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1.1Bell'intelletto, entro del quale alberga
1.2Sì largamente quel gran don d'Iddio,
1.3Ch'era il femminil ostro in quei primi anni;
1.4Come fora mestier ch'al pensier mio
1.5Nodosa sferza e non pietosa verga
1.6Fesse non pigri i miei timidi vanni,
1.7Acciò ch'insin sovra i celesti scanni,
1.8E d'onde s'erge il sole
1.9E che più splender suole,
1.10E dove han triegua i suoi più lunghi affanni,
1.11E là 've i monti e state e primavera
1.12Sempre han bianche le chiome,
1.13Portasse il nome tuo mattino e sera!
1.14Ma chi ha oggi così bello stile
1.15Che di tant'alta impresa non paventi?
1.16Quale isnodata lingua ha tanto ardire,
1.17Che presuma a le orecchie de le genti
1.18Portare il suon de l'opre tue gentile?
1.19Come avrò speme io mai poter venire,
1.20Senza tema ch'io meco non m'adire
1.21A celebrare in carte
1.22Di te sola una parte?
1.23Ma supplisca, ov'io manco, il gran desire;
1.24E sieme almen per mio piacer concesso,
1.25Quando ch'alcun non m'ode,
1.26Narrar le lode tue solo a me stesso.
1.27Ecco, quell'alma che sì lungo tempo
1.28De le grazie del ciel stata è ricetto,
1.29E del ben di lassù la pompa e 'l fregio,
1.30Discesa è al calle, che, bench'or sia stretto,
1.31Dette la via per tutto il mondo un tempo;
1.32E fatto ha vie più chiaro il nome egregio
1.33Di quella, ch'entro Roma fu in tal pregio,
1.34Che de le sue contrade
1.35Con adirate spade
1.36Scacciò per sì gran tempo il nome regio;
1.37Nel cui bel seno ognor virtuti nuove
1.38Piovendo, alzano un grido:
1.39– Qui dentro è 'l nido nostro, e non altrove.
1.40E per vietar che la terrestre gonna
1.41Non le macchiasse il perfido tiranno,
1.42Che per turbar di lei la pace venne,
1.43L'alma gentil, e per fuggire il danno
1.44Che mal seppe schivar l'antica donna,
1.45Ne le sue caste mani 'l velen tenne;
1.46E quel, per sicurtà del suo onor, fenne
1.47Che 'l gran Cartaginese
1.48Allor che 'l nome intese
1.49Di quei ch'a fuggir lui bramar già penne.
1.50Né forza ebbe 'l Signor: ché 'l ciel non volse,
1.51Oh singolare esempio!
1.52Anzi ne l'empio mostro il furor volse.
1.53Più che mai vaga, leggiadretta e bella
1.54Tornò la donna poscia; e così piacque
1.55Anzi al cospetto del divino Amore
1.56L'atto pudico e 'l cor là dove nacque,
1.57Che tutto l'arse con la sua facella.
1.58Da indi in qua sol bel desio d'onore
1.59Si muove in essa, e d'indi a noi vien fuore;
1.60là onde 'l dolce sguardo
1.61Rende, vil, pigro e tardo
1.62Qual sia rozzo pensier ch'uscir vuol fuore;
1.63E le poche parole accorte han forza
1.64Ogni villan costume
1.65Spegner, qual fiume picciol fuoco ammorza.
1.66Poscia che le latine alme cortesi
1.67Restaron, saziando le lor voglie,
1.68Far ricchi i templi, e dei vinti nemici
1.69Ornar tanti trionfi, e le lor soglie
1.70Spogliar per rivestir i lor paesi,
1.71Non ebber speme mai queste pendici
1.72Ritornar come pria liete e felici,
1.73Né ristorare 'l danno
1.74Che fea maggiori ogni anno,
1.75A mal grado di noi, le sue radici:
1.76Fin che questa gentil pianta novella
1.77Scoprìo la bella chioma,
1.78E fe' che Roma ancor spera esser bella.
1.79Quanti vedo or per l' antico viaggio
1.80Drizzare i passi, e girsen con costei!
1.81Quanti s'ascoltan su per gli alti poggi
1.82Sonare or cetre ed or cantare Orfei!
1.83Quanti Titiri stansi a piè d'un faggio
1.84Con la sampogna lor sonare anch'oggi!
1.85A quante piante il dolce umore appoggi
1.86D'Arno la bella riva,
1.87Ch'in un sol già fioriva,
1.88Veder può ognun, che a questi colli or poggi.
1.89Come credo che Fidia e 'l grande Apelle
1.90Dichin col viso tinto:
1.91– Vedi ch'han vinto pur l'opre novelle! –
1.92Non scese mai con sì celesti tempre
1.93Anima, o di virtù sì colma unquanco:
1.94Sorga 'l sa ella, e questi nostri regni.
1.95Che quando torna al ciel non ci sie almanco
1.96Chi la tenghi fra noi viva mai sempre?
1.97Destinsi adunque i più purgati ingegni,
1.98E in stile uguale a' fatti egregi e degni,
1.99Con dolce onesta gara,
1.100La bella donna e rara
1.101Fare immortal ognun di lor s'ingegni:
1.102E tal la mostri l'incude e 'l martello
1.103Come casto fu mai corpo sì bello.
1.104Canzon, s'io ti vedessi
1.105Esser più ch'altra a dar lode a costei,
1.106Di cui uomini e dèi
1.107Non vider mai né vederanno anch'altra,
1.108Forse ch'io ti direi: – Raddoppia 'l stile –.
1.109Ma, sendo vile assai,
1.110Miglior farai tacer, povera e umile.
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