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XV

Michele del Giogante (????–????)
Poesie

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1.1Nel mio piccol prencipio, mezzo e fine,
1.2se mai in prieghi mortal grazia s'infuse,
1.3o re del cielo, o tutte alme divine,
1.4o sacre, o sante, o glorïose Muse,
1.5o spiriti gentili, o peregrine
1.6ricerche in caldi dicitor racchiuse,
1.7porgete priego al mie dir tal favore
1.8ch'a voi sie gloria, a me fama ed onore!
2.1O elevata, o glorïosa impresa,
2.2o spirito supremo, o chiaro ingegno,
2.3o ripien tutto di carità accesa,
2.4o di quest'opra colonna e sostegno,
2.5o inventor che ti muovi a difesa
2.6del vulgar idïoma d'onor degno,
2.7in varî stili, in diverse manere,
2.8sien benedette le tuo cagion vere!
3.1Le qua' cagion, pel tuo degno destino,
3.2perito essendo in ogni facultate
3.3quant'altro sommo, gentil, peregrino
3.4si truovi ingegno in questa nostra etate,
3.5dove il giudicio tuo vie più raffino
3.6che non fa l'oro nel foco in bontate,
3.7ridotte ci hanno in tal congregazione
3.8con laude di vulgar commendazione.
4.1Singularmente un vulgar ben tessuto,
4.2terso e ripien di vera leggiadria,
4.3con un verso sonor, degno e compiuto
4.4d'arte supprema, qual vuol poesia,
4.5colla sentenza è fondato e fronzuto,
4.6in forma tal che l'uditore stia
4.7attento e lieto all'opera gentile,
4.8per la ricerca di sì dolce stile.
5.1Appresso al tuo voler tanto perfetto
5.2fare' sperimentar questa matera
5.3sotto tre don nel tuo proprio concetto,
5.4a laude tutto di chi meglio impera,
5.5diliberando ogni spesa in effetto
5.6di tuo pagar; così il pensier ne spera,
5.7quand'uno spirto gentil sopravvenne,
5.8d'amore acceso e di virtù solenne.
6.1Sentendo d'un tant'uom sì calda voglia,
6.2po' del suo degno fin costrutto volse;
6.3e perché la virtù sempre germoglia
6.4dopo lo 'nteso, ta' parole sciolse:
6.5«O maggior mio, deh, non passar la soglia
6.6ch'i' non sie teco — in sentenzia raccolse —
6.7nel seguir la magnanima tuo 'mpresa,
6.8grazia impetrando di me sia la spesa,
7.1ch'io non so quando ancor negli anni miei
7.2cosa sentissi più degna o più grata».
7.3Rispose il gentil uom, qual saper dei
7.4suo degno nome e suo casa onorata,
7.5né con silenzio tacer lo potrei,
7.6sendo inventor di sì dolce giornata;
7.7quest'è messer Batista degli Alberti,
7.8a Pier di Cosmo pe' suo degni merti,
8.1e disse: «Piero e' non m'è or sol noto
8.2la tuo virtù, la tuo magnificenza,
8.3veggendo te sì fervente e devoto;
8.4ch'i' dal ciel abbi favore e credenza!
8.5Né alla voglia tua romper vo' il voto
8.6a laude della nostra alma Fiorenza».
8.7Così uniti rimason d'accordo.
8.8Or vo' seguire il mio fedel ricordo.
9.1D'ogni cagion cagion Primo Motore,
9.2estupefatto all'opera tua vegno:
9.3gli angioli, i ciel pel tuo sommo vigore
9.4prima crïasti in sì fermo sostegno;
9.5po' giù il terrestre e 'l di drento e 'l di fore,
9.6l'uno e l'altro emisper faccendo degno,
9.7sendo un caos, e di poi il sesto giorno
9.8facesti alla tuo 'mmagine ritorno,
10.1criando il nostro primo padre Adamo
10.2alla 'mmagine tua, Signore etterno,
10.3faccendol possessor per tuo richiamo
10.4delle create cose in sempiterno.
10.5Te dunque invoco, te supplico e chiamo,
10.6ch'a me die lume, perch'i' non discerno,
10.7dopo tanto mister, di tua clemenza
10.8nascer potesse tal disubbidenza.
11.1Prevaricando il tuo comandamento,
11.2pel gustar sol di quel vietato pomo,
11.3ch'ogni suppremo lume gli fu spento,
11.4brutto, vile animal fatto, sendo uomo
11.5cacciandol fuor con sì greve spavento
11.6del paradiso, al qual pensando il como,
11.7colla faccia turbata e con furore
11.8dicesti: «Viverai del tuo sudore».
12.1Così per tal peccato originale,
12.2privati fumo di tuo gloria immensa,
12.3fuor di redenzïon, ché nulla vale
12.4in riparare alla 'nfinita offensa.
12.5O del ciel Re, invisibile e immortale,
12.6per te, come tu sai, poi si dispensa
12.7mandarne il tuo Figliuol, ch'altro n'avanza
12.8per sapïenza, a purgar l'ignoranza.
13.1Sì strabocchevol, sì tenero amore
13.2il Criator mostrò alla criatura,
13.3volendo esser del fallo redentore:
13.4incomprensibil fu senza misura.
13.5Di quinci nasce, o mio caro uditore,
13.6il tema dato, se ben ci pon cura.
13.7Della vera amicizia il testimonio
13.8fu il buon Gesù, e non c'è altro conio.
14.1Tutt'altre impronte e tutt'altri suggelli
14.2escon del vero e natural suggetto
14.3artificiati, alla virtù ribelli,
14.4avendo l'amicizia un sol ricetto.
14.5Nota, se mai di lei pensi o favelli,
14.6perch'ogni altro veder sarie 'mperfetto,
14.7duo corpi in un voler per grazia infusa
14.8vuol con un'alma innestata e 'nterchiusa.
15.1Quivi è 'l suo vero e glorïoso seggio,
15.2né più quïete sotto il ciel non trova;
15.3quivi in trïunfo e 'n tal fama la veggio,
15.4solo esprimer lo può chi 'l sa per prova.
15.5Il perché, degno uditor, ti richieggio
15.6ch'or la tua gran fantasia non si mova,
15.7notar volendo qui la differenza
15.8d'alcun, che varia in fallace credenza.
16.1Tenendo ch'amicizia e caritate
16.2sieno una propria cosa, un proprio effetto
16.3esca di loro e di lor facultate;
16.4questo tenere, uditor, è imperfetto:
16.5sol l'amicizia produce in bontate
16.6duo fidi amici. ognun col casto petto;
16.7se pur per accidente alcun si piega,
16.8la carità gli riunisce e lega.
17.1E per questa cagion niun mai ti faccia
17.2dal ver giudicio torcere o piegare;
17.3ogn'altro fabuloso parlar taccia;
17.4sol per virtù, la virtù debbe amare.
17.5E chi, fingendo, tentando altra traccia
17.6va, puossi e dêsi mendace chiamare.
17.7Né storico t'inganni, né poeta,
17.8se la virtù coll'onestà tel vieta.
18.1Io ho sentito già il particulare
18.2del greco Omero e del buon Mantovano,
18.3di Tulio ancor, che seppe e dire e fare,
18.4Valerio ed altri come noi sappiàno;
18.5ognun diffusamente in suo trattare
18.6n'han detto e mostro quel che ne leggiàno,
18.7singularmente ancora i tuoi moderni,
18.8Dante e 'l Petrarca, sol per fama etterni.
19.1Né credo che tu creda che, raccolto,
19.2come fa l'ape, di tutti il fioretto,
19.3sed io non son dall'ignoranza involto,
19.4istando alla ragion sempre suggetto,
19.5derogar possa, o che mai ne sie tolto
19.6quel vero conio, che di sopra è detto,
19.7di quella immensa carità sincera,
19.8che 'l seggio tien dell'amicizia vera.
20.1Qui vo' far punto e qui silenzio porre,
20.2qui vo' lasciar di tanta opera il dire,
20.3d'ogni torto veder giù mi vo' tôrre,
20.4avendo in voi la speranza e 'l disire,
20.5alle cui leggiadrie non si può apporre,
20.6faccendo questo edïoma fiorire,
20.7e voglio attento star, tacito e lieto,
20.8e gustar d'amicizia ogni segreto.
21.1Né vo', né chieggio esser qui messo in sorte,
21.2né venir in cimento al paragone
21.3tra oro fin, rubin, balasci, il forte
21.4di questa tanta e tal congregazione,
21.5serafini, del ciel propri consorte.
21.6Io per contrario in tal declinazione,
21.7con artificio son rame dorato,
21.8o doppio vetro in caston d'or legato.
22.1Sol nella superficie colorare
22.2posso, o potrei sotto un divin furore,
22.3caldo nel dir, senza considerare,
22.4o senza averne alcun gusto o sapore.
22.5Per la qual cosa i' vo' ratificare
22.6suggetto e pazïente star di fore,
22.7pur che 'l mio buon voler non mi sie tolto
22.8del far poi trïunfar questo raccolto.
23.1Di tali e tanti dicitori in versi,
23.2illustri e degni di fama supprema,
23.3sotto tant'alti, leggiadri e diversi
23.4solenni stili, pur all'eccelso tema
23.5già sento di dolcezza i sensi persi,
23.6tanto licor mi par giù dal ciel prema
23.7in laude propria della lingua nostra,
23.8come la vera esperïenza mostra.
24.1Poi il fronte di quell'uom tanto eccellente
24.2incoronar del glorïoso dono
24.3veder vorrei sì magnificamente
24.4che per tutta Europa andasse il sòno,
24.5sendo tra' dicitor tanto eminente;
24.6s'i' trasandassi ancor, vaglia perdono.
24.7Vorrei vederlo uscir poi del Duom fori,
24.8con tutti e venerandi dicitori;
25.1ciascun con vaghe grillandette in testa,
25.2piccole e peregrine, il secondasse
25.3di laüro o di mirto per più festa,
25.4con tanti suon che l'aire ne tonasse;
25.5con quella compagnia degna ed onesta
25.6insino al proprio suo seggio s'andasse,
25.7per più sublime sua commendazione.
25.8E qui sie fine al mio fatto sermone.
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