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1.1Ben era stata la novella amara
1.2al vicimperador de l'occidente
1.3d'aver perduto un sì mirabil porto:
1.4perché traea molto soccorso quindi
1.5contra l'acerba ed importuna fame
1.6che si spargea per la città di Roma
1.7ed era omai troppo crudele ed aspra.
1.8Or mentre che si stava in quei disagi,
1.9l'angel Gradivo giù dal ciel discese;
1.10e, desïoso d'aiutare i Gotti,
1.11prese la simiglianza di Gildone
1.12ch'era fratel cugin di Baldimarca
1.13madre di Turrismondo, onde allevollo
1.14per far piacere a lei con molta cura,
1.15ed insegnolli l'arte de la guerra.
1.16Gradivo adunque, presa la sembianza
1.17di lui, sen venne a Turrismondo e disse:
1.18Parmi, signor, che sia molta vergogna
1.19de l'onorato essercito de' Gotti
1.20che non si truovi alcun di noi ch'ardisca
1.21disfidare a battaglia un uom Romano.
1.22Adunque voi, poi che la gloria e 'l fiore
1.23siete de i nostri principi e baroni,
1.24ite a pregare il re che si contenti
1.25che possiate mandare un nostro araldo
1.26con un cartello a la città di Roma
1.27e disfidare ognun sia qual si voglia
1.28de gli onorati principi romani
1.29a combatter con voi da corpo a corpo,
1.30e mantener a lor come fan male
1.31a farci guerra, e torci le cittadi
1.32che possedute avem molti e molt'anni.
1.33Così gli disse quel celeste messo,
1.34e Turrismondo molto rallegrosssi
1.35dentra 'l suo petto di sì bel ricordo:
1.36poi se n'andò subitamente a corte
1.37e disse al suo signor ciò che avea detto
1.38di punto in punto il messaggier del cielo;
1.39e gli chiese licenza di mandare
1.40a disfidare un principe romano
1.41sia qual si voglia, pur ch'egli abbia ardire
1.42di combatter con lui come gli paia.
1.43Come fu nota al re quella proposta
1.44di Turrismondo, allegro gli rispose:
1.45Veramente, fratel, molto mi piace
1.46il tuo parlar, perciò che ben diffende
1.47il nostro onore e la virtù de i Gotti;
1.48né me lo scorderò mentre ch'io viva,
1.49ché ingrato è quel che beneficio scorda.
1.50Fa dunque a tuo piacer questa disfida:
1.51ed ancor cerca di portarti in modo
1.52ch'abbiam l'onor da te che noi speriamo.
1.53Ma vuo' che primamente andiamo a mensa
1.54per dar qualche ristauro a i nostri corpi:
1.55che 'l vino, oltra che acqueta ogni dolore,
1.56suol svegliar anco l'animo e le forze,
1.57e è rimedio eletto a le fatiche.
1.58Così diss'egli, e tutti se n'andaro
1.59verso gli alberghi loro a prender cibo,
1.60e solamente Turrismondo altiero
1.61e Marzio e Teio e Totila ed Argalto
1.62restòn col re quella mattina a pranzo.
1.63Ma come ebber mangiato, e coronato
1.64spesso le tazze di spumoso vino,
1.65fu dettato il cartello, e poi mandato
1.66per Trasiremo araldo del signore
1.67subitamente a la città di Roma.
1.68L'araldo, aggiunto a Belisario avanti,
1.69lo salutò con un sembiante altero
1.70e mostrolli il cartello, e poi lo lesse
1.71in presenza d'ognuno, il qual dicea:
1.72Io Turrismondo, duca d'Acquileia,
1.73de la famiglia nobile de i Balti,
1.74disfido ognun de i principi romani
1.75ch'abbia ardimento di combatter meco:
1.76ch'io gli vuo' mantener come fan male
1.77a farci guerra, e torci le cittadi
1.78possedute da noi molti e molti anni.
1.79Eleggia adunque l'arme, ch'io gli mando
1.80per campo franco il prato di San Piero,
1.81e 'l nostro re prometteralli in modo
1.82che tema non aran d'alcuno oltraggio.
1.83Com'ebbe letto quel cartello acerbo,
1.84lo diede al capitanio de le genti:
1.85onde i baroni e i cavalieri e i duchi
1.86ch'erano intorno a lui steron suspesi
1.87e muti, e non dicean parola alcuna.
1.88il che vedendo il capitanio eletto
1.89rispose al messo con parole tali:
1.90Araldo torna indietro al tuo signore
1.91e digli che 'l cartel ch'a noi ci manda
1.92s'accetta allegramente, e manderemo
1.93un nostro messo che diragli l'arme
1.94e 'l cavalier che piglierà l'assunto
1.95di sustener per noi questa querela.
1.96Così diss'egli, e lasciò gir l'araldo
1.97acciò ch'andato lui qualcun parlasse
1.98e s'offerisse pronto a la battaglia.
1.99Ma dopo questo ancor ciascun si tacque,
1.100perch'avean tema d'accettar l'invito
1.101e gli parea vergogna il rifiutarlo.
1.102Alor levossi il capitanio eccelso
1.103e disse con disdegno e con dolore:
1.104O cavalieri arditi a le minaccie
1.105e pegri e lenti ad essequire i fatti,
1.106veramente Romane e non Romani:
1.107questa vi sarà pur vergogna eterna,
1.108a non risponder nulla ad un guerriero
1.109che solo ardisca a disfidarci tutti.
1.110Non sarà questo no, non sarà questo:
1.111datemi l'arme, ch'io vuo' gire al campo
1.112e combatter con lui senza dimora;
1.113sia la vittoria poi dove al ciel piaccia.
1.114Così diss'egli, e 'l venerando Paulo
1.115si levò ritto, e con parlar soave
1.116rivolto verso il capitanio disse:
1.117Signor, non tocca a voi questa battaglia:
1.118perché tra i sommi capitani sempre
1.119l'audace ha manco laude che 'l sicuro.
1.120S'a questa vi sfidasse il re de' Gotti,
1.121forse non vi direi che non v'andassi:
1.122quantunque il capitanio che governa
1.123non deggia mai combatter, se non quando
1.124forza è salvare o inanimar le genti.
1.125Da poi mi volgo a voi, frate' miei cari,
1.126perché non so pensar d'onde sia nata
1.127la tepidezza che v'ingombra il cuore.
1.128Pensate un poco dentro i vostri petti
1.129che quando intenda il correttor del mondo
1.130questa vil codardia, questo timore
1.131che tutti abbiamo d'un baron de' Gotti,
1.132quanto dolore arà, quanta vergogna
1.133d'aver nel campo suo gente sì vile.
1.134O summo Re de le sustanze eterne,
1.135foss'io di quella età com'era quando
1.136noi combatemmo là press'al Ticino
1.137col forte re de gli Eruli Odoacro:
1.138ché forse non s'aria tanto bisogno
1.139di trovar scontro a quel guerriero acerbo.
1.140Io mi trovavo alor col buon Oreste,
1.141padre e rettor de l'infelice Augusto;
1.142quivi era tra i nimici un Baiamonte,
1.143cugin del re, che disfidava ognuno
1.144con molto ardire e minacciava a tutti:
1.145onde nessun ardìa d'andarli contra,
1.146perché temean la sua terribil forza;
1.147ed io solo v'andai, che 'l cuor mi spinse
1.148e la mia gioventù, ch'era sul fiore:
1.149e combattendo lo distesi al piano
1.150e morto lo lasciai sopra 'l terreno,
1.151come 'l ciel volse e la bontà divina,
1.152quantunque ei fosse di fortezza immensa
1.153e di grandezza orribile e tremenda.
1.154O s'io mi fosse ancor di quella etade
1.155con le mie forze ed integre e robuste
1.156certo quel Turrismondo aria trovato
1.157chi accetteria l'acerbo suo cartelo.
1.158Ma voi che siete e giovani e gagliardi
1.159non dovreste da lui schiffarvi punto,
1.160ma diffender l'Italia e 'l vostr'onore.
1.161Tal fu il parlar del venerando Paulo:
1.162onde levònsi dodeci guerrieri
1.163disposti e pronti ad accettar l'impresa.
1.164Il primo fu Acquilin, che avanti gli altri
1.165si levò in piedi, ed accettò il cartello;
1.166e dopo lui levossi il fier Mundello
1.167e 'l fier Costanzo, e poi Tarmuto e Magno
1.168e Traiano e Teogene et Olando
1.169e Catullo e Bessan, Longino e Bocco
1.170tutti si levòn ritti, ed accettaro
1.171di far con Turrismondo aspra battaglia:
1.172onde 'l gran capitanio de le genti,
1.173per non parer di dispregiarne alcuno,
1.174si preparava ponerli a la sorte,
1.175quando gli disse il buon conte d'Isaura:
1.176Io penso certo, capitanio eccelso,
1.177che sia bisogno a quest'aspra battaglia
1.178usar più tosto elezzïon che sorte.
1.179Pigliamo adunque il ben che 'l ciel ne mostra
1.180il primo fu Acquilin, che avanti gli altri,
1.181mosso dal Re de la celeste corte,
1.182ci disse d'accettar quest'alta impresa:
1.183diamola adunque a lui, ch'egli è il devere
1.184ch'ella sia data a quel che fu il primiero,
1.185sendo forse il miglior ch'abbiamo in Roma;
1.186poi serberemo gli altri ad altro tempo.
1.187Così disse il buon vecchio, onde ciascuno
1.188di quei baron che si trovaron ivi
1.189laudaro e confirmaro il suo consiglio.
1.190Alora il capitanio de le genti
1.191chiamò Carterio suo fedele araldo
1.192e disse a lui queste parole tali:
1.193Or va, Carterio, e nunzia al re de' Gotti
1.194come Acquilin verrà con l'arme indosso
1.195a far con Turrismondo aspra battaglia:
1.196per sustenerli che con gran ragione
1.197gli facciam guerra, e tolte abbiàn le terre
1.198più giustamente che non ci han rubbate;
1.199ed ancor ne torrem, cer fin ch'abbiamo
1.200posta l'antica Esperia in libertade.
1.201e l'arme poi saran la lancia e 'l scudo
1.202e la spada e 'l pugnale, ed arà in dosso
1.203la corazza, i spallazzi e i braccialetti
1.204e la falda e i fiancali e 'l gorzarino:
1.205arà le arnise e le schiniere in gamba
1.206e i guanti in mano e la celata in testa.
1.207Io verrò poi fuor de l'Aurelia Porta
1.208con cinquecento cavalieri armati
1.209per compagnare il mio guerriero al campo;
1.210ed ei potrà venir con altretanti,
1.211e menar Turrismondo a la campagna
1.212con le medesime arme ch'io t'ho detto.
1.213Quivi combatteran quanto a lor paia,
1.214quivi prometteran di non lasciare
1.215che fate sian superchiarie né fraudi
1.216dal canto lor contra la nostra gente,
1.217ch'anch'io prometterò questo medesmo.
1.218Carterio se n'andò senza dimora
1.219a far quell'ambasciata al re de' Gotti,
1.220che l'accettò con orgogliosa fronte.
1.221Dapoi s'armaro e l'una e l'altra parte,
1.222e quei per Prati e questi fuor del ponte
1.223giunsero in su la piazza di San Piero,
1.224e 'l re sen venne, et Aldibaldo insieme,
1.225nel spazio ch'era tra i Romani e i Gotti.
1.226Da l'altra parte Belisario il grande
1.227venne ver lui col buon Traiano accanto;
1.228quivi giuraron ambedue le parti
1.229d'osservar quel che detto avean gli araldi
1.230e di lasciar combatter quei guerrieri
1.231fin che la morte o che la notte i parta.
1.232Poi dopo questo ognun di lor si trasse
1.233verso i suoi cavalier, ch'eran fermati
1.234da l'uno e l'altro canto de la piazza;
1.235e sol Traiano e 'l principe Aldibaldo
1.236restaro in essa, e dismontaro a piedi:
1.237e quivi primamante misuraro
1.238un spazio grande, e 'l dissegnar co i pali
1.239in forma d'uovo o di famoso circo,
1.240ove interdetto fu che non v'entrasse
1.241persona alcuna in pena de la vita,
1.242salvo i patrini e i doi fedeli araldi.
1.243Poscia fu steso da ciascun de i capi
1.244del gran steccato un padiglione adorno;
1.245e fatto questo, fu cavato a sorte
1.246in qual ciascun di lor doveva armarsi,
1.247e toccò ad Acquilin da la man destra
1.248verso levante, e Turrismondo a l'altra,
1.249ove subitamente se n'entraro.
1.250Poi l'arme di ciascun furon reviste
1.251da Aldibaldo e Traian, ch'eran patrini;
1.252e ritrovate esser fedeli e iuste,
1.253subitamente le fur poste intorno.
1.254Or mentre che s'armavano i baroni,
1.255i buon Romani con pensier divoti
1.256pregavan Dio per la vittoria loro,
1.257ond'alcun disse risguardando al cielo:
1.258O Padre eterno che governi il mondo,
1.259concedi la vittoria ad Acquilino;
1.260e se pur anco Turrismondo hai caro,
1.261fa che di pari ognun di lor si parta
1.262senza aver danno ne le membra loro,
1.263e ciascun torni salvo a le sue genti.
1.264Così dicea la turba, e i dui baroni
1.265usciron fuor de i padiglioni armati,
1.266sì ben disposti, e sì leggieri e destri,
1.267che verso lor mirò tutta la gente.
1.268Ed Acquilin con passi grandi e saldi,
1.269con faccia allegra e con orribil vista
1.270s'appresentò, che parea proprio Marte
1.271ch'andasse contra i popoli de i Sciti:
1.272di che si rallegror tutti e' Romani,
1.273e gran timor nacque a la gente gotta;
1.274onde nel petto a Turrismondo istesso
1.275batteva il cuore, e non sapea che farsi,
1.276ché fuggir non potea l'empia battaglia
1.277né si potea ritrar ne le sue squadre,
1.278essendo quel ch'avea fatto l'invito.
1.279Acquilin poi si fece a lui vicino
1.280col scudo in braccio, che parea una torre:
1.281quel forte scudo prima era contesto
1.282di legname di fico, e poi con colla
1.283e nervi di buon cuoio era coperto,
1.284e sopra il cuoio era brunito acciale
1.285fregiato d'oro, e in mezzo avea dipinto
1.286il suo monton ch'avea le corna rosse;
1.287con questo in braccio a lui si fé vicino
1.288e disse minacciando este parole:
1.289Turrismondo or saprai da solo a solo
1.290come son fatti i principi romani,
1.291se ben non c'è il feroce Corsamonte;
1.292perciò che senza lui molti ci sono
1.293che potran contraporsi a la tua forza.
1.294A cui rispose Turrismondo altero:
1.295Valoroso Acquilin, mastro di guerra,
1.296non mi tentar come fanciullo o come
1.297femina d'arme e di milizia ignara,
1.298ch'esperto son anch'io ne le battaglie
1.299e so ferire e uccidere i nimici
1.300e so ben maneggiar la lancia e 'l scudo
1.301con la sinistra mano e con la destra,
1.302e so combattere a cavallo e a piedi.
1.303Guàrdati adunque, ch'io non vuo' ferirti
1.304nascosamente, e schiva questo colpo.
1.305E così detto, lasciò gire un'asta
1.306possente e grossa e lunga undeci palmi
1.307col ferro in cima, ch'era acuto in punta
1.308come una spada, e quattro palmi lungo:
1.309poi quattro dita e più verso la frangia
1.310s'andava dilatando a poco a poco
1.311fin al caston che riceveva il legno,
1.312ov'eran fitte quelle orecchie lunghe
1.313che facean star fermissima la lama;
1.314con questa dié nel scudo ad Acquilino
1.315presso al monton che in esso era dipinto,
1.316e passò il ferro e poscia il cuoio e 'l legno
1.317e ne la imbracciatura si ritenne,
1.318ché trovò un chiodo, e penetrar nol poté.
1.319Acquilin lasciò gir da l'altra parte
1.320la sua grand'asta, e colse Turrismondo
1.321col furïoso e dispietato acciale,
1.322e 'l scudo gli passò di banda in banda
1.323e giunse a la corazza, e quella fesse
1.324vicino al fianco, onde 'l baron si torse
1.325ed a quel modo si salvò la vita.
1.326Poi prestamente ricovraron l'aste
1.327i dui franchi guerrieri, e prestamente
1.328come cingiali over leoni orrendi
1.329s'andaron contra con maggior furore;
1.330e Turrismondo un'altra volta colse
1.331con l'asta in mezzo il scudo d'Aquilino,
1.332ma non lo trapassò perché si torse
1.333l'acuto acciale, e ruppe in ver la punta:
1.334ben la puntura di quell'altra lancia
1.335che colse Turrismondo in sommo al scudo
1.336se n'andò dentro, e lo passò nel collo
1.337con picciol piaga, e félli uscire il sangue.
1.338Ma non per questo Turrismondo altero
1.339abandonò l'incominciata pugna,
1.340se ben era ferito, e se ben l'asta
1.341sua ch'avea in mano era spuntata e rotta:
1.342ma pose quella ne la man sinistra,
1.343poi si ritrasse alquanto, e prese un sasso
1.344rotondo e grosso che giacea sul piano
1.345e lo gettò nel scudo ad Acquilino,
1.346che fece ribombar tutta la piastra
1.347del finissimo accial che lo copria.
1.348Acquilino ancor ei ne prese un altro
1.349molto maggiore, e con furore immenso
1.350lo spinse verso Turrismondo altero:
1.351onde 'l scudo di lui non lo sofferse,
1.352ma si spezzò, tal che i genocchi ancora
1.353fur vinti sì che fu disteso al piano;
1.354poi prestamente si levò da terra,
1.355perché Gradivo l'aiutò a rizzarsi.
1.356E dopo questo con le spade in mano
1.357arian fornita quella orribil zuffa,
1.358se Rubicone e se Carterio araldi
1.359non gettavan tra quelli in terra il scettro,
1.360ch'era signal di dipartir la pugna,
1.361e s'anco Rubicon non gli dicea,
1.362rivolto a tutti dui, queste parole:
1.363Non combattete più, signori eccelsi,
1.364ché la notte ch'è giunta vi diparte:
1.365onde è bene ubidirla e por giù l'arme,
1.366che 'l sommo Re de la celeste corte
1.367ama ciascun di voi, per ciò che siete
1.368guerrieri eletti e di supprema forza,
1.369com'ora è noto a l'uno e l'altro stuolo.
1.370A cui rispose il buon duca Acquilino:
1.371Fa, Rubicon, che Turrismondo dica
1.372queste parole anch'ei, perch'egli è quello
1.373che ha disfidati i principi romani:
1.374ed io non sarò duro a compiacerli.
1.375Onde poi disse Turrismondo a lui:
1.376Valoroso Acquilin, mastro di guerra,
1.377poi che 'l Re de le stelle esser t'ha fatto
1.378il miglior cavalier ch'alberghi in Roma,
1.379lasciam per oggi la battaglia fiera
1.380poi che la notte è giunta, che c'ingombra
1.381la vista e ci conforta a riposarci.
1.382Diman combatterem fin ch'al ciel piaccia
1.383di giudicarci, e far che l'un di noi
1.384abbia de l'altro la vittoria e 'l vanto.
1.385Tu tornerai ne la città di Roma
1.386e farai lieti i cari tuoi compagni
1.387de la presenza tua, ch'ognun la brama;
1.388ed io ritornerò dentr'al mio vallo
1.389per far lieta di me la mia famiglia
1.390che sta suspesa, e priega il ciel ch'io vinca.
1.391Io vuo' ch'ancora si doniàn l'un l'altro
1.392qualche bel dono, acciò che alcun de i nostri
1.393dica: Costor che combattero insieme
1.394tant'aspramente, son partiti amici.
1.395E detto questo, subito si scinse
1.396la ricca spada, e con la cinta e 'l fodro
1.397carghi di perle ad Acquilin donolli;
1.398ed Acquilino anch'ei volse donarli
1.399il pugnaletto suo, ch'avea per pomo
1.400un ametisto, e 'l manico d'acate,
1.401e tutto il fodro di purissim'oro.
1.402E così avendo l'uno a l'altro dati
1.403quei doni eletti, quindi si partiro,
1.404e l'un coi Gotti e l'altro co i Romani
1.405feccion ritorno a i lor fedeli alberghi.
1.406I Gotti erano allegri, avendo visto
1.407che Turrismondo, fuor d'ogni speranza,
1.408vivo e con poco mal se n'era uscito
1.409da le man del fortissimo Acquilino;
1.410il capitanio ancor con gran diletto
1.411vide Acquilin, del suo vantaggio allegro,
1.412e tutti lieti ritornaro in Roma.
1.413Quivi egli tenne assai baroni a cena,
1.414onorando Acquilin con vini eletti,
1.415co i miglior cibi e le miglior vivande
1.416che si poteano avere in quei disagi.
1.417Poi che la sete e l'importuna fame
1.418fur rintuzzate, il buon conte d'Isaura
1.419incominciò parlare in questo modo:
1.420Veramente signor, la fame orrenda
1.421molto molesta il gran popol di Roma:
1.422onde fia forza o dar la terra a i Gotti
1.423over andarne disperati a morte.
1.424Più non c'è grano, e sono i cani e i gatti
1.425e i sorzi quasi omai tutti consonti;
1.426e dietro quelli ancor molti cavalli
1.427si son mangiati; e se vorrem tenersi,
1.428si converremo al fin mangiar l'un l'altro:
1.429però bisogna che troviam rimedio
1.430al suo crudele e impetüoso assalto.
1.431Mandiam dunque a trovare il buon Narsete
1.432in mare, e diànli fretta, acciò ch'egli entri
1.433nel Tebro, e venga a liberar la terra
1.434con quelle vittüarie ch'egli ha seco.
1.435Mandiamo anco Procopio inver Gaeta
1.436su la riva del mare, onde raccolga
1.437tutti i formenti e vittüarie e strami
1.438ch'ivi può avere, e ce li mandi a Roma,
1.439perché possiamo sustener l'assedio
1.440fin che giunga soccorso da Bisanzo.
1.441Così disse il buon vecchio, e fu lodato
1.442da tutti ed accettato il suo consiglio;
1.443poi prestamente fu mandato a Ripa
1.444Peranio, ed ei salì sopra un legnetto
1.445leggiero e svelto, e con la vela e i remi
1.446andò per incontrare il buon Narsete;
1.447e ritrovollo quando entrar volea
1.448nel porto d'Ostia con le navi carghe:
1.449poi parimente quella istessa notte
1.450Procopio se n'andò verso Gaeta.
1.451L'altra gente del stuol parte a la guardia
1.452de le mura si diede e parte al sonno;
1.453ma come venne la vermiglia aurora
1.454a rimenar il dì sopra la terra,
1.455il capitanio si levò del letto
1.456e si vestì di panni e poscia d'arme:
1.457e mentre andava a riveder le Porte,
1.458venne una schiera d'uomini correndo
1.459e gli narrò la giunta di Narsete
1.460con tanta vittüaria e tante navi
1.461che tutto quanto il Tebro era coperto
1.462di legni carchi e di raccolte vele.
1.463A quella voce il capitanio eletto
1.464s'allegrò molto, e rivoltò il destriero
1.465e se n'andò per incontrarlo a Ripa.
1.466Come fu quivi, ritrovollo appunto
1.467ch'alora se n'uscìa fuor de la nave:
1.468onde abbraziollo con diletto e festa
1.469e disse a lui: Signor, tant'opportuna
1.470è la vostra venuta a questa impresa,
1.471quant'altra cosa che potesse aversi;
1.472onde ringrazio Dio che v'ha mandato
1.473al maggior uopo de la nostra gente,
1.474che quasi per la fame era consunta
1.475aspettando e bramando il vostro aiuto.
1.476A cui rispose il buon figliuol d'Araspo:
1.477Veramente, signor, mi son sforzato
1.478di venirvi a trovar quanto più tosto
1.479m'han conceduto la marina e i venti:
1.480a la cui volontà convien che stia
1.481tutta la gente che cavalca il mare.
1.482Peranio sa che quando mi fé noto
1.483su la foce del Tebro l'empia fame
1.484ch'offendea tanto la città di Roma,
1.485che senza alcuno indugio me ne venni:
1.486e fei pigliar tutti i giumenti e i buoi
1.487ch'erano in Ostia per tirar le navi
1.488e venir tosto, perché avea temenza
1.489ch'io non tardasse troppo, ché 'l soccorso
1.490non suol molto giovar, quand'egli è lento;
1.491or io mi truovo qui per ubidirvi.
1.492Così diss'egli, e Belisario il grande
1.493lo fece poi salir sopra un corsiero
1.494ch'avea fatto condur da le sue stalle
1.495e seco ne 'l menò dentr'al palazzo:
1.496quivi lo tenne a pranso, e non lasciollo
1.497partir fin che l'albergo fu racconcio
1.498ch'a lui fu scelto sopra il Quirinale:
1.499il che si fece in manco di quattr'ore.
1.500In questo mezzo il gran popol di Roma
1.501era concorso a discargar le navi,
1.502che tanta vittüaria avean condotta
1.503che le strade di Roma eran coperte
1.504d'uomini carghi e di somari e muli.
1.505Come al toccar de le sorelle d'Andro
1.506divenìa biada e vin ciò ch'era tocco,
1.507onde con quelle donne il grande Atride
1.508pensò nutrire i Greci intorno Troia,
1.509ma non poteo, ch'elle fuggiro, e quando
1.510la fuga non valea contra la forza
1.511si dileguaro in forma di colombe;
1.512così venne a l'entrar di quelle navi
1.513per tutta Roma un'abbondanza tale
1.514ch'ogni cosa parea formento e vino.
1.515Or mentre che si stava in quei negozi
1.516e s'attendeva a dispensar le biade
1.517per liberare il popol da la fame,
1.518s'attese ancora ad alloggiar la gente
1.519ch'avea condotta il callido Narsete;
1.520ed alloggiata fu presso a i lor capi
1.521quanto si poté: e l'un fu Valerano
1.522duca di Libia, e Marzïan fu l'altro
1.523duca di Messia, uom di valore immenso:
1.524il terzo poi fu il principe Canonte
1.525che la Dacia Ripense avea sott'esso,
1.526Vitellio il quarto, duca d'Elesponto;
1.527il quinto era Zenon, ch'avea il governo
1.528de la Siria Eufratense, e dopo questo
1.529v'eran molti altri principi e baroni
1.530che sarìa lungo nominare ognuno:
1.531ma di lor si dirà quando fia tempo.
1.532Standosi adunque il capitanio intento
1.533in questi alti negozi de la guerra,
1.534sen venne avanti lui Salvidio Gotto:
1.535questo Salvidio era fedele eunuco
1.536de la bella Cillenia, che fu scelta
1.537quando fu preso Napoli per forza
1.538e data in parte a Belisario il grande
1.539sì come cosa di bellezza estrema;
1.540ed ei la diede in guardia al fier Costanzo
1.541e gli commise a custodirla come
1.542s'ella fosse Antonina sua consorte;
1.543Salvidio adunque al capitanio avanti
1.544s'ingenocchiò, parlando in questa forma:
1.545Illustre capitanio de le genti,
1.546Cillenia mia signora e vostra serva,
1.547la qual fu data in guardia al fier Costanzo,
1.548e fu comesso a lui di custodirla
1.549con diligenza, e farli onore e pregio:
1.550or egli acceso di lascivo amore
1.551la tentò molto di volerla indurre
1.552a compiacerli, e divenirli amica;
1.553ed ella sempre con parole oneste
1.554glie l'ha negato, e dettoli che mai
1.555non romperà la fede al suo consorte
1.556fin che viva sarà sopra la terra:
1.557ond'ei vedendo che non può con doni
1.558né con parole al suo voler tirarla,
1.559gli ha detto chiaro ch'userà la forza;
1.560e però, mossa da timor sì grave,
1.561mi manda a pregar voi con prieghi ardenti
1.562che per pietà vogliate liberarla
1.563da la violenza e forza di Costanzo,
1.564e sia più tosto a lei per le man vostre
1.565tolta la vita e 'l sangue che l'onore:
1.566ché senza dubbio, se la donna il perde,
1.567non le resta vivendo altro di buono.
1.568A lui rispose Belisario il grande:
1.569Salvidio, va, rispondi a la tua donna
1.570che stia sicura sopra la mia fede
1.571ch'io non comporterò ch'a lei sia fatta
1.572violenza e forza da persona viva.
1.573E detto questo, lasciò gir l'eunuco;
1.574poi sorridendo disse al buon Traiano:
1.575Ecco 'l baron ch'avea tanta possanza
1.576contra i colpi d'amor, che no 'l temeva
1.577né dubitava esser da lui constretto
1.578a far cosa giamai contra 'l devere;
1.579or s'apparecchia a fare ingiurie e forze,
1.580che son pur cose inver contra 'l devere.
1.581Andate adunque a dirli che non faccia
1.582violenza alcuna a quella bella donna
1.583ch'a me fu scelta, ed io la diedi a lui
1.584per custodirla, e non per farli oltraggio:
1.585perch'io spero da lei qualche buon frutto
1.586conservandola intatta al suo consorte.
1.587Com'ebbe udito questo il bon Traiano
1.588se n'andò ratto a ritrovar Costanzo;
1.589ed oltre a quel che Belisario disse
1.590soggiunse ancor da sé queste parole:
1.591Non avete vergogna, almo barone,
1.592a voler far violenza a quella donna
1.593che fu dipositata in vostra mano?
1.594Ché 'l fraudare il deposito è un errore
1.595molto maggiore assai che non può dirsi;
1.596perciò chi rompe la promessa fede
1.597inganna l'amicizia, ed anco insieme
1.598la caritate e la giustizia offende:
1.599onde con morte si dovria punire
1.600qualunque si ritruova in questo fallo.
1.601E voi più ch'altro meritate pena,
1.602poi che lussuria simplice vi muove
1.603a far sì grave e scelerato ecceso.
1.604Dopo queste parole, il fier Costanzo
1.605cominciò lagrimar come un fanciullo,
1.606e seco stesso a disperar perdono;
1.607e da sì vil pensier nacque un peggiore,
1.608perché deliberò di tuor la vita,
1.609come potesse, a Belisario il grande,
1.610sperando poi d'aver la bella donna
1.611senza contrasto di persona umana:
1.612onde poco dapoi se n'andò a corte
1.613per dissegnar quel scelerato effetto.
1.614E come giunse in mezzo de la sala
1.615Belisario ordinò che si chiamasse
1.616la guardia sua, che si trovava a basso,
1.617ch'eran dugento alabardieri armati:
1.618e questo fece, che volea mandarla
1.619a sedare un rumor ch'era nasciuto
1.620giù ne la piazza al dispensar del pane.
1.621Costanzo, come udì chiamar la guardia,
1.622subito si pensò che si chiamasse
1.623per sostenerlo e tòrre a lui la vita;
1.624però disposto avanti che morisse
1.625di dare effetto al suo crudel pensiero
1.626s'accostò ratto a Belisario il grande,
1.627e col pugnale in man, per amazzarlo,
1.628gli tirò d'una punta verso 'l ventre.
1.629Alor saresti, capitanio eccelso,
1.630giunto a l'estremo dì de la tua vita,
1.631se 'l buon angel Palladio, ch'a la cura
1.632di te fu posto dal voler del Cielo,
1.633non s'opponeva a quel spietato colpo
1.634sotto la vera forma di Bessano,
1.635ond'ei fu 'l scudo de la tua persona:
1.636poi tutti gli altri principi romani
1.637furo intorno a Costanzo, ed Aldigieri
1.638subito il prese per lo braccio destro
1.639e Valerano ancor per lo sinistro,
1.640e gli impediro il furïoso assalto
1.641e salvaron la vita a quel signore.
1.642In questo tempo ancor venne la guardia,
1.643che prestamente prese il fier Costanzo
1.644e tolseli il pugnal ch'aveva in mano;
1.645poi senza indugio lo menaro a basso
1.646e lo serraro in uno oscuro luoco,
1.647ove per lo decreto de i soldati
1.648la notte istessa gli taglior la testa.
1.649Questa fu la cagion de la tua morte,
1.650superbo e ferocissimo Costanzo,
1.651e non la resistenza de i pugnali
1.652che tollesti a Presidio entr'a Spoleti,
1.653come da qualche istorico si scrive,
1.654che forse non sapea tutte le cose
1.655come han saputo le celesti Muse.
1.656Quando Cillenia intese il gran disconzo
1.657ch'aveva avuto il capitanio eccelso,
1.658dentr'a la mente sua molto si dolse:
1.659e poi mandò Salvidio a ritrovarlo,
1.660che disse a lui queste parole tali:
1.661Illustre capitanio de le genti,
1.662Cillenia mia signora a voi mi manda
1.663perché si dòle assai del gran periglio
1.664che sia per lei venuto a vostr'altezza:
1.665ma si consola poi, vedendo il male
1.666ne l'empio malfattor tutto rivolto;
1.667ed ancor m'ha commesso ch'io vi dica
1.668che se le concedete ch'ella mandi
1.669a far venire Agrippa suo consorte,
1.670che ha molta gente sotto il suo governo,
1.671pensa che arete un uom che fia migliore
1.672e più fedele assai di quel ch'è morto:
1.673e spera ch'ei verrà senza tardare,
1.674perciò che 'l nuovo re non l'ama molto,
1.675sendo di sangue assai congiunto a l'altro
1.676che fu fatto da lui condurre a morte;
1.677onde cercò da poi di separarlo
1.678da la mogliera sua, la qual non volse
1.679lasciarlo mai, né tòrre altro marito:
1.680però, da queste tali ingiurie mosso,
1.681spera che volentier verrà a trovarvi
1.682per militar sotto l'imperio vostro.
1.683Così diss'egli, e Belisario il grande
1.684gli assentì che mandasse a dimandarlo;
1.685ed affirmolli ancor che s'ei veniva
1.686l'arebbe caro, e gli farebbe onore.
1.687Come Cillenia udì quella licenza,
1.688mandò Salvidio, che parea fuggito
1.689de la prigione e ceppi de i nimici,
1.690a ritrovare il suo diletto Agrippa,
1.691ch'aveva i cavalier nel sesto vallo
1.692che custodìa la Prenestina Porta
1.693sotto 'l governo del feroce Argalto.
1.694Questi come lo vide a sé venire
1.695con quell'abito tristo, ebbe temenza
1.696che non recasse a lui novelle amare
1.697de la sua donna, onde gli disse : Dimmi,
1.698che fa Cillenia mia? Truovasi viva?
1.699Ed egli: E' viva e sana, e vi saluta;
1.700di che allegrossi tutto ne la fronte.
1.701Quindi rittratti in più secreto luoco
1.702gli dimostrò la carta ch'ella scrisse
1.703e cusita gli dié tra suola e suola
1.704sotto le scarpe sue ch'avava in piede
1.705perché non fusse ritrovata e letta
1.706e disturbasse poi tutto 'l negozio.
1.707Agrippa lesse quell'amata carta
1.708de la bella Cillenia, e la rilesse
1.709cupidamente e con piacere estremo:
1.710ch'altro non gli scrivea, se non com'era
1.711sana, e pregava lui che desse fede
1.712al buon Salvidio suo come a se stessa.
1.713Alor Salvidio gli narrò gli onori
1.714ch'a lei faceva il capitanio eccelso,
1.715e poi gli disse il caso di Costanzo
1.716e 'l desiderio ancor de la sua donna:
1.717la quale ardentemente lo pregava
1.718d'esser contento di venirsi a Roma
1.719a star con esso lei, ch'arebbe quivi
1.720cortesie grandi ed onorevol grado.
1.721Agrippa lacrimò per la dolcezza
1.722de i benefici e de i cortesi onori
1.723che si faceano a la sua cara moglie,
1.724e poi disse a l'eunuco: Io son contento
1.725di star sotto quest'uom prudente e giusto
1.726e che ogni altro uomo di valore avanza;
1.727ritorna a dirli che piacendo a Dio
1.728domattina verrò presso a la Porta
1.729Latina, appunto nel spuntar de l'alba,
1.730con più di mille cavalieri eletti
1.731de la mia buona e valorosa gente:
1.732e quivi ordineran che siamo aperti
1.733e tolti tutti dentro da le mura:
1.734Così diss'egli, e quel fedele eunuco
1.735subitamente ritornossi in dietro
1.736e spose la grattissima risposta
1.737a quella donna, e riferilla ancora
1.738al vicimperador de l'occidente,
1.739che molto dimostrò d'averla cara.
1.740La mattina dapoi quando l'aurora
1.741apparve in orïente inanzi al sole,
1.742Agrippa si trovò presso a la Porta
1.743con più di mille cavalieri armati:
1.744onde Sindosio, ch'ivi era a la guardia,
1.745lo tolse dentro come gli avea detto
1.746la sera avanti il capitanio eccelso;
1.747a cui fé poi saper ch'era venuto
1.748Agrippa con la sua fiorita gente,
1.749ed ei gli disse: Dilli pur che vada
1.750a visitar Cillenia sua consorte
1.751primieramente, e poscia si ritorni,
1.752ch'a più bel agio parleremo insieme.
1.753Così fu riferito al buon Agrippa:
1.754ond'egli andovvi, e giunto ne l'albergo
1.755ove abitar soleva il fier Costanzo,
1.756quivi discese del destriero in terra
1.757subitamente, e nel salir le scale
1.758la bella donna sua gli venne incontro.
1.759Quivi abbracciolla con piacere immenso,
1.760ed ella abbracciò lui senza dir nulla:
1.761ma gli occhi avean di lacrime coperti,
1.762che se n'usciron fuor per la dolcezza
1.763di così cara e non sperata vista.
1.764Pur disse lagrimando il buon Agrippa:
1.765O Re del cielo, e voi sustanze eterne,
1.766quanto vi son tenuto in questo giorno!
1.767Voi rendete la vita a le mie membra,
1.768il cuore al corpo e la sua luce a gli occhi,
1.769ch'i' avea perdute già, ch'erano in questa
1.770mia bella e dilettissima consorte:
1.771or con lei tutte quante le racquisto.
1.772Ma che potrò far io, dolce mia vita,
1.773in render grazie a quest'almo signore
1.774per la vostra persona e per la mia?
1.775Egli con cortesie, con molto onore
1.776trattato v'ha non come donna presa,
1.777ma come onorattissima sorella;
1.778poi con tal gentilezza a voi mi rende,
1.779ch'è beneficio inusitato e grande
1.780da non mi scordar mai mentre ch'io viva.
1.781Rispose alor quell'onorata donna:
1.782Signor de la mia vita, se mia vita
1.783si può dir questa che da voi dipende
1.784e che 'n voi solo si riposa e vive;
1.785poi che i santi costumi e i pensier casti
1.786di quel signor mi v'ha servata e serva,
1.787qual maggior grazia a lui render potete
1.788che di sforzarvi sempre d'esser tale
1.789verso la sua persona e i suoi negozi
1.790quale egli è stato a la persona vostra
1.791ed a le cose vostre a voi più care?
1.792Dopo quelle accoglienze oneste e liete
1.793e molt'altre dolcissime parole,
1.794il generoso Agrippa indi partissi
1.795e se ne venne a Belisario il grande,
1.796a cui basciò la mano, e poi gli disse:
1.797Invitto capitanio de le genti,
1.798non so pensar ch'a i benefici vostri
1.799per me si possa dar cosa maggiore
1.800di me medesmo: adunque a voi mi dono
1.801per servo o per amico o per compagno
1.802od altro ministerio che v'aggradi;
1.803e sempre sforzerommi, ovunque lo possa,
1.804d'essequir tutto il vostr'alto volere
1.805senza mai rispiarmar sangue né vita.
1.806Belisario a lui: Così v'accetto
1.807per amico e compagno e per fratello.
1.808Andate adunque a star per questo giorno
1.809con la diletta vostra moglie, e poi
1.810ritornerete a dimorar con meco
1.811e con quest'altri nostri e vostri amici.
1.812Così gli disse Belisario il grande;
1.813poi quando il terzo dì fu ricoperta
1.814de la luce del sol tutta la terra,
1.815i buon Romani allegri, essendo sciolta
1.816l'orribil fame che i teneva oppressi
1.817e fatti acerbi ed animosi e fieri
1.818per le passate prospere battaglie,
1.819bramavan tutti andar contra i nimici
1.820e fare un fatto d'arme aspro e cruento
1.821per liberarsi da l'assedio amaro:
1.822onde ridotti insieme andaro a corte,
1.823per dimandare al capitanio eccelso
1.824che dovesse condurli a la battaglia;
1.825e molti di color ch'eran più ardenti,
1.826e non dovean campar fin a la notte
1.827del dì seguente, spinti dal destino
1.828de la lor vita con parole acerbe
1.829dannavan murmurando il capitano
1.830e la tardezza e i lenti suoi dissegni,
1.831nomandol troppo riservato e pegro
1.832e troppo timoroso de i nimici.
1.833Altri di lor dicean ch'egli era vago
1.834de l'alta dignitate e del governo
1.835che gli avea dato il correttor del mondo,
1.836onde, per star più tempo in quello onore,
1.837cercava di menar la guerra in lungo.
1.838Così tra lor parlando e murmurando,
1.839vennero in piaccia, e giunti nel cortile
1.840del bel palagio con diverse voci
1.841faceano andare il lor cridore al cielo.
1.842Belisario sentì quel gran tumulto,
1.843e tutto si turbò dentr'al suo petto:
1.844poi se n'uscì di camera veloce
1.845e se n'andò dov'era quella gente;
1.846a la cui giunta si chetò ciascuno,
1.847mostrando solamente il gran disio
1.848ch'ogni soldato avea de la giornata:
1.849Onde guardolli Belisario in fronte
1.850primieramente, e poi così gli disse:
1.851Non vuo' negarvi, acerrimi guerrieri,
1.852ch'a me non piaccia la prontezza vostra:
1.853ché sempre l'ardimento de i soldati
1.854suole esser grato a i capitani esperti.
1.855Ma dovete pensar che 'l mio consiglio
1.856di stare in Roma, e non uscire a un tratto
1.857con tutto quanto 'l stuolo a la campagna,
1.858si fa con arte e con ragion di guerra,
1.859la qual non vuo' che sia palese a tutti
1.860che i miei disegni alcuna volta ascondo
1.861fin a la vesta mia ch'io porto in dosso.
1.862Dunque gli taccio, e solamente dico
1.863che l'ubidire al capitanio vostro,
1.864che intende meglio il ben d'ognun di voi
1.865che voi medesmi, vi sarà giocondo
1.866e non vi reccherà se non salute.
1.867Così diss'egli, onde ciascun rimase
1.868tacito, e non dicea parola alcuna;
1.869infin che Cecio, senator di Roma,
1.870ch'era col popol quivi, e fu figliuolo
1.871de la gentile Ardentia e di Pitone,
1.872uomo non buon, ma d'eloquenzia rara,
1.873incominciò parlare in questa forma:
1.874Illustre capitanio de le genti
1.875mandato qui dal correttor del mondo
1.876per tòr l'Italia da le man de' Gotti,
1.877vedete quanti principi e signori
1.878e quanti eletti cavalieri e fanti
1.879hanno disio di far questa giornata,
1.880e chiedonla con gli occhi e con la lingua;
1.881però, caro signor, non la negate,
1.882non ci tenete in questo assedio amaro
1.883più lungamente, che di ciò vi priega
1.884l'afflitta Roma e tutta Italia ancora
1.885che brama uscir di servitù sì grave.
1.886priegavi la Fortuna che vogliate
1.887di lei fidarvi e del suo buon favore
1.888ch'ella v'ha dato in più di mille imprese.
1.889Non vi dispiaccia oimé lasciar che i Gotti
1.890da le nostr'arme sian cacciati e vinti;
1.891dateci pur sicuramente il segno,
1.892che ci vedrete far notabil pruove.
1.893Abbiate fede nel favor del Cielo,
1.894che v'accompagnerà come già fece
1.895quando voi combatteste a Ponte Molle
1.896e quando gli cacciaste da le mura
1.897de la nostra città dentr'a i lor valli,
1.898con tanta uccisïon, che la campagna
1.899correa del sangue lor bagnata e tinta:
1.900e tanto più dovete aver speranza,
1.901quanto che arete vosco il buon Narsete,
1.902con altretanti cavalieri e fanti
1.903più di quei che menaste in l'altre imprese;
1.904e che non arem tema de la fame
1.905ch'offendea troppo il gran popol di Roma,
1.906il quale è fatto ancora esperto e dotto
1.907ne l'ordinanze ed arti de la guerra.
1.908Sperate appresso nel voler divino,
1.909che vi sarà propizio, perch'ha in odio
1.910l'estrema crudeltà di quel tiranno:
1.911il qual, come fu ratto appresso i muri,
1.912spinto da l'ira, e dal disio di sangue
1.913mandò a Ravenna, e fece dar la morte
1.914a i senator ch'avea condotti seco
1.915da Roma per ostaggi in quella terra.
1.916A che privar più adunque il nostro ferro
1.917di così ingiusto e scelerato sangue?
1.918Date a le squadre il desïato segno
1.919de la battaglia, acciò che per se stessi
1.920non escan fuori, e vincano i nimici:
1.921onde qualcun poi sorridendo dica:
1.922Belisario ha pur vinto al suo dispetto.
1.923Dietro al parlar di Cecio, molti cridi
1.924s'udiro in quelle ragunate squadre,
1.925che dimandavan tutti la giornata;
1.926onde 'l gran capitanio de le genti
1.927conobbe chiaro che 'l voler del cielo
1.928gli apparecchiava qualche aspro disturbo:
1.929ma poi temendo di non far minore
1.930l'autoritade e 'l credito ch'avea
1.931con le genti del campo e co i Romani,
1.932mutò proposto e disse este parole:
1.933Se così piace a tutto quanto 'l stuolo,
1.934e se volete usarmi per soldato
1.935e non per capitanio, io non contendo,
1.936e non voglio indugiar l'empia battaglia.
1.937Ma sìammi testimoni i sette colli
1.938de la città di Roma ch'io diffendo
1.939come piglio da voi questa giornata,
1.940con più disvantaggio e più periglio
1.941che non sarebbe stato il mio dissegno:
1.942il qual volea con l'aspettar del tempo
1.943e con poche ferite e poco sangue
1.944spingere i Gotti via da questo assedio,
1.945e poscia liberar l'Italia afflitta.
1.946Ma voi temete il vincer senza morti,
1.947e volete più tosto che combatta
1.948il capitanio vostro che ch'ei vinca.
1.949Certo la tema de i futuri mali
1.950spesso ce induce ne i perigli estremi:
1.951e quel può dirsi veramente forte
1.952ch'è pronto a tolerar le cose orrende
1.953e vuol più tosto morte che vergogna,
1.954alor che l'una e l'altra gli è vicina;
1.955ma quel che con onor porìa schivarla
1.956e la ricerca, al mio parer più tosto
1.957si devria folle nominar che forte.
1.958Or poi che voi volete a la ventura
1.959commetter tutte le fatiche nostre
1.960e la prosperità che 'l ciel n'ha data,
1.961e dar l'arbitrio a i colpi de le spade
1.962del porre in libertà l'Italia oppressa;
1.963io son contento e nel spuntar del sole
1.964doman vi guiderò fuor de le mura
1.965e ponerovvi a fronte co i nimici.
1.966In questo mezzo ognun riveggia l'arme,
1.967ognun governi bene i suoi destrieri
1.968e s'apparecchi a la battaglia orrenda.
1.969Parlato ch'ebbe il capitanio eccelso,
1.970tutti i soldati uscir fuor del cortile
1.971e se n'andaro a casa a prepararsi:
1.972quivi a pruovo ciascun si messe in punto,
1.973né si fidòr del taglio de le spade,
1.974che gli acconciaro un'altra volta il filo;
1.975ed arrotaro ancor le acute lance,
1.976ed altri empieron le faretre loro
1.977di fermi acuti e ben pungenti strali
1.978et addattaron nuove corde a gli archi.
1.979Non altrimente quando i fier giganti
1.980voleano a Flegra superare il Cielo,
1.981Marte e Nettuno e Pallade ed Apollo
1.982facean rifarsi le saette e l'arme:
1.983onde i Ciclopi ne la gran fucina
1.984intorno al suo Vulcan sudavan tutti
1.985e con le ignude braccia i gran martelli
1.986calando a tempo su la salda incude
1.987facean saette fulminanti a Giove;
1.988tali parean quel giorno i buon Romani
1.989nel prepararsi a quella empia battaglia.
1.990e fuvvi alcun che per aver favore
1.991da l'antica virtù che vinse il mondo
1.992tentò d'aprire in quella istessa notte
1.993le due porte di ferro ch'eran chiuse
1.994nel picciol tempio del bifronte Iano:
1.995che così solean star quand'era pace,
1.996ma ne la guerra poi soleano aprirsi
1.997da l'onorato consule di Roma
1.998acciò che fuor del tempio suo d'acciale
1.999il nume di quel Dio dovesse uscire
1.1000e ritrovarsi al campo in loro aiuto.
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