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1.1Tra tutte quante le musiche umane,
1.2O Signor mio gentil, tra le più care
1.3Gioie del mondo, è 'l suon delle campane.
1.4Don don, don don, don don, che ve ne pare?
1.5Solo a sentir quel battaglio in buon anno,
1.6Non vi sentite voi sollucherare?
1.7Forse si pena a temperarla un anno,
1.8Come un liuto, che quando lo vuoi
1.9Metter in corde, è pure un grande affanno?
1.10Queste al bel primo sonar te le puoi;
1.11E come stanno lor sempre accordate,
1.12Così stessimo in corde sempre noi!
1.13E quanto più son tocche o mal menate,
1.14Tanto più fanno il suono stagionato,
1.15E tanto han ben, quant'elle son sonate.
1.16Io ne fui da piccino innamorato
1.17Del fatto loro, e quanto più vo in là,
1.18Tanto più mi ci son rinfocolato.
1.19E questo amor cotal confitto m'ha
1.20Di drieto un pizzicor, ch'io son disposto
1.21Bandir la lor dolcezza in qua e 'n là.
1.22Perch'io conosco che 'l tener nascosto
1.23Il piacer ch'ho di lor cavato e 'l frutto,
1.24Mi farebbe un omaccio tosto tosto.
1.25Ché 'l ricordarmi sol, quando era putto,
1.26Il gran piacer ch'ebbi di due campane,
1.27Mi fa venire in succhio tutto tutto;
1.28E stavo allor le belle settimane
1.29A rimenarvi dentro un mio battaglio,
1.30Che m'acconciò un frate colle mane.
1.31E pure ed or, se mi venisse in taglio
1.32Una campana nuova, fa' pensiero,
1.33Che dua colpi i' dare' le nel berzaglio.
1.34Ma son le donne che fan da dovero,
1.35Ch'a questo suon né più né men s'avventano,
1.36Com'un villano ad un fico sampiero.
1.37Né pensar che a sonar pigre diventano,
1.38Fin che 'l battaglio non scappucci, o esca
1.39Della campana, o le funi s'allentano.
1.40Ma come è verisimil, che rincresca
1.41Sì ghiotta cosa e di tanto piacere,
1.42Che par che per dolcezza il fiato ci esca?
1.43Un suon, che 'l ghiotto ne lascia il tagliere,
1.44Lo studio il savio, il monaco la cella,
1.45L'ufficio il prete, il dottore il dovere.
1.46Chi non impegnerebbe la gonnella,
1.47Per aver sempre in corpo quel contento
1.48D'un buon battaglio in mezzo alle budella?
1.49Però stan volentier presso un convento
1.50Le donne, come a dir Santo Agostino,
1.51Ch'a ogni festicciuola vi dan drento:
1.52Ché quel sentir sonare a mattutino,
1.53A terza, a sesta, la donna fa lieta,
1.54Più che tutti i piacer del Magnolino.
1.55E non è vecchia sì rancida e vieta,
1.56Che non s'intenerisca in su gli arnioni,
1.57Se sente un scempio sonare a compieta.
1.58Io ho visto a' miei dì mille vecchioni
1.59Ringalluzzarsi tutti, pur vedendo
1.60Un battaglio per aria ciondoloni.
1.61Ma perciò che l'andarmi ora avvolgendo
1.62Senza qualch'ordinuzzo, a mezzo Agosto
1.63Sarebbe a Siena il senno andar caendo;
1.64Però vo' farmi un pochin da discosto,
1.65E mostrarvi le cose di più stima,
1.66Poi andar drieto al fin ch'io m'ho proposto.
1.67Dunque state avvertiti in prima in prima,
1.68Fin ch'io vi mostro tutto il naturale
1.69Di quel fatto non mai più detto in rima.
1.70Le campane hanno intorno una cotale,
1.71Ritratta proprio com'una corona,
1.72Anzi è una corona al naturale.
1.73Poi colà entro, ove 'l battaglio suona,
1.74V'è largo largo, e scuro scuro scuro,
1.75Com'entrar proprio nella Faltarona.
1.76Dico, ch'un italian forzuto e duro
1.77Ottenne per lor mezzo una vittoria,
1.78Perché l'usò in cambio di tamburo:
1.79E per ridur questo fatto a memoria,
1.80Egli ordinò di farle incoronare;
1.81ch' a Ficaruolo è stata questa storia;
1.82Come se a dir, che volesse lor fare
1.83Quella grillanda, acciò che le persone
1.84Le dovessino amare e riguardare.
1.85Quei tre buchi fan gran confusione,
1.86Ch'ell'han nell'appiccagnolo; e nel vero
1.87Gli è passo inteso da poche persone.
1.88E quella openione ha più lo 'ntero,
1.89Che come in tre il battaglio s'adopra
1.90Così tre buchi lor facesse il clero.
1.91Ma i' non vo' già io scoprir quest'opra,
1.92Con dir quai sien quei buchi, e 'n qual la fune
1.93Manco si logri, e l'uomo manco scuopra.
1.94Basta che le campane del comune
1.95Suonano a fuoco, a raccolta, a martello,
1.96Al scemo, al tondo, al quadro delle lune.
1.97Ecci anche da notare un colpo bello
1.98D'una ragion, che chiama a cena i frati,
1.99che si suona (dirieto col martello;
1.100E se voi siete mai in San Marco stati,
1.101Al tempo che 'l parer più ch'esser buoni
1.102Vi faceva acquistare i magistrati,
1.103Ve n'è una nel chiostro penzoloni;
1.104E perché faccin questo, s'io nol dico,
1.105La vostra Signoria me lo perdoni:
1.106Ché 'l voler un convento per nimico,
1.107Che sia uso su' pergami a gridare,
1.108Non è da consigliarne un vostro amico;
1.109Senza che v'è su tanto da notare,
1.110Che a dirvi il vero, e' non me ne dà 'l cuore
1.111Potervene a mio senno sodisfare.
1.112Ben vi aprirò, perché quelle dell'ore
1.113Si suonin da rovescio, o se fu fatto
1.114Per lor reputazione, o loro onore.
1.115Ch'io so ben, Signor mio, che non v'è patto,
1.116Ch'a drieto sempre van quei magistrati,
1.117Che son da più o in potenzia o in atto.
1.118Va il Prior dietro a tutti gli altri frati:
1.119Non avete voi visto a processione
1.120A dreto a dreto andar sempre i prelati?
1.121Questa fu adunque la vera cagione,
1.122Che fe' dietro il battaglio agli oriuoli,
1.123Che l'ir dinanzi ha men riputazione.
1.124Oltre che si dan dietro i tocchi soli
1.125Da una banda, e puossi adagio e presto
1.126Batter i colpi come tu li vuoli.
1.127Nel mezzo non potrebbe avvenir questo,
1.128Ché come la campana entra in furore,
1.129Non si può così dare i colpi a sesto.
1.130Questo è quel suon che tien liete le suore,
1.131E sopratutto quel sonare a messa
1.132Le fa venir tutte quante in fervore.
1.133Io conobbi a Perugia una badessa,
1.134Che come l'occhio al campanaio voltava,
1.135La si sveniva in cella da per essa.
1.136Il padricciuol, che 'n ciel sonando andava,
1.137Tanto sonò, sonò, che 'l poveretto
1.138Poco mancò che non si scorticava.
1.139Fan le campane i frati andare al letto,
1.140E se po' a mattutin gli fan levare,
1.141Come credete, non l'hanno in dispetto.
1.142Perché questo l'aspetta la comare
1.143Nel porticale, o sotto il campanile,
1.144Che si vorre' fornir di confessare;
1.145Quell'altro ha caro d'uscir del covile,
1.146Per rivedere in viso il fraticello,
1.147Che gli ha tolto a nutrir sotto il suo stile.
1.148Che 'l suon delle campane sia il più bello,
1.149E 'l più dolce di tutti gli stromenti,
1.150Io credo avernel dipinto a pennello.
1.151Ma s'egli è antico, e se l'usar le genti,
1.152Che furo innanzi che Noè succiassi
1.153Quel vin che trasse de' primi sermenti;
1.154Questo è bene un de' più profani passi,
1.155Che noi abbiamo ancor oggi tentato,
1.156E non è miga da uomini bassi.
1.157Molti han già detto, che l'hanno trovato
1.158Tra gli stormenti di Nabuchesorre
1.159In guazzabuglio mezzo sotterrato.
1.160Questo nel cervel mio molto non corre,
1.161Perché gli è suon da farsi manifesto,
1.162Se fusse ben 'n un fondo d'una torre.
1.163Io ho voluto trovar questo testo,
1.164Perch'ognun cerchi se l'antica gente
1.165Conobbe questo suon, come fe' il resto;
1.166E che da sé a sé si ponga mente,
1.167Se al tempo nostro egli è stato trovato,
1.168O se fu pur in uso anticamente.
1.169Questo è ben ver, ch'allor per ogni lato
1.170Non se ne vedeva una penzolare,
1.171E ch'un battaglio a dieci era un buondato.
1.172Vedete ora in Turchia com'usan fare
1.173Quei gran bascià: così faceva allotta
1.174La gente tutta, e non credeva errare.
1.175Ma or la cosa altrimenti è ridotta,
1.176E son salite in più riputazione,
1.177Che ogni chiesa una se n'ha condotta:
1.178E questo avien che la religione,
1.179Più che l'antica, assai si val di loro,
1.180Ond'elle sono in maggior divozione.
1.181E però ordinò 'n un concistoro
1.182Un certo di quei buon papi all'antica
1.183Che non ci lavoraron di straforo,
1.184Che la campana sì si benedica,
1.185Poi si battezzi, e se le ponga il nome,
1.186Prima che in campanil l'ufficio dica.
1.187Gli organi, ch'anco lor san sì ben come
1.188Si dica il vespro e le messe cantate,
1.189Non hanno questo onor sopra le chiome;
1.190Ché le lor canne non son battezzate,
1.191Né nome ha l'una Pier,l'altra Maria,
1.192Com'hanno le campane prelibate.
1.193Vorrei far fin, ma sento tuttavia
1.194Un battaglio di dietro dire:– Scrivi,
1.195Metti in rime sì dolce melodia. –
1.196Io che fo ancora i latin per gli attivi,
1.197Me gli rivolto, e gli vorrei pur dire,
1.198Ch'io non vo' ancor declinar pe' passivi.
1.199Allor frugh'egli, quando io vo' disdire,
1.200Tal che m'è forza ubidir, s'io non voglio
1.201D'un colpo di battaglio sbalordire;
1.202Ché ben sanno le muse, ch'io non soglio
1.203Girle cercando più col fuscellino,
1.204Per non gittar lor dietro l'opra e 'l foglio.
1.205Non di men gli è poi il suon tanto divino,
1.206Ch'io do le spalle al buon battaglio, avenga
1.207Ch'io non abbi lo stil molto latino;
1.208E dico che se ci è verun che tenga
1.209Le campane in dispregio, all'eccellenza
1.210De' campanili un pocolin si attenga:
1.211E se ci mette un miccin d'avvertenza,
1.212Ei vedrà, che né piffero né storta
1.213Ebber mai cassa di tanta eccellenza.
1.214Di qualche cosa c'è la gente accorta,
1.215Poi che la fa lor dietro quella spesa,
1.216Ch'ogni campaniluzzo se ne porta.
1.217Dirovvi cosa da non esser cresa,
1.218Che sono in Roma mille campanili,
1.219Che i preti entro vi spendon più che in chiesa.
1.220O campane più dolci e più gentili
1.221Che i piffer, se bene han le bocche strette,
1.222Come facevon gli uomini sottili!
1.223Per vostro amor tant'opera si mette
1.224A fare i campanil, che acconci stanno
1.225Con mille gale, e mille novellette.
1.226Voi dimostrate in qual mese dell'anno
1.227Son lunghi i giorni, e come il verno ancore
1.228Si fan piccini, e correndo sen vanno.
1.229Pel vostro tentennar, per vostro amore,
1.230Il tempo si divide in mezzo e 'n quarti:
1.231Questo è il pianeta che distingue l'ore,
1.232E non è il sol, che 'n queste nostre parti
1.233Sta solo il giorno, e come notte viene,
1.234Restiamo al buio come uomini da sarti.
1.235Ed anche il giorno bene spesso aviene
1.236Che i nugoli lo cuopron tuttoquanto:
1.237Or va' e guarda allor che ora egli ene.
1.238E però volse Ser Francesco un canto,
1.239Togliendo alle campane il lor diritto,
1.240Per darne al sol sì falsamente il vanto.
1.241Uh tristo a me, dove mi sono io fitto!
1.242Che se torna agli orecchi a' suo' amorevoli,
1.243Io non sarò sicur sino in Egitto.
1.244Ma dichino al lor mo' questi sazievoli,
1.245Ché val più un tocco sol d'un buon battaglio,
1.246Che valli, e monti, e boschi ginestrevoli.
1.247Poeti, non m'attaccate un sonaglio,
1.248Con dir che spesso una rima medesima
1.249Ripiglio, e 'n la grammatica m'abbaglio;
1.250Ch'io vel vo' dir, per non tenervi a cresima,
1.251Che 'n lodar le campane, o salde o fesse,
1.252Io non mi curo guastar la quaresima:
1.253Ed anche quando ben disposto avesse
1.254Ad osservar le regole del Bembo,
1.255Sare' forza al battaglio m'arrendesse;
1.256E quante volte mel cacciasse in grembo,
1.257Tante fare' a suo mo', cotal m'aggrada
1.258Sentir dar quei suoi tocchi per isghembo.
1.259E perch'io ero uscito della strada,
1.260Sarà buon che vi torni, ché la gente
1.261Non dica ch'io non so dove mi vada.
1.262Ma fate che 'l mio dir tenghiate a mente,
1.263Insino a tanto ch'io v'arò insegnato,
1.264Come s'ha a fare a sonar dottamente
1.265Vorrebbe il doppio durare un bondato,
1.266E nel principio esser menato adagio,
1.267Poi da sezzo tener più spessicato;
1.268Poi sul finir, far di nuovo a bell'agio,
1.269Anzi in quel modo proprio sminuire,
1.270Che fa sonando a collegio il Palagio.
1.271O che smaccata dolcezza è sentire
1.272Un certo mormorio, che la campana
1.273Suol fare appunto in sul bel del compire!
1.274Suonasi a vòto poi fra settimana
1.275Cert'ore stravaganti; ma bisogna
1.276Tacer, ché chi la guasta e chi la spiana.
1.277Questo dirò, che chi non vuol vergogna,
1.278Gli è necessario che le funi meni,
1.279Cotal che duri il suon quanto altri agogna;
1.280Ché se a un tratto che 'n campanil vieni,
1.281Tu compisci il sonar, poi te ne vai,
1.282Tu lasci i parrocchian di sdegno pieni:
1.283E se 'n questo le schiene atte non hai,
1.284Che quivi sta la forza del sonare,
1.285Al cherico la briga lascerai;
1.286Ché questi cotalon lo posson fare,
1.287ch'hanno schienacce, che alle volte ho visto
1.288Le campane e le funi lor spezzare.
1.289Con bocca anche sonar spesso s'è visto
1.290In Roma già da certe camiciare:
1.291E nota il modo ,ch'io non paia un tristo.
1.292Mettiamo caso, ch'un venga a sonare
1.293'N un campanile, ove cinque ne siano,
1.294E tutte a cinque le voglia adoprare;
1.295Coi piè sen piglia due, e due con mano,
1.296La quinta poi si prende colla bocca,
1.297E fassi un suono a cinque da cristiano.
1.298Ben sai che a pochi tanta forza imbocca
1.299Natura avara dei suo beni, e inoltre
1.300Tante campane per chiesa non tocca.
1.301Suonasi questo suon sotto alle coltre,
1.302Però che 'l campanaio nel campanile
1.303Può far la nanna, e sonar mentre poltre:
1.304Di qui si vede se 'l suono è gentile,
1.305E se lo fa con agio il sonatore,
1.306Da poi che lo può far sotto il covile.
1.307S'io vi dicessi che col culo ancore
1.308S'adopera il battaglio, e si rimena,
1.309Voi pensereste forse a qualche errore;
1.310E pur si fa per schifar quella pena
1.311Di far con bocca, e rovinarsi i denti:
1.312Cosa, per dirne il ver, d'ingegno piena.
1.313Che si piglia un baston lungo da venti
1.314In venticinque dita, e sì s'attacca
1.315Ai piè la fune, in mo' che non allenti;
1.316Poi vi si mette l'una e l'altra lacca
1.317A seder sopra, la fune menando
1.318Dinanzi al corpo, e poi si suona a macca.
1.319Col culo in giù e 'n su ben dimenando,
1.320Con poco sconcio ne farai uscire
1.321Il suono adagio e presto al tuo comando.
1.322Io vi potrei mille altre cose dire,
1.323E scoprirvi mille altri colibeti.
1.324Ma e' mi par pur tempo da finire;
1.325Ch'a ciò ch'io manco suppliranno i preti,
1.326Che mettendo il battaglio alle campane
1.327di questi munister, tutti i segreti,
1.328Tutti, ch'un non ne manca, hanno alle mane.
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