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1.1Perch'io so, Varchi mio, che voi sapete
1.2Quanto sian fuor de' gangheri coloro
1.3Che non hanno notizia della sete;
1.4E ch'accozzato insieme ogni tesoro,
1.5Che ci ha concesso l'umana natura,
1.6Che quella vince tutti quanti loro;
1.7Vi mando questa carta a dirittura,
1.8Acciò costà in Firenze, a ogni passo,
1.9Lodiate questa nobil creatura.
1.10Gli è pur nell'aver sete un grande spasso;
1.11E quello è veramente un uom da bene,
1.12Che ha sete, e può ber per ogni chiasso.
1.13Abbia un d'argento e d'òr le casse piene,
1.14Sia signor, mi fai dir, sin di Numidia,
1.15Sia sano sano, e dorma bene bene;
1.16Non gli abbiate per questo astio né invidia,
1.17Che 'l porre il sommo bene in simil cosa,
1.18E, mi farete dire, una perfidia.
1.19Invidia abbiate a chi sempre ha nascosa
1.20Anzi attaccata la sete al palato,
1.21Che 'n quella sola ogni ben si riposa.
1.22Ma voi m'avreste per ismemorato,
1.23Se io non vi rendessi la ragione
1.24Perch'io le son cotanto affezionato;
1.25Ch'io vi conosco d'una condizione
1.26Che senza il quod, quid est, o 'l propter quia,
1.27Non date fede alle buone persone.
1.28Volgete dunque a me la fantasia,
1.29Perch'io vi voglio ogni cosa provare
1.30Per marcia forza di filosofia.
1.31Dovete dunque sapere e notare,
1.32Che le cose, che son cagion del bene,
1.33Più che 'l ben stesso si den tener care.
1.34Verbigrazia, cinque, asso, quattro e trene,
1.35Ti fan vincer duoi scudi: non a loro,
1.36Ma a' dadi sei sforzato voler bene;
1.37Perché tu non potevi carpir l'oro,
1.38Né vincer, né giucar, né far covelle,
1.39Se non avessin voluto costoro.
1.40Ma conciossia che tra le belle belle,
1.41E buone buone cose, e sane e liete,
1.42Sia la miglior l'immollar le mascelle,
1.43E che di ciò ne sia cagion la sete,
1.44Senza la quale il bevere è imperfetto;
1.45La sete più che 'l ber lodar dovete.
1.46Diceva il Signor Prospero un bel detto,
1.47Per mostrar che la sete era divina,
1.48Lodando la cagion più che l'effetto:
1.49Che 'l primo ber la sera o la mattina
1.50Dopo il popone, o dopo l'insalata,
1.51Stimava più che Civita Indivina;
1.52Che la natural sete, accompagnata
1.53Dall'artificio di quelle vivande,
1.54Faceva la bevanda esser più grata.
1.55Bevendo un'acqua da lavar mutande,
1.56Disse Artaserse già questa parola,
1.57Dopo una sete grande, grande, grande,
1.58Che più piacer di quella acquaccia sola
1.59Aveva avuto, che se un botticino
1.60Di trebbian gli passasse per la gola.
1.61Aveva una gran sete il poverino
1.62Patito un pezzo, e vedevala quasi;
1.63Però gli parse l'acqua me' che 'l vino.
1.64Io vi potrei contar mill'altri casi,
1.65S'io volessi le storie squadernare,
1.66Che voi ne rimmarreste persuasi.
1.67Ma che so io? Io non vorrei mostrare
1.68Far del maestro delle storie adesso,
1.69Che le son tutte ridotte in volgare;
1.70E non ci è oste, e non ci è birro o messo,
1.71Che non sappia anche lui, che Cicerone
1.72Fu quasi quasi soldato ancor esso.
1.73Basta ch'io v'ho mostrato per ragione,
1.74Per autori, e per essempli poi,
1.75Che io ho una buona opinione;
1.76E che la sete tratta tutti noi
1.77Molto meglio che 'l Bugnola in Fiorenza
1.78Non usava trattar gli avventor suoi.
1.79Quest'uom vendeva la carne a credenza,
1.80E' debitori in sul desco scriveva,
1.81Usandovi un'estrema diligenza:
1.82E tutti il venerdì poi gli radeva,
1.83O gli faceva radere al fattore,
1.84Quando 'l suo desco far bianco voleva.
1.85Sare' la febbre cosa da signore
1.86Per quella estrema sete ch'ella ha seco,
1.87Se si potesse bere a tutte l'ore;
1.88O quei che stanno al governo con teco,
1.89In luogo di giulebbo o di stillato,
1.90Ti dessin cotal volta un po' di greco!
1.91Però tra tutti gli altri è sciagurato
1.92E disonesto il mal della quartana,
1.93Che to' la sete al povero ammalato.
1.94Questo sì ben, ch'è una cosa strana,
1.95Ed io lo so, che provai tanti mesi
1.96La febbre presso, e la sete lontana!
1.97Sian benedetti i medici inghilesi,
1.98E i polacchi, e' tedeschi, che almanco
1.99E' sanno medicare in que' paesi.
1.100Com'uno ha mal, gli fanno alzare il fianco
1.101Con un gran boccalaccio pien di vino,
1.102E in pochi giorni te lo rendon franco.
1.103Io conobbi un tedesco mio vicino,
1.104Che per una gran febbre ch'egli aveva,
1.105Are' bevuto Ottobre a San Martino;
1.106Ed al maestro, che gli prometteva
1.107Levargli quella sete immediate,
1.108Poi della febbre curar lo voleva,
1.109Rispose: – E' basta che voi mi leviate
1.110La febbre, ond'io ho tanta passione;
1.111Poi della sete a me il pensier lasciate. –
1.112E se saputo avesse il compagnone,
1.113Che levata la febbre, in quello istante
1.114Se n'andava la sete al badalone,
1.115Are' cacciato il medico e l'astante,
1.116E voluto aver sete a lor dispetto.
1.117O tedesco gentil, o uom galante!
1.118Avea 'l Moro de' Nobil gran rispetto
1.119A' baccegli, s'egli eran di quei buoni,
1.120Che dan sete la notte insin nel letto;
1.121E volea male a' fichi badaloni;
1.122Ed ancor che sian dolci com'un mèle,
1.123E' gli teneva frutte da poltroni;
1.124E con ragione, alle sante guagnele!
1.125Voler mangiar queste ficacce molle,
1.126Che ti levan la sete, è pur crudele.
1.127Le frutte, come dir, nate 'n un colle,
1.128Che non abbi vicin qualche pantano,
1.129Se gli può comportare a chi le tolle:
1.130Ché le non fanno il bever così strano,
1.131Come mill'altre porcherie, che noi
1.132In bocca tutto 'l giorno ci mettiano.
1.133Un fiorentin, che 'l conoscete voi,
1.134Ch'è ricco e litterato assai, nel vero,
1.135Ma non mi domandate il resto poi,
1.136Usava dir, che nel farsi un cristero
1.137Era ogni suo piacer, perché quel die
1.138Are' bevuto un pozzo intero intero.
1.139Io non voglio un bel punto lasciar quie
1.140In favor delle lingue, le quai fanno
1.141Venir più sete che le spezierie:
1.142E conosciuto ho molti che le danno
1.143Innanzi a' soppressati e salsicciotti,
1.144Tanto piacer drento trovato v'hanno.
1.145In somma, io truovo che gli uomini dotti
1.146Voglion le pesche, perché le dan sete;
1.147E sopra tutto i preti ne son ghiotti,
1.148Ch'han buona entrata, come voi sapete.
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