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1.1Come avran fine i cominciati affanni,
1.2Se crescendo sen van di giorno in giorno,
1.3La tua mercé, Signor, ch'uomini e Dei
1.4Volgi a tuo senno e rivolgi, da poi
1.5Che gli hai piagati con quei dardi, i quali
1.6Sopra l'incudin de l'incerta speme,
1.7E con quelle tanaglie, e quel martello
1.8Che diè lor l'inquieta gelosia,
1.9A la fucina de l'inganno aguzza
1.10Lo strazio e 'l gioco, tuoi fidi ministri,
1.11E della tua mal conosciuta madre,
1.12Come per pruova ben lo 'ntende ognuno,
1.13Che vien non sol ferito, ma pur punto
1.14D'un di quei che per ciance e scherzi scocchi;
1.15E come 'l prova' io ben quella sera,
1.16Che la vil pica pellegrina, a gara
1.17D'un buon pastor, spiegò l'inculte rime;
1.18Ov'anch'io spinto dai più dolci preghi
1.19Di quella che mi avea già teso il laccio,
1.20Ben che rozzo cantai quei dolci amori
1.21Co' rozzi carmi miei, ch'ancor qualcuna
1.22Finge che fusser ver, ben che nol creda:
1.23Tal ch'io n'ho rosse forse ambe le guance,
1.24E me ne sento ancor doler l'orecchio,
1.25Che mi si svelse per amica mano,
1.26Con gentil atto e con pietoso grido,
1.27Con dir che mal tenea conto del grado
1.28Che mi diè Cintio al fonte d'Elicona.
1.29Sì ch'io ne feci poi mia scusa in rime.
1.30Dico, che 'l provai ben da quella sera,
1.31Che stando a canto di Selvaggia, allora
1.32Non mia, ch'oggi è pur mia (ah folle, allora
1.33Er'ella tua, ch'ella non era tua;
1.34Ché male è tua chi t'ha in dispregio, o fugge);
1.35Standomi adunque a contemplar costei,
1.36Che mi pareva pur vedervi dentro
1.37Un non so che divin, ben ch'io non fussi
1.38Entrato ancor ne le sue dolci reti,
1.39E non mi avessi ancor sospesi al volto
1.40I falsi occhiai d'Amor, che bene spesso
1.41Soglion occhio ben san far mirar torto;
1.42Io vi scorgeva pure, io vel vedeva
1.43Un non so che divino, una maniera,
1.44Una cosa da far felice chiunque
1.45Eletto fusse a mirar tanta gioia.
1.46Pendendo adunque da la dolce bocca,
1.47Come la madre pia pende dal figlio,
1.48Allor ch'e' conta i gran perigli in mare
1.49O 'n sanguinoso campo trapassati;
1.50Da la bocca, che spira più soave,
1.51Più grato odor, che 'l nido u' si rinuova
1.52L'unica verginella in fra i Sabei;
1.53Ella mi disse, per prendersi gioco
1.54Di me, ch'aver mi parea sciolto il core,
1.55Ma sì sciolto l'avea, come ha l'uccello
1.56I piedi, allor che 'n l'invescata verga
1.57Credendo altri beffar, beffa se stesso:
1.58– O quanto felice era quella ninfa,
1.59Che già fea lieto Prato, or altro luogo
1.60Allegra con quel suo sì dolce riso!
1.61Felice certo, anzi beata e bella,
1.62Poi che da uom di gran senno e valore,
1.63Come voi sète (e sogghignò guardandomi),
1.64Meritò così degna esser tenuta,
1.65Che voi non v'infingeste esserle servo;
1.66Che essendo d'un giudizio così raro,
1.67Come ben lo mostrate a chiunque v'ode,
1.68Non è credibil, che del vostro cuore
1.69Fusse fatta di voi e signora e donna
1.70Per volontaria e propria elezione,
1.71Se non aveste conosciute in lei
1.72Parti condegne al vostro alto intelletto.
1.73O quanto si potrà tener beata
1.74Chiunque d'un tale spirto oggetto fia,
1.75Che con l'acume del sacrato ingegno,
1.76Col favor de l'amiche Muse, in cielo
1.77Vedrà portarsi viva, e a l'altre etadi
1.78Preservarsi più bella assai che adesso.
1.79Appena chiusi avea candidi avori
1.80La bella donna tra coralli e rose,
1.81Ch'io mi sentii nel cor, per gli occhi suoi,
1.82Penetrarmi un degli aspri, un de' pungenti
1.83Dardi, che per vendetta usa il crudele,
1.84Nel cor, che già ne avea ben mille e mille
1.85Spuntati e rotti, e or divenne un vetro:
1.86Ond'io chinai vergognoso la fronte,
1.87Vergognoso non sol che 'n quella etate,
1.88Che nove lustri avea serrato, fusse
1.89L'amoroso carbon racceso, come
1.90Raccende il fuoco in sul mattin la vecchia;
1.91Ma mi parea, la sì com'era, indegna
1.92Cosa il vedermi esser venuto amante
1.93Di chi ornasse sì bella leggiadria,
1.94Sì leggiadra bellezza, quel vezzoso,
1.95Quel dolce, quel seren, quel divin petto,
1.96Grazia e vaghezza il dipignesse; e tante
1.97Virtù con onestà congiunte il seno
1.98L'empiesser coi lor fiori e frutti, e 'l grembo.
1.99Ma chi può contrastare a quel che vuole
1.100Il falso Cipriotto, l'impio, il crudo?
1.101Ond'io, senza tentar fuga né scampo,
1.102Mi die' prigione a quel bel petto, a quello
1.103Che sparge raggi assai più chiar che 'l sole:
1.104Ché 'l sol co' raggi suoi cose terrestri
1.105Illumina e mortal; quei del bel petto
1.106Penetrando l'interne parti, e quelle
1.107Che son formate a la divina imagine,
1.108L'intelletto, il volere, il ricordarsi,
1.109Illustran, rendon chiare, empion di lume;
1.110E nel partir rubini, ed aprir rose,
1.111Ne mostran quelle perle, ch'Oriente
1.112Non vide o vedrà tai perle sì bianche,
1.113Sì forbite, sì ugual, sì compartite,
1.114Che di lodarle mai non sarò sazio,
1.115Fin ch'io non corro a lodar quelle luci,
1.116Anzi quelle due stelle, anzi quei soli;
1.117Quai s'io potessi un sol punto del giorno
1.118Contemplarli a mio senno, io ben potrei
1.119Arditamente dir ch'unque altro amante
1.120Non fu (cerca, se sai) quanto me lieto.
1.121Queste fur le cagion che del gran Giove
1.122Io revocai le 'ntralasciate figlie
1.123In mio soccorso, e nel fonte di nuovo
1.124D'Elicona immollai la secca lingua,
1.125Tentando or una ed or un'altra loda
1.126Di questa rozza e gentil pastorella
1.127Por d'un faggio o d'un orno in su la scorza;
1.128Pensando, ahi folle, ahi miser, di potere
1.129Col favor lor farmele grato forse;
1.130Ma invan s'alzò il pensier, perché finito
1.131Fu 'l favor dell'iddee, e la beltade
1.132Che in lei risplende, quel bel vago onesto,
1.133Quel severo attrattivo, quella grazia,
1.134Se va, se posa, se parla, o se ride,
1.135Furon sono e saran sempre infinite.
1.136E chi è quel che non sa, che dal finito
1.137A l'infinito ben proporzione
1.138Non si può imaginar, non che trovare?
1.139E però nel disio, fuor di speranza,
1.140Mi vivo tristo, anzi lieto pensando,
1.141Tra la vil turba essere stato un scelto
1.142Per contemplar ciò ch'è di bel tra noi,
1.143E ombreggiarlo alcuna volta in carte:
1.144Ben che soma d'altr'omeri che i miei,
1.145Soma che cresce al crescer de l'ardore,
1.146De l'ardor che crescendo vien sì grande,
1.147Che di me stesso omai più non mi fido,
1.148Non li veggendo termin porre o fine.
1.149Ché quella prima sera ch'io le diedi
1.150In preda il mio voler, in quella stessa
1.151Mi parve amarla, sì ch'una sol dramma
1.152Non si potesse aggiugnere al gran peso.
1.153Ma ben m'accorsi poi di giorno in giorno
1.154De l'error mio, che mai fiume per pioggia
1.155Crebbe, o per neve che da' monti, forza
1.156D'un più rubesto sol, ratta scendesse,
1.157Com'io sentiva in me crescer il fuoco
1.158Di dì in dì, d'ora in or, di punto in punto.
1.159Pur ier standosi meco i pensier miei
1.160A ragionarsi insieme e con Amore,
1.161De' miei travagli e de' miei affanni, e dopo
1.162Molti e molti discorsi, uniti tutti
1.163Concluser che venuto era a tal grado,
1.164A quell'estremo punto, al sezzo fine
1.165Il mio fuoco amoroso, fuor del quale
1.166Non arrivan pur l'ale del pensiero,
1.167E come pietra, o qual sia cosa grave
1.168Non può passare il centro della terra,
1.169Perché quivi è 'l suo termin terminato
1.170Da quel che fece il tutto e puote il tutto;
1.171Così 'l mio incendio avea tocco la meta,
1.172Che pose Amor ne l'ordin de l'amore.
1.173Ma oggi ben m'accorsi in su quel punto,
1.174Ch'io vidi sfavillar quelle due luci,
1.175Che tutto quel che fu detto era nulla,
1.176E sino ad or era stata una ciancia
1.177L'amor, la fiamma, la speme, e 'l disio;
1.178Ché mai non crebbe l'empito e 'l furore
1.179Fornace accesa al gettar del fastello,
1.180Com'io senti' rinovar dentro al core
1.181Vie maggior fuoco che mai fusse ancora
1.182In amoroso cor sentito o visto.
1.183E dissi: – Se così di giorno in giorno
1.184Men vo, ingannato da' pensier miei sciocchi,
1.185Sempre legne aggiungendo a la gran fiamma,
1.186Poco starò (perch'io non son fenice,
1.187Che rinnuovi le penne dentro al fuoco,
1.188O me ne pasca come salamandra)
1.189A ritornar forse assai men che cenere.
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