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1.1La bella principessa di Tarento,
1.2ch'er'ita in compagnia del buon Terpandro
1.3ne l'ampia sua città per starsi quivi
1.4e per quivi aspettar l'estrema scelta
1.5di chi dovea pigliar per suo marito;
1.6com'ella da Brandizio si divise
1.7incominciò pensar circa il gran stuolo
1.8ch'avea veduto in quel munito vallo,
1.9che certo le parea cosa miranda:
1.10ma sopra tutti il capitanio eccelso
1.11lodava seco, e 'l suo parlar divino.
1.12poi discorrendo gli ottimi guerrieri
1.13de l'onorata Compagnia del Sole
1.14che eletti fur da Belisario il grande
1.15al matrimonio suo, per scegliern'uno,
1.16mirabilmente il forte Corsamonte
1.17gli era piacciuto, e gli avea mosso il cuore;
1.18onde pensando intorno a quel barone
1.19pregava spesso Iddio che lo facesse
1.20far qualche pruova, perché avesse causa
1.21giusta di elegger lui per suo consorte.
1.22E mentre stava in questi almi pensieri,
1.23quasi indivina de la sua ventura
1.24fece una sopravesta di sua mano
1.25tutta coperta di ricami eletti,
1.26ov'era Corsamonte che ferìa
1.27il fier Tebaldo e lo mandava a morte.
1.28Or sendo tutta a quel lavoro intenta,
1.29che generava in lei maggiore amore,
1.30venne fuor di Partenope un barone
1.31ch'avea nome Falerno, ed era stato
1.32gran tempo ne la corte di suo padre,
1.33onde caro l'avea come fratello;
1.34costui le raccontò tutto 'l successo
1.35di Napoli, e com'era andato a sacco,
1.36e come l'onorato Corsamonte
1.37saltò giù de le mura entr'a la terra
1.38e sol s'oppose a tutti quanti e' Gotti:
1.39che pareva un leon ch'in una mandra
1.40entra di notte, e fa tremar gli armenti.
1.41Poi le narrò com'egli al primo colpo
1.42fece cadere il fier Tebaldo in terra
1.43e morto lo lasciò disteso al piano;
1.44e disse come prese il gran castello
1.45ov'era la ricchezza di Tebaldo
1.46e l'onesta Cillenia sua figliuola,
1.47che è il più bel viso che si truovi al mondo.
1.48Mentre la giovinetta udia le belle
1.49pruove narrar del suo novello amante,
1.50si cangiò molte volte di colore
1.51e trasse fuor del petto alti suspiri
1.52che da lei solamente erano intesi;
1.53poi talor dimandava al buon Falerno
1.54del divin Belisario e di Aquilino,
1.55del buon Traiano e del cortese Achille;
1.56ma pur tornava spesso a Corsamonte,
1.57interrogandol ben di parte in parte
1.58de l'armi, del cavallo e del cimiero
1.59ch'avea quel dì nel periglioso assalto;
1.60e dimandava ancor con molto affetto
1.61di che ferita egli amazzò Tebaldo
1.62ed a che modo entrò ne la gran rocca
1.63e come si portò con quelle donne,
1.64e se Cillenia gli toccò per sorte:
1.65né d'altro che di lui curava udire
1.66a cui supplì Falerno ovunque seppe:
1.67ma com'ei poscia fu partito quindi,
1.68ella tornò soletta al suo lavoro
1.69ch'era condotto omai vicino al fine;
1.70e dopo certi suspiretti ardenti
1.71si rallegrò fra sé del suo pensiero,
1.72che divinato avea sì caro effetto
1.73di Corsamonte, che Tebaldo uccise:
1.74onde poi ragunò dentr'al suo cuore
1.75con se medesma, e suspirando disse:
1.76Elpidia, sarà ben che 'l tuo ricamo
1.77si doni a quel signor per cui s'è fatto,
1.78egli è pur stato quel che di sua mano
1.79fece la gran vendetta di tuo padre,
1.80che tu bramavi e disïavi tanto.
1.81Appresso ancor fia ben che tu procuri
1.82d'aver questo signor per tuo marito,
1.83che è il più bello, il più forte e 'l più valente
1.84che si trovasse mai sopra la terra;
1.85e tu non puoi di questo esser ripresa,
1.86ché nessun sa ch'amor ti spinga a farlo,
1.87ma crederà ciascun che tu sii mossa
1.88da mente grata e da pietà paterna:
1.89chiedilo adunque a Belisario il grande,
1.90che non tel negherà per tuo consorte.
1.91Così la bella Elpidia fra se stessa
1.92parlava, e discorrea dentr'al suo cuore;
1.93onde com'ebbe poi fornita l'opra
1.94chiamò Favenzo, il qual Favenzo er'uno
1.95de i quattro cavalier che andor con essa
1.96a trovar Belisario entr'al gran vallo.
1.97Questi era il primo gentiluom che avesse
1.98Tarento, e fu cognato di Galeso,
1.99ch'avea per moglie Ardelia sua sorella,
1.100d'anni maturo e di prudenzia pieno:
1.101tal che l'amava e l'onorava molto,
1.102e riposava assai sopra il suo senno.
1.103Costui fu quel che già le diè il consiglio
1.104d'andare a Belisario, e di riporre
1.105se stessa e tutto 'l stato in man di quello.
1.106Come adunque Favenzo a lei fu giunto
1.107seder lo fece, e poi così gli disse:
1.108Io penso, cavalier prudente e saggio,
1.109ch'aver debbiate intieramente udita èla meritevol morte di Tebaldo
1.110per man de l'onorato Corsamonte,
1.111di che non ebbi mai miglior novella
1.112né che tanto aggradisse a la mia mente;
1.113e però non vorei parere ingrata,
1.114perché si dee la ricevuta grazia
1.115chiuder nel cuore, e dimostrar ne l'opre.
1.116Onde per mandar fuor qualche signale
1.117de l'obligo ch'io tengo a quel barone
1.118vorrei donarli un vestimento d'oro
1.119che tutto è carco di ricami eletti,
1.120con grosse perle e prezïose gemme
1.121che di mia propria man furon distinte;
1.122e manderolli a far questo mio dono,
1.123ed offerirli appresso ogni altra cosa
1.124che noi tenemo in quest'almo paese.
1.125Così parlò la giovinetta onesta,
1.126ed egli a lei rispose in tal maniera:
1.127Signora mia gentil, che per l'etade
1.128e per l'immenso amor vi vuo' dir figlia,
1.129io lodo molto il bel vostro pensiero:
1.130perché la mente grata de le genti
1.131suol esser causa de i gentili effetti
1.132che fanno spesso i generosi spirti,
1.133ch'ella è stimulo e spron de la virtute.
1.134Mandate adunque l'onorato dono
1.135senz'alcuna tardanza a quel signore,
1.136che sarà segno d'animo cortese
1.137e ch'ami la memoria di suo padre:
1.138ma, se faceste ancora il mio consiglio,
1.139di cui non sarà mai cosa migliore,
1.140voi mandareste a Belisario il grande
1.141e gli fareste dimandar di grazia
1.142d'elegger quel signor per vostro sposo,
1.143che non credo giamai che ve lo nieghi.
1.144E penso ancor che 'l Re del cielo incline
1.145a questo onesto matrimonio santo,
1.146avendo posto inanzi a quel barone
1.147il scelerato corpo di Tebaldo;
1.148onde l'uccise, e fece la vendetta
1.149del vostro caro e sventurato padre,
1.150quanto degna sarà questa cittade,
1.151figliuola mia, quanto lodata ancora
1.152sarete voi da tutto quanto 'l mondo
1.153se seguiran queste mirabil nozze:
1.154ch'ognun vi stimerà d'animo grande
1.155e d'intelletto e di giudizio eccelso.
1.156Voi poi vi troverete esser consorte
1.157del miglior cavalier che sia nel mondo,
1.158e che di nobiltà, bellezza e grado
1.159trapassa ogni baron di quella corte:
1.160e tanto più devete esser disposta
1.161a far sì degne e glorïose nozze,
1.162quanto ch'ei dimostrò quel dì nel campo
1.163d'amarvi e quasi d'adorarvi in terra.
1.164Dunque essequite il bel nostro consiglio,
1.165e pregate il Signor de l'universo
1.166che gli voglia largir cortese effetto:
1.167ch'io m'offerisco esser colui che porti
1.168la sopravesta d'oro a Corsamonte,
1.169e che faccia per voi quella richiesta
1.170al vicimperator de l'occidente.
1.171La bella donna con piacere immenso
1.172udì il parlar del cavallier saputo,
1.173onde piangeva e sospirava insieme
1.174per la dolcezza di sì bel consiglio,
1.175ch'era concorde a quel de la sua mente
1.176che per vergogna gli teneva occulto;
1.177però le labbra in tai parole aperse:
1.178Diletto padre mio, che per mio padre
1.179vi tengo e vi terrò mentre ch'io viva;
1.180io son contenta far quel che voi dite,
1.181perché il parlar de gli uomini prudenti
1.182deve esser legge a i giovenili affetti.
1.183Andate adunque a far ciò che vi pare,
1.184ché d'ogni appuntamento che farete
1.185non solamente resterò contenta,
1.186ma loderollo, e lo terrò per buono.
1.187Udito questo, il cavaliero accorto
1.188prese da lei la sopravesta d'oro;
1.189poi la mattina nel spuntar de l'alba
1.190si pose in via con dieci suoi famigli,
1.191e prima s'avviò verso Canosa,
1.192d'indi poi cavalcando otto giornate
1.193si fé vicino a la città di Roma,
1.194ed intrò in essa nel fuggir del giorno.
1.195Quivi alloggiò la sera ad uno albergo
1.196ch'era poco lontan da la Ritonda;
1.197e la mattina, come il sole apparve,
1.198si levò su da l'ozïoso letto
1.199et andò prima al gran duca di Scitia,
1.200e lo trovò nel suo ducale albergo
1.201tutto vestito per andare a corte:
1.202ma come vide il cavalier pregiato,
1.203quasi presago di sì rara nuova,
1.204con volto allegro se gli fece incontra;
1.205onde Favenzo a lui così propose:
1.206Valososo, leggiadro, alto signore
1.207gloria ed onor de i cavalier del mondo,
1.208la bella principessa di Tarento
1.209mi manda a visitarvi, e m'ha commesso
1.210ch'io vi basci le mani, e ch'io vi dica
1.211che avendo inteso che di vostra mano
1.212in Napoli occideste il fier Tebaldo
1.213e feste la vendetta di suo padre,
1.214di che non ebbe mai cosa più grata,
1.215vuol di tal cosa avervi obligo eterno;
1.216e per signal de i suoi pensier divoti
1.217vi manda questa sopravesta d'oro
1.218ch'è tutta carca di ricami eletti
1.219che di sua propria man furon distinti:
1.220e priega che vi piaccia di portarla
1.221per amor suo ne l'onorate imprese;
1.222e se 'l gran Belisario le conciede
1.223grazia, d'elegger voi per suo marito,
1.224il che vogl'ire a dimandarli or ora,
1.225faravvi anco un presente di se stessa:
1.226perché colei che se medesma dona
1.227non può cosa donar ch'abbia più cara.
1.228Come udì questo, Corsamonte ardito
1.229divenne in volto di color di fiamma,
1.230e tal diletto gli ingombrava il cuore
1.231che non potea formar parola alcuna;
1.232ma pur disse a la fin: L'eterno Iddio
1.233pienamente per me grazie le renda
1.234di così degno e prezïoso dono:
1.235ché nol posso far io, né tutte insieme
1.236le Scitie che si stan circa l'Imavo.
1.237Ben quella divinissima proferta
1.238di eleggermi, se può, per suo consorte
1.239voglio accettar, ch'Amor mi stringe a farlo;
1.240e parimente a lei mi dono anch'io,
1.241se ben non sono a sua grandezza equale.
1.242Poi porterò la sopravesta d'oro
1.243e l'alta insegna sua ch'ella mi manda
1.244senza cangiarla mai mentre ch'io viva;
1.245andate adunque a Belisario il grande
1.246a dimandar la grazia che voi dite,
1.247che non posso pensar che ve la nieghi:
1.248et io di ciò sarò tanto contento,
1.249quanto s'io fosse imperador del mondo.
1.250Da poi ritornerete al nostro albergo,
1.251ch'io voglio al tutto che alloggiate meco
1.252fin che vi piaccia dimorarvi in Roma.
1.253Com'ebbe detto questo, prese in mano
1.254la ricca sopravesta, e la distese
1.255sopra una bella e spazïosa mensa;
1.256e risguardolla ben di parte in parte
1.257lodando or questa ben nutrita perla,
1.258or quel grosso rubino, or quel diamante:
1.259ma più lodava l'artificio e 'l senno
1.260de la divina man che le distinse.
1.261Dipoi veggendo se dipinto quivi
1.262ch'uccideva con l'asta il fier Tebaldo,
1.263avea dentr'al suo cuor piacere immenso,
1.264tanto che d'indi non sapea partirsi.
1.265In questo tempo giunse il buon Favenzo
1.266avanti a Belisario, che si stava
1.267nel gran palazzo co i baroni intorno
1.268e disponea le guardie de la terra:
1.269venuto adunque a lui, con gesto umile
1.270gli fece riverenza, e poi gli disse:
1.271Illustre capitan luce del mondo,
1.272la giovinetta Elpidia, che mandaste
1.273con la famiglia sua dentr'a Tarento
1.274per starsi quivi ad aspettar la scelta
1.275di chi devea pigliar per suo marito,
1.276mi manda a riverir la vostra altezza,
1.277e dire a quella ancor che avendo inteso
1.278che Corsamonte uccise il fier Tebaldo
1.279e fece la vendetta di suo padre,
1.280di che non ebbe mai cosa più cara,
1.281elegger lo vorria per suo consorte
1.282e dimostrarsi a lui cortese e grata,
1.283ché tutto 'l popol suo di ciò la priega
1.284e gli amici la essortano e i propinqui.
1.285Onde m'ha spinto ananti i vostri piedi
1.286a dimandarvi questa grazia onesta,
1.287sperando che le debbia esser concessa,
1.288essendo egli un de gli onorati duci
1.289che son ne l'alta Compagnia del Sole
1.290eletta già da voi per questo effetto:
1.291ed ha poi fatta in Napoli tal pruova,
1.292come ognun sa, contra i feroci Gotti,
1.293che non si potrà dir che non la merti;
1.294e tanto più che la città di Roma,
1.295che fu prefisso tempo al dichiarirlo,
1.296si truova or presa ne le vostre mani.
1.297Però, caro signor, non le negate
1.298questa onesta dimanda, e giusti prieghi.
1.299Così diss'egli, e Belisario il grande
1.300già li assentia con gli occhi e con la fronte,
1.301quando il fiero Acquilin, che se n'accorse,
1.302incominciò parlare in questa forma:
1.303Eccelso capitan pien di valore
1.304che siete un forte di giustizia e fede,
1.305s'io pongo mente a le parole prime
1.306che fur dette da voi dentr'al gran vallo
1.307circa il trovar marito a questa donna,
1.308non veggio come possano aver luogo
1.309se la concederete a Corsamonte
1.310prima che i Gotti sian venuti a Roma.
1.311Voi pur scelgeste fuor di tutto 'l campo
1.312la nostra bella Compagnia del Sole:
1.313a cui diceste apertamente alora
1.314che qual poscia di noi maggior prodezze
1.315dimostrerà contra i feroci Gotti
1.316eletto fia da lei per suo consorte.
1.317Ma come si potrà mostrar valore
1.318contra questa tal gente, s'ella ancora
1.319non verrà contra noi con l'arme in mano?
1.320Però ponete indugio a l'alta eletta
1.321fin che i nemici vengano a trovarci,
1.322che sono in strada, ed han passate l'Alpe:
1.323Alor ciascun dimostrerà il su' ardire
1.324e la sua forza, e con le mani ardenti
1.325spargerà tanto sangue in su l'arena,
1.326che sarà noto a tutto quanto 'l stuolo
1.327chi fia più degno di sì nobil donna.
1.328Ma se dicesse alcun che Corsamonte
1.329fece gran prove in Napoli, e che uccise
1.330con le sue proprie mani il fier Tebaldo
1.331facendo la vendetta di Galeso,
1.332e che per questo è da preporlo a tutti;
1.333rispondo lui che è ver che quel barone
1.334non è privo di ardire e di fortezza,
1.335ma non però mi sopravanza tanto
1.336che mi facesse ritirare un passo.
1.337Ei non ha più di me le man di fuoco
1.338né il cuor di ferro, anzi noi siamo equali
1.339di nobiltà, di grado e di fortezza:
1.340né differenti siam molto di etade,
1.341ch'egli ha venticinqu'anni, ed io n'ho trenta;
1.342e però sempre il correttor del mondo
1.343fece la nostra Compagnia del Sole
1.344sedere ad una tavola ritonda,
1.345ove ciascuno è l'ultimo e 'l primiero,
1.346sol per mostrar la equalità di tutti.
1.347Poi nel pigliar di Napoli non credo
1.348d'aver fatto di lui prova minore:
1.349che 'l primo fui ch'entrai dentr'a la terra
1.350per l'oscuro silenzio de la notte
1.351e passai l'acquedutto, e quindi uscito
1.352in mezzo la città, con le mie mani
1.353uccisi Arnesto e molti altri compagni
1.354che stavano a la guardia de le mura;
1.355ed io fui quel che fei sonar la tromba
1.356e diedi il primo segno a quei di fuori
1.357onde ciascun da poi sen venne dentro
1.358chi con le scale e chi per quella porta
1.359che fu da noi primieramente aperta.
1.360E se gli è alcun che Corsamonte ammiri
1.361perché saltò dal muro entr'a la terra,
1.362pensi ancor fra se stesso che quel salto
1.363lo fé parer di me forse più folle,
1.364ma non più ardito, e che s'io non apriva
1.365la porta con prestezza a l'altra gente
1.366che Corsamonte era condotto a morte:
1.367ond'io fui quel che gli salvò la vita,
1.368che fu più che la morte di Tebaldo,
1.369la qual per caso gli è caduta in mano,
1.370e non per far vendetta di Galeso;
1.371bench'io son stato la cagion primiera
1.372di quella, perché intrai ne l'acquedutto
1.373e presi la città facendo in essa
1.374segno ch'io v'era, onde vo' dir ch'io feci
1.375che Corsamonte in Napoli saltasse,
1.376che occidesse Tebaldo e che prendesse
1.377per viva forza l'onorata rocca:
1.378perché la prima causa de i negozi
1.379fa maggior opra che non fan l'estreme,
1.380che senza quella non v'arebbon luoco.
1.381Ma meglio è lasciar ir quel che s'è fatto,
1.382essendo poco a par di quel che resta;
1.383e come i Gotti sian venuti a Roma
1.384provar contra costor le nostre forze,
1.385é mai cessar fin che non sian sconfitti
1.386over constretti a ritornarsi a dietro:
1.387e quel che mostrerà maggior valore
1.388eletto fia da lei per suo marito.
1.389Mentre Acquilin parlava, e che i compagni
1.390de l'alta Compagnia che porta il sole
1.391fremendo confirmavano il suo dire,
1.392vi sopragiunse Corsamonte altiero,
1.393e con poca pazienza e gran disdegno
1.394stette ad udir la renga di Acquilino;
1.395ma come primamente ebbe fornito
1.396il suo parlare, a lui rispose e disse:
1.397O Re del ciel, poi ch'Acquilin s'oppone
1.398sfacciatamente a tutti i miei desiri,
1.399dammi ti priego tanta alta ventura
1.400ch'io mi ritruovi un dì con l'armi in dosso
1.401a patir queste diferenze seco:
1.402ché si vedrà chi sia di noi più forte.
1.403Ma per non lasciar lui senza risposta
1.404dirò queste pochissime ragioni.
1.405Se l'onorata Elpidia aver volesse
1.406il superbo Acquilin per suo marito,
1.407l'arebbe chiesto a Belisario il grande,
1.408e non aria mandato a Corsamonte
1.409quel cavalier col suo mirabil dono;
1.410ma perch'ella è d'altissimo consiglio
1.411e sa ch'ella può tòr chi più gli aggrada
1.412per sposo, eletto m'ha per suo marito,
1.413e mi dimanda al capitanio eccelso
1.414per la sua cortesia, non che bisogni:
1.415ché 'l matrimonio libero esser deve,
1.416e bastali il consenso de le parti.
1.417Quanto al dir poi che con ragione eletto
1.418m'abbia, non vuo' commemorarlo adesso,
1.419per ch'io nol poria far senza lodarmi:
1.420ed io sempre cercai che le mie lodi
1.421volassen per la bocca de le genti
1.422e ne la lingua mia fossen sepolte;
1.423ma dirò ben che questo nostro amico
1.424non conosce se stesso, poi che spera
1.425d'aver per moglie sua sì bella dama.
1.426Pur si devria pensar che pare un corbo
1.427nel suo colore, un cerbero ne gli occhi,
1.428una furia infernal dentr'al suo petto:
1.429tal che una donna non potrebbe amarlo.
1.430Non vuo' poi replicar quel che alor feci
1.431quando fu preso Napoli per forza,
1.432perch'egli è noto a tutto quanto il stuolo;
1.433ben io m'admiro ch'egli ardisca a dire
1.434ch'ei fu cagion che 'l fier Tebaldo uccisi,
1.435send'ei nascoso alor dentr'a quel bucco;
1.436d'onde non uscia mai se 'l buon Traiano
1.437nol trascinava fuor con una fune;
1.438e poi costui s'attribuisce il tutto
1.439sendo de i mille l'un di quei guerrieri
1.440che Paucaro guidò ne l'ampio foro.
1.441Io ben fui sol contra la gente Gotta
1.442e mandai solo il gran Tebaldo a terra
1.443e solo uccisi il scelerato Erode:
1.444onde per questo son chiamato folle
1.445dal mio saggio baron, ch'ha il cuor di cervo.
1.446Ma lasciamo ora il ragionar da parte,
1.447perché le cose d'importanza grande
1.448si dén chiarir con arme, e non con ciance;
1.449vestasi l'arme e monti sul destriero,
1.450ch'i' andarò fuori ad aspettarlo al prato,
1.451al prato di Neron vicino al Tebro:
1.452quivi l'aspetterò fin a la notte,
1.453quivi combatterem, fin che un di noi
1.454rimarrà morto sopra l'erba, e l'altro
1.455ritornerà vittorïoso in Roma.
1.456Così parlò il baron, sì forte acceso
1.457d'ira, che gli occhi suoi parean di fuoco.
1.458Il feroce Acquilin da l'altra parte
1.459tutt'era fiamma, e seco il fier Massenzo
1.460e Mundello ed Olando e 'l bel Lucillo
1.461eran parati per venire a l'arme;
1.462quando il buon Paulo disse in questa forma:
1.463Cari figliuoli miei, che cosa veggio?
1.464Qual furia è intrata dentro a i vostri petti?
1.465Che qui presente Belisario il grande
1.466v'apparecchiate a por le mani a l'arme
1.467senza aspettar la giusta sua sentenza?
1.468Olando gli rispose: Almo barone
1.469d'anni, di senno e di prudenzia carco,
1.470la nostra Compagnia molto si lagna
1.471d'esser privata del sperato onore
1.472prima che mostri il suo valor tra i Gotti;
1.473onde vi accerto che per nostra voglia
1.474Elpidia non darassi a Corsamonte
1.475fin che non siano i Gotti intorno a Roma.
1.476Così diceva il generoso Olando:
1.477ma Belisario, che vedea l'acerba
1.478contesa de i baron de la sua corte,
1.479stava molto suspeso entr'al suo petto,
1.480perciò che gli spiacea vedere adversa
1.481la Compagnia del Sole a Corsamonte,
1.482onde volea cercar di satisfarla:
1.483ché disiava assai che ogni barone
1.484s'affaticasse in quella orribil guerra
1.485per la speranza di sì bella moglie;
1.486Da l'altra parte disïava ancora
1.487che Corsamonte non restasse offeso;
1.488ma non può l'omo in un medesmo tempo
1.489mai satisfare a due contrarie parti.
1.490Pur discorrendo intorno a questa cosa
1.491al fin, li parve esser miglior partito
1.492soprastare, e dare una sentenza
1.493che pasca di speranza ogni guerriero,
1.494onde le labbra in tai parole aperse:
1.495Io veggio ben diletti miei fratelli,
1.496che 'l forte Corsamonte ha tanti merti,
1.497che se gli poria dar questa donzella,
1.498massimamente poi ch'ella il dimanda.
1.499Ma perché gli altri ancor potrebbon fare
1.500prove condegne di sì nobil preda,
1.501mi par di soprastare a la sentenza
1.502per non levare alcun fuor di speranza;
1.503e tu, gentil mio Corsamonte caro,
1.504arai pazienza fin che i fieri Gotti
1.505staranno a campo a la città di Roma;
1.506che come noi gli abbiam cacciati quindi
1.507terminerò chi fia colui che debbia
1.508aver la bella Elpidia per consorte,
1.509ch'alor fia 'l tempo commodo a tal cosa:
1.510perciò che in mezzo de l'orribil guerre
1.511non è ben fatto il far convitti e nozze.
1.512Così parlò quel capitanio eccelso;
1.513ma ben firmato avea dentr'al suo cuore
1.514di dir secretamente a Corsamonte
1.515che a lui si dava l'onorata sposa,
1.516e poi pregarlo di tener celata
1.517questa promessa sua, per non privare
1.518gli altri baroni ancor di quella speme;
1.519e così volea dire anco a Favenzo:
1.520ma la fortuna al suo pensier s'oppose,
1.521che spesso sturba ogni dissegno umano;
1.522perciò che Corsamonte, avendo udite
1.523quelle parole, disse entr'al suo cuore:
1.524Il capitan vuol pur ch'i' abbia pazienza,
1.525ma non la voglio aver, perch'ella è cibo
1.526d'animi vili e di persone inerti;
1.527e prima vuo' morir che mai lasciare
1.528ad Acquilin quest'onorata donna.
1.529E così detto dentr'a la sua mente,
1.530avolse la sua vesta al braccio manco
1.531e pose mano a l'affilato brando,
1.532e ratto s'aventò verso Acquilino,
1.533il quale anch'ei prese la spada in mano;
1.534presela Bocco e presela Massenzo
1.535e Mundello e Catullo e 'l bel Lucillo,
1.536e tutti foro intorno a Corsamonte.
1.537Ei nulla teme, ed or tira una punta
1.538or un man dritto mena, or un riverso,
1.539ora un fendente, e fa mirabil prova:
1.540onde conviene ognun tirarsi a dietro;
1.541e qual selvagio toro in su l'arena
1.542circondato da i cani e da i bifolci,
1.543ch'or questo or quel con le terribil corna
1.544spaventa, e tosto in cerco si fa largo,
1.545né si può ritener ch'ei non persegua
1.546quel ch'a lui fé primieramente offesa;
1.547tal parea Corsamonte in quel conflitto,
1.548cargando sempre adosso ad Acquilino,
1.549il qual si diffendea con molto ardire.
1.550Or eccoti menare al fier Massenzo
1.551un colpo basso verso Corsamonte
1.552che certamente gli aria fatto oltraggio,
1.553se non lo riparava il buono Achille
1.554che dava solo a quel barone aiuto,
1.555ond'era la sua vita e 'l suo soccorso:
1.556perché l'amico è simile a la vita,
1.557come simiglia l'invido a la morte.
1.558Già s'ingrossava la spietata briga,
1.559e già Costanzo con Traiano e Paulo
1.560eran corsi nel mezzo a separarli,
1.561e quasi tutto il stuol prendeva l'arme;
1.562né mai possibil fu che quei baroni
1.563frenar potessen Corsamonte il fiero,
1.564fin che non vide il sangue d'Acquilino
1.565cader a terra, e rosseggiar l'arena,
1.566perché passato avea la coscia manca.
1.567Questo vedendo Belisario il grande
1.568s'accese tutto di disdegno e d'ira;
1.569poi cacciò mano a la possente spada
1.570e venne appresso a Corsamonte e disse:
1.571Corsamonte crudel, tràtti da banda,
1.572se non ch'io ti farò lasciar la vita.
1.573Poi chiamò con gran voce la sua guarda,
1.574ch'eran dugento alabardieri eletti.
1.575Alora il duca si ritrasse in dietro,
1.576più per la riverenza del signore
1.577che perché avesse in sé timore alcuno;
1.578e quegli altri baron dentr'ai lor fuodri
1.579poser le gravi e rilucenti spade.
1.580Il feroce Acquilin da l'altra parte,
1.581che con fatica si reggeva in piedi
1.582pel molto sangue che gli uscitte fuori,
1.583condutto fu da molti suoi compagni
1.584verso la casa sua per medicarsi.
1.585Come quando è cessata una tempesta
1.586ognun si pone a ricercar del danno
1.587che fatto sia ne i culti suoi terreni,
1.588e se lo truova esser leggiero e poco
1.589s'allegra, e da sé caccia ogni paura
1.590che avesse avuta in quello orribil tempo;
1.591così, cessata la terribil zuffa,
1.592essendo sani tutti quei guerrieri
1.593fuor che Acquilino, ognun prese conforto:
1.594ma Belisario con feroce aspetto
1.595si volse inverso Corsamonte e disse:
1.596Baron, superbo e senz'alcun rispetto,
1.597non ti vuo' dar la pena che tu merti
1.598per questo error, da cui non è mancato
1.599di por tutto l'essercito in scompiglio,
1.600che ben è noto a tutto quanto il stuolo
1.601ch'esser devrebbe l'ultimo supplizio:
1.602ma sol ti vuo' punir con questa nota,
1.603ch'io ti trarrò del numero di quelli
1.604che deggian prender l'onorata moglie
1.605ch'ha in dote il principato di Tarento.
1.606E doppo questo disse anco a Favenzo:
1.607Prudente cavallier, quando farete
1.608ritorno al vostro grazïoso albergo,
1.609raguaglierete la signora vostra
1.610del caso che mi muove a non poterle
1.611concieder Corsamonte per marito;
1.612e le direte ancor che scelga un altro
1.613di questi eccellentissimi baroni,
1.614qual ella vuol, che le sarà concesso.
1.615Quando il gran duca udì queste parole,
1.616restò tutto confuso entr'al suo petto;
1.617e poi si dipartì tacito e mesto
1.618col cuor pensoso e gli occhi a terra fissi,
1.619e 'n compagnia del suo fedele Achille
1.620con passi lenti andò verso l'albergo:
1.621e quivi giunto non si pose a mensa,
1.622ma si ritrasse solo entr'al bel orto
1.623del suo palagio, che è vicino al Tebro.
1.624Quivi piangendo e sospirando forte
1.625disse fra se medesmo este parole:
1.626Il mio destino e la fortuna e l'ira
1.627m'han pur condotto a perder quella donna
1.628che m'è più cara assai che la mia vita;
1.629ma non la perderò, se non si muta
1.630dal buon voler che mi narrò Favenzo:
1.631ben ch'io dubito assai, perché le donne
1.632son di natura mobili e leggiere,
1.633né duran molto i loro ardenti amori.
1.634Ma sia ciò che si voglia: io son disposto
1.635non esser d'altra mai mentre ch'io viva;
1.636che l'empio capitan può ben vietarmi
1.637che sposa non mi sia, ma non può tormi
1.638ch'io non l'osservi sempre, e sempre adori.
1.639Ben fu tropo crudel la sua sentenza
1.640e troppo ingiusta, a non voler ch'ell'abbia
1.641per suo consorte un uom che le talenti,
1.642e voler che Acquilin governi 'l tutto.
1.643Deh non star Corsamonte in questo campo
1.644ove non si dà premio a la virtute,
1.645ma proccàcciati pur d'altra ventura!
1.646Perciò che quel baron che cerca onore
1.647non dee mai dimorar sotto 'l governo
1.648d'un capitan volubile ed ingiusto.
1.649E detto questo, uscì del bel giardino,
1.650e se n'entrò ne l'onorata sala:
1.651quivi chiamò Cratidio e Feracuto,
1.652suoi cari e fedelissimi ministri,
1.653e si fece recar le lucide arme,
1.654ch'eran di fino accial fregiate d'oro;
1.655e recate che fur, con gran prestezza
1.656il buon Cratidio glie le messe intorno.
1.657In questo mezzo fece por la sella
1.658al suo destrier, ch'era nomato Ircano:
1.659questo era baglio con le gambe nere
1.660e la coda e le chiome, ed avev'anco
1.661ne l'ampia schena in mezzo de le croppe
1.662una correggia di colore oscuro.
1.663Questo non lasciò mai sopra il suo dorso
1.664sedere alcun, né mai sostenne in sella
1.665se non l'ardito Corsamonte solo,
1.666a cui donato fu, ch'era polledro,
1.667dal re de Ircania nominato Oronte.
1.668Onde 'l feroce giovane domollo,
1.669e solo il pote cavalcare al mondo
1.670mentre che vivo fu sopra la terra.
1.671Questo leggiadro suo corsiero avea
1.672la testa magra, picciola ed allegra,
1.673il petto largo, il collo alto e leggiero,
1.674la schena curta e rilevato il fianco,
1.675le gambe asciutte: e sì le alzava svelte
1.676che 'l piè levato gli toccava il ventre;
1.677poscia nel correr suo pareva un vento,
1.678e fu sì presto, sì animoso e forte,
1.679sì destro al volteggiar, pronto a la mano,
1.680che divinava l'animo del duca;
1.681ma, per recar molte parole in una,
1.682era il miglior caval che fosse in terra.
1.683Or mentre che volea salir sovr'esso
1.684quell'ardito guerriero, e dipartirsi,
1.685vi sopragiunse l'onorato Achille,
1.686e disse a lui parlando este parole:
1.687Diletto mio fratel, che cosa è questa?
1.688Io veggio apparecchiati al dipartire
1.689senza far motto al tuo fedele Achille
1.690che t'ama e caro t'ha più che se stesso?
1.691Parla, non mel celar; fa ch'ancor io
1.692conosca la cagion del tuo vïaggio;
1.693che come non sta ben dar fede a tutti,
1.694così sta mal non si fidar di alcuno.
1.695Questo diss'egli; e Corsamonte a lui:
1.696A che debbio ridir quel che m'offende
1.697s'e' t'è palese, e se vedesti il tutto?
1.698Ma se ti cal di me, come son certo,
1.699monta a cavallo, e dipartianci insieme
1.700da questa gente perfida ed ingrata,
1.701che arà bisogno ancor del nostro aiuto
1.702quando da i Gotti fia cacciata e vinta:
1.703alor mi cercheran ne i lor sermoni,
1.704dannando seco la vergogna e l'onta
1.705che mi fan ora, e chiamerammi indarno.
1.706Così parlaro, e s'accordaron tosto
1.707quei dui summi baroni al dipartirsi:
1.708onde il cortese Achil si vestì d'arme
1.709e venir fece il suo destrier Leando;
1.710e poscia, come fur montati in sella,
1.711subitamente s'allaccior gli elmetti,
1.712ch'avean sovr'essi il bel cimier del sole:
1.713ché non vollen cangiar l'antica insegna,
1.714se ben la Compagnia gli aveva offesi.
1.715D'indi addattaro i scudi al braccio manco,
1.716e col guanto d'accial ch'aveano in mano
1.717poser le lanze d'oro in su la coscia,
1.718e ratto s'avvior verso la porta,
1.719avendo seco dui famegli soli;
1.720perciò che gli altri lor lasciaro in Roma.
1.721Mentre che cavalcavan quei guerrieri,
1.722come se fusser dui cengiali irsuti
1.723che cercan la pastura per le selve,
1.724tornò Favenzo a ritrovare il duca,
1.725ma nol trovò, ch'era partito quindi:
1.726onde ancor egli con la sua brigata
1.727partissi, e s'avviò verso Tarento.
1.728Poi come piacque a la Divina Altezza
1.729tutti arrivaron la seconda sera
1.730ad una gran badia sotto Priverno:
1.731Quivi i baron, vedendo il buon Favenzo,
1.732gli fecer festa ed accoglienze grandi;
1.733poi disarmati se n'andaro insieme
1.734a visitare il reverendo abbatte.
1.735Questi seguia la regola divota
1.736del gran Basilio, ed era un vecchio allegro
1.737ch'avea costumi generosi e gravi:
1.738però gli accolse umanamente tutti;
1.739poi dimandando i nomi di ciascuno,
1.740ed a che fine eran venuti quivi,
1.741intese la cagion del lor vïaggio,
1.742onde si volse a Corsamonte, e disse:
1.743Signore illustre e di regale aspetto,
1.744non vuo', né si può dir, che la dimanda
1.745per voi richiesta al capitanio eccelso
1.746non fusse giusta, debita ed onesta:
1.747ma la vostr'ira ha ben passato il segno,
1.748e tanto v'ha d'oscura nebbia ingombro,
1.749che v'ha fatto partir da l'ampio stuolo,
1.750e sperar d'acquistar con altro modo
1.751la bella principessa di Tarento;
1.752il qual modo non so come fia buono
1.753e come luogo arà contra la voglia
1.754di Belisario e del signor del mondo.
1.755Meglio era certo a supportare alquanto
1.756e non vi dipartir, perché si vince
1.757col tolerare ogni fortuna adversa;
1.758poi quel che ha molta gente al suo governo
1.759convien che retto sia da molta gente,
1.760onde gli è forza usar diversi modi
1.761che son talora contra 'l suo disio.
1.762Pur, se vorrete fare il mio consiglio,
1.763v'insegnerò di guadagnar la donna
1.764e la perduta grazia de i signori,
1.765benché sia cosa lubrica ed inferma
1.766l'avere apo costoro i primi luochi.
1.767Qui presso è la peninsula di Circe,
1.768ch'ha sopra il monte un'odorata selva
1.769di cedri e di verdissimi cipressi:
1.770ove è una fada di valore immenso,
1.771nominata Plutina, che nel volto
1.772par giovinetta, ed è matura d'anni
1.773tal che di età non ciede a la sibilla.
1.774Gran tempo fa ch'ella divenne cieca:
1.775ma se potesse racquistar la vista
1.776faria veder di sé cose mirande.
1.777Poi su quel monte una spelunca giace,
1.778circondata dal mar verso ponente,
1.779ove si truova un venenoso drago
1.780possente e grosso, e di sì dura pelle
1.781che nessun ferro uman non può signarla;
1.782ed una ninfa sola di quel luoco
1.783lo pasce, e sa com'ei si manda a morte:
1.784ma nol vuole insegnar, perch'ella è certa
1.785che come fosse estinta quella fiera
1.786la vita sua non dureria molt'anni.
1.787Or, chi prendesse il fèl di questo vermo
1.788e bene ungesse gli occhi a quella fada,
1.789le renderebbe la perduta luce;
1.790e però cavalier, che 'n vista siete
1.791d'animo invitto e di fortezza immensa,
1.792se voi volete andare a quella impresa
1.793e tentar quest'altissima ventura,
1.794darovvi il modo d'acquistarne onore:
1.795e poi la vista di sì bella donna
1.796vi darà tutto 'l ben che mai saprete
1.797desiderare in questa umana vita.
1.798Stat'era Corsamonte a quel sermone
1.799intento molto, ed era tanto acceso
1.800dal desiderio di sanar la fada,
1.801che un'ora gli pareva esser mill'anni
1.802di ritrovarsi là con quel serpente;
1.803però si volse la vecchio abbate e disse:
1.804Divoto padre mio, poi ch'a voi pare
1.805ch'io vada a liberar quella donzella,
1.806anch'io son pronto e cupido d'andarvi;
1.807insegnatemi adunque com'io possa
1.808acquistar questa altissima ventura,
1.809ché ponerommi subito in camino.
1.810Alora il vecchio andò ne la sua cella,
1.811e ritornò con un libretto in mano,
1.812e disse: Figliuol mio, questo libretto
1.813ha in sé descritto tutto quello incanto,
1.814con certi versi sacri e certi modi,
1.815che se saranno ben servati e detti
1.816farassi andare il gran bissone a morte;
1.817e come voi lo vederete estinto
1.818subitamente gli trarrete il fèle
1.819ed ungerete gli occhi a quella maga,
1.820che le farete ritornar la vista:
1.821di che poi vi farà sì cari doni,
1.822ch'adempierete i bei vostri disiri.
1.823E detto questo gli donò il libretto
1.824ch'avea recato, e Corsamonte il prese
1.825allegramente, e se lo pose in seno;
1.826poscia i baron si dipartiron quindi,
1.827e accompagnati dal divoto abbate
1.828infino a l'uscio de le stanzie loro
1.829rimaser quivi, e poi sedero a mensa
1.830per satisfare al natural bisogno.
1.831Ma come ebber mangiato, si levaro
1.832tosto, e venuti ov'erano i destrieri
1.833gli vider governati, e l'orzo inanzi:
1.834onde tornaro a i preparati letti,
1.835in cui disteser le feroci membra
1.836per riposarle fino a la mattina;
1.837ma Corsamonte mai non chiuse gli occhi,
1.838né ricevete in lor l'amato sonno.
1.839Poi quando apparve in ciel la bella aurora
1.840subitamente abbandonor le piume
1.841e si vestir di panni, e poscia d'arme;
1.842e venuti che furo i lor cavalli
1.843il duca si rivolse al buon Favenzo,
1.844e disse: Almo signor, voi ve n'andrete
1.845verso Tarento a la signora nostra,
1.846a cui vi piacerà di dir ch'io sono
1.847suo servo, e pronto sempre di ubidirla;
1.848e poi le nerrerete il grande oltraggio
1.849di Belisario, e le direte apresso
1.850che s'egli mi facesse ancor più offese
1.851non sarò d'altra mai vivo né morto.
1.852E detto questo lagrimando tacque:
1.853dapoi montò sopra il feroce Ircano,
1.854e in compagnia de l'onorato Achille
1.855prese il vïaggio suo verso 'l ponente.
1.856Ma come ebbe passata la palude
1.857Pontina, e giunto fu su 'l mar Tirreno
1.858volgendo gli occhi verso Terracina
1.859lungo 'l litto del mar vide una fossa
1.860profonda e larga, onde passava l'acqua
1.861salsa che dividea tutto quel istmo,
1.862con un bel ponte ed una porta sopra
1.863che andava a la peninsula di Circe.
1.864Subitamente Corsamonte ardito
1.865la riconobbe perch'era dipinta
1.866nel primo foglio del divin libretto;
1.867onde volse il destriero a quella parte
1.868e disse verso l'onorato Achille:
1.869Frate, noi siamo omai condotti al luoco
1.870ove convienci aver molte fatiche,
1.871se volem far quel glorïoso acquisto
1.872che tanto ci lodò l'onesto abbate.
1.873Così parlando, giunsero sul ponte
1.874e poscia entrar ne la famosa porta
1.875che per grazia del ciel trovaro aperta;
1.876Come fur entro, vennero in un prato
1.877ove era un coro di leggiadre ninfe,
1.878le quai vedendo quei baroni eccelsi èlasciaro il ballo, e se gli fero incontra:
1.879e parimente ancor da l'altra parte
1.880i dui signori dismontaro a piedi
1.881e riverenti se n'andaro ad esse,
1.882che molto allegramente gli accettaro.
1.883Ma sopra tutte l'altre con diletto
1.884e con gran tenerezza gli abbracciaro
1.885Basilia e Stratigea, che aveano il primo
1.886grado che dar si soglia in quella corte.
1.887Eran con esse Eulalia e Dorotea,
1.888e dopo lor venian da lunge alquanto
1.889Arpagia con Calumnia, e Colachia
1.890e Demetria e Geopona e Liea,
1.891Pimenia, Emporia con Trapezia vile;
1.892ed altre donne pallide e deformi
1.893che mai non s'accostaro a quei signori.
1.894Le quattro prime giovani ch'io dissi
1.895dopo le lor dolcissime accoglienze
1.896parlaro a i gran baroni in tal maniera:
1.897Signori eccelsi, onor di questa etade
1.898tanto amati da noi quanto noi stesse,
1.899poi che 'l ciel v'ha condotti in queste parti
1.900vi guideremo a la regina nostra,
1.901ch'ha il maggior regno che si truovi in terra;
1.902la qual di voi farà quella gran stima
1.903che si dee far de gli uomini eccellenti:
1.904e vi farebbe ancor maggior onore
1.905se si trovasse aver l'antico lume.
1.906Così disse Basilia, e per la mano
1.907gli prese, e gli menò dentr'al cortile
1.908d'un gran palagio, di richezza immensa:
1.909tutte le mura eran d'argento e d'oro,
1.910e d'oro i pavimenti e d'oro i palchi,
1.911e di sì belle gemme eran dipinti
1.912che non fu visto mai cosa più ricca;
1.913poi le sedie e le mense e gli altri tutti
1.914vasi ed arnese di quel gran pallagio
1.915pareano tocchi da l'antico Mida
1.916prima ch'entrasse le pattoliche onde.
1.917Come le belle donne ebber condotti
1.918quei gran baroni sotto l'ampia loggia,
1.919e d'indi in un bellissimo sallotto
1.920e poscia in una camera regale,
1.921preser licenza, e quivi gli lasciaro,
1.922acciò che senza impedimento alcuno
1.923potesser disarmarsi a lor bell'agio;
1.924ma quando poscia disarmati foro,
1.925ecco venir due damigelle elette
1.926d'alti costumi e di beltà suprema
1.927con dui robboni di damasco d'oro
1.928e due berette di velluto in mano
1.929con le più belle e le più ricche imprese
1.930che mai vedesser occhi de' mortali;
1.931e giunte avanti lor s'ingenocchiaro
1.932e cominciaro a dirli in tal maniera:
1.933Signori illustri e di virtù miranda,
1.934le quattro belle giovani che v'hanno
1.935guidati in queste fortunate stanze
1.936vi mandan dui robboni e due berette
1.937perché con esse loro andar possiate
1.938ov'è la nostra altissima regina.
1.939E detto questo, gli addataro intorno
1.940i bei robboni, e le berette in testa;
1.941onde 'l gran Corsamonte le rispose:
1.942Tant'è la cortesia di queste dame,
1.943che ci han legato d'obligo immortale;
1.944ma se potremo far quel che speriamo
1.945ancor diran che non saremo ingrati.
1.946Dopo questo parlar, quelle donzelle
1.947preser commiato, e quindi si partiro;
1.948poi fur portati prezïosi vini
1.949e rari frutti ed ottimi confetti
1.950per altre leggiadrissime fanciulle
1.951che parean messaggier del paradiso,
1.952onde i baron si rinfrescaro alquanto.
1.953Ma poco stando poi venner le donne
1.954che gli avean prima accompagnati in casa,
1.955tanto leggiadre e grazïose in vista,
1.956che tutti gli infiammar del loro amore;
1.957e parimente se infiammaro anch'elle,
1.958perciò ch'eran dui giovani eccellenti
1.959che non aveano pari in tutta Europa
1.960di forza, di bellezza e di costumi:
1.961Corsamonte era più grandetto alquanto
1.962di Achille, e pur Achille era ancor grande;
1.963nel resto aveano una bellezza equale,
1.964tutti dui biondi e di regale aspetto,
1.965le barbe d'oro e di pel biondo miste
1.966che non avean provato anco il rasoio;
1.967e gli occhi lor parean due stelle ardenti.
1.968Avean le spalle larghe, ma ne i fianchi
1.969erano asciutti qual leoni o pardi;
1.970il petto er'alto, la persona dritta,
1.971le coscie grosse, e l'altre membra ancora
1.972tanto ben poste ed agili e leggiere,
1.973quanto si possan disiare in uomo:
1.974Ma Corsamonte avea più curvo il naso
1.975e 'l piè più fermo che il cortese Achille,
1.976ed ancor era più veloce al corso.
1.977Come adunque le ninfe intraro in sala,
1.978quei leggiadri baron gli andaro incontra
1.979con tanta cortesia, tanta vaghezza,
1.980quant'aver possa una persona umana;
1.981e quivi furon parimente accolti
1.982da tutte lor con gentilezza immensa,
1.983e poscia Stratigea così gli disse:
1.984Signori illustri e di beltà divina,
1.985non è per mio parer da perder tempo,
1.986ma sarebbe da andare a l'alta grotta
1.987ove dimora la regina nostra,
1.988che tutte noi ve introdurremo a lei;
1.989perché col mezzo di sì gran signora
1.990possiate aver ciò che 'l cuor vostro agogna.
1.991Così diss'ella, e quei baroni allegri
1.992le consentiro, e s'avviaro insieme
1.993verso l'albergo de l'antiqua fada;
1.994ma quando furo al piè de l'alto monte,
1.995ch'era coperto di odorata selva,
1.996videro in essa più di mille buche
1.997ch'andavan tutte in giù verso la terra:
1.998e poi vedeano intrar persone in esse,
1.999altre sedervi appresso ed altre uscirne,
1.1000femine tutte, e di diversi aspetti.
1.1001Come talora in solitario scoglio
1.1002che sia da l'acqua circondato intorno
1.1003si veggion pullular molti conigli:
1.1004chi di lor esce de l'amato buco,
1.1005chi v'entra dentro e chi si lieva rito,
1.1006chi pasce l'erba e chi la terra batte
1.1007co i piè di dietro e chi scherzando corre;
1.1008tal facean quelle ninfe entr'a la selva:
1.1009però la bella Eulalia, che conobbe
1.1010la meraviglia de i baroni eletti,
1.1011sorrise, e poi gli disse in questa forma:
1.1012Tutti quei buchi sono entrate e porte
1.1013da gire a la spelonca di Plutina;
1.1014e quelle donne ch'escono e van entro
1.1015sono le guardie e portenarie d'essi.
1.1016Ma voi gran duchi converrete entrare
1.1017per questa porta altissima di mezzo
1.1018ch'ha in guardia Stratigea, che vi conduce;
1.1019e la feroce Arpagia tien le chiavi
1.1020che da lei quasi mai non si diparte.
1.1021E detto questo, poscia entraro in essa
1.1022le quattro ninfe co i baroni a canto;
1.1023e caminando per l'oscura cava
1.1024sassosa e bassa e puzzolente e ratta,
1.1025giunsero al fine ov'era la regina,
1.1026pallida in faccia e di vedere oscuro,
1.1027con veste intorno sordide ed inculte;
1.1028e però non credero esserli appresso,
1.1029se ben Arpagia la mostrava loro;
1.1030fin che non disse Corsamonte a lei:
1.1031Siete voi quell'altissima Plutina
1.1032che tanto è disïata da le genti?
1.1033E Plutina rispose: Io son pur essa.
1.1034A cui soggiunse l'onorato Achille:
1.1035Siete Plutina voi? Si, son diss'ella.
1.1036Poi Corsamonte con parole dolci
1.1037le cominciò parlare in questo modo:
1.1038Deh se l'eterno Dio v'adorni ed empia
1.1039gli occhi di luce acuta più che lince,
1.1040ditemi la cagion del vostro male,
1.1041che forse vi darò qualche rimedio.
1.1042Ed ella a lui rispose: Alto signore,
1.1043non vuo' disdire a la dimanda vostra:
1.1044non perch'io speri aver da voi soccorso,
1.1045ma per mostrarmi facile e cortese
1.1046al tempo ch'i' era giovinetta, e vaga
1.1047di ritrovarmi dilettosi amanti,
1.1048ebbi ardir d'affirmar senza rispetto
1.1049ch'io non voleva amar se non i buoni
1.1050e i savi e i giusti, e dimorar con loro,
1.1051e fuggir tutti i perfidi e gl'ingrati;
1.1052onde 'l Motor de le superne ruote
1.1053subitamente mi privò di luce,
1.1054perch'io non conoscesse alcun di questi.
1.1055Così diss'ella, e Corsamonte a lei:
1.1056O gran disaventura de' mortali!
1.1057Pur il Signore altissimo del cielo
1.1058è solamente da le genti buone
1.1059amato ed onorato, e non da l'altre;
1.1060e poi non vuol che sian da voi vedute
1.1061né conosciute mai, se non per caso.
1.1062Ma ditemi, signora, s'a i vostr'occhi
1.1063si ritornasse la perduta vista,
1.1064sareste ancor di quel pensier primiero
1.1065d'amare i giusti e d'abitar con essi,
1.1066e di fuggire i perfidi e gl'ingrati?
1.1067Si sarei, rispos'ella, che è gran tempo
1.1068che veduto non ho persona giusta.
1.1069Ed ei rispose sorridendo, e disse:
1.1070Meraviglia non è se voi che siete
1.1071priva di vista non vedete i giusti,
1.1072che noi che gli occhi avem non ne vedemo.
1.1073Ma datevi pur pace, alta regina,
1.1074ch'io spero in brieve con le mie fatiche
1.1075di farvi racquistar l'amata luce.
1.1076Ed ella: Molto mi sarebbe caro,
1.1077ché non è ben alcun, sopra la terra
1.1078che sia sì grato a l'uom quant'è 'l vedere.
1.1079Ma temo, lassa, che 'l voler divino
1.1080sarà contrario molto a questa impresa;
1.1081ond'egli poi per l'arroganza vostra
1.1082potria mandarmi qualche altra ruina.
1.1083E Corsamonte: O timida che siete,
1.1084voi non sapete, no, le vostre forze.
1.1085Certo, se voi racquisterete il lume,
1.1086non sarà su nel ciel valor sì grande
1.1087ch'agguagliar possa la possanza vostra:
1.1088ciò che si truova grazïoso al mondo
1.1089e che risplende fra la gente umana
1.1090per voi sola si fa, per voi s'adorna
1.1091l'acqua e la terra di bellezze immense,
1.1092perché ogni cosa a voi s'inchina e cede.
1.1093Dunque se voi racquisterete il lume
1.1094sen verrà giù dal ciel la bella Astrea:
1.1095onde governerete il mondo insieme,
1.1096e gli ritornerete il secol d'oro.
1.1097Così parlò l'ardito Corsamonte,
1.1098a cui rispose l'onorata maga:
1.1099Signor, se 'l fate, io vi sarò tenuta
1.1100sempre, e non uscirò del vostro albergo
1.1101fin che starete in questa umana vita.
1.1102Così detto e risposto, i gran signori
1.1103si dipartiro, e con le quattro ninfe
1.1104se ne tornaro a la divina stanza.
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