch'è 'l miglior cavalier che porti lancia:
1.632onde spero per lei di darvi in brieve
1.633o morto o preso quell'alto barone;
1.634tal che se questo fia, senz'alcun dubbio
1.635si potrà dir per voi la guerra vinta.
1.636Burgenzo appena avea narrato il caso
1.637con gran piacer del re, che venne Argalto
1.638con la donzella presa, e così disse:
1.639Invitto mio signor, quest'è la donna
1.640ch'avemo presa Turrismondo ed io.
1.641Ordinate di lei ciò che vi pare.
1.642Vitige alor si volse ad Unigasto
1.643e disse: Piglierete questa donna
1.644e menerete lei di là dal ponte
1.645a Prima Porta, e quivi in quella rocca
1.646la guarderete con estrema cura:
1.647perch'ella esser poria la gloria nostra.
1.648Terpandro in questo tempo e 'l buon Favenzo
1.649con la scorta del monaco arrivaro
1.650a gli onorati alberghi di Plutina:
1.651e ritrovaro Achille e Corsamonte,
1.652che passeggiavan soli entr'al cortile;
1.653e Corsamonte, come volse gli occhi
1.654e vide i dui baron dolenti in vista,
1.655s'attristò tutto, e poi così gli disse:
1.656Che cosa c'è, Terpandro, e voi, Favenzo,
1.657che venite a trovarci in questo loco?;
1.658ed ei, ch'erano già discesi a piedi
1.659e le destre a le destre avean congiunte,
1.660lagrimor prima, e poi Terpandro disse:
1.661Signore illustre e di supprema forza,
1.662non so se voi sappiate ch'Ermodoro
1.663insieme con Carin venne a Tarento,
1.664ch'ivi mandollo Belisario il grande
1.665per far ch'Elpidia si venisse a Roma,
1.666che volea darla a voi per sua consorte,
1.667sendo pentito del negar che fece
1.668quando per suo marito a lui vi chiese:
1.669ond'ella, che venia per questo effetto
1.670con donne e cavalier de la sua corte,
1.671tra Belletri e Marin fummo assaliti
1.672da più di mille cavalieri armati
1.673che pigliarono Elpidia e gli altri tutti
1.674e gli menaro verso il campo gotto;
1.675e noi, non gli possendo dare aiuto,
1.676se ne fuggimmo pria verso Belletri
1.677e d'indi a l'abbadia di Fossa Nuova,
1.678u' tolta scorta da l'antico abbate
1.679siamo venuti qui sol per trovarvi
1.680e farvi nota la presura amara
1.681di quella donna, e dimandarvi aiuto.
1.682Com'ebbe intesa Corsamonte altiero
1.683l'acerba prigionia de la sua donna,
1.684lagrimò per disdegno e per dolore,
1.685poi disse verso l'onorato Achille:
1.686Fratel mio caro, l'empia mia durezza
1.687m'ha indotto in questo sì crudele affanno.
1.688Or voglio andare a liberar costei,
1.689s'io vi dovesse ben lasciar la vita:
1.690ch'avendo posta in me la sua speranza
1.691non voglio mai ch'abbia sperato indarno.
1.692Andiamo adunque, e non perdiam più tempo.
1.693Questo diss'egli, a cui rispose Achille:
1.694Fratello, il tuo dolor tanto mi pesa
1.695che non manco del mio m'offende il cuore;
1.696onde sarò parato a seguitarti,
1.697se ben tu andassi infin a l'altro polo:
1.698ch'io vuo' per te patire ogni fatica,
1.699ché quel che s'affatica per l'amico
1.700mi par che s'affatichi per se stesso.
1.701Ben io vorrei ch'avendo assai penato
1.702per trar il fel del corpo a questo vermo,
1.703che restassimo ancor quattr'altri giorni
1.704ch'ai venticinque mancano a gir fuori,
1.705tempo prefisso a noi da quella nimfa
1.706per dar la morte al venenoso drago
1.707e torli il fele e risanar Plutina:
1.708questo vorrei che noi facessem pria,
1.709ch'ella c'insegnerà da poi la strada
1.710più facile e più corta e più sicura,
1.711da torre Elpidia da le man de' Gotti
1.712che non sarà l'andar per forza d'arme.
1.713Questo rispose Achille, e Corsamonte
1.714crollò la testa, e sospirando disse:
1.715Non stiamo ad aspettar di dar la luce
1.716a questa fada, e non perdiam quei giorni:
1.717chi sa ciò che sarà fin a quel tempo?
1.718Andiamo pur ad aiutar la donna:
1.719ch'egli è un ricever beneficio, quando
1.720si può far beneficio ad un che 'l merti.
1.721Partianci adunque senza dir più nulla
1.722a queste nimfe qui né a questa fada.
1.723Così diss'egli, e fece che i scudieri
1.724sellaro i lor cavalli e senza indugio
1.725s'armaron tutti, e quindi si partiro;
1.726ma non sapeano poi trovar la porta
1.727ch'uscia fuor di quel monte, se la guida
1.728del monaco gentil non la mostrava:
1.729e, mostrata che l'ebbe, indi partissi
1.730e lasciò i cavalier, che se n'andaro
1.731per la riva del mar fin a Nettuno,
1.732e d'indi ad Ostia, e poi di lungo a Roma.
1.733Ben primamente in Roma erano intrati
1.734Ermodoro e Carin, che fur quegli altri
1.735dui cavalier de i quattro che fuggiro;
1.736e giunti avanti al capitanio eccelso
1.737gli raccontor per ordine quell'onta
1.738che gli fu fatta da la gente gotta.
1.739Il capitanio alor com'ebbe intesa
1.740la rapina d'Elpidia in quella tregua,
1.741si dolse molto, e senz'altra dimora
1.742fece chiamar la gente al suo consiglio:
1.743a cui sciolse la lingua in tai parole:
1.744Signori eletti a liberare il mondo
1.745da l'aspra tirannia de gli empi Gotti
1.746che non osservan mai patti né fede:
1.747sapete pur la tregua che facemmo
1.748non sono ancor sei giorni a loro instanza;
1.749or ce l'han rotta, e preso han ne la strada
1.750tra Belletri e Marin co i lor soldati
1.751la bella principessa di Tarento
1.752ch'i' avea mandata a dimandare a Roma
1.753per darla a Corsamonte per mogliera:
1.754onde fia ben mandare un nostro araldo
1.755a dimandarla al re che ce la renda,
1.756e che ci mandi quei che l'hanno presa
1.757per poterli punir di questa ingiuria
1.758com'è costume antico de i Romani.
1.759Così diss'egli,e subito mandossi
1.760Carterio a fare al re questa dimanda,
1.761il quale aggiunto a Vitige gli disse:
1.762Signore eccelso, io so che voi sapete
1.763la tregua che fu fatta a vostra instanza,
1.764non sono ancor sei dì, per nove giorni:
1.765ora i vostri l'han rotta, ed hanno presa
1.766la bella principessa di Tarento
1.767tra Belletri e Marin sopra la strada;
1.768però mi manda il capitanio nostro
1.769a dimandar la donna e chi l'han presa,
1.770per poterli punir di tanta ingiuria.
1.771A cui rispose il re con tai parole:
1.772Quel che dimanda il capitanio vostro
1.773è certamente fuor d'ogni ragione:
1.774Elpidia anticamente è nostra serva,
1.775né perch'ella si sia da noi fuggita
1.776è però divenuta cosa vostra,
1.777anzi riman qual'era; e se l'abbiamo
1.778fatta tornarsi nel dominio antico,
1.779di giustizia e ragion vi dee restare,
1.780e volem che vi stia mentre che viva.
1.781La tregua fu per sepelire i morti,
1.782e non per dare a voi le cose nostre:
1.783tornate adunque a dire al vostro duca
1.784che noi non gli abbiam fatto alcuna offesa.
1.785L'araldo ritornò senza dimora,
1.786e riferì quella risposta ingiusta
1.787a gli onorati principi romani,
1.788che spiacque molto a tutto quanto il stuolo;
1.789onde alor disse il buon conte d'Isaura:
1.790Signor, la tregua è rotta, e noi siam chiari
1.791del loro empio voler: però cerchiamo
1.792con qualche ripresaglia ristorarci.
1.793Paulino mio figliuol, che noi mandammo,
1.794come sapete, in Ostia a custodirla
1.795mi fa saper che l'altra sera i Gotti
1.796lasciaron Porto senza alcuna guarda,
1.797e se n'andaro a ritrovare Argalto
1.798per stare ivi con lui dentr'al suo vallo;
1.799e dice, se volete ch'ei vi vada,
1.800che acquisterallo in manco di quattr'ore,
1.801ché tutta la città l'aspetta e priega.
1.802Sì sì, rispose ognun, questa fia buona
1.803cosa da ricovrar la donna nostra;
1.804onde espediro Emilio, e vel mandaro.
1.805Come fu quivi, il giovinetto eletto
1.806mandò Paulino a la città di Porto,
1.807che l'occupò senza disturbo alcuno,
1.808ed egli in vece sua rimase in Ostia;
1.809ma quando venne fuor la bella aurora
1.810che la luce del dì portava in fronte,
1.811Ciro, che insieme avea col forte Arasso
1.812la Porta d'Ostia o di San Paulo in guarda,
1.813pria che l'aprisse uscì per la pianchetta
1.814con venti cavalieri, a discoprire
1.815se quivi intorno fussero i nimici;
1.816e caminando dal sinistro lato
1.817e poi dal destro verso la marina,
1.818vide venir sei cavalieri armati:
1.819onde firmossi, e tutto si raccolse
1.820prestamente ne l'arme, ed aspettolli.
1.821Ma come furo alquanto a lui propinqui,
1.822conobbe Corsamonte suo cugino:
1.823onde cavossi l'elmo ed abbracciollo,
1.824ed egli abbracciò lui con tanta festa
1.825quanta si possan far persone umane.
1.826Poi toccata la mano a gli altri tutti
1.827si mise l'elmo, e se n'andaro insieme
1.828dentr'a la porta con letizia immensa,
1.829e d'indi se n'andaro al gran palazzo
1.830ov'era Belisario entr'al consiglio
1.831con tutti quanti i principi romani:
1.832i quali estremamente s'allegraro
1.833per la venuta di quei dui signori.
1.834E Corsamonte poi toccò la mano
1.835al capitanio prima, e d'indi a gli altri,
1.836che con gran tenerezza l'abbracciaro;
1.837e molti avean le lagrime su gli occhi
1.838per l'allegrezza de la sua venuta;
1.839poi tutti quei che solean stare in casa
1.840da le ferite oppressi o d'altra cura
1.841vennero per veder questi signori:
1.842e Corsamonte alor parlando disse:
1.843Illustre capitanio de le genti,
1.844ben conosch'io che saria stato il meglio,
1.845non sol per noi, ma per l'Italia tutta,
1.846non esser nata la discordia nostra;
1.847ma poi ch'è morto quel che ne fu causa,
1.848del cui morir però molto mi duole,
1.849ch'egli era un uom di smisurato ardire
1.850e di forza maggiore assai che senno:
1.851or ch'egli è morto, e quella donna è presa,
1.852per cui son stati questi acerbi mali,
1.853depongo l'ira, e vengo a sottopormi
1.854al vostro eccellentissimo governo.
1.855Ma ben v'essorto, or che la tregua è rotta,
1.856di far uscir le schiere a la campagna
1.857acciò ch'anch'io possa giostrar co i Gotti
1.858e mostrarli il valor de la mia lancia.
1.859Così diss'egli, e s'allegraron tutti
1.860de le modeste sue gentil parole;
1.861poi levò in piedi Belisario il grande
1.862e cominciò parlare in questa forma:
1.863Io dirò, Corsamonte, quel che ho detto
1.864più volte a questi cari miei fratelli:
1.865non si può mai fuggir quel che 'l Ciel vuole
1.866né per consiglio uman né per fatiche,
1.867ch'indi dipendon l'opre de i mortali.
1.868Il Ciel fu quello, il Ciel, che così volse
1.869ch'io vi privasse di sì cara donna
1.870contra la buona mia primiera voglia:
1.871ch'alor certo pensai dentr'al mio petto
1.872di voler darvi Elpidia per mogliera,
1.873e volea sol che s'induggiasse alquanto;
1.874ma non so come il Ciel privommi in tutto
1.875di quel fermo voler ch'avea nel cuore.
1.876Or poi che voi, non risguardando a questo,
1.877vi siete ritornato a darci aiuto,
1.878anch'io voglio onorarvi, e darvi i doni
1.879che vi promesser già Traiano e Ciro;
1.880ma non v'incresca d'aspettare alquanto,
1.881ch'io gli farò portare in questo luoco.
1.882A cui rispose Corsamonte ardito:
1.883Illustre capitan gloria del mondo,
1.884a voi starà il mandarmi i vostri doni
1.885o 'l tenerli apo voi quanto vi piaccia,
1.886che sempre mi saran giocondi e cari.
1.887Or mi par tempo di trattar la guerra
1.888e gir contra i nimici a la campagna:
1.889perch'io non veggio l'ora di provarmi
1.890con Turrismondo, e veder la sua forza;
1.891poi vorrò star fra i primi a la battaglia
1.892ed animar gli amici, e con furore
1.893cacciare a sbaragliar tutti i nimici.
1.894Alor disse Traian queste parole:
1.895Barone illustre e di suppremo ardire,
1.896non si dee mai partire alcun dal giusto
1.897perché 'l nimico suo gli faccia oltraggio
1.898contra giustizia, perché sempre è meglio
1.899che 'l torto sia dal canto del nimico.
1.900Dovendo adunque ancor durar la tregua
1.901co i Gotti e tutto questo giorno e l'altro,
1.902sarà ben aspettar ch'ella finisca,
1.903e dopo quella andare a la battaglia.
1.904In questo mezzo attenderà ciascuno
1.905a ristorar le lor persone e l'arme,
1.906per uscir poi più vigorosi al campo;
1.907e 'l capitanio eccelso de le genti
1.908farà portare i suoi promessi doni
1.909perché noto vi sia quanto v'onora.
1.910Questo disse Traiano, a cui rispose
1.911l'eccelso capitanio de le genti:
1.912Molto m'aggrada il dir del buon Traiano:
1.913restisi adunque, e vederansi i doni;
1.914poi tutti ne verrete a pransar meco
1.915per far più ferma e più gioconda pace.
1.916E detto questo, fece andar Fonteio
1.917e Pomponio e Filippo ed Alessandro
1.918ed Armenio e Rutilio e Camerino
1.919col buon Traiano a tuor tutti quei doni;
1.920ed essi ritornaro in un momento
1.921con molti servi lor carghi di robbe:
1.922e portar primamente venti pezzi
1.923di drappo d'oro e venti di velluto,
1.924venti di rasi e venti di damaschi,
1.925ed una bella tavola d'argenti
1.926doppia di vasi, ed altretanti d'oro;
1.927e dopo questi dodici corsieri
1.928furon menati e sette belle ancelle
1.929modeste e che san far tele e ricami;
1.930ed ogni cosa in mezzo a quel consiglio
1.931fu posta, ch'allegrò tutta la gente,
1.932da poi l'ardito Corsamonte disse:
1.933O Re del ciel, tu dài molti disturbi
1.934a le mondane genti, acciò che ognuno
1.935del tuo sommo valor più si ricordi.
1.936Da te processe il sdegno che n'offese,
1.937e da te nascerà forse il rimedio
1.938a questo grave mal ch'ora ci preme:
1.939ben quanto avanza il capitanio nostro
1.940d'ingegno e forza ogni persona umana,
1.941tanto supera ognun ch'al mondo sia
1.942d'animo invitto e liberale e grande;
1.943ond'io gli resterò sempre obligato
1.944di sì bei doni e di sì grande onore
1.945che fatto m'ha ne la presenza vostra.
1.946Così diss'egli, e quei donzelli accorti
1.947dièro i bei doni a i Tartari del duca
1.948che ratto gli portaro entr'a l'albergo.
1.949Appena avean queste parole ditte,
1.950che giunse in Roma un messaggier de i Gotti:
1.951il qual venuto a Belisario avanti
1.952incomenciò parlare in questa forma:
1.953Illustre capitanio de i Romani,
1.954l'eccelso re de i Gotti a voi mi manda,
1.955e si lamenta de la vostra gente
1.956che gli ha tolte le terre, onde vi chiede
1.957che gli rendiate la città di Porto
1.958ch'hanno occupata al tempo de la tregua.
1.959A cui rispose Belisario il grande:
1.960Quel re sa ben ch'ei non gli han tolto nulla,
1.961però che i cittadin di quella terra
1.962n'eran patroni, e questi gli han chiamati
1.963e data la città ne le lor mani.
1.964Ma voi ci avete ben rotta la tregua,
1.965e tolta Elpidia nostra in su la strada
1.966accompagnata da le nostre genti,
1.967né l'avete renduta al nostro araldo
1.968che ve la dimandò per mie parole.
1.969Or fate come il debitor maligno,
1.970che per non satisfar ciò che è tenuto
1.971dimanda al creditor senza vergogna
1.972cosa che in lei non ha ragione alcuna.
1.973Tornate adunque a dire al signor vostro
1.974che renda Elpidia, e non dimandi Porto.
1.975Alora disse Rubicone araldo:
1.976Poi che le differenze de la tregua
1.977si convengon chiarir con l'armi in mano,
1.978vi dico ancor come il feroce Argalto
1.979vi fa saper che s'egli è alcun de' vostri
1.980ch'ardisca di condursi a corpo a corpo
1.981a combatter con lui, si metta in punto
1.982e venga al pian ch'è sotto san Lorenzo
1.983e porti tutte l'arme che gli piaccia:
1.984ch'ei parimente porterà quell'arme
1.985ch'a lui fian grate per combatter seco;
1.986e non rifiuta alcun del vostro campo,
1.987da Corsamonte in fuor, che Turrismondo
1.988brama giostrar con lui quando ritorni.
1.989Poi vuol che si combatta infin che l'uno
1.990doni col sangue la vittoria a l'altro:
1.991e vuol, s'ei vince che gli diate Porto
1.992e, se fia vinto, renderavvi Elpidia.
1.993Come udì questo, l'onorato Achille
1.994si volse al capitanio, ed ei col cenno
1.995gli consentì di far quella risposta;
1.996onde poi disse a lui: Gentile araldo,
1.997potrete riferire al vostro Argalto
1.998ch'Achille accetta di combatter seco
1.999sì per l'onor de i principi Romani
1.1000come per vendicar l'ingiurie e l'onte
1.1001di Corsamonte e mie, perché deen sempre
1.1002l'ingiurie de gli amici esser comuni.
1.1003E questo non direi per Corsamonte,
1.1004che faria me' di me le sue vendette,
1.1005s'io non lo riserbasse a Turrismondo:
1.1006ma Turrismondo poi, come lo senta,
1.1007vorrebbe forse esser di là dal Gange.
1.1008Quanto a l'arme che dice, io son contento
1.1009venir con arme e senza a tal duello:
1.1010per dimostrarli che i Romani ignudi
1.1011lo vincerian tutto coperto d'arme.
1.1012Del premio ch'aver debbia quel che vinca,
1.1013se 'l capitanio eccelso lo consente,
1.1014m'accordo a voler far ciò che voi dite.
1.1015Questo diss'egli, e Belisario il grande
1.1016rispose prestamente: Io vel consento;
1.1017ma voglio ben che pria che si combatta
1.1018ch'anco il re giuri di serbar tal patto,
1.1019come farò ancor io presente ognuno.
1.1020Tornate adunque, Rubicone, al vallo;
1.1021e riferite al re come dimane
1.1022verrò col mio guerriero a la campagna;
1.1023e quivi prima giurerem l'accordo,
1.1024poi si combatterà fin ch'al Ciel piaccia
1.1025di donar la vittoria ad un di loro.
1.1026E così detto, lasciò gir l'araldo.
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