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1.1La bella Aurora da l'aurato letto
1.2del suo caro Titon si risurgea
1.3per apportare a noi l'eterna luce,
1.4quando 'l gran capitanio de le genti,
1.5essendo stato in Napoli tre giorni,
1.6se n'uscì fuor con tutto quanto 'l campo
1.7e lasciovv'entro Erodiano altero
1.8con molta gente a guardia de le mura;
1.9ed egli se n'andò verso Cassino,
1.10per irsen quindi a la città di Roma:
1.11e come pose il quarto alloggiamento,
1.12trovossi a piè del solitario monte
1.13ov'era posta la sacrata cella
1.14di Benedetto, veramente spirto
1.15benedetto da Dio, salubre al mondo.
1.16Quivi il buon capitan, mandando gli occhi
1.17verso la cima, vide un bel pratello
1.18cinto di alcuni altissimi cupressi
1.19e di tre grandi e ben fronduti allori
1.20avanti ad una piccoletta stanza:
1.21tanto divoto e venerando in vista
1.22quanto altra cosa mai che avesse scorta;
1.23onde gli nacque un desiderio ardente
1.24di visitar quell'onorata cella,
1.25ma non ardiva abbandonare il vallo
1.26per ch'ei non era ancor tutto munito;
1.27e stando in quel pensier, venne la notte.
1.28Poi la mattina anz'il spuntar de l'alba
1.29gli apparve in sogno l'ombra di suo padre,
1.30che spinse fuor di bocca este parole:
1.31Figliuol mio caro, che per tanti mari
1.32e per tanti perigli sei condotto
1.33al söave terren dove ch'io nacqui,
1.34ascendi ancora a la divota stanza
1.35ch'ha quell'adorno e bel pratello avanti.
1.36Quivi dimora un benedetto vecchio,
1.37tantom diletto a Dio, che gli fa noto
1.38tutto 'l secreto suo, tutto 'l futuro:
1.39priegal söavemente ch'e' ti mostri
1.40ciò che tu déi schivare in questa impresa
1.41e ciò che tu déi far per ottenere
1.42certa vittoria de la gente Gotta,
1.43e priegalo anco ad impetrarmi grazia
1.44dal Padre onnipotente de le stelle
1.45ch'io possa alquanto dimorar con teco
1.46visibilmente ne la propria forma.
1.47Così gli disse l'ombra di suo padre,
1.48e poi subitamente indi disparve;
1.49ond'el gran capitanio in piè levossi
1.50e si vestì di panni e poscia d'armi:
1.51e tolto seco il callido Traiano
1.52andò sul monte a la divota cella
1.53senz'altra compagnia, senz'altra scorta.
1.54E come fur tra quelli antiqui allori
1.55che sono intorno al prato, un vecchio aperse
1.56l'uscio d'un oratorio e venne fuora,
1.57degno di tanta riverenza in vista
1.58quanto aver possa una terrena fronte:
1.59egli avea in dosso una cuculla bianca
1.60lunga fino a la terra, e la sua barba
1.61tutta canuta gli copriva il petto.
1.62Questi andò contra Belisario, e disse:
1.63Capitanio gentil, quanto mi piace
1.64vedervi al nostro solitario albergo.
1.65Buon tempo è ch'io v'aspetto in queste parti
1.66per porre in libertà l'Italia afflitta:
1.67or sia lodato Iddio che siete giunto.
1.68Andiamo entr'a la chiesa a render prima
1.69grazie ed onore al Re de l'universo
1.70che n'ha condotti a sì felice giorno;
1.71dapoi ragionerem de l'altre cose.
1.72Così diss'egli, e per la mano il prese
1.73e dolcemente lo stringea, mirando
1.74la faccia sua con un paterno affetto;
1.75poi lo menò ne l'oratorio santo:
1.76e quivi udita una divota messa
1.77che celebrò quel benedetto vecchio,
1.78si poser tutti a ragionare insieme,
1.79e prima il capitan così gli disse:
1.80Padre gentil d'ogni virtute adorno,
1.81grande amico di Dio, quando vi mostra
1.82e v'apre ogni celato suo secreto:
1.83vedendo che sapete e quel ch'io sono
1.84e l'alta impresa ch'io son posto a fare
1.85penso ch'ancor sappiate ogni pensiero
1.86che si ritruovi chiuso entr'al mio petto.
1.87Pur vi discoprirò con la mia lingua
1.88l'onesto mio desire e quel ch'io bramo
1.89da la vostra santissima persona.
1.90Vorrei saper, padre beato, come
1.91si deggia governar quest'alta impresa,
1.92e ciò ch'io debbia far per ottenere
1.93certa vittoria de la gente Gotta.
1.94Ancor vi priego ad impetrarmi grazia
1.95dal Padre onnipotente de le stelle
1.96che 'l caro genitor possa parlarmi
1.97visibilmente ne la propria forma.
1.98Deh fate, padre, questi onesti doni
1.99al divoto orator che ve gli chiede,
1.100ch'agevolmente gli potete fare,
1.101sendo col Re del ciel tanto congiunto.
1.102Non gli negate a me, ch'io vengo a porre
1.103la vostra cara Esperia in libertade
1.104con le nostre fatiche e 'l nostro sangue.
1.105Così disse il barone, a cui rispose
1.106il buon servo di Dio con tai parole:
1.107Illustre capitan, voi dite il vero
1.108ch'io so l'alta cagion ch'a noi vi mena:
1.109perché stamane anz'il spuntar de l'alba èl'angel Erminio e l'ombra di Camillo
1.110mi disse il tutto, e mi richiese a farlo,
1.111ed io liberamente gli promisi;
1.112ond'ho pregato il Re de l'universo
1.113di queste grazie, ed Ei ne fia cortese.
1.114Ma vi bisogna entrar dentr'a quel speco
1.115senz'altra compagnia che le vostr'arme,
1.116e quest'almo signor starà qui fuori
1.117fin che s'adempia il bel vostro desire.
1.118Così diss'egli, e prese una gran chiave
1.119ch'avea da canto e disserrò la porta
1.120d'una profonda e paventosa bucca,
1.121tal che 'l baron sentì rizzarsi i peli
1.122per la persona a quella orribil vista:
1.123pur entrò dentro, e la ferrata porta
1.124per se medesma se gli chiuse dietro,
1.125onde restò nel cuor tutto confuso.
1.126Ma l'angelo, che stava ad aspettarlo
1.127ne la spelonca, gli toccò la testa
1.128con una verga che teneva in mano,
1.129ond'ei fu preso da profondo sonno
1.130e cadde in terra come fosse morto.
1.131Dapoi lo tolse leggiermente in braccio,
1.132e lo portò sopra un erboso colle
1.133d'un più meraviglioso e lieto mondo.
1.134Questo è la faccia del Signore eterno,
1.135in cui descritte son tutte le cose
1.136che son, che furo e che dovran venire;
1.137ma non la può se non per grazia estrema
1.138vedere uom vivo, e con tal grazia ancora
1.139non gli si mostra mai ne la sua forma.
1.140Ma voi che avete in ciel divino albergo,
1.141eterne Muse, or mi donate aiuto
1.142sì ch'io possa narrar qual ei la vide.
1.143Quel colle avea dal suo sinistro canto
1.144un specchio grande, assai maggior che 'l sole,
1.145ov'eran tutte le passate cose,
1.146ed poi dal destro ne teneva un altro
1.147ch'avea dipinto in sè tutto 'l futuro.
1.148E per quel colle ogni presente effetto
1.149ch'usciva fuor del destro albergo andava
1.150correndo a l'altro con mirabil fuga;
1.151ma questi sono a Dio tutti un sol specchio,
1.152se ben paion diversi a noi mortali.
1.153Or quivi adunque in uno erboso prato
1.154l'angel depose Belisario il grande,
1.155ov'era allegra l'ombra di Camillo
1.156suo padre, uscita del sinistro cerchio
1.157per dimorar col suo figliuol diletto;
1.158ma come poi la smisurata luce
1.159ch'avea quel loco aperse gli occhi gravi
1.160di Belisario, e gli disciolse il sonno,
1.161conobbe il padre, e fattoseli contra
1.162per abbracciarlo lacrimando disse:
1.163O caro padre mio, quanto m'allegro
1.164vedervi in questi fortunati alberghi
1.165dopo tante fatiche e tanti affanni.
1.166Così dicea piangendo e sospirando,
1.167e poi voleva circondarli il collo
1.168con le sue braccia; ma quell'ombra lieve
1.169si risolveva come fa una spera
1.170di sole o come una compressa nebbia:
1.171tal che le braccia non stringevan nulla,
1.172ed ei piangea dicendo: Ah non fuggite,
1.173lasciatemi abbracciar sì care membra.
1.174Dopo queste accoglienze, il buon Camillo
1.175guardava fiso Belisario in volto
1.176com'uom che vede tutto il suo contento;
1.177poi dolcemente sospirando disse:
1.178Diletto mio figliuol, che grave soma
1.179t'ha posto adosso il correttor del mondo!
1.180Guarda ben che sott'essa non trabbocchi,
1.181acciò che poi qualche fortuna avversa
1.182non t'addombrasse le vittorie avute.
1.183L'angelo Erminio allor seguì dicendo:
1.184Dunque, Camillo mio, perch'ei non caschi
1.185ne l'error che tu temi, io vuo' mostrarli
1.186quest'onorato specchio da man destra
1.187ch'ha in sè raccolto tutto l'avenire:
1.188ché 'l Re del ciel m'ha detto ch'io gli mostri
1.189le cose che verran fin a mill'anni,
1.190e ch'io non debbia trappassar quel segno.
1.191Ma perché meglio lo comprenda e noti
1.192fia buon che porga una leggiera occhiata
1.193nel specchio a man sinistra del passato.
1.194E così detto, gli disciolse il velo
1.195che l'incarco d'Adamo intorno gli occhi
1.196gli aveva involto, e poi gli disse: Or mira
1.197l'anime ch'escon da la destra sfera
1.198e se ne van correndo a la sinistra
1.199per questa nostra commutabil parte:
1.200questi son quei che vengono a la vita,
1.201e prendeno un boccon per ciascun vaso
1.202de i dui che son ne' lati de la porta,
1.203l'un pien di dolce e l'altro pien d'amaro,
1.204tenuti saldi in man da dui donzelli:
1.205né ponno a vita andar senza gustarne.
1.206Mira colui che tuol dal destro vaso
1.207il boccon primo, di dolcezza immensa:
1.208poi si rivolge con diletto a l'altro,
1.209perché lo crede parimente dolce,
1.210e pigliane un boccon maggior del primo;
1.211ma truova questo esser sì forte e amaro,
1.212ch'apena a mal suo grado può giottirlo.
1.213Vedi quell'altro che 'l boccon primiero
1.214tuol da l'amaro del secondo vaso,
1.215e poi si volge timoroso a l'altro
1.216perché lo crede parimente amaro:
1.217onde piglia un boccon minor che 'l primo
1.218dal vaso del dolcissimo liquore.
1.219E però adivien che questa vita umana
1.220sempre ha l'amaro suo maggior che 'l dolce.
1.221Quel giovinetto poscia e quella donna
1.222che dopo il manducar gli porgon bere,
1.223l'uno è l'Errore, e l'altra è l'Ignoranza.
1.224Guarda quelle lascive meretrici
1.225varie di veste e d'apparenzia vaga
1.226che vanno intorno a i giovinetti incauti
1.227e cercano d'indurli al loro amore;
1.228queste son le diverse opinïoni
1.229e le diverse voluptati umane
1.230che reggeno la vita de le genti:
1.231mira ch'alcuna guida i loro amanti
1.232a dritto calle, e l'altre i scorgon poi
1.233a mal camino e precipizio orrendo.
1.234Quelle tre belle giovinette ignude
1.235che due di loro a noi mostrano il volto,
1.236ma quella ch'è nel mezzo, e tien le braccia
1.237sul petto a l'altre, volge in qua le spalle
1.238per non mirare il beneficio fatto
1.239poi che quell'altre due con vista allegra
1.240risguardan sempre al ricevuto bene;
1.241queste son le tre Grazie, il cui bel nodo
1.242conferma e lega il buon comerzio umano.
1.243Vedi una donna là sopra un gran sasso
1.244quadrato e sodo: quella è la Dottrina,
1.245e l'altre due che poi le stanno a canto
1.246son sue figliuole, e si dimanda l'una
1.247la Veritade, e la Ragione è l'altra.
1.248Quella che è cieca là sopra una palla
1.249rotonda e che non posa, è la Fortuna;
1.250ma le tre vecchie poi che insieme stanno,
1.251e l'una tien la rocca e l'altra il fuso,
1.252la terza il stame tronca, son le Parche
1.253che filano le vite de i mortali.
1.254Quella che è sì superba, è la Bellezza,
1.255l'altra è la Nobiltà, l'altra la Gloria
1.256e l'altra è la Ricchezza, che non cura
1.257infamia et odio, e' di se stessa gode.
1.258Quel fanciulletto è il Riso, ch'è sì allegro;
1.259quell'altro è 'l Giuoco poi, che con lui scherza.
1.260Vedi due belle donne e dui fanciulli,
1.261che l'una guarda il ciel, l'altra la terra:
1.262quelle son le due Veneri e gli Amori,
1.263celesti l'una e l'un; gli altri, del vulgo.
1.264Quella che è lì, tutta vestita a verde,
1.265e mai non gli abbandona, è la Speranza;
1.266e quello è il Sonno neghitoso e lento.
1.267La donna poi che su quell'alto scoglio
1.268siede gioconda, e tiene il scettro in mano,
1.269è la Felicità, che voi mortali
1.270cercate sempre e mai non la trovate;
1.271e quelle damigelle ch'ivi intorno
1.272stanno al servigio suo son le Virtuti.
1.273Rivolta gli occhi a la sinistra parte:
1.274mira quell'altre sanguinose e crude
1.275donne, che paion sì feroci in vista;
1.276l'una è la Guerra, e l'altra è la Vendetta.
1.277Vedi la Povertà, conosci il Pianto,
1.278e la Pena più fiera assai che un drago.
1.279Conosci l'Avarizia e la Vecchiezza
1.280e la Fame e 'l Fastidio e la Fatica,
1.281la Discordia, l'Affanno e 'l Tradimento
1.282e l'empia Ingratitudine, ch'è sola
1.283causa e radice d'infiniti mali.
1.284Oimé non dimoriam più lungamente
1.285fra queste orrende e venenose serpi.
1.286Andiamo, andiamo a la sinistra sfera
1.287che ha le cose passate; entriamo in essa
1.288per starvi un poco, e poscia andar ne l'altra.
1.289Così parlando, l'angelo menolli
1.290con gran celerità nel manco albergo.
1.291Quella amplissima sfera avea tre porte,
1.292la maggior de le quali era guardata
1.293da le figliuole de l'antico Cadmo:
1.294queste aveano con seco il bel Poema
1.295e la gentile Istoria sua consorte,
1.296con altre molte generose ancelle.
1.297L'altre due porte poi, ch'eran minori,
1.298l'una tenea la Favola per guarda,
1.299l'altra la Statüaria e la Pittura;
1.300ma quello eterno messaggier del cielo
1.301gli fece intrar per la primiera porta
1.302de le brunette giovani Fenici.
1.303Come fur dentro, videro un gran mondo
1.304con più bel lume assai che 'l nostro Sole,
1.305con altra Luna e con più chiare stelle.
1.306Eranvi prati con fontane e rivi,
1.307e sì cari arbuscei, sì vaghi frutti,
1.308ch'era diletto estremo a riguardarli.
1.309Belisario stupì di quella vista:
1.310e rivolgendo gli occhi in ogni parte
1.311vide a man destra un bel fiorito colle,
1.312ne la cui cima era una vaga fonte
1.313con più chiar'acqua, e di più larga vena,
1.314ch'aere converso mai mostrasse al sole.
1.315Quivi un bel vecchio con intonsa chioma
1.316e con barba canuta ed occhi oscuri
1.317l'aveva in guardia, e dispensava a tutti
1.318il buon liquor de l'onorato monte.
1.319Allora nacque un desiderio immenso
1.320a Belisario di saper chi egli era,
1.321e dimandonne a l'angelo in tal modo:
1.322Vero amico di Dio, celeste messo,
1.323non vi sia grave dir chi sia quel vecchio
1.324che dispensa tant'acqua, e quella gente
1.325che sitibonda va d'intorno al colle;
1.326a cui rispose il messaggier del cielo:
1.327Quello è 'l divin da voi chiamato Omero,
1.328che parve cieco al mondo: ma più vide
1.329e seppe più ch'altr'uom che fosse in terra;
1.330per la cui patria ancora Atene e Smirna
1.331e cinque altre città fanno contesa;
1.332e le donne leggiadre che d'intorno
1.333gli stanno e per ancelle e per ministre
1.334son le da voi sì celebrate Muse,
1.335figlie de la Memoria e de l'Ingegno.
1.336Quel che tol l'acqua con sì largo vaso
1.337dal sacro vecchio è il buon Virgilio vostro,
1.338che seguì prima Siracusa ed Ascra
1.339per selve e campi, e poi divenne a l'arme.
1.340Ecco Euripide e Sofocle, ecco il calvo
1.341che parve pietra a quel volante uccello:
1.342onde lasciovvi ir la testugin sopra
1.343per lei spezzare, e lui condusse a morte.
1.344Vedi con lor Pacuvio ed Azio e Varo
1.345fra la non molta tragica caterva.
1.346Mira quell'altra gente, che ridendo
1.347pigliano l'acqua: il primo è il gran Menandro,
1.348poi Filemo, Aristofane e Cratino,
1.349Cecilio grave con Terenzio e Plauto.
1.350Risguarda poi la lirica famiglia,
1.351Pindaro, Saffo, Anacreonte, Alceo,
1.352Catullo il dotto, e poscia Orazio e Basso.
1.353Volgi la vista a l'Elegia, che mena
1.354al dolce ber Callimaco e Fileta
1.355e Properzio e Tibullo, Ovidio e Gallo.
1.356L'Egloga il suo Teocrito conduce
1.357senza null'altro greco; e l'accompagna
1.358il vostro Mantovan da lunge alquanto.
1.359Già ponea fine al suo parlare accorto
1.360l'angel di Dio, quando 'l baron gli disse:
1.361Deh grave non vi sia, celeste messo,
1.362di nominarci ancor quella bell'ombra
1.363che par sì dotta, ed ha la coscia d'oro:
1.364e dir quegli altri che gli stanno intorno.
1.365A cui rispose il messaggier del cielo:
1.366Questi è il dotto Pitagora da Samo,
1.367quell'altro è Archita, e quello è quel che solo
1.368nomò per savio l'apollinea voce,
1.369Socrate ch'ebbe sì ritrosa moglie
1.370e fu il primo inventor de la morale.
1.371L'altro è 'l divin Platone, e quel ch'è seco
1.372è il gran speculator de la natura
1.373onde i peripatetici ebber orto;
1.374e quello è Xenofonte, attica musa.
1.375Vedi il buon Epicuro, e i duri stoici
1.376che volevan fare ogni peccato equale,
1.377e Dïogene cinico e Aristippo,
1.378molto contrari ne le sette loro.
1.379Ecco Nigidio Figulo e Varrone,
1.380fra quella turba italica sì rara.
1.381Volgi la vista un poco a l'altra parte:
1.382vedi Ippocrate, medico eccellente,
1.383con quello eccellentissimo Galeno
1.384che vinse ognun d'esperïenza e d'arte;
1.385vedi Oribasio, e Paulo che 'l seconda,
1.386e fra i latini Antonio Musa e Celso.
1.387Risguarda alquanto quelli acuti ingegni,
1.388Euclide e Tolomeo con quel da Perga
1.389che la materia conica pertratta
1.390con le sue sezïon, che sono il cerchio
1.391e l'elipsi e l'iperbole, con l'altra
1.392che sola è differente dal cilindro.
1.393Ma dove lasciam noi le chiare trombe,
1.394Demostene ed Eschin? guarda più in alto,
1.395che gli vedrai contendere ed urtarsi.
1.396Presso a l'antico Isocrate è Lisia:
1.397vedi quel Marco Tullio fra i romani,
1.398che fu la idea de l'eloquenzia vostra.
1.399Vedi Messalla, vedi il buon Sulpizio,
1.400Antonio e Crasso, fra l'immensa turba
1.401di tanti degni spiriti eloquenti.
1.402Non vuo' lasciar gl'istorici da canto:
1.403quel vecchio che si sta fra quelle Ninfe
1.404Erodoto è, Tucidide è quell'altro
1.405che con lui giostra, e 'l buon Polibio è 'l terzo;
1.406vedi Salustio e Cesare, che vanno
1.407inanzi a Livio, ond'ei gli guarda torti.
1.408Vedi Plutarco e Plinio, e quelli acuti
1.409grammatici, Apollonio e Priscïano.
1.410Ma non star più, baron, fra tanti ingegni:
1.411ché, chi volesse risguardarli tutti,
1.412non si potria mirar null'altra cosa;
1.413bastiti avere i più famosi udito.
1.414Però volgiansi a quei ch'ebber possanza
1.415maggiore, e fur più cari a la fortuna,
1.416dicea l'angel di Dio: d'indi menollo
1.417ov'eran duchi, imperadori e regi,
1.418tutti divisi in tre vallete amene.
1.419E come giunse ne la prima valle,
1.420si volse lieto a Belisario, e disse:
1.421Qui si dimoran l'ombre di coloro
1.422ch'ebbero i regni glorïosi in terra.
1.423Guarda colui ch'a pena si discerne,
1.424tant'è lontan: quello è l'antiquo Nino
1.425ch'ebbe ne l'Asia sì famoso impero;
1.426e la sua moglie Babilonia cinse
1.427di mura laterizie con bitume.
1.428Quel che da gli altri è separato alquanto
1.429è Moise, il qual per volontà divina
1.430condusse il popol suo fuor de l'Egitto;
1.431e quello è David re, che cantò i Salmi,
1.432che son da voi sì frequentati e letti;
1.433quell'altro è Salamon, che fé il gran tempio.
1.434Rivolta gli occhi ov'è quella gran luce:
1.435vedi Agamennon re de gli altri regi
1.436ch'andaro a Troia, e Menelao suo frate;
1.437quell'altro è Achille, che ne l'aspre guerre
1.438non si potea né vincer né ferire.
1.439Vedi Diomede, Aiace, Idomeneo,
1.440Nestor, Ulisse e Stenelo con gli altri
1.441che ster dieci anni intorno a quelle mura.
1.442Da l'altra parte è Priamo ed Alessandro
1.443ed Ettor, quasi inespugnabil torre
1.444de la sua patria, co 'l figliuol d'Anchise
1.445e con Polidamante ed altri molti
1.446che la difeser quel sì lungo tempo.
1.447Dopo costor mira il figliuol di Marte
1.448Romulo: questi diè l'inizio e 'l nome
1.449a la città che ha dominato il mondo,
1.450a la città che la sua gloria inalza
1.451fin al suppremo cerchio de le stelle;
1.452ed ebbe sotto 'l suo divino impero
1.453ciò che 'l ciel copre e che circonda il mare.
1.454Vedi dietro a costui Pompilio e Tullo
1.455sedere, e Marzio, e l'un Tarquinio e l'altro,
1.456che 'l sangue di Lucrezia indi l'espulse.
1.457Mira quel re, ch'ha sì benigno aspetto:
1.458quello è il gran Perso nominato Ciro,
1.459padre de la milizia e de i soldati;
1.460da la cui vita ancor si tol la norma
1.461d'acquistar regni e governare imperi.
1.462Quel ch'è sì ardito, fu Alessandro il grande,
1.463che andò vincendo il mondo fino a gli Indi;
1.464Seleuco e Tolomeo gli vanno dietro,
1.465soldati suoi, poi re de l'orïente.
1.466Non ti vuo' nominar Cambise e Xerse
1.467e Dario ed altri di minor virtute,
1.468se ben fur regi sontüosi e grandi:
1.469basti il notar le più famose teste.
1.470Vedi dui macedonici Filippi,
1.471vedi un Demetrio espugnator di terre;
1.472quello è Pirro epirota, e quello è il vecchio
1.473re Massinissa, e poi Iugurta e Bocco.
1.474Quei sono Antioco, Mitridate e Perseo
1.475ch'ebbero al loro ardir sì dura sorte.
1.476Guarda color che son presso a l'entrata:
1.477Atila il crudo, che Aquileia prese,
1.478mosso dal dipartir de le cicogne.
1.479Vedi Alarico, che dopo mill'anni
1.480e cento e più con ingegnosa fraude
1.481saccheggia e prende la città di Roma:
1.482e poi sepulto fia presso a Cossenza
1.483sotto 'l gran letto del corrente fiume.
1.484Dopo costui Gizerico a tal preda
1.485corre chiamato da l'irata Eudoxa,
1.486e spoglia Roma con rapina immensa.
1.487Vedi poi Teodorico, che in Ravenna
1.488con fraude uccise il perfido Odoacro,
1.489d'indi governa ben l'Italia afflitta;
1.490e quel che gli vien dietro è suo nipote
1.491Teodato re, che qui se 'n venne iersera,
1.492deposto del suo regno e poscia estinto.
1.493Come fu nota l'ombra di Teodato
1.494a Belisario, in lei guardando disse:
1.495O mal felice re, quant'era meglio
1.496a non mandar la tua cugina a morte
1.497e servar fede al correttor del mondo:
1.498perché del mal non suole uscir mai bene;
1.499così diss'egli, a cui rispose l'ombra:
1.500Ognun dopo l'error diventa saggio,
1.501se la fortuna al suo pensier ribella.
1.502Così facc'io, così farà colui
1.503che mi fece ire anz'il mio tempo a morte,
1.504quando sarà prigion ne le tue mani.
1.505E detto questo, subito si tacque.
1.506Allora l'angel glorïoso disse:
1.507Non è da star più tempo in questa valle.
1.508Andiamo a l'altra, ove l'imperio siede
1.509che solea tutto governare il mondo.
1.510Così parlando se n'entraro in essa.
1.511Poi l'angel seguitò: Guarda quell'ombra
1.512che par sì ardente e sì feroce in vista:
1.513quello è 'l gran dittator che vinse i Galli
1.514e poi ruppe in Tesaglia il gran Pompeio,
1.515e si fé serva la città di Roma
1.516che l'avea generato: ond'ei fu morto
1.517da i veri amici de la patria loro.
1.518Colui che 'l siegue è il fortunato Augusto
1.519che fece dirsi imperador del mondo
1.520quando ebbe vinto Marcantonio in mare
1.521con la regina del fecondo Egitto,
1.522e chiuse il tempio del bifronte Iano.
1.523Non risguardar Tiberio e Caio e Claudio
1.524ch'imperar dopo lui, né il fier Nerone,
1.525né Galba ed Oto, né Vitellio il grasso,
1.526che non fur degni di sì gran fortuna.
1.527Guarda Vespasian co 'l figlio Tito,
1.528l'altro non già, ch'ebbe condegna morte.
1.529Guarda ancor Nerva e l'ottimo Traiano
1.530assunto al grande imperio fuor di Spagna,
1.531di Spagna, genitrice de la gente
1.532più vaga de l'onor che de la vita.
1.533Mira Adrïano ed Antonino il Pio,
1.534principi eccelsi, e quel mirabil Marco
1.535di cui non fu giamai signore in terra
1.536di più sant'opre e di maggior virtute.
1.537Non risguardare il suo figliuolo indegno
1.538di tanto padre: mira Pertinace
1.539e lascia Giulïan; guarda Severo,
1.540ma non guardar né il figlio né Macrino,
1.541né Eliogaballo, infamia de le genti.
1.542Mira il bon Alessandro, e lascia stare
1.543Massimino e Balbino e Pupïeno
1.544e gli infelici Gordïani e i tristi
1.545Filippi e Decio e Gallo e Valerano
1.546con Galïeno suo figliuol, ch'afflisse
1.547l'imperio, e fu di molta ignavia carco;
1.548e guarda Claudio poi, che vinse i Gotti
1.549e tanti n'ucideo, tanti ne prese,
1.550che empìo di servi ogni provinzia vostra.
1.551Vedi il valente Aurelïano in arme,
1.552che Zenobia menò nel suo trionfo;
1.553e mira quello eletto dal senato,
1.554Tacito, pien d'ogni gentil virtute.
1.555Guarda il gran Probo, ch'acquistò la pace
1.556universale a tutto quanto il mondo:
1.557onde per sdegno i pessimi soldati
1.558che la guerra volean gli dier la morte.
1.559Quell'altro è Caro, e quello è quel buon prince
1.560Dioclezïan, che poi che 'l mondo vinse
1.561e governò 'l vent'anni in tanta altezza,
1.562depose giù quell'acquistato impero;
1.563e visse poi dieci anni in bei giardini
1.564privatamente là presso a Salona,
1.565né volse ripigliar l'imperio mai,
1.566ben che di ciò ne fosse assai pregato.
1.567Dopo Massimïan, Galerio e Cloro
1.568e Severo e Licinio, che inimico
1.569fu de le lettre, e le appellava peste,
1.570vien il gran Costantino, il qual fu il primo
1.571fautore aperto a la cristiana fede:
1.572questi instaurò Bisanzo, e fecel tale
1.573che concorrea con la città di Roma,
1.574ond'or Constantinopoli si chiama.
1.575Quello è il bon Giulïan, ch'è suo nipote,
1.576e fu sì amico a i studi de le muse,
1.577ma non a Cristo, onde fu forse estinto.
1.578Non risguardar Giovinïano, e mira
1.579quel Valentinïan che gli vien dietro
1.580con Valente suo frate e col figliuolo
1.581nomato Grazïano e col nipote,
1.582ch'imitò l'avo suo se non col nome.
1.583Quello è Teodosio poi, che 'l mondo parte
1.584ad Onorio ed Arcadio suoi figliuoli:
1.585onde ne seguitò sì gran ruina
1.586a l'onorato imperio del ponente,
1.587che Roma fu veduta andare a sacco
1.588dal fiero inganno de la gente Gotta.
1.589Poi Valentinïan ch'Aezio estinse
1.590lascia, ed Avito e Maiorano ed Anco
1.591Severïano, Antemio e poi Liberio
1.592e Glicerio e Nepote, e quello Augusto
1.593in cui finì l'imperio d'Occidente:
1.594perciò che 'l re de gli Eruli il depose,
1.595e dopo lui vacò quella gran sede,
1.596e vacherà, se ben tu la racquisti.
1.597Da l'altra parte è Marzïano, e Leo
1.598mira e Zenone Isauro, che fu vivo
1.599da la moglie sepolto; e dopo lui
1.600vedi Anastagio fulminato in terra,
1.601quand'ebbe gli anni prossimi a nonanta:
1.602costor l'imperio avean de l'Orïente.
1.603Allora il capitan rivolse gli occhi,
1.604e visto che Giustin dopo Nastagio
1.605sedea ne l'alto e glorïoso seggio,
1.606corse divoto ad abbracciarli i piedi,
1.607per onorar l'antiquo suo signore:
1.608ma nulla strinse; onde sorrise l'ombra,
1.609e disse: Belisario mio gentile,
1.610quel che ti mena in questa nostra sfera
1.611ti dovea dir che così fatti offici
1.612mai non si fan tra l'alme de i defonti:
1.613perché siam tutti in questi lochi equali.
1.614Vattene pur al dritto tuo vïaggio;
1.615e se ritorni su, narra al mio figlio
1.616che si prepara a lui quell'ampia sede
1.617che vedi là, sì glorïosa ed alta
1.618quanto alcun'altra de la nostra valle.
1.619Così disse Giustino, e 'l capitano
1.620già volea fare a lui lunga risposta,
1.621quando l'angel di Dio disse: Barone,
1.622non star a consumar parlando il tempo
1.623con l'ombre lievi; bastiti il vederle.
1.624E detto questo, il pose ne la terza
1.625valle, che aveva i capitani antichi:
1.626e gli mostrò Temistocle, che vinse
1.627con trecento galee tre millia navi
1.628nel stretto che è vicino a Salamina;
1.629e Milciade e l'invito Epaminonda,
1.630Alcibiade e Gilipo e Agesilao,
1.631Trasibulo, Lisandro e Timoteo,
1.632con molti e molti valorosi greci.
1.633D'indi rivolto al gran popol di Marte,
1.634mostrolli i dui Scipioni e 'l buon Camillo,
1.635il gran Pompeio e 'l fortunato Silla,
1.636Marcello, Mario, Paulo Emilio e Fabio
1.637e Metello numidico e Lucullo,
1.638e quei di libertà sì grandi amici,
1.639Fabrizio, Decio, Cato, Cassio e Brutto,
1.640con tanti capitan d'una sol terra
1.641quanti di tutti e' popoli del mondo.
1.642Poi fra i Cartaginesi dimostrolli
1.643Annibale, ch'andava inanzi a gli altri,
1.644e 'l suo destr'occhio avea privo di luce;
1.645ed era seco Amilcare suo padre,
1.646cognominato Barca, onde fur poi
1.647detti i Barchini, e Barchinona in Spagna.
1.648Poi seguitando disse a lui rivolto:
1.649Vedi anch'Aezio, ch'Atila sconfisse
1.650ne' campi Catelaunici; e se questi
1.651da l'ingrato signor non era estinto,
1.652Atila mai non vi facea quei danni.
1.653Ve' Bonifacio ed Aspare, che puote
1.654far altri imperador, ma non sé stesso:
1.655per ciò ch'era Arïano, e quella setta
1.656era in quel tempo da l'imperio esclusa.
1.657Qui, Belisario mio, sarà il tuo nido
1.658poi ch'arai vinta l'Africa e l'Europa
1.659e conservata l'Asia al grand'impero,
1.660avendo appresso te dui re prigioni
1.661e dui notabilissimi trionfi.
1.662Come s'avviva al sospirar de' venti
1.663carbone acceso o quasi estinta fiamma,
1.664cotal divenne Belisario in fronte
1.665al dolce suon del destinato onore:
1.666né men fu lieta l'alma di Camillo,
1.667vedendo al suo figliuol sì degno albergo.
1.668Ma: Tempo è che si vada a l'altra sfera,
1.669disse quel angel glorïoso e santo;
1.670Sì che non guardar più quei sacerdoti
1.671né quei ch'han sparso per la patria il sangue,
1.672né i conditor de le ben poste leggi,
1.673né gli ottim'inventor de l'util arti.
1.674E detto questo, uscì di quel gran loco
1.675e s'avviò per gire al destro cerchio
1.676con Belisario e l'ombra di Camillo.
1.677Quel cerchio avea sei porte, onde s'intrava
1.678al contemplar de le future cose.
1.679La prima avea la Profezia per guardia,
1.680e la seconda il Sogno, e la Mania
1.681tenea la terza, e poi l'Astrologia:
1.682ma la Negromanzia regea la quinta,
1.683la sesta era in custodia de le Sorti.
1.684L'angelo Erminio poi menò i baroni
1.685per quella porta che guardava il Sogno;
1.686e come furon ne la destra sfera,
1.687trovaron l'aere nebuloso e bruno,
1.688simile a quel ch'al giunger de la notte
1.689si sparge in ciel con l'oscurata Luna.
1.690Però gli disse il messaggier divino:
1.691Capitanio gentil, volgi la vista
1.692e ben affisa gli occhi in quella gente
1.693che siede intorno ad una gran cittade
1.694e tenta mille modi per pigliarla;
1.695ma quel baron che è dentro la diffende,
1.696onde s'adopra ogni lor forza indarno,
1.697guarda se ti conosci esser colui
1.698che la diffende, e se conosci Roma
1.699e gli aspri Gotti che gli stanno intorno,
1.700più numerosi che non è l'arena
1.701ne' maritimi liti o i pesci in l'onde.
1.702Quivi daranti assai fatiche e danni;
1.703ma guarda un poco in là, che tu gli cacci
1.704con vituperio lor fin a Ravenna:
1.705mira poi che Ravenna ancor si rende,
1.706dopo quelle vittorie, a le tue mani,
1.707e meni il re prigion dentr'a Bisanzo
1.708con tanta preda e tanta gloria teco,
1.709quant'avesse uom giamai che fosse al mondo.
1.710Allora il capitanio alzò le mani
1.711e gli occhi al cielo, e suspirando disse:
1.712Quanto vi debbo, o Providenza eterna,
1.713ch'apparecchiate a le fatiche nostre
1.714questo sì caro e glorïoso pregio.
1.715Poi l'angel santo seguitò 'l suo dire:
1.716Mira color che restano al governo
1.717d'Italia dopo te, come son lenti
1.718a riparare a la surgente fiamma:
1.719onde i rimedi lor saranno indarno.
1.720Vedi Aldibaldo nuovo re de' Gotti
1.721romper Vitellio là presso a Trivigi;
1.722vedi poi Bello ch'Aldibaldo uccide
1.723per la moglie d'Urai, che gli fu tolta,
1.724ne la cui sede Ararico vien posto;
1.725ma poscia anch'egli è parimente ucciso:
1.726onde Totila ascende a quell'altezza.
1.727Mira ancor qui la presa di Verona
1.728dal valoroso Artabazo, e dapoi
1.729l'ignavia de i prefetti che la perde.
1.730Vedi poi come Totila combatte
1.731con quei romani là presso a Faenza,
1.732e tosto i rompe, e parimente ancora
1.733rompe a Fiorenza le romane squadre.
1.734Poi prende Benevento, e manda a terra
1.735le mura, e piglia i Calabri e i Lucani
1.736ed i Pugliesi con prestezza immensa.
1.737Vince Demetrio con l'armata in mare
1.738e poscia il prende, e col capestro al collo
1.739a le mura di Napoli il conduce:
1.740onde la terra misera si rende,
1.741ed ei le spiana le eminenti mura.
1.742Poi mette assedio a la città di Roma,
1.743onde l'imperador ti fa tornarvi
1.744con poca e poco valorosa gente,
1.745e senza alcun favor de la fortuna:
1.746che 'l Re del ciel sarà con lui sdegnato,
1.747ch'avendo avuta una vittoria tale
1.748qual tu gli dai, non riconosce averla
1.749da Dio, né da l'estreme tue fatiche,
1.750e non vi rende i meritati onori.
1.751E però non potrai donare aiuto
1.752a l'infelice assedïata Roma:
1.753onde con tradimento ella fia presa
1.754dal crudo re disposto di spianarla;
1.755e manda i muri primamente a terra,
1.756poi vuol distrugger gli edifici tutti:
1.757ma per lo scriver tuo gli lascia in piedi.
1.758Ben la fa vota d'uomini, onde resta
1.759quella città ch'ha dominato il mondo
1.760con le sue case desolate ed arse.
1.761Né solamente la città di Roma
1.762vedi per terra, ma l'Italia tutta
1.763veder potrai con le spianate mura
1.764de le città ch'a Totila si diero.
1.765Tu ben dapoi ti sforzi ancor munire
1.766l'onorata regina de le terre,
1.767e le fai ritornar la gente dentro;
1.768ma poi che con grand'arte l'hai munita,
1.769quel dispietato Totila ritorna
1.770con l'essercito suo per prenderl'anco:
1.771ma nulla fa, ch'ella è da te diffesa;
1.772onde senza profitto indi si parte
1.773con vergogna e con danno, e qui s'avvede
1.774ch'esser potrebbe alcuna volta vinto.
1.775Tu poi ti parti fuor d'Italia, e vai
1.776a guardar l'Asia dal furor de' Persi
1.777come t'impone il correttor del mondo
1.778per volontà de le superne rote;
1.779ma quando poi serai partito quindi,
1.780Totila piglierà l'afflitta Roma
1.781col nuovo tradimento de gl'Isauri,
1.782e manderà quei cittadini a morte.
1.783Vedi che prende Corsica e Sardegna
1.784e scorre la Sicilia, e fa gran prede:
1.785poi divien possessor d'Italia tutta,
1.786da poche terre infuor ch'avean gli Essarchi;
1.787onde l'imperador placando prima
1.788il Signor di là su, ch'era sdegnato,
1.789manda il prudente e callido Narsete
1.790contra questo crudel, con tanta gente
1.791che cuopre tutta la campagna d'arme:
1.792e quando giunto fia ne la Toscana,
1.793verralli il crudo Totila a l'incontro
1.794con tutto quanto il fior de' suoi soldati;
1.795ivi combatte, ivi fia rotto e vinto
1.796Totila, ed ivi ancor correndo in fuga
1.797vedi che Asbado Gepido il ferisce,
1.798onde ne muore, ed è sepulto a Capra:
1.799e vedi poi la feminetta Gotta
1.800che mostra il loco ove sotterra è posto.
1.801Ecco i romani che lo traggon fuori,
1.802e veduto che l'han, lo tornan sotto;
1.803vedi che 'l forte Teio a lui succede:
1.804vedi ch'ucciso è là presso al Vesevo
1.805mentre che piglia in braccio il terzo scudo,
1.806ch'avea cangiato il primo e poi il secondo
1.807in quella ferocissima battaglia
1.808perch'eran pieni di saette e lance.
1.809Quello è 'l suo capo che si porta intorno
1.810sopra quell'asta, e si dimostra a tutti;
1.811né però i Gotti lascian la battaglia
1.812per esser senza re, ma si combatte
1.813fin a l'oscuro tempo de la notte.
1.814Il dì seguente si combatte ancora
1.815infin al tardi, e poi si viene a patti:
1.816che i Gotti si contentan di lasciare
1.817tutta la Italia libera a i romani
1.818e passar l'alpi con le mogli loro,
1.819né mai per tempo alcun venirgli contra.
1.820Così con questi patti se n'andranno,
1.821e passeranno a l'isola di Tule:
1.822onde arà fin quella terribil guerra
1.823poi che durata fia presso a vent'anni.
1.824A quel parlare il capitanio eletto
1.825s'allegrò tutto, e sorridendo disse:
1.826Or avverrà quel che Procopio espose
1.827nel primo cominciar di quella impresa,
1.828quando mirando il grand'augurio disse
1.829che l'altro drago ancor rimarria morto
1.830per le man nostre, e fia l'Italia sciolta.
1.831Quel drago adunque è Totila, ch'ucciso
1.832sarà per la vittoria di Narsete,
1.833che riporrà l'Esperia in libertade.
1.834Così diceva il figlio di Camillo;
1.835onde l'eterno messaggier del cielo
1.836con la fronte assentilli, e poi seguette:
1.837Vedi che 'l gran Giustinïano arriva
1.838al fine, e satisface a la natura
1.839volando al ciel con le purpuree piume;
1.840vedi poi che succede al grande impero
1.841Giustino e la bellissima Sofia,
1.842e rivocan d'Italia il buon Narsete.
1.843Poi quella donna garula si vanta
1.844che lo farà filar tra le sue serve;
1.845ond'ei per sdegno ordisse un'aspra tela
1.846col fiero Albino re de' Longobardi:
1.847il qual, come Narsete a morte giunga,
1.848si piglierà l'Ausonia intorno al Pado;
1.849sì che l'ingratitudine ancor fia
1.850nuova cagion che Italia si ruini.
1.851Ah vizio intolerabil de le genti,
1.852vizio che mandi a terra ogni virtute
1.853e noci al mondo più d'ogni altro errore.
1.854Vedi poi come il scelerato Albino
1.855fa che Rosmonda sua consorte beva
1.856col vaso de la testa di suo padre
1.857che fia da lui ne la battaglia ucciso;
1.858onde la donna da giust'ira mossa
1.859uccide il fiero suo marito, e fugge
1.860con Almachilde poi dentr'a Ravenna.
1.861Vedi anco come dietro al bel Giustino
1.862siede Tiberio, e poi Maurizio e Foca;
1.863e d'indi il buon Eraclio, che sconfisce
1.864corrode ed arde Persia e ne riporta
1.865un gran trionfo con la croce avanti;
1.866la fiamma là che ne l'Arabia nasce
1.867e ch'arde l'Asia e l'Africa, e trappassa
1.868in mezzo Europa e fagli immensi danni,
1.869fia di Maumetto: il qual con nuova setta
1.870che Sergio gli darà farà adorarsi,
1.871e fia il flagel de la cristiana fede.
1.872Vedi la stirpe che d'Eraclio nasce
1.873governare ottant'anni il grande impero;
1.874mira Leonzo e Absimiro con gli altri
1.875eletti imperador de l'Orïente
1.876infino al tempo de la bella Irene.
1.877Quivi l'imperio occidentale ancora
1.878ritorna in piedi, e si riporta in Francia,
1.879coronandosi in Roma Carlo Magno
1.880da Leon Papa, quando arà difesa
1.881la chiesa e preso il re de' Longobardi
1.882ch'avean tenuto quasi Italia tutta
1.883in dura servitù cento e cent'anni.
1.884Vedi l'imperio d'Orïente poscia
1.885callare, infin che Balduino acquista
1.886la famosa città di Costantino:
1.887la qual il Paleologo poi ripiglia
1.888avendo ucciso il suo pupillo e tolto
1.889al successor de i Lascari l'impero,
1.890che poi starà ne l'onorata stirpe
1.891de i Paleologhi, d'uno in altro erede,
1.892fin che Maumetto gran signor de' Turchi
1.893prenda Costantinopoli, e ruini
1.894la casa Paleologa, perché ucciso
1.895fia Costantino in quel conflitto amaro;
1.896onde arà fin l'imperio d'Orïente.
1.897Come udì questo, il capitanio eccelso
1.898non poteo ritener le guanze asciute,
1.899ma fur d'amare lacrime coperte
1.900per la pietà del miserabil fine
1.901ch'aver dovea quel glorïoso impero.
1.902Poi seguitando l'angelo gli disse:
1.903I'imperio d'Occidente dopo Carlo
1.904arà tre Lodovici con dui Carli,
1.905un Lotario, un Arnolfo; e poi si parte
1.906di Francia, e vien condotto in Alemagna
1.907e dassi ad Oto duca di Sassogna,
1.908a cui succede il second'Oto e 'l terzo.
1.909Questi ritornerà Gregorio Papa
1.910in sede, onde elettori al grande impero
1.911dapoi faransi principi germani.
1.912Tre saran sacri: il primo fia Cologna,
1.913Treveri l'altro e 'l Maguntino è 'l terzo;
1.914e tre soluti: il duca di Sassogna,
1.915il conte Palatino e 'l Brandemburgo;
1.916ma, se fosser discordi, e tre per parte,
1.917allora il re che la Boemia regge
1.918sarà fatto elettore, e potrà dare
1.919a qual parte vorrà vittoria certa.
1.920Ad Oto terzo siegue Arrigo primo
1.921e poi Corrado, e po' il secondo Arrigo;
1.922poi viene il terzo, sì ne l'arme fiero
1.923che combatteo sessantadue battaglie:
1.924a cui seguita il quarto, e poi Lotario
1.925e Currado secondo e Federico
1.926che da la rossa barba ebbe il cognome,
1.927principe eletto e di virtù suprema.
1.928Dietro a lui siede Arrigo, e poi Filippo
1.929ed Oto quarto, a cui siegue il secondo
1.930Federico gentil pien d'ogni loda,
1.931simile a l'avo di prudenzia e d'arme,
1.932ma più fautor d'Italia e de le Muse.
1.933Poi vien la casa d'Austria al grande impero,
1.934la casa d'Austria, veramente capo
1.935de l'altre case che mai furo al mondo:
1.936madre di tanti imperadori e duchi
1.937e re, d'ogni gentil virtute adorni.
1.938Il primo d'essa ch'a l'imperio ascenda
1.939sarà il conte Rodolfo, che combatte
1.940con Ottachiero, e vincelo e l'uccide;
1.941poi vince il falso Federico e l'arde.
1.942Dietro a costui ne l'altro imperio siede
1.943Alberto suo figliuol, che rompe e vince
1.944Adolfo d'Esia, e fallo andare a morte.
1.945Vien poscia Arrigo, quel da Lucimborgo,
1.946e Ludovico di Baviera e Carlo
1.947e Vincilao, Ruberto e Sigismondo,
1.948tutti de i Lucimborghi; e dopo questi
1.949l'imperio torna a la gran casa d'Austria:
1.950e starà in essa ancor di grado in grado
1.951fin che trappasserà questo milesmo
1.952nel quale il sommo Imperador del cielo
1.953vuol ch'io ti mostri le future cose.
1.954Ma quanto durerà dopo mill'anni
1.955l'imperio in Austria, mi convien tacere
1.956per non passare il deputato segno
1.957da questo dì fin al milesimo anno.
1.958Vedi là dietro a Sigismondo altero
1.959Alberto d'Austria ch'a l'imperio ascende,
1.960erede universal de i Lucimborghi.
1.961Dopo costui vien Federico il terzo,
1.962principe giusto ed amator di pace,
1.963ch'anni cinquantaquattro arà il governo
1.964de l'imperio di Roma: a la qual meta
1.965null'altro aggiunse imperador del mondo.
1.966Meravigliossi Belisario il grande
1.967quando l'angel dicea ch'a quella meta
1.968null'altro aggiunse imperador del mondo:
1.969perciò che aver solea per cosa ferma
1.970ch'anni cinquantasei regnasse Augusto.
1.971Ma quel celeste messaggier, che vide
1.972come foglia che è chiusa in lucid'ambra
1.973il dubbioso pensier di quel barone,
1.974a lui si volse, e sorridendo disse:
1.975Valoroso signor che illustri il mondo,
1.976sappi che Ottavio e Marcantonio, poi
1.977che fu 'l ventoso Lepido deposto,
1.978signoreggiar più di dieci anni insieme;
1.979ma come Ottavio vinse il suo collega
1.980in Azio, ch'or la Prevesa si chiama,
1.981allor fu solo imperador di Roma,
1.982allor fu Augusto, allora il mondo resse
1.983quattr'anni o poco men sopra quaranta:
1.984sì che non t'admirar di quel ch'io dissi.
1.985Vedi poi dietro a Federico terzo
1.986quel Massimilïan che è suo figliuolo:
1.987questi sarà sì valoroso in guerra,
1.988sì liberale e sì benigno in pace,
1.989che le delizie fia di quella etade.
1.990Guarda il nepote di costui, ch'arriva
1.991al grande impero anz'il milesim'anno
1.992che m'ha prefisso a dimostrarti il cielo:
1.993questo fia Carlo figlio di Filippo,
1.994mandato a voi da la divina Altezza
1.995per adornare e rassettare il mondo.
1.996Costui farà col suo valore immenso
1.997ritornare a l'Italia il secol d'oro:
1.998né solo andrà da i Garamanti a gl'Indi
1.999e dal gran Nilo al fiume de la Tana
1.1000soggiugando a l'imperio ogni paese;
1.1001ma ancor trappasserà con grande armata
1.1002di là da l'equinozio a l'altro polo,
1.1003e piglierà più terra assai che questa
1.1004di qua, che 'n tre gran parti fu divisa:
1.1005Quindi riporterà tant'oro e gemme,
1.1006ch'adorneran tutti e' paesi vostri.
1.1007Al muover di costui, tremar vedrassi
1.1008la Gallia e spaventarsi il re de' Turchi
1.1009e l'Africa adorare il suo vessillo;
1.1010ma non ti vuo' più dir, che i suoi gran fatti
1.1011trappasseriano in quell'altro milesmo
1.1012che 'l Motor de là su vuol ch'io ti celi.
1.1013Ma vuo' lasciare i capitani e i regi
1.1014e i pontifici summi, in cui vedresti
1.1015Nicola quinto e 'l decimo Leone
1.1016sì veri amici a i studi ed a gl'ingegni,
1.1017che de i lor frutti allegrerassi 'l mondo.
1.1018Dunque lasciam tutti costor da canto,
1.1019che saria lungo il nominare ognuno,
1.1020e voltiam gli occhi al monte de le Muse.
1.1021Vedi quel che è là su presso a la cima;
1.1022colui fia Dante, mastro de la lingua
1.1023ch'allor l'Italia nomerà materna:
1.1024questi dipingerà con le sue rime
1.1025divinamente tutta quella etade.
1.1026L'altro che siegue lui sarà il Petrarca,
1.1027che con bel stile e con parole dolci
1.1028descriverà quegli amorosi affetti
1.1029che desta amor ne gli animi gentili,
1.1030vincendo ogni altro che giamai ne scrisse.
1.1031Il terzo fia il Boccaccio, le cui prose
1.1032saranno ingombre di pensier lascivi.
1.1033Risguarda un poco gli inventor de l'arti:
1.1034lustra con gli occhi e mira quei tedeschi
1.1035ch'han ritrovato l'arte de la stampa
1.1036in Argentina, là vicina al Reno;
1.1037per cui si scriverà tanto in un giorno
1.1038quanto altrimente si faria in un anno.
1.1039Ma guarda ancor più là, verso coloro
1.1040che prendon nitro con carbone e solfo
1.1041e ne fan polve, e pongonla in quel ferro
1.1042cavato, e poscia una pallota sopra,
1.1043e dangli fuoco, e fan tanto rimbombo
1.1044che si vede il terren tremarli intorno.
1.1045Questi son quei che truovan la bombarda,
1.1046la qual divisa in colubrine e sacri
1.1047e canoni e schiopetti ed archibusi
1.1048farà tal danno a i muri ed a le genti,
1.1049che non si potrà farvi alcun riparo
1.1050più che si facia a i fulguri del cielo.
1.1051A questo Belisario alzò la fronte,
1.1052e risguardando assai quel nuovo ingegno
1.1053desiderava di portarlo seco
1.1054giù ne la vita, a dibellare i Gotti:
1.1055di che s'avvide il messaggier del cielo,
1.1056e disse a lui queste parole tali:
1.1057Capitanio gentil, volgi la mente
1.1058ad altro, perché Dio non ha permesso
1.1059ancora al mondo quel flagello orrendo:
1.1060che, se indugiasse a darlo ben mill'anni
1.1061e mille e mille, fia troppo per tempo.
1.1062Mira quella città che 'n mezzo l'acque
1.1063surge tra 'l Sile e l'Adige e la Brenta;
1.1064quella è Venezia, gloria del terreno
1.1065italico e rifugio de le genti
1.1066da la scevizia barbara percosse:
1.1067questa regina fia di tutto 'l mare,
1.1068specchio di libertà, madre di fede,
1.1069albergo di giustizia e di quïete:
1.1070le cui virtù sempre saranno eccelse
1.1071ed ampie in ogni sua futura etade,
1.1072ma più sotto l'imperio del buon Griti,
1.1073che ponerà la vita in abbandono
1.1074e la diffenderà da tutta Europa
1.1075che fiali a torto congiurata contra;
1.1076e come poi sarà nel gran governo
1.1077che quell'ampia città chiamerà duce,
1.1078la tenirà sicura in tant'altezza,
1.1079che tutti quanti i principi del mondo
1.1080a pruova cercheran d'esserli amici.
1.1081Ma s'io volesse correr le sue lodi,
1.1082mi mancheriano le parole e 'l tempo:
1.1083ché forse non fu mai sopra la terra
1.1084nessun ch'avesse in sè tante virtuti.
1.1085Or sarà ben, dapoi ch'io t'ho mostrato
1.1086ciò ch'è piaciuto a la bontà divina,
1.1087ch'io ti rimandi al tuo munito vallo:
1.1088e costui vada a la sua sede eterna.
1.1089Così gli disse l'angelo, e toccollo
1.1090poi con la verga ch'ei teneva in mano;
1.1091onde l'assalse fieramente il sonno,
1.1092e gli fece lasciar quella licenza
1.1093che volea tor da l'ombra di suo padre.
1.1094Quindi l'angelo il prese, e riportollo
1.1095addormentato sopra il bel pratello
1.1096ed appoggiollo ad un di quelli allori,
1.1097e lieto se n'andò volando al cielo:
1.1098ma quel baron cadeo subito a l'erba
1.1099e tutte l'armi gli sonaro intorno,
1.1100tal che destossi e sollevossi in piedi.
1.1101Poi ratto a quel rumore uscì di cella
1.1102con dolce aspetto il venerando vecchio:
1.1103onde il gran Belisario ingenocchiossi
1.1104'nanzi a i suoi piedi, e benedir si fece;
1.1105e poi tornossi con Traiano al vallo.
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