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1.1Donna, tra l'altre donne onesta e saggia,
1.2Nel cui bel sen cotal virtute ha loco,
1.3Qual cruda fera in la selva selvaggia,
1.4In quella selva, ove s'accese il foco
1.5Per arder me, e per disfar il core
1.6Di ognun che a l'ombra sua s'asside un poco:
1.7Con questa legge adunque, ingiusto Amore,
1.8Si governa il tuo regno? Ecco ch'io amo
1.9Un petto d'odio pien, pien di rancore.
1.10Ma altrove serbo a por questo richiamo:
1.11Il pensier mal locato in altre carte
1.12Forse un dì farà altrui per pietà gramo;
1.13Per or vo' far passaggio in quella parte,
1.14U' mi chiama il sonetto, che faceste
1.15Sopra e fagiuol con tanta industria ed arte.
1.16E dico che le lodi che mi deste,
1.17Se ben fur grandi e alte, non di meno
1.18Non so se loro obligato mi reste;
1.19Poi che 'l parer ch'io sia di virtù pieno,
1.20E ch'io meriti i pesci un po' maggiori,
1.21E cagion che ierser con voi non ceno.
1.22Madonna, gran mercé di quelli onori:
1.23Ma sievi detto per un'altra fiata,
1.24Ch'io non mi curo di tanti favori;
1.25Ch'io mi rifò talor d'un'insalata,
1.26D'un po' di cacio, e d'un mezzo popone,
1.27Come una festa della minuzzata.
1.28In casa mia non s'adopra schidione;
1.29La teglia ha sempre il dito nell'anello,
1.30E la padella sta sempre boccone.
1.31De' duoi dì l'un la tavola ha 'l mantello,
1.32La pentola sta sempre in sul guanciale,
1.33E tra l'allòr è sempre mai 'l piattello.
1.34I pesci grossi mi fanno un gran male;
1.35Senza che non convengono a coloro
1.36Che son com'io condotti a lo spedale.
1.37Or non m'abbiate per un cacaloro
1.38Nel darmi cena, ch'ancor io m'aveggio
1.39Quando son lavorato di straforo.
1.40Pur non mi fusse avenuto mai peggio,
1.41Che vedermi lodare e far onore
1.42Da bei spirti o da vero o da motteggio;
1.43Ch'i' non arei testé sbranato il core
1.44Da quella fera selvaggia, che mai
1.45Né prezzò il servir mio, né fegli onore.
1.46Ahi crudo arcier, pur ricondotto m'hai
1.47A sforzar quel dolor che mi divora,
1.48E quanti passi fo, tanti ne fai:
1.49Orsù, di grazia, dammi tempo un'ora,
1.50Tanto ch'io possa dir di quei fagiuoli
1.51Quattro parole, avanti ch'io mi mora;
1.52Poi ci starem otto dì soli soli,
1.53E insieme parlerem quanto a te piace
1.54Di chi è cagion ch'io viva in tanti duoli.
1.55In fine, e' non mi lassa star in pace,
1.56E mi sforza la penna, e vuol ch'io scriva
1.57La gran beltà di colei che mi sface.
1.58Ma perdan gli occhi pria la luce viva,
1.59S'io gliel consento, o s'io vergo più carte
1.60In lode d'esta d'ogni pietà schiva.
1.61E da poi ch'io non posso stile ed arte
1.62Spiegar vèr voi, o fagiuol benedetti,
1.63Mercé d'Amor, che da me non si parte;
1.64Mi tacerò, e cessato i rispetti,
1.65Che so che tosto cessar doveranno,
1.66Farò in lode di voi tanti sonetti,
1.67Che invidia tutte le dame v'aranno.
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