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1.1Quand'al partir de l'ombra de la notte
1.2dal tenebroso grembo de la terra
1.3venne col giorno la belissim'alba,
1.4il capitan de l'onorata impresa
1.5si levò su da l'ozïoso letto:
1.6poi si fece vestir le licid'arme,
1.7e cinta ch'ebbe la sua spada al fianco
1.8montò sopra il corsier che l'aspettava;
1.9e poscia tolta la celada in testa
1.10fece por bocca a le sonore trombe
1.11e dare il primo segno al dipartirsi;
1.12onde la salmaria si messe in punto,
1.13e caricati carrïaggi e salme
1.14al terzo rimbombar de l'oricalco
1.15si pose in via con tutto quanto 'l stuolo,
1.16ch'era diviso in tre diverse schiere:
1.17gli astati in una e i principai ne l'altra,
1.18e ne la terza v'erano i triari;
1.19ma tutti poi gli impedimenti insieme
1.20seguian la prima schiera de gli astati.
1.21E così andava tacito ed intento
1.22quell'onorato essercito spirando
1.23per la fronte e per gli occhi ardire e forza:
1.24e tutti i passi lor moveano a un tempo.
1.25Allora il Sir de la celeste corte
1.26mandò l'angelo Iridio verso Roma:
1.27questi scendendo giù da l'alte nubi
1.28di molti vari e bei colori adorno
1.29se 'n venne dritto a ritrovare il papa;
1.30e sotto forma del prudente Eufeno
1.31vescovo d'Ostia disse este parole:
1.32O padre santo che tenete il luogo
1.33di quel primo pastor ch'ebbe le chiavi
1.34del cielo in guardia dal Figliuol de l'Uomo,
1.35considerate in che periglio estremo
1.36sarà questa città, se intorno ad essa
1.37accamperassi Belisario il grande
1.38con la sua buona e valorosa gente
1.39che per venirvi già s'è posto in via.
1.40Sapete il mal ch'a Napoli n'avvenne
1.41per voler contrastarli oltra le forze:
1.42però cerchiam di provedersi avanti
1.43che giunga sopra noi questa ruina,
1.44ch'è gran ventura di colui ch'impara
1.45ne gli altrui danni a governar se stesso.
1.46Dite a i consuli adunque ed a i pretori
1.47che consiglien tal cosa col senato,
1.48e prendan libertà d'aver la cura
1.49che 'l popol nostro non patisca danno.
1.50Così gli disse l'angelo, e 'l pastore
1.51del buon gregge di Cristo a lui rispose:
1.52Voi dite, frate mio, pur troppo il vero,
1.53ma non vi posso far rimedio alcuno,
1.54ch'io giurai fedeltà, come sapete,
1.55contra mia voglia a l'empio re de' Gotti:
1.56e s'io facesse contra lui qualch'opra
1.57per la nostra città, sarei pergiuro.
1.58Poi non mi posso lamentar de i Gotti,
1.59che mai non mi mancor del lor favore,
1.60se ben seguiano l'arïana setta;
1.61ma pur m'è cara più la patria nostra
1.62e 'l ben del popol che dimora in essa
1.63che l'amicizia di sì fatta gente.
1.64Questo rispose il papa, e l'angel disse:
1.65Beatissimo padre, assai v'è noto
1.66che non si può chiamar promessa quella
1.67che sia fatta da l'uom contra sua voglia.
1.68Se 'l re de' Gotti ci constrinse a farli
1.69contra nostro voler qualche promessa,
1.70solvianla ancora contra il suo volere,
1.71e l'argento che dan cambiamgli in oro:
1.72che s'alcun deve mai romper la fede,
1.73romper la dee per far la patria salva.
1.74Così disse quell'angelo, e spirolli
1.75amore e carità, tema e paura:
1.76amore al ben del gran popol di Roma,
1.77paura e tema de i futuri danni;
1.78onde mandò a chiamar per un cursore
1.79i consuli e i pretor de la cittade,
1.80e disse lor queste parole tali:
1.81Credo che voi sappiate, almi fratelli,
1.82come l'imperador de l'orïente
1.83manda in Italia Belisario il grande
1.84per liberarla da la man de' Gotti:
1.85questi ha preso Brandizio, e tienlo caro
1.86perché di propria volontà si rese;
1.87ma Napoli ha mandato a fuoco e a sangue,
1.88che volse fare a lui troppo contrasto.
1.89Ed ora se ne vien col campo a Roma
1.90per ritornarla al suo primiero stato:
1.91al cui voler se voi vorrete opporvi
1.92temo di qualche asperrima ruina.
1.93Però fia buon ch'andiate entr'al senato
1.94e che prendiate libertà di fare
1.95che questo popol non patisca danno.
1.96Così parlò il pontifice, e gli accorti
1.97consuli co i pretori indi partiro
1.98e convocaro subito il senato
1.99ne l'onorevol tempio de la pace;
1.100e quivi il buon Latin, ch'era pretore,
1.101incominciò parlare in questa forma:
1.102Signori a le cui mani è giunto il freno
1.103de la città ch'ha dominato il mondo,
1.104mirate l'acerbissima tempesta
1.105che vien fremendo sopra i nostri campi
1.106dietro a l'insegne de l'imperio antico:
1.107le quali omai da Napoli son mosse,
1.108e verranno di lungo a' nostri danni
1.109se noi vorremo contraporsi ad esse;
1.110ben che saremmo veramente sciocchi
1.111se volessimo fin col nostro sangue
1.112comprar l'amara servitù de i Gotti
1.113e rifiutar la libertà che i nostri
1.114con gran periglio vengono a reccarci.
1.115Però v'essorto a non serrar le porte
1.116né fare a Belisario alcun contrasto:
1.117ché l'infelice Napoli v'insegna
1.118e vi fa cauti con la sua ruina.
1.119Né vuo' discorer che lo voglia Iddio:
1.120ché chi ragiona del voler divino
1.121tanto n'entende men quanto più parla.
1.122Mandiamo adunque i nostri ad invitarli
1.123che vengano a veder la patria loro
1.124e le paterne case e i lor parenti;
1.125e faccianli venendo ogni accoglienza
1.126grata che far si soglia a i suoi propinqui,
1.127senza aver tema de la gente Gotta:
1.128perciò che è meglio assai viver co i nostri
1.129in dolce libertà, con qualche tema
1.130del gottico furor, che star sott'esso
1.131sicuri e servi contra il nostro sangue.
1.132Così parlò quel buon pretore, e tutti
1.133lodaro il suo prudente almo consiglio;
1.134e gli dier libertà ch'avesser cura
1.135di trarre il popol fuor d'ogni periglio:
1.136onde chiamor Fidelio, uom di gran cunto,
1.137che carmelingo fu d'Atalarico,
1.138e lo mandaro al capitanio eccelso;
1.139a cui dier lettre, e l'ordinaro appresso
1.140che lo guidasse dentro a la cittade:
1.141ond'ei si dipartì senza dimora
1.142e menò seco sei famigli soli,
1.143drizzando il suo camin verso Cassino;
1.144ove poi caminando il terzo giorno
1.145trovò per strada Belisario il grande
1.146che conduceva il suo gran stuolo a Roma.
1.147Fidelio, avendo il capitanio scorto,
1.148scese del suo cavallo, e ingenocchiossi
1.149avanti lui con un sembiante umile
1.150e gli porse la carta del senato:
1.151ma come Belisario ebbe veduto
1.152il gran sigil de la città di Roma,
1.153levar lo fece prestamente in piedi
1.154e rimontar sopra 'l suo buon destriero;
1.155e letta ch'ebbe l'onorata carta
1.156con fronte allegra a lui parlando disse:
1.157Gentile ambasciador, quanto mi godo
1.158che la nostra città veggia il suo bene
1.159e lo conosca, e sia disposta a farlo;
1.160e voglia star più tosto in libertade
1.161co i suoi che in servitù di gente strana:
1.162di che ringrazio la Divina Altezza,
1.163che sì giusto pensier gli ha posto in cuore.
1.164E, detto questo, gli toccò la mano
1.165e l'abbracciò molto amorevolmente;
1.166poi si rivolse al buon conte d'Isaura,
1.167a Bessano, a Costanzo e a Corsamonte
1.168e, narratoli il tutto, gli comise
1.169che con maggior celerità che prima
1.170facessino marchiar la gente avanti
1.171per giunger tosto a la città di Roma.
1.172E così quei fortissimi baroni
1.173essequir prestamente il suo precetto
1.174facendo a quelle legïoni armate
1.175fare i lor passi più veloci e lunghi;
1.176e quindi caminando ancor dui giorni
1.177si fer vicini a la città miranda:
1.178il che come fu noto al buon Leodoro,
1.179che 'l re de' Gotti avea lasciato in Roma
1.180per mantenerla contra i suoi nimici,
1.181andava risvegliando ogni soldato,
1.182come il pastor che va cerca le mandre
1.183de le pecore sue destando i cani
1.184che sono intenti a qualche altro lavoro;
1.185ond'ei temendo gli affannati lupi
1.186s'afflige, e non sa darli altro soccorso.
1.187Così faceva il buon Leodoro anch'egli,
1.188essortando i suoi Gotti a far difesa
1.189contra le ardite forze de i Romani;
1.190ma quei, sentendo Belisario il grande
1.191approssimarsi a le superbe mura,
1.192s'ammutinaro, ché l'andarli contra
1.193fuor de la terra, e far con lui battaglia,
1.194era un andare a manifesta morte:
1.195poi non ardivan di restarsi in Roma,
1.196che 'l popol tutto si vedeano adverso.
1.197Però lasciando il misero Leodoro
1.198ne la città, che quindi uscir non volle,
1.199andaron fuor per la Flaminia Porta
1.200pigliando il lor camin verso Ravenna.
1.201Mentre che i fieri Gotti uscian di Roma,
1.202v'entrava dentro Belisario il grande
1.203per l'altra porta ch'Asinaria è detta
1.204con le sue buone legïoni armate.
1.205Or chi vedesse la letizia immensa
1.206de l'onorato e buon popol di Marte
1.207quando vedeva intrar l'amato stuolo,
1.208ben la giudicheria cosa miranda:
1.209ché non fu ne i lor templi alcuno altare
1.210che non fumasse d'odorato incenso,
1.211acceso in quei da i sacerdoti casti
1.212per render grazie al Re de l'universo
1.213de la lor libertà, ch'era propinqua.
1.214Le vaghe donne e i fanciulletti allegri
1.215e le persone inferme e i vecchi stanchi
1.216stavano a rimirar sopra i balconi
1.217de le lor case o dentro a le lor porte
1.218con gran diletto quella armata gente;
1.219ma gli altri poi che potean portar arme
1.220s'erano armati, ed erano iti fuori
1.221ad incontrare il campo de i Romani:
1.222e con visi giocondi e canti allegri
1.223e con le rame in man di tarda oliva
1.224gli facean compagnia per l'ampie vie
1.225de la città che gli avea tolti dentro;
1.226e pareano augelini i quai rinchiusi
1.227sian stati in gabbie tenebrose il verno,
1.228che quando appar la primavera e 'l sole
1.229saltano or suso or giuso, e cantan sempre;
1.230così parean quei giovani, giocondi
1.231per la venuta de i novelli amici.
1.232Il vicimperador de l'occidente,
1.233come si vide giunto in mezzo al Foro
1.234ov'è 'l notabil arco di Severo,
1.235fece chiamar Bessano e 'l fier Costanzo,
1.236e disse lor parlando in questa forma:
1.237Saggi legati miei, mastri di guerra,
1.238ponete un capitan per ogni porta
1.239con mille buoni e ben armati fanti;
1.240e fate poi che i miei forieri accorti
1.241alloggin tutta quanta l'altra gente,
1.242unita più che puon, per la cittade
1.243con parole gentil, senza tumulto.
1.244Così diss'egli, ed essi andaro insieme
1.245ad essequir ciò ch'ei gli aveva imposto.
1.246Poi come il capitan partissi quindi,
1.247se n'andò ad alloggiar dentr'al palazzo
1.248con tutta quanta la sua buona guarda:
1.249ma gli altri posti fur per le contrade
1.250in varie case, ognun presso i lor capi;
1.251e i cittadin de la città giocondi
1.252pregavano i forier con gran disio
1.253che facesseno andar qualche soldato
1.254ad alloggiar ne i lor diletti alberghi,
1.255e quel non si credeva esser tenuto
1.256fedel che non avea soldati in casa:
1.257onde accadeo ch'alcun di quei guerrieri
1.258fu posto ad alloggiar nel proprio albergo,
1.259ov'egli fue con gran diletto accolto
1.260da i suoi propinqui che 'l teneano estinto,
1.261ed abbracciando lui con dolce affetto
1.262mandavan fuor più lagrime che voci.
1.263Ad altri avvenne ancor che furon posti
1.264dentr'a le case de i nimici loro:
1.265e quindi poi riconosciuti insieme
1.266divennero fra sé perfetti amici.
1.267E così chi in un loco e chi in un altro
1.268fu posto, e tutti appresso i lor prefetti.
1.269Or mentre s'alloggiava entr'a la terra
1.270con diletto d'ognun la gente d'arme,
1.271Costanzo venne al capitanio, e prima
1.272gli recò le gran chiavi de le porte;
1.273poi disse a lui parlando in questo modo:
1.274Eccelso capitanio, ecco il sigillo
1.275che quel s'è fatto che ci avete imposto;
1.276ed oltre a questo ancora avem trovato
1.277Leodoro Gotto, il quale era nascoso
1.278ne le famose Terme d'Antonino,
1.279e fia qui tosto ne le vostre mani.
1.280Rispose allora Belisario il grande:
1.281Molto grate mi son queste due cose,
1.282le chiavi, e 'l capitan che voi recate;
1.283e manderenle a Dio piacendo insieme
1.284dentr'a Durazzo al correttor del mondo.
1.285Dopo quelle parole, il fier Costanzo
1.286quindi si dipartì senza dimora,
1.287e pria ch'andasse al preparato albergo
1.288rivide tutto quel che aveano fatto
1.289i suoi commessi e i buon forieri accorti.
1.290La Regina del ciel, che del suo parto
1.291non sol fu madre, ma figliuola e sposa,
1.292volgendo gli occhi a la città di Roma
1.293vide il piacer ch'aveano i buon Romani
1.294d'esser tornati ne la patria loro
1.295senza periglio alcuno e senza sangue;
1.296ond'ella rivolgendo entr'al suo petto
1.297l'iniuria che le fece il fier Massenzo
1.298quando in presenza de l'imagin santa
1.299di lei sforzò la vergine Messina,
1.300e l'altre cose perfide e crudeli
1.301ch'aveano fatte quei soldati acerbi
1.302nel tempo che Partenope fu presa,
1.303e non aveano offerto alcuna parte
1.304di così rica e sontüosa preda
1.305a i sacri templi del Signor del cielo;
1.306onde sdegnata la celeste Donna
1.307se n'andò avanti al suo Figliuolo e Padre
1.308e Lo pregò con tai preghiere ardenti:
1.309Signor mio caro, se mai feci al mondo
1.310cosa che fosse a Voi gioconda e grata
1.311da i nove mesi che portai nel ventre
1.312l'umana carne che prendeste in terra
1.313infin al dì che m'accettaste in cielo,
1.314concedete anch'a me questo contento:
1.315fate, Signor, che 'l fier Massenzo, e quelli
1.316ch'hanno fatto con lui tanti delitti
1.317vïolando i templi e le infelici donne
1.318fin nel conspetto de la nostra imago,
1.319portin del lor error condegno merto.
1.320Piacciavi dare a i perfidi Arïani
1.321che fan guerra con loro ardire e forza
1.322tanta, che faccian qualche orribil strage
1.323de le lor crude e scelerate membra;
1.324e così voi farete alta vendetta
1.325de i miei nimici co i nimici nostri.
1.326Udito questo, il Re de l'universo
1.327seco si strinse, e sospirando disse:
1.328Diletta madre mia, ch'aveste tante
1.329fatiche in parturirmi ed allevarmi,
1.330non vuo' né posso dinigarvi alcuna
1.331cosa ch'io veda a voi gioconda e grata;
1.332e d'altro non mi duol, se non ch'io scorgo
1.333che nel punir questi cattivi è forza
1.334far male a molti miseri innocenti:
1.335ma sia come si voglia, i' son per farlo.
1.336Adunque essequirem ciò che v'aggrada,
1.337benché è predestinato al fin che resti
1.338vittorïoso Belisario il grande,
1.339e meni preso Vitige a Bisanzo.
1.340Così rispose il gran Motor del cielo;
1.341e detto questo, la divina testa
1.342mosse affermando, e fé tremare il mondo;
1.343dapoi chiamò l'angelo Erminio, e disse:
1.344Erminio, or te n'andrai verso Ravenna;
1.345e quivi truova il nuovo re de' Gotti
1.346e fallo andar con la sua gente a Roma,
1.347a porli assedio e farli immensi danni.
1.348Così ordinò la Providenza eterna;
1.349e l'angelo andò poi come un baleno
1.350che 'l bell'aere seren fende e le nubi,
1.351e Vitige trovò dentr'a Ravenna.
1.352Quivi tolse l'effigie d'Olderico,
1.353che da fanciullo in su l'avea nutrito,
1.354e cominciò parlarli in questa forma:
1.355Serenissimo re pien di valore,
1.356mentre che siete intento a prender moglie
1.357avem perduta la città di Roma;
1.358e se voi quivi non menate il stuolo,
1.359noi perderemo ancor l'Italia tutta
1.360senza aver pur insanguinata un'asta.
1.361Però siam presti a gir contra i nimici
1.362e racquistar quel che perduto avemo.
1.363Lasciate al re di Francia la Provenza
1.364per non aver disturbo in quella parte,
1.365e esser solo a questa guerra intenti:
1.366ch'egli è men mal che un cantoncin si lasci
1.367del nostro impero, per salvare il resto,
1.368che tenir quello e poi perdere il tutto.
1.369Al ragionar de l'angelo rispose
1.370quel superbo signor con tai parole:
1.371Le nozze mie non son di alcun disturbo
1.372a questa grande efaticosa impresa:
1.373anzi ho fatto adunar la gente Gotta
1.374nel pian che sta tra Rimine e Faenza
1.375per farla quindi poi marchiare avanti.
1.376Venne anco ier sera l'orator di Francia,
1.377che voria far con noi secreta lega
1.378se noi vorremo darli la Provenza;
1.379Dunque l'accorderem con questi patti,
1.380poi che siete ancor voi di tal parere:
1.381et andaremo a por l'assedio a Roma,
1.382s'ivi si fermerà il nimico nostro;
1.383ben che non credo mai ch'e' sia sì folle
1.384né temerario sì ch'ivi m'aspetti.
1.385Questo rispose Vitige, e dapoi
1.386l'angelo se n'andò volando al cielo,
1.387e lasciò quivi la Vergogna e l'Ira
1.388che mordesseno il re la notte e 'l giorno
1.389e lo facessen affrettar l'impresa.
1.390Partito quindi quel celeste messo,
1.391sen venne a corte l'orator di Francia,
1.392e molte volte ragionando insieme
1.393fu conchiusa tra lor secreta lega;
1.394perché i Francesi non volean mostrarsi
1.395palesemente, avendo già promesso
1.396di dare aiuto al correttor del mondo:
1.397a cui non volser mantener la fede
1.398o per la cupidigia del guadagno
1.399o per altra cagion che non ci è nota.
1.400Così fu data la Provenza a i Galli,
1.401e furon quindi rivocati i Gotti
1.402ch'eran con Marzio là presso a Tolosa;
1.403poi come venne in ciel la quarta aurora
1.404dal sigilar di quel secreto accordo,
1.405Vitige si partì fuor di Ravenna
1.406et andò lieto a riveder le genti
1.407ch'erano appresso Rimine ridotte.
1.408Ma voi ch'avete in ciel divino albergo,
1.409vergini Muse, or mi donate aiuto:
1.410voi siete eterne, e voi presenti foste
1.411a quei gran fatti, onde sapete il vero;
1.412ma solamente a noi pervenne il grido,
1.413però nulla sappiàn distinto e chiaro.
1.414Diteci adunque primamente il nome
1.415di tutti quanti e' capitan de' Gotti
1.416ch'andaro a por l'assedio intorno a Roma,
1.417e de le terre ancor ch'aveano in guardia
1.418tra l'Arsia, e 'l Varo e tra 'l Metauro, e l'Ombro:
1.419perché color ch'erano intorno al Tebro
1.420over ne la Calabria o ne la Puglia
1.421parte eran resi, e l'altra parte poi,
1.422per aver i nimici assai propinqui,
1.423non si potean partir da i luochi loro;
1.424e però non andòr con quelle squadre.
1.425Il duca d'Istria valoroso in arme,
1.426d'animo invitto e di fortezza immensa,
1.427nominato Bisandro, fu il primiero
1.428che venne avanti al re, con tutti e' Gotti
1.429che di qua dal anatico Quarnaro
1.430abitavano in Pola e in San Lorenzo,
1.431in Rovigno, in Montona e in Grisignana
1.432ed in Pietrapilosa, in Sdrigna e Raspo,
1.433in Portole, in Primonte ed in Pinguento,
1.434in Parenzo, in Umago, in Città Nuova,
1.435in Capo d'Istria, in Isola ed in Muggia,
1.436con tutti quei che bevon del Quïeto
1.437ed abitan fra l'Arsia e fra 'l Cesano.
1.438Costui portava per insegna un serpe
1.439nero, nel scudo suo ch'era d'argento.
1.440Poi Turrismondo duca d'Aquileia,
1.441figliuol di Baldimarca e d'Alarico,
1.442de la famiglia nobile de' Balti,
1.443che fu il più forte de la gente Gotta
1.444e 'l più superbo e 'l più feroce ed aspro;
1.445questi avea seco tutta quella turma
1.446ch'era in Duin, Trieste e Monfalcone,
1.447in Cormonse, in Gorizia ed in Belgrado,
1.448in Udene, in Gradisca, in Acquileia,
1.449nel forte Osopo e in Cividale ameno,
1.450Portogruar, San Vido e Valvasone,
1.451Tisana e Spilimbergo e San Danielo,
1.452con tutti quei che l'onde del Timavo
1.453rigano e del Lisoncio e Tagliamento
1.454e che si stan fra il Limene e 'l Cesano.
1.455Questi avea per insegna un fier cingiale,
1.456co i peli irsuti su l'orribil dorso.
1.457Totila il crudo, che regea Trivigi,
1.458figliuol di Serpentano e d'Altamonda,
1.459sorella di Alarico: e Serpentano
1.460era fratel del pricipe Aldibaldo;
1.461costui seco menò tutta la gente
1.462di Concordia, la Mota e Pordenone,
1.463di Purlilia, Sacile e Polzanigo,
1.464d'Uderzo, Conigliano e Buffoleto,
1.465Ceneda, Serravalle e Cordignano,
1.466val di Marino, Caneva e Collalto,
1.467Ongarone, Cadoro e San Martino
1.468ed Asolo e Trivigi e Castelfranco,
1.469Novale e Mestre, e gli altri ancor che stanno
1.470fra 'l Sile e fra la Piave e la Livenza.
1.471Questi nel scudo suo potente e forte
1.472portava una caribde per insegna.
1.473E quei di Padoa col feroce Argalto
1.474veniano, e con Ablavio ed Unigasto,
1.475ed avean seco quei di Cittadella,
1.476quei di Camposampiero e quei di Pieve,
1.477di Monsilice e d'Este e Montagnana,
1.478di Rovigo, Cavargere e di Chiogia
1.479e di Loredo e d'Adria e Lendenara,
1.480con quei di Castelbaldo e la Badia
1.481ed altri assai, che l'Adige e la Brenta
1.482chiudon vicini a le paludi salse.
1.483Costui portava entr'al suo scudo d'oro
1.484un cornupia con le fronde verdi;
1.485ed Unigasto poi v'avea una vite,
1.486e l'empio Ablavio vi portava un fico.
1.487Dapoi venia la gente di Vicenza
1.488che bee del Bacchiglione e del Rerone,
1.489nel cui terreno l'Astigo discorre,
1.490la Tesina, il Tribuolo e 'l Ciresone
1.491e l'Agno, e 'l Chiampo e la Diuma e l'Elna
1.492e l'Astighel che l'onde sue d'argento,
1.493poi ch'a l'ameno Cricoli trascorso
1.494col suo dilicatissimo palagio,
1.495fonde nel Bacchiglion presso a l'Arcella;
1.496seco erano quei di Feltro e di Belunno,
1.497di Bassan, di Marostica e di Schivo,
1.498di Malo, di Tiene e Barbarano,
1.499di Cologna, di Brendola e Lonigo,
1.500di Montecchio, Arzignano e Montebello
1.501e della bella val che inonde l'Agno,
1.502ricca di frutti e prezïosi vini,
1.503che poi fu Val de Trissino chiamata
1.504quando fu retta dal cortese Achille
1.505che tolse Carïenta per mogliera,
1.506figliuola di Verialdo e di Merana,
1.507che fur per le sue man condotti a morte
1.508in su quel pian ch'è tra Cereda, e Chiusi.
1.509Questi non avean seco il lor signore
1.510Marzio, ch'er'ito a difensar Tolosa;
1.511ma non eran però senza governo:
1.512che 'l gentil Berimondo suo cugino
1.513la conducea come signore e duce;
1.514ed avea per insegna una ghirlanda
1.515di nera persa in mezzo al campo d'oro.
1.516Né men feroce era Prialdo altero,
1.517da la famiglia d'Amalo disceso;
1.518questi avea quei di Trento e Roveredo,
1.519di Perzene, di Stenego e la Scala,
1.520di San Michiel, di Borgo e di Tollino,
1.521di Maran, di Bolzan, di San Gottardo
1.522e quei di val di Sole e Val d'Anone
1.523con quei di Castelbarco e di Beseno
1.524e d'Arco e di Madruccio e di Lodrone
1.525e di Tene e di Cresta e Castelcorno
1.526e d'Aui e di Brentonico e di Riva,
1.527con quei di Valsugana e di Vallarsa,
1.528ché l'una parte il Lem, l'altra la Brenta
1.529e di molte castella e molte ville
1.530che poste son fra l'Adige e la Sarca.
1.531Costui, portava per antica insegna
1.532tre bei denti d'argento in campo azuro.
1.533Dietro a costoro il principe Aldibaldo
1.534conducea quei che stavano in Verona
1.535ed in San Bonifacio ed in Soave
1.536ed in Val di Paltena e in Monteforte,
1.537con quei di Villafranca e di Valegio,
1.538di Peschiera, di Garda e Bardolino,
1.539di Lacise e Marsesina e di Torri
1.540e di Valpollicella e Valdelagri,
1.541e quelli di Lignago e quei di Porto,
1.542d'Isola, di Cereda e di Nogara
1.543e de la Bivilacqua e di Manerbe,
1.544ch'erano terre alor senza quei nomi,
1.545come molt'altre ancor ch'abbiam nomate
1.546e che nominerem sovr'altri luoghi.
1.547Costui dunque venia con queste genti,
1.548ed altre del terren ch'Adige riga
1.549e che si stan fra 'l Tartaro, e 'l Benaco.
1.550Questi nel scudo suo vermiglio avea
1.551una bandiera d'or spiegata al vento.
1.552Vien poi Canduccio, quel che Mantoa regge,
1.553e menava con lui tutta la gente
1.554di Mantoa, Nuvolara e Cavrïana,
1.555di Castïone e di Castelgiufredo,
1.556di Goito, de la Volta e Redolesco,
1.557Guastalla e Borgoforte e di Viadanna,
1.558di Lucera, Regiuolo e di Brissello,
1.559di Marcaria, di Bozolo e Gazolo,
1.560di Serravalle e Revere e Gonzaga,
1.561di Sacchetta, di Sermene e d'Ostiglia,
1.562e de l'altro terren che riga il Mincio
1.563e 'l Po con l'onde sue profonde bagna.
1.564Dietro a costui seguiva il gran Danastro,
1.565Danastro, ch'avea membra di gigante,
1.566figliuol di Frigiderno e di Bellanda,
1.567e seco era Asinario ed Ulïeno,
1.568con tutti quei ch'albergano in Cremona
1.569ed in Ribecco ed in Casalmaggiore,
1.570in Piadena, in Soncino in Romanengo
1.571ed in Pizegarone ed in Soragna,
1.572in Castïone e ne la Macastorna,
1.573in Trivia ed in Rivolta ed in Pandino,
1.574ed in tutto il terren che l'Adda e l'Oglio
1.575rigando ne l'Eridano sen vanno.
1.576Questi nel scudo suo portava un lauro
1.577fronduto e verde in mezzo 'l campo d'oro,
1.578ed Asinario avea la palma rotta
1.579nel color verde, ed Ulïeno un verme.
1.580Ma quel che porta il scudo azuro e bianco
1.581con due liste a traverso, onde l'azuro
1.582va sopra il bianco e 'l bianco in sul celestro,
1.583questi si chiama il principe Sitalco,
1.584che Bressa fertilissima governa,
1.585e quei di Valcamonica avea seco
1.586e di Valtrompia e quei di Val di Sabbia,
1.587di Pondilegno edi Edolo e di Breno,
1.588di Ceno e Bieno e d'Arfo e di Pisagno,
1.589d'Iseo, di Palazolo e di Castrezago
1.590e di Chiari e de gli Orzi e di Quinzano,
1.591di Pontevigo e Gambara e Virola,
1.592di Manerbe e Bagnolo e Pompïano,
1.593d'Asola, d'Ustiano e di Caneto,
1.594di Gedi e Montechiari e di Gavardo,
1.595di Salò, di Grignan, di Tusculano,
1.596di Materno e Gardone e Rivoltella
1.597e di Limone e de la Rocca d'Amfo;
1.598con tutti quei che stan dal lago Iseo
1.599al lago d'Idri, e bevon de la Mela
1.600e han le terre lor tra Chieso e l'Oglio.
1.601Seguia Fabalto, e Bergamo avea seco
1.602e Martinengo e Caravaggio e Crema
1.603e quelli di Malpaga e di Rumano,
1.604di Lover, di Calepi e di Valsasna
1.605e di Valserïana e Valbrembana,
1.606che 'l Serio l'una, e l'altra addacqua il Brembo,
1.607ov'è Gandin, Cluson, la Costa e Nember,
1.608Albin, Cavrino, Algià, con altri ch'hanno
1.609copia di gente e carestia di biade.
1.610Questi nel scudo suo tenea per arme
1.611un bel castello entr'a una fiamma ardente.
1.612Quel ch'è sì grande è duca di Milano,
1.613nomato Teio, uom di fortezza immensa;
1.614questi ha quei di Milan, di Como e Lodi,
1.615di Marignan, di Trezzo e di Cassano
1.616e di Lieco e di Moncia e di Varese
1.617e quelli di Viglievene e di Sesto,
1.618di Marlïan, Sampiero e Galerana
1.619e d'Angora e di Rona e di Locarno,
1.620con tutti quei che 'l bel lago Verbano
1.621e 'l lago Lario e di Lugano e d'Orta
1.622pascon di pesci e di süavi frutti,
1.623con quei di Valtelina e di Soviga,
1.624di Belinzona e Musso e di Civena,
1.625ed altri assai, che tra Tesino et Adda
1.626mieteno i fertilissimi terreni.
1.627Costor seguiano il bel caval d'argento
1.628che porta Teio entr'al suo scudo rosso.
1.629Il buon Tuncasso, duca di Pavia,
1.630sotto l'insegna sua ch'era una spada
1.631rossa nel bianco co i fratelli Osdeo
1.632e Ragnaro et Asdingo e Valdemiro
1.633conducea i Gotti ch'erano in Pavia,
1.634San Colomban, Sant'Angelo e Binasco,
1.635in Valenza, in Tortona, in Castelnuovo,
1.636in Voghera, in Muletta, inn Castellaro,
1.637Chiastezo e Bobbio, ed in Mombruno e in Vosci
1.638Stradella e Mocenigo ed Arrïano,
1.639in Toiolo, in Nazano, in San Giovanni,
1.640ed altri ancor che fra la Trebbia e 'l Pado
1.641e l'Appennino e 'l Tanaro si stanno.
1.642Ed Agrilupo perfido e rapace,
1.643figliuol di Aristo duca di Vercelli,
1.644ch'era molto indulgente e molto buono:
1.645ma chi è troppo indulgente a' suoi figliuoli
1.646nutrisce contra sé nimici acerbi;
1.647onde questo Agrilupo avendo il padre
1.648buono e indulgente, e la natura ingrata,
1.649divenne il peggior uom ch'avesser' Gotti,
1.650senza religïone e senza fede,
1.651simulator, bugiardo e fraudolente,
1.652persecutor del padre e de i fratelli;
1.653costui condusse seco tutti e' Gotti
1.654di Crevalcuore e quelli di Mortara,
1.655che 'l padre suo mandò con l'altro figlio
1.656Teofilo le genti di Vercelli,
1.657di Novara, di Biella e Villanuova
1.658e quei di Bassignana e Sartirana,
1.659di Trin, di San Germano e Crescentino,
1.660di Verlingo e Civaso e di Salugia,
1.661di Lancisa, di Perga e di Balange
1.662e d'Augusta Pretoria e quei d'Ivrea
1.663e quei di Moncravello e di Noasca,
1.664e gli altri ancor che fra la Dora e Scesia
1.665bevon de l'Orca, e stan fra il Pado e l'alpe.
1.666Poi Filacuto, duca di Turino,
1.667che per insegna sua portava un'arpa,
1.668avea quei di Turino e Carignano,
1.669di Rivole e Vagliano e Villafranca,
1.670Pinarolo e Vigon pien di fontane,
1.671e Piozasco e Frusasco e Lumbrïosco,
1.672quei di Birle e Scarlingo e quei di Susa,
1.673quei di Vinò, di Barge e di Rovello,
1.674con tutti quei che da la Dora a l'alpe,
1.675riga il Chison, la Palla, ed il Sangone.
1.676Dietro a costui veniva il duca d'Asti,
1.677nomato Almondo, e seco avea le genti
1.678d'Asti e di Chieri e di Casal Sanvaso
1.679e d'Acqui e di Alessandria e Castelazo,
1.680di Verva, Pontastura e Filizzano,
1.681di Mondevì, di Conio e di Saluzzo,
1.682di Carmagnola, d'Alba e di Fossano,
1.683e quei di Scarnafiso e Raconigi,
1.684ch'han bellissime donne, e quei di Nizza,
1.685di Ceva e Cortemilia e di Lucerna,
1.686di Savignan, di Tenda e di Cairasco,
1.687di Bra, di Ciresole e Moncaliero,
1.688con quei che beon del Tanaro, ch'alberga
1.689dodici fiumi e riga assai paese
1.690menando l'acque al re de gli altri fiumi.
1.691Questi ha nel scudo suo la salamandra
1.692che vive in mezzo de le fiamme ardenti.
1.693I Gotti ch'eran per Liguria sparsi
1.694tra 'l fiume Varo e l'Appenino e Macra
1.695in Genoa, in Sestri, in Noli ed in Savona,
1.696nel Finale, in Arbenga, in Ventimilia,
1.697in Villafranca, in Monico ed in Nizza
1.698in Torbia, ch'era i Trofei d'Augusto,
1.699in Tabbia e in Mentone, che son noti
1.700da i bonissimi vini, ed in San Remo,
1.701che d'aranci e di cedri e palme abonda,
1.702con tutti quei che bevon de la Centa,
1.703che da cento torrenti accoglie l'acque,
1.704ed abitan tra 'l Varo e tra 'l Bisagno,
1.705e quei di Portofino e di Rapallo,
1.706di Chiavari e Lavagno e di Vernazza,
1.707Lerice e Portovenere e la Speza
1.708e dimezza la val che inonda Macra
1.709verso la costa d'Africa e 'l Tirreno,
1.710ch'era i confini antiqui di Toscana;
1.711Tutti costoro andarono a la guerra
1.712sotto l'ubidïenza di Zamolso,
1.713duca di Genoa, che nel scudo azzuro
1.714avea la nave d'oro per insegna.
1.715Dapoi Pitone, duca di Piacenza,
1.716che porta in campo rosso un'ape d'oro,
1.717avea quei di Piacenza e quei di Parma,
1.718di Regio, di Corregio e di Belforte,
1.719di Montecchio, Pontremolo e Fornuovo,
1.720quei di Borgo Donino e quei d'Arquata,
1.721di Solegnan, Roncovero e Busseto
1.722e di Cortemaggiore e Fidenzola,
1.723con quei che beon del Tarro e de la Parma
1.724e de la Nura, e stan fra Trebbia e Secchia.
1.725Seguia costoro il duca di Bologna,
1.726nominato Boardo, antico e saggio;
1.727questi ha quei di Bologna e di Rubiera,
1.728di Modena e Sassolo e Scandïano
1.729e quei di Graffignana e del Fregnano,
1.730di Concordia e Mirandola e di Carpi,
1.731di Cento e de la Pieve e Sanfelice,
1.732del Finale e di Ruoli e di Sangiorgio,
1.733d'Imola, Solarolo e Tussignano,
1.734di Butri, Varignana e Medicina,
1.735di Castel Bolognese e di Faenza,
1.736e di Val di Lamone e Brisighella,
1.737con quei che dal Lamon fin a Panara
1.738si bagnan de la Savena e del Reno.
1.739Costui portava per antica insegna
1.740tre belle stelle d'oro in campo rosso.
1.741Vien poscia Ulmergo, duca di Ferrara,
1.742con quelli di Ferrara e del Bondeno,
1.743de la Stella, Melara e Figaruolo,
1.744d'Argenta, di Primara e di Comacchio,
1.745quei di Bagnacavallo e quei di Lugo
1.746e quei di Fusignano e Codognuola
1.747e quei di Quartesana e Sabbioncello,
1.748di Francolino e di Castel Gulielmo,
1.749con tutti quei, che 'l Po diviso in rami
1.750cinge et addacqua pria che giunga al mare.
1.751Quei di Ravenna e Rimine e Cesenna,
1.752di Cervia, di Forlì, di Brettinoro,
1.753di Sarsena, di Boibo e Mutigliana,
1.754con quei di Forlimpopoli e Polenza,
1.755di Galeata, Meldola e Sofia,
1.756di Portico e di Cunio e Castrocaro,
1.757d'Ilice e di Maiolo e San Marino,
1.758che di perpetua libertà si gode,
1.759e quei di Sant'Arcangelo e Lungiano,
1.760di Porto Cesenatico, per cui
1.761discorre il Rubicon, che Pissatello
1.762chiama al basso e poi Rucone ad alto,
1.763e quei di Savignano e Roncofreddo,
1.764e molti altri castelli ed altre ville
1.765che stan tra la Marecchia e tra 'l Montone
1.766e si bagnan del Savio e del Santerno;
1.767costor seguian di Vitige la insegna
1.768ch'è re di tutti e' Gotti, ma Belambro
1.769suo capitanio avevali in governo,
1.770ed avea seco la regal bandiera,
1.771ch'è in campo nero una catena d'oro.
1.772Ma quei d'Urbin, di Calli, e Fossambruno
1.773e di Fano e di Pesaro, apo cui
1.774passa la Foglia, che nomossi Isauro,
1.775quei di Montelabbà, di Montefabri
1.776e di Monte Baroccio e Nuvolara
1.777e quei di Puccio e Monteluno e Conca
1.778e di Sassocorbaro e Montefiore,
1.779Gradara, San Giovanni e Mondaino
1.780e del Pian di Meleto e Montecalvo,
1.781di Serraval, Verucchio e di Turano
1.782e di San Leo, Scaulino e Montemaggio,
1.783di Penne e Cicognaro e Montirone,
1.784con tutti que' da l'appenino al mare
1.785che stan fra la Marecchia e fra il Metauro,
1.786seguian la bella insegna di Finalto,
1.787ch'era una pastorella appress'a un pino.
1.788E poscia Ascaltro, duca di Fiorenza,
1.789che per insegna sua portava un giglio,
1.790avea quei di Fiorenza e di Pistoia,
1.791di Fessule, d'Arrezo e di Cortona,
1.792di Città di Castello e San Sepulcro,
1.793Romena e Castïone e Terranuova,
1.794Figino, Montevarchi e San Giovanni
1.795e de la Pieve e Bibïena e Popi
1.796e quei di Campi e quelli di Carrara,
1.797Firenzola, Rivetta e Scarparia,
1.798San Lorenzo, Sant'Elero e Cassano,
1.799e quei di Civitella e San Donato,
1.800di Montelupo e d'Empoli e Pontorno
1.801e di San Minïato e di Certaldo,
1.802San Gimignano e Colle e Poggibonci,
1.803di Prato, Pontaderra e di Fusecchio,
1.804con molti ancor, che ne la bella valle
1.805stanno, ove l'Arno accetta Pesa ed Elsa,
1.806Mugnone ed Era ed altri bei fiumetti
1.807che vengon giù da i monti entr'al suo grembo.
1.808Vien poi Vernolfo, ch'è duca di Siena,
1.809figliuol di Ruscelano e di Turbina,
1.810che da la gente d'Amalo discese,
1.811e porta il lupo d'oro in campo verde;
1.812questi avea quei di Siena e di Volterra
1.813e di Chiusi e di Massa e di Pïenza
1.814e quei di Campagnatico e Malliano,
1.815di Scarlino e Subreto e San Vicenzo
1.816e di Porto Barato e di Campiglia,
1.817di Rossignan, Piombino e Castiglione,
1.818di l'Elba, Naupolonia e di Grossetto,
1.819di San Quirico, d'Ischia e Buonconvento,
1.820con quei de l'altre terre che son poste
1.821da la Cecina fiume fino a l'Ombro.
1.822Ma Rodorico, principe di Pisa,
1.823ch'avea con seco il suo fratel Corillo,
1.824giovine bello e di leggiadro ingegno,
1.825conducea quei di Pisa e di Ligurno
1.826e quei di Luca e quei di Librafatta,
1.827di Pietrasanta, di Carrara e Massa,
1.828di Fosdenovo e l'Acquila e Gragnuola,
1.829Sargiana e Sargianella e Fievegiano,
1.830con tutta Lunegiana infino a Luna,
1.831che 'n la foce di Macra estinta giace,
1.832e quei di Val di Nievole e di Pescia,
1.833con altri assai che tra la Macra e l'Arno
1.834son rigati dal Serchio e dal Bagnone.
1.835Questi avea per insegna un ponte d'oro
1.836sul fiume azzuro, e 'l suo fratel Corillo
1.837portava il fiume d'oro e azzuro il ponte.
1.838Questi fur tutti i capitan de i Gotti
1.839ridotti insieme per andare a Roma:
1.840onde Boardo, rivolgendo gli occhi
1.841a Rodorico, vide che Corillo
1.842suo frate non avea la istessa insegna;
1.843però disse a quel giovane in tal modo:
1.844Ditemi, grazïoso giovinetto,
1.845la causa che portate il vostro scudo
1.846così contrario a la fraterna impresa.
1.847A cui rispose il giovinetto allegro:
1.848Sappiate, cavalier canuto e saggio,
1.849che non per altro porto il mio bel scudo
1.850da quel del mio german diverso alquanto,
1.851se non perché, facendo alcuna pruova
1.852ne la battaglia, sia la gloria mia,
1.853e non di mio fratel, com'è il devere;
1.854benché non è però la nostra insegna
1.855sì contraria a la sua, come voi dite:
1.856ché ha gli stessi color, lo istesso ponte.
1.857Così disse Corillo, a cui soggiunse
1.858Boardo replicando in questa forma:
1.859Il bel vostro pensier certo m'aggrada,
1.860che mostra quanto la virtù vi piaccia
1.861e quanto ancor la vera gloria amiate:
1.862onde vi laudo e vi comendo molto,
1.863perché la gloria da virtù discesa
1.864è vera gloria sola, e reca onore
1.865che ci accompagna ancor dopo la morte;
1.866ma che v'abbiate poi contraria insegna
1.867a quella del fratel, vi farò noto
1.868con queste poche mie parole rozze.
1.869Due cose principali in ogni insegna
1.870fur poste già da quella antica gente:
1.871l'una è i metai, che son l'argento e l'oro
1.872overo il bianco e 'l gial che gli figura;
1.873e l'altra de le due sono i colori,
1.874com'è verde, vermiglio, azzuro e nero;
1.875ond'essi non poneano in alcun scudo
1.876metal sopra metal, né mai colore
1.877sopra color, ma vi poneano sempre
1.878e gli uni e gli altri mescolati insieme:
1.879tal che se 'l campo era d'argento o d'oro
1.880v'andava il color sopra, e se 'l colore
1.881teneva il campo, era il metal sovr'esso.
1.882Or perché fino al tempo de i Troiani
1.883la fraude e la violenza eran discordi,
1.884che Ulisse amava l'una, e l'altra Achille,
1.885dicendo ognun di lor che la sua parte
1.886riportava la gloria de le guerre;
1.887e però quei che han di metallo il campo
1.888tengono in maggior pregio la violenza,
1.889e chi l'han di colore aman gli inganni.
1.890Dunque se 'l scudo vostro ha il campo d'oro,
1.891che fa parer che la vïolenza amiate,
1.892come non è contrario a quel de l'altro,
1.893che è di colore, onde la fraude appreggia?
1.894Né vuo' dir poi che l'aquila e la biscia
1.895e gli altri ch'hanno articulo di donna,
1.896se in sua natura son, son de i vïolenti,
1.897come anco son tutte le cose schiette
1.898e che hanno il proprio lor color nativo;
1.899e le contrarie lor son da l'inganno,
1.900che è più possente assai che altri non pensa;
1.901né ancor dirò che se fian molte liste
1.902di metallo e color pari ed equali
1.903che la prima di lor, ch'è in sommo al scudo
1.904o da la destra man, dimostra il campo,
1.905e l'altra mostra quel che vi sta sopra:
1.906perciò che se la prima lista è d'oro
1.907il campo sarà d'oro, e s'ella fia
1.908poi di colore, il campo arà il colore.
1.909Ma qui voglio lasciar molte altre cose
1.910che io vi potrei narrar circa le imprese,
1.911ché queste fian bastanti a dimostrarvi
1.912la vostra insegna esser contraria a quella
1.913di Rodorico, e di contraria parte.
1.914Così parlò Boardo, e ritornossi
1.915fra la sua gente al deputato luoco.
1.916Vitige poscia andò per tutto 'l campo
1.917guardando e distinguendo i soi soldati;
1.918poi s'affermò sopra il suo buon destriero
1.919e cominciò parlarli in questa forma:
1.920Udite il parer mio, signori e duchi,
1.921e voi, disposti cavalieri e fanti
1.922che siete ragunati in questo piano
1.923per voler ubidir ciò ch'io comandi.
1.924Come spunte doman la bella aurora,
1.925si partiremo quinci, e driziaremo
1.926il camin nostro a la città di Roma,
1.927per cacciar quindi quelli orribil cani
1.928che con le fiere man portan la morte:
1.929la qual penso però che aran portata
1.930con la loro arroganza a se medesmi;
1.931perché, percossi da le nostre spade
1.932o se ne fuggiran dentr'a le navi
1.933o feriti morran ne i loro alberghi:
1.934onde poi qualcun altro arà paura
1.935di muover guerra a i valorosi Gotti.
1.936Vedrò pur, s'io v'aggiungo, se l'altiero
1.937lor Belisario caccierami in dietro,
1.938over s'io gli torrò l'antica Roma
1.939ch'ei m'ha rubbata con inganni e fraude;
1.940e gli farò provar se la mia mano
1.941sa portar asta e sa ferir di spada,
1.942ch'io spero porlo morto in su la terra
1.943con molti e molti suoi compagni intorno.
1.944Così m'aiuti Dio, così mi faccia
1.945degno fra voi di sacrificio e tempio,
1.946come sarà questa presente guerra
1.947ruina estrema a la città di Roma.
1.948Vitige disse questo, e poi si tacque;
1.949ma tutto il stuolo con diversi gridi
1.950confirmaro il parlar del lor signore,
1.951e quindi se n'andaro a i loro alberghi.
1.952Poi come apparve la vermiglia aurora
1.953con le palme di rose e co i piè d'oro,
1.954entrò in camin quell'adunata gente
1.955con gran furore e con minaccie e cridi:
1.956ed era tanta insieme, che sott'essa
1.957facea tremare e sospirar la terra;
1.958e come suole ombrosa e folta selva
1.959di faggi e d'olmi o di robuste quercie,
1.960quando l'autumno vuol dar luogo al verno,
1.961coprir di frondi tutto quanto 'l suolo,
1.962tal che non può vedersi erba né terra;
1.963o come sassi e cogoletti e giare
1.964ne i bassi liti ove si fonde l'Agno
1.965o dove spande l'Astigo e 'l Mugnone
1.966veggonsi folti insieme in sul terreno;
1.967così eran spessi quelli armati Gotti
1.968che givan sopra il spazïoso litto
1.969che frena il mar tra Rimino ed Ancona,
1.970e non cedean di numero a le arene.
1.971L'angel Palladio alor dal ciel discese,
1.972e se ne venne a Belisario il grande
1.973che facea racconciar le fosse e i muri
1.974de la onorata sua città di Roma;
1.975e sotto l'apparenza di Bessano,
1.976ch'era stato da lui mandato a Narni
1.977a speculare i moti de i nimici,
1.978disse al gran capitanio este parole:
1.979Signor, voi fate ricavar le fosse
1.980e racconciar le conquassate mura
1.981di quest'alma città ch'a voi s'è resa:
1.982fatel pur ben, perché vi fia bisogno;
1.983che 'l re de' Gotti è già fuor di Ravenna,
1.984e vien con tanta gente a ritrovarvi
1.985che cuopre Italia di cavalli e d'arme:
1.986onde non credo mai che voi possiate
1.987starli al contrasto con sì poca gente.
1.988però non vi sia grave il dare orecchie
1.989al mio consiglio in quest'alto bisogno,
1.990perché colui che va senza consiglio
1.991ancor che corra s'affatica indarno.
1.992Penso che sarà ben mandare a tòrre
1.993nuovi soldati dal signor del mondo,
1.994ed anche armare il gran popol di Roma,
1.995acciò che voi possiate a loro opporvi.
1.996Così gli disse il messaggier del cielo,
1.997e poi subitamente indi spario;
1.998onde il gran Belisario entrò in pensiero
1.999per le parole sue grave e profondo:
1.1000e chiamar fece a corte ogni barone,
1.1001i quai si ragunor con gran prestezza;
1.1002ed egli, come ragunati foro,
1.1003aperse la sua bucca in tai parole:
1.1004Signori e cavalier, che in questo luoco
1.1005siete ridotti per la mia richiesta,
1.1006or è venuto il tempo da mostrarsi
1.1007di ingegno e forza e d'animo gagliardi;
1.1008che 'l re de i Gotti viene ad assalirci
1.1009con infinito numero di gente,
1.1010onde dubito assai che sarem pochi
1.1011contra la forza di cotante mani.
1.1012Però fia ben che 'l buon Peranio vada
1.1013a dimandare al correttor del mondo
1.1014che mandar voglia ancor venti coorti
1.1015appresso a queste che condote avemo:
1.1016le quai se ben son valorose e forti,
1.1017pur troppo pochi son contra cotanti,
1.1018che fian sei volte più che non son questi.
1.1019Appresso credo ancor che sarà buono
1.1020ch'armar facciamo il gran popol di Roma,
1.1021che deve ancor tener, sì come io penso,
1.1022qualch'ombra de l'antica sua virtute
1.1023che vinse e dominò tutta la terra:
1.1024se ben i Gotti gli han spogliati d'arme
1.1025tanti e tanti anni sol per invilirli;
1.1026onde potrem con quei novelli aiuti
1.1027stare al contrasto di sì fiera gente
1.1028e tòr da le lor man l'Italia afflitta.
1.1029Così diss'egli, e poi scrisse una carta
1.1030di propria mano a l'alto suo signore,
1.1031la qual dicea queste parole tali:
1.1032O sacrosanto imperator del mondo,
1.1033noi siam venuti ne l'Esperia antica
1.1034come ci comandaste, ed abbiam preso
1.1035il bel Brandizio ne la prima giunta;
1.1036d'indi prendemmo Napoli per forza,
1.1037e dopo quello la città di Roma
1.1038con altre terre molte a noi s'è resa:
1.1039onde bisogno ci è tenervi dentro
1.1040assai soldati per presidio loro;
1.1041e per questa cagion la nostra gente
1.1042s'è sminuita, ed è rimasa poca.
1.1043Or intendendo come il re de' Gotti
1.1044vien con dugento millia eletti fanti
1.1045e trenta millia cavalieri armati
1.1046a ritrovarci a Roma, ove noi semo,
1.1047dubito assai di qualche alto disconzo;
1.1048ed io per me con questa poca gente
1.1049non ardirei di contrapormi a tanti
1.1050e star fuor de la terra a la campagna,
1.1051ché saria la ruina de l'impresa.
1.1052E però pregherò la vostra altezza
1.1053che non ci manchi di novel soccorso,
1.1054tal che possiam tener questa cittade:
1.1055che se per caso ella ci fosse tolta,
1.1056voi perdereste poi l'Italia tutta;
1.1057onde oltre il danno de le nostre morti
1.1058a voi ne seguiria vergogna eterna,
1.1059e crederebbe l'onorata Roma,
1.1060che con tanta prontezza a voi s'è resa,
1.1061che ci aveste mandati in queste parti
1.1062per esser causa de la sua ruina.
1.1063Pensate ancor ch'una città sì grande,
1.1064che tien di spazio quasi venti miglia
1.1065e trentaquattro porte ha da guardare,
1.1066vuole a difesa sua molte persone:
1.1067però bisogna che mandiate ancora
1.1068due legïon maggiori in nostro aiuto,
1.1069ché mal potrò difendermi senz'esse;
1.1070ma spero ben con queste uscire al campo
1.1071e riportarne la vittoria meco.
1.1072Com'ebbe scritta Belisario il grande
1.1073questa sua lettra, subito serolla
1.1074con cera verde, e vi prontò il sigillo;
1.1075poi la diede a Peranio, e così disse:
1.1076Peranio mio, vorrei ch'andaste in posta
1.1077fino a Brandizio, e poi passaste il mare
1.1078sopra un navilio, e giunto entr'a Durazzo
1.1079porgeste in man del correttor del mondo
1.1080quest'epistola mia che ora gli scrivo;
1.1081e lo pregaste che mi mandi quella
1.1082gente ch'io gli dimando in nostro aiuto,
1.1083ch'io mi difenderò fin ch'ella guinga.
1.1084Peranio, come udì tale ambasciata,
1.1085prese la carta, e subito partissi,
1.1086ponendosi in camin verso Durazzo.
1.1087Il capitanio poi fece chiamare
1.1088Amulio, ch'era consule quell'anno,
1.1089insieme con Latin, ch'era pretore:
1.1090i quali andaro a lui senza tardanza;
1.1091ed ei sentendo la venuta loro
1.1092gli venne contra, e poi seder gli fece,
1.1093e cominciò parlarli in questa forma:
1.1094Signori illustri, e posti al bel governo
1.1095di questa eccellentissima cittade
1.1096che un tempo dominò tutta la terra,
1.1097abbiamo inteso che 'l signor de i Gotti
1.1098si dee tosto partir fuor di Ravenna
1.1099per venir col suo campo a ritrovarci
1.1100e farci, se potrà, vergogna e danno;
1.1101onde conoscend'io quanto sia buono
1.1102ne i gran negozi aver le menti audaci
1.1103ma star con l'opre timide e sicure,
1.1104v'ho mandati a chiamar per dirvi questo
1.1105e per pregarvi che facciate armare
1.1106tutto il gran popol de la terra vostra,
1.1107ed in centurie il dividiate e squadre
1.1108di cui si faccian legïoni elette,
1.1109come fu sempre la romana usanza;
1.1110ch'io le vuo' fare ammaestrar per tempo
1.1111ne gli essercizi ed arti de la guerra:
1.1112ne quai mi penso certo che sian radi,
1.1113poi che tant'anni fur spogliati d'arme;
1.1114ed io, se m'occorresse aver bisogno
1.1115di gente, vuo' poter di lor valermi,
1.1116e così sveglierò la lor virtute:
1.1117perché senza virtute in questa vita
1.1118non si può aver diletto che sia fermo
1.1119e no vi salverà da questi cani
1.1120che cercan sopra voi sfogar la rabbia.
1.1121Così gli disse Belisario il grande,
1.1122e 'l buon Amulio a lui così rispose:
1.1123Illustre capitan pien di valore,
1.1124pensate pur ciò che vi fa bisogno
1.1125a questa grande e perigliosa guerra,
1.1126ché sempre sarem pronti ad ubidirvi
1.1127ed a spender per voi la robba e 'l sangue.
1.1128La città nostra è populosa tanto,
1.1129che in dui superbi amfiteatri e grandi,
1.1130in dui famosi circi, in tre teatri
1.1131che avemo, il popol vi capisce appena:
1.1132ella ha sette bei ponti e sette colli
1.1133ed otto campi grandi, undeci fori
1.1134e trentasette spacïose logge,
1.1135quattordeci acqueduti, undeci terme
1.1136e vintinove biblioteche e cinque
1.1137grandi obelisci e trentasei grandi archi
1.1138tutti di marmo e due colonne a chioccia,
1.1139e basiliche dieci e dui colossi,
1.1140dui campidogli e dui macelli e cinque
1.1141naumachie e mille e novecento bagni
1.1142e quattrocento e ventiquattro chiese
1.1143e quarantasei millia e settecento
1.1144insule intiere di abitabil case.
1.1145Appresso ancora pon vedersi in essa
1.1146quarantacinque lupanari e mille
1.1147e trecento e ciquanta ameni laghi
1.1148e dugento e cinquanta almi pistrini;
1.1149e tien co i borghi e co i pretorii castri,
1.1150misurando le vie per le contrade,
1.1151più di settanta miglia di lunghezza;
1.1152sì che, signor, pensar potete quinci
1.1153la grande ampiezza de la nostra gente:
1.1154la qual sarebb'ancor d'alto valore,
1.1155se i Gotti non ci avessin tolte l'arme
1.1156tanti e tant'anni sol per invilirci;
1.1157e però noi faremo in questo modo:
1.1158per ogni regïon de la cittade,
1.1159che quattordeci son, porremo un capo,
1.1160e tutti poi verran con la lor gente
1.1161armata ad ubidir la vostra altezza;
1.1162e voi gli assegnerete quei maestri
1.1163che gli faranno essercitar ne l'arme
1.1164secondo i vostri altissimi dissegni.
1.1165Questo gli disse Amulio, e 'l capitano
1.1166gli rese grazie, e fecelo andar tosto
1.1167a dar principio a quel negozio grande.
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