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1.1Come fu nota a l'empio re de' Gotti
1.2l'onorata risposta de' Romani,
1.3depose la primiera sua speranza
1.4che dovessen fuggir verso Durazzo:
1.5onde ordinò di dar crudel battaglia
1.6in molte parti a le romane mura
1.7credendole pigliar per forza d'arme;
1.8e fece preparar sei millia scalle
1.9e torri e vigne e musculi ed arieti
1.10e baliste e testugini ed onagri:
1.11e preparate ben tutte le cose
1.12che fan bisogno a dar battaglia a i muri,
1.13con copia innumerabil di sarmenti
1.14per poter poi con essi empier le fosse
1.15- il che si fece in venti giorni a punto,
1.16dal dì che combettero a Ponte Molle -,
1.17come poi venne la ventuna aurora
1.18con la fronte di rose e co i piè d'oro,
1.19il re de' Gotti si levò dal letto
1.20e si vestì de le sue lucid'arme;
1.21poi fece che i tamburi e che le trombe
1.22sonaro a un tempo in tutti sette i valli,
1.23onde s'armò quella feroce gente
1.24e ratto se n'andò verso 'l vesillo
1.25del re, co i duci e i capitani avanti.
1.26E 'l re, come gli vide a lui venire,
1.27salì sopra Distico suo cavallo
1.28d'aspetto acerbo e di colore oscuro,
1.29e disse verso Turrismondo altero:
1.30Andiamo, cavaliere, a prender Roma,
1.31che forse que' che vi son posti a guardia
1.32non faran contra noi molta difesa.
1.33E Turrismondo a lui: Signor mio caro,
1.34faccian difesa pur quanta che sanno,
1.35ch'io spero di pigliarla in questo giorno
1.36et al dispetto loro arderla tutta.
1.37Così diss'egli, e 'l re con molto ardire
1.38e con Argalto e Totila e Bisandro
1.39e Teio ed Aldibaldo ed Unigasto
1.40se n'andò verso la Salaria Porta,
1.41con tanta gente che copria 'l terreno.
1.42E come schiera di palustri cigni
1.43o d'oche o gru, che stan lungo il Caistro
1.44e volan quinci e quindi, e poi cridando
1.45s'assidon sopra quello erboso prato
1.46che da le voci lor tutto rimbomba;
1.47così la gente gotta uscendo fuori
1.48de i sette valli andava inverso Roma
1.49cridando, che facea tremar la terra:
1.50né primavera ha tanti fiori e frondi
1.51né 'l tempo che vuol ir verso l'estate,
1.52né tanta moltitudine di mosche
1.53trovossi insieme mai dentr'a le mandre
1.54di numerosi armenti, alor che i vasi
1.55sono conspersi di copïoso latte,
1.56quant'era quell'essercito de i Gotti.
1.57Da l'altra parte il popolo di Roma
1.58s'apparecchiava cauto a le diffese
1.59e stava proveduto in su le mura,
1.60vedendo contra sé tanta possanza:
1.61e come quando un nuvolo si mostra,
1.62d'aspetto orrendo e di colore oscuro,
1.63che fa per l'aere paventoso bombo,
1.64tal che le genti fan sonar le squille
1.65e 'l pastorel, che di tal vista teme,
1.66se ne va intorno i paschi, e poi conduce
1.67in qualche speco il suo lanoso armento
1.68per fuggir quell'asperrima tempesta;
1.69così facea quel capitanio eccelso
1.70andando intorno intorno a la cittade
1.71e ponendo i soldati entr'a le torri,
1.72donde potessen far maggior difesa:
1.73ed oltra questo ancor tra merlo e merlo
1.74fece andar gente e saettami e fuochi
1.75per meglio propulsar tanto periglio;
1.76ed ei con l'arco e le saette al fianco
1.77si stava ritto in piè sopra una torre
1.78che quasi tocca la Salaria Porta;
1.79e parea proprio il figlio di Latona
1.80alor che spense la tantalea prole,
1.81di che nel monte Sipilo ancor piagne
1.82l'afflitta madre lor conversa in pietra.
1.83I fieri Gotti poi con torri armate
1.84ed altre molte machine murali
1.85tratte da validissimi giuvenchi
1.86s'avvicinaro a le profonde fosse:
1.87e tre buon cavalieri aveano avanti,
1.88Belambro, Folderico e 'l gran Rimaspo,
1.89ch'ha cuor di drago e membra di gigante,
1.90il qual parea che minacciasse al cielo;
1.91questi facean gettar sarmenti e legni
1.92ne l'ampio fosso con prestezza immensa
1.93per agguagliar quel cavamento al piano.
1.94Alora il capitanio de le genti
1.95sorrise, e risguardando i suoi Romani
1.96disse con fronte allegra este parole:
1.97Nessun di voi non spenda una saetta
1.98né getti un'asta o faccia alcuna offesa
1.99a i nostri acerbi e perfidi nimici,
1.100ma stiasi ad aspettar ciò ch'io comandi.
1.101Poi, come leverò quel gran vessillo
1.102di raso cremesin fregiato d'oro
1.103ch'ho qui da canto, e soneran le trombe,
1.104ciascun si sforzi di ferirli a prova.
1.105Questo diss'egli, e 'l populazzo ignaro
1.106de l'alta sua virtù si dolea molto
1.107ch'ei non lasciasse offendere i nimici.
1.108Ma Belisario al suo fortissim'arco
1.109impose una acutissima saetta,
1.110e tirò forte la robusta corda
1.111con la possente man fin a l'orecchia:
1.112poi la fece calar verso Belambro,
1.113e colsel drittamente ne la gola
1.114in quel meato che conduce i spirti,
1.115onde caddeo subitamente morto.
1.116Quando 'l popol roman vide il bel colpo
1.117del vicimperador de l'occidente
1.118ben si pensò d'aver vinta la guerra,
1.119onde cridò con paventosa voce:
1.120O gente gotta, di leggier consiglio,
1.121di poca forza e d'animo di cervo,
1.122mai non arete la città di Roma,
1.123come sperate voi, per forza d'arme:
1.124ma resterete morti sopra il piano
1.125come fatt'ha quel capitanio vostro
1.126che ruppe i nostri amplissimi acqueduti;
1.127di che l'appaga la sentenza eterna.
1.128Dietro a quel lieto augurio de i Romani,
1.129il capitanio ancor pose su l'arco
1.130un'altra validissima saetta:
1.131e colse parimente ne la gola
1.132il gran Rimaspo, e fello andare a morte;
1.133e parve nel cadere un'alta pioppa
1.134frondosa e verde e di grossezza immensa
1.135che fu nutrita su la riva d'Arno,
1.136e poi sforzata dal furor de' venti
1.137si sbarba e cade in acqua, e fa salirla
1.138in alto, e ribombar le rive intorno:
1.139tal parve nel cadere il gran Rimaspo;
1.140onde 'l popol roman tant'altamente
1.141cridò, ch'una colomba che volava
1.142per l'aria sopra le romane mura
1.143venne per quella voce a terra morta.
1.144E Folderico, quando avanti i piedi
1.145giacer si vide quel gigante altero,
1.146tutto smarrito volsesi a fuggire;
1.147ma Belisario prestamente il colse
1.148con un'altra saetta ne la nuca,
1.149che gli passò tutto 'l robusto collo
1.150e gli uscì fuor davanti in sommo al petto:
1.151ond'anch'ei giacque morto appresso gli altri.
1.152Alora il capitano alzò il vessillo
1.153di raso cremesino, e sonar fece
1.154il suon crüento de l'orribil trombe,
1.155che suol con esso spaventar le genti.
1.156Come Nicandra, giovinetta eccelsa,
1.157vide il vessillo e l'oricalco udìo,
1.158tirò il grand'arco verso quelle torri
1.159di legno tratte da gli armenti gotti;
1.160e colse in mezzo 'l petto il fier Caloro,
1.161che fu figliuol di Ragnaro bastardo
1.162e di Leonora: questa era donzella
1.163d'Alvergola sua madre, e questa giacque
1.164con lui secretamente, e parturigli
1.165il bel Caloro poi press'al Ticino:
1.166il qual venne col padre a questa guerra,
1.167e se ne stava sopra una gran torre
1.168cridando morte e minacciando a Roma
1.169d'arderla prima, e poi spianarla tutta;
1.170ma quel colpo crudel mancar gli fece
1.171le parole e 'l bravare, e cadde in terra:
1.172come fa un corbo che sopra un grand'olmo
1.173cracchia, s'un buon arcier gli passa il petto
1.174subito cade con ruïna a basso,
1.175così caddeo quel Gotto a terra morto:
1.176onde l'ardita giovinetta disse:
1.177Spiana or, se puoi, che sei ridotto al piano,
1.178l'onorata regina de le terre;
1.179e non contenta di quel colpo solo
1.180uccise Balaustro e Parpignano,
1.181tal che fece allegrar tutti i soldati:
1.182a cui l'eccelso capitanio disse:
1.183Vergine bella e di supremo ardire,
1.184questi son colpi generosi e degni
1.185d'ogni gran laude e d'ogni estremo onore.
1.186Seguite pur così, che arem vittoria,
1.187che quasi sempre vien dietro al valore.
1.188Ma voi, diletto mio popol di Roma,
1.189ferite i buoi con quelli altri giumenti
1.190che son posti a tirar machine e torri
1.191d'altezza equali a queste nostre mura:
1.192perciò che senza buoi staranno immote
1.193né qui potranno approssimarsi al muro;
1.194né da lunge son atte a farci offesa.
1.195Com'ebbe detto questo, il popol tutto
1.196posen su gli archi lor molte saette
1.197e le lasciaro andar verso gli armenti:
1.198e come quando un vento a terra spinge
1.199grossa gragnuola e valida tempesta
1.200che rompe e guasta le mature biade
1.201e spoglia de le frondi arbori e piante;
1.202così pareano alor quelle saette
1.203ch'uscian di man de gli ottimi Romani,
1.204ch'a terra ne mandor tutti i giumenti
1.205che conducean le machine murali.
1.206Il che vedendo Vitige, percosse
1.207con la man destra la sua destra coscia,
1.208e poi dolente e sospirando disse:
1.209Perché, Padre del ciel, così m'inganni?
1.210e perché fai che le fatiche nostre
1.211in far sì belle machine e sì grandi
1.212sian state vane e via gettate al vento?
1.213Certo pensai con esse prender Roma,
1.214or muover non si ponno: e quei Romani
1.215stan su le mura come vespe ed api
1.216che fremen circa le spumose stanze
1.217e fan di chi le offende aspra vendetta.
1.218Ma pur voglio tentare un'altra via:
1.219perché, quando una cosa non succiede
1.220per una strada, è ben cercarne un'altra.
1.221E detto questo poi chiamò Bisandro,
1.222Argalto ed Aldibaldo, e disse loro:
1.223Voi starete, signori, in questo luoco
1.224con tutta questa gente ch'io vi lasso;
1.225né vuo' che voi facciate dare assalto
1.226da questo canto a le romane mura:
1.227ma ben sempre farete esser saette
1.228su gli archi, e saettar verso la torre
1.229ove dimora Belisario il grande,
1.230perch'ei non abbia mai riposo alcuno.
1.231E così detto, quindi si partìo;
1.232e ratto se n'andò con molta gente
1.233verso Porta Esquilina, ov'era un luoco
1.234ch'alora lo chiamavano il Vivaro,
1.235ma a questi tempi si potria dir barco:
1.236ch'ivi soleano star leoni ed orsi,
1.237cingiali e pardi ed altre orribil fiere
1.238ch'eran serbate per teatri e feste.
1.239Quivi mandato avea nel far del giorno
1.240Vitige alcune machine da guerra;
1.241e subito che giunse in quella parte
1.242dispose darli una battaglia orrenda
1.243con la sua forte e numerosa gente:
1.244onde sonaron le terribil trombe
1.245e cominciaro andar cridori al cielo.
1.246I Gotti poi, tutti raccolti insieme
1.247sotto la lor testudine de i scudi,
1.248chi di lor s'affrettava empier le fosse,
1.249e chi con scale superare il muro
1.250da quella parte ov'era men difeso.
1.251Da l'altro canto gli ottimi Romani
1.252con aste ferme e con veruti e pili
1.253stavan molto animosi a la difesa;
1.254ma quelli acerbi e furibondi Gotti
1.255eran per far gran danno in quella parte,
1.256se i buon Romani con destrezza e forza,
1.257raccolti insieme, non volgeano un sasso
1.258di peso estremo e di grossezza immensa,
1.259che cadde ov'era più la gente folta
1.260e franse i scudi, e fece andare a terra
1.261molte persone sanguinose e morte:
1.262il che vedendo l'altra gente gotta
1.263giudicò ch'era meglio il star lontana
1.264e quindi saettar saette e dardi.
1.265Quando comprese Magno in quella parte
1.266esser venuti tutti quanti e' Gotti
1.267per pigliar quindi la città di Roma,
1.268chiamò Peranio e disse este parole:
1.269Ite, Peranio, al capitanio eccelso,
1.270narrateli il periglio in che noi semo;
1.271e pregatelo assai per mie parole
1.272che voglia venir tosto a darci aiuto,
1.273ché qui si truova il pondo de la guerra
1.274e 'l muro è molto basso e mal sicuro,
1.275e noi siam pochi: ond'è periglio estremo
1.276che non ci mandin tutti quanti a morte
1.277e quindi piglien poi questa cittade.
1.278Peranio, come udì quell'ambasciata,
1.279partissi, e non fu lento a riferirla
1.280subitamente al capitanio eletto;
1.281ed anco il capitan, come la intese,
1.282non stette quivi a far molta dimora.
1.283Ma chiamati Acquilino e 'l buon Traiano,
1.284che la Porta Pinciana in guardia avea
1.285come Acquilin quella di Santa Agnesa,
1.286ch'era a man destra, e l'altra a la sinistra,
1.287gli disse con pochissime parole:
1.288Baroni eccelsi, io vuo' lasciarvi il cargo
1.289di fare in vece mia questa difesa,
1.290che la farete con ardire e senno;
1.291ch'io voglio andare a l'onorato Magno
1.292che con istanzia grande mi dimanda.
1.293Così diss'egli, e quindi si partìo
1.294con molta gente valorosa dietro,
1.295allegro e ne l'andar pronto e leggiero.
1.296Come il caval ch'è stato entr'a la stalla
1.297con abondanza di quïete e d'orzo
1.298poi che frange il capestro indi si parte,
1.299e con la testa alzata e con le chiome
1.300sopra gli umeri suoi diffuse al vento
1.301nitrisse e crida, e corre verso 'l fiume
1.302ov'egli è avezzo di lavarsi e bere,
1.303e vago e lieto de la sua bellezza
1.304sì leggiermente le genocchia inalza
1.305per entro 'l piano e per gli usati paschi
1.306ch'appena tocca con le piante il suolo;
1.307così venia quel capitanio eccelso.
1.308E come giunse a la battaglia orrenda
1.309se n'andò a Magno e disse este parole:
1.310Eccomi qui, signor, non vi smarrite
1.311per questo grave e periglioso assalto;
1.312siate animoso pur, che non si vince
1.313alcun periglio mai senza periglio.
1.314Poi ratto se n'andò per tutti i luochi,
1.315ed essortava ognuno a far difesa
1.316o con dolci parole o con amare:
1.317amare, quando alcun vedea ritrarsi
1.318in dietro da i perigli de la guerra,
1.319e dolci quando poi diceva a gli altri:
1.320Cari Romani miei, venuto è il tempo
1.321che gli animosi e i timidi e i mezzani
1.322tutti han da fare, e certo importa a tutti
1.323che non si perda la città di Roma,
1.324che saria la total nostra ruina.
1.325Dunque nessun non si rivolga in dietro
1.326verso 'l palazzo, anzi si faccia avanti
1.327essortando l'un l'altro a la battaglia;
1.328ché quell'eterno Dio che 'l ciel governa
1.329ci darà forse la vittoria, quando
1.330ci veda pronti ad aiutar noi stessi.
1.331Così cridava il capitanio eccelso,
1.332ed essortava i figli de i Romani.
1.333Da l'altra parte Turrismondo altero
1.334con gli occhi che parean di fiamma ardente
1.335andava intorno, ed essortava i Gotti
1.336a ricordarsi de le usate forze
1.337e fare ogni opra di pigliar le mura,
1.338che vinta gli darian tutta la guerra.
1.339Ma come fioccan giù continue falde
1.340di bianca neve quando 'l sole alberga
1.341con la Capra del cielo, e rende il giorno
1.342assai minor del cerchio de la notte,
1.343e l'onorato figlio di Saturno
1.344aqueta i venti e fa calarla in terra
1.345senza riposo alcun, tal che le cime
1.346de gli alti monti e poi le rive e i colli
1.347cuopre di neve, e la campane, e i tetti;
1.348così spess'eran le saette e i sassi
1.349ne l'aria che venian da i Gotti al muro
1.350e che fioccavan da le mura a i Gotti:
1.351onde sentiansi rimbombar le torri
1.352ch'eran percosse da possenti pietre,
1.353e risuonavan le celade e i scudi
1.354tocchi da i sassi acerbi e da le lanze.
1.355Or mentre che si stava in quel conflitto
1.356di qua dal Tebro, ancor da l'altro lato
1.357il fiero Marzio duca di Vicenza
1.358non stava indarno; anzi col campo uscito
1.359de i prati di Neron di là dal fiume
1.360s'avvicinava al tempio di San Pietro.
1.361Quivi chiamati a sé tutti i prefetti
1.362disse queste parole invèr Fabalto:
1.363Fabalto, andate con la vostra gente
1.364che dal montoso Bergamo discese,
1.365passate il fiume ed assalite 'l muro
1.366ch'è tra l'Aurelia e la Flaminia Porta,
1.367ove i Romani fan poca difesa:
1.368ché per lo fiume che gli corre accanto
1.369tengono quella parte esser sicura.
1.370Se voi l'assalirete a l'improviso
1.371forse la prenderete: il che seguendo,
1.372parturirete a noi vittoria grande
1.373e voi guadagnerete eterno onore.
1.374Da poi si volse, e disse ad Ulïeno:
1.375Ite sotto 'l Ianiculo, e tentate
1.376s'aver poteste la Pancratia Porta;
1.377ed io tenterò poi per ogni via
1.378di pigliar l'onorato e gran sepulcro
1.379del successore e figlio di Traiano,
1.380che sarà un cavalier molto opportuno
1.381sopra l'Aurelia Porta di San Pietro:
1.382e così questi perfidi Romani
1.383assaliti da noi da tante parti
1.384poriano abbandonar gli usati schermi.
1.385Com'ebbe detto questo, andò Fabalto
1.386subitamente a l'ordinato luoco;
1.387poi natò il fiume con gli suoi soldati
1.388e s'accostò sotto 'l famoso muro,
1.389credendosi pigliarlo a l'improviso:
1.390e forse fatto aria qualche profitto,
1.391se non era Teogene in quel luoco
1.392duca d'Arabia, il qual come lo vide
1.393se gli fé contra, e ben che fosse solo
1.394senz'altra compagnia che dui famigli,
1.395non volse abandonar quella difesa.
1.396Dapoi disse a Lameco suo sergente:
1.397Corri, Lameco, e narra al fier Costanzo
1.398come i nimici han trappassato il fiume
1.399e son vicini a queste nostre mura;
1.400digli che venga, over che mandi gente
1.401che possa ben difender questa parte,
1.402acciò che non patiam vergogna e danno.
1.403Come Lameco udì quelle parole,
1.404correndo se n'andò su per le mura
1.405fin a l'Aurelia Porta, e trovò quivi
1.406il fier Costanzo e spose l'ambasciata.
1.407Questi vedendo sopra la gran meta
1.408esser Teodato e Cosmo ed Olimonte
1.409con molti buoni cavallieri e fanti,
1.410disse a Longino che gli stava appresso:
1.411Fate saper, signore, a quei baroni
1.412che si ritruovan sopra il gran sepulcro
1.413che difendano ben quell'alto luoco
1.414se venissero i Gotti a darli assalto:
1.415ch'io voglio ire a Teogene, che è solo,
1.416acciò che non patisca alcun disconcio;
1.417e voi farete guardia a questa porta
1.418con diligente ardir fin ch'io ritorni.
1.419E detto questo quindi si partìo,
1.420et andò per le mura in quella parte
1.421ch'avea comincio ad oppugnar Fabalto:
1.422perciò che avean tirate alcune scale
1.423con certe funi lor di qua dal fiume
1.424e le aveano accostate a l'alte mura,
1.425e già la gente vi saliva sopra;
1.426ed era avanti a gli altri Balandetto
1.427figliuol di Cortavita e di Grappaldo:
1.428ma come il buon Teogene lo vide
1.429con la celata superare i merli
1.430et udì dire a la sua fiera bocca:
1.431Io son pur sopra 'l muro, e prenderassi
1.432al dispetto del ciel questa cittade,
1.433tirò una punta con l'acuta spada
1.434e colsel drittamente in mezzo i denti
1.435ch'erano aperti, e gli fendeo la lingua
1.436quasi in due parti equali, e trappassando
1.437la spada gli uscì fuor sotto la nuca,
1.438onde cadette ruïnando a basso;
1.439e, Rauco suo compagno, ch'era anch'egli
1.440su quella scala, fu da lui percosso
1.441ne l'andar giù, tal che ciascun di loro
1.442se n'andò a terra; e con dolore amaro
1.443e a lor mal grado avvicinorsi al fiume.
1.444Sopragiunse a quel colpo il fier Costanzo,
1.445e rallegrossi, e sorridendo disse:
1.446Frate, se gli darai simil bocconi
1.447so che gli fian più che l'assenzo amari.
1.448E così detto lasciò gire un'asta
1.449possente e grossa e con orribil ferro;
1.450e colse Falaguasta in una tempia,
1.451Falaguasta figliuol di Radegunda,
1.452sorella d'Altovito, e di Rimaspo:
1.453e passò la celada, onde gli uscìte
1.454da l'altra orecchia il furïoso acciale,
1.455tal che lo stese morto in su l'arena.
1.456I Gotti, come videro quei colpi,
1.457furon più lenti nel salire a i merli:
1.458ma i buon Romani con saette e lance
1.459e grossissimi sassi da le mura
1.460gli tempestavan le celate in testa.
1.461Alor Fabricio, giovane eccellente
1.462fratel del buon Fidelio, il qual seguìo
1.463Costanzo quando venne in quella parte,
1.464pose su l'arco una saetta acuta;
1.465e trasse quella verso il gran Fabalto
1.466che stava in mezzo a la smarrita gente
1.467col brazzo nudo e con un'asta in mano
1.468per animarla a la battaglia orrenda.
1.469Quella saetta asperrima lo colse
1.470appunto sotto 'l cubito, e passolli
1.471la nuda carne e si ficcò ne l'osso,
1.472onde cader gli fé l'asta di mano.
1.473Quando Fabalto si sentì ferito
1.474s'attristò molto, e con la man sinistra
1.475volse trar fuor quella saetta amara;
1.476ma tirò il legno, e vi rimase il ferro
1.477fitto ne l'osso; onde un dolor l'assalse
1.478tal che non gli lasciava aver riposo.
1.479Alor deliberò tornarsi al vallo:
1.480poi senza indugio alcun si pose a l'acqua
1.481e natò il fiume e ritornò al steccato.
1.482Quando la gente sua partir lo vide
1.483si sbigottì sì fieramente, ch'ella
1.484saltò nel Tebro, che parean ranocchi
1.485quando usciti per caso a la pastura
1.486dimoran cheti su l'erbose rive:
1.487ma come veden uomini od armenti
1.488si gettan tutti prestamente a l'acqua
1.489per la paura che gl'ingombra il cuore;
1.490così parean quegl'impauriti Gotti:
1.491onde i Romani accompagnaron poi
1.492quella lor fuga con saette e sassi,
1.493tal che per lo timore e per lo peso
1.494de l'arme e per le acerrime percosse
1.495pochi di lor passaro a l'altra ripa,
1.496ma quasi tutti s'annegor ne l'onde.
1.497Mentre poi che Fabalto appresso 'l Tebro
1.498dava l'assalto a le romane mura,
1.499Marzio nascosamente a la gran mole
1.500sen venne, ed appoggiò le scale ad essa
1.501credendosi pigliarla al primo assalto:
1.502ma i buon Romani ch'erano in quel luoco
1.503faceano gagliardissima difesa.
1.504Questo meraviglioso e bel sepulcro
1.505fece Adrïano imperador del mondo,
1.506tutto massizzo e di perfetti marmi,
1.507quadro nel basso, e poi surgea ritondo
1.508ed avea intorno altissime colonne
1.509di varie pietre prezïose e rare
1.510con molte statue d'uomini e cavalli
1.511fatte con tanto magisterio ed arte
1.512che 'l mondo non avea cosa più bella.
1.513I Gotti adunque venner di nascoso,
1.514e s'accostaron tanto a l'alta mole
1.515che quei Romani con balestre ed archi
1.516o con onagri e machine murali
1.517non gli poteano far noia né danno;
1.518e mal poteano stare a le difese,
1.519ché i Gotti sì gran copia di saette
1.520tiravan fieramente in quella parte
1.521che non poteanvi comparer persone
1.522che non fossen da lor ferite o morte:
1.523onde i feroci figli de i Romani
1.524avean quasi perduta ogni speranza
1.525di poter conservar quell'alta mole;
1.526e vedeano anco, se l'avessen persa,
1.527che insieme si perdea l'Aurelia Porta
1.528e quindi tutta la città di Roma:
1.529di che si stavan sconsolati e mesti.
1.530Ma Cosmo rivolgendo al ciel le luci
1.531disse con le man giunte este parole:
1.532O Re del cielo, e voi, sustanze eterne,
1.533donate aiuto a la città di Roma,
1.534che per sé non può far lunga difesa:
1.535né la virtù de gli ottimi Romani
1.536potrà salvarla senza 'l vostro aiuto;
1.537perché, se la virtù talor fa pruova
1.538senza 'l favor del ciel, non dura molto.
1.539Ma fa come colui ch'a forza spinge
1.540col remo una barchetta contra 'l fiume:
1.541che, se rallenta poi le braccia alquanto,
1.542l'onda precipitosa e 'l corso ratto
1.543per viva forza la ritorna in dietro.
1.544Però, Signore eterno de le stelle,
1.545fa che possiam diffender questa mole:
1.546ché se per caso ella ci fosse tolta,
1.547Roma fia presa e fia distrutta ed arsa,
1.548e mandate le genti a fil di spada
1.549con grande obbrobrio e irreparabil danno.
1.550A quel parlare il Re de l'universo
1.551porse le orecchie, ed a Latonio disse:
1.552Or va, Latonio, a la città di Roma,
1.553truova qualche consiglio e qualche ingegno
1.554che salvar possa l'onorata mole
1.555e liberarla da le man de' Gotti.
1.556L'angel di Dio, dopo il divin precetto,
1.557se n'andò quivi; e prese la sembianza
1.558del prudente Longin conte d'Egitto
1.559e poscia disse a i principi romani:
1.560Non vi smarrite, valorosi duchi,
1.561in questo grave e periglioso assalto:
1.562sperate il bene, che 'l sperar gagliardo
1.563è buona compagnia ne i gran perigli;
1.564e se vi mancan saettami o lance
1.565da gettar giuso e offendere i nimici,
1.566ponete mano a quei politi marmi,
1.567a quelle statue d'uomini e cavalli
1.568de i gran signor che qui sepulti foro:
1.569ché sì come essi con le proprie vite,
1.570col proprio sangue han sempre questo impero
1.571da la scevizia barbara difeso,
1.572così l'imagin lor difenderanlo
1.573da l'imminente asperrima ruina.
1.574Questo consiglio del celeste messo
1.575fu grato a tutti i cavalier romani,
1.576salvo che a Cosmo che l'avea richiesto:
1.577perciò che gli increscea che fosser guaste
1.578sì belle statue e sì gentil lavori,
1.579che desïava avere altro soccorso.
1.580Teodetto poi fu il primo, ed Olimonte,
1.581che preser la gran statua di Severo:
1.582e tra la folta nube di saette
1.583che saettava ognor la gente gotta
1.584la mandor giù da l'orlo de la mole.
1.585Questa, cadendo con furore a basso,
1.586ruppe le scale, e quei ch'eran sovr'esse
1.587andor per terra, e le celate e i scudi
1.588lor gli fiaccaron, che parean di vetro:
1.589tal che acquetossi quel furore acerbo.
1.590Come la fanticella, quando bolle
1.591la pentola sul fuoco, e spande fuori
1.592l'onda gonfiata e la bollente schiuma,
1.593corre a la secchia, e prende gelid'acqua
1.594con la caccia di rame, e porta quella
1.595per l'aspro fummo e ponla entr'al paiuolo,
1.596onde s'acqueta il suo bollir feroce;
1.597così que' dui baron, quando portaro
1.598per l'empia nube di saette gotte
1.599la grave statua, e la gettaro a basso,
1.600s'acquetò il gran furor di quella gente,
1.601ma dopo questa fur gettate ancora
1.602la statua d'Antonino, il Caracalla,
1.603quelle di Claudio, Aurelïano e Probo
1.604con molte teste d'uomini eccellenti:
1.605che fer che i Gotti si tiror da largo
1.606per non toccar quelle percosse amare;
1.607e mentre preparavano i Romani
1.608ferirli con onagri e con baliste,
1.609Costanzo, ch'era ritornato a dietro
1.610poi che fugò la gente di Fabalto
1.611per aver cura de l'Aurelia Porta,
1.612spronato fu da l'angelo in tal modo:
1.613Costanzo, io vedo che la turba gotta
1.614si tira indietro, e par tutta confusa
1.615per le percosse de la nostra gente
1.616ch'hanno difeso ben quell'ampia mole:
1.617diamoli addosso, ché pigliar si deve
1.618sempre l'occasïon quand'ella appare.
1.619Così disse, e spirolli animo e forza;
1.620onde Costanzo fece aprir la Porta
1.621ed uscì fuor con tutta la sua gente
1.622cridando: Sangue sangue, amazza amazza.
1.623Il duca di Vicenza, il qual credea
1.624con quell'assalto aver l'antica meta,
1.625come vide l'audacia de i Romani
1.626ch'erano usciti fuor con tal furore
1.627subitamente si rivolse in fuga
1.628e fuggì verso il consüeto vallo.
1.629Costanzo lo seguia con molto ardire,
1.630sempre mandando gli ultimi a la morte;
1.631e spesso intrava nel nimico stuolo
1.632con ardente disio di ricoprirli
1.633tutti di giaccio e di perpetua notte:
1.634e tanti ne ferio, tanti n'uccise,
1.635che l'erba tutta gocciolava sangue;
1.636ma come i vide scompigliati in fuga
1.637correr chi qua chi là verso quei colli,
1.638sonò raccolta, e fece che i soldati
1.639tornaron seco a l'ordinata guardia.
1.640Marzio se ne fuggì dentr'al suo vallo
1.641ov'era ito Fabalto; e poco stando
1.642venne Ulïeno, ch'era stato indarno
1.643per dare assalto a la Pancratia Porta:
1.644e nel venir intese per la strada
1.645il disconcio di Marzio, onde gli disse:
1.646Signore, io vengo senza dar battaglia
1.647a quella porta dove mi mandaste,
1.648perch'ella è in luogo dirrupato ed alto;
1.649e poi la ritrovai con sì gran cura
1.650dal vecchio Paulo ben munita e chiusa,
1.651che non mi parve disciparci il tempo,
1.652non ci essendo speranza di profitto:
1.653però tornai con le mie genti al vallo.
1.654E s'oggi avemo la fortuna contra,
1.655non si devem né perder né lagnarsi:
1.656perché si vive in questa umana vita
1.657come si puote, e non come si vuole;
1.658né mai si dee riprender quella cosa
1.659che per consiglio uman non può mutarsi,
1.660ma si dee tolerar senza dolore.
1.661Un'altra volta il ciel sarà per noi,
1.662che questo giorno è stato de i Romani.
1.663Così disse Ulïeno, a cui rispose
1.664l'accorto duca con parole tali:
1.665Ognun è savio in dar consiglio ad altri,
1.666ma poi si perde in consigliar se stesso
1.667quando si vede la fortuna adversa.
1.668Pur vuo' patir questa percossa acerba
1.669al me' ch'io so, perché l'umana vita
1.670non si può trappassar senza disconci.
1.671Andiamo pur a ritrovar Fabalto
1.672per farlo medicar de la sua piaga,
1.673ché poi si penserem qualche rimedio.
1.674E detto questo, quindi si partiro.
1.675Da l'altro lato poi, verso 'l Vivaro
1.676si combattea con incredibil forza:
1.677ché 'l re di fuori e 'l capitanio dentro
1.678con la presenza e con le lor parole
1.679facean crescer l'ardire a i lor soldati.
1.680Alora il fiero Totila si mosse
1.681vago di gloria e d'acquistarsi onore:
1.682questi avea in testa una celata fina,
1.683col cimier tondo di purpuree penne
1.684tutte di struzzo, che trangugia il ferro;
1.685e 'l scudo in braccio di brunito acciale
1.686era cerchiato d'oro intorno intorno
1.687ed avea in mezzo la caribde orrenda
1.688di color perso, co i feroci scogli
1.689che soleano ingiottir tutte le navi:
1.690così venia quel Totila quassando
1.691con la man destra una terribile asta
1.692inanzi a gli altri, che parea un leone
1.693che spinto da la fame e dal disio
1.694di carne assalta le serrate mandre:
1.695né perché vi ritruovi esser pastori
1.696con arme e cani a guardia de gli armenti
1.697resta di non tentarle, anzi vi salta
1.698dentro con gran furore, onde over prende
1.699qualche iuvenca over riman ferito
1.700da colpo acerbo di possente mano;
1.701così quel fiero Totila pensossi
1.702d'assalir la muraglia del Vivaro
1.703e porla in terra, e quindi entrare in Roma,
1.704over patire asperrime ferite:
1.705onde parlò con Teio in questa forma:
1.706Teio, tu sai di che supremo onore
1.707siamo onorati ne le terre nostre,
1.708che ci aman con timor come un lor dio.
1.709Ma non è giusto che i primieri luoghi
1.710abbiamo e ne le piazze e ne i convitti
1.711se ne le guerre ancor non semo i primi.
1.712Adunque combattiamo avanti gli altri:
1.713perché i nostri soldati, che vedranci
1.714avanti a loro entrar ne le battaglie,
1.715diran: 'Meritamente i nostri duchi
1.716sono onorati di supremi onori,
1.717poi che è supremo in loro ardire e forza.
1.718Vedete come vanno inanzi a tutti
1.719ne l'empie zuffe, e fan come leoni'.
1.720Veramente, fratel, se noi fuggendo
1.721questi combattimenti e questa guerra
1.722dovessemo esser poi senza vecchiezza
1.723e senza morte, io direi ben che questa
1.724fusse giusta cagïon di star da canto,
1.725e non combatter mai contra i nimici:
1.726ma tante cose son che ci dan morte,
1.727e 'n tante guise, che non può fuggirla
1.728alcun che nato sia sopra la terra.
1.729Andiamo adunque ad acquistarsi onore:
1.730che poi che dee finir questa fral vita
1.731facciamo eterna almen la nostra fama.
1.732Così diss'egli, e quel feroce duca
1.733che regge il bel paese ov'è Milano
1.734si pose a gir con lui verso 'l Vivaro,
1.735con molta gente valorosa dietro.
1.736Il che vedendo l'onorato Magno,
1.737ch'avea lasciata l'Esquilina Porta
1.738al buon Peranio ed al gigante Olimpo,
1.739e s'era posto sopra una gran torre
1.740con la sua gente a custodire il Barco:
1.741vedendo adunque sì feroce assalto
1.742guardossi intorno, per saper s'alcuno
1.743fosse ivi appresso de i famosi duchi
1.744da cui potesse aver qualche soccorso,
1.745e vide dopo sé Gualtero e Grinto
1.746parlare insieme e 'l giovane Fileno,
1.747onde si volse a loro, e così disse:
1.748Illustri duchi e di supremo ardire,
1.749molto bisogno avem del vostro aiuto,
1.750ché 'l fiero Teio e Totila superbo
1.751vengon con molta gente in questa parte,
1.752perché ha i ripari suoi deboli e bassi;
1.753onde ci potrian far vergogna e danno.
1.754Però non vi sia grave esser con noi
1.755a la difesa de la patria nostra.
1.756Così diss'egli, e quei baroni eletti
1.757senza far scusa e senz'altra tardanza
1.758salir sopra la torre ov'era Magno;
1.759e si disteser poi lungo a i ripari
1.760ov'uopo gli parea del loro aiuto.
1.761Da l'altra parte Totila superbo
1.762e 'l fiero Teio s'accostaro al barco
1.763con la lor gente valorosa dietro
1.764come se fosser due procelle orrende,
1.765e già se ne salian sopra i ripari.
1.766Alor Gualtiero uccise Callimarte
1.767da Marignan, grattissimo compagno
1.768di Teio, e questo fu con un gran sasso
1.769pesante ed aspro ch'era appresso il muro:
1.770ed era tal che un uom de l'età nostra
1.771appena lo potria levar da terra
1.772con ambe due le man, ed ei levollo
1.773con una sola agevolmente in alto
1.774e poi lo trasse contra Callimarte,
1.775onde gli franse la celata e gli ossi
1.776e mandol giù del muro in terra morto.
1.777Da l'altro lato il giovane Fileno
1.778ferì d'una saetta ne la coscia
1.779il fiero Teio, ed ei nascosamente
1.780scese del muro e abbandonò l'assalto,
1.781acciò che alcun de i figli de i Romani,
1.782vedendo uscir da le sue carni il sangue,
1.783non l'incargasse con parole amare.
1.784La partenza di Teio assai dispiacque
1.785a Totila crudel, ma non per questo
1.786abbandonò l'assalto del Vivaro:
1.787anzi ferìte il valoroso Lindo
1.788nel petto, e lo passò di banda in banda
1.789con la forte asta, e nel tirarla fuori
1.790fu cagion che caddeo fuor de le mura
1.791col corpo in giuso, e insanguinò il terreno.
1.792Totila poi con le possenti mani
1.793prese dui merli, e gli mandò per terra,
1.794e seco venner giù legnami e sassi:
1.795e 'l muro si nudò de le difese,
1.796che fece a quei di fuor più larga via.
1.797Alor vedendo quell'aspra ruina
1.798Fileno e Magno andaro dargli aiuto:
1.799Fileno spinse una saetta acuta
1.800fuor del buon arco suo nervoso e forte,
1.801che passò il scudo a Totila, e fermossi
1.802ne la corazza, e non toccò la carne,
1.803che così piacque a la divina Altezza;
1.804Magno l'accolse anch'ei con l'asta fiera:
1.805e s'e' non si traeva alquanto in dietro
1.806lo facea gire anzi il suo tempo a morte.
1.807Così allargossi un poco da i ripari
1.808quell'empio duca, e poi si volse intorno;
1.809e desïoso d'acquistarsi onore
1.810disse a la gente sua queste parole:
1.811O valorosi ed ottimi soldati,
1.812che state ad aspettar? Che non ponete
1.813meco le vostre forze a tanta impresa?
1.814Io solo non potrò farvi la via
1.815da prender questa amplissima cittade,
1.816se ben fornito son d'ardire e forza.
1.817Andiamo adunque tutti quanti insieme,
1.818ché tutti insieme e d'una istessa voglia
1.819farem più salda e più lodevol opra.
1.820Così diss'egli, e quella turba tutta,
1.821mossa da l'essortar del suo signore,
1.822andò con gran furor presso a i ripari.
1.823Da l'altra parte gli ottimi Romani
1.824dentr'a le mura con valore immenso
1.825duplicavan le genti a la difesa:
1.826onde vedeasi una mirabil cosa;
1.827che i Gotti avendo conquassato il muro
1.828e tolte le difese e fatto strada
1.829non poteano passar dentr'al Vivaro;
1.830né potean anco gli ottimi Romani
1.831cacciar i Gotti via da quei ripari:
1.832ma quivi si facea crudel battaglia
1.833co i scudi in braccio e con le spade in mano,
1.834e dava l'uno a l'altro aspre ferite,
1.835tal che i ripari e le quassate mura
1.836eran consperse, anzi piovean di sangue.
1.837E sarian stati ancor più tempo in questa
1.838notabil parità de la battaglia
1.839se 'l summo Re de la celeste corte
1.840non rivolgea gli occhi sereni a Roma:
1.841onde gli spiacquer le fatiche e i danni
1.842ch'ella pativa, e da pietà commosso
1.843mandò l'angel Palladio a darle aiuto;
1.844e quel messo di Dio disceso in terra
1.845prese l'effigie del canuto Paulo,
1.846ed andò ratto al capitanio eccelso
1.847e disse a lui queste parole tali:
1.848Invitto capitan, mastro di guerra,
1.849sì come quando la fortuna arride
1.850sempre si dee temer che non si volga,
1.851così quand'ella ci molesta e prieme
1.852sempre si dee sperar che torni al bene.
1.853Speriamo adunque che si volga e muti
1.854ogni fortuna adversa che ci offende,
1.855e che finisca in ben questa battaglia.
1.856Onde per dare a tal speranza aiuto
1.857mandiamo un nostro cavalier che dica
1.858al feroce Acquilino e al buon Traiano
1.859che saltin fuor de la Salaria Porta
1.860con la lor gente ad assalire i Gotti
1.861che se ne stan sicuri in quella parte
1.862né credon che possiam mostrar la fronte:
1.863ma faciangli veder contrario effetto,
1.864ché spesso il mal che giunge a l'improviso
1.865impedisce il discorso e l'ardimento.
1.866Noi potremo anco in un medesmo tempo
1.867spingersi fuor da la Esquillina Porta,
1.868e mandare a la Porta di Preneste
1.869a dire al fier Mundello ed a Bessano
1.870ch'aiutin Magno e facciano il medesmo:
1.871onde saltando fuor da tanti lati
1.872potriano aver da noi molto disconcio;
1.873ché spesse volte l'animoso ardire
1.874accompagnato da sagace ingegno
1.875è favorito dal Signor del cielo,
1.876a cui diletta più l'ingegni e l'arti
1.877ch'abbian le forze deboli ed inferme
1.878che le gran forze con gli ingegni ottusi.
1.879Il ragionar di quel celeste messo
1.880non spiacque al capitanio de le genti;
1.881onde tosto mandò Carterio araldo
1.882a far quell'ambasciata a i dui baroni
1.883ch'avea lasciati a la Salaria Porta:
1.884ed a la Prenestina mandò poi
1.885Lucillo, e gli ordinò ch'andar facesse
1.886il feroce Bessano e 'l fier Mundello
1.887con la sua gente a dar soccorso a Magno
1.888ch'avea molto da far dentr'al Vivaro.
1.889Come quei cavalier furon partiti,
1.890il grande Olimpo alteramente aperse
1.891la sua Porta Esquilina, e si pose ivi
1.892col scudo in braccio e con la spada in mano
1.893per non lasciarvi entrar la gente gotta;
1.894e poi da l'altro lato de la Porta
1.895si pose Pindo, uom di grandezza equale
1.896al fiero Olimpo e di virtute e forza.
1.897Come due quercie sopra un alto colle,
1.898ch'han le radici lor profonde e grosse
1.899e quivi se ne stan senz'aver tema
1.900d'acqua o di gelo o di furor di venti;
1.901così si stavan quei giganti acerbi
1.902avanti a l'Esquilina, ch'era aperta,
1.903senz'aver tema del furor de' Gotti.
1.904Alora il capitan, ch'era a cavallo
1.905sul buon Vallarco, che gli fu menato
1.906tutto coperto di brunita maglia
1.907mentre che stava a diffensar le mura,
1.908se n'uscì fuor de la dischiusa Porta
1.909con molti duchi e cavalieri appresso,
1.910tutti cridando con orribil voce
1.911che facea spaventar la gente gotta;
1.912poi senza indugio si scontrar con essa
1.913con l'aste in resta e con gli scudi al petto.
1.914Alor s'incominciaro a sentir colpi
1.915di dure lance ed urti di cavalli:
1.916e rimbombavan le celate e i scudi
1.917ch'eran percosse da' pungenti acciali;
1.918e si sentiano gemiti e suspiri
1.919di gente che passava a l'altra vita
1.920e 'l terren si coprìa di sangue umano.
1.921Sindosio uccise prima Rodamonte,
1.922ch'era soldato eletto; questi avea
1.923sopra la ripa d'Adige l'albergo,
1.924posto fra Bussolengo e la Corbara.
1.925A questo entrò la lancia in mezz'al naso,
1.926che ratto penetrò fin al cervello,
1.927onde cader convenne a terra morto.
1.928Bessano uccise Daulo, e Ciprïano
1.929diede la morte al giovane Lipoldo;
1.930ma sopra tutti il capitanio eccelso
1.931facea molto fracasso in quelle genti.
1.932Aiutatemi Muse a dir chi foro
1.933i primi ch'egli uccise e chi i postremi.
1.934Il primo fu l'ardito Pinadoro,
1.935ch'era figliuol di Vitige bastardo
1.936e di Cleandra vergine eccellente,
1.937che la madre di lei glie la concesse
1.938per premio, e la fanciulla a suo mal grado
1.939si guadagnò vituperosa dote:
1.940di costei nacque Pinadoro adorno
1.941su la ripa de l'Astigo a Montecchio;
1.942il qual passato fu per mezzo 'l petto
1.943dal vicimperator de l'occidente
1.944al primo incontro de l'orribil asta.
1.945Uccise ancor Cassandro e Tamberlano
1.946e Girotto e Grumalto e Bellapecca,
1.947tutti con l'asta sua nutrita al vento;
1.948poi messe mano a la tagliente spada,
1.949e ferìte di punta il bel Varano
1.950e 'l possente Laverchio e Ruminaldo,
1.951e tutti gli mandò distesi al prato.
1.952Poscia diede a Zamolso un aspro colpo
1.953che gli partì la testa fin al petto:
1.954il che vedendo Vitige si dolse
1.955molto, perch'era suo fratel cugino;
1.956e senz'altro aspettar volse la briglia
1.957e si pose a fuggir verso le tende.
1.958Ma quando i Gotti viddero il signore
1.959correr fuggendo per l'erboso piano,
1.960volsero prima le lor teste intorno
1.961e poi si diero a disonesta fuga:
1.962fuggiano tutti, e Turrismondo ancora
1.963non stette saldo, anzi fuggia tra gli altri
1.964con passi lenti, che parea un leone
1.965che cacciato da' cani e da' pastori
1.966si parte via da le sperate mandre;
1.967e gli par grave pur voltar le spalle,
1.968ma non ardisce contraporsi a tanti.
1.969I buon Romani poi gli tenean dietro,
1.970con tanta occisïon, tante ferite,
1.971che insanguinavan tutta la campagna:
1.972né si vedev'altro che gente morta,
1.973arme spezzate ed uomini e cavalli
1.974feriti e carghi di spumoso sangue.
1.975Il feroce Acquilino e 'l buon Traiano
1.976subitamente ch'ebbero il precetto
1.977del vicimperator de l'occidente
1.978se n'uscir fuor per la Salaria Porta
1.979con la lor gente valorosa dietro:
1.980quivi per aventura Ottario gotto,
1.981che stava a saettar sopra un grand'olmo
1.982e facea molto danno a i buon Romani,
1.983fu da una fiera machina percosso
1.984ch'era sul muro, e gli passò la gola
1.985con un gran dardo che parea una lancia,
1.986ed attaccollo a un ramo di quel olmo;
1.987da cui pendea come se fosse un tordo
1.988che prenda il villanello appresso a l'uva
1.989nel laccio ch'avea posto fra le frondi.
1.990Questo fu quel Ottario il quale uccise
1.991sì crudelmente il suo signor Teodato:
1.992onde 'l ciel gli sortì tant'empia morte.
1.993Usciti adunque i dui baroni eccelsi
1.994con gran furore ad assalire i Gotti
1.995già stupefatti da quel segno orrendo
1.996de la morte crudel ch'Ottario fece,
1.997senza molto addoprar lance né spade,
1.998gli poser tutti prestamente in fuga:
1.999e poi gli seguitor fin a i lor valli
1.1000continuamente con ferite acerbe
1.1001tal ch'era stanca e l'una e l'altra parte,
1.1002questa in donar, quella in ricever morte.
1.1003E parimente ancor dentr'al Vivaro
1.1004Bessano e 'l fier Mundello e le lor genti,
1.1005secondo l'ambasciata di Lucillo,
1.1006dieron soccorso a l'onorato Magno:
1.1007che fu di tanto peso e tal valore
1.1008che 'l dispietato Totila si trasse
1.1009indietro alquanto da i ripari aperti;
1.1010sopra li quali eran Gualtiero e Grinto
1.1011che salton fuori, e poi Lucillo e Magno
1.1012e Bessano e Fileno e 'l fier Mundello
1.1013con molta buona e valorosa gente:
1.1014onde non parve a Totila di starsi
1.1015quivi al contrasto di quei gran baroni
1.1016che gli portavan manifesta morte;
1.1017Però montò sopra 'l suo buon destriero
1.1018e correndo fuggì verso le tende:
1.1019e lasciò tutta la sua gente in preda
1.1020di quei famosi principi romani
1.1021che poscia la mandaro a fil di spada;
1.1022perciò che pochi ne salvaro i piedi,
1.1023che bisognava ben ch'avesser ali
1.1024a fuggir da le man di quei soldati.
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