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1.1Mentre nel Campidoglio il gran Romano
1.2alzava il tempio a Giove, ebbe novella
1.3del morto figlio, a lui spietata e fella,
1.4né per la doglia insano
1.5levò da l' opra o la lingua o la mano,
1.6ma posto un duro freno al suo dolore
1.7seguì il lavoro incominciato avante
1.8col volto asciutto e l' animo constante,
1.9ché 'l gran paterno amore
1.10non gli sviò dal grave ufficio il core;
1.11e voi, che di prudenza e valor sete
1.12forse il più illustre e 'l più lodato essempio
1.13di questa nostra etate, al dolore empio
1.14darvi in preda volete,
1.15che tante volte superato avete?
1.16Ritogliete, Signor, di voi l' impero
1.17di mano al senso omai, che v' allontana
1.18da la strada d' onor secura e piana,
1.19e sì come nocchiero
1.20saggio, che contra il verno orrido e fiero
1.21arma d' ancore salde il caro legno,
1.22armate di prudenza e di ragione
1.23la mente, acciò che in questo duro agone
1.24un vincitor sì indegno
1.25non ne riporti la corona e 'l Regno.
1.26Volete che la piaga aspra e mortale
1.27che per la morte del genero caro
1.28v' ha fatto in mezzo al core il duolo amaro
1.29risani il tempo? Ah, tale
1.30medicina non è d' alma reale!
1.31Non sapete, Signor, che la prudenza
1.32è diamantino impenetrabil scudo
1.33contr' ogn' arma del duol spietato e crudo,
1.34la qual non ha temenza
1.35d' alcuno impeto suo né violenza?
1.36Forse pensate di tornarlo vivo,
1.37di far pietoso il Fato empio e crudele
1.38con pianto, con sospiri e con querele?
1.39Ma pria sterile e privo
1.40prato d' ogni licor di fonte o rivo,
1.41in parte opaca ove non scaldi il sole,
1.42il volto mostrerà ricco e giocondo
1.43de le vaghezze che fan bello il mondo,
1.44e gigli avrà e viole
1.45quand' altrove coprirgli il ghiaccio suole.
1.46Forse vi duol che così tosto morto,
1.47e nel più bel fiorir degli anni suoi,
1.48l' abbian l' invide Parche, e tolto a noi:
1.49dunque vi duol che 'n porto
1.50condotta per camin securo e corto,
1.51per quest' onda del mondo orrida e scura,
1.52abbia la frale e disarmata nave
1.53di tante sue virtuti onusta e grave,
1.54e ch' or senza paura
1.55seggia sul lido, ricco oltre misura,
1.56né l' improvisa morte o repentina
1.57si deve lagrimar d' un innocente,
1.58d' un cui foco divin purghi la mente
1.59da sera e da matina
1.60sì come l' oro il fabbro a la fucina:
1.61non v' avria maggior duol piagato il petto
1.62quasi nuovo Atteon da' suoi dolori
1.63vedendol lacerar, e fra gli ardori
1.64de la febbre costretto
1.65morir dopo più dì languendo in letto?
1.66Sani quest' empia piaga, o Signor mio,
1.67che v' ha data il dolor, quella virtute
1.68ch' ha risanato vie maggior ferute,
1.69né ponete in oblio
1.70che 'l destin nostro è sol voler di Dio.
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