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1.1A le guagnel, ch'io v'ho pur dato drento
1.2In una crudelaccia così fatta,
1.3Ch'i' mi vi son ficcato insino al mento.
1.4Così foss'ella lei cotta e disfatta!
1.5Tanto va al lardo, la zampa che poi,
1.6Dice il proverbio, vi lascia la gatta.
1.7Né se ne maravigli ignun di voi;
1.8Ché per quel che ne conta Michelagnolo,
1.9Farebbe innamorare un pa' di buoi.
1.10Ell'e un pozzo, un truogolo, un rigagnolo,
1.11Una fossa, una gora, una pozzanghera,
1.12Un special di bellezze, un pizzicagnolo.
1.13Se mi si sfibbia dunque o mi si sganghera
1.14Il cor di corpo, e se va a processione.
1.15Di me cercando, e mai non mi ringanghera;
1.16Non paia però strano a le persone,
1.17Ch'una che sappia sì ben dire e fare,
1.18M'abbia, come costei, giunto al boccone.
1.19Prima de' suoi capei vo' raccontare,
1.20Che paion proprio due matasse d'accia
1.21Poste sovr'una canna a rasciugare.
1.22Che dirò io di quella allegra faccia,
1.23Che lustra, come fa lo stagno vecchio,
1.24Netto con uova peste e rannataccia?
1.25E di qua e di là tiene un orecchio,
1.26Più bello assai di quel del mio secchione,
1.27Ch'io comperai l'altr'ier dal ferravecchio.
1.28La testa sua pare un pan di sapone,
1.29E quei suo' occhiolin due fusaiuoli,
1.30Dipinti a olio, e tinti col carbone.
1.31Manichi son le ciglia di paiuoli:
1.32Il naso è come quel del mio mortaio,
1.33La bocca ha come i popon cotignuoli.
1.34Le gote en come rape di gennaio:
1.35La gola è grossicciuola, e proprio pare
1.36Di rame una mezzina in su l'acquaio.
1.37E le spalle si possono agguagliare
1.38A due balle di fogli fin da Colle,
1.39Che sian messi in Dogana a sgabellare.
1.40Lucon quei duo poccion come due ampolle:
1.41Ché s'io potessi starvi sopra un giorno
1.42A mio bell'agio due ore a panciolle,
1.43I' darei certi morsi lor dattorno,
1.44Che parria ch'ella fosse una schiacciata
1.45Con l'uve secche, uscita allor del forno.
1.46Che bella personcina sperticata!
1.47La pare un boto posto a Santo Sano,
1.48Quando la sta in contegni intirizzata.
1.49O che braccione sode a piena mano,
1.50Bianche, che paion proprio di bucato,
1.51Morbide, come un cavol pianigiano.
1.52Il resto ch'ella tien poi rimpiattato
1.53Sotto la cioppa, o sotto il gamurrino,
1.54Tu puoi pensar che sia meglio un buondato.
1.55Non son sì buone là per San Martino
1.56Le nespole, o le pere carovelle,
1.57Né così dolce il vin del botticino,
1.58là come i' credo che sian dolci quelle.
1.59Ma lasciam queste cose corporali,
1.60Che basta sol toccarle pelle pelle.
1.61L'ha l'intelletto come un orinale
1.62Capace, largo, che senza fatica
1.63E' vi si scorge dentro il bene e 'l male.
1.64S'ell'ha ritenitiva, Iddio vel dica.
1.65E volontà! La vorrebbe per sette:
1.66Va chiedile un piacer, ch'ella il disdica.
1.67A far per casa, o che man benedette!
1.68E va, che pare una mula restia,
1.69Corre come i cavai de le staffette.
1.70Parla come chi bee la malvagia:
1.71Canta, che pare un vettural, che solo
1.72L'abbia giunto la notte per la via.
1.73Mangia pulito come un lusignuolo,
1.74E bee per lezi come il pappagallo:
1.75Pare a giacere un cacio raviggiuolo.
1.76Mettila in tresca, come dire al ballo,
1.77Ella non truova pari in sul riddone:
1.78Giuoca a la palla, e sempre dice fallo.
1.79E manda sia chi vuole al paragone:
1.80Falla legger, la pare una maestra;
1.81E stu la vedi andare a processione,
1.82La non par quella dessa a la finestra.
1.83Falla far conto, pare uno abbachista:
1.84Scrive con la man manca e con la destra.
1.85Vadine assetta, e vadine alla trista,
1.86In cioppa, in bernia, in gammurra, o 'n doagio,
1.87La pare un San Giovanni Evangelista.
1.88Falla andar ratta, falla andar adagio,
1.89In zoccoli, in pianelle, o in iscarpette,
1.90La va che pare un messo di Palagio.
1.91Io ti so dir che s'ella se lo mette
1.92Dinanzi un uom, per volerlo uccellare,
1.93Che la farebbe rider le civette.
1.94Affé che 'l fatto suo è un giullare!
1.95Ma lasciamo ora andar questi interessi;
1.96Che c'è cose ch'importano a contare.
1.97Portale i polli, ella gli cuoce lessi,
1.98Arrosto, e in guazzetto, e in tanti modi,
1.99Che non saria cristian che mel credessi.
1.100Sa fare i salsicciuol sì grossi e sodi,
1.101Di que' che voi chiamate bolognesi;
1.102Solamente a vederli tu ne godi.
1.103Cuce oltra questo a fogge e a paesi,
1.104E taglia panni lini e panni lani,
1.105E larghi e lunghi, assettati e distesi.
1.106E calza che mai meglio Italiani:
1.107Fa capperucci di cento ragioni
1.108A questi saltambarchi da villani.
1.109Ell'ha un taglio mirabil ne' calzoni,
1.110E fa mutande a tutto paragone;
1.111E serve volentier questi garzoni.
1.112Fila a sei soldi, e fila a un grossone;
1.113Un'accia fa, che è una signoria;
1.114Dipana, annaspa per quattro persone:
1.115Tesse, sia molle o asciutto, tuttavia,
1.116E fa sì sodo e si serrato il panno,
1.117Da durar sempre, infin che ve ne sia.
1.118Ma che mi voglio dar più tanto affanno?
1.119Che se si toglie ogni cosa a contare,
1.120Non basterebbe gennaio ad un anno.
1.121Perché venga chi vuol, sia chi gli pare,
1.122Non verrà mai una par di costei,
1.123O volete in bellezza, o in saper fare.
1.124E ch'è cosa di buon che non sia in lei?
1.125Ella savia e cortese, e tutta piena
1.126Di buone cose, come gli agnusdei.
1.127Tanto m'è in modo gonfiata la vena
1.128Per amor suo, che bench'i' dica questo,
1.129Per dormir seco starei senza cena.
1.130Ma per farvi ogni cosa manifesto
1.131E ritrovar alfin l'inchiovatura,
1.132E darvi, s'io potrò, tutto il mio resto,
1.133Dico ch'ell'è d'una buona natura.
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