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1.1Al fin de l'empia e tremebunda fuga
1.2ch'aveano data i principi romani
1.3al numeroso essercito de i Gotti,
1.4l'invitto capitanio de le genti
1.5tornando indietro a la città di Roma
1.6vide giacer senza presidio alcuno
1.7molte gran torri e machine e tormenti,
1.8ch'avean lasciate i Gotti intorno i muri
1.9quando così vilmente si fuggiro;
1.10onde disse a Traian queste parole:
1.11Barone illustre e di supremo ingegno,
1.12poi che ci ha dato il ciel tanta ventura
1.13che difesi ci siam da gli empi Gotti
1.14e fattoli fuggir dentr'a i lor valli,
1.15fia ben che noi brusiam queste lor torri
1.16e queste molte machine da guerra
1.17che ci han lasciate via fuggendo in preda:
1.18perché aran manco agevole il ritorno.
1.19Or a voi lasciarò questo negozio,
1.20ché tornar voglio dentr'a la cittade
1.21e render grazie al Re de l'universo,
1.22poi che col suo favore avem difese
1.23sì virilmente le romane mura;
1.24e quivi riverdrò tutte le guardie,
1.25acciò che la felice lor difesa
1.26non le facesse negligenti e pigre:
1.27ché spesso l'uom per negligenza perde
1.28quel ch'acquistato primamente avea
1.29con molta diligenza e con fatica,
1.30perciò che densi in conservar le cose
1.31usare i modi e le medesime arti
1.32con le quai primamente s'acquistaro.
1.33Così diss'egli, e ritornossi in Roma;
1.34e 'l buon Traian poi fece porre il fuoco
1.35in tutte quelle machine murali
1.36ch'erano quivi, onde fér tanta fiamma
1.37ch'intorno rilucea per ogni parte:
1.38e come quando il fuoco è stato acceso
1.39in una selva che è sopra un gran colle,
1.40folta di pini e di nodosi abieti,
1.41spargonsi intorno i rilucenti raggi
1.42simili a quei del figlio di Latona;
1.43così la fiamma ne i legnami accesa
1.44mandava in Roma e in tutti sette i valli
1.45un tal splendor, che s'agguagliava al giorno.
1.46I Gotti poi vedendo ch'eran arse
1.47le torri e l'altre machine murali
1.48fatte da lor con gran fatica ed arte,
1.49s'empier di doglia e di timore immenso;
1.50ma più quando mirorono i feriti
1.51e i corpi morti sopra la campagna,
1.52che furon trentamillia e novecento:
1.53tal che non si sentìa dentr'a quei valli
1.54se non batter di palme ed urli e cridi,
1.55che parean giunti a l'ultima ruina.
1.56Da l'altra parte gli ottimi Romani
1.57stavan sui muri, e con diletto e festa
1.58laudavan prima il gran Motor del cielo,
1.59poi la virtù di Belisario il grande
1.60che da tanto furor gli avean diffesi.
1.61Il vicimperador, come reviste
1.62ebbe le guardie intorno a la cittade,
1.63volse che ognuno andasse a prender cibo
1.64e riposarsi fino a la mattina.
1.65Ma quando venne fuor la bella aurora
1.66con le palme di rose e co i piè d'oro,
1.67si levò su da l'ocïose piume
1.68e si vestì di panni e poscia d'arme,
1.69e chiamar fece a corte ogni barone
1.70e tutti i principai de la cittade:
1.71chiamar vi fece ancor Silverio Papa
1.72per fare il suo pensier commune a tutti.
1.73Poi come furon ragunati insieme
1.74in una bella e spazïosa sala,
1.75si levò in piedi e disse este parole:
1.76Signori illustri e di prudenza pieni,
1.77io v'ho fatti chiamare al mio conspetto
1.78perché pensiamo ben ciò che è da farsi
1.79in questa importantissima difesa:
1.80ché da i buoni pensier nascon bone opre.
1.81Noi siamo in Roma co i nimici intorno
1.82ed avem poca vittüaria dentro:
1.83onde ho paura che la nostra gente,
1.84da qualche gran necessità constretta,
1.85faccia nuovi pensier, ché molti mali
1.86da la necessità soglion crearsi.
1.87Però voglio far dare a i miei soldati
1.88sol la metà de i consüeti cibi
1.89e per l'altra metà darli denari,
1.90acciò che meglio si risparmi il grano,
1.91il quale è poco, e non saria bastante
1.92a mantenere un terzo de la gente,
1.93se questo assedio se n'andasse in lungo.
1.94Un altro buon rimedio ancor mi pare
1.95che far si debbia, e fia molto salubre:
1.96mandiam le donne e le persone imbelle
1.97fuor de le mura, ch'andaran per mare
1.98agevolmente a Napoli e Gaeta
1.99e quindi potran ire a Capua, e starsi
1.100senza tema di fame o di disconci
1.101per quello abundantissimo paese,
1.102che è le delizie e 'l grasso de la terra:
1.103io manderò Procopio che le guidi
1.104con Antonina mia fedel consorte,
1.105che farà provedere a i lor bisogni.
1.106Noi poi staremo ad aspettar le biade
1.107e l'aiuto di gente e di denari
1.108che vuol mandarci il domator del mondo,
1.109il qual ridotto s'è dentr'a Bisanzo è
1.110d ammi scritto fermamente ch'egli
1.111manderà qui Narsete con l'armata,
1.112che nel colfo di Larta or si ritruova
1.113con tanta vittüaria e tanta gente,
1.114che noi potremo uscire a la campagna:
1.115e voi, soluti da l'assedio amaro,
1.116vi goderete in libertà gioconda.
1.117Così parlò quel capitanio eccelso:
1.118onde rimase ognun tacito e muto
1.119per la non dilettevole proposta.
1.120Ma il Papa, che fu posto in quella sede
1.121per opra e per minaccie di Teodato
1.122contr'al voler del popolo di Roma,
1.123avendo ancora invidia a l'alta gloria
1.124di Belisario ed al suo gran valore,
1.125perciò che come a l'uom ch'al sol camina
1.126seguita l'ombra, così sempre siegue
1.127l'invidia a quel ch'a vera gloria aspira:
1.128questa sola cangiò l'animo buono
1.129di quel pastore, e gli addombrò la mente,
1.130perché l'invidia l'anima corrompe
1.131come corrompe il rugine l'acciale;
1.132il Papa adunque da l'invidia mosso
1.133più che dal ben che gli avean fatto i Gotti
1.134si pensò di sturbar questo dissegno
1.135al capitanio, onde così rispose:
1.136Illustre capitanio de le genti,
1.137noi speravam per la battaglia orrenda
1.138che fu cacciata via da queste mura
1.139aver minor disturbi e manco affanni;
1.140ché la vostra virtù tant'è miranda,
1.141che darìa speme a gli uomini defonti.
1.142Ma che parole poi debbio dir queste
1.143che sono uscite a voi fuor de le labbra?
1.144Debbiole nominar timide o caute?
1.145Timide no, perché dal vostro cuore
1.146più lunge è la paura che 'l Boote
1.147da l'ombilico o centro de la terra.
1.148Ma come si puon dir sicure e caute,
1.149ch'empieran di terror questa cittade?
1.150Io vi dirò liberamente il vero,
1.151benché la verità che par menzogna
1.152si devrebbe tacer da l'uom che è saggio
1.153per non parer bugiardo a chi l'ascolta;
1.154pur lo dirò, poi che tacer nol posso:
1.155il mandar fuor le nostre donne e i figli
1.156peggio sarìa che dar la terra a i Gotti,
1.157cosa che certo è fuor d'ogni credenza;
1.158ma pur è vera, e la ragione è questa:
1.159che 'l dar la terra a i Gotti ci darebbe
1.160commodità di vittüaria e d'altro,
1.161ma il mandar via le donne apporteracci
1.162se non disagi e dispiaceri e spese.
1.163Poniamo poi ch'elle sicure e salve
1.164possano andare a Napoli e Gaeta è
1.165d'indi a Capua e in quelli almi paesi,
1.166che è cosa difficillima a sperarlo;
1.167ma chi le guarderà come sian ivi?
1.168perciò che i Gotti numerosi e molti
1.169vi manderanno parte de la gente
1.170e prenderan quelle città per forza:
1.171e quivi aran tutte le cose nostre,
1.172ché le case van dietro a le cittadi,
1.173le cittadi a i paesi e quelli al mondo,
1.174sì come il mondo è sottoposto a Dio.
1.175Noi poscia gli darem la terra nostra
1.176con peggior patti e con maggior vergogna
1.177sol per ricuperar sì cari pegni.
1.178Dunque meglio è tener le nostre donne
1.179e i nostri cari figliuolini e i padri
1.180appresso noi, perché patendo fame
1.181troverem modo d'acquistarli il pane,
1.182che non si poria far se fussen lunge:
1.183ancora avemo in voi tanta speranza,
1.184e nel prudente vostro alto consiglio,
1.185che di Sicilia o d'Africa o di Puglia
1.186ci verrà tanta quantità di grano
1.187che ci disciolverà tutto 'l periglio,
1.188che mancar possa vittüaria a Roma;
1.189e quando questo ci abbandoni e lasci,
1.190non lascieracci la bontà divina,
1.191che a noi farà trovar qualche buon modo
1.192da non star sempre con la morte a canto.
1.193Dietro al parlar di quello alto pastore
1.194s'udiron molti gemiti e suspiri
1.195mandati fuor da lacrimosi volti,
1.196né però ardiva alcun spiegar la voce;
1.197ma stando queto ognun, levossi in piedi
1.198Amulio, uom grave e d'eloquenzia rara,
1.199Amulio, ch'era consule quell'anno,
1.200da cui discese poi l'Amulia prole
1.201ch'ornò Vinegia di preclari ingegni;
1.202e sciolse la sua lingua in tai parole:
1.203Veramente, signor, quella sentenza
1.204mi parve sempre ed ottima e prudente
1.205che solea dire il gran dottor di Samo:
1.206che noi debbiam scacciar con molta cura
1.207la infirmità dal corpo e l'ignoranza
1.208da l'alma e la lussuria da la carne;
1.209e sopra tutto aver pensiero e cura
1.210di estinguer la discordia de le case
1.211e le sedizïon de le cittadi.
1.212Questo veggi' ora e necessario e vero,
1.213ché la discordia de le nostre voglie
1.214ci poria parturir molta ruina.
1.215Spesso quel che par dolce al primo gusto
1.216ci reca poi qualche dolore amaro.
1.217Chi non sa ch'egli è dolce avere accanto
1.218la moglie e i figli e i cari suoi parenti?
1.219ma vederli da poi morir di fame
1.220e non poterli dare alcuno aiuto
1.221saria dolor poco minor che morte.
1.222Però il mandarli in un sicuro luoco
1.223ov'abbiano abbondanza d'ogni cosa
1.224mi par prudente ed ottimo consiglio;
1.225massimamente che in campagna sono
1.226infiniti di noi che v'han poderi
1.227e case e mercanzie, servi e clienti:
1.228sì che andaranno ne gli alberghi loro
1.229a fare i lor raccolti di formenti,
1.230d'olii, di vini e di diversi frutti,
1.231parte de' quai potran mandarci a Roma;
1.232che aiuteranci a sustener l'assedio.
1.233E così quivi si staran sicuri
1.234senza tema di fame o d'altro male,
1.235cosa che non saria restando in Roma:
1.236ove arian molta carestia di grano
1.237e d'altre cose necessarie al vitto.
1.238Né si dee dubitar che debbia andarvi
1.239la gente gotta a far danno e rapina,
1.240che non son iti mai pur a la strada
1.241ch'Appio censor fece munir da Roma
1.242in fin a Capua, e lastricar di pietre;
1.243e se v'andasser pur, sarian difese
1.244dal forte Erodïano in quelle terre,
1.245perch'ivi ha gente ed ottima ed eletta.
1.246Napoli ancor ha le più forti mura
1.247ch'abbia l'Italia, onde saran sicure
1.248le nostre donne quivi e ben difese.
1.249Poi se vi fosse alcun timor di male
1.250il capitan non manderìa con esse
1.251la sua diletta ed ottima consorte.
1.252Io dirò pur ancor questa parola:
1.253che i signor preti, che non han mogliere,
1.254non devrebbon giamai con tanta cura
1.255voler tener le donne nostre appresso,
1.256che parturisce a noi qualche suspetto;
1.257poi non è degno di chiamarsi Papa
1.258né re colui che 'l ben de la sua terra
1.259con li suoi proprii commodi misura:
1.260né si può dir che 'l darla in man de' Gotti
1.261ci potesse reccar presidio alcuno,
1.262anzi sarebbe un desolarla tutta;
1.263ma spero in Dio ch'ella ci fia servata
1.264da la virtù di Belisario il grande.
1.265Ancor questo dirò, che noi devremmo
1.266riferir grazie al gran Motor del cielo
1.267ch'ha messo in cuore a questo almo signore
1.268non sol di conservar questi edifici,
1.269ma dar la vita a le dilette donne
1.270nostre, a i nostri fanciulli, a i nostri padri
1.271ed anco a noi, perciò che non è vita
1.272la vita che non ha donde nutrirsi.
1.273Mandiamo adunque via la gente imbelle
1.274et ubidiamo al capitanio eccelso;
1.275e non guardiamo a la eloquenzia grande
1.276di quel summo Pastor che ha contradetto:
1.277perché il parlar con eloquenzia ed arte
1.278muove la gente scioca, e non i saggi.
1.279Io sarò il primo, e manderò la moglie
1.280con cinque figliuolini entr'a Gaeta
1.281e ventiquattro servi e venti serve;
1.282e sol tenirò meco quei famigli
1.283che mi soglion venir con l'arme dietro
1.284e che son atti a diffensar le mura.
1.285Questo parlar del consule fu grato
1.286quasi a la maggior parte de le genti;
1.287e poi fu dato cura al buon Traiano
1.288ed a Procopio di essequirlo tosto:
1.289onde, come fu sciolto il gran consiglio,
1.290subitamente se n'andaro insieme
1.291col consule e 'l pretor de la cittade
1.292di strada in strada ad ammunir le genti,
1.293facendoli chiarir da i lor trombetti
1.294con basse e modestissime parole
1.295che 'l dì seguente si dovean partire
1.296e prendere il camin verso Campagna:
1.297onde chi con piacer, chi con dolore
1.298udì quel grave e necessario editto.
1.299Quando poi la mattina il giorno apparve,
1.300una infinita turba di mortali
1.301sen venne al luoco nominato Ripa:
1.302e quivi ritrovò che 'l buon Procopio
1.303fatto avea preparar navigli e burchi;
1.304onde Antonina prima andò sovr'uno
1.305di quei con molta compagnia di donne
1.306illustri e chiare e di belezza adorne,
1.307poi furon gli altri in un momento pieni
1.308di fanciulli e di femine e di vecchi;
1.309e quindi andaro a la città di Porto
1.310per avviarsi a Napoli e Gaeta
1.311su l'ampio dorso del fratel di Giove:
1.312ma non pur sol quel celebrato fiume
1.313portò sul corno suo la gente imbelle,
1.314ma la strada ivi accanto era coperta
1.315d'uomini a piedi e d'asini e giumenti
1.316con fanciuletti e con persone inferme;
1.317e si vedeano ancora andar fra questi
1.318le feminette coi bambini al petto
1.319o con le cune in collo, ed affrettarsi
1.320le monichelle e i podagrosi e i frati,
1.321che parea cosa misera et orrenda.
1.322Né solamente fuor di questa porta
1.323andò la gente, ma da la Capena
1.324tanta n'uscìo, che tutta l'Appia ancora
1.325era coperta d'uomini e di donne,
1.326chi a piedi, chi a cavallo e chi in carretta,
1.327che prendeano la via verso Campagna.
1.328E come, uscendo fuor de i loro essami
1.329quando 'l sol passa dal Montone al Tauro,
1.330le pecchie volan numerose insieme
1.331per ritrovarsi un più capace albergo
1.332ove possan dispor la cera e 'l melle:
1.333né, perché il villanel percuota il rame,
1.334tornasi a dietro, anzi s'assidon tutte
1.335sopra qualche arboscello a la foresta
1.336per esser poste ne i novelli essami;
1.337così quel popol nomeroso ch'era
1.338di Roma uscito se n'andava insieme
1.339per l'Appia a procacciar sicura sede.
1.340Poi che partita fu quella brigata,
1.341il vicimperador de l'occidente
1.342attese a custodir la gran cittade,
1.343ne la quale era rintuzzata alquanto
1.344l'estrema carestia de le vivande
1.345dal dipartir di quella inutil gente;
1.346ma nuovo caso che da poi gli occorse
1.347gli fece usar più diligenza ancora,
1.348e mutar spesso e visitar le guardie.
1.349Burgenzo, come intese la sentenza
1.350del Papa, e che 'l buon consule di Roma
1.351contradetto gli avea con molto ardire
1.352- perché Sulmonio gli avvisava sempre
1.353i consigli e i disconci de i Romani -
1.354si pensò che potea quella contesa
1.355aver talmente l'animo del Papa
1.356offeso, che sarebbe in lor favore;
1.357e poi sapea ch'era inclinato molto
1.358al ben de i Gotti, e farli ogni piacere,
1.359perché da lor fu posto in quella sede.
1.360Ancor sapea che spesse volte i preti
1.361han così volto l'animo a la robba,
1.362che per denari venderiano il mondo:
1.363però fé noto al re questo pensiero,
1.364e di comun parer fecen tentare
1.365il Papa, se volea darli una Porta
1.366da potervi introdur la gente gotta,
1.367che doneriano a lui molto tesoro;
1.368e prima gli mandar certi bei doni
1.369di ricchi vasi e prezïose gemme.
1.370Silverio al suon de la moneta aperse
1.371l'orecchie, ed accettò tutti quei doni;
1.372poi cominciossi a contrattar del modo
1.373da potersi essequir questo negozio,
1.374che fu di tòr la notte in San Giovanni
1.375molti baroni e principi de i Gotti
1.376che poscia aprisser l'Asinaria Porta
1.377e facessinvi intrar tutto quel stuolo
1.378che fosse preparato in quella parte:
1.379e fur mezzani a questa pessim'opra
1.380Cupidio e Filocrifo, antichi amici
1.381d'Erronio e di Sulmonio e di Burgenzo.
1.382Questi trattor col Papa quell'accordo;
1.383ma non sofferse la Divina altezza
1.384che sì fiero pensier sortìce effetto:
1.385perché mandò l'angel Nemesio in terra
1.386a contraporsi a quell'empio disegno,
1.387Nemesio, distruttor d'ogni speranza
1.388quand'è più ferma e più vicina al fatto:
1.389onde parlò con Belisario il grande
1.390sotto la forma di Cupidio e disse:
1.391Illustre capitanio de le genti,
1.392perché nel corso de la nostra vita
1.393debbiam guardarsi con estrema cura
1.394da la nascosa invidia de gli amici
1.395non men che da le insidie de i nimici,
1.396che 'l beneficio e 'l nutrimento suole
1.397far mansüete l'acquile e i leoni,
1.398ma l'uomo invidïoso ognor s'inaspra
1.399quanto più benefici a lui son fatti:
1.400Però vuo' dirvi un tradimento grande
1.401che l'invidia d'un nostro v'apparecchia,
1.402e l'insidie continue del nimico.
1.403Questo Silverio ch'è nostro pastore
1.404di nome, ma di cuor lupo rapace,
1.405mosso da invidia de le vostre lode
1.406e da somma avarizia, che possiede
1.407troppo aspramente l'anime de i preti,
1.408non riguardando i benefici avuti
1.409da Dio né da quest'ottima cittade
1.410né dal vostro valor che l'ha defesa,
1.411s'è convenuto co i nimici nostri
1.412di tòrne molti dentro da le mura
1.413per l'acquedutto che menar solea
1.414tra l'Asinaria Porta e la Maggiore
1.415l'acqua che Claudio già conduce in Roma;
1.416e queste genti dén pigliar la porta
1.417e poi tòr entro tutto quanto il stuolo
1.418che sarà preparato in quella parte,
1.419per arder e spogliar tutte le case
1.420e mandar le persone a fil di spada.
1.421Ma perché non crediate ch'io v'inganni,
1.422mandate quivi un'ora avanti 'l giorno,
1.423ché troveranlo sigillare i patti
1.424con Filocrifo e con Dolosio Gotto;
1.425e troveranno ancor ne l'acquedutto
1.426segni di questa cosa ch'io vi parlo.
1.427Così disse, e sparì come un baleno;
1.428onde 'l gran capitanio, che conobbe
1.429ch'era messo di Dio, si volse al cielo
1.430con gli occhi fissi e con le palme giunte
1.431e disse: O Re de la celeste corte,
1.432che non spinge l'alme de i mortali
1.433l'oro e l'argento e i prezïosi doni?
1.434L'oro de i Gotti ha spinto il gran pastore
1.435che vicario di Cristo esser dovea
1.436a vender la sua patria a gli infedeli:
1.437ma tu, Signor del ciel, non hai patito
1.438che un sì gran tradimento si nasconda;
1.439onde col cuore e con la mente umìle
1.440rendo ampie grazie al tuo valore eterno
1.441che da tanto periglio ci diffende.
1.442Così detto poi mandò Traiano
1.443a scoprir quel trattato in San Giovanni
1.444ed a condurgli ne la sua presenza;
1.445poi disse anco a Teogene ch'andasse
1.446nel predetto acquedutto, e ritruovando
1.447segni che quivi fosser stati e' Gotti,
1.448dovesse chiuder ben tutta la strada
1.449che preparavan per venire in Roma.
1.450Così comesse il capitanio eccelso,
1.451e Traiano e Teogene n'andaro
1.452senza alcuna dimora ad essequirlo,
1.453e nel sonare appunto de le squille
1.454si dipartiro ed aspettaro il tempo
1.455e l'ora del fornir del matutino,
1.456e da poi se n'entraro a l'improviso;
1.457e quivi ritrovàr Silverio Papa
1.458con Filocrifo e con Dolosio Gotto,
1.459che gli sottoscrivea quel fiero accordo.
1.460Non altrimente si conturba e trema
1.461al non pensato aggiunger del marito
1.462l'adultera moglier che col suo amnte
1.463si truova còlta, e più non può celarsi,
1.464come fece il gran prete essendo còlto
1.465a sottoscriver quei nefarii patti.
1.466Alora il buon Traian tolse la carta
1.467di mano a lui che già volea squarciarla
1.468e disse: Almo signor, non vi sia grave
1.469di venir meco a Belisario il grande
1.470a cui voglio portar questa scrittura;
1.471ch'ubidir mi conviene a i suoi precetti.
1.472Il Papa, che si vide in forza altrui,
1.473ancor ch'a suo mal grado lo facesse
1.474salì sopra una mula, ed andò seco.
1.475Teogene da poi se n'uscì fuori
1.476per quella porta che or Maggiore è detta,
1.477e ratto se n'entrò ne l'acquedutto;
1.478e quivi ritrovò molti signalli
1.479di cera sparsa e di lucerne estinte,
1.480ché v'eran stati poco avanti i Gotti,
1.481ed eran iti in mezzo a la cittade;
1.482ma ritrovando chiusa quella buca
1.483onde poteasi uscir fuor del gran foro
1.484tolsero un sasso, e lo portaron seco
1.485per volerlo mostrare al lor signore:
1.486e Teogene alor, visti quei segni,
1.487provide accortamente al gran periglio
1.488col chiuder bene il buco e porvi guardia;
1.489poi fatto questo subito partissi,
1.490ed in quel tempo giunse al gran palazzo
1.491Traian col Papa e con Dolosio Gotto
1.492e gli altri ch'avea colti in quel trattato,
1.493e gli condusse a Belisario il grande
1.494e dimostrolli i sottoscritti patti.
1.495Il che vedendo l'infelice Papa
1.496non volse denegar quel ch'era chiaro,
1.497ma disse lacrimando in questa forma:
1.498Signor di gloria e di prudenzia pieno,
1.499conosco ben ch'al mio terribil fallo
1.500non si può ritrovar pena sì grave
1.501ch'ei non la merti: fate adunque voi
1.502ciò che vi par di me, volgendo gli occhi
1.503a quel che a l'onor vostro si convenga
1.504ed a l'utilità de l'alta impresa,
1.505e non a i sventurati miei pensieri.
1.506A cui rispose Belisario il grande:
1.507Padre, non padre già ma fier nimico
1.508de la chiesa di Cristo e de la fede,
1.509poi che vi truovo in tanto errore incorso
1.510io farò convocare in questa piazza
1.511il buon senato e 'l gran popol di Roma
1.512e tutti quanti i capitani e i duchi
1.513di questo nostro glorïoso stuolo,
1.514i quai consiglieran ciò che è da farsi
1.515nel vostro grave e periglioso eccesso.
1.516Certo voi devevate aver nel cuore
1.517come i pensier che sono empi ed audaci
1.518han quasi sempre miserabil fine:
1.519perciò che 'l viver queto e'l contentarsi
1.520de la fortuna che ci ha data il Cielo
1.521mai non conquassa, anzi mantien le case.
1.522Così diss'egli, e poi menar lo fece
1.523in una stanza nobile e sicura
1.524fin che si convocasse il gran consiglio.
1.525In questo mezzo giù dal ciel discese
1.526l'angel Palladio, il quale avendo tolta
1.527la vera effigie del canuto Paulo
1.528disse al gran Belisario este parole:
1.529Illustre capitan, luce del mondo,
1.530il scelerato, pessimo et orrendo
1.531caso che è pervenuto a vostre mani
1.532si bisogna curar con gran destrezza,
1.533e non lasciarsi spingere al furore:
1.534perché i pensier de i furïosi e quelli
1.535de i scelerati son fratei germani;
1.536e Dio, se ben è in cielo, e par sì lunge,
1.537vede però le cose de' mortali,
1.538et ha in odio colui che le sue mani
1.539si brutta e tinge in sangue di prelati:
1.540ch'ei sol vuol esser quel che gli punisca.
1.541Non conducete adunque entr'al consiglio
1.542il Papa, ch'averia qualche disconcio:
1.543perché la moltitudine commossa
1.544non si può regular come si vuole,
1.545che guarda solo a le presenti cose
1.546e mai non suol pensar circa il futuro.
1.547Deponetelo pur de l'alta sede,
1.548perch'ei non è legittimo pastore,
1.549che eletto fu per la violenza gotta
1.550a malgrado del popolo e del clero,
1.551né confirmollo il corretor del mondo;
1.552e sempre i non leggitimi pastori
1.553han poca cura de' commessi greggi
1.554né mai son grati a la bontà divina.
1.555Poi fate porre un altro in quell'officio,
1.556mandando questo al nostro alto Signore
1.557il qual farà di lui ciò che gli paia:
1.558ma gran pena gli fia vedersi privo
1.559di così degna e glorïosa altezza
1.560e ne la sede sua vedervi un altro:
1.561ché quando l'uom non è quel ch'esser suole
1.562vive una vita pessima ed amara.
1.563Poi si consumerà di tanta invidia,
1.564che non arà mai ben la notte e 'l giorno;
1.565perché la invidia è un mal fra tutti e' mali
1.566ingiustissimo e giusto, che offendendo
1.567i buoni è piena di giustizia immensa:
1.568ma giusta è poi perché consuma e rode
1.569colui che l'ha, né mai quetar lo lascia.
1.570Ancor vi voglio dir quel che mi disse
1.571un amico di Dio, ch'era profeta,
1.572di alcuni Papi che verràno al mondo:
1.573e queste fur le sue parole espresse.
1.574La sede in cui sedéte il maggior Piero
1.575usurpata sarà da tai pastori,
1.576che fian vergogna eterna al cristianesmo:
1.577ch'avarizia, lussuria e tirannia
1.578faran ne' petti lor l'ultima pruova;
1.579ed aran tutti e' lor pensieri intenti
1.580ad aggrandire i suoi bastardi, e darli
1.581ducadi e signorie, terre e paesi,
1.582e concedere ancor senza vergogna
1.583prelature e capelli a i lor cinedi
1.584ed a i propinqui de le lor bagascie:
1.585e vender vescovadi e benefici,
1.586offici e privilegi e dignitadi
1.587e sollevar gli infami, e per denari
1.588rompere e dispensar tutte le leggi
1.589divine e buone, e non servar mai fede;
1.590e tra veneni e tradimenti ed altre
1.591male arti lor menar tutta la vita
1.592e seminar tra i principi cristiani
1.593tanti scandali e risse, e tante guerre,
1.594che faran grandi i Saraceni e i Turchi
1.595e tutti gli avversari de la fede.
1.596Ma la lor vita scelerata e lorda
1.597fia conosciuta al fin dal mondo errante:
1.598onde correggerà tutto 'l governo
1.599de i mal guidati popoli di Cristo.
1.600Così disse quell'angelo, e spario;
1.601onde 'l gran capitanio de le genti
1.602fra sé rimase stupido e suspeso:
1.603ma pur se n'andò poi nel gran consiglio,
1.604ragunato nel foro appresso i rostri,
1.605e cominciò parlare in questa forma:
1.606Signori adorni di prudenza e senno,
1.607il gran pastor de i batteggiati greggi,
1.608non risguardando a i benefici avuti
1.609da Dio, né da quest'inclita cittade,
1.610ci volea vender tutti agl'infedeli:
1.611e lo facea, se la bontà divina,
1.612ch'ebbe cura di noi, non ce 'l scopria;
1.613ond'io l'ho fatto ritrovar sul furto
1.614coi patti sottoscriti di sua mano
1.615e confessati da la propria bocca.
1.616Però mi par che noi debbiàn deporlo
1.617de l'alto officio e di quell'ampia sede
1.618ove contra le leggi esser si truova;
1.619e porre in luogo suo novel pastore
1.620che leggittimamente sia creato:
1.621ch'a mio giudizio contentar debbiànsi
1.622di questa pena, e non gli tòr la vita;
1.623perché le pene deboli e leggiere,
1.624se ben non hanno in sé molto terrore,
1.625pur son laudate spesso da le genti:
1.626poi manderènlo al correttor del mondo
1.627ed ei farà di lui ciò che le paia.
1.628Com'ebbe detto questo, legger fece
1.629i patti sottoscriti di sua mano,
1.630e gli mostrò Dolosio e Filocriso
1.631che gli manifestor tutto quel fatto.
1.632Alora un mormorio tra quella gente
1.633s'udì come d'un vento quando muove
1.634l'onde, e le fa muggire intorno i scogli,
1.635e si sentì cridar da molte voci:
1.636No no misericordia: morte, morte;
1.637puniscasi col capo un tal delitto
1.638che facea desolar la patria nostra.
1.639A cui rispose il capitanio eccelso:
1.640Noi penseremo intorno a questa cosa
1.641maturamente; or provediam d'un altro
1.642pastor che regga meglio il nostro gregge.
1.643Io penso che fia buono a tanto officio
1.644Vigilio, che è dïacono in San Pietro,
1.645che mi par buono e dotto, e studia sempre;
1.646ché sì come l'avaro mai non sazio
1.647si truova d'oro, così l'uom ch'è dotto
1.648de la scïenza mai non è satollo,
1.649perché quanto più sa, saper più brama.
1.650Facciànlo adunque ed elegiànlo Papa,
1.651se ben non è di grado equale a molti:
1.652ché dar si denno gli uomini a gli offici
1.653e non gli offici a gli uomini, ché meglio
1.654l'uom di valor fa dignitate al grado
1.655che non fa il grado dignitate a l'uomo.
1.656Così diss'egli, e ognun lodò il suo detto;
1.657e senza indugio alcun, senza contrasto
1.658il buon Vigilio fu creato Papa
1.659da l'onorato popolo di Roma,
1.660ch'alor non lo elegeano i cardinali;
1.661ma settecento e quindeci anni dopo
1.662concessa fu per Nicolao secondo
1.663la elezïon del Papa a i sacerdoti
1.664di Roma ed a sei vescovi propinqui
1.665che poi fur nominati cardinali:
1.666cosa che invero fu salubre e buona
1.667per le pazzie del popolo diviso,
1.668ché quelle leggi son veraci e sante
1.669che pongon freno a la licenza umana.
1.670Come Vigilio fu creato Papa,
1.671il vicimperador de l'occidente
1.672lo confirmò, dapoi così gli disse:
1.673Almo pastore, arete omai la cura
1.674di ammaestrare i popoli di Cristo:
1.675ma se regolerete ben voi stesso
1.676più l'essempio farà che le parole.
1.677Guardatevi anco da gli assentatori
1.678che menano i signor dove a lor piace,
1.679perché 'l signor dà volentieri orecchio
1.680al delator più che a null'altra gente.
1.681Ancor sarete diligente e pio,
1.682verace e giusto e senza invidia alcuna,
1.683vincendo il sonno e la lussuria e 'l ventre:
1.684perché 'l sonno impedisce i bei negozi
1.685e 'l ventre offende il corpo e l'intelletto
1.686e la lussuria ogni età nostra macchia
1.687di grave nota, e la vecchiezza estingue.
1.688Poi vi ricordo di schermirvi bene
1.689da l'avarizia, da la fraude ed ira:
1.690ché l'ira mena l'uom dov'ei non vuole
1.691e l'avarizia ogni virtute adombra,
1.692ché l'uomo avaro non suol far piacere
1.693a le persone mai se non morendo;
1.694la fraude è poi molto inimica al vero,
1.695al vero che è cagion di tutti e' beni
1.696ch'abbia da Dio la nostra specie umana.
1.697E sopra tutto siate sempre grato
1.698de i benefici avuti da le genti
1.699e dal Signor del ciel, ch'esser dee l'uomo
1.700grato col cuor, se no 'l può far con l'opre:
1.701perché il cuor grato avanza ogn'opra umana;
1.702né fate ad altri quel che non vorreste
1.703che fosse fatto parimente a voi,
1.704né vi curate misurare il mondo
1.705né i varii movimenti de le stelle,
1.706ma misurate tutte l'opre vostre:
1.707ché quei ch'han misurato e cielo e terra
1.708si den stimare audaci, e non veraci,
1.709e meglio fa chi se medesmo intende
1.710e che de l'opre sue risguarda il fine.
1.711Non farete anco disputar sovente
1.712de la gloria del ciel né del volere
1.713di Dio né perché prese umana carne
1.714per liberarci da l'eterno danno:
1.715ché Dio s'intende meglio con la fede
1.716che con dispute e ragioni umane.
1.717Ma a che vado io più discorrendo questi
1.718buoni precetti de la vita nostra?
1.719Ché meglio voi gli arete da gli autori
1.720prudenti e saggi, che di loro han scritto,
1.721che da la viva voce d'un soldato.
1.722Così diss'egli, e poi basciolli i piedi
1.723sì come a vero successor di Pietro,
1.724e tutti gli altri fecero il medesmo;
1.725poi fatta quella cerimonia prima,
1.726l'accompagnaron lieto a San Giovanni:
1.727quivi l'assiser sopra un'alta sede
1.728di veluto rosin coperta e d'oro
1.729e per le man del vescovo Ostïense
1.730fu coronato d'una mitria tonda,
1.731che la futura età l'appellò regno,
1.732con tre corone cariche di gemme
1.733che parean lumi di doppieri accesi;
1.734e dopo queste cerimonie ed altre
1.735l'accompagnaron ivi entr'a l'albergo
1.736e ritornaro a i loro alti negozi.
1.737Il vicimperador de l'occidente,
1.738coronato che fu il novel pastore,
1.739venne al palazzo, e disse al buon Traiano:
1.740Barone illustre e di supremo ingegno,
1.741poi che l'acerbo ed empio re de' Gotti
1.742tenta con tradimenti e con inganni
1.743tòrci la nostra amplissima cittade,
1.744fia ben che noi con stratagemi ancora
1.745gli rispondiamo, e che tentiam di fare
1.746sopra l'ingannator cader l'inganno.
1.747Però mi par che voi debbiate andarvi
1.748con cinquecento cavalieri armati
1.749fuor de la Porta onde si porta il sale;
1.750e porvi sopra un tumulo, e star ivi
1.751con gli archi intenti e le saette in mano:
1.752e se i Gotti verranno ad assalirvi,
1.753non oprate con lor lance né spade
1.754ma solamente le saette e gli archi;
1.755e come tutte poi le arete spese,
1.756ponetevi a fuggir verso le mura
1.757velocemente e senza alcun timore,
1.758che vi riceveremo entr'a le porte.
1.759Così gli disse Belisario il grande,
1.760e 'l buon testor de i bellicosi inganni
1.761co i cinquecento cavalieri armati
1.762se n'uscì fuor per la Salaria Porta;
1.763et andò verso un tumulo a man destra
1.764che gli avea mostro il capitanio eccelso.
1.765I Gotti poi ch'avean dolore e sdegno
1.766che 'l tradimento lor fusse scoperto,
1.767come ancor vider cavalieri armati
1.768uscire arditamente a la campagna,
1.769cosa che prima non avean veduto,
1.770saliron tutti in un furore estremo
1.771e preson l'arme, e corseno a trovarli
1.772senz'alcun minim'ordine di guerra:
1.773inanzi a tutti Turrismondo altero
1.774andava e poscia Vitige e Aldibaldo,
1.775Argalto, Teio, Totila e Bisandro
1.776con infiniti cavalieri e fanti.
1.777Da l'altra parte gli ottimi Romani
1.778stavan con gli archi intenti a la difesa,
1.779e non spendean le lor saette indarno:
1.780ma le fermavan tutte ne le membra
1.781di ben disposti giovani e feroci,
1.782tal che se ne vedeano andare al piano
1.783continüamente, e insanguinar la terra.
1.784Traiano uccise il scelerato Arnolfo,
1.785ch'era cugin d'Argalto e di Prïaldo,
1.786bestemiatore e sodomito e ladro
1.787e quasi infamia del paese gotto:
1.788e colsel drittamente in una tempia,
1.789che tutta la passò fin al cervello,
1.790e lo distese morto su l'arena.
1.791Uccise poi l'acerbo Maccarotto,
1.792Salucio e Catinaro e Palmarino
1.793e Nervio e Pontefuro e Malmarano
1.794l'un dopo l'altro co' diversi strali.
1.795Arasso uccise Caspio e Montacuto,
1.796che fu fratel del perfido Belambro;
1.797Sindosio e Grinto ancor facean gran colpi
1.798con le saette dei fortissim'archi,
1.799e tutti gli altri cavalieri eletti
1.800ch'erano usciti fuor col buon Traiano
1.801facean del suo valor pruove mirande.
1.802Ma i Gotti, ch'eran numerosi molto,
1.803succedean sempre in luogo de gli estinti:
1.804e Turrismondo con Gradivo inanzi,
1.805col scudo in braccio che parea una selva,
1.806saliva a poco a poco sopra il colle
1.807gridando sempre: O generosi Gotti,
1.808avanti, avanti contra questi cani;
1.809cacciànli giù de l'occupato colle,
1.810perché son pochi, e non potran durare
1.811con noi che siam più forti, ed abbiam nosco
1.812una infinita turba di soldati
1.813e 'l buon favor de l'angelo Gradivo.
1.814Alor vedendo gli ottimi Romani
1.815ch'aveano spese le saette, e vòte
1.816erano omai tutte le lor faretre,
1.817si poseno a fuggir verso la terra
1.818come ordinolli il capitanio eccelso:
1.819e tutti i Gotti gli correano dietro,
1.820ma far non gli potean noia né danno,
1.821ch'avean cavalli men veloci al corso
1.822né ben sapeano usar saette ed archi.
1.823Come i Romani giunsero a la Porta,
1.824Lucillo e gli altri ch'erano a la guardia
1.825callaro il ponte e gli raccolsen entro,
1.826e poi subitamente lo levaro:
1.827il che vedendo i numerosi Gotti
1.828deliberaron di passare il fosso;
1.829ed eran folti su per l'orlo come
1.830mattoni crudi avanti le fornaci
1.831in drezza, posti al sol per asciugarli;
1.832quand'ecco udirsi giù da l'alte mura
1.833un ribombar di machine e tormenti
1.834ed un gettar di ferramenti e sassi
1.835rotondi e grossi e di mirabil pondo,
1.836con tanto aspro furor, tanta ruina,
1.837che parea che la terra e 'l ciel cadesse.
1.838Questi giungendo fra la gente gotta
1.839ogni cosa frangean che gli era opposta:
1.840onde vedeansi andar per l'aria teste
1.841e braccia e gambe d'uomini defonti,
1.842e volar scudi e lance per lo piano,
1.843ch'era coperto già tutto di sangue,
1.844di corpi morti e di cavalli e d'arme.
1.845Né fa più fiero strepito o fracasso
1.846fulgure ardente che dal ciel discenda
1.847quando percuote gli arbori o le torri,
1.848di quel che feccion quei tormenti orrendi
1.849e quelle fiere machine di guerra;
1.850onde i soldati che rimaser vivi
1.851e i duchi e i cavalier senza dimora
1.852si posero a fuggir verso i lor valli:
1.853né si ritenner mai fin che non furo
1.854cinti da quei grandi argini e ripari.
1.855Il capitanio poi quand'ebbe visto
1.856che 'l stratagema suo successe appunto
1.857come avea dissegnato entr'al pensiero,
1.858s'allagrò molto, e dopo questo fece
1.859essaminar Dolosio e Filocriso;
1.860poi fece che l'acerbo Violentillo
1.861gli ponesse a la fune, onde per quella
1.862doglia crudel che non potean patire
1.863scopersero i compagni del trattato,
1.864che molti furo: e nominor fra gli altri
1.865Massimo senatore, il cui bisavo
1.866a l'imperio di Roma fu promosso
1.867poi ch'ebbe ucciso quel ch'Aezio estinse
1.868per sdegno e duol de la stuprata moglie.
1.869Belisario intendendo de le genti
1.870nobili che avean parte in quel trattato,
1.871ebbe gran doglia, e con più intensa cura
1.872voltò la mente a custodirla meglio:
1.873onde a le porte primamente fece
1.874mutar le chiavi, e farne far de l'altre
1.875più forti e molto varie da le prime;
1.876fece mutar ancor tutti e' custodi,
1.877e poi faceali riveder la notte
1.878e notar tutti quei ch'erano absenti
1.879da i luochi deputati a le lor guarde
1.880per farli poi punir quand'era giorno
1.881e passar crudelmente per le picche.
1.882Facea sonare ancor lïuti ed arpe
1.883su per le mura, acciò che tra quei suoni
1.884stesseno meglio a le vigilie intenti;
1.885et ordinò che quei ch'andavan fuori
1.886de la città la notte a far le scolte
1.887menasser seco un numero di cani
1.888per sentir meglio l'orme de i nimici.
1.889Così disposte e riformate tutte
1.890le diligenti guardie de la terra,
1.891ordinò di mandar Silverio Papa
1.892con quei che Filocriso avea scoperti
1.893complici suoi per mar fino a Bisanzo:
1.894ben che Sulmonio non poteo mandarli;
1.895né 'l falso Erronio, perch'eran fuggiti
1.896come sentiro il sostener del Papa,
1.897ed eran iti a ritrovar Burgenzo.
1.898Il capitanio poi dimandar fece
1.899Massimo senatore, e così disse:
1.900Signor di sangue e di richezza illustre,
1.901io vi vuo' dir liberamente quello
1.902che ho dentr'al cuor, perciò che 'l dire il vero
1.903sta bene a tutti quei che non son servi.
1.904Voi siete come complice del Papa
1.905stato accusato a noi, con altri ancora
1.906che volean vender questa patria a i Gotti;
1.907né so pensar che causa v'abbia mosso,
1.908essendo ricco ed onorato tanto
1.909quant'alcun altro de la terra vostra
1.910e di sangue notabile e regale.
1.911Ma quel ch'aspira a cose altere e nuove
1.912de le presenti sue non si contenta.
1.913Però voglio mandarvi entr'a Bisanzo
1.914col Papa e con quest'altri a noi suspetti
1.915per starvi appresso al correttor del mondo.
1.916Ben vi ricordo di recarvi a mente
1.917che chi non ha i pensier come uom mortale
1.918suole aver brieve e mal felice vita.
1.919Così gli disse, e poi chiamò Navarco,
1.920fratel d'Arasso, e gli comesse ch'egli
1.921togliesse la galea che stava a Ripa
1.922e vi ponesse tutti quei signori
1.923e conducesse loro entr'a Bisanzo
1.924e poi gli desse al correttor del mondo
1.925ch'avesse a far di lor ciò ch'a lui paia.
1.926Massimo se n'andò contra sua voglia
1.927col buon Navarco, e non poteo far altro;
1.928né poté dir le apparecchiate scuse
1.929che volea fare a Belisario il grande:
1.930e così fece il papa e gli altri tutti;
1.931e giunti a Ripa andòr sopra il gran legno,
1.932e co i remi arrivor fin a la foce
1.933del Tebro, e poi con le gonfiate velle
1.934salir su l'ampio dorso di Nettuno
1.935che gli condusse al destinato luoco.
1.936E mentre che facean questi negozi
1.937e che la fame s'aggrandiva in Roma,
1.938venne un corrier ch'avea nome Giberto,
1.939ch'era partito quello istesso giorno
1.940da Napoli, e venuto in undeci ore
1.941che dodici cavalli avea mutati;
1.942e giunto avanti il capitanio eccelso
1.943gli appresentò la carta d'Antonina
1.944sua moglie che dicea queste parole:
1.945Illustre mio signor, gloria del mondo,
1.946noi siamo aggiunti in quest'alma cittade
1.947che si nomò da la Sirena estinta;
1.948ed attendiamo ad alloggiar le genti
1.949e provedere a i lor maggior bisogni.
1.950Poi venne questa notte una fregata
1.951che ci mandò Narsete da Messina;
1.952e scrive ch'egli è giunto con la gente
1.953quivi, ed attende alquanto a ristorarla:
1.954poi verrà tosto a la città di Roma
1.955con vittüaria assai, com'ei vi scrive
1.956in queste carte sue ch'ora vi mando;
1.957né so s'io debbia dirvi anco un prodigio
1.958ch'apparso è qui per volontà del cielo.
1.959Molt'anni son che quivi una figura
1.960fu fabricata al corso de le stelle
1.961di quadretti di marmi come dadi,
1.962di color varii, che congiunti insieme
1.963avanza di vaghezza ogni pittura,
1.964e s'appella Mosaico da le genti.
1.965Questa era Teodorico re de' Gotti,
1.966e fabricata fu da un Eremita
1.967ch'era mago ed astrologo eccellente:
1.968ei pose in essa ciò ch'al regno gotto
1.969intervenir devea di tempo in tempo;
1.970onde cadendo il capo a quella imago,
1.971Teodorico passò di questa vita;
1.972poi come il ventre ad ella si disciolse
1.973ott'anni dietro, Atalarico morse:
1.974ma quando quelle parti che l'uom cela
1.975cadéro, giunse Amalasunta al fine.
1.976Ora al venir del messo di Narsete
1.977cadute son le coscie e le genocchia
1.978di quella statua con le gambe e i piedi,
1.979né di lei più si vede alcun signale.
1.980Il che vuol dinotar, come s'afferma,
1.981che distrutta sarà la gente gotta:
1.982e priego Dio che sia per le man vostre.
1.983Com'ebbe letta Belisario il grande
1.984questa carta gentil de la consorte,
1.985si pose a legger l'altre del pachetto;
1.986ed ecco un uom tutto affannato in vista
1.987gli venne avanti, e disse este parole:
1.988Illustre capitanio de le genti,
1.989io vengo a dirvi una novella amara:
1.990ma sempre si dén dire a i lor signori
1.991tutte le nuove o prospere od adverse,
1.992acciò che possa provederli in tempo.
1.993Perduta avemo la città di Porto.
1.994Il capitanio udì con molta noia
1.995quella molesta e pessima novella,
1.996e disse al messo: Non t'incresca dirmi
1.997come ci han tolto sì opportuno luoco.
1.998Alora il cavalier, ch'era nomato
1.999Pistofilo, gli disse in questa forma:
1.1000Sta mane appunto nel spuntar del sole
1.1001s'aprì la Porta, e fu callato il ponte
1.1002per lo qual s'esce fuori in ver levante;
1.1003e poi sovr'esso fu condutto un carro
1.1004da quei di fuori, carco di sarmenti:
1.1005e dietro v'era Totila in aguato,
1.1006il qual si fé subitamente avanti
1.1007ed intrò ne la Porta, e poscia uccise
1.1008Gagliardo e Beraldin, ch'eran sovr'essa;
1.1009et andò con furor verso la piazza
1.1010ferendo ed uccidendo assai persone.
1.1011Il fiero Armano poi ch'entr'al palazzo
1.1012si stava come udì quel gran tumulto
1.1013subito armossi, e se gli fece contra
1.1014ed affrontollo, che parea un cengiale
1.1015che vede il cacciator con l'arme in mano,
1.1016e senza tema de la propria vita
1.1017con molta furia se gli avventa addosso;
1.1018così facea quel valoroso Armano,
1.1019Ch'andava adosso Totila menando
1.1020sempre possenti e dispietati colpi,
1.1021tal che facealo ritirarsi indietro
1.1022a poco a poco, ed e' spingeasi avanti:
1.1023e senza dubbio alcun l'arebbe morto,
1.1024se 'l ciel non gli mandava altro soccorso;
1.1025perch'era con Armano il popol tutto
1.1026e Totila avea poi pochi guerrieri,
1.1027e quelli pochi ancora eran feriti
1.1028da i sassi che piovean da le fenestre
1.1029e giù da gli alti tetti de le case.
1.1030Totila alora avea sì poca gente
1.1031perciò che ne l'entrar dentr'a la terra
1.1032il ponte levador, ch'era sul fosso,
1.1033dal peso del gran carro e da i soldati
1.1034che v'eran sopra rüinò ne l'acqua,
1.1035e Totila rimase entr'a le mura
1.1036con quei guerrieri che trovossi accanto:
1.1037ché gli altri tutti si restor di fuori.
1.1038Ma se color che custodian la Porta
1.1039l'avesser chusa, essendo rotto il ponte,
1.1040non gli potea venir soccorso alcuno:
1.1041onde 'l superbo Totila sarebbe
1.1042giunto a l'ultimo dì de la sua vita;
1.1043ma ciò non piacque a la divina altezza,
1.1044forse per flagellar l'Italia stanca.
1.1045Teio, come si vide esser di fuori,
1.1046corse a una casa, e prese assai legnami
1.1047e fece far subitamente un ponte
1.1048che sovr'esso passò tutta la gente;
1.1049e se n'andò dov'era la battaglia
1.1050con gran furore e smisurati cridi.
1.1051Alora cominciò ritrarsi a dietro
1.1052il fiero Armano, e gir verso il castello:
1.1053perché ferito fu nel braccio destro
1.1054d'una saetta che gli dié gran noia.
1.1055Questo vedendo il populazzo vile
1.1056s'ascose tutto dentro a le sue case,
1.1057Totila poi seguì con grande ardire
1.1058la sua vittoria, e pose tutti e' fanti
1.1059circa 'l castello per voler pigliarlo:
1.1060onde vedendo noi ch'eravam dentro
1.1061non aver vittüaria e manco forze
1.1062da poter contraporsi a tanta gente,
1.1063tentammo di voler rendersi a patti,
1.1064salva la robba e salve le persone.
1.1065Ma Totila non volle, e poi tentammo
1.1066di salvar solamente le persone:
1.1067ed ei si contentò, ma volse i capi
1.1068nostri tutti prigion ne le sue mani,
1.1069poi lasciò l'altra gente andar senz'arme
1.1070così partimmi quindi, e me ne venni
1.1071di lungo a ritrovar la vostra altezza.
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