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1.1Vedeasi ancora in ciel la bella stella
1.2che non s'asconde a l'apparir del giorno,
1.3quando 'l Motor de le sustanze eterne
1.4mandò dal suo bell'occhio opposto a Marte
1.5l'angel Contenzïoso fra i Romani:
1.6questi co i segni de la guerra in fronte
1.7discese in campo Marzio, ove per tempo
1.8s'incominciava a ragunar la gente
1.9ch'avea prenduto cibo per trovarsi
1.10più vigorosa a la battaglia acerba.
1.11Come fu quivi, quel superbo messo
1.12gridò con voce paventosa ed alta
1.13che si sentì per tutte le contrade
1.14di Roma, come fa l'orribil trono
1.15quando accompagna i fulguri di Giove;
1.16tal che destò ne' petti de i Romani
1.17ardire e forza e sì sfrenato ardore
1.18di sangue e d'arme, ch'a ciascun pareva
1.19il ritrovarsi a fronte co i nimici
1.20più dolce assai che riposarsi in casa.
1.21Belisario dapoi con alta voce
1.22comandò che ciascun prendesse l'arme;
1.23ed egli armossi: e prima i sproni d'oro
1.24si pose e le schiniere, e poi le arnise
1.25tutte di ferro lucido e dorate
1.26mirabilmente là presso al genocchio;
1.27e sopra l'assettato suo gipone
1.28si pose i fiancaletti, e poi si cinse
1.29a i stretti fianchi la sicura falda,
1.30d'una maglia finissima d'acciale,
1.31che solamente ne le parti estreme
1.32aveva un fregio di magliette d'oro.
1.33Poi sopra queste pose la corazza
1.34che 'l gran Giustinïan gli aveva donata
1.35quando 'l mandò in Italia a liberarla:
1.36questa fu prima d'Atila feroce,
1.37e Zelibe donolla al buon Giustino
1.38quando con lui fé lega contra i Persi,
1.39la qual fu poi cagion de la sua morte.
1.40Questo era tutta di sì fino acciale
1.41che nol potea signar taglio di spada,
1.42e risplendea come brunito argento:
1.43questa avea dui serpenti intorn'al collo
1.44d'oro e di smalti varïati in modo
1.45ch'esser parean la figlia di Taumante
1.46quando nel cielo appar dopo la pioggia,
1.47e ne l'estremo lembo un fregio d'oro
1.48la scorrea tutta con mirabil arte.
1.49Poi fece porsi i braccialetti in braccio,
1.50fregiati d'oro anch'ei presso a la mano:
1.51indi gli fu vestito un bel saggione
1.52di brocato gentil, cargo di perle
1.53rotonde e grosse e di bianchezza immensa.
1.54Da poi si cinse l'onorata spada,
1.55col manico di prasma e 'l fodro d'oro,
1.56e 'l pugnaletto avea da l'altro fianco,
1.57guarnito anch'esso di mirabiol gemme.
1.58Fecisi anco allacciare i gran spalazzi
1.59fregiati d'oro, e prese i guanti in mano,
1.60e la celata si fé porre in testa
1.61di gemme adorna e di purpuree penne.
1.62Dapoi salì sopra il suo buon Valarco,
1.63ed avviossi al gran campo di Marte
1.64co i suoi dugento alabardieri intorno:
1.65e 'l giovinetto Elpisto avea davanti,
1.66ch'era figliuol de l'onorato Magno;
1.67questi portava a lui la lancia e 'l scudo
1.68e l'elmo eletto col cimier del sole,
1.69l'elmo non manco buon di quel d'Achille
1.70che fece a Teti il protettor di Lenno.
1.71Poi dietro al capitan, baroni e duchi
1.72givano armati di finissime arme:
1.73il splendor de le quali era sì grande
1.74che se n'andava fiammeggiando al cielo,
1.75e la bella Giunone e 'l biondo Apollo
1.76per acquistarli ancor maggior vaghezza
1.77gli facea l'aria scintillar d'intorno.
1.78In questo tempo il generoso Agrippa
1.79parimente s'armò di lucid'arme;
1.80e sopra quelle pose un bel saggione
1.81di veluto rosin consperso d'oro
1.82che la bella Cillenia sua consorte
1.83ricamato gli avea con le sue mani
1.84quand'era ne l'albergo di Costanzo,
1.85e poscia appresentollo al suo marito
1.86mentre s'armava per andare al campo:
1.87ond'ei con meraviglia riguardollo
1.88e poi le disse: Cara mia consorte,
1.89arestu mai disfatti gli ornamenti
1.90de le tue membra per coprirmi l'arme?
1.91Ed ella: Signor mio, molto più caro
1.92ornamento mi fia quando ciascuno
1.93esser vi creda di eccellenzia tanta
1.94quanta parer solete a gli occhi miei.
1.95E mentre ciò dicea, le belle guancie
1.96di rugiadose lacrime bagnava,
1.97ch'a mal grado di lei si dimostraro.
1.98Ma come Agrippa fu così vestito,
1.99s'accrebbe in lui la natural bellezza,
1.100e dimostrò i costumi alti e regali:
1.101onde prese la briglia del cavallo
1.102ed alzò il manco piè per porlo in staffa.
1.103Alor Cilenia disse a quella gente
1.104ch'era ivi intorno: Trattevi da parte,
1.105ch'io vuo' dire due parole al mio consorte,
1.106e tutte le persone s'allargaro.
1.107Ed ella, volta a lui, così gli disse:
1.108Signor mio caro, se mai donna in terra
1.109amò il marito suo più che se stessa,
1.110credo ch'a voi sia noto ch'io son quella:
1.111né di ciò voglio numerare i segni,
1.112che i fatti il mostreran più che le voci.
1.113Nondimeno io vi giuro, essendo tale
1.114com'io vi dico, e di sì caldo fuoco,
1.115ch'io vuo' più tosto andar con voi sotterra,
1.116sendo onorato e glorïoso al mondo,
1.117che star in vita vergognosa e vile,
1.118moglie d'un uom che sia privo d'onore.
1.119Oltre di questo, so che voi sapete
1.120ch'a Belisario avemo obligo eterno:
1.121perciò che essend'io presa in le sue mani
1.122non m'ha tenuta come serva o come
1.123libera in vita disonesta e vile,
1.124ma a voi serbata m'ha non altrimente
1.125che s'io fosse moglier d'un suo fratello;
1.126onde promessi a lui, quando fu morto
1.127l'animoso Costanzo, ch'egli arebbe
1.128un uom miglior di quel ch'era defonto:
1.129però mandai Salvidio a dimandarvi.
1.130Serbate adunque a lui la mia promessa
1.131e dimostrate il vostro alto valore.
1.132Così diss'ella, e 'l buono Agrippa molto
1.133ammirò il suo parlare, e poi tocolli
1.134la spalla, e disse risguardando al cielo:
1.135O sempiterno Dio, fa ch'io sia degno
1.136marito di Cillenia, e degno amico
1.137del vicimperador de l'occidente.
1.138E detto questo, mise il piede in staffa
1.139e salì leggiermente in sul destriero,
1.140ch'era coperto di minute piastre:
1.141e volendol spronar, la bella donna,
1.142non avendo altro che basciar di lui,
1.143gli basciò quelle piastre del cavallo.
1.144Poi mentre andava il generoso Agrippa
1.145in Campo Marzio a ritrovar la gente,
1.146a passo a passo ella gli andava dietro:
1.147onde rivolto videla, e le disse:
1.148Cillenia, ove ne vai? Tornati a casa.
1.149Ed ella, udito questo, ritornossi
1.150indietro a la sua stanza, accompagnata
1.151da i fidi servi e da le buone ancelle.
1.152Agrippa aggiunse il capitanio eccelso
1.153ne la Via Lata, e salutollo; ed egli
1.154con accoglienzia grata lo raccolse:
1.155poi ragionando l'uno e l'altro insieme
1.156tosto arrivaro al deputato luoco.
1.157Ma come il capitan fu ne la gente,
1.158che tutta in Campo Marzio era adunata,
1.159andò il gridar d'ognun fino a le stelle:
1.160e 'l Re del cielo, in segno de le morti
1.161ch'esser doveano in quello aspro conflitto,
1.162mandò ruggiada sanguinosa in terra.
1.163Alora il capitanio de le genti
1.164scese giù del destriero, e poi salìo
1.165sopra un suggesto e disse este parole:
1.166Sappiate, valorosi miei fratelli,
1.167che non per tema de i nimici nostri
1.168né perch'io creda in voi minor virtute
1.169né minor forza de la gente Gotta
1.170ho differito tanto il fatto d'arme;
1.171ma perché, avendo molte volte vinto
1.172con poca quantità de i miei soldati
1.173un numero infinito de i nimici,
1.174mi parea meglio andar per quella strada,
1.175ch'io trovai buona, che tentarne un'altra
1.176ch'esser porìa periculosa e trista:
1.177perché la nuova esperïenza sempre
1.178suole esser men sicura de l'antica.
1.179Pur vedendo or tanta prontezza in voi,
1.180e gir con tanto ardore a la battaglia,
1.181prendo dentr'al mio cuor molta speranza:
1.182né voglio darli impedimento alcuno,
1.183ché l'animosa voglia de i soldati
1.184spesso fu causa di vittorie grandi.
1.185Veramente i' conosco che voi siete
1.186di virtù d'arme assai miglior di loro:
1.187il che mostrato avete in molte zuffe,
1.188ne le quai tutte sempre avete vinto
1.189con poca quantità le schiere immense.
1.190Fate che parimente in questo giorno
1.191la virtù vostra si dimostri chiara:
1.192che questo dì darà il giudizio fermo
1.193di ciò che arete fatto in questa guerra.
1.194Voi combattete per la patria vostra
1.195e per la libertà d'Italia tutta
1.196contra quei ladri che ve l'han rubbate:
1.197e le racquisterete in questo giorno,
1.198se voi sarete equali a voi medesmi;
1.199né solo arete in questo il nuovo aiuto
1.200de la gran gente che menò Narsete
1.201e del popol di Roma, omai maestro
1.202fatto ne l'ordinanze de la guerra,
1.203ma ancor da i Gotti, che provate avendo
1.204le vostre forze, e che fur sempre vinti,
1.205non aran più con voi l'usato ardire.
1.206Andiamo adunque arditamente fuori
1.207a far questa onorevole giornata:
1.208spendete arditamente le saette,
1.209non risparmiate né cavalli od arme:
1.210ché tutto quel che ognuno arà perduto
1.211ne la battaglia acerba contra i Gotti
1.212da me reso gli fia molto migliore.
1.213Così parlò quel capitanio eletto;
1.214e tutte quelle schiere ch'eran ivi
1.215cridaro ed accettaro il suo parlare:
1.216onde disceso poi giù del suggesto
1.217condusse quelle genti a la campagna
1.218tra la Pinciana e la Salaria Porta,
1.219e quivi le ordinò, tenendo prima
1.220il destro corno per la sua persona,
1.221ov'eran posti molti de gli aiuti
1.222de i colligati principi del mondo;
1.223e tutti aveano i lor prefetti avanti,
1.224Cosmondo, Albino, Gordio e 'l fier Suarto
1.225e la gentil Nicandra e 'l forte Arasso.
1.226Da l'altra parte, nel sinistro corno,
1.227volse che fusse il buon figliuol di Araspo
1.228con altretanta parte de li aiuti,
1.229ch'aveano anch'essi i lor prefetti avanti:
1.230il re de' Saraceni e 'l re de i Lazi
1.231e quel d'Iberia e quel de gli Azumiti,
1.232ch'era re nuovo, nominato Azemo,
1.233e fatto in luogo del fratello Adardo
1.234che Turrismondo uccise a Ponte Molle;
1.235fuvvi anco Teodorico e 'l grande Olimpo.
1.236Poscia ordinò le legïoni in mezzo,
1.237ch'erano quattro, co i tribuni avanti:
1.238onde Acquilin con gli altri suoi compagni,
1.239che la Seconda Italica reggea,
1.240stava a man destra appresso il destro corno;
1.241e in piè di Corsamonte era Tarmuto
1.242col fier Mundello e con Sertorio e gli altri
1.243che l'Italica Prima aveano in cura,
1.244ch'andaro al lato del sinistro corno.
1.245Ma Valeran, che venne con Narsete
1.246e con le nuove legïon, fu posto
1.247con la Italica Terza in mezzo il stuolo
1.248dal lato di Acquilino; e poi Canonte,
1.249ch'avea la Quarta, andò presso a Tarmutto,
1.250onde 'l mezzo tenean de la falange:
1.251ne la qual poi le genti de gli astati
1.252tutti ordinò ne la primiera fronte
1.253a sedeci per fila, e i capi avanti;
1.254e dietro a questi ne la istessa forma
1.255ordinò i principai da lunge alquanto:
1.256poi col genocchio in terra i buon triari
1.257stavano in dietro a l'ultime riscosse;
1.258e ne' gran spazi ancor ch'avea lasciati
1.259tra l'una e l'altra legïon vi pose
1.260i veloci e gli arcieri e i balestrieri,
1.261acciò che quindi primamente usciti
1.262dovessen dar principio a la battaglia.
1.263Orsicin con le machine nel mezzo
1.264pose, tra l'una legïone e l'altra
1.265che reggean Valerano e 'l buon Canonte;
1.266e poscia a canto di ambedua le corna
1.267volse locare i cavalieri in rombo:
1.268e 'l buon Agrippa quei del corno destro
1.269reggeva, e 'l bel Sindosio quei de l'altro;
1.270e gli strasordinari aveva posti
1.271in ordinanza dietro al destro corno,
1.272e gli serbava per la sua persona,
1.273da dare aiuto ovunque era bisogno.
1.274A questo modo il capitanio eccelso
1.275ordinò le sue genti a la battaglia.
1.276Da l'altra parte i furibondi Gotti,
1.277com'ebber viste le romane schiere
1.278fuor de le mura, e porsi in ordinanza,
1.279s'armaron tutti con furore immenso,
1.280e venner fuor de i lor muniti valli:
1.281Vitige prima e Turrismondo altero
1.282erano avanti, col feroce Argalto;
1.283e poscia Teio e Totila e Bisandro,
1.284Aldibaldo, Unigasto e Rodorico
1.285seguian con gli altri principi e signori.
1.286Ma come furon ragunati insieme,
1.287Vitige re si volse ad Unigasto
1.288e disse: E' ben ch'andiate a Ponte Molle
1.289con cinquecento cavalieri armati,
1.290e custodir quel passo, acciò che quindi
1.291non ci assalisse la nimica gente.
1.292Così gli disse; ed ei tosto si mosse
1.293per essequir la voglia del signore.
1.294Poi Vitige rivolto a i suoi soldati
1.295aprì la bocca sua con tai parole:
1.296Parrà forse ad alcun che per timore
1.297ch'i' abbia di perder l'acquistato impero
1.298v'essorti spesse volte a la fortezza:
1.299questo certo non è, perch'io non temo
1.300né morte né depor questa corona
1.301per la salute de la nostra gente;
1.302Anzi vorrei la mia purpurea vesta
1.303lieto spogliarmi, per vestirne un altro
1.304signor che fosse anch'ei de i nostri Gotti.
1.305Ma bene ho dentr'al cuor molto dolore,
1.306ché questa nostra glorïosa gente
1.307diverrà serva di persone esterne,
1.308se la vostra virtù non la difende:
1.309siate animosi adunque, e non schivate
1.310d'aver ne l'arme glorïosa morte,
1.311perché la morte glorïosa sempre
1.312suol fare illustre la passata vita,
1.313e, venga quando vuol, non è mai presta.
1.314Se questo penserete, io veggio vinte
1.315agevolmente queste poche genti
1.316da voi, che son la fece de i Romani,
1.317fatte superbe per li nostri mali
1.318e per le ingiurie molte che ci fanno;
1.319ma ben di tutto porteran la pena,
1.320se sveglierete la virtù ch'è in voi
1.321e se risguarderete al vostro onore
1.322ed a la gloria de gli antichi nostri.
1.323Così parlò quel re, feroce in vista,
1.324e poi gli pose tutti in ordinanza,
1.325ponendo in mezzo gli animosi fanti
1.326e i cavalier ne l'uno e l'altro corno.
1.327Alor si vide Turrismondo altero
1.328uscir de l'antiguardia avanti a gli altri
1.329come si vede uscir la fiera stella
1.330del Cane fuor de le densate nubi:
1.331ed avea l'arme sue tanto lucenti
1.332quant'è il splendor de i fulguri del cielo;
1.333né solamente si vedea tra i primi,
1.334ma spesso tra i mezzani e tra i postremi,
1.335come se fosse in lui tutta la cura
1.336di quella armata e numerosa gente.
1.337vennero ancor dal ciel per darli aiuto
1.338l'angel Gradivo e la Contesa acerba:
1.339la Contesa avea il Crido ed il Tumulto
1.340seco, e Gradivo avea l'orribil asta.
1.341Quando 'l gran Belisario ebbe veduto
1.342uscire i Gotti arditamente al campo,
1.343discese giù del suo destrier Vallarco
1.344e ratto se n'andò di squadra in squadra
1.345per destar meglio in loro anima e forza;
1.346ed a quei ch'eran pronti a la battaglia
1.347dava ardimento con parole tali:
1.348So che non vi scordate, o buon Romani,
1.349del vostro ardire e de l'usate forze;
1.350onde per voi sicuramente spero
1.351ch'oggi farem vendetta de le offese
1.352che fatte ci han questi ribaldi Gotti,
1.353ch'hanno spogliato e dirrubato il mondo;
1.354e pria porrem l'Italia in libertade,
1.355dapoi saccheggerem gli alberghi loro
1.356e condurremo ne le nostre navi
1.357le lor mogliere e i pargoletti infanti.
1.358Ma se vedea qualcun di quelle schiere
1.359che fusse lento e timoroso in vista,
1.360lo riprendea con tal parole oneste:
1.361Credo che non sappiate esser Romani,
1.362e che 'n tutto vi sia di mente uscita
1.363la vera gloria de gli antichi nostri:
1.364così vi veggio star suspesi e lenti,
1.365e riposar come cervette stanche
1.366che non conoscon né vigor né forza.
1.367Itene allegri a l'onorata zuffa,
1.368che 'l Re del cielo a noi porge la mano.
1.369In questo modo Belisario il grande
1.370giva essortando l'ordinate schiere.
1.371Ma come fu vicin l'un campo a l'altro
1.372quanto un buon gettetor trarrebbe un sasso,
1.373subitamente rimontò a cavallo,
1.374e poscia fece condensar le squadre,
1.375onde ciascun di lor si volse a l'asta;
1.376e quivi si fermò la destra fila,
1.377poi la seconda fece un passo inanzi
1.378e quella ch'era terza ne fé dui,
1.379la quarta tre ne fece; e così ognuna
1.380od'un passo avanzò l'altra, onde vicine
1.381si fro a un tempo, e poi tornaro al dritto.
1.382Alor fermossi il primo giugo, e gli altri
1.383giughi si fecer parimente avanti
1.384come le file; e così furon densi,
1.385che 'l mezzo di ciascuno era dui piedi
1.386sì come prima n'occupavan quattro.
1.387E fatto questo, il capitanio ardito
1.388gli fece il segno dar de la battaglia:
1.389onde i veloci fanti con gli arcieri
1.390e con color ch'avean balestre e fonde
1.391usciron fuor de i spazii ov'eran posti,
1.392e ratto se n'andor contra i nimici:
1.393ed i nimici contra loro andaro
1.394ferocemente con saette e lance
1.395e poco stando i cavalieri ancora
1.396de l'una e l'altra parte s'incontraro,
1.397e dietro a lor le legïoni armate
1.398con ordine mirabile fur mosse
1.399secondo il comandar del capitano.
1.400Alor si cominciaro a sentir cridi
1.401ed urti di cavalli, e romper lance
1.402ne i forti scudi e far votar le selle,
1.403e gemiti di gente che morìa
1.404e voci altere di chi dava morte.
1.405E come quando vengon dui torrenti
1.406da gli alti monti in qualche ombrosa valle
1.407ove congiungon le lor turbide acque,
1.408che son cresciute da veemente pioggia
1.409e da l'entrarvi assai fossati e rivi,
1.410fanno sì gran rumor che de lontano
1.411il pastorel che pasce le sue gregge
1.412onde ne i monti il strepito de l'onde;
1.413così nel mescolar di quei gran stuoli
1.414s'udìa da lunge un strepito sì grande
1.415che penetrar potea fino a le stelle.
1.416Alor si vide il capitano eccelso
1.417non stare indarno, e non fuggir fatica
1.418né schivare i perigli de la guerra:
1.419perch'ora se n'andava al destro corno
1.420co i suoi strasordinari a darli aiuto,
1.421ora al sinistro, ed ora era nel mezzo,
1.422sempre aiutando i deboli e gli oppressi;
1.423ma vedendo che i Gotti instavan molto,
1.424ch'aveano assai più numero di gente,
1.425onde sempre avanzavan del terreno:
1.426temendo non rompesseno i Romani
1.427diede la sua celata al bello Elpisto
1.428e da lui fece darsi il lucid'elmo
1.429e parimente ancor la lancia e 'l scudo,
1.430e poi spronò Vallarco verso i Gotti.
1.431E primamente uccise Galerato,
1.432ch'era fratel di Vitige e reggeva
1.433la città di Forlì press'al Montone:
1.434a questo pose il ferro entr'a la vista
1.435de l'elmo, e penetrò fin al cervello,
1.436onde subito cadde in terra morto
1.437con gran romor, come robusta quercia
1.438che sbarbata dal vento a terra caschi;
1.439e dietro a lui trovossi il forte Adolfo,
1.440che fu figliuol di Arnesto e di Marina,
1.441sorella già del misero Teodato:
1.442questi, ferito anch'ei da l'empia lancia
1.443di Belisario, e nel passare avanti,
1.444morto se ne caddeo sopra il terreno.
1.445Uccise poi Garbin, ch'era fratello
1.446del fiero Argalto ed Abano e Rubesto:
1.447questi eran tutti tre congiunti insieme,
1.448e fatto avean tra loro un pensier folle,
1.449che fu che se 'l primiero era sforzato
1.450dal capitanio abbandonar la sella,
1.451che gli altri dui farian la sua vendetta;
1.452perché, trovando il capitan disconzo,
1.453con le lor lance poi l'arian ferito,
1.454e forse gli arian data acerba morte.
1.455Ma questo fatto andò d'altra maniera:
1.456perché come Garbin fu prima tocco
1.457da Belisario con la forte lancia
1.458sotto la poppa manca, si distese
1.459morto sul piano, e morsicò il terreno;
1.460Abano caldo poi da l'ira e sdegno
1.461de la fraterna morte, in mezzo al scudo
1.462del capitano pose la sua lancia,
1.463che rotta se n'andò volando in pezzi:
1.464ma non lo mosse, come fosse un scoglio
1.465che sia percosso da terribili onde;
1.466e Belisario pose mano al brando,
1.467e lo ferì d'un colpo ne la gola
1.468che fece andarlo palpitando al piano.
1.469Dopo la morte d'Abano, Rubesto
1.470ruppe anch'ei la sua lancia entr'al gran scudo
1.471del forte Belisario, e non lo mosse:
1.472mad ei tirolli un colpo in mezz'al naso
1.473col brando, e lo partì fin a le labbra;
1.474poscia andò inanzi quella fiera punta
1.475e dentro penetrò fin al cervello,
1.476onde l'alma gli uscì fuor de le membra.
1.477Non altrimente un fier leone ardente,
1.478quando talor s'incontra in un drapello
1.479di male accorti e giovanetti cervi
1.480che da la madre sua non sian lontani,
1.481tosto co i denti le lor carne frange
1.482tenere e l'ossa, ed ella per paura,
1.483se ben gli è appresso, e la sua morte vede,
1.484dentr'a le selve ratto si nasconde,
1.485ché sa che non può darli alcun soccorso;
1.486così né i Gotti né il feroce Argalto
1.487poteron dare a i giovinetti aiuto,
1.488ma si fuggiro inanzi al gran Romano
1.489e si rittrasser fra le armate genti.
1.490Arbengo dopo lor gli venne contra,
1.491ch'era cugin di Turrismondo altero:
1.492e menò un gran fendente al capitano
1.493sopra il buon elmo, e 'l capitan vi pose
1.494la spada sotto, e quella andò sì inanzi
1.495ch'Arbengo la toccò col fin del braccio
1.496vicino al polso, onde la destra mano
1.497con la spada ch'avea gli cadde in terra;
1.498e Belisario anch'ei menò un fendente,
1.499e quel meschin lo riparò col braccio
1.500sinistro, perch'avea lasciato il scudo,
1.501e l'altra man gli fé cadere al piano:
1.502così lasciollo il capitanio andare
1.503co i sanguinosi mocherin tra i Gotti
1.504che già si cominciavano a ritrarsi
1.505e non potean durar contra i Romani.
1.506I pedoni uccidevano i pedoni,
1.507i cavalieri i cavalieri, e molta
1.508polve moveano i piè de i lor cavalli;
1.509e come il battador verso la sera
1.510la biada avventa ch'ave il giorno scossa
1.511fuor de la paglia co i commessi legni
1.512per far dal grano separar le ariste:
1.513lo geta con la palla incontra 'l vento,
1.514e quello indietro fa tornar la bulla,
1.515onde l'avventador tutto se imbianca;
1.516così 'l gran capitanio de le genti
1.517co i suoi Romani s'imbiancavan tutti
1.518da la polve levata da i cavalli
1.519e da i lor piè, ch'infino al ciel salia:
1.520poi così polveroso e pien di sangue
1.521giva occidendo, e comandando a gli altri
1.522che non dessen riposo a le lor spade.
1.523Ma come spesso in una selva folta
1.524di grassi pini e di nodosi abieti
1.525s'apprende il fuoco, e ratto si diffonde
1.526in ogni parte dal soffiar del vento,
1.527onde a terra ne vanno arbori e piante
1.528sforzati dal furor di quelle fiamme;
1.529così vedeansi andar le teste Gotte
1.530a terra inanzi a Belisario il grande.
1.531L'angel Gradivo con mirabil arte
1.532tenìa lontano Turrismondo altero
1.533dal sangue, da la polve e da le morti,
1.534ché così volle il gran Motor del cielo;
1.535onde lo fece ritornar nel vallo
1.536per medicare il sventurato Arbengo
1.537che dimandolli lacrimando aiuto:
1.538quivi pensò di medicarlo prima
1.539e poi tornare a far di lui vendetta.
1.540Il capitanio poi seguiva i Gotti,
1.541e comandava a gli ottimi Romani
1.542ch'instassen contra lor ch'erano in fuga:
1.543e già fuggian come smarriti armenti
1.544che vedeno il leon presso a le mandre;
1.545ma quando i Gotti fur presso a la porta
1.546del gran steccato, si fermaron quivi,
1.547perch'era chiusa e non poteano intrarvi.
1.548Alora Argalto volse il suo cavallo
1.549e saltò in terra e prese un'asta in mano,
1.550e giva per le squadre ed essortava
1.551i Gotti a rivoltarsi e far difesa,
1.552e così fece raffrenarli alquanto
1.553e rivoltarsi contra i buon Romani;
1.554e i buon Romani rinforzor le schiere,
1.555e cominciossi alor nuova battaglia.
1.556Ma voi ch'avete in ciel divino albergo,
1.557vergini Muse, or mi donate aiuto
1.558acciò ch'io possa ben spiegare in carte
1.559l'alto valor del capitanio eccelso,
1.560che stette arditamente inanzi a tutti.
1.561E prima contra lui si mosse Arnoldo,
1.562ch'era figliuol del perfido Ulïeno:
1.563e parturito fu presso a Sonzino
1.564da la bella Matelda sua consorte;
1.565poi quando fu cresciuto ai diciott'anni
1.566tolse per moglie Lesbia, unica figlia
1.567del conte di Soragna, che gli diede
1.568quel bel castello e molta robba in dote:
1.569ed ebbe un figliuolin di questa donna,
1.570da poi lasciolla gravida et andossi
1.571col re de' Gotti a por l'assedio a Roma;
1.572or questi primo uscì fuor de le schiere,
1.573credendo uccider Belisario il grande:
1.574e lo ferì d'un'asta in sommo al scudo,
1.575e giunse appunto ne le corna al tauro
1.576che v'era posto in mezzo per insegna,
1.577e poco lo passò, perché firmossi
1.578nel legno ch'era fra una piastra e l'altra.
1.579Il capitanio alor prese con mano
1.580quella bella ginetta, e gliela tolse;
1.581poi la rivolse a quel contra la testa
1.582subitamente, e gli percosse il collo
1.583e tutto lo passò di banda in banda;
1.584e fél cadere in terra, onde convenne
1.585dormire in essa un dispietato sonno.
1.586Quando Ulïeno vide il suo figliuolo
1.587andar ferito a morte in su l'arena,
1.588ebbe un doglia smisurata al cuore;
1.589ed essendo ivi appresso con un'asta
1.590passò la mano al capitanio eccelso:
1.591e benché la puntura gli dolesse
1.592non però volse abbandonar la pugna,
1.593ma ratto se n'andò contra Ulïeno,
1.594e con un colpo gli tagliò la testa;
1.595d'indi si pose ne la maggior calca
1.596de i Gotti, e con la spada e con la lancia
1.597ne ferìa molti, e n'uccideva tanti
1.598che scompigliava ancor tutte le schiere
1.599e faceale fuggir dentr'al gran vallo,
1.600ch'aperto fu da i figli da Danastro,
1.601Portundo e Rubaconte: il qual Danastro
1.602fu morto da Massenzo a Ponte Molle.
1.603Questi eran di grandezza equali al padre,
1.604e non di minor forza e manco ardire:
1.605e fur lasciati a guardia del steccato
1.606dal re de' Gotti alor ch'egli uscì fuori
1.607per fare il fatto d'arme co i Romani;
1.608e gli comise che tenesser chiusa
1.609la porta, mentre stava in quel conflitto:
1.610e così fatto avean, tollendo dentro
1.611Arbengo solamente e Turrismondo;
1.612ma poi vedendo i Gotti essere in fuga
1.613l'apersen tutta, per salvar la gente.
1.614Ed essi sopra quella si fermaro
1.615da l'uno e l'altro alto de la soglia:
1.616che parean due gran piope alte e superbe
1.617che 'l villanel nutrì presso a la porta
1.618del suo tugurio, o de l'amate mandre,
1.619ch'hanno le piante ferme in sul terreno
1.620e con le cime van fin a le nubi;
1.621così pareano quei baroni alteri
1.622sopra la porta a tuor la gente dentro
1.623che dal gran capitanio era cacciata:
1.624il qual non ebbe impedimento alcuno
1.625da la ferita sua mentre era calda;
1.626ma come la nettò, cessando il sangue,
1.627sentì nel corpo suo dolori amari
1.628simili a quei d'una leggiadra donna
1.629che si ritruovi esser vicina al parto,
1.630che doglia sopra doglia ognor la ingombra;
1.631così i dolori acuti un sopra l'altro
1.632nel capitanio eccelso si destaro,
1.633tal che deliberossi andare in Roma
1.634per medicarsi, e disse al buon Narsete:
1.635Signore illustre e di valore immenso,
1.636io vuo' lasciarvi il pondo de la guerra
1.637e di espugnare i valli u' son ridotti
1.638i nostri timidissimi nimici,
1.639ch'io non posso più stare a la campagna,
1.640tanto dolor mi fa questa mia piaga:
1.641però voglio ridurmi entr'a le mura
1.642per trovar, s'io potrò, qualche rimedio.
1.643E detto questo, rivoltò Vallarco
1.644e s'avviò di trotto verso Roma.
1.645Il feroce Acquilin nel destro corno
1.646facea del suo valor prove mirande,
1.647e tutti e' Gotti gli fuggiano avanti,
1.648come timidi cervi inanzi a i cani;
1.649e tanto gli cacciò, che ne la porta
1.650entrò con essi del superbo vallo,
1.651e quivi uccise i figli di Danastro.
1.652Questi, come intrar videro il guerriero
1.653chiuser la porta, e poi gli andaro addosso
1.654per darli entr'a quel vallo acerba morte:
1.655e Rubaconte lasciò gire un'asta,
1.656sperando di ferirlo in mezzo 'l petto;
1.657ma colse ne la fronte il suo destriero,
1.658e dentro se n'andò fin' al cervello,
1.659onde quel buon caval caddé per terra
1.660col feroce Acquilino, il qual non perse
1.661per quel disconcio l'animoso ardire:
1.662ma saltò in piè come se fosse un gatto,
1.663e con la spada in man percosse il ventre
1.664de l'empio Rubaconte, con tal colpo
1.665che fece andar le sue budella in terra.
1.666Dapoi cacciossi adosso al fier Portundo,
1.667et e' s'andava ritirando sempre,
1.668che sempre correa gente in suo soccorso.
1.669E Turrismondo, che sentì il rumore,
1.670avendo fatto medicare Arbengo
1.671corse ancor ei con gli altri a quella zuffa,
1.672ch'eran già fatti un numero sì grande
1.673che parea posto tutto quanto il stuolo
1.674intorno a quel fortissimo barone:
1.675il qual si diffendea con tanto ardire,
1.676ch'ognun facea stupir di meraviglia.
1.677E come in mezzo a cacciatori e cani
1.678il cengiale o 'l leon pien di fortezza
1.679superbamente si rivolge e freme,
1.680e quelli armati e ben stivati e cauti
1.681gli stanno intorno, e con saette e lance
1.682e spiedi cercan di ferirlo a pruova:
1.683ed e' nulla paventa e nulla teme,
1.684ché 'l troppo suo valor lo mena a morte,
1.685pur tenta or questa ed or quell'altra parte
1.686per uscir fuor del cerchio de le genti,
1.687ed ovunque si volge ognun gli ciede;
1.688così facea quel buon duca Acquilino.
1.689Al fin andò con gran furore adosso
1.690al fier Portundo, e con l'acuta spada
1.691d'un colpo gli tagliò la coscia manca,
1.692e fél cadere in terra come un pino
1.693tagliato dal boschiero entr'a una selva,
1.694che fa fuggir la gente ove si piega;
1.695così per la caduta di Portundo
1.696s'allargò quivi il cerchio de' soldati;
1.697ed Acquilin con la gran spada in mano
1.698e 'l scudo in braccio poi se n'uscì quindi,
1.699e se n'andava ritirando sempre
1.700verso la Porta Decumana, e sempre
1.701Turrismondo il seguìa con molta gente:
1.702e con tante saette e tante lance,
1.703gli percoteano il suo pesante scudo,
1.704che non potéo durar contra 'l furore
1.705di tante forti e sì spietate mani.
1.706Alora quel baron, ch'era ritratto
1.707sopra i ripari lor vicino al fosso,
1.708si volse e colse 'l tempo, e si credette
1.709saltar su l'altra ripa a la campagna
1.710e quindi ritornarsi a le sue schiere:
1.711ma non potéo, perciò che appena giunto
1.712su 'l debile orlo di quell'altra ripa
1.713il terren si lasciò sott'i suoi piedi,
1.714onde convenne ruïnar nel fosso;
1.715e quivi tante lance e tanti sassi
1.716da quelle genti gli piovean su 'l scudo
1.717che 'l feroce Acquilin ponea su l'elmo,
1.718ch'andar convenne col genocchio in terra.
1.719E forse ancor sarìa fuggito quindi,
1.720se Turrismondo non scendeva a basso
1.721ne l'ampio fosso, e non gli andava contra:
1.722onde trovandol tutto quanto pesto
1.723da i gravi colpi e col genocchio in terra,
1.724gli corse adosso, et Acquilin levossi
1.725subitamente ritto, et abbracciollo,
1.726poi di pari cader sopr'al terreno.
1.727Et Acquilino avea qualche avantaggio,
1.728che sopra gli tenea la destra gamba;
1.729onde l'arebbe ucciso, se Toringo,
1.730fratel carnal del principe Fabalto,
1.731ch'era disceso anch'ei dentr'al gran fosso
1.732con Turrismondo, no 'l feria con l'asta
1.733ne l'occhio destro, di sì gran ferita
1.734che gliel cavò di testa, e poi col sangue
1.735tolse la luce consüeta a l'altro.
1.736Poi Turrismondo prese il bel pugnale
1.737che già quel cavalier gli diede in dono
1.738combattendo con lui presso a San Piero,
1.739e tutto gliel cacciò dentr'a la gola;
1.740e così andéte a glorïosa morte
1.741col proprio don che diede al suo nimico
1.742quello infelice e valoroso duce.
1.743Poi Turrismondo, avute le sue spoglie,
1.744ritornò lieto e insuperbito a gli altri,
1.745e giunto avanti al re così gli disse:
1.746Altissimo signor, spingete al campo
1.747tutte le genti, che farén vendetta
1.748de l'onta che ci fan questi Romani.
1.749Or è partito il capitanio loro
1.750ferito a morte, e torna entr'a le mura;
1.751ancora è morto il gran duca Acquilino,
1.752ch'era il miglior guerrier che fosse in Roma:
1.753onde a me par che 'l Re de l'universo
1.754vuol dar la gloria e la vittoria a i nostri.
1.755Vittige, come udì queste parole,
1.756gridò con voce paventosa et alta:
1.757Andiamo, andiamo a vendicar le offese
1.758che fatte ci han questi rabbiosi cani;
1.759poi da tutte le porte usciro al prato
1.760con un cridar meraviglioso e grande,
1.761e così feccion quei de gli altri valli.
1.762E sempre il re con Turrismondo altero
1.763e con Argalto e Totila e Bisandro
1.764gli erano avanti, e gli dicean cridando:
1.765O gente Gotta generosa in arme,
1.766tornivi a mente il vostro alto valore;
1.767non vi scordate de le vostre forze
1.768né de la gloria de gli antichi nostri.
1.769E come il cacciatore essorta i cani
1.770contra i cengiali asperrimi o i leoni,
1.771così essortava il re tutti i suoi Gotti
1.772contra l'ardite forze de i Romani.
1.773E primamente Turrismondo acerbo
1.774andò con molta valorosa gente
1.775ad assalire i cavalieri armati:
1.776ed urtò in essi come fusse un vento,
1.777ch'entri nel mare, e che commuova l'onde.
1.778Ma chi fu, Muse, il primo e chi il postremo,
1.779che morti fur da Turrismondo alora?
1.780Il primo da lui morto fu Suarto,
1.781superbo re de gli Eruli, e passollo
1.782da l'altra banda con l'acuta lancia;
1.783uccise poi Tartaglia e Riccodoro
1.784l'un dopo l'altro, e 'l giovane Fiorenzo;
1.785e poi Carbon, Turin, Fabio e Camillo,
1.786eletti cavalier, capi di turma,
1.787con altri molti de la gente vile
1.788tutti da Turrismondo ebber la morte.
1.789E come quando soffia in una selva
1.790d'olmi o di quercie al tempo de l'autunno
1.791il feroce acquilon, ch'alor s'inaspra
1.792che la bella Arïanna esce de l'onde,
1.793manda per terra le mature foglie;
1.794così mandava Turrismondo a terra
1.795gli uomini spessi giù de i lor cavalli:
1.796e forse aria con quello orrendo assalto
1.797tutti quei cavalier conversi in fuga,
1.798e forse presa la città di Roma,
1.799se non diceva il generoso Agrippa
1.800queste parole a la gentil Nicandra:
1.801Donna leggiadra e di suprema forza,
1.802che cosa è questa, che ci siam scordati
1.803di noi medesmi e de l'usato ardire?
1.804Pensate quanta arem vergogna e danno
1.805se Roma presa fia da Turrismondo,
1.806che or mette in rotta tutto 'l nostro campo.
1.807A cui la bella giovane rispose:
1.808Io non son per mancar da la mia parte
1.809di dare aiuto a gli ottimi Romani;
1.810ma non so s'io potrò, né se 'l Ciel voglia,
1.811che mi par contra noi tutto rivolto.
1.812Così diss'ella, e pose l'asta in resta;
1.813e colse Turrismondo in sommo a l'elmo,
1.814e nol poteo passar, ch'era sì fino
1.815che lo difese da l'orribil morte;
1.816ma ben lo fece andar sopra le croppe
1.817del suo cavallo, onde il caval portollo
1.818tutto stordito tra la gente Gotta,
1.819e poco vi mancò che non cadesse.
1.820Nicandra dopo lui diede a Toringo
1.821un colpo così grande in mezzo al petto
1.822che tutto lo passò di banda in banda
1.823e morto lo mandò disteso a l'erba,
1.824e fece la vendetta di Acquilino;
1.825e dopo questo uccise il fier Burano,
1.826figliuol d'Ulmergo duca di Ferrara
1.827ch'avea la pioppa verde per insegna,
1.828e tutto lo passò con la sua lancia;
1.829ma mentre che cadea, vi corse appresso
1.830per darli aiuto il suo fratel Maggiorbo,
1.831e poi lo sustenea con le sue braccia:
1.832ma quella fiera vergine passòli
1.833il petto, e col fratel mandollo in terra
1.834per farli compagnia ne l'altra vita.
1.835Uccise dopo questi il grande Arpindo
1.836e Restio e Corbulone e Serpentello
1.837e Tronto e Damasceno e Rigandolfo,
1.838Rigandolfo superbo, ch'avea intorno
1.839la pelle d'un monton per sopravesta
1.840con li corna d'argento e l'unge d'oro;
1.841costui ferì la vergine Nicandra
1.842con la sua debole asta in mezz'al scudo,
1.843ma non lo mosse, e non sconciolla punto:
1.844ella ben dielli un colpo su la testa
1.845con la spada ch'avea che fece andarlo
1.846col capo in giuso a insanguinar l'arena.
1.847poi disse: Acerbo Gotto, tu pensavi
1.848con la tua bella spoglia di montone
1.849senz'altra forza farmi andare al piano:
1.850or io ti mando con la nostra spada
1.851a far del sangue tuo l'erba più rossa:
1.852E detto questo, la fanciulla acerba
1.853si mise con la spada entr'a la calca,
1.854e cominciava a sbarrattar le schiere,
1.855e quasi tutte le volgeva in fuga:
1.856il che vedendo Turrismondo, ch'era
1.857tornato in sé da la percossa amara
1.858che gli avea dato quell'empia donzella,
1.859deliberossi far la sua vendetta;
1.860e pose in resta una possente lancia
1.861e gli percosse acerbamente il petto
1.862sotto la poppa manca, e trappassollo:
1.863onde la stese moribunda al piano.
1.864Ed egli poi come cader la vide
1.865le disse: Ahi traditor, tu sei pur morto!
1.866Dapoi discese per aver le spoglie,
1.867ch'eran di perle ricamate e d'oro,
1.868e prima le cavò l'elmo di testa,
1.869ch'avea tre belle gemme per cimiero,
1.870un rubino, un diamante ed un zafiro:
1.871ma come vide ch'era una fanciulla
1.872di vago aspetto e di beltà suprema,
1.873che già s'impallidiva per la morte
1.874ed essalava gli ultimi suspiri,
1.875d'amore e di pietà tanto s'accese
1.876che disse suspirando este parole:
1.877Ahi, miserabil vergine, tu muori
1.878per man di chi vorrìa tenerti in vita,
1.879e che t'aiuteria col proprio sangue.
1.880Ma poi ch'è corso il mal contra mia voglia
1.881per non saper chi m'avea fatto oltraggio,
1.882rendoti l'elmo e le tue lucid'arme
1.883e 'l tuo cavallo, e ti rimando a i tuoi.
1.884E detto questo, volse dare un baso
1.885con gli occhi ruggiadosi a quella estinta,
1.886poi suspirando rimontò a cavallo;
1.887e le donne di lei tolsero il corpo
1.888e lo portaro lacrimando in Roma.
1.889Se ben l'acerba morte di Nicandra
1.890fece smarrire i cavalier Romani,
1.891e quasi porsi in paventosa fuga,
1.892non già per questo il generoso Agrippa
1.893né il forte Arasso né Catullo e Bocco
1.894restor da porsi arditi a le diffese:
1.895il che vedendo Argalto e Turrismondo
1.896mossero contra lor tutte le schiere.
1.897Alor disse ad Agrippa il forte Arasso:
1.898Questa è la nube e la tempesta orrenda
1.899che Turrismondo ci discarga addosso.
1.900Stiamo pur saldi, e non abbiam paura,
1.901ch'ei non ci farà il mal ch'altri si pensa.
1.902E così detto lasciò gire un'asta
1.903verso la testa del feroce Argalto,
1.904che indarno non andò, ma l'elmo fino
1.905non la lasciò passar la carne e gli ossi:
1.906ben tutta quanta gl'intronò la testa,
1.907tal che non discernea notte né giorno;
1.908e poi così stordito il suo destriero
1.909lo ritornò tra i fidisuoi compagni,
1.910a cui disse cridando il forte Arrasso:
1.911S'hai fuggita la morte questa volta,
1.912spietato cane: accolgerotti un'altra,
1.913che 'l Re del ciel non ti darà favore
1.914com'or ha fatto, anzi saratti adverso,
1.915e forse amico a le preghiere nostre.
1.916Così detto, uccise il fiero Arpasto,
1.917figliuol di Riccabruna e di Bellarno,
1.918con la gran spada che cavò dal fianco:
1.919il che vedendo Rodorico acerbo
1.920pose un'aspra saetta in sul grand'arco,
1.921e ritirossi dietro al bel sepulcro
1.922di Pincio senator, ch'era in quel luoco;
1.923poi trasse verso Arasso, e lo feritte
1.924ne l'occhio destro con l'amato strale,
1.925che passò inanzi con sì gran furore
1.926che poco vi mancò che non gli uscissi
1.927da l'altra parte fuor sotto la nuca.
1.928Alora corse il generoso Agrippa,
1.929e volea trar quella saetta d'indi,
1.930ma non lo potéo far, perché quel ferro
1.931avea per caso tre notabili ami;
1.932onde così lasciollo, e poi gli disse:
1.933Ite signore, a medicarvi a Roma,
1.934ch'io starò qui per non lasciar la gente
1.935che, come vedo, si rivolge e fugge.
1.936Alora punse Arasso il buon destriero
1.937e ratto s'avviò verso le mura;
1.938poi mentre stava Agrippa in quel negozio
1.939si trovò cinto da i nimici armati,
1.940tutti disposti di mandarlo a morte:
1.941ed e' come si vide in quel periglio
1.942cridò tre volte con orribil voce,
1.943e tre volte l'udir Catullo e Bocco,
1.944ma non poteano andare a darli aiuto,
1.945perché Catullo combattea con Teio
1.946e Bisandro con Bocco era a le mani,
1.947e già s'avean feriti in molte parti.
1.948Agrippa fecea poi come un cengiale
1.949ch'abbia d'intorno cacciatori e cani
1.950che nulla teme, e ciò che 'l dente accoglie
1.951manda per terra con orribil forza;
1.952così ciò che toccava la sua lancia,
1.953ch'era vera ministra de la morte,
1.954andava a terra senz'alcun riparo.
1.955Ferìte primamante Falerino,
1.956ch'era figliuol del provido Unigasto:
1.957a cui la lancia per la destra spalla
1.958passando se n'uscì per la sinistra,
1.959e dopo quel passar la trasse d'indi
1.960e con essa n'uscìo la vita e 'l sangue.
1.961Con essa uccise poi Ferondo e Palmo
1.962e Lurgidan, ma con diverse piaghe:
1.963Ferondo ne la bocca, e ne la gola
1.964Palmo, ma Lurgidan ferì nel ventre.
1.965Uccise Marmorino e Palaschermo
1.966e Lurio e Barignan, Ricardo e Bosso,
1.967tutti con gravi e dispietati colpi;
1.968ma mentre ch'era in quell'aspro conflitto,
1.969il fraudolente Daschilo percosse
1.970il buon caval d'Agrippa ne la gola,
1.971di modo che 'l destrier caddèo sul piano
1.972col cavaliero, e nel levar che fece
1.973Daschilo gli passò la coscia destra
1.974di picciol colpo e di leggier ferita:
1.975a cui si volse Agrippa, e lo percosse
1.976co la sua spada ne la tempia, e féllo
1.977andare a calcitrar sopra 'l terreno.
1.978Alora Argalto, ch'era sceso a piedi
1.979con più di cento cavalieri armati,
1.980con la spada gli diè su 'l braccio destro,
1.981e da lui netta gli spiccò la mano;
1.982e Turrismondo ancor con la sua lancia
1.983gli passò il ventre, e lo privò di forza:
1.984ma quando vide lui cadere a terra,
1.985le disse allegro tai parole acerbe:
1.986Malvagio traditor, tu sei pur morto.
1.987tu ti credevi abbandonando i Gotti
1.988e seguendo i Romani avere il scettro
1.989senz'alcun dubio de la nostra gente:
1.990né ti pensavi poi che Turrismondo,
1.991ch'è il miglior uom che si ritruovi in terra,
1.992dovesse far del suo fallir vendetta.
1.993Or giaci, e pasci gli avoltori e i cani
1.994de le tue triste e scelerate membra,
1.995ché Corsamonte non daratti aiuto.
1.996Così disse il superbo, e quel meschino,
1.997ch'avea la morte già vicina a i denti,
1.998rispose: Tu non già, ma la mia stella,
1.999Turrismondo crudel, m'ha posto al fine.
1.1000E non sei stato il primo anco a ferirmi,
1.1001ma la fraude di dui t'ha fatto il terzo.
1.1002Or io ti dico, e chiudilo nel cuore,
1.1003che Corsamonte ancor fra pochi giorni
1.1004ti darà morte sopra questi campi.
1.1005Così diss'egli, e l'alma uscì di fuori
1.1006e se n'andò gemendo a l'altra vita,
1.1007che gli increscea ne suoi più florid'anni
1.1008abbandonare il mondo e la sua donna.
1.1009Ma poi gli disse Turrismondo altiero
1.1010queste parole ancora, essendo morto:
1.1011Tu potrai ben predir la morte mia,
1.1012ingrato cavalier, come a te pare,
1.1013la quale a me verrà quand'al ciel piaccia:
1.1014ma tu però non tornerai più vivo.
1.1015E chi sa ch'io non mandi Corsamonte
1.1016ancora a farti compagnia sotterra,
1.1017prima ch'io giunga a quello estremo passo?
1.1018Così parlò il crudele, e poi partissi
1.1019col furibondo Argalto, e se n'andaro
1.1020là dove combattean Catullo e Bocco,
1.1021con Teio l'uno e l'altro con Bisandro,
1.1022e si menavan colpi aspri et orrendi.
1.1023Alora Argalto spinse una ginetta,
1.1024ch'avea tolta di mano a un suo ministro,
1.1025verso Catullo, e gli passò la testa;
1.1026ed ei senza cavarsi quella lancia
1.1027urtò il nimico e sotto sopra il mise,
1.1028e poi lasciollo sanguinoso in terra:
1.1029e tra gli altri n'andò come un leone
1.1030ferito a tradimento da i pastori
1.1031che con l'asta ancor fitta ne le membra
1.1032fra lor s'avventa, e tutti gli scompiglia;
1.1033così facea Catullo, avendo fitta
1.1034nel capo l'asta orribile e tremenda.
1.1035E Bocco era con lui, né stava in darno,
1.1036ben che Bisandro con l'acuta spada
1.1037avesse a lui passato il braccio manco;
1.1038ma tanto poi si ritrovaro afflitti
1.1039da le ferite e da l'uscir del sangue,
1.1040che tornaro ambidui dentr'a le mura:
1.1041il che vedendo i cavalier romani
1.1042si ritiraro alquanto, e férsi scudo
1.1043de le gran legïon che gli eran dietro,
1.1044che per quell'atto poi gli furo avanti;
1.1045onde Aldibaldo a Vitige accostossi
1.1046e disse a lui queste parole tali:
1.1047Signor, moviàn tutte le nostre genti
1.1048da cavallo e da piedi, ed assaltiamo
1.1049queste lor legïon, che fian smarrite
1.1050vedendo i cavalier conversi in fuga.
1.1051Mai non fu ben dar tempo a la vittoria:
1.1052noi siam tre tanti e più che non son essi,
1.1053ed è il favor del cielo in nostro aiuto;
1.1054però non ci manchiamo a noi medesmi.
1.1055A questa voce Turrismondo altero
1.1056s'allegrò molto, e Totila e Bisandro,
1.1057Argalto e Teio e Ragnaro e Fabalto
1.1058tutti cridaron con orribil voce:
1.1059Andiamo a racquistar la gloria nostra.
1.1060E così andòr con un furore immenso
1.1061verso le buone legïoni armate,
1.1062che parveno un altissimo torrente
1.1063che scenda giù da i monti a la campagna
1.1064gonfiato d'acqua e di rotondi sassi,
1.1065che rompendo le ripe si diffonde
1.1066per campi e prati e manda arbori a terra
1.1067e tutto quanto 'l pian di giara ingombra;
1.1068così pareano i furibondi Gotti.
1.1069Narsete poi vedendo tanta gente
1.1070co così gran furor venirsi contra
1.1071turbossi molto, e poi si volse e disse:
1.1072Non abbiate pavento, o buon Romani
1.1073del gran furor che menan questi Gotti:
1.1074guardatei ben, questi son pur gli istessi
1.1075ch'oggi fur vinti da le vostre spade
1.1076e spinti con vergogna entr'a i lor valli.
1.1077Abbiate dentr'al cuor l'usato ardire
1.1078e state ben stivati ad aspettarli,
1.1079che forse non faranci alcun oltraggio.
1.1080Questo parlar che fece il buon Narsete
1.1081svegliò ne le sue genti animo e forza:
1.1082e come quel che fa maceria o muro
1.1083ne la sua casa, per opporla a i venti,
1.1084adatta insieme strettamente i sassi;
1.1085così fece adattar tutte le schiere,
1.1086tal che scudo con scudo si toccava,
1.1087celata con celata, uomo con uomo:
1.1088e così stretti e ben stivati insieme
1.1089arditamente sustenean l'assalto
1.1090di quelle molte e furibonde genti.
1.1091Il summo Re del cielo, il qual volea
1.1092dar la vittoria di quel giorno a i Gotti,
1.1093mandò l'angel Gradivo fra i Romani,
1.1094e dielli un scudo in man che chi 'l mirava
1.1095a mal suo grado convenìa fuggirsi.
1.1096Come costui discese in quelle genti,
1.1097primieramente dimostrò il suo scudo
1.1098al buon Narsete, il qual mirando in esso
1.1099turbossi tutto, e risguardando intorno
1.1100ritrasse lentamente il suo destriero.
1.1101Come leon cacciato da le mandre
1.1102di grassi armenti da pastori e cani
1.1103che non gli lascian manducar la carne
1.1104d'alcun grasso giuvenco, onde si parte
1.1105a mal suo grado e mal pasciuto quindi;
1.1106così partiasi lento il gran Narsete,
1.1107ritraendosi sempre inver la terra
1.1108et occidendo chi veniali appresso;
1.1109ma l'altra gente poi vedendo il scudo
1.1110ch'avea Gradivo in man tirossi indietro
1.1111sicuramente in ordine quadrato.
1.1112Ver'è che dui fortissimi baroni,
1.1113Pigripio e 'l velocissimo Tarmuto,
1.1114non si moveano; e come due gran torri
1.1115fondate sopra un sasso, ch'hanno intorno
1.1116genti a l'assedio e machine murali
1.1117che tentan di pigliarle e porle a terra,
1.1118si stanno immote a le percosse e ferme:
1.1119né perché sian battute e quinci e quindi
1.1120si crollan punto da l'usata pianta;
1.1121così facean Pigripio e 'l fier Tarmuto,
1.1122ch'arditamente sustenean l'assalto
1.1123di tutti e' Gotti, e n'uccideano tanti
1.1124che di morti coprian tutto 'l terreno:
1.1125ed essi parimente eran feriti
1.1126da le saette e lance de i nimici,
1.1127e tutti i corpi lor pioveano sangue.
1.1128al fin Pigripio cadde in terra morto,
1.1129come una grossa quercia sopra un monte
1.1130tagliata da fortissimi boschieri
1.1131con più di cento colpi di sicure,
1.1132che stende i rami suoi sopra 'l terreno.
1.1133Quando Tarmuto vide il suo compagno
1.1134cader su l'erba, volse gli occhi intorno:
1.1135poi vedendosi sol tra tanta gente,
1.1136e che tutti i Romani eran salvati,
1.1137rimase stupefatto entra 'l suo petto.
1.1138Alor Gradivo se gli fece inanzi
1.1139col scudo in braccio, e disse: A che non fugi,
1.1140superbo e ferocissimo Romano?
1.1141Onde Tarmuto risguardando in esso
1.1142si turbò tutto quanto ne la mente,
1.1143e correr cominciò tanto veloce
1.1144ch'aggiunger nol poteo destriero alcuno;
1.1145ma come venne a la Pinciana Porta,
1.1146caddèo disteso in terra, e quei di Roma
1.1147che stavano a veder sopra le mura
1.1148usciron fuori, e lo portaron entro
1.1149sopra il suo scudo come fosse morto:
1.1150ma pur campò tutto quell'altro giorno;
1.1151né fu sì tosto dentro da la porta
1.1152che 'l sole ascose la sua chiara luce
1.1153e fece venir fuor l'oscura notte,
1.1154ch'apparve giocondissima a i Romani.
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