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1.1L'occhio del ciel, che la divina luce
1.2porge e nasconde a l'emisferio nostro,
1.3usciva allegro fuor de l'onde salse,
1.4quando 'l governator de l'occidente
1.5prima ch'alcun s'approssimasse al lito
1.6chiamò il forte Aquilino e 'l buon Traiano,
1.7e disse lor queste parole tali:
1.8Valorosi,prudenti,almi baroni,
1.9per dar principio a la felice impresa
1.10siate contenti entrar dentr'a la terra,
1.11e dire a quei che siedeno al governo
1.12di quella glorïosa alma cittade
1.13come il supremo imperador del mondo
1.14ha qui mandato la sua bella armata
1.15con infinita gente, a liberarli
1.16da la superba servitù de' Gotti
1.17e tuor la Italia fuor de le lor mani:
1.18perché la libertà de le cittadi
1.19è 'l più bel don che sia sopra la terra.
1.20Però ci apran le porte, che saranno
1.21conservati da noi come fratelli.
1.22Così gli disse il capitanio, ed essi
1.23non udir già quelle parole indarno,
1.24ma ratto s'avvior verso la terra.
1.25Brandizio è una città che 'n riva al mare
1.26ne la punta d'Italia s'incorona,
1.27ed ha un famoso, anzi mirabil porto
1.28che già fu scala a tutto l'orïente:
1.29il duro lito quivi si divide
1.30fra dui gran scogli, ov'entra la marina
1.31che si diffonde intorno a la cittade,
1.32e quasi un cerchio fa con l'onde salse,
1.33che paion corna d'un annoso cervo.
1.34Poi da ciascuna parte de la foce
1.35surge una torre, e va verso le stelle:
1.36ove son poste due catene immense
1.37che chiuder possan l'onorato porto,
1.38il quale ha di rimpetto a la sua bocca
1.39una isoletta, ed un castel sovr'essa,
1.40che l'assicuran dal furor de' venti.
1.41Qui non bisognan ancore né funi
1.42per tener salde le già sorte navi,
1.43ché sempre l'onda si ritruova in calma.
1.44Traiano adunque ed Aquilin passando
1.45tra quelle torri discendero in terra;
1.46e ne l'entrar de la città trovaro
1.47una vergine bella che portava
1.48l'acqua dal fonte al suo fedele albergo:
1.49ed era ne l'andar tanto leggiera,
1.50che non parea ch'ella toccase il suolo
1.51con le sue belle e dilicate piante;
1.52onde Traiano a lei parlando disse:
1.53Diteci, grazïosa damigella,
1.54ove stan quei che siedeno al governo
1.55di questa nobilissima cittade.
1.56Ed ella fatta di color di fiamma,
1.57rispose: Se ne stan presso a mio padre;
1.58venite dietro a me, che mostrerovvi
1.59la vera intrata de l'albergo loro.
1.60Udito questo, i dui gentil baroni
1.61senza dir altro se n'andor con ella;
1.62e giunti ne la casa che mostrolli
1.63trovaron quivi i primi de la terra
1.64raccolti insieme, che facean consiglio,
1.65mossi da l'apparir di tante navi:
1.66ma come vider giunti quei signori,
1.67con meraviglia prima gli guardaro,
1.68poscia attendero a la proposta loro,
1.69la qual fece Traiano in questo modo:
1.70Signori eletti ed al governo posti
1.71di questa glorïosa alma cittade,
1.72deh se 'l Mottore eterno de le stelle
1.73empia il vostro terren di tutti e' beni
1.74che danno aiuto e commodo a le genti;
1.75volgete il cuore a le parole nostre,
1.76le quai v'apportan beneficio grande.
1.77L'imperador de la città del mondo
1.78ha qui mandato la sua bella armata
1.79con infinita gente, a liberarvi
1.80da la superba servitù de' Gotti
1.81e tor l'Italia fuor de le lor mani:
1.82perché la libertà de le cittadi
1.83è il più bel don che sia sopra la terra.
1.84Piacciavi adunque tuorci allegramente
1.85dentr'a le vostre ben fondate mura,
1.86che noi vi tratterem come fratelli.
1.87Così disse Traiano, e quei signori
1.88udendo la sua nuova alta proposta
1.89stettero prima in sè molto suspesi,
1.90dapoi parlaron pianamente insieme;
1.91e la risposta che voleano farsi
1.92commissero a Tiberio, ch'era il primo
1.93d'autorità che fosse in quel paese:
1.94ed ei rispose loro in tal maniera:
1.95Signori ambasciadori, al parlar vostro
1.96che cerca mutamento di quel stato
1.97in cui la patria nostra or si ritruova,
1.98non può dar sì subita risposta;
1.99perché 'l mutar di stato è cosa grande,
1.100e mai non si suol far senza periglio:
1.101e poi questo negozio importa a tutti,
1.102e consultar con tutti ci bisogna.
1.103Però tornate allegramente in dietro,
1.104ché manderemo i nostri a dechiarirvi
1.105ciò che sarà il voler de la cittade.
1.106Questo disse Tiberio, e 'l buon Traiano
1.107ed Aquilin se ne tornaro al porto.
1.108In questo tempo Belisario il grande
1.109facea discender le imbarcate genti
1.110giù de le navi in su la destra riva
1.111di san Lionardo, ov'è il mirabil pozzo,
1.112che ha l'acqua che già mai non si corrompe;
1.113ed egli ingenocchiato in su la prora
1.114del suo naviglio, con le palme giunte
1.115e verso il lito risguardando disse:
1.116O Re del cielo, e voi sustanze eterne
1.117che di sì bel paese avete cura,
1.118date favore a questa degna impresa,
1.119che si fa sol per porre in libertade
1.120l'antica Esperia: acciò che quella gente
1.121che vinse il mondo, e lungamente il resse,
1.122possa fruire ancor gli antiqui onori.
1.123Così diss'egli, e poi discese in terra
1.124con un salto leggier, che parve un pardo;
1.125e dietro a lui ciascun scendea sì ratto,
1.126che tosto si coprì tutto 'l terreno
1.127di cavalieri e d'animosi fanti.
1.128I Gotti poi, che stavano a la guarda
1.129de la città, come fu detto loro
1.130che sopra il lito dismontava gente,
1.131s'armaron tutti e s'adunaro insieme
1.132per voler contraporsi a i lor nimici.
1.133Il che come fu noto a i buon romani,
1.134si fecen dar subitamente l'armi
1.135giù de le navi con prestezza immensa.
1.136Né gelati vapori in grosse falde
1.137di fredda neve, né l'algente bruma
1.138fioccan sì spessi a far la terra bianca;
1.139come le lance spesse e le corazze,
1.140i scudi rilucenti e gli elmi adorni
1.141piovean con fretta giù da l'alte navi:
1.142né quelli prima avean toccato il suolo,
1.143ch'ognun di lor se l'avean poste intorno.
1.144Come neve che cade in su 'l terreno
1.145che sia da l'acque madefatto e molle,
1.146quand'ella il tocca, subito si sface
1.147e non appar di lei vestigio alcuno;
1.148così non si vedean sopra 'l gran lito
1.149fermarsi punto l'armi de i romani.
1.150I Gotti, come vider tanta gente
1.151starsi con l'arme in dosso in su l'arena,
1.152se ne tornaro prestamente in dietro
1.153pieni di maraviglia e di paura:
1.154e fecer come il can, che vede i cani
1.155venir nel chiuso, e se gli aventa contra;
1.156ma poi vedendo lor rizzarsi i peli
1.157su per lo dorso e dighignarsi i denti,
1.158torna temente ne l'usato albergo
1.159con la coda ristretta fra le gambe:
1.160così quei Gotti con temenza molta
1.161si ritornaron dentro a la cittade.
1.162La qual stava suspesa, e con gran cura
1.163si consultava circa la dimanda
1.164che avean fatta Aquilino e 'l buon Traiano,
1.165ed eran molto varie le sentenze:
1.166quando l'angel Latonio in forma d'uomo,
1.167che parea Timbro capitan de i Gotti
1.168che stavano a la guardia de la terra,
1.169venne a trovare Ebrimiro, ch'allora
1.170era in Brandizio con la sua famiglia,
1.171e v'avea Teodinante sua consorte,
1.172figlia del re de i Gotti, ond'onorato
1.173era da tutti lor come signore;
1.174a cui Latonio astutamente disse:
1.175Se voi non provedete, alto barone,
1.176di prender patti, e dar questa cittade
1.177tosto a l'imperio, ella sarà distrutta,
1.178e tutti quanti andremo a fuoco e sangue,
1.179perché la resistenza oltra le forze
1.180spesso è cagion d'altissima ruina.
1.181Noi siamo pochi, e in mal sicura parte;
1.182e d'ogn'intorno avem tanti nimici,
1.183che se le mura fosser di diamanti
1.184non potrebbon durar contra costoro.
1.185Quando Ebrimiro udì queste parole,
1.186divenne tutto pallido nel volto,
1.187e dentr'al petto gli tremava il cuore:
1.188e poi, come il nocchier che la sua nave
1.189circondar vede da tempesta orrenda
1.190resta confuso, e trema di paura,
1.191che pensa ad or ad or perir ne l'onde:
1.192pur parla poi co i marinari, e fagli
1.193callar le vele e trar la robba in mare,
1.194credendo a far così fuggir la morte;
1.195cotal divenne Ebrimiro, e con fretta
1.196molta n'andò dov'era il gran consiglio:
1.197e disse lor parlando in questa forma:
1.198Signori, che ridotti in questo loco
1.199vi siete per trovar qualche rimedio
1.200a la ruina de la patria vostra:
1.201pensiamo bene, e discorriamo quello
1.202che far debbiamo in tale aspra fortuna.
1.203Questa cittade ha poca gente dentro,
1.204e manco vetovaglia, e d'ogn'intorno
1.205circondata sarà da tante mani
1.206e per terra e per mar, ch'a viva forza
1.207la prenderanno e metteranla a sacco,
1.208e tutti quanti andremo a fil di spada:
1.209acciò che 'l nostro mal divenga essempio
1.210a l'altre terre che vorran tenersi;
1.211perché la crudeltà ne i primi ingressi
1.212suol metter gran terrore entr'a i paesi.
1.213Però meglio sarà che cerchiam patti
1.214con qualche scorno, che voler star forti
1.215con danno estremo e vituperio immenso.
1.216Questo parlar d'Ebrimiro commosse
1.217tutto il consiglio, e fece ognun più pronto
1.218a dar Brandizio al correttor del mondo:
1.219onde mandor subitamente al campo
1.220Tiberio e dieci ambasciadori eletti,
1.221che gli portor le chiavi de le porte.
1.222Costoro aggiunti dentr'a la gran tenda
1.223s'ingenocchiaro umilemente prima,
1.224poi presentaro un bel bacil d'argento
1.225al vice imperador de l'occidente
1.226ov'eran entro l'onorate chiavi
1.227de le gran porte de la lor cittade,
1.228e quelle accompagnor con tai parole:
1.229Altissimo signore, ecco il sigillo
1.230e 'l cuore insieme de la terra nostra,
1.231ch'ora si dà liberamente a voi
1.232e si rimette ne la vostra fede
1.233e nel vostro prudente alto valore;
1.234ma ben vi priega che 'l presidio Gotto
1.235ch'avemo dentro sia lasciato andare
1.236libero e senza danno a i lochi loro.
1.237Così Tiberio dolcemente espose
1.238la su'ambasciata, e Belisario il grande
1.239prese il bacile allegramente e disse:
1.240Prudenti e saggi ambasciadori eletti
1.241da quest'alma città ch'a noi si rende,
1.242io piglio molto volentier le chiavi
1.243d'essa, ma ancor con più diletto il cuore;
1.244e sforzerommi di trattarla in modo,
1.245che ognun conoscerà che l'abbiam cara,
1.246sì come primogenita figliuola:
1.247sendo la prima che in Italia avemo.
1.248Poi farò noto al correttor del mondo
1.249le grate liberal vostre parole:
1.250che certo non saran senza mercede.
1.251I Gotti ancor che per presidio avete
1.252saran lasciati a suo piacere andarsi,
1.253per non disdire a la dimanda vostra.
1.254Così rispose, e poi chiamò Traiano
1.255con Aquilino, e disse este parole:
1.256Signori, e' sarà buon che voi torniate
1.257dentr'a Brandizio senza far dimora
1.258per prendere il possesso de la terra
1.259e preparar le stanze, perciò ch'io
1.260voglio venirvi, ed alloggiarvi dentro,
1.261prima ch'a questo dì s'asconda il sole.
1.262Come i baroni udir queste parole,
1.263senz'altro replicar si dipartiro
1.264con quattro validissime coorti,
1.265e se n'andor ne la città renduta.
1.266Quivi Aquilin, che governava il tutto
1.267perché Traiano er'ito entr'al castello,
1.268pose a l'antica porta di Misagno
1.269Tarmuto, e seco due centurie intere;
1.270a la porta di Leccie ancor ne pose
1.271due, sotto il buon governo di Catullo:
1.272poi messe a l'altre porte de la terra
1.273una sola centuria per ciascuna,
1.274che Arasso e Faniteo n'avean la cura.
1.275E fatto questo, venne in su la piazza
1.276e menò seco il resto de la gente,
1.277ove fermò l'imperïal bandiera.
1.278Poscia mandò Gualtier fuor de la porta
1.279a dire al capitan come ogni cosa
1.280s'era essequita, e che potea venirsi
1.281ad ogni suo piacer dentr'a le mura.
1.282Quand'ebbe inteso il capitanio eletto
1.283quell'ambasciata, subito levossi,
1.284poi montò sopra il suo corsier Vallarco,
1.285e lento s'avviò verso la terra.
1.286Molti baroni e principi e signori
1.287e duchi e re l'accompagnaron entro,
1.288e tutti i cittadin gli andaro incontra,
1.289coronati d'ulivo, in veste allagre;
1.290e per le larghe strade onde passaro
1.291pendean tapeti giù da le fenestre,
1.292e bellissime donne eran sovr'essi
1.293gioiose e liete, e con le bianche mani
1.294spargeano un nembo d'odorati fiori.
1.295Le porte ancor de le superbe case
1.296erano aperte, e si vedeano in esse
1.297vaghe fanciulle e pargoletti infanti
1.298cantare insieme con söavi voci:
1.299Sia benedetto il dì ch'a noi vi mena,
1.300e che la dolce libertà n'apporta;
1.301poi le piazze e le strade erano piene
1.302di genti allegre, che cridavan forte
1.303Imperio imperio con romore immenso:
1.304di che 'l gran Belisario entr'al suo petto
1.305molto godeva, e così passo passo
1.306cavalcando n'andò fin a la rocca,
1.307ch'era sotto la guardia di Traiano.
1.308Or quivi giunto subito si volse,
1.309e diè licenza umanamente a tutti,
1.310poscia in quella alloggiò; ma l'altra gente
1.311sparsa albergò per l'onorate case
1.312ove con gran diletto erano accolti;
1.313e quivi riposor tutta la notte,
1.314dormendo fino a l'apparir de l'alba.
1.315Ma come venne la vermiglia aurora
1.316a rimenare il dì sopra la terra,
1.317il capitanio si levò del letto,
1.318e si vestì de i consüeti panni;
1.319poi chiamar fece il principe Aldigieri,
1.320il qual subitamente appresentossi,
1.321e Belisario a lui parlando disse:
1.322Signor, da poi che 'l Re de l'universo
1.323n'ha conceduto ne la prima giunta
1.324questo bel porto e quest'alma cittade
1.325ch'è la chiave d'Italia, possiam dire
1.326che in essa abbiamo omai firmato un piede:
1.327l'altro mi par che in Napoli si ponga,
1.328u' la Scicilia e l'Africa dismonti;
1.329però fia ben che subito n'andiate
1.330con dugento galee nel mar Tirreno
1.331a star presso a quei liti, infin ch'io giunga,
1.332che tosto ivi sarò con tutto 'l campo.
1.333Quest'altre navi poi che ci han condotti
1.334se ne ritorneran verso Durazzo
1.335sotto l'obedïenza di Narsete,
1.336come è 'l voler del nostro alto signore.
1.337Così diss'egli, e 'l principe di Rodi
1.338subito se n'andò verso l'armata,
1.339e seco andava il venerando Paulo
1.340con gli occhi e con le man cennando i luoghi
1.341e i modi da passar Scilla e Cariddi.
1.342I Gotti ch'eran poi ne la cittade,
1.343la matina per tempo se n'andaro
1.344pallidi e stretti, e risguardando intorno.
1.345Temeano sempre di ricever onta:
1.346come fa il prigionier che si ritruova
1.347in carcer tetro condannato a morte,
1.348poi ch'egli ha avuto grazia de la vita
1.349e tratto è fuor de la prigione oscura,
1.350non crede esser sicuro e in libertade
1.351fin che non si ritruova entr'al su' albergo;
1.352così fecean' allor tutti quei fanti,
1.353che mai non si credero esser sicuri
1.354fin che non furo entr'a le lor cittadi.
1.355In questo tempo Ebrimiro se 'n venne
1.356avanti Belisario, e ingenocchiossi:
1.357ma come il capitan seppe chi egli era,
1.358fece levarlo in piedi ed abbracciollo;
1.359onde Ebrimiro a lui parlando disse:
1.360Illustre capitan mastro di guerra,
1.361io sono il primo de le nostre genti
1.362che vengo ad onorarvi ed ubidirvi:
1.363perché il valore e la virtù ch'è in voi
1.364tira ad amarvi ogni persona umana,
1.365e perché ancora il mio maggior disio
1.366è di vedere il correttor del mondo
1.367e dimorar sotto 'l suo degno impero;
1.368però vi priego che non vi dispiaccia
1.369di far ch'io vada a l'alta sua presenza.
1.370Belisario ascoltò con gran diletto
1.371quelle parole, e poscia gli rispose:
1.372Signor, io lodo il bel vostro pensiero,
1.373che certo avete eletto a questa volta
1.374la più salubre e più sicura parte.
1.375Sò che l'imperador v'arà sì caro,
1.376e v'apparecchierà sì larghi onori
1.377e sì bei doni, che sarete sempre
1.378lieto e contento del vïaggio vostro.
1.379Così diss'egli, e poi chiamò Narsete,
1.380e disse a lui queste parole tali:
1.381Or che devete ritornarvi in dietro,
1.382come v'impose il correttor del mondo,
1.383condurrete con voi questo signore,
1.384e l'appresenterete al nostro sire:
1.385e pregherete lui per mie parole
1.386che sia contento di trattarlo in modo,
1.387che disir faccia a tutti gli altri Gotti
1.388di star sugetti al suo divino impero.
1.389Il buon Narsete senz'alcuno indugio,
1.390udito quel parlare, indi partissi,
1.391e se n'andò ne l'ordinate navi:
1.392ne le quali anco Ebrimiro se 'n venne
1.393con Teodinante sua fedel consorte,
1.394e poscia dispiegor le vele al vento;
1.395e tanto navigor, che l'altro giorno
1.396si ritrovaro al porto di Durazzo.
1.397Il vicimperador de l'occidente,
1.398come vide espediti il buon Narsete
1.399e 'l valoroso principe di Rodi,
1.400così propose a gli altri suoi baroni:
1.401Signori, e' sarà buon che noi mandiamo
1.402qualcun de i nostri cavalier pregiati
1.403fuor de la terra, per veder se i Gotti
1.404chiudeno i passi o fan nuova adunanza:
1.405e questi tai ci recheranno ancora
1.406qualche notizia e gusto del paese.
1.407Apena Belisario avea fornite
1.408le sue parole, che levossi in piedi
1.409l'ardito Corsamonte, il qual si offerse
1.410di andare a quella perigliosa impresa:
1.411levossi Achille e si levò Aquilino,
1.412si levò il re Cosmondo e 'l forte Arasso,
1.413levossi Magno e si levò Traiano
1.414con tutta l'altra Compagnia del Sole
1.415e con molti altri capitani eletti;
1.416ognun de' quali con ardita fronte
1.417voleano andare a far quella scoperta.
1.418Allora disse il capitanio eccelso:
1.419Io veggio disiar tanti baroni
1.420d'andare a questa faticosa impresa,
1.421ch'io non vuo' far di loro alcuna scelta;
1.422ma di tutti costor che s'hanno offerto
1.423torremo i nomi, e ponerenli a sorte:
1.424e quattro ne trarrem che in una parte
1.425vadano del paese, e quattro in altra.
1.426E così detto, ognun scrisse il suo nome
1.427e diello al vecchio e venerando Paulo,
1.428che la celada si levò di testa
1.429e posevi entro tutti quanti e' brievi;
1.430poscia squassolla e dimenolla alquanto,
1.431e si rivolse con la faccia a dietro
1.432ed al gran Belisario appresentolla,
1.433che trasse fuori i nomi ad uno ad uno.
1.434Il primo brieve disse il re Cosmondo,
1.435l'altro Massenzo, il terzo fu Aquilino,
1.436Mondello il quarto, il quinto era Lucillo,
1.437Sindosio il sesto, il settimo Catullo,
1.438e l'ultimo era il re de' saraceni.
1.439Come ognun ebbe letta la sua sorte
1.440con occhi allegri, subito s'armaro
1.441e saliro a caval con gran disio:
1.442accompagnati poi fin a la porta
1.443da molti valorosi alti guerrieri,
1.444si poser lieti in quel camino audace.
1.445Ma mentre i quattro primi separarsi
1.446volean da gli altri, venne una donzella
1.447tanto leggiadra e grazïosa in vista,
1.448ch'arebbe accesa ogni gelata mente:
1.449ben era piena di fallaci inganni
1.450quanto alcun'altra mai di quella etade.
1.451Questa mostrossi sconsolata e mesta,
1.452e disse sospirando a quei baroni:
1.453Voi mi parete cavalieri eccelsi,
1.454di gran valore e di pietade adorni:
1.455però prendo ardimento di pregarvi
1.456che m'aiutate in questo mio bisogno!
1.457Io fui figliuola già d'una gran donna
1.458signora del paese di Bitonte,
1.459che maritommi al duca di Crotone;
1.460e diedemi per dote un solo anello
1.461di pregio estremo, e di valore immenso.
1.462Questo avea tal virtù, che s'io il basciava
1.463e poi toccava ogni qualunque cosa,
1.464quella si convertiva in seta o in oro
1.465o in tutto quel ch'i' avea dentr'al pensiero.
1.466Or io tornando al dolce mio terreno
1.467per rivedere i miei con questo anello,
1.468ch'io nol lasciava mai da me lontano,
1.469passai vicina ad una bella fonte;
1.470e veduta ch'io l'ebbi, ivi discesi
1.471per bere, e l'anel presi e lo basciai,
1.472volendo farmi un'ottima bevanda;
1.473ma mentre che volea toccar con esso
1.474l'acqua del fonte, e trarmi ivi la sete,
1.475mi sopravenne un cavaliere armato
1.476con dui giganti, e con orribil voce
1.477sì mi sgridaro, ch'io lasciai l'anello
1.478cadermi per timor ne la fontana.
1.479Poi quei crudeli mi tiraro indietro,
1.480né voller più ch'io m'appressasse ad essa;
1.481ond'io per non lasciar sì ricca gioia
1.482qui mi rimasi, e vo cercando aiuto:
1.483e s'alcun mi sarà tanto cortese
1.484ch'atterri il cavaliere, ond'io racquisti
1.485la mia sì cara e prezïosa gemma,
1.486i' sarò più di lui che di me stessa.
1.487Così diss'ella, e tutti quei baroni
1.488s'acceser d'un disio troppo fervente
1.489di far piacere a sì leggiadra donna,
1.490onde ognun le facea promesse larghe;
1.491e fuvvi alcun di lor che si pensava
1.492di guadagnar quel virtüoso anello,
1.493e lasciar la donzella a gli altri amanti.
1.494Così, chi d'avarizia e chi d'amore
1.495spronato, lieti s'avviaro insieme
1.496dietro a le poste de le belle piante:
1.497ed arrivaro in un fiorito prato
1.498cinto di pini a lato a una fontana,
1.499presso a la quale un cavalier sedea
1.500con l'arme indosso e con la spada al fianco;
1.501ma l'elmo gli giacea davanti i piedi.
1.502Questi, come venir vide i baroni,
1.503si levò ritto in piè, che parve un orso,
1.504e prese l'elmo, e se lo pose in testa:
1.505poscia il destrier ch'era legato a un pino
1.506sciolse, e saltò d'un salto in su la sella
1.507e prese in man la sua robusta lancia;
1.508e gli andò contra arditamente e disse:
1.509Audaci cavalier, se voi volete
1.510ire al vostro camino, eccovi il ponte:
1.511e non calcate le mie tener'erbe,
1.512che forse vi porian parere amare.
1.513Massenzo gli rispose: Aspro barone,
1.514cercar volemo dentro a quella fonte
1.515d'un vago anello, e darlo a questa donna,
1.516senza aver tema de le tue minaccie.
1.517La fonte disse, alcun non può toccare
1.518se non pruova il valor de le mia lancia.
1.519Io mi dimando Faulo, e son figliuolo
1.520del grande Iperbio ch'è signor di Bari:
1.521e la sorella mia, ch'ha nome Acratia,
1.522ed ha potere estremo in queste parti,
1.523armato mi tien qui la notte e 'l giorno
1.524con dui giganti, sol perch'io non lasci
1.525a labbro umano mai gustar quell'onde.
1.526E però se volete entro cercarvi,
1.527converrà che ciascun si pruovi meco,
1.528e s'io l'abbatto, resti mio prigione:
1.529ma s'ei mi vince, io lascio in suo domino
1.530me stesso ed i giganti e la fontana.
1.531Questo patto per Dio non mi dispiace,
1.532disse Massenzo, e volse il suo destriero
1.533credendo porlo in terra al primo colpo:
1.534ma fu l'effetto al suo pensier diverso.
1.535Faulo si volse anch'egli, e preso campo
1.536si vennero a incontrar con l'aste basse,
1.537ed ambi si colpiro in mezzo i scudi:
1.538e feceno un rumor tanto profondo,
1.539che tutto 'l prato gli tremava intorno.
1.540Come quando s'incontra in mezz'al mare
1.541Garbino e Greco, onde con gran rimbombo
1.542si muove l'acqua, e s'urta onda con onda
1.543mandando verso 'l ciel la schiuma bianca;
1.544così fér quei baroni, e la gran lancia
1.545del fier Massenzo andò volando in pezzi:
1.546ma Faulo in Ligridonia risguardando,
1.547ch'era quella fallace damigella
1.548che indusse i cavalieri a la battaglia,
1.549prese tanto vigor, che a viva forza
1.550andar convenne il buon Massenzo a terra.
1.551Com'egli si trovò disteso al prato,
1.552rimase stupefatto entr'al suo petto,
1.553e salì tosto arditamente in piedi;
1.554poi disse a Faulo: Cavalier valente,
1.555secondo il nostro patto, i' son prigione:
1.556ma se non fosse per servar la fede,
1.557che m'è più cara che la propria vita,
1.558ancor vorrei mostrar ch'io non son vinto.
1.559Così diss'egli, e la tagliente spada
1.560prese poi per la punta e appresentolla
1.561a Faulo vincitore, ed ei la tolse;
1.562e diè Massenzo in guardia a i suoi giganti,
1.563che con catene forti lo legaro.
1.564Quando vide Aquilin legar Massenzo
1.565tutto s'accese di vergogna e d'ira,
1.566e disse: Aspetta cavalier, ch'io vengo
1.567a scior con questa lancia il mio compagno.
1.568E così detto volse il suo destriero
1.569e prese campo, e s'assettò ne l'arme,
1.570e Faulo vincitor fece altretanto:
1.571poi l'un ver l'altro con la lancia in resta
1.572correndo fieramente si colpiro;
1.573ma come l'asta del superbo Faulo,
1.574ch'era incantata, diede ad Aquilino,
1.575subito lo mandò disteso a l'erba,
1.576e fu fatto prigion da i dui giganti.
1.577Dietro a costui fu preso a simil giostra
1.578Mondello il forte e 'l forte re Cosmondo,
1.579il bel Sindosio e 'l giovane Lucillo;
1.580né l'accorto Catullo ebbe riparo
1.581che non andasse trammortito al piano.
1.582Quando ciò vide il re de' Saraceni,
1.583che sol di quei compagni era rimaso,
1.584non curò di provarsi in quella giostra,
1.585ma volse il velocissimo corsiero;
1.586e quel spronando e rallentando il freno
1.587corse subitamente inver la terra.
1.588In questo mezzo il scelerato Faulo
1.589chiamò Talpone e cento altri sergenti
1.590ch'erano in una casa ivi vicina
1.591parati e pronti ad ogni suo comando,
1.592e disse a lui queste parole tali:
1.593Talpon, tu vedi quei baroni armati;
1.594menali a Gnatia, a l'alta mia sorella,
1.595incatenati sopra i lor destrieri;
1.596e dille come io gli ho giostrando presi
1.597e glie li mando, ed ho speranza ferma
1.598in brieve tempo ancor prenderne tanti,
1.599ch'empier potrà l'amato suo giardino.
1.600Così comandò Faulo, e quei sergenti
1.601non udir già le sue parole indarno,
1.602ma se n'andor co i cavalier prigioni
1.603de là dal ponte a ritrovar la maga.
1.604In questo tempo l'affannato Areto
1.605giunse a Brandizio, e benché molta gente
1.606gli dimandasse nuova de i compagni,
1.607ei nulla rispondeo fin che non venne
1.608avanti Belisario, ove disceso
1.609del suo destriero a lui narrò quel caso
1.610e la presura de i baroni eletti.
1.611Come ebbe il capitan questa novella,
1.612divenne adolorato entr'al suo petto,
1.613e due pensier gli andaron per la mente:
1.614l'un era di mandar parte del campo
1.615con un legato, e circondar quel prato
1.616e prender Faulo e i fieri suoi giganti;
1.617l'altro fu che l'ardito Corsamonte,
1.618ch'era il miglior guerrier che fosse in terra,
1.619con tre buon cavalieri in compagnia
1.620andasse a fare ogni possibil pruova
1.621di liberare i cari suoi compagni:
1.622e tal partito a lui parve più degno,
1.623perciò che l'altro ancor poteva farsi
1.624se Corsamonte fosse andato indarno.
1.625Onde chiamato il gran duca de i Sciti
1.626narrò la presa a lui di quei baroni,
1.627e lo pregò che andasse a liberarli:
1.628ed ei rispose arditamente, e disse:
1.629Veramente signor, molto mi dolve
1.630quando vid'io che la mia dura sorte
1.631non m'avea tratto fuor con quei guerrieri:
1.632ma quale è quel sì pellegrino ingegno
1.633che sappia indivinar ciò che gli è buono?
1.634Or ecco in gran diletto s'è rivolto
1.635quel che mi spiacque e m'aggravava tanto.
1.636Poi che novellamente son chiamato
1.637da sì raro giudizio a tanta impresa,
1.638non vedo l'ora di trovarmi a petto
1.639con quell'altero e di combatter seco,
1.640però ch'io spero aver vittoria grande:
1.641e non ritornerò dentr'a le mura
1.642che arò con meco i miei fedeli amici.
1.643Così diss'egli; e Belisario a questo
1.644soggiunse: I' so che 'l vostro alto valore
1.645potria far anco più difficile opra.
1.646Andate adunque, e menerete vosco
1.647il buon Traiano ed il cortese Achille,
1.648e 'l savio Areto che vi guidi al prato.
1.649Disse alor Corsamonte: Io non saprei
1.650trovare al mondo compagnia migliore.
1.651E prese a braccio il callido Traiano,
1.652e se n'andaro insieme al loro albergo
1.653per porsi l'armi e gir verso la fonte.
1.654Mentre poi che ciascun di lor s'armava,
1.655venne l'angel Palladio, ch'avea presa
1.656la vera effigie del canuto Paulo,
1.657e salutolli, e poi così gli disse:
1.658Io non so bene, altissimi guerrieri,
1.659se voi sapete ciò che avete a fare,
1.660ed in che loco periglioso andiate.
1.661Sapiate prima come quella fonte
1.662si dimanda la fonte del sanaio,
1.663e nacque da le lacrime di Areta,
1.664ch'era molto onorata in questi luoghi.
1.665Ella avea per nipote una donzella
1.666nominata Sinesia, ch'era figlia
1.667di Andrologo e de l'alta Calimnesta,
1.668ed era cara a lei come figliuola.
1.669Or questa giovinetta a morte venne
1.670per l'insidie d'Acratia, a cui fu detto
1.671che la sua terra e 'l vago suo giardino
1.672doveano per Sinesia esser summersi:
1.673onde mandò il fratello a darli morte,
1.674il quale ascoso in una oscura macchia
1.675l'accolse di saetta in mezzo il cuore.
1.676E l'infelice Areta, che la vide
1.677iacersi morta in quello erboso prato,
1.678tanto la pianse, che 'l Signor del cielo
1.679n'ebbe pietade e quel bel corpo estinto
1.680con le lagrime sue converse in fonte:
1.681e gli donò virtù che chiunque beve
1.682di sì dolce acqua, tutto si risana,
1.683onde è detta la fonte del sanaio;
1.684e giova ancor quella santissim'onda
1.685contra ogni incanto, e ratto lo dissolve.
1.686Acratia poi com'ebbe inteso questo,
1.687mandò il fratello e molta gente seco,
1.688che prese Areta e quattro sue figliuole,
1.689e tienle ancora in prigionia distrette.
1.690Dapoi pose per guardia de la fonte
1.691il detto suo fratel ch'ha nome Faulo,
1.692con Dolone e Crisonio, aspri giganti:
1.693a cui comandato ha che veglin sempre
1.694la notte e 'l dì perché nessun non beva
1.695né tocchi pur quella mirabil acqua.
1.696Ella poi diede a Faulo una armatura
1.697tutta incantata ed un destrier fatato
1.698che da l'umane ingiurie lo diffende;
1.699ed agli data una robusta lancia
1.700che fa cadere a terra ognun che tocca,
1.701ed una spada ancor che smaglia ogni arme,
1.702e come piombo la divide e parte.
1.703Poscia gli ha fatto avere una donzella
1.704per moglie, di bellissima presenza:
1.705che come guarda in lei, prende tal forza
1.706che nulla cosa al suo contrasto dura.
1.707Questo Faulo dipoi con sì fort'armi
1.708ha presi i nostri cavalier pregiati;
1.709e s'ancor tu vorrai combatter seco,
1.710Corsamonte gentil, non gioveranti
1.711l'animo ivitto e le feroci membra,
1.712che vinto rimarrai da quello incanto.
1.713Ma se v'andrai col modo che dirotti,
1.714arai vittoria, e con eterno onore
1.715darai salute a i presi tuoi compagni.
1.716Prima farai che Ligridonia resti
1.717lontana, sì che Faulo in lei non possa
1.718fermar la vista: ché mirando in ella
1.719non lo potrebbe superare il mondo.
1.720Poi piglia questo scudo e questo elmetto
1.721che tinti fur ne l'acqua del sanaio,
1.722contra li quali non aran potere
1.723l'empia sua spada e l'incantata lancia:
1.724ma guarda ben ch'ei non ti tocchi altrove.
1.725Tu poi,Traiano, in quel che si combatte
1.726cercherai di pigliar l'acqua del fonte:
1.727il che tu potrai far, correndo ad esso
1.728come da quel si partano i giganti;
1.729e presa che l'arai con le tue mani
1.730gettala in fronte a Faulo, che vedrai
1.731quindi risorger la vittoria vostra.
1.732Come ebbe detto questo, l'elmo e 'l scudo
1.733pose giù in terra, e subito spario
1.734sì leggiermente che ciascun conobbe
1.735ch'egli era un messaggier del paradiso;
1.736onde in Traiano e 'n Corsamonte fece
1.737diversi effetti quel celeste messo:
1.738Traian si rallegrò, ma Corsamonte
1.739non dimostrò di ciò molto diletto,
1.740e disse: Veramente a me non piace
1.741vincer con artificio e con inganni,
1.742ma per viva virtù, per viva forza:
1.743però prender tu pòi lo scudo e l'elmo
1.744che ha qui recati il messaggier del cielo,
1.745ch'io no i voglio portar, né voglio usarli.
1.746Così diss'egli, e 'l callido Traiano
1.747di questo suo voler molto si dolse;
1.748poi disse: Almo baron, tu prendi errore,
1.749al mio parere, a non voler pigliare
1.750il buon soccorso che dal ciel t'è dato.
1.751Già non è male usare ingegni e fraudi
1.752contra il nimico suo, pur che si vinca:
1.753ché più la fraude il vincitore onora
1.754che non onora la fortezza il vinto.
1.755Poi, se tu lasci il ben che 'l ciel ti porge,
1.756il Signor de là su poria sdegnarsi,
1.757né più voler ne' tuoi bisogni udirti.
1.758Così disse Traiano, e poscia prese
1.759le diffese del petto e de la testa
1.760ch'avea recate il messagier divino;
1.761dapoi, venuto Areto e 'l forte Achille,
1.762montaro in sella tutti, e se n'andaro
1.763verso l'antica porta di Misagno:
1.764né molto s'allongor per quella strada,
1.765che Ligridonia con söave aspetto
1.766e nuovi inganni se gli fece incontra;
1.767ma non conobbe il re de' Saraceni,
1.768perché cangiato avea 'l destriero e l'arme.
1.769Esso ben lei conobbe, e disse a gli altri:
1.770Questa è quella fallace damigella
1.771che mal condusse i cavalieri al prato.
1.772Ma Traian gli cennò, ponendo il dito
1.773sopra la bocca, e 'l saracin si tacque.
1.774Ed ella andando appresso a Corsamonte
1.775incominciò parlarli in tal maniera:
1.776Illustre cavaliero, io vi dimando
1.777aiuto a questo mio periglio estremo.
1.778Io fui figliuola del signor di Trani,
1.779e me n'andava a Taranto a marito;
1.780ed avea meco un unico fratello,
1.781il più caro donzel ch'Italia alberghi:
1.782quando trovammo un cavalier fellone,
1.783che sta di là dal ponte in una rocca.
1.784Ei prese quel garzone a tradimento,
1.785e mi minaccia ancor, s'io non gli recco
1.786subitamente una gran salma di oro,
1.787che vivo lo farà mangiare a i cani:
1.788ed io lassa non l'ho, sì che non spero
1.789mai più vedere il dolce mio fratello
1.790se qualche buon guerrier per forza d'arme
1.791no 'l toglie da le man di quel crudele.
1.792Però vi priego, cavalier soprano,
1.793che pigliate per me questa fatica:
1.794ché da mio padre arete immensi doni,
1.795ed io vostra sarò mentre ch'io viva.
1.796Così diss'ella, e i suoi sospiri ardenti,
1.797il vago aspetto e 'l suo parlar suave
1.798ebber tal forza in Corsamonte ardito,
1.799che 'l precetto divin pose in oblio:
1.800e ratto acceso di fervente amore
1.801pensò di guadagnar quella donzella,
1.802onde si offerse pronto al suo servigio,
1.803e se n'andò con lei di là dal ponte.
1.804Traian dolente il richiamava indarno
1.805ma Corsamonte non l'udia, ch'avea
1.806da quel fiero disio chiuse l'orecchie;
1.807e Ligridonia, poi che tanto bello
1.808il vide, si pensò con questo inganno
1.809condurlo a poco a poco entr'al palazzo
1.810d'Acratia, e qui tenerlo a suo comando:
1.811onde con sguardi e con parole dolci
1.812seco il menava, e caminavan forte,
1.813che parean navi spinte da buon vento,
1.814tal che da gli occhi lor si dileguaro.
1.815Traian rimase con dolore immenso,
1.816giudicando il baron perduto e morto,
1.817poi che seguir volea quella sirena;
1.818e come quando il mar con onda sorda
1.819si turba, e dentro a sè tutto s'annera,
1.820ma non si muove in questa parte o in quella
1.821fin che non spira apertamente il vento:
1.822così quel gran baron dentr'al suo petto
1.823stava turbato, e in dui pensier suspeso;
1.824l'uno era di tornarsi entr'a la terra
1.825e dire il tutto a Belisario il grande,
1.826l'altro fu poi di esporsi a quel periglio
1.827per trar gli amici suoi dal duro incanto.
1.828Così pensando, a lui parve esser meglio
1.829seguir l'impresa senza Corsamonte;
1.830a questo ancor spronollo il buon Achille,
1.831che disse a lui queste parole tali:
1.832Almo baron pien d'animo e d'ingegno,
1.833se Corsamonte è disvïato altronde,
1.834non restiam noi di far l'officio nostro:
1.835per ch'io combatterò con quell'altero;
1.836e s'egli avesse ben le man di fuoco,
1.837le man di fuoco e 'l cuor di ferro ardente,
1.838m'affronterò con lui senza paura,
1.839e spero ancor di riportarne onore.
1.840Così gli disse Achille, e 'l buon Traiano
1.841rispose: Cortesissimo barone,
1.842tu non intendi la mirabil arte
1.843di quest'incanto, e in che consista il fatto.
1.844Pur, se combatter vuoi, piglia quest'elmo
1.845e questo scudo, e non temer di morte,
1.846ma desta arditamente il tuo valore.
1.847Io poscia essequirò quell'altre cose
1.848che comandommi il messaggier del cielo.
1.849E così detto, tutti quanti insieme
1.850si dipartiro, e giunsero nel prato
1.851ov'era Faulo a lato a la fontana,
1.852Questi, come gli vide a sè venire,
1.853saltò d'un salto armato su la sella
1.854e gli andò contra con feroce aspetto;
1.855e 'l buon Achille incontro a lui si fece,
1.856e parlando gli disse in questo modo:
1.857Io penso, cavalier pien di virtute,
1.858che presi abbiate alcuni miei compagni;
1.859ond'io vi priego che vogliate darli
1.860in dietro a me, ch'io vi sarò cortese:
1.861e se no 'l fate, io li vorrò per forza.
1.862Forza non conosch'io che me gli tolga,
1.863rispose Faulo; e sono aggiunti in loco
1.864che poco teme di argumento umano.
1.865Se volete però con noi provarvi,
1.866i' son contento: e s'io vi getto in terra
1.867sarete mio prigione, o sarò vostro,
1.868quando m'abbiate voi disteso a l'erba.
1.869Così parlava Faulo, e questo patto
1.870non spiacque punto a l'onorato Achille,
1.871il qual rispose: I' son molto contento
1.872di tal partito, e gli toccò la mano.
1.873Poi volsero i destrieri e preser campo,
1.874e vennersi a incontrar con gran furore.
1.875L'acerbo Faulo con la forte lancia
1.876accolse Achille in mezzo al forte scudo
1.877che l'angelo gli diede, il qual difese
1.878quell'ardito baron dal duro incanto:
1.879né sta sì ferma una robusta quercia
1.880nata e cresciuta in qualche aprica riva
1.881quando è percossa da rabbioso vento,
1.882come allor fece il buon Achille in sella.
1.883E parimente anch'ei percosse Faulo
1.884con la sua lancia in cima de la testa,
1.885e per l'elmo incantato a lui non nocque:
1.886ma ben sopra le groppe del corsiero
1.887lo stese, onde perdeo la staffa manca.
1.888Dapoi rizzossi, e come vide in sella
1.889esser l'incontro suo, tutto s'accese
1.890di sdegno e d'ira, e biastemando disse:
1.891Può fare Iddio che tu non sia caduto?
1.892La tua mala fortuna, o 'l mio destino
1.893t'ha tenuto a caval per ch'io ti faccia
1.894morder la terra e insanguinare il prato.
1.895E detto questo trasse fuor la spada
1.896et andò verso lui con gran fierezza;
1.897e dielli un aspro colpo in su la testa,
1.898credendolo partir fin a le spalle:
1.899ma l'elmo santo lo campò da morte.
1.900Il fiero Achille anch'ei menava spesso
1.901spietati colpi, e tutti erano indarno,
1.902ché l'aversario suo possente e forte
1.903da l'incantate piastre era diffeso.
1.904In questo tempo l'angelo dal cielo
1.905venne a la fonte, in forma di valetto:
1.906e parea che furasse i forti scudi
1.907e le mazze e le spade a quei giganti,
1.908e le portasse via di là dal ponte;
1.909ond'essi dietro gli correan cridando
1.910Al ladro, al ladro, or ora i' te ne pago;
1.911e tanto ben fu quella cosa ordita,
1.912che ognun di loro aria giurato certo
1.913di non averle, e pur le aveano a canto:
1.914ma ben coperte d'una nebbia oscura,
1.915che la lor vista non potea vederle;
1.916però gli andavan dietro con furore
1.917cercando d'acquistar quel ch'era seco,
1.918e così andando abbandonar la fonte.
1.919Il che vedendo, il callido Traiano
1.920s'accostò ad essa, e prese con le mani
1.921l'onda divina, e verso Faulo corse:
1.922il qual si volse, e nel medesmo tempo
1.923si sentì l'acqua dar dentr'a la fronte,
1.924onde cridò, con una voce orrenda
1.925tre volte: Ligridonia, Ligridonia,
1.926Ligridonia crudel, perché mi lasci?
1.927Ed ella era da lui tanto lontana,
1.928che non udì quella terribil voce,
1.929e risponder non pote al suo chiamare.
1.930Come poi l'arme ch'egli avea d'intorno
1.931toccate fur da la santissim'onda,
1.932cadder sul prato, ed ei rimase senza:
1.933onde gli nacque al cuor dolore immenso.
1.934Dapoi discese in terra per pigliarle,
1.935e subito il destrier se ne fuggìo:
1.936il che vedendo, disperossi in tutto,
1.937e prese lagrimando la sua spada
1.938per darsi morte con la propria mano.
1.939Questo vedendo, l'onorato Achille,
1.940che giù del suo corsiero era disceso
1.941per combatter con lui senza vantaggio,
1.942lo prese per lo braccio e disse: Adunque
1.943voi volete in voi stesso esser crudele?
1.944non perdiate la speme, perciò ch'io
1.945generato non fui senza pietade:
1.946e sol combatto per aver onore,
1.947non per veder la morte de le genti.
1.948Faulo, come si vide anco impedire
1.949la propria morte, suspirando disse:
1.950Illustre cavaliero, a voi mi rendo,
1.951che così vol la mia fortuna adversa;
1.952e presa la sua spada per la punta
1.953appresentolla a l'onorato Achille.
1.954Achil la tolse, e poi così gli disse:
1.955Non temiate, baron, d'alcun oltraggio.
1.956Fate pur che i diletti miei compagni
1.957vengan qui tosto, ch'io sarò cortese.
1.958Ed egli: E' sono a Gnatia imprigionati
1.959nel bel giardin d'Acratia mia sorella,
1.960né gli potrete aver se non v'andate;
1.961e se v'andate ancor, forse ch'arete
1.962fatica e danno assai nel trarli quindi.
1.963Sdegnossi il forte Achille, e risguardollo
1.964con gli occhi torti, e poi così gli disse:
1.965Sfacciato cavalier, tu pensi adunque
1.966tener gli amici miei legati e presi?
1.967Io ti farò pentir di tanto errore
1.968ben teniroti vivo infin ch'io gli abbia;
1.969poi si farà di te quel che conviensi
1.970a così vile e perfido prigione.
1.971E detto questo, subito legollo
1.972con le catene de la briglia a un pino.
1.973Era de là dal ponte una gran torre,
1.974cinta di fossi e di superbe mura,
1.975la quale avean quella mattina i Gotti
1.976lasciata, e v'era una sol vecchia dentro,
1.977povera, e che vivea de le sue mani.
1.978Quivi l'angel Palladio a poco a poco,
1.979mostrando di fuggir, guidò i giganti;
1.980e 'l prudente Traian, che gli avea visti
1.981con quel valetto andar de là dal ponte,
1.982gli tenne dietro, per veder se questo
1.983fosse un inganno, o se facean ritorno.
1.984Ma come giunto fu su 'l ponte, vide
1.985l'angel Palladio uscir fuor de la rocca,
1.986che parea proprio un cavaliere errante;
1.987che disse a lui queste parole tali:
1.988Entra, savio guerrier, nel bel castello
1.989che fu staman da i Gotti abandonato
1.990con tanta fretta, che lasciaron ivi
1.991e molte vittüarie e molte robbe.
1.992Quivi vedrai che i perfidi giganti
1.993si son per sè medesmi imprigionati.
1.994Così disse, e disparve come un vento:
1.995onde rimase il buon Traiano allegro,
1.996ché ben conobbe il messaggier del cielo.
1.997E subito n'andò dentr'a la porta
1.998de l'alta rocca che trovossi aperta;
1.999e vide una vecchietta che sedeva
1.1000presso l'entrata, e che filava lana:
1.1001la qual veduti non avea i giganti,
1.1002perché d'oscura nebbia eran coperti;
1.1003ma ben vide Traiano, e in piè levossi
1.1004timida, e fece riverenza a lui,
1.1005ed ei le dimandò con tai parole:
1.1006Ditemi, madre mia, che gente alberga
1.1007in questo bel castello ove voi siete?
1.1008Ed ella prestamente gli rispose:
1.1009Signor, qui solean star cinquanta Gotti;
1.1010ma questa man per tempo se n'andaro,
1.1011e mi lasciaro, come voi vedete,
1.1012sola, per guardia di sì gran fortezza.
1.1013Il buon Traian sorrise, e disse: Adunque
1.1014voi lascierete a me questa alta rocca,
1.1015che molto meglio guarderolla, e forse
1.1016vi farò compagnia non manco buona
1.1017di quella che facea quell'altra gente.
1.1018E detto questo, si fé dar le chiavi
1.1019del gran castello, e ricercandol tutto
1.1020vide serrati in un serraglio oscuro
1.1021i dui giganti, e chiuse lor la uscita,
1.1022sì che più non poteano indi partirsi.
1.1023Dapoi tornossi a l'onorato Achille
1.1024ed ad Areto, e disse come avea
1.1025vista una torre, e i dui giganti presi,
1.1026che saria buona ancor da porvi Faulo;
1.1027e tutto gli narrò ciò che avea fatto,
1.1028che fu giocondo a quei baroni eletti.
1.1029Poi sciolser Faulo dal fronduto pino
1.1030subitamente, e lo condusser ivi,
1.1031e lo rinchiuser ne l'estremo fondo
1.1032de la più forte e inespugnabil torre.
1.1033Or mentre che facean questi negozi
1.1034vi sopragiunse l'ombra de la notte:
1.1035Onde per non tornar dentr'a la terra
1.1036senz'aver sprigionati i lor compagni
1.1037rimaser quivi ad aspettar l'aurora.
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