about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Chi porrà modo al giusto desiderio
1.2Del dolce amico nostro, nuovamente
1.3Rapitoci di seno, anzi sbarbatoci
1.4Del core in sul fiorir de' suoi verd'anni?
1.5Chi darà termin, per brev'ore almeno,
1.6O Ciconin mio caro, al nostro pianto?
1.7Acciocché noi possiam, come ne sforza
1.8Il reciproco amor, poner d'intorno
1.9Al sacrato sepolcro i sezzi doni,
1.10E pagargli le giuste cerimonie
1.11Con gli alti tronchi de' cipressi accesi,
1.12E qualche ghirlandetta semplicella,
1.13Se non di fresche rose o bianchi gigli,
1.14Forse narcisi, ovver fronzuti acanti,
1.15D'immortale amaranto e vivace appio,
1.16Che mal ne gli orti nostri fiorir veggionsi;
1.17Con le vili erbe almen i picciol fiori
1.18De l'isopo, del timo, e del serpillo,
1.19E de la mammoletta verginella,
1.20Ch'e boschi nostri non ci negheranno.
1.21O tragica Melpomene, ora è tempo
1.22Che tu ne aiuti onorar con le meste
1.23Note del tuo più lamentevol plettro
1.24La pia memoria e la funebre pompa
1.25Del caro amico nostro; snoda adunque
1.26Col tuo negro favor la lingua avvezza
1.27Ne' gruppi, i quai troppo infelicemente
1.28La strinser già mille infelici lacci,
1.29Ascosi tra gli amori e tra lusinghe,
1.30Di chi, se più ne inganna, più sen ride.
1.31Dunque è pur ver, che quelle unghie crudeli
1.32De l'ostinata vecchia, che fu figlia
1.33De l'atra Notte e dello ingordo Inferno,
1.34Per viva forza abbia tronco lo stame
1.35In man de la sorella, che a la rocca
1.36L'aveva avvolto appena? Egli è pur vero,
1.37Che con la nebbia de lo eterno sonno
1.38Gli abbi la sozza diva chiusi gli occhi?
1.39Quegli occhi, onde le Carite spargevano
1.40Sì gran splendore e così chiara lampa,
1.41Che altro lume non cercava un saggio
1.42A tòrsi de le tenebre del vulgo.
1.43Dunque è pur ver, che quella avara mano
1.44Chiuso abbia quella bocca, onde le Grazie
1.45Spiravan la dolce aura dolcemente,
1.46Per l'aura dolce che riempieva il core
1.47De le dolcezze de gli eterni odori,
1.48E ne accendeva d'estremo disio
1.49L'uman voler di ritornar al cielo,
1.50Dove quell'aura dolce ora respira?
1.51O Prato, tu hai perduto il più bel fiore
1.52Che mai scoppiasse in sen d'erba, o s'aprisse,
1.53O la più bella boccia, a più ver dire;
1.54Quella boccia, ch'appena porto odore
1.55Avea di sé, ch'uno incognito vento
1.56Languida cader félla e secca in terra.
1.57Non senti tu l'odor che l'ha lasciato
1.58Nel suo partir, che ne conforta ancora
1.59L'odorante virtù così lontana?
1.60O cari amici, che godeste in parte
1.61Le sue dolci maniere e i bei costumi,
1.62E che sapete ch'io ben dico il vero;
1.63Porgete al petto mio qualche scintilla
1.64Di quella pieta che per lui vi stringe,
1.65Acciocché s'io non posso col mio affetto
1.66Pianger com'io vorrei la tolta gioia,
1.67La pianga almen, mercé del dolor vostro.
1.68Ed è ben giusto, poi che s'è fuggito
1.69Da voi ogni diletto, e vi ha lasciato
1.70Ogni dolcezza; poi che vi è nascosta
1.71La stella, il porto, l'ancora e la vela
1.72De la sdruscita nave, ch'è restata
1.73In mezzo al mare, al vento, a la tempesta,
1.74Né ci è chi più la spalmi o più la regga.
1.75Chi fia ch'or vi consigli in dubbia impresa?
1.76Chi che la man vi porga, s'alcun cade?
1.77Chi che vi aiti, se 'l bisogno il chiede?
1.78E chi s'uno erra, che 'l rimetta in via?
1.79O belle donne; e dico a quelle in cui
1.80Pose Amor grazia, onestà e leggiadria,
1.81Pietà, virtù, nobiltà e gentilezza,
1.82Beltà Natura, e giovinezza il Tempo;
1.83Piangete meco insieme, accompagnate
1.84Le mie querele con le vostre lagrime,
1.85Aiutate gli accenti, che interrotti
1.86Dai soverchi martir, perdon la voce:
1.87Ché voi smarrito avete un giovincello,
1.88Di cui né più gentil né più cortese
1.89Vide l'Etruria o 'n questa o 'n altra etade.
1.90O ninfe, e' s'è da voi sottratto quello,
1.91Che con la cetra sua già tante e tante
1.92Volte vi tenne in gioia, e vi diè gioco.
1.93O quante volte vi vidd'io già tutte
1.94Mostrar ridendo una estrema allegrezza,
1.95Scorgendo le lascive pecorelle,
1.96E le snelle caprette l'erbe e i fiori
1.97Lasciar, già tutte divenute vaghe
1.98De l'armonia ch'uscia de la sua voce:
1.99Anzi battervi il tempo e la misura,
1.100Non altrimenti che voi vi facciate
1.101In su le feste, ove Imeneo vi accoglie,
1.102Merzé de' vostri amanti, che v'incitano
1.103A carolar, per mostrarvi del core
1.104Le battute, i sospetti e le paure,
1.105Che, la vostra mercé, li tien sospesi.
1.106Quante volte vidd'io fermar gli augelli,
1.107Tratti dal suon de le medesme note,
1.108Dimenticati di tornare al nido,
1.109O portar da mangiare ai cari figli,
1.110Star tutto il giorno sopra i verdi rami
1.111A lui vicini, e risponder talora
1.112A le parole sue con vari modi!
1.113Vien tu, Cupido, ancora a pianger meco,
1.114Che n'hai più ch'altro cagion giusta forse;
1.115Che tu hai perduto un de' più fidi e cari,
1.116Un de' più accorti e più cortesi amanti,
1.117Che nel bel regno tuo servisse ancora;
1.118Se ben gli avenne averne poco merto.
1.119Ma chi de l'opre sue cerca mercede,
1.120Non si metta a servir ne la tua corte.
1.121O caro Ciconin, dunque è pur vero,
1.122Che 'l nostro Gherardaccio è già 'n sul legno
1.123Del canuto Caron, anzi è passato
1.124Le torbide acque, e siede in su la ripa,
1.125E guarda indietro, e di noi cerca, e duolgli
1.126Del nostro vaneggiar, de' nostri errori;
1.127E 'l buon Minos entro a' bei Campi Elisi
1.128Orrevol luogo gli ha già dato, e postolo
1.129Infra' più degni e più beati spirti;
1.130Perché così chiedeano i merti suoi,
1.131Così la sua virtù cercava, e 'l giusto
1.132Tal lo sforzava, e la sua cortesia
1.133E la pietà che a Dio portò valevano.
1.134Dunque è pur ver che 'l nostro amico è morto?
1.135Anzi, è menzogna, anzi non è possibile:
1.136Or non lo vedi tu riderti ancora,
1.137Chiamarti, e ragianar teco d'amore,
1.138Di cortesia, d'onor, di gentilezza?
1.139Sì ch'io lo veggio, e sento ch'ei mi dice:
1.140– Vien meco, amico, siedi meco, amico. –
1.141Ed io vo seco, e seco siedo, ahi lasso!
1.142Con chi vad'io? Con chi seggio? Con l'ombra,
1.143Con l'ombra seggio del mio Gherardaccio.
1.144L'è l'ombra sua quella ch'i' veggio, è quella
1.145Con chi vo, con ch'io seggio; è l'ombra sua
1.146Che mi si para inanzi: ché lo amore
1.147Che mi portava, traendone il cambio,
1.148Lo sforzano a tornar ovunque io sia
1.149Con l'imaginazion false, con l'ombre,
1.150Poi che non puote tornarci col vero.
1.151Che debb'io far? Che mi consigli adunque,
1.152Amor, poi ch'io mi trovo in tanta doglia,
1.153La tua mercé, se ben sei giusto adesso,
1.154Se ben non mi dai biasmo, e non offendi
1.155Altrui, come fa 'l tuo, falsa Ciprigna,
1.156Che mi fa per le selve andar errando.
1.157Ma ecco ch'ei ritorna, e mi si mostra
1.158Pien di splendor, pien di gloria, e si duole
1.159Del mio dolor, e pietoso mi asciuga
1.160Con le sue man le lagrime, e mi dice
1.161Tutto pietà, tutto amor, tutto fede,
1.162Queste poche dolcissime parole:
1.163– Non pianger, caro amico, io non son morto,
1.164Ma sono asceso in cielo; ivi mi godo
1.165I ben spesi anni, e caro ho che fur pochi:
1.166Ché 'l prolungar la vita, ove la morte
1.167Vince ogni cosa, ch'altro è che morire,
1.168E turarne la via d'irne alla vita?
1.169Dove ora attendo il vostro arrivo, e dove
1.170Prego per voi il Signor, che, sua mercede,
1.171Vi sviluppi da' sterpi, e da le ingorde
1.172Brame vi tolga de le più feroci
1.173Fiere di questa spaventevol selva,
1.174Ch'a voi, lontan dal ver, par tanto bella;
1.175Acciò possiate con spediti vanni
1.176Ascender meco al regno ove l'invidia
1.177Non rode il nostro ben, né 'l tempo il scema,
1.178Né di livido il tinge iniqua lingua.
1.179Tu odi, o Ciconin, quel che ci dice
1.180Il caro amico nostro. Or non piangiamo
1.181Le sue venture adunque, anzi mostrianci
1.182Allegri tutti, ch'ei non creda o pensi
1.183Che dispiacer de l'altrui ben ne sforzi:
1.184E non ci paia grave esser restati
1.185Senza il dolce compagno; ben c'incresca
1.186Del tempo che noi siamo in questa valle,
1.187Anzi in quest'aspra e 'n questa folta selva
1.188Selvaggia sì, ch'ei non si scerne modo
1.189Come uscirne sicuro, a starvi allegro.
1.190Né facciam come l'ignorante vulgo:
1.191Ché gli avien sempre, che mentre in lui luce
1.192La virtù viva d'un de' nostri soli,
1.193Ch'ei la riputa vil favilla; e poi
1.194Che glie le oscura un'importuna nebbia
1.195E toglie il bel splendor da gli occhi suoi,
1.196Ch'allor lo preme un desiderio intenso
1.197Di ricovrarla; allor d'ira e di sdegno
1.198Trafitto, allarga a le lagrime il petto,
1.199E coi sospiri accende l'aer tutto.
1.200E però non piangiamo il guiderdone
1.201Ben meritato, il dovuto riposo
1.202Del caro amico, che col dolor nostro,
1.203Con le nostre querele e nostre strida,
1.204Non lo potrem ritor di man di quella,
1.205Che a noi lo tolse, per metterlo in cielo:
1.206Ché non consente il fatal ordin questo.
1.207Sai tu, buon Ciconin, di chi si deve
1.208Pianger la morte? Di chi muor vivendo,
1.209E di chi lascia dopo morte un grido,
1.210Un fremito, un romor, una vergogna,
1.211Che di sé vergognar fa la natura;
1.212Non di chi vive morto e di sé pone
1.213Entro gli orecchi nostri, entro a' cuor nostri
1.214Un nome, un plauso, una fama, uno onore,
1.215Che d'invidia empir fa chi muore in vita,
1.216E d'un bello sperar chi vive in morte.
1.217Però serra, Melpomene, il tuo rivo,
1.218Che ne porge le lagrime, e 'n suo luogo
1.219Erato bella apraci il petto, e caccine
1.220I più allegri, i più soavi accenti,
1.221Che mai spargesse per amico amico;
1.222Non dico amante, perché questo è 'l falso,
1.223E quello il ver d'amor felice nodo.
1.224Ed io, la tua mercé, il sacro sepolcro
1.225Del santo amico mio, la ricca pompa,
1.226Tutto d'amor acceso e di pietade,
1.227Onorar con l'esequie de la laude
1.228Tenterò, da giusto obligo forzato,
1.229Non dal bisogno suo, perché quell'opre,
1.230Che vivo l'onorar, l'onoran morto.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)