about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Il vicimperador de l'occidente
1.2avea cangiato sette volte il vallo
1.3e sette volte ancor l'avea munito
1.4con minor fossi e con minor ripari;
1.5e poi lasciando Taranto, Altamura,
1.6Canosa, Ascoli forte e la Tripalda,
1.7che non aveano alcun presidio dentro,
1.8l'ottavo giorno a Napoli pervenne:
1.9e quivi s'alloggiò da quella parte
1.10ond'il Sebeto va correndo al mare,
1.11e munì il vallo suo con maggior cura
1.12che fatto non avea quei giorni avanti.
1.13Il che come fu noto a quei signori
1.14che stavano al governo de la terra,
1.15ebber gran doglia, e di comun parere
1.16mandaron fuori Stefano Catoldo,
1.17uom di gran senno e di valore immenso:
1.18il qual sen venne avanti al capitano,
1.19e la sua bocca in tai parole aperse:
1.20Illustre capitan che sì gran stuolo
1.21condotto avete intorno a queste mura
1.22per oppugnarle e tuorci la cittade;
1.23veramente ci par che abbiate torto
1.24a farci danno alcun, perciò che mai
1.25da noi non riceveste alcuna offesa.
1.26Poi dentro avemo il gran pressidio Gotto,
1.27ch'ha il fren in mano e la custodia insieme
1.28de la cittade: onde non ci è permesso
1.29dar questa terra a voi contra lor voglia.
1.30Eglino ancor, quando sen venner quivi
1.31per custodirla, dietro a sè lasciaro
1.32ne le man del suo re le care mogli,
1.33la robba, i figli: onde non posson darvi
1.34questa città senza tradir se stessi.
1.35Ma s'a dir lice apertamente il vero,
1.36i' vi dirò, signor, quel ch'a me pare.
1.37Il venir contra noi con tanta gente
1.38non fu salubre ed ottimo consiglio:
1.39ché devevate andar di lungo a Roma,
1.40e presa quella, areste avuta ancora
1.41la terra nostra senza alcun divieto;
1.42ma se repulsi voi sarete quindi,
1.43non vi crediate Napoli esser vostro,
1.44che con gran forza fia da noi difeso.
1.45E però il poner qui l'assedio intorno
1.46altro non è che un discipare il tempo.
1.47Così diss'egli, e Belisario il grande
1.48con dolce aspetto a lui così rispose:
1.49Se 'l venir qui con tanta gente a campo
1.50è stato buono o pessimo consiglio,
1.51non vuo' riporlo nel giudizio vostro:
1.52ché l'util mio co i miei pensier misuro,
1.53e non con quei de gli adversari nostri.
1.54Ma voi devete ciò che noi volemo
1.55ben ruminare, e prender quella parte
1.56che fia salubre al vostr'almo paese:
1.57perché noi siam venuti a liberarlo
1.58da la superba servitù de' Gotti,
1.59e tor l'Italia fuor de le lor mani.
1.60Ma se voi bramerete il vostro male,
1.61e per far strada a la ruina vostra
1.62ci vorrete venir con l'arme contra,
1.63ne sarà forza di trattarvi tutti
1.64senza rispetto da mortai nimici.
1.65Color che son da servitute oppressi
1.66ed a combatter van per liberarsi
1.67dal duro giogo che gli è posto al collo,
1.68non possono aver poi se non diletto:
1.69perché vincendo liberati sono
1.70da la lor servitute, e se son vinti
1.71hanno questo contento, ch'han seguito
1.72contra lor voglia la peggior fortuna.
1.73Ma quei che posson tòr la libertade
1.74ed a combatter van per far più fermi
1.75i duri nodi che gli sono intorno,
1.76non possono acquistar se non dolore:
1.77perché vincendo restano ancor servi,
1.78ch'è il maggior mal ch'abbia il comercio umano;
1.79e poi perdendo si ritruovan carchi
1.80de le calamità che acquista il vinto.
1.81Sì che pensate ciò che far volete;
1.82e se vi piace darci la cittade,
1.83io v'offerisco quell'istesso accordo
1.84e quella libertà che fu donata
1.85a la Sicilia, onde s'allegra tanto:
1.86ed anco a i Gotti m'offerisco dare
1.87perpetuo soldo, e se non voglion questo
1.88mandarli salvi ne le lor cittadi.
1.89Così gli disse Belisario il grande;
1.90onde con tal risposta il buon Catoldo
1.91tosto si ritornò dentr'a le mura,
1.92e fece quella manifesta a tutti:
1.93e tutti finalmente l'accettaro.
1.94Dapoi fu posta prestamente in carte
1.95quell'ampia libertà, quei patti onesti
1.96che disïava Napoli gentile
1.97di conseguir dal correttor del mondo;
1.98e furon dati a Stefano Catoldo
1.99per farli sottoscriver di sua mano
1.100al vicimperador de l'occidente:
1.101ond'ei si dipartì senza dimora,
1.102e menò seco il vescovo Ricardo
1.103col piuviale in dosso e con la mitra
1.104gemmata in testa e col messale in mano,
1.105per far giurar sovr'esso ogni promessa.
1.106Ma giunti ne la piazza de i tribuni
1.107smontaro in terra giù de i lor destrieri,
1.108e Belisario se gli fece incontro,
1.109avendo seco il buon conte d'Isaura,
1.110e molto allegramente gli raccolse;
1.111onde Catoldo a lui parlando disse:
1.112Signore, ho detta la dimanda vostra
1.113a la nostra città, ch'allegramente
1.114l'accetta, e vi torrà dentr'a le mura;
1.115ma prima ha scritto sopra questa carta
1.116tutta la libertà, tutti quei patti
1.117ch'aver disia dal correttor del mondo:
1.118ed arà caro che di vostra mano
1.119vi piaccia sottoscriverli e giurarli.
1.120Così disse Catoldo, e poscia diede
1.121la carta in mano al capitanio eccelso;
1.122ed ei la lesse, e tolse poi la penna
1.123e di sua propria man la sottoscrisse.
1.124E dopo questo fé portar del vino
1.125söave e dolce in una tazza d'oro,
1.126e libò prima quel con le sue labbra,
1.127e poi la diede a Stefano ed a gli altri;
1.128d'indi pose la man sopra il messale
1.129che gli avea porto il vescovo davante
1.130e disse verso 'l ciel queste parole:
1.131O suprema Cagion d'ogni cagione,
1.132e tu che 'l tutto vedi e 'l tutto ascolti,
1.133occhio del cielo, e voi fontane e fiumi,
1.134sarete testimoni a questi patti:
1.135che la città di Napoli promette
1.136darsi a l'imperadore e a' suoi ministri,
1.137ed io prometto lor da l'altra parte
1.138franchigia e libertà, né volemo altro
1.139che aver le porte e la famosa rocca.
1.140Giurato ch'ebbe il capitanio eletto
1.141da l'una parte, poi da l'altra ancora
1.142Catoldo e quei di Napoli giuraro;
1.143ond'alcun di color ch'eran presenti
1.144disse: O Motore eterno de le stelle,
1.145deh fa che quei che romperanno prima
1.146queste promesse sian distrutti e morti,
1.147e giacciano insepulti su la terra;
1.148e le lor case e lor famiglie e donne
1.149sian date in preda tutte a i lor nimici.
1.150Così diceano; e 'l capitanio poi
1.151chiamò Costanzo e 'l buon conte d'Isaura,
1.152e disse lor queste parole tali:
1.153Signori, e' sarà ben che andiate insieme
1.154con questi ambasciadori entr'a la terra
1.155a prendere il possesso de la rocca,
1.156e far giurar la fedeltade a tutti.
1.157Andate tosto, e non perdete tempo,
1.158ché sempremai ne l'opre de la guerra
1.159più la prestezza val che la virtute.
1.160Così diss'egli, e quei signori allegri
1.161s'apparecchiaron tosto ad ubidirlo.
1.162Ma mentre si facean questi negozi,
1.163il Re del ciel, che nel sublime Olimpo
1.164se ne sedea tra le sustanze eterne,
1.165tentar volendo il buon Sofronio, disse:
1.166Sofronio, che ti par di questi patti?
1.167Napoli sarà pur, come tu vedi,
1.168libera e franca, e senza alcun oltraggio.
1.169A cui rispose l'angelo in tal modo:
1.170O Padre eterno, adunque voi volete
1.171che la città di Napoli si resti
1.172ne le delizie sue tutta summersa?
1.173Saria pur buon che gli angeli nocivi
1.174inducessero in lei qualche ruina
1.175che di tante delizie la disgombre:
1.176perciò che sempre le delizie sono
1.177il seme e la cagion d'assai delitti.
1.178Non fate, Signor mio, che le fatiche
1.179tante ch'i' ho prese per sanar quei spirti
1.180sian state vane, over gettate al vento.
1.181Onde soggiunse il gran Motor del cielo:
1.182Io son disposto far ciò che ti piace,
1.183ché molto mi son cari i tuoi costumi.
1.184Dapoi chiamò l'angel Latonio, e disse:
1.185Or va, Latonio, a la città superba
1.186che siede sopra il mar presso al Vesevo,
1.187e fa ch'ella sia prima a fare oltraggio
1.188a i buon romani, e non servar la fede,
1.189acciò che tutto 'l ciel le sia nimico,
1.190e del pregiurio suo riporti pena.
1.191Questo diss'egli, e l'angelo discese
1.192in quell'alta città come un baleno
1.193che 'l bello aere seren fende e le nubi;
1.194e presa poi l'effigie di Sincero,
1.195uom di gran senno e di costumi eletti,
1.196se n'andò ratto a ritrovar Pastore.
1.197Questo Pastore era uom molto eloquente
1.198ed atto a persuader ciò ch'e' voleva,
1.199e molto favorìa la gente Gotta;
1.200onde Latonio a lui parlando disse:
1.201Gentil dottore, onor de l'età nostra,
1.202come puoi tu patir che questa terra
1.203sia tolta a i Gotti, e prenda altro signore?
1.204Il che tosto sarà, se non si sturba
1.205l'incominciato accordo. Adunque ratto
1.206entra nel mezzo a l'adunata plebe
1.207ch'attende la tornata di Catoldo;
1.208e con la dotta ed eloquente lingua
1.209dille quelle ragion che 'l ciel ti porge,
1.210che la farai seguire il tuo volere:
1.211e tanto acquisterai l'amor de i Gotti
1.212e la grazia del popolo, che sempre
1.213Partenope t'arà come signore.
1.214Così disse Latonio, e quel leggiero
1.215gli porse orecchie e fece il suo consiglio;
1.216ed entrò in mezzo l'adunata gente
1.217avendo il fido Asclepiodoro acanto,
1.218e la sua bocca in tai parole aperse:
1.219Io vedo, generosi miei fratelli,
1.220che voi vi preparate a dar la terra
1.221a Belisario, ed ingannar voi stessi:
1.222e ciò v'induce a far ch'ei v'ha promesso
1.223di mantenervi sempre in libertade.
1.224Ma se prometter vi potesse ancora
1.225d'aver vittoria certa contra i Gotti,
1.226io già non vi direi che nol faccessi,
1.227che 'l non far cosa grata a quei che sono
1.228per dominarci è una sciocchezza espressa.
1.229Ma se 'l fin de le guerre è sempre incerto
1.230e non si truova alcun sopra la terra
1.231che conosca il voler de la fortuna,
1.232considerate a che periglio estremo
1.233questo tal mutamento vi conduce:
1.234ché se saranno vincitori i Gotti
1.235vi tratteranno poi come nimici,
1.236perché senza vedere un'arma ignuda
1.237di propria volontà vi siete resi;
1.238e se per caso Belisario vince
1.239sempre vi guarderà come suspetti:
1.240ché 'l tradimento al vincitor diletta,
1.241ma poscia il traditor non gli è giocondo,
1.242né s'assicura mai de la sua fede.
1.243Ma se la terra serberemo a i Gotti
1.244tolerando per essi ogni periglio,
1.245quando aran vinto i lor nimici in guerra
1.246ci faran molto bene, e ci aran cari,
1.247come divoti sudditi e fedeli;
1.248e se pur Belisario ancor vincesse
1.249agevolmente ci darà perdono,
1.250ché l'amor che si porta al suo signore
1.251non si dee mai punir da quel che vince.
1.252Oltre di questo, a che paura tanta
1.253avete d'aspettar l'assedio intorno?
1.254La terra è forte, e vettovaglia ha dentro;
1.255e voi possete star ne' vostri alberghi
1.256e lasciar gire i Gotti in su le mura,
1.257che diffenderan con molto ardire.
1.258Pensate ancor, se Belisario avesse
1.259speme d'aver questa città per forza,
1.260che fatto non v'aria sì larghi patti;
1.261e se sperasse vincere in battaglia
1.262il re de' Gotti, andrebbe a ritrovarlo
1.263a la campagna, e non starebbe intorno
1.264a le cittadi a consumare il tempo:
1.265ché vinto il re guadagnarebbe il stato,
1.266e le terre averia senza contrasto.
1.267E poi, se noi si teneremo alquanto,
1.268essi per forza converranno andarsi:
1.269onde staremo con vittoria e laude.
1.270Così parlò Pastore, e 'l popol tutto
1.271già cominciava aver nuovi pensieri.
1.272E come soglion far l'onde marine
1.273dal suspirar di Zefiro commosse,
1.274che lentamente si diffondon prima
1.275nel mar, che sotto lor tutto s'annera:
1.276da poi sopravenendo ancor Lebecchio
1.277s'ergono mormorando, e intorno a i scogli
1.278comincian vomitar la schiuma e l'alga;
1.279tal fece allor quella commossa gente,
1.280che parlò prima pianamente insieme
1.281di ritener la signoria de' Gotti:
1.282ma poscia andando il gran Latonio intorno
1.283con l'onorata forma di Sincero
1.284pregando or questo ed essortando or quello
1.285a discostarsi in tutto da i romani:
1.286fece che ognun correa con l'arme in dosso
1.287verso la porta che scendea nel campo
1.288per non lasciar che alcun venisse dentro:
1.289ma già s'approssimava il fier Costanzo
1.290e 'l savio Paulo e Stefano e Ricardo
1.291co i nuovi patti e co 'l giurato accordo.
1.292Da l'altro lato poi su la gran porta
1.293de la città, che si chiudea con fretta,
1.294Asclepiodoro era dinanzi a tutti
1.295coperto d'arme, e con una asta in mano
1.296parea superbo minaciare al mondo.
1.297Come vide costor vicini al ponte,
1.298disse cridando: Non venite avanti,
1.299che non vi volem dar la terra nostra.
1.300E detto questo, lasciò gir quell'asta
1.301verso Costanzo, e non lo poté accorre,
1.302ch'apena lo toccò nel braccio manco:
1.303ben poscia accolse il vescovo Ricardo,
1.304che gli era appresso, e gli traffisse il petto;
1.305onde cadette in terra, e le sue membra
1.306dormiro un lungo e dispietato sonno.
1.307Allor Costanzo ritirossi indietro
1.308con tutti gli altri, e poi così gli disse:
1.309Ah scelerato can, s'io son ferito
1.310non son già morto, e ne farò vendetta;
1.311e faranne anco Iddio, ché avete ucciso
1.312il sacerdote suo, ch'a noi mandaste:
1.313e non mi partirò da questo assedio
1.314ché la vostra città daremo in preda
1.315a i nostri validissimi guerrieri;
1.316e quel ribaldo che lanciò quell'asta
1.317vedrò diviso in più di mille parti.
1.318Questo diss'egli, e ritornossi al campo
1.319con Paulo e gli altri che venian con lui,
1.320accesi il petto di disdegno e d'ira.
1.321Quindi n'andaro al capitanio eletto,
1.322e raccontaro a lui tutto 'l disturbo
1.323ch'erali occorso in quell'ampia cittade,
1.324di che ne prese un dispiacere immenso;
1.325e poi fece chiamar senza dimora
1.326al solito consiglio ogni barone,
1.327che tosto s'adunaro, ed ei gli disse:
1.328Prudenti, valorosi, almi signori,
1.329poi che fallita c'è tanta ventura
1.330d'aver questa città senza periglio,
1.331buono è tentar che la pigliam per forza:
1.332e forse noi l'arem, perciò che è giunto
1.333in questa notte il principe Aldigieri,
1.334che la terrà da mar rinchiusa e stretta;
1.335e molto tempo mai non può tenersi
1.336città ch'abbia la terra e 'l mar rinchiuso.
1.337Noi poneremo ancor per ogni porta
1.338un capitanio con feroci genti,
1.339ch'intrar non vi potrà pur un ucello;
1.340e poi darenle acerrime battaglie,
1.341né lascierenla prender mai riposo.
1.342Ancor farò tagliar quell'acquedutto
1.343che portavi entro la fredissim'acqua,
1.344tal che di quella aran molto bisogno;
1.345onde ho speranza che fra poco tempo,
1.346parte dal ferro e parte da la fame
1.347ed altre sue necessità costretta,
1.348le converrà pigliar le nostre leggi.
1.349Così diss'egli, e poi Bessan rispose:
1.350Illustre capitan mastro di guerra,
1.351se ben non spero che per forza d'arme
1.352possiamo aver questa città munita,
1.353né per assedio ancor, se non vi stiamo
1.354con gran disconcio lungo tempo intorno,
1.355pur lodo d'ambedue farne la pruova:
1.356perché ciò che si tenta aver si puote,
1.357e non si piglia ciò che s'abbandona.
1.358Questa fu la risposta di Bessano;
1.359e dopo quella il capitanio eccelso
1.360lasciò il consiglio, e tutto il suo pensiero
1.361volse a pigliar quella città per forza.
1.362L'angel Palladio dopo il terzo giorno
1.363apparve in sogno al sir dell'Ellenoponto
1.364sotto la forma d'Albio suo cugino,
1.365e disse lui queste parole tali:
1.366Paucaro, se tu vòi ch'eternamente
1.367resti il tuo nome e la tua gloria al mondo,
1.368entra ne l'acquedutto, il qual portava
1.369l'acqua a la terra pria che fosse guasto,
1.370e nota bene il sasso e 'l suo pertugio;
1.371poi dillo al capitanio de le genti,
1.372che quindi prenderà questa cittade:
1.373e tu sarai di ciò sempre lodato.
1.374Così gli disse il messaggier del cielo,
1.375e poi sparì come se fosse un'ombra.
1.376Il cavalier di subito levossi,
1.377et andò ratto a ritrovare il foro
1.378de l'acquedutto dirrupato e guasto
1.379che gli avea detto quel celeste messo;
1.380poi v'entrò dentro, e vide la gran pietra:
1.381e misurato ben tutto 'l pertugio
1.382sen venne ratto a Belisario il grande,
1.383e lieto gli narrò ciò che avea visto.
1.384Belisario l'udì con gran diletto,
1.385perché conobbe ben che quel forame
1.386gli daria presa la città per forza;
1.387e poscia disse a lui queste parole:
1.388Gentil signor che per virtù del cielo
1.389porgete sì gran lume a questa impresa,
1.390non lascierò che voi per sì bell'opra
1.391restiate senza il meritato onore:
1.392perché l'onor nutrisce le virtuti.
1.393Or voglio darvi alcune lime sorde,
1.394onde allargar possiate quella bucca
1.395tanto, che un uomo armato a scudo e lancia
1.396agevolmente vi potesse entrare;
1.397e fatto questo, narrerovvi il tutto
1.398che arete a far ne la futura impresa.
1.399Così gli disse Belisario il grande,
1.400e Paucaro pigliò quelli instrumenti
1.401e ritornò nel consüeto albergo.
1.402Dapoi la notte intrò nel gran pertugio
1.403ed essequì ciò che doveva farvi,
1.404e riferillo al capitanio eletto:
1.405il qual tenendo omai sicura e certa
1.406la presa di Partenope, gli increbbe
1.407veder andar sì bella terra a sacco;
1.408onde fece chiamar per un trombetta
1.409fuor de le mura Stefano Catoldo,
1.410ed in tal modo a lui parlando disse:
1.411Stefano mio, più volte aggio veduto
1.412ispugnar terre e prenderle per forza,
1.413e so ciò che suol farsi in simil casi:
1.414perché i soldati, senza aver rispetto
1.415alcuno a donne, a fanciullini o a vecchi,
1.416fanno ogni cosa andare a fil di spada,
1.417ed arden poi le desolate case;
1.418né si posson frenar da i capitani.
1.419Però conoscend'io che questi mali
1.420in brieve tempo a Napoli saranno,
1.421molto m'incresce de la sua ruina:
1.422Napoli è pur fratel del mio terreno
1.423nativo, e siegue pur la nostra fede,
1.424onde vorrei ch'e' si svegliasse omai,
1.425e conoscesse omai la sua salute.
1.426Vedete quante machine e tormenti
1.427qui sono, e quanta bella gente armata
1.428che non si partiran da queste mura,
1.429che piglieranle, e manderanle a terra:
1.430poi poneranno la cittade a sacco,
1.431a ferro, a foco ed a ruina e a sangue.
1.432Adunque provedete a tanti mali,
1.433mentre possete, e dateci la terra:
1.434ché vi conserverem come fratelli.
1.435Così diss'egli, e Stefano tornossi
1.436dentr'a le mura, e spose al popol tutto
1.437quella ambasciata con suspiri e pianti,
1.438ma nulla fece: per ch'avean sì chiuse
1.439l'orecchie e 'l cuor dal lor destino acerbo,
1.440che non poteano udir la lor salute;
1.441onde non gli rendero altra risposta.
1.442Come fu nota al capitanio eccelso
1.443tanta lor pertinacia, ebbe gran doglia:
1.444poscia aspettò che tramontassi il sole,
1.445e come giunse il terzo de la notte
1.446comesse ad Aquilino ed a Traiano,
1.447a Magno, ad Ennio, a Paucaro e Lucillo
1.448ch'andasser con mill'altri cavalieri
1.449per quella bucca dentro a la cittade:
1.450e come fusser arrivati quivi,
1.451toccar faccessen la sonora tromba,
1.452che verria dentro il campo de i romani.
1.453Così comesse il capitanio, ed essi
1.454non udir già quelle parole indarno;
1.455ma seguitando Paucaro n'andaro
1.456per l'acquedutto dentr'a l'alte mura.
1.457Poi, come furo al fin di quella cava,
1.458videro il cielo, e ritrovorsi a punto
1.459essere in mezzo la città nimica;
1.460onde Aquillino disse al buon Traiano:
1.461Traian, come faremo a uscirsi quinci,
1.462che le spalle del muro son tropp'alte
1.463ed evvi sopra un edificio grande?
1.464Traian gli disse: Aspetta, io vuo' tentare
1.465d'andarvi. E messe giù l'armi di dosso;
1.466poscia aggrappossi con le mani e i piedi,
1.467e tanto fece, che salì di sopra.
1.468Quivi trovossi un dirrupato albergo,
1.469ove abitava una vecchietta sola:
1.470questa volse cridar, come lo vide,
1.471ma quel baron di subito la prese,
1.472e messe mano al suo brando affilato
1.473minacciando di darle, ond'ella tacque.
1.474Poi fece darsi a quei ch'eran di sotto
1.475ne l'acquedutto una possente fune
1.476ch'avean recata seco in quel forame;
1.477ed attacolla al tronco d'una oliva,
1.478onde saliron tutti ad uno ad uno
1.479fuor de la cava, che parean formiche
1.480che vadan su per un bel tronco enode
1.481di verde pianta, con proposto fermo
1.482di porre in preda i suoi maturi frutti.
1.483Ma come fur saliti in quella casa
1.484si dipartiro, e se n'andaro insieme
1.485con passi lunghi sopra l'alte mura.
1.486Quivi amazzaro Arnesto e Polifago,
1.487che stavano per guardia in quella parte.
1.488Arnesto, come udì venir costoro,
1.489credeo che fosser qualche suoi compagni,
1.490e disse ad Aquilin, ch'era il primiero:
1.491Hai tu sentito, frate, che Bessano
1.492ci promette buon soldo, se volemo
1.493seguir l'imperio e abbandonar noi stessi?
1.494E mentre il suo parlar verso Aquilino
1.495drizzava, Aquilin tacque, e per risposta
1.496lo ferì ne la gola: onde in un tempo
1.497conobbe i suoi nimici e la sua morte.
1.498Ma Polifago sonnacchioso e stanco
1.499morì, ché Magno gli tagliò la testa:
1.500poi ruïnaron giù di quelle mura.
1.501Come dui faggi sopra un erto monte
1.502tagliati dal boschier per farne borre
1.503che cadden giù ne la profonda valle
1.504donde si possan poi condurre a l'acqua
1.505e fan d'intorno risonar le selve;
1.506così quei Gotti se n'andaro a terra:
1.507e feccion nel cader tanto rimbombo,
1.508che tutte l'altre guardie si destaro.
1.509Aquilin fece allor sonar la tromba
1.510e dare il segno a Belisario il grande,
1.511che stava sul destrier fuor de la terra
1.512ed avea seco il resto de la gente:
1.513e facea che Bessan parlava a i Gotti
1.514promettendoli soldo, per tenerli
1.515a bada, acciò che se per sorte fosse
1.516fatto strepito alcun dentr'al gran foro,
1.517che quella guardia nol potesse udire.
1.518Come fu noto il segno de la tromba
1.519al sommo capitan che l'aspettava,
1.520si volse, e disse verso la sua gente:
1.521Poniam le scale tosto a la muraglia,
1.522ché 'l tempo è giunto d'acquistarsi onore
1.523e da pigliar questa città per forza:
1.524perché Aquilino e molti altri baroni
1.525vi sono entrati con ingegno dentro,
1.526e chiedenci sonando alcun soccorso.
1.527Salite adunque su con molto ardire,
1.528ch'io vuo' donare a quel che sarà il primo
1.529a gir sopra le mura un bel corsiero,
1.530oltra la consüeta sua corona;
1.531ed al secondo un'armatura fina
1.532fregiata intorno di lamette d'oro:
1.533al terzo poi sarà donato un scudo.
1.534Ancora acquisteran molta richezza,
1.535perché averan quella cittade a sacco;
1.536e nel divider l'onorata preda
1.537saran sì ben riconosciuti i primi,
1.538ch'assai si loderan del lor vantaggio.
1.539Così diss'egli, e poi con gran prestezza
1.540tutte le scale s'accostaro a i muri:
1.541ma quelle si trovaro esser sì corte,
1.542che poco poco trapassaro il mezzo
1.543de l'alta e superbissima muraglia.
1.544Però due ne fur perse, e fur legate
1.545insieme forti, onde aggiungero a i merli;
1.546poi tutti a pruova le salivan sopra.
1.547Inanzi a gli altri era il cortese Achille,
1.548e pose prima il piè su l'alto muro,
1.549dapoi si volse a Belisario, e disse:
1.550Illustre capitanio de le genti,
1.551serbatemi il corsier, ch'io sono il primo
1.552che sia salito sopra l'alte mura;
1.553e poscia il buon Mundel sarà il secondo,
1.554onde guadagnerà il secondo onore:
1.555ché le sue mani son presso a i miei piedi.
1.556Così parlava l'onorato Achille;
1.557ma l'ardito Mundel non fu 'l secondo,
1.558ch'apena fur quelle parole ditte,
1.559ch'Eridano, che quivi era venuto
1.560con molti Gotti, lasciò gire un'asta,
1.561che aria passato Achil di banda in banda
1.562e fattol gire anzi 'l suo tempo a morte,
1.563se 'l buon Palladio per voler del Cielo
1.564non faceva calar quel colpo a basso
1.565e girli fra le coscie, ond'esso accolse
1.566Mondel, che su salìa, ne la celada,
1.567la cui finezza gli salvò la vita;
1.568ma ben convenne ruïnar nel fosso,
1.569e perder, lasso, il già sperato onore:
1.570il quale ebbe Sertorio, ch'ivi appresso
1.571salì sul muro per un'altra scala
1.572e fu il secondo, e 'l bel Sindosio il terzo.
1.573Mentre che si facean questi negozi
1.574da quella porta ch'era ver levante,
1.575il fiero Corsamonte, che mandato
1.576da Belisario fu la sera inanzi
1.577per assalir la parte appresso il mare,
1.578avea passato la famosa grotta,
1.579e s'era messo a campo a quella porta
1.580che a man sinistra tien Castel da l'Uovo
1.581ed ha la bella Mergilina avanti.
1.582Or sendo qui con tutta la sua gente,
1.583passate le due parti de la notte
1.584sentì là dentro il suon de l'oricalco,
1.585e ben conobbe l'ordinato segno;
1.586però si mosse, e con prestezza e forza
1.587prese una scala ed accostolla al muro,
1.588e sopra vi salì con gran furore,
1.589cridando: Or su fratelli, ognun mi siegua
1.590che ha cuore in corpo ed animo virile.
1.591Ma non era bisogno esto conforto,
1.592però che a un tempo ne saliron tanti,
1.593che pria ch'egli aggiungesse in su la cima
1.594la debil scala si rompeo nel mezzo,
1.595e tutti quanti ruïnaro a valle:
1.596onde i Giudei, che stavano a la guardia
1.597in quella parte, udirono il romore
1.598nel fosso giù de la caduta gente,
1.599e prestamente corsero in quel loco
1.600e sopra lor gettor saete e sassi.
1.601Ma Corsamonte intrepido e virile
1.602si levò in piedi presto come un gatto,
1.603e tosto fece darsi un'altra scala
1.604ed accostolla un'altra volta al muro,
1.605e sopra vi salì con molto ardire.
1.606I Gotti ed i Giudei ch'erano a i merli
1.607con sassi e fuoghi e saëttami e lance
1.608gli furo adosso; ed ei col scudo in braccio
1.609sempre si ricopriva, e con destrezza
1.610faceva andar tutti i lor colpi al vento.
1.611E tanto in su salì, che con la mano
1.612s'apprese a un merlo, e poi vi pose i piedi.
1.613Ma come fu sopra la gran muraglia,
1.614incominciò menar la spada a cerco;
1.615e ferì d'una punta Salimbeco
1.616Gotto, ch'avea il governo di Crotone,
1.617e netto lo passò dopo le spale:
1.618quel cadde morto, e nel cader che fece
1.619l'armi sue tutte gli sonaro intorno,
1.620onde quegli altri Gotti ebber paura.
1.621Ma Corsamonte poi non stette a bada,
1.622e saltò giù del muro entr'a la terra.
1.623Allor tutti i pagan, tutti i Giudei
1.624ch'erano corsi in frotta in quella parte
1.625gli furo intorno con cridori orrendi:
1.626che gli tirava d'arco e chi di lancia,
1.627e chi 'l feria di sasso e chi di dardo,
1.628cercando a pruova ognun di darli morte.
1.629Ei nulla teme: anzi col scudo in braccio
1.630pien di saette, che parea una selva,
1.631si cuopre, e dove va si fa far largo.
1.632Come un gran sasso che da un monte spiombi
1.633che spezza e manda a terra arbori e piante
1.634e tutto quel che gl'impedisce il corso;
1.635così facea quel buon guerrier con l'arme.
1.636Or ecco avanti gli altri il gran Tebaldo
1.637duca di Capua, uom di fortezza immensa,
1.638ch'avea in governo tutti quanti i Gotti
1.639che fur posti a la guardia del paese;
1.640costui tenendo una gross'asta in mano
1.641e minacciando a Corsamonte disse:
1.642Ah cane, adesso è pur venuta l'ora
1.643che morto rimarrai da le mie mani,
1.644troppo bel fine a tua rabbiosa vita.
1.645E detto questo, lasciò gir quell'asta
1.646e colse Corsamonte ne l'elmetto
1.647di sbrisso, onde n'uscir molte faville:
1.648ma a lui non nocque, anzi passando avanti
1.649si fisse in terra in mezzo de la strada.
1.650Corsamonte dapoi se gli fé sotto
1.651e lo toccò di punta ne la gola,
1.652e disse: Or vedi chi di noi più tosto
1.653porterà pena del fallace ardire.
1.654E detto questo, il gran Tebaldo cadde
1.655disteso in terra come un'alta pioppa
1.656ch'un tempo si nutrì lungo la Brenta,
1.657grossa di tronco e di superbi rami:
1.658la quale il legnaiuol mandò per terra
1.659con la sicure, e poi giacer lasciolla
1.660sopra la riva del corrente fiume
1.661fin che la sega la divida in asse;
1.662tale il feroce duca allor si giacque.
1.663Ma come la sua gente il vide morto
1.664ebbe paura, e si ristrinse in uno;
1.665e Corsamonte con la spada in mano
1.666entrò fra lor, come se fosse vento
1.667ch'entri nel mare e che commuova l'onde:
1.668tal che gli volse prestamente in fuga.
1.669Poi seguitando lor con molto ardire
1.670sempre mandava gli ultimi a la morte:
1.671e tanti n'uccidea, che 'l sangue sparso
1.672facea sott'essi rosseggiar la terra.
1.673Così sopra costor sfogava l'ira,
1.674come leon famelico che truovi
1.675pecore e capre assai senza pastore,
1.676che sfuoga in esse le bramose voglie.
1.677Tanto poi gli cacciò, che giunse in piazza:
1.678allora apparve fuor la bella aurora
1.679ch'avea le guanze di color di rose,
1.680e fece vergognar la gente Gotta
1.681d'esser da un sol guerrier fugata e vinta;
1.682onde voltossi, e prese tanto ardire
1.683che forse l'averian condotto al fine,
1.684però che ador ador crescea la gente
1.685fresca e bramosa di vederlo in terra;
1.686se Aquilin, ch'era nel spuntar de l'alba
1.687giunto a la porta, non avesse uccise
1.688tutte le guardie e non l'avesse aperta
1.689e colto dentro il campo de i romani:
1.690il qual con cridi e con rumori immensi
1.691dietro al grande Aquilino e al buon Traiano
1.692correa per la città: come un torrente
1.693cresciuto in alto per celeste pioggia
1.694che volge mormorando arbori e sassi
1.695tal che i ripari fa cadere e i ponti;
1.696poi trappassando gli argini e le rive
1.697si sparge fuor per le cresciute biade,
1.698onde l'agricoltor si batte l'anca
1.699vedendo gir le sue faticche a terra;
1.700così la gente de i romani, intrata
1.701novellamente dentro a l'alte mura,
1.702giva ferendo et occidendo ognuno
1.703senza guardar più giovani che vecchi,
1.704e depredavan le infelici case
1.705menando in servitù fanciulli e donne.
1.706Né ben contenti de i privati alberghi
1.707in mezzo i monasteri, in mezzo i templi
1.708v'eran soldati, e con le spade ignude
1.709davano morti, ed asportavan quindi
1.710tutta la robba che v'avean riposta
1.711quelle infelici e sfortunate genti,
1.712e poscia ardeano i desolati tetti;
1.713tal che la fiamma e 'l pianto de gli afflitti
1.714e 'l strepito de l'arme e de i soldati
1.715ch'ivan col fummo mescolati al cielo
1.716arian mosso a pietà leoni e tigri.
1.717Tra gli altri il fier Massenzo, essendo giunto
1.718con molti fanti dietro in Santa Marta,
1.719vide Rodolfo Vandalo ch'avea
1.720le trezze in man d'una fanciulla onesta,
1.721di tanta venustà, tanta bellezza,
1.722ch'arebbe accesa ogni gelata mente;
1.723questi la volea trar fuor de la chiesa,
1.724ma la meschina lagrimando forte
1.725si tenea con le mani ad uno altare
1.726e, lassa, non volea partirsi quindi.
1.727Com'ella vide il gran Massenzo armato
1.728che aveva aspetto ed abito regale,
1.729cridò: Signor, pigliatemi per serva,
1.730non mi lasciate in sì feroci mani;
1.731io son Messina, figlia di Salerno,
1.732conte di Nola, che dimanda aiuto.
1.733Allor Massenzo ebbe di lei pietate;
1.734onde si volse, e disse a quel villano:
1.735Lassa costei, se tu non vuoi la morte.
1.736E perché a lasciar lei non fu sì presto,
1.737gli dié d'un pugno armato in su la faccia,
1.738che quattro denti gli cacciò di bocca;
1.739et ei se dipartì con gran timore,
1.740sputando in terra i sanguinosi denti.
1.741Massenzo poi la prese per la mano
1.742e, ragionando seco in un sacello,
1.743s'accese sì d'amor, che le fé forza,
1.744e quivi a mal suo grado la conobbe;
1.745onde l'imago de la Donna eletta
1.746per l'umana salute a quel delitto
1.747voltò la faccia vergognosa indietro,
1.748e fu dapoi cagion de la sua morte.
1.749Da l'altra parte Corsamonte ardito,
1.750ch'era di gente circondato intorno,
1.751come udì 'l crido d'uomini e di trombe
1.752pensò che fosse il campo entr'a la terra:
1.753onde s'accrebbe in lui vigore e forza
1.754e, pel contrario, a gli altri suoi nimici
1.755un gelido tremor con quelle voci
1.756corser per l'ossa e gli occupò le membra;
1.757tal che si poser facilmente in fuga,
1.758in fuga generata dal timore
1.759e parturita poi da la paura:
1.760al parto de la qual dié molto aiuto
1.761la dura morte del crudele Erode.
1.762Questi, venendo contra Corsamonte,
1.763ferito fu da lui sopra la testa,
1.764e quella gli divise insin al petto:
1.765tal che cadeo con gran rumore al piano;
1.766onde ciascun che vide il colpo orrendo
1.767voltò le spalle, e via correndo andava,
1.768perché così credean salvar la vita:
1.769ma la perdero, che scontraro il campo
1.770che 'l feroce Aquilin conducea dentro.
1.771Costui parve un asperrimo leone
1.772che si riscontre in un smarrito armento,
1.773e gli entra in mezzo, e con l'ungia e col morso
1.774sazia la fame sua de le lor membra:
1.775cotal parve Aquilin fra quella gente,
1.776onde mandolla tutta a fil di spada.
1.777Poi Corsamonte, che si vide a canto
1.778i suoi guerrier ch'eran venuti dentro,
1.779gli pose tutti intorno a l'alta rocca
1.780ov'era la ricchezza di Tebaldo
1.781e l'oro ancor di tutti quanti e' Gotti
1.782che 'n quell'alma città facean dimora.
1.783Quivi ciascun s'affaticava a pruova
1.784per entrarv'entro: e chi salia con scale
1.785e chi con picchi lacerava i muri;
1.786altri tentavan la serrata porta
1.787aprir per forza o disserar con arte;
1.788alcun vi fu di più sottile ingegno
1.789che salì suso ov'eran le catene
1.790e spiccò quelle, e fé callare il ponte.
1.791I Gotti s'eran posti a le diffese
1.792arditamente, e non cedeano punto:
1.793anzi facean come sdegnose vespe
1.794ch'hanno i lor nidi prossimi a le strade,
1.795che, perché sian da gli uomini percosse,
1.796lasciar non voglion le forate stanze,
1.797ma fan di chi le offende aspra vendetta.
1.798Come poi vide Corsamonte a basso
1.799esser il ponte, prese una gran pietra,
1.800la qual trovò giacer presso a la fossa,
1.801rotonda e salda e di mirabil peso,
1.802tanto che dui fachin de l'età nostra
1.803a pena la porrian levar da terra
1.804e porla sopra una carreta vota:
1.805ma Corsamonte la portava solo,
1.806che parea un pastor che porti un vello
1.807di lana in man, che non gli aggrava il pondo;
1.808e giunto di rimpetto a la gran porta
1.809si fermò sopra i piedi, e poi la spinse
1.810fuor de le man con un furor, che parve
1.811fulgure ardente che dal ciel discenda:
1.812e dié nel mezzo a quella porta, chiusa
1.813con dui gran cadenazzi e due gran chiavi
1.814che rotte fur da la percossa acerba
1.815e dal voler de la divina Mente;
1.816onde s'apperson le ferrate poste
1.817stridendo sopra i cardini d'acciale,
1.818e le asse sgangherate andaro in pezzi
1.819che tocche fur da l'ostinata selce,
1.820la qual poi si posò dentr'a la porta:
1.821e fé la stada a Corsamonte il fiero,
1.822che dietro vi saltò, come un leone
1.823ch'entri di notte in una ricca mandra
1.824quando truova la porta esser dischiusa.
1.825L'arme sue fine gli splendeano intorno
1.826e gli occhi suoi parean di fiamma viva;
1.827dietro a costui v'entrò tutta la gente.
1.828Come l'acqua del Po, quando s'ingrossa
1.829per molta pioggia e liquefatta neve,
1.830che rode intorno gli argini e le rive:
1.831se poi ritruova un bucco, ivi si caccia
1.832con gran furore, e si diffonde tosto
1.833per le campagne, e i bei villaggi inonda
1.834e mena via le pecore e gli armenti;
1.835così faceano i Tartari, seguendo
1.836l'amato lor signor che gli era inanzi.
1.837Allor s'empier di gemiti e di pianto
1.838e di tumulto le infelici stanze.
1.839Stavan le afflitte e miserabil donne
1.840fuor di se stesse, sbigottite e smorte;
1.841e chi di lor traeva alti suspiri,
1.842chi si battea le palmi e chi piangeva;
1.843chi si stringeva i figlioletti al petto
1.844e chi basciava le dorate porte
1.845de i consüeti suoi diletti alberghi.
1.846Ma i feroci soldati, avendo morti
1.847prima color che si trovar con arme,
1.848entravan dentro a le superbe stanze;
1.849e chi spogliava l'onorate mense
1.850e i ricchi letti e chi rompea le casse
1.851traendo fuor le prezïose robbe,
1.852le vaghe gemme e i belli argenti e gli ori,
1.853e le portavan via con gran rapina;
1.854altri menavan le infelici donne
1.855per forza seco, e le fanciulle oneste
1.856tollean di braccio a le dolenti madre
1.857che le faceano compagnia col pianto.
1.858Così chi da una parte e chi da un'altra
1.859recava preda, e tutta quanta insieme
1.860era condotta in un capace loco
1.861sotto la fida guardia di Traiano
1.862e del prudente Paulo e 'l giusto Arato.
1.863In questo tempo l'onorato Achille
1.864e Sertorio e Sindosio eran discesi
1.865ultimi giù de le famose mura
1.866con quelli pochi che gli avean seguiti:
1.867ch'Eridano gli fé con la sua gente
1.868restare a lor mal grado in quella parte,
1.869però che posti avea cinquanta Gotti
1.870contra ciascun de i cavalier romani;
1.871e se non gli aiutava il luogo stretto
1.872e la mirabil forza de i baroni
1.873senz'alcun dubbio arian patito oltraggio.
1.874Ma, combattendo ognun con molto ardire,
1.875furon vittorïosi in su la fine,
1.876perché Sertorio uccise Bugamante,
1.877e netto gli tagliò la coscia destra:
1.878onde convenne ruïnare a basso
1.879con gran rumor come caduta torre.
1.880Eridano ancor egli fu ferito
1.881da Achille d'una punta sotto l'ala
1.882che giunse al cuore, e lo distese in terra
1.883come tagliata pianta che ruïni.
1.884Allor si messe totalmente in fuga
1.885la desolata gente, perché vide
1.886la città presa, e saccheggiarsi tutta.
1.887Ma i cortesi baron non la seguiro,
1.888o per non imbruttare in sì vil sangue
1.889le lor possenti e generose mani
1.890o per pietà di quella alta ruina;
1.891ma se n'andaro a Belisario il grande,
1.892che si stava pensoso in su la piazza
1.893e pochi avea de la sua gente intorno,
1.894per ch'eran corsi tutti a la gran preda.
1.895Ed e', ch'avea disio di poner fine
1.896a la rapina ed a l'orribil morti,
1.897come vide venir quei gran baroni
1.898sciolse la lingua, e disse este parole:
1.899Leggiadri cavalier, che siete albergo
1.900d'ogni rara virtù, d'ogni costume
1.901pietoso e santo che si truovi al mondo,
1.902non vi sia grave andar per la cittade
1.903ed aiutare i miseri innocenti
1.904che son mandati indegnamente a morte.
1.905Poi, per dar fine a questa orribil strage,
1.906i' manderò con voi cinque trombetti
1.907che chiamino a la piazza ogni soldato:
1.908perché son tanto a la lor preda intenti,
1.909che non verrian da sè, se non fien mossi
1.910da le vostre accortissime parole.
1.911Però non vi sia grave il porger mano
1.912a questa bella ed onorevol opra.
1.913Così diss'egli, e quei baroni accorti
1.914subito se n'andar per la cittade,
1.915ed or con parlar dolce, or con amaro
1.916posero modo a quella orribil stragge,
1.917facendo prima ne gli usati fodri
1.918ripor le gravi e sanguinose spade;
1.919poi dietro al suon de le canore trombe
1.920ridursi tutti quanti ne la piazza.
1.921Ma come furon ragunati quivi,
1.922Belisario salì sopra un suggesto,
1.923e sciolse la sua lingua in tai parole:
1.924Gentil soldati e cavalieri adorni,
1.925poi che 'l Motore eterno de le stelle
1.926ci dà tanta vittoria e tanto onore,
1.927che presa avemo una città per forza
1.928che inespugnabil si tenea da tutti,
1.929e' buon che noi con la clemenza nostra
1.930ci mostriam degni del divino aiuto,
1.931e non cerchiamo eradicare il seme
1.932di questa afflitta e sfortunata gente.
1.933Pensiamo ancor tra noi che non sta bene
1.934con odio eterno vindicar le offese,
1.935né per ingiurie trapassare il segno
1.936de i buon soldati e de la guerra onesta.
1.937Che sdegno aver debbiam contra costoro
1.938che con tanto lor danno e tal ruina
1.939si son condotti ne l'arbitrio nostro?
1.940Poi la lor morte non fa male a i Gotti,
1.941ma reca solo a noi vergogna e danno,
1.942come al pastor la morte de gli armenti.
1.943Però, fratelli miei, ponete freno
1.944a tanto sangue e a tant'aspra ruina:
1.945ch'egli è vergogna aver per forza vinto
1.946molti nostri nimici, e noi lassarci
1.947calcar da l'iracondia e dal disdegno.
1.948Bastivi ben d'aver l'immensa robba
1.949che avete tolta in quest'alma cittade,
1.950senza volere ancor le donne e i figli:
1.951ch'assai punita fia la lor mattezza
1.952con la iattura di sì gran sustanze.
1.953Poniamo adunque in libertà ciascuno,
1.954e restin presi solamente i Gotti
1.955ed i Giudei, co i lor figliuoli e mogli.
1.956Così gli disse Belisario il grande:
1.957e tuti quei soldati alzòr la fronte
1.958affermando con gli occhi il suo sermone:
1.959onde fatte venir le donne prese
1.960subitamente e i pargoletti infanti,
1.961fur date a i padri ed a i mariti loro,
1.962che per letizia lagrimaron forte
1.963e feccion lagrimar la gente intorno.
1.964Ma dopo questo il capitanio eletto
1.965andò per alloggiar dentr'a la rocca
1.966e far divider l'onorata preda,
1.967avendo fatto pria portare i morti
1.968fuor di quei luoghi, e ben nettare il sangue
1.969col stropicciar de le forate sponghe.
1.970Il popol poi de la città dolente
1.971ch'era rimaso vivo in quel furore
1.972deliberò d'andare accolto insieme
1.973a render grazie a Belisario il grande,
1.974che procurato avea la lor salute;
1.975quand'ecco venne Asclepiodoro audace
1.976che fu disturbator del primo accordo,
1.977e volea gire anch'ei tra quella gente
1.978a visitare il capitanio eccelso.
1.979Ma come quivi il buon Catoldo il vidde,
1.980sdegnossi molto, e poi così gli disse:
1.981Ah scelerato, che la patria nostra
1.982hai posta in questa altissima ruina
1.983per troppo amor che tu portavi a i Gotti,
1.984ed or hai fronte d'apparer tra noi,
1.985né sol tra noi, ma vuoi mostrarti a quello
1.986che n'ha salvati, acciò che la tua vista
1.987ci turbi e guasti ogni acquistato bene.
1.988Vatti nascondi, va; ché non devresti
1.989aver ardir di risguardare il sole,
1.990sendo stato cagion di tante morti
1.991e di tante ruine e tanti fuochi
1.992ch'ardeno ancor queste infelici case.
1.993Così disse Catoldo, a cui rispose
1.994l'audace Asclepiodoro in questa forma:
1.995Tu mi riprendi ch'i' abbia amato i Gotti,
1.996ed io potrei riprenderti che gli abbi
1.997ne i lor maggior bisogni abbandonati:
1.998ché, chi abbandona il suo signor primiero,
1.999non suol servar la fedeltade a l'altro.
1.1000Io che ho servato la mia fede al vinto,
1.1001ancora al vincitor sarò fedele,
1.1002ché l'animo fedel sempre è fedele:
1.1003ma quel che non è stabil di natura,
1.1004come sei tu, già mai non serva fede.
1.1005Così l'audace Aslepiodor dicea;
1.1006ma non sostenne l'iracondo Ermippo
1.1007tanta arroganza e tal parlare altero:
1.1008onde, guardando lui con gli occhi torti,
1.1009gli disse iratamente in questo modo:
1.1010Sfacciato ribaldon che ti rallegri,
1.1011come cred'io, de la ruina nostra,
1.1012tu sei pur la cagion di tutti i mali
1.1013che noi patimmo, tu pur fosti quello
1.1014che disturbasti il già concluso accordo.
1.1015Or vorresti guastar quest'altra pace,
1.1016ma non ti darà il ciel tanta possanza.
1.1017E detto questo, trasse fuor la spada
1.1018e d'una punta gli passò il costato;
1.1019dapoi Miseno gli tagliò la gola
1.1020e Fausto gli passò la poppa manca:
1.1021poi non fu di quel popolo pur uno
1.1022che no 'l ferisse, tal che fu tagliato
1.1023in poco d'ora in più di mille pezzi.
1.1024E fatto questo, se n'andaro insieme
1.1025a casa di Pastor, che fu il primiero
1.1026col suo parlar che disturbasse i patti:
1.1027onde volean per questo darli morte;
1.1028ma non poter, però ch'egli era estinto
1.1029al primo suon de la nimica tromba,
1.1030o fosse per disdegno o per paura
1.1031o per apoplesia che 'l sopraprese.
1.1032Ben tolsero così quel corpo essangue
1.1033e 'l poser sopra un eminente palo
1.1034per satisfare a gli occhi de gli offesi.
1.1035In questo tempo il buon Catoldo corse
1.1036a ritrovare il capitanio eccelso,
1.1037e prima gli narrò come fu morto
1.1038da l'empio sdegno de la irata plebe
1.1039quel che turbò la già conclusa pace;
1.1040poi gli chiese perdon di quello errore
1.1041che 'l popol fece per guistissim'ira.
1.1042A cui rispose Belisario il grande:
1.1043Catoldo mio d'ogni virtute adorno,
1.1044il popol vostro usar devea clemenza
1.1045ad altri, quando a sè l'avea trovata;
1.1046ma non di meno i' son molto contento
1.1047di perdonare a lui questo delitto,
1.1048per non negare a l'ottimo Catoldo
1.1049questa primiera grazia ch'e' dimanda.
1.1050Così diss'egli, e Stefano partissi
1.1051et andò lieto a riferire a gli altri
1.1052l'avuta grazia del commesso errore.
1.1053Dapoi Costanzo e 'l buon conte d'Isaura
1.1054e Bessano e Traiano e 'l giusto Arato,
1.1055ch'erano i divisor de la gran preda,
1.1056elessen prima un padiglion mirando
1.1057di veluto rosin contesto d'oro
1.1058con gemme inserte e con sì bei ricami,
1.1059ch'era gran meraviglia a riguardarlo:
1.1060questo fu già d'Onorio imperadore,
1.1061e poi pervenne a Teodorico il grande
1.1062e d'indi al superbissimo Tebaldo;
1.1063onde fu scelto fuor di tanta preda
1.1064per darlo in parte al capitanio loro.
1.1065Scelseno ancora dieci bei corsieri
1.1066e mille marche di finissim'oro
1.1067e la più bella e grazïosa donna,
1.1068che si trovasse allora esser nel mondo;
1.1069dapoi fu scelto al sir d'Elenoponto
1.1070un'altra bella donna e sei cavalli
1.1071e mille marche di polito argento,
1.1072come a colui che fu cagion primiera
1.1073che per quel foro la città si prese.
1.1074Poi fur dati ad Achille e a Corsamonte
1.1075eletti doni, et anco ad Aquilino
1.1076con tutti quei che ne la bucca entraro;
1.1077né fu lasciato alcun notabil atto
1.1078senza 'l suo guidardone, e l'altra preda
1.1079vendero i camerlinghi a suon di tromba.
1.1080Poi fu diviso il premio fra i soldati
1.1081per gli ordini equalmente, dando sempre
1.1082a tutti i capi lor qualche avantaggio.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)