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1.1Divino Apollo, e voi celesti Muse,
1.2ch'avete in guardia i glorïosi fatti
1.3e i bei pensier de le terrene menti,
1.4piacciavi di cantar per la mia lingua
1.5come quel giusto ch'ordinò le leggi
1.6tolse a l'Italia il grave ed aspro giogo
1.7de gli empi Gotti, che l'avean tenuta
1.8in dura servitù presso a cent'anni:
1.9per la cui libertà fu molta guerra,
1.10molto sangue si sparse, e molta gente
1.11passò 'nanz'il suo dì ne l'altra vita,
1.12come permesse la divina altezza.
1.13Ma dite la cagion che 'l mosse prima
1.14a far sì bella e glorïosa impresa.
1.15L'altissimo Signor che 'l ciel governa
1.16si stava un dì fra le beate genti
1.17risguardando i negozi de' mortali,
1.18quando un'alma Virtù, che Providenza
1.19da voi si chiama, sospirando disse:
1.20O caro padre mio, da cui dipende
1.21ogni opra che si fa là giuso in terra,
1.22non vi muove pietà quando mirate
1.23che la misera Italia già tant'anni
1.24vive sugetta ne le man de' Gotti?
1.25Egli è pur mal che la più bella parte
1.26del mondo si ritruovi in tanti affanni,
1.27in tanta servitù senza soccorso;
1.28pur è passato il destinato tempo
1.29che fu permesso agli angeli nocivi
1.30ch'inducessero in lei tanta ruina
1.31per penitenza de i commessi errori.
1.32Or che la pena avanza ogni delitto
1.33fatela Signor mio libera e sciolta,
1.34come talor mi fu per voi promesso.
1.35Rispose sorridendo il Padre Eterno:
1.36Figliuola, il tuo pensier molto m'aggrada.
1.37Non dubbitar, che già vicino è 'l tempo
1.38da doversi esequir la mia promessa;
1.39ché ciò ch'io dico e con la testa affermo
1.40non può mancar per accidente alcuno.
1.41E detto questo, si tirò da parte,
1.42seco stesso pensando il tempo e 'l modo
1.43da porre in libertà quel bel paese;
1.44e discorrendo al fin gli parve meglio
1.45mandare in sogno al correttor del mondo
1.46l'angelo Onerio, e subito chiamollo,
1.47ed in tal modo a lui parlando disse:
1.48Onerio mio, come si corchi il sole,
1.49prima ch'esca de l'onde un'altra volta,
1.50va truova in sogno quel famoso e grande
1.51Giustinïano imperador del mondo,
1.52che or siede glorïoso entr'a Durazzo,
1.53per la vittoria d'Africa superbo.
1.54Digli per nome mio che 'l tempo è giunto
1.55da por la bella Ausonia in libertade;
1.56e però quelle genti e quelle navi
1.57che ha preparate per mandare in Spagna
1.58a far vendetta de le gravi offese
1.59che fece quella gente a i suoi soldati
1.60quando a la guerra d'Africa si stava,
1.61ora le mandi nell'Italia afflitta:
1.62che 'n brieve tempo co 'l favor del cielo
1.63la torrà da le man di quei tiranni
1.64e farà degno e glorïoso acquisto
1.65de la sua vera e ben fondata sede.
1.66L'angel di Dio dopo il divin precetto
1.67tolse la Visïone in compagnia,
1.68e lieto se n'andò volando a Roma,
1.69poi si vestì de la canuta imago
1.70del vicario di Cristo, e caminando
1.71per piani monti e mar giunse a Durazzo;
1.72e quivi inanzi l'apparir de l'alba
1.73trovò l'imperador dal sonno oppresso
1.74ne la camera sua sopra il suo letto;
1.75e stando appresso l'onorata testa
1.76fatto simile al Papa, in tai parole
1.77sciolse la grave sua cangiata voce:
1.78O buon pastor de' popoli, tu dormi
1.79e lasci il grege e le tue mandre a i lupi?
1.80Non deve mai dormir tutta la notte
1.81quel che siede al governo de le genti.
1.82Svegliati almo signor, che 'l tempo è giunto
1.83da por la bella Ausonia in libertade;
1.84però da parte de l'eterno Sire
1.85ti fo saper che quella gente ch'hai
1.86qui preparata per mandare in Spagna
1.87la mandi nell'italico terreno:
1.88che 'n brieve tempo co 'l favor del cielo
1.89lo torrai da le man di quei tiranni,
1.90e farai degno e glorïoso acquisto
1.91de la tua vera e ben fondata sede.
1.92Così diss'egli, e subito sparìo,
1.93lasciando tutta quell'aurata stanza
1.94piena di rose e di celeste odore.
1.95Svegliossi il gran signore, e ben conobbe
1.96ch'era l'angel di Dio quel che gli apparve;
1.97e disse al fido Pilade, che sempre
1.98stava al governo de la sua persona:
1.99Pilade, non dormir, ma surgi, e tosto
1.100porgime i panni miei, ch'io vo' levarmi
1.101ch'esser non può molto da lunge il giorno.
1.102Levossi il cameriero, e tolse prima
1.103la camisia di lin sottile e bianca,
1.104e la vestì su l'onorate membra;
1.105poi sopra quella ancor vestì il giuppone,
1.106ch'era di drappo d'oro; indi calciolli
1.107le calze di rosato, e poi le scarpe
1.108di veluto rosin gli cinse a i piedi;
1.109e fatto ch'ebbe questo, appresentolli
1.110l'acqua a le man con un mirabil vaso
1.111di bel cristallo, e sott'a quel tenea
1.112un vaso largo di finissim'oro:
1.113ond'ei se ne lavò le mani e 'l volto,
1.114ed asciugolle ad un bel drappo bianco,
1.115di riccamo gentil fregiato intorno,
1.116che Filocardio suo scudier gli porse;
1.117d'indi gli pettinò la bionda chioma,
1.118ondosa e vaga, et adattò sovr'essa
1.119l'imperïal bereta e la corona
1.120di ricche gemme varïata e d'oro.
1.121Dapoi sopra il giuppon messe una vesta
1.122di raso cremesin, che intorno al collo
1.123e intorno al lembo avea riccami eletti,
1.124e quella cinse d'onorevol cinta.
1.125Al fin vestigli il sontüoso manto
1.126di drappo d'oro altissimo e superbo,
1.127di cui tre palmi si traea per terra;
1.128questo affibiò sopra la destra spalla
1.129con una perla sua rotonda e grossa
1.130più che una grossa noce, e tanto vaga
1.131e di sì bianco e splendido colore,
1.132ch'una provincia non poria pagarla:
1.133perch'era unico fior de la natura.
1.134La bella aurora che ci rende il giorno
1.135fatto avea bianco tutto l'orïente,
1.136quando il pastor de i popoli del mondo
1.137s'assise sopra una gran sedia d'oro,
1.138e chiamar fece i consüeti araldi,
1.139e disse:O fidi e diligenti messi
1.140che solete essequire i miei mandati,
1.141trovate i regi, i capitani e i duchi
1.142ed ogni cavalier pregiato e grande
1.143che dimora nel campo o ne la terra;
1.144ditegli che ho bisogno esser con loro
1.145per consigliarmi d'importanti cose,
1.146e però tutti vengano a trovarmi;
1.147ma prima dite a Belisario il grande,
1.148a Paulo ed a Narsete ed Aldigieri
1.149che senza indugio alcun vengano a corte.
1.150Dopo l'imperïal comandamento,
1.151i buoni araldi subito n'andaro,
1.152e chiamaro al consiglio ogni signore;
1.153i quali adorni di superbe veste
1.154sopra feroci e morbidi corsieri,
1.155accompagnati da le lor famiglie
1.156e da molti soldati e molti amici,
1.157cominciarono andar verso 'l palazzo.
1.158Già Belisario e Paulo ed Aldigieri
1.159e 'l callido Narsete erano aggiunti,
1.160e se n'andor con riverenza molta
1.161al sommo imperador, ch'allegramente
1.162gli accolse prima, e poi seder gli fece;
1.163ed in tal guisa a lor parlando disse:
1.164L'amor che mi portate e 'l grande ingegno
1.165che 'n voi conosco e la prudenzia rara
1.166fan che 'l vostro consiglio appregi ed ami
1.167più d'alcun'altro che si truovi al mondo;
1.168e sempre a voi come a i più cari amici
1.169spiego ogn'alto pensier ch'al cuor mi nasce.
1.170Sapete ben che per consiglio vostro
1.171questa fiorita gente e queste navi
1.172fur preparate per mandare in Spagna;
1.173or questa notte l'angelo m'apparve
1.174in sogno, e mi comette ch'io la mandi
1.175a por la bella Ausonia in libertade,
1.176e racquistar quella perduta sede.
1.177Però da l'un de' lati risguardando
1.178al voler di Colui che 'l ciel governa,
1.179non posso rifiutar quest'alta impresa;
1.180pensando poi da l'altra parte come
1.181i Gotti in armi son tanto feroci,
1.182ed han sì buona e bellicosa gente
1.183che sarà gran fatica a superarli,
1.184temo che questo dia molto spavento
1.185a le mie genti, e le ritenga indietro;
1.186ond'io per discoprir le menti loro
1.187ho fatto convocare al mio consiglio
1.188i capitani e i cavalier pregiati,
1.189e preporrò quest'onorata guerra,
1.190e vederò come saranno ardenti.
1.191Ma se per caso poi, che Dio nol voglia,
1.192si mostreranno timidetti e freddi
1.193a così glorïoso e bel passaggio,
1.194infiammateli voi con tai sermoni,
1.195che non si sturbi sì lodata impresa.
1.196Come l'imperadore ebbe fornito,
1.197allora il saggio e venerando Paulo
1.198conte d'Isaura con sembiante umano
1.199levossi in piedi, e disse este parole:
1.200O sacro imperador, ch'in terra siete
1.201la viva imago del Signor del cielo,
1.202questo parlar che l'angelo v'ha fatto
1.203non è da riputar fallace e vano,
1.204poi che 'l Motor de le sustanze eterne
1.205lo manda al maggior uom che 'l mondo alberghi.
1.206Ognun sa che l'Italia a voi s'aspetta,
1.207che già tant'anni v'occuparo i Gotti;
1.208onde ve la promesse Amalasunta
1.209pria che morisse, e poi Teodato ancora
1.210giurò di darla, e non servò la fede.
1.211Però sarà ben fatto a liberarla
1.212da le pergiure man di quei tiranni,
1.213e seguire il camin che 'l ciel ne mostra.
1.214Dunque Narsete e Belisario intenti
1.215starete ad essequir ciò ch'ei v'ha detto;
1.216a che se fia bisogno il parlar nostro,
1.217ed Aldigieri ed io non mancheremo.
1.218Così detto e risposto, in piè levossi
1.219il sommo imperadore, e tolse in mano
1.220il scettro, e s'avviò verso la porta
1.221per gir nel convocato suo consiglio.
1.222Quivi eran molti re, molti signori
1.223e molti cavalier, ch'eran venuti
1.224per farli compagnia fin a quel loco:
1.225in mezzo a cui fu posto, e caminando
1.226avanzava ciascun ch'avea d'intorno
1.227di beltà, di presenza e di grandezza.
1.228Non altrimente che nel ciel sereno
1.229con la fraterna luce il bel pianeta
1.230ogni altra stella di bellezza avanza,
1.231le quali, avegna che sian belle e grandi
1.232quando per se medesme in ciel si stanno,
1.233ma poscia appresso l'infiammata luna
1.234paion esser di lei suggette ancelle;
1.235così quei re, che tra le genti loro
1.236eran formosi ed alti, nel conspetto
1.237di quel ch'avea dal ciel sì largo onore
1.238parean tutti di lui suggetti e servi;
1.239onde alcun che vedea tanta bellezza
1.240giunta col fior d'ogni virtù terrena
1.241disse: Beato il ventre u' foste ascoso,
1.242e benedetto il dì ch'al mondo usciste.
1.243In questo modo il re de gli altri regi
1.244accompagnato gìa di sala in sala
1.245sin che fu al loco apparechiato, e grande.
1.246Questo era una basilica superba,
1.247larga trecento piedi e cinquecento
1.248lunga, ch'intorno avea molte colonne
1.249appresso i muri altissime e rotonde,
1.250de le quai l'una era di marmo bianco,
1.251l'altra di duro porfido, ch'avea
1.252le base d'oro e 'l capitel d'acciale;
1.253ma quelle bianche avean la testa d'oro
1.254e 'l piè d'accial, quasi contrarie a l'altre.
1.255Fra queste erano statue grandi e belle
1.256qual d'oro, qual di marmo, qual d'argento,
1.257qual di metal, di sì mirabil arte
1.258e di sì dotta man, che parean vive;
1.259intorno a cui finissimi lavori
1.260eran di serpentine e d'altri marmi
1.261ch'avanzavan di grazia ogni pittura.
1.262Poi gli architravi sopra le colonne
1.263eran di marmo, e susteneano il volto
1.264di fine pietre varïato e d'oro;
1.265di fine pietre ancora il pavimento
1.266era composto, e di sì bei colori,
1.267ch'era diletto grande a riguardarlo.
1.268Da l'un de' capi avea un suggesto altero
1.269coperto di bellissimi tapeti,
1.270in mezzo al quale era una sedia d'oro
1.271a la qual si salia per cinque gradi
1.272ch'eran coperti tutti di veluto;
1.273e sopra lei pendeva un'alta ombrella
1.274d'oro e di grosse perle adorna e vaga.
1.275Quivi s'assise il correttor del mondo,
1.276intorno a cui presso a gli estremi gradi
1.277eran dodeci seggi, ove sedero
1.278i dodeci compagni del signore
1.279che 'l vulgo indotto poi chiamaron conti,
1.280questi eran duchi di valore immenso,
1.281ch'aveano il primo e 'l più onorevol grado
1.282che si potesse dare in quella corte;
1.283da ciascun lato poi de l'alto seggio
1.284eran dieci altre sedie ornate e grandi,
1.285a le quai s'ascendea sol per tre gradi;
1.286quivi sederon venti eccelsi regi
1.287ch'a l'imperio di Roma eran suggetti,
1.288e tutti alor trovavansi in Durazzo;
1.289gli altri signori poi, baroni e duchi
1.290e capitani e cavalier pregiati,
1.291tutti sedean per l'onorata sala
1.292di grado in grado, ognun post'al suo loco,
1.293di che dodeci araldi avean la cura;
1.294ma per la molta gente ch'abondava
1.295con gran fatica a pena gli assettaro.
1.296Dapoi mandate fuor l'altre persone
1.297che non doveano stare entr'al consiglio,
1.298fu comandato che ciascun tacesse,
1.299ma come in mar che da rabbiosi venti
1.300gonfiato freme, poi che restan queti
1.301rimane un mormorar per entro l'onde;
1.302o qual campana che a disteso suoni,
1.303poi ch'è restata di sonar si sente
1.304per alcun spazio rimbombar d'intorno;
1.305così dopo 'l tacer di tante lingue,
1.306restava un mormorio dentr'a la sala:
1.307né si chetò, se non quando levossi
1.308il sommo imperador co 'l scettro in mano.
1.309Questo era mezzo d'un avorio bianco
1.310e mezzo d'un verzin che parea sangue,
1.311e quattro cerchi d'oro avea d'intorno
1.312e tere d'argento, e in cima eran lavori
1.313tanto eccellenti, e sì perfette gemme,
1.314che non fu visto mai cosa sì bella:
1.315questo l'eterno Dio mandò dal cielo
1.316al suo gran Costantino, e morto lui
1.317stette nascoso poi molti e molt'anni,
1.318e d'indi al buon Todosio ancor pervenne;
1.319e dietro a quello il Re dell'universo
1.320al gran Giustinïan volse donarlo,
1.321con cui reggeva i popoli del mondo;
1.322a questo egli appoggiato,in tai parole
1.323sciolse la dolce e risonante voce:
1.324Cari fedeli, e venerandi amici
1.325nel cui consiglio e nel cui gran valore
1.326s'appoggia e si riposa il nostro impero,
1.327dapoi che 'l Re delle sustanze eterne
1.328mi pose in questa glorïosa sede
1.329ho sempre avuto un desiderio immenso
1.330di far cose condegne a tant'altezza.
1.331Ma qual si poria far cosa più degna
1.332che racquistarle le perdute membra?
1.333Per questo solo in Africa mandai,
1.334e racquistai tutto quel gran paese
1.335ch'esser si crede il terzo de la terra;
1.336ma quello è nulla, infin che non s'acquista
1.337il nostro vero seggio e 'l nostro capo:
1.338Questo è l'Italia e l'onorata Roma,
1.339ch'infelice si truova in man de' Gotti.
1.340Questo mi par che Dio sempre dimandi,
1.341e questo è dove ho volto ogni pensiero;
1.342però vorrei mandar la nostra gente
1.343che qui d'intorno ragunata avemo
1.344a porre in libertà l'Italia afflitta,
1.345e racquistar la mia perduta sede.
1.346Ben ho speranza de vittoria certa,
1.347poi che 'l gran Belisario tolse a loro
1.348sì agevolmente la Sicilia, quando
1.349vittorïoso d'Africa tornava;
1.350ma voi, che per prudenza conoscette
1.351e le presenti e le future cose,
1.352cdite il vostro parer senza rispetto,
1.353e soccorrete a l'alto mio bisogno.
1.354Come ebbe detto questo, alzò le ciglia
1.355e volse gli occhi al viso di ciascuno,
1.356poi risedeo ne l'onorato seggio
1.357attendendo il parlar di quei signori;
1.358ma ciascun d'essi tacito si stava,
1.359ed aspettava che parlasse prima
1.360il consule roman, com'era usanza.
1.361Trovossi allora consule Giovanni
1.362figliuol d'Antinodoro e di Erifila,
1.363che da tutti Salidio era chiamato;
1.364costui di Cappadocia fu nativo,
1.365e venne in corte a sì sublime onore,
1.366che fu fatto prefetto del Palazzo.
1.367Questo era astuto ed arrogante molto,
1.368ed atto a persuader ciò che volea;
1.369e tanto invidïoso de la gloria
1.370di Belisario e del suo gran valore,
1.371che non volgeva mai la mente ad altro;
1.372onde volendo disturbar l'impresa
1.373rispose astutamente in tal maniera:
1.374O sacro imperador, che per sustegno
1.375v'elesse Dio de le sue caste leggi,
1.376la grande umanità ch'alberga in voi
1.377mi fa sicuro a dir ciò che m'occorre
1.378senza timore alcun di farvi offesa;
1.379perché voi non credete essere amato
1.380da quel che afferma ciò che dir vi sente,
1.381ma da colui che a l'onor vostro ha cura;
1.382né avete a sdegno che vi parli contra
1.383quel che a l'util di voi volge il pensiero:
1.384certo il principio d'ogni buon consiglio èè quando 'l vero volentier s'ascolta.
1.385Io non dirò che 'l far la guerra a i Gotti
1.386non è cosa cortese, e manco è giusta,
1.387ma che fia piena d'infiniti mali;
1.388e se ben la vittoria adombra tanto
1.389che fa scordarci ogni passato affanno
1.390pur, s'el fin d'ogn'impresa il ciel nasconde,
1.391buon è pensar che questa guerra ancora
1.392potrebbe uscir contraria a la speranza;
1.393e l'uom dee co 'l consiglio antivenire
1.394ogni negozio uman, perché il pentirse
1.395dopo l'effetto è da non saldo ingegno.
1.396Ah, se questo avenisse, in qual periglio
1.397saria la gloria vostra e 'l vostro impero!
1.398Dunque fia meglio a star sicuro e queto
1.399che viver con perigli e con fatiche.
1.400Già son molt'anni che Zenone Isauro
1.401imperador de le mondane genti,
1.402visto che 'l re de gli Eruli Odoacro,
1.403Augustulo deposto e morto Oreste,
1.404avea l'Italia ingiustamente oppressa,
1.405commise al buon figliuol di Teodemiro,
1.406che fu nomato Teodorico il grande,
1.407giovane audace e di leggiadro ingegno,
1.408ch'andasse a liberar l'Italia afflitta.
1.409Questi v'andò con tutti quanti e' Gotti
1.410che si trovava aver sott'il suo regno,
1.411e con molta fatica e molti affanni
1.412la tolse a quel superbo empio tiranno;
1.413d'indi la possedeo molt'anni e molti
1.414osservando di lei l'antiche leggi,
1.415e mentre visse ci fu sempre amico;
1.416e tal fu Amalasunta sua figliuola,
1.417né di Teodato ancor possiam dolerci,
1.418che la Sicilia tacito ci lascia;
1.419qual causa dunque abbiam di farli guerra?
1.420Mai non si loda chi s'appiglia al torto.
1.421Essi hanno ancor sì bellicosa gente,
1.422e in tanta quantità, che metter ponno
1.423dugento millia in arme a la campagna;
1.424tal che un palmo di terra non torremo
1.425che non ci costi assai tesoro e sangue.
1.426Questa dunque mi par non giusta impresa,
1.427e di fatica e di periglio estremo;
1.428però saria prudenza abandonarla:
1.429né già ci mancheran molt'altre parti
1.430d'acquistar terra e glorïosa fama.
1.431Ecci la Spagna, coi fallaci Mauri
1.432che uccisero in Numidia il forte Algano
1.433e 'l giusto Salamone e 'l buon Ruffino
1.434e molta nostra valorosa gente,
1.435tutta con tradimenti e con inganni;
1.436e meglio fia punir che ci è nimico
1.437che muover guerra a che ci serve ed ama.
1.438Questo è il consiglio, imperador supremo,
1.439che 'l mio debole ingegno mi dimostra;
1.440e s'ei non è molto feroce in vista,
1.441al meno è pien d'amore e pien di fede.
1.442Al parlar di Salidio assai signori
1.443s'eran commossi, o per le sue parole
1.444o pur che fossen da viltade offesi:
1.445ma sopra tutti il re de' Saraceni,
1.446che si nomava Areto, e fu figliuolo
1.447de la bella Zenobia e di Gaballo;
1.448questi per la paura d'Alamandro
1.449aria voluto tutte quelle forze
1.450passar ne l'Asia, e non verso 'l Ponente;
1.451però, levato in piè, con bel sembiante
1.452fé riverenza al correttor del mondo,
1.453poi disse accortamente este parole:
1.454O re di tutti e' re che sono in terra,
1.455l'immenso amor ch'io porto a questo impero
1.456e i benefici che la vostra altezza
1.457m'ha conferiti con sì larga mano,
1.458fan ch'io non schifo mai di sottopormi
1.459ad ogni grave e periglioso incarco
1.460che vi diletti o che v'apporti onore,
1.461perch'io vorrei per voi spender la vita.
1.462Pur meco rivolgendo entr'al pensiero
1.463tutto 'l parlar che 'l consule v'ha fatto
1.464con bel discorso ed ottime ragioni,
1.465creder mi fa che saria forse il meglio
1.466lasciare i Gotti star ne la sua pace,
1.467e volger queste forze a l'orïente:
1.468ove Corrode ed Alamandro il fiero
1.469non pensan altro mai che farvi danno;
1.470poi non so quanto sia sicura impresa
1.471far guerra in occidente avendo dietro
1.472un sì possente e perfido nimico,
1.473che vi disturbarà ciascun dissegno.
1.474Mai non fu buon lasciar dopo le spalle
1.475cosa che possa dar troppo disturbo;
1.476ma se co i Persi piglierete guerra,
1.477i Gotti staran queti, e forse ancora
1.478ci potrebbon donare alcuno aiuto.
1.479Vinta che fia la Persica possanza,
1.480non arete nel mondo altro contrasto,
1.481né mai così dirò, sarete cheto,
1.482fin che l'imperio lor non si ruini.
1.483Questo non dico per fuggir fatica,
1.484che seguir voglio le romane insegne
1.485ovunque il voler vostro o 'l ciel le volga.
1.486Fornito il suo parlar, chinò la testa
1.487verso l'imperador con gesto umìle
1.488e ne la sedia sua si risedette.
1.489Il ragionar di Areto avea piaciuto
1.490a molti di quei re de l'orïente,
1.491ed a qualcun che non volea travaglio;
1.492e già s'apparecchiava a confirmarlo
1.493Zamardo re d'Iberia e 'l re de i Laci;
1.494di che s'avidde Belisario il grande,
1.495e disse verso il callido Narsete:
1.496Surgi, non pensar più figliuol d'Araspo;
1.497snoda la dotta ed eloquente lingua,
1.498ch'io veggio a i detti lor volta la gente;
1.499onde dubito assai che sarén tardi
1.500a satisfar la voglia del signore.
1.501Narsete nacque già ne i Persarmeni,
1.502e fu figliuol d'Araspo e di Calena,
1.503che di quel gran paese avea 'l governo,
1.504questi poi venne a la famosa corte
1.505de l'onorato figlio di Giustino
1.506con Arato ed Isarco suoi fratelli,
1.507e per lo suo meraviglioso ingegno
1.508posto al governo fu d'ogni tesoro,
1.509ed era un uom d'un'eloquenzia rara.
1.510Costui, levato in piè, guardò la terra,
1.511poi volse gli occhi gravemente intorno
1.512e cominciò parlare in questo modo:
1.513Quando meco ripenso quel che ha detto
1.514l'imperadore, e le risposte fatte,
1.515resto molto confuso entr'a la mente:
1.516Ei brama liberar l'Esperia afflitta
1.517e racquistar la sua perduta sede;
1.518e l'un consiglia di mandare in Spagna,
1.519e l'altro contra i Persi in Oriente:
1.520parendoli più agevol quelle strade
1.521che non ponno espedirsi in qualche mese
1.522che questa, che si fa quasi in un giorno.
1.523Ah, come è duro mantener con arte
1.524quella ragion che non risponde al vero!
1.525Ma perché molto il buon Salidio afferma
1.526la guerra contra ' Gotti essere ingiusta,
1.527e di fatiche e di perigli piena,
1.528fia buon considerar queste due parti.
1.529Né vo' negar ch'ogni famosa impresa
1.530non sia d'affanni e di sudori involta:
1.531perché il bene è figliuol de la fatica,
1.532e guerra non fu mai senza perigli.
1.533Ma se 'l gir contra ' Gotti ha tanto peso,
1.534che son qui presso, e fra le nostre genti
1.535che braman di por giù sì duro giogo;
1.536quanto saria più grave andare in Spagna,
1.537che tanto è lunge, e fra una gente fiera
1.538che suol quasi adorare i suoi Signori!
1.539Certo non ponerem sì tosto il piede
1.540ne gl'italici liti, che 'l paese
1.541tutto ribellerà da quei tiranni.
1.542Quindi arem gente e vittüarie molte,
1.543e terre e mura ancor da repararsi:
1.544che gran ristauro è di ciascun passaggio
1.545l'amica volontà de gli abitanti;
1.546la qual non vi saria, chi andasse in Spagna,
1.547e manco in Persia o in più lontana parte.
1.548Ben che non si devria parlar de' Persi,
1.549avendo seco una infinita pace,
1.550ché scelerata cosa è il romper fede.
1.551Poi, se 'l fin de le guerre è sempre incerto,
1.552pensiam come si può mandar soccorso
1.553tanto lontano e consolar gli afflitti;
1.554ma ne l'Italia in manco di dui giorni
1.555si può mandare, e d'indi aver novelle;
1.556né mi spaventa il dir che metter ponno
1.557dugento millia in arme a la campagna,
1.558ché la colluvïon de le persone
1.559non suol dar la vittoria de le guerre,
1.560ma i pochi e buoni, con consiglio ed arte,
1.561più volte han vinto innumerabil gente.
1.562Poi se colui che ha più soldati in campo
1.563vincesse sempre, il nostro alto signore
1.564porria mandar migliaia di migliaia:
1.565ma basterà che ve ne vadan tanti,
1.566che reccar possan la vittoria seco;
1.567sì come ancora in Africa si fece,
1.568il cui vittorïoso almo trionfo
1.569nominato sarà mill'anni e mille.
1.570Dunque a me par l'impresa contra ' Gotti
1.571di più facilità che l'altre guerre;
1.572e parmi parimente onesta e santa,
1.573sì perché sono barbari arrïani,
1.574nimici espressi de la nostra fede,
1.575come perché ci han tolto la migliore
1.576e la più antica e la più bella parte
1.577che mai signoreggiasse il nostro impero.
1.578E' manifesto che Zenone Isauro
1.579imperador de le mondane genti
1.580non mandò ne l'Italia Teodorico
1.581perché s'avesse a far di lei tiranno,
1.582ma perché la togliesse ad Odoacro,
1.583e tosto, come a lui l'avesse tolta,
1.584la ritornasse ne l'imperio antico:
1.585ma quello ingrato poi, com'ebbe vinto
1.586l'acerbo re de gli Eruli, si tenne
1.587in dura servitù quel bel paese,
1.588e fece andarlo d'un tiranno in altro.
1.589Sì che l'antica Esperia a noi s'aspetta,
1.590né senza nostro carco è in man d'altrui.
1.591Che onore esser ci può far sempre guerra
1.592ed acquistare or questa parte or quella
1.593con sudore e con sangue, e poi lasciare
1.594il giardin de l'imperio in man de' cani?
1.595Dunque non fu già mai più giusta impresa;
1.596e poi quest'è 'l voler del nostro sire,
1.597e forse quel de le superne rote.
1.598Però ciascun di voi di grado in grado
1.599s'accinga al glorïoso e bel passaggio.
1.600Così parlò Narsete, e fece a molti
1.601cangiar la volontà del contradire,
1.602ed infiammò più valorosi spirti.
1.603Allora surse Belisario il grande,
1.604al cui levarsi ognuno alzò la fronte,
1.605aspettando d'udir le sue parole
1.606come una voce che dal ciel venisse.
1.607Ed ei rivolse primamente in alto
1.608gli occhi, e le labbra in tai parole aperse:
1.609O Causa de le cause, ogni opra nostra
1.610convien che siegua il vostro alto disire;
1.611né mai si fé tra noi mirabil pruova
1.612che non recasse la virtù dal cielo.
1.613Ben conosch'io che di là su discende
1.614il bel pensier ch'al signor nostro è giunto,
1.615che 'l sol non vide mai più degna impresa.
1.616L'antica terra che già vinse 'l mondo,
1.617e madre fu de la più forte gente,
1.618de la più glorïosa e la più santa
1.619che producesse mai natura umana,
1.620or è suggetta in servitù de' Gotti;
1.621e la figlia di lei, che Costantino
1.622già trasse fuor de le sue belle membra,
1.623dee star da canto, e non donarle aiuto?
1.624Qual altra arà già mai sotto la luna
1.625così giusta cagion di sparger sangue?
1.626A questo par che 'l cielo ancor c'inviti:
1.627perciò che quella gente è senza capo,
1.628senza capo, dich'io, perché Teodato
1.629è pigro e vile, e mai non vide guerra;
1.630scelerato, crudele, odioso a tutti
1.631poi che fece morire Amalasunta
1.632cugina sua, che gli avea dato il regno:
1.633il sangue de la quale innanzi a Dio
1.634grida vendetta ognor di quest'ingrato.
1.635Dapoi, se la vittoria sarà nostra
1.636come par che la terra e 'l ciel prometta,
1.637quant'onor s'averà, quanta richezza!
1.638Parmi veder sin al più tristo fante
1.639vestito di veluto e carco d'oro
1.640ch'aran tolto per forza a quei ribaldi
1.641Gotti, ch'han guasto e dirrubbato il mondo.
1.642Dunque signor, che ritenete in terra
1.643l'imago di Colui che 'l ciel governa,
1.644date principio a l'onorata impresa;
1.645che ogni spirto gentil che cerchi onore
1.646sarà disposto e pronto ad ubidirvi.
1.647Ma chi ha le membra d'uomo e 'l cuor di cervo
1.648rimanga pur sepulto entr'al suo albergo,
1.649e muoia senza gloria in su la piuma.
1.650Così diss'egli, e poi ch'ebbe fornito
1.651tutti e' buon cavalier, tutti e' baroni
1.652si levòn ritti, per mostrarsi pronti
1.653e disïosi di sì bel passaggio.
1.654Ma sopra tutti Corsamonte il fiero
1.655era pien d'allegrezza e di disio:
1.656costui da la gran Tomiri discese,
1.657che fé del figlio sì crudel vendetta;
1.658ed era bello e grande, e tanto ardire
1.659e tanta forza avea, ch'era tenuto
1.660il miglior cavalier che fosse al mondo,
1.661da Belisario in fuor, ch'avea la palma
1.662di forza, di prudenza e di bellezza.
1.663Questi non si poteo tener, ma disse:
1.664Signore invitto e pien d'ogni virtute,
1.665io sarò il primo ch'in Italia passi,
1.666e voglio sempre andare innanzi a gli altri,
1.667e solo oppormi a tutti quanti e' Gotti.
1.668Così diss'egli; e 'l domator del mondo
1.669lieto levossi un'altra volta in piedi,
1.670e sciolse la sua lingua in tai parole:
1.671S'i' avesse dieci Belisari in corte,
1.672benché l'averven'uno è gran ventura,
1.673sarei signor di ciò che illustra il sole;
1.674e se de i mille l'un de i miei guerrieri
1.675avesser quell'ardir che ha Corsamonte,
1.676i Gotti già sarian confusi e vinti.
1.677Poi che lodate il far sì giusta guerra,
1.678fia ben chiarir colui che 'n luogo nostro
1.679voglio mandare a sì lodata impresa.
1.680Andravvi adunque Belisario il grande,
1.681che rappresentarà la mia persona;
1.682gli altri offici dapoi, che nel mio stuolo
1.683s'hanno a dispor, saran da lui divisi
1.684secondo i suoi prudenti alti disegni.
1.685E così ognun di voi si metta in punto,
1.686ognun riveggia l'armi e i suoi destrieri,
1.687perché si possa tosto intrare in nave
1.688e far subitamente il bel passaggio:
1.689che 'l coglier l'inimico all'improviso
1.690spesso fu causa di vittoria immensa.
1.691L'antico Paulo, come al fin pervenne
1.692il sommo imperador, così rispose:
1.693Almo signor, che con prudenza molta
1.694reggeste sempre e governaste il mondo,
1.695io non discorrerò quanto sia buono
1.696l'essequir tosto quest'alto passaggio,
1.697come prudentemente avete detto;
1.698perch'ognun sa che 'l differir del tempo
1.699suol nuocer sempre a le parate imprese.
1.700Ma ben dirò, che avete in vostro luogo
1.701eletto il meglior uom che monti in sella;
1.702ei nacque ancor d'un eccellente padre,
1.703perciò che fu figliuol del buon Camillo
1.704duca di Benevento, uom consulare,
1.705il qual partì da Roma al tempo ch'io
1.706parimente parti' fuor di Toscana,
1.707per fuggir la sevizia d'Odoacro;
1.708e venne e visse qui con molta fama,
1.709ove lasciò questo suo degno erede;
1.710il qual dapoi che fu cresciuto e poi
1.711che 'l padre rese l'alma al suo Fattore,
1.712fece sempre di sé mirabil pruove:
1.713l'Africa il vide e i Vandali, di cui
1.714menò l'afflitto re nel suo trionfo.
1.715Questi, come è 'l più bel ch'al mondo sia,
1.716così ha 'l migliore e più vivace ingegno,
1.717le maggior grazie e le maggior virtuti
1.718ch'avesse mai nessun mortale in terra;
1.719questi or considerato ed or audace,
1.720or presto or tardo sempre si dimostra
1.721secondo che ricerca il tempo e l'opra;
1.722né mai s'intrica, si confonde o perde
1.723ne le difficultà de le battaglie;
1.724e la prosperità no 'l fa superbo,
1.725ma in ogni tempo si dimostra equale,
1.726magnanimo, gentil, prudente e forte:
1.727onde a le genti d'armi è tanto caro,
1.728quanto alcun altro mai ch'al mondo fosse;
1.729né men diletto è da le genti prese
1.730e da i paesi soggiugati e vinti,
1.731tanta giustizia è in lui, tanta clemenza.
1.732Dunque sperate la vittoria certa,
1.733che un capitano tal non fu mai vinto.
1.734Allor soggiunse Belisario il grande:
1.735Gentil baron, non mi lodate tanto,
1.736né mi biasmate ancor, perché parlate
1.737fra gente che conosce il mio valore;
1.738pur queste lodi a me molto son care,
1.739poi ch'escon fuor di sì lodata lingua.
1.740Ma Paulo, seguitando il suo sermone,
1.741disse: Ancor penso che sarebbe meglio,
1.742come aremo disnato, andare al campo,
1.743ed in presenza de le genti d'arme
1.744dare il bastone al capitanio eletto,
1.745acciò che poscia l'ubidisca ognuno;
1.746ed egli ancor disponga l'altre cose
1.747che son da preparare a tant'impresa.
1.748Ne la gran sala quasi ognun lodava
1.749il parer del buon vecchio in questa parte,
1.750quando il signor de le mondane genti
1.751rispose:Sempre la prudenza umana
1.752suole albergar sotto canute chiome;
1.753però prudentemente il nostro padre
1.754ci ha ricordato ciò che avemo a fare,
1.755e noi dopo il mangiar così faremo.
1.756Itene adunque a' vostri usati alberghi.
1.757Questo diss'egli, e subito levossi,
1.758onde il grave consiglio si disciolse.
1.759L'imperadore andò verso la stanza
1.760accompagnato da quei gran signori
1.761ch'erano intorno a l'onorato seggio,
1.762e quasi ancor da tutta l'altra gente;
1.763ma come giunto fu sopra la porta
1.764de la camera sua, lieto si volse
1.765e diè licenza umanamente a tutti;
1.766e quei scendendo giù per l'ampie scale,
1.767che parean onde d'un superbo fiume,
1.768dal palazzo regal si dipartiro.
1.769Poi come al vago giovenir de l'anno,
1.770quando fioriscon le terrene piante,
1.771l'api che state son ne i buchi loro
1.772rinchiuse il verno liete se ne vanno
1.773a coglier cibo su gli amati fiori;
1.774così quei ch'eran stati entr'al consiglio
1.775rinchiusi alquanto lieti se n'andaro
1.776a prender cibo ne i diletti alberghi.
1.777L'ordinator de le città del mondo
1.778come fu dentro a l'onorata stanza
1.779spogliossi il ricco manto, e chiamar fece
1.780il buon Narsete e 'l buon conte d'Isaura,
1.781e disse ad ambi lor queste parole:
1.782Cari e prudenti miei mastri di guerra,
1.783non vi sia grave andare insieme al campo,
1.784ed ordinar le genti in quella piaggia
1.785grande che va da la marina al vallo;
1.786che dopo pranso vo' venirvi anch'io
1.787per dar principio a la futura impresa.
1.788Udito questo, i dui baroni eletti
1.789si dipartiro, e scesi entr'al cortile
1.790disse Narsete al buon conte d'Isaura:
1.791Che vogliam fare, il mio onorato padre?
1.792Volemo andare al nostro alloggiamento
1.793a prender cibo, e dopo 'l mangiare
1.794girsene al campo ad ordinar le schiere?
1.795A cui rispose il vecchio Paulo, e disse:
1.796O buon figliuol del generoso Araspo,
1.797il tempo ch'insta è sì fugace e corto,
1.798ch'a noi non ci bisogna perdern'oncia;
1.799andiamo al campo, che sarem su 'l fatto,
1.800e quivi essequirem questi negozi,
1.801e poscia ciberensi: benché è meglio
1.802senza cibo restar che senza onore.
1.803Così detto e risposto, se n'andaro
1.804senza dire altro al consüeto vallo;
1.805e comandaro a tutti quei baroni
1.806che facessino armar le genti loro
1.807perché l'imperador volea vederle.
1.808Allora ognun con studio e con presteza
1.809ordinò che le trombe e ch'i tamburi
1.810desseno a l'arme; e così in tempo brieve
1.811si vide ogni persona a le bandiere.
1.812Il buon Narsete poi ne la gran piazza
1.813fece acconciare un bel suggesto altero;
1.814e 'l vecchio Paulo andò di squadra in squadra
1.815guardando e rassettando ogni persona.
1.816In questo mezzo la veloce fama
1.817correa per la città, dicendo a tutti
1.818come l'imperador dopo 'l mangiare
1.819andava al campo a riveder le schiere:
1.820ond'ogni cittadin pregiato e grande
1.821per compagnarlo se ne venne a corte;
1.822e le donne leggiadre e le donzelle,
1.823di ricche vesti e di costumi adorne,
1.824s'erano poste tutte a le finestre
1.825per veder cavalcar tanti signori.
1.826Ma ne la corte poi dentr'al palazzo
1.827s'era ridotta un'infinita gente,
1.828e ne la piazza ancor dinanzi a quello
1.829molti leggiadri cavalieri adorni
1.830rimetteano cavalli e facean pruove
1.831sovr'essi, disïando esser tenuti
1.832agili e destri da le lor signore.
1.833In questo mezzo appresso l'ampie scale
1.834stava parato un ottimo corsiero
1.835guarnito d'oro, e spesso si movea
1.836battendo i piedi e masticando il freno.
1.837Al fin discese il correttor del mondo
1.838con una compagnia superba e grande
1.839di re, di duchi e principi e signori;
1.840ed ei co 'l suo paludamento in dosso,
1.841co 'l scettro in mano e col suo brando a lato
1.842montò sopra al corsier che l'aspettava.
1.843Ma come uscì de l'onorata porta
1.844del gran palazzo, le canore trombe
1.845e molti altri stormenti si sentiro
1.846sonare a un tratto, e far sì gran rimbombo,
1.847che parea che la terra e 'l ciel tremasse;
1.848onde molti cavai, qual per paura
1.849qual per altro disio ch'al cuor gli nacque,
1.850givan superbi e si volgeano intorno
1.851turbando alquanto l'ordine e le genti.
1.852E così andando giunsero a la porta
1.853de la città che guarda in ver levante;
1.854quivi trovaron l'ordinate schiere,
1.855che Paulo e 'l buon Narsete avean condotte
1.856verso l'imperador fin a le mura;
1.857ma fatto ch'ebben riverenza a lui,
1.858tornaro in dietro al consüeto vallo,
1.859ove l'imperadore ancora aggiunse
1.860con tutti quei baron ch'avea con lui.
1.861Né prima fu ne l'ordinata piazza,
1.862che da ogni parte venne tanta gente
1.863che la copriva tutta, e sotto i piedi
1.864facca tremare e sospirar la terra.
1.865Quivi era un mormorio non altrimente
1.866che quando borea in una selva spira
1.867di pini o d'olmi o di fronduti faggi;
1.868o quando l'austro fa per entr'al mare
1.869biancheggiar l'onde e risonar l'arene;
1.870però molti trombetti e molti araldi
1.871s'affatigaro a far che si tacesse
1.872e s'ascoltasse il re de gli altri regi;
1.873il qual disceso giù del gran destriero
1.874era salito sopra il bel suggesto,
1.875ed avea seco Belisario solo.
1.876Gli altri signori ancora eran discesi
1.877de i lor cavalli e quelli avean mandati
1.878fuor de la piazza, per non dar disturbo
1.879al parlamento che doveano udire.
1.880L'imperador dipoi con volto allegro
1.881guardò la bella e ben disposta gente,
1.882e le sue labbra in tai parole aperse:
1.883Ben conosch'io, divoti miei soldati,
1.884che con le vostre forze e 'l vostro ingegno
1.885v'avete guadagnato onore e pregio,
1.886ed acquistato gloria al nostro impero;
1.887né mai vi vidi affaticati o stanchi
1.888ne' miei bisogni, e parimente anch'io
1.889non sarò stanco mai nel vostro bene:
1.890ché 'l premio dee seguir sempre il servigio
1.891o con la mente grata o con gli effetti.
1.892Però dovunque arò di voi mestieri,
1.893non vi risparmierò, ch'io mi confido
1.894ne l'amor vostro e ne la vostra fede;
1.895e parimente anch'io non sarò parco
1.896nel riconoscer le fatiche vostre.
1.897Voi dovete saper che già molt'anni
1.898l'ingrato re de' Gotti ci ritiene
1.899l'antica Esperia e l'onorata Roma,
1.900senza la quale il venerando impero
1.901si può dir manco e quasi senza testa;
1.902però voglio assalir quest'alta impresa,
1.903e racquistar la mia perduta sede:
1.904perch'esser non mi par degno di vita
1.905a tolerar così dannoso oltraggio.
1.906Adunque io mando Belisario il grande,
1.907che rappresenti la persona nostra
1.908in questa degna e glorïosa guerra;
1.909e voi vi degnarete andar con esso,
1.910ed onorarlo ed ubidirlo tanto,
1.911quanto sareste a la mia propria voce;
1.912e cercherete ancor portarvi in modo
1.913che 'l mondo sappia che l'Italia afflitta
1.914sia liberata per le vostre mani,
1.915e che a le nostre mogli, a i nostri figli,
1.916per voi sian resi i già perduti nidi.
1.917Così diss'egli; e quelle genti tutte
1.918mandaron fuori un smisurato grido,
1.919approvando il voler del lor signore.
1.920L'imperadore allor chiamò Fedele,
1.921suo buon araldo, e fece darsi un scetro
1.922ch'avea fatto pigliar dentr'al palazzo,
1.923simile a quel che allor teneva in mano:
1.924salvo che 'n lui non era avorio bianco,
1.925ma tutto era verzin, che parea sangue;
1.926questo poi diede a Belisario, e disse:
1.927Eccovi il scettro, manifesto segno
1.928che 'l governo vi dò de le mie genti;
1.929con le quai fate voi ciò che conviensi
1.930al valor vostro ed a la vostra fede:
1.931perché, come vedete, in voi ripongo
1.932l'armi, l'onore e la vittoria nostra.
1.933Dapoi, per darvi autorità maggiore,
1.934vi fo conte d'Italia in questo giorno
1.935e vice imperador de l'occidente.
1.936Il capitanio co 'l genocchio in terra
1.937prese 'l bastone allegramente, e disse:
1.938Magnanimo signor tanto cortese
1.939che con leggiadri doni e larghi onori
1.940vincer sapete i desideri umani;
1.941mi sforzerò di non parer indegno
1.942di tant'officio, e di portarmi in modo
1.943ch'io corrisponda a la speranza vostra.
1.944Come fornite fur queste parole,
1.945l'essercito gridò tant'altamente
1.946che la voce n'andò sin a le stelle;
1.947ma nuova cosa che qui presso apparve
1.948gli occhi di tutti quanti a sé rivolse.
1.949Era presso al steccato un tumuletto
1.950con certe macchie d'odorati mirti,
1.951ove eran molti leggiadretti nidi
1.952pieni di vaghi e mal felici augelli;
1.953quivi uscì un drago fuor d'alcune bucche,
1.954e manducava i miseri, ch'ancora
1.955non avean piume da poter fuggire;
1.956e le madri dolenti intorno a i figli
1.957givan volando e dimandando aiuto:
1.958quando ecco venne un'acquila dal cielo,
1.959e prese il drago, e ben che si torcesse
1.960con le volubil spire e con la coda,
1.961nel portò seco in più lontana parte.
1.962De la cui presa ognun prendea diletto,
1.963benedicendo quel divino augello:
1.964ma durò poco il lor piacer ch'un altro
1.965drago ne venne ancor da quelle buche,
1.966e con danno più grave assai che prima
1.967si manducava i sfortunati augelli
1.968ch'aveano i nidi in quelli ombrosi mirti;
1.969e quasi se gli avea mangiati tutti,
1.970quando sen venne un altro augel di Dio
1.971ch'uccise il drago e liberò il boschetto.
1.972Procopio era un astrologo eccellente,
1.973cui per grazia del cielo eran palesi
1.974gl'incogniti vïaggi de le stelle
1.975e le sagaci note de gli augelli;
1.976onde sapea predir di tempo in tempo
1.977tutte le cose che dovean venire.
1.978costui, vedendo il grand'augurio, disse
1.979al sommo imperador, ch'era disceso
1.980giù del suggesto per tornarsi a casa:
1.981O sacrosanto imperador del mondo,
1.982seguite pur quest'onorata impresa,
1.983ché 'l ciel vuol darvi la vittoria certa.
1.984Quel drago è il re de' Gotti, che si pasce
1.985ne bei nidi d'Italia e la distrugge;
1.986l'aquila è Belisario, che prigione
1.987lo condurrà nel nostro almo paese.
1.988Ma temo, lasso, ancor ch'un altro Gotto
1.989surga più fiero e più crudel di quello,
1.990benchè a la fine anch'ei rimarrà morto
1.991per le man nostre, e fia l'Italia sciolta.
1.992Il signor s'allegrò dentro al suo petto
1.993di tale augurio, e no 'l celò nel volto,
1.994ma volto ad ello allegramente disse:
1.995O buon profeta, a cui suol far gran parte
1.996l'eterno Dio de gli alti suoi secreti,
1.997quanto mi piace ch'al voler del cielo
1.998non sia discorde la sentenzia nostra:
1.999ché non le può mancar felice effetto.
1.1000D'indi si volse al capitanio, e disse:
1.1001Non è da dar indugio a tal passaggio,
1.1002poi che tanta vittoria il ciel ne mostra.
1.1003A cui rispose Belisario il grande:
1.1004Signor, non credo che saran tre giorni,
1.1005che si potran spiegar le vele al vento.
1.1006Com'ebbe detto questo ogni barone
1.1007sen venne ad abbracciarlo, e s'allegraro
1.1008seco de l'alto suo novello officio
1.1009e de le dignità ch'a lui fur date;
1.1010dapoi l'imperador montò a cavallo
1.1011allegro, e s'avviò verso la terra;
1.1012e tutti quei signor l'accompagnaro
1.1013fin al palazzo, de gli quali alcuni
1.1014restor ne la cittade, ed altri poi
1.1015tornaro al campo ed a gli usati alberghi.
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