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Rime

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1.1O lagrime, del mio giusto dolore
1.2Fide compagne; o caldi alti sospiri,
1.3De' travagli del cor veri messaggi;
1.4O giusto sdegno giustamente accolto
1.5Nel giusto petto mio per giusto moto;
1.6Datemi tregua almen, se darmi pace
1.7O non potete o non volete, insino
1.8Ch'entro a gli orecchi de' pietosi amanti
1.9E delle molli giovinette io possa
1.10Poner la grieve ingiuria e 'l torto grande,
1.11Che contro un giusto ardir d'un giusto amante
1.12Commesse non ha guar Giustizia ingiusta,
1.13Con tanta empietà, sì ingiustamente,
1.14Che chi ne fu cagion forse n'è gramo:
1.15E la Giustizia, dell'error suo poscia
1.16Accortasi, pentita, a' piei si pose
1.17Della tardi ben spesso, anzi per forza
1.18Mai sempre conosciuta Penitenza;
1.19Ma da lei, come il suo demerto volse,
1.20Con torte ciglia fu raccolta, e poi
1.21Dalle sue mura discacciata, in guisa
1.22Ch'ella non s'è poi ardita tra 'l bel coro
1.23Porsi delle virtù, non pur regina,
1.24Non pur compagna, ma ministra e serva:
1.25Anzi da lor sbandita, anzi sforzata
1.26Di cercar nuova sede e nuovo albergo,
1.27È ita errando in varie parti, insino
1.28Che Crudeltà, che pria solea aborrirla,
1.29Ed ella lei, l'ha dato luogo dentro
1.30Ai penetral del suo sozzo palagio.
1.31O nuovo caso, al prisco secol raro
1.32Udito, a questo nostro insino adesso
1.33Non pur passato ai termin del pensiero.
1.34Adesso adunque la Giustizia ingiusta,
1.35Dalla Clemenzia scompagnata, in grembo
1.36Di Crudeltà si siede; ivi ministra
1.37Non più di Giove ma dell'empie Furie
1.38Posa dolente, battendosi l'anca.
1.39Dunque Giustizia è delle Furie ancella?
1.40E la cagion vi si palesa adesso.
1.41Nella bella Partenope, ch'un nido
1.42Fu già di cortesie d'Amore un seggio,
1.43Di gentilezze un porto, una campagna
1.44Di vera gloria, un cumul di trofei,
1.45Fatta fu legge, e gridata in l'orecchie
1.46Del suo popol gentil (né la cagione
1.47So io, che mosse quel prudente Sire,
1.48Che in vece del lor Re governa il Regno,
1.49A sì severo editto); che chiunqne
1.50(Senza che grado o alto o basso esente
1.51Alcun facesse) ritrovato fusse
1.52Allor che Febo alla sorella cede,
1.53E dà luogo al chiaror dell'altre stelle,
1.54Con scala, o delle selve uscita, o colle
1.55Fila di forte canape intessuta,
1.56O con la bava così cara, in cui
1.57Si chiude e muore il verme, il qual pascendo
1.58Quelle pietose frondi, che già videro
1.59La babilonia Tisbe darsi morte
1.60(O Amor, come fai troppo sovente
1.61Un vero, un fido, un lungo, un servir dolce
1.62Di due felici amanti premiare
1.63Con un'acerba e violenta fine!
1.64Come ben mostra il tragico tumulto,
1.65Che vergar tento in le mie carte adesso);
1.66Laonde io torno a dir, come la grida
1.67Dicea, che ognun che nella oscura notte
1.68Con scala qual si sia trovato fusse,
1.69Perda la cara luce, e che 'l coltello
1.70Al gentiluom la tolga, al vil la forca.
1.71Non vi andò guari dopo il crudo editto,
1.72Ch'un giovane, i cui anni a pena avieno
1.73Nelle morbide guance una lanugine
1.74Posta, non altrimenti che far soglia
1.75Al pomo che Cidippe mise in pianto,
1.76Il buon Settembre, allor quando e' lo tinse
1.77Sì vagamente col color dell'oro,
1.78Che chi lo mira ben lo scorge a pena;
1.79Un giovin, che ciascun mettea in contesa
1.80Chi de' duo, l'alma o 'l corpo maggior lume
1.81Con la beltà spargesse, o se del sangue
1.82La chiarezza a lui desse maggior lampa,
1.83O per lui ella, e per le sue bell'opre
1.84Più chiara e più gentil si dimostrasse:
1.85Ma terminò sì bella lite tosto
1.86L'invitto ardir, la viva fede, il saldo
1.87Pensier di non macchiar l'altrui bianchezza
1.88Per la salute propria, o per suo scampo,
1.89Con mille altre virtù che 'n lui splendeano;
1.90Mostrando, che se 'l corpo suo era bello
1.91(Ch'ugual non avea alcun, non che maggiore,
1.92Nella gentil Partenope in quel tempo),
1.93Che l'animo a gran lunga il trapassava.
1.94Questi adunque uno oggetto, un segno, un scopo
1.95Delle cure amorose, avendo in preda
1.96D'una dama gentile il cor suo dato;
1.97D'una che 'n gli occhi suoi portava Amore,
1.98E nel candido sen nutria beltade,
1.99E spirava le Grazie con la bocca,
1.100E seco avea vaghezza e leggiadria:
1.101E se come con lei sempre eran queste,
1.102Vi fusse stata ancor la cortesia,
1.103Non aveniva quel ch'avenne forse.
1.104Dico così, perch'allor che mestiero
1.105V'era di lei, ella da sé lo spinse,
1.106Anzi addosso serrolli la finestra.
1.107Ebbe adunque l'amante giovinetto
1.108Dalla sua cara o cenno o messaggiero
1.109Che seco fusse quella notte, quando
1.110Forniva il dì ch'a Roma il popol pio
1.111Celebra al monte Esquilio la memoria
1.112Di quella neve che nel tempo estivo
1.113Segnò del sacro tempio la gran pianta,
1.114Ch'a Maria dedicar gli antichi padri.
1.115Ond'ei sopra una scala, ove salito
1.116Era altra volta, a lei lieto sen venne;
1.117E poi che l'ebbe in le sue braccia stretta
1.118Tenuta un pezzo, e giunto bocca a bocca,
1.119E passaron dell'uno in l'altro corpo
1.120L'anime mille volte de' duo amanti,
1.121E con quella dolcezza e quel contento,
1.122Che se vi morien dentro era la morte
1.123Vie più bella e più dolce che la vita
1.124Di chi vive lontan dalla sua vita,
1.125Come fa or ch'intesse questi versi;
1.126Poi ch'ebber luogo avuto i dolci affetti
1.127Fra' cari amanti, essendo già vicina
1.128L'ora che 'l giovincel dovea partire
1.129Dalla sua donna, promettendo in breve
1.130Ritornarsen da lei per rivederla,
1.131Per riunirsi, rintrecciarsi, intessersi
1.132Con l'alma sua, col core e con lui stesso,
1.133Quelle lagrime ch'ella si bevea,
1.134Mentre ei beve le sue, con quell'ardore
1.135Che chi è stato a simil termin mai
1.136Lo può considerar me' ch'io ridire;
1.137Da lei tolto comiato, e nell'uscire
1.138Della zambra ministra al suo diletto,
1.139Percosse il destro piede entro la soglia.
1.140Onde del mal futur fatto presago,
1.141Rivolto al ciel col cor, diceva: – Amore,
1.142Deh rendi van con le tue grazie questo
1.143Infortunato augurio, ch'or m'ha posto
1.144Un non so che nel cor, che par che dica
1.145– Saziaten'or, o 'ndugia la partita,
1.146Fin che si stenda un laccio, che minaccia
1.147Legarti in grembo a morte –,eh! dammi aiuto,
1.148Amor, ch'io temo, e non so quel ch'io tema. –
1.149Pur non di meno alfin ripreso ardire,
1.150Ed incolpando questa sua credenza,
1.151Svelse del sen della sua cara amica
1.152La man sinistra; e fu per forza quasi,
1.153Perch'ella la stringea tutta pietosa
1.154Fra i suoi due crudi pomi e fra la neve,
1.155Senza vedere il futuro accidente;
1.156Ch'avvienci spesso, che 'l genio ne mostri
1.157Con taciti messaggi il mal che segue:
1.158Ma noi siam troppo ciechi e troppo sordi.
1.159Laonde il semplicel, senza più oltre
1.160Pensar, sen venne alla finestra, donde
1.161Egli era entrato, e su vi pose il piede;
1.162La quale in una strada rispondeva
1.163Publica, più che non fa di mestiero
1.164A simil casi; e montò su la scala.
1.165E già sarebbe arrivato in la strada,
1.166E dalla giovin già sarebbe accolta
1.167Stata la fune, e già posta in sicuro;
1.168Già sarebbe egli in casa, ed ella in letto
1.169Lieta e contenta con la sua nutrice
1.170De' passati piacer ragionerebbe;
1.171Se non ch'un nuovo dispiacer, che il preme
1.172Più che l'usato, nel lasciar partendo
1.173La bella amata sua lo facea pigro:
1.174Ché mentre lo infelice muove il piede,
1.175Il pensier lo fa lento, e sforza l'occhio
1.176A ricercar del suo lasciato obietto;
1.177E l'occhio tarda il core, il core il piede
1.178Fa pigro, anzi lo lega in su la scala:
1.179Laonde appena in spazio di mezz'ora
1.180La metà fatta avea del suo viaggio.
1.181In questo, tutte le guardie notturne
1.182All'improviso li furono intorno:
1.183Che i due guardian, ch'a piè s'avea lasciati,
1.184Per sicurtà di ciò che avenir puote
1.185In simil casi, come chi sapeva
1.186Quel che vaglia Fortuna, e come spesso
1.187La si attraversi a' contenti d'Amore;
1.188Come devean, non li diero quel segno
1.189Ch'eran rimasti, anzi fuggiron subito.
1.190Codardi, e perch'avete più riguardo
1.191Alla propria salute, ch'allo scampo
1.192Di colui, che sicur sotto la fede
1.193Vostra viveva? O mal servata fede,
1.194O fede, o fede, ove sei oggi, o fede?
1.195Ma così spesso aviene a chi commette
1.196La sua salute in man della vil fede.
1.197Né prima vide il giovin farsi cerchio
1.198La temeraria vil turba importuna,
1.199Ch'ei volse in su voltar subito il piede,
1.200Non veggendo altro scampo allor di quello
1.201Più secur, né miglior; ma la fanciulla
1.202Più da temenza che da amor sospinta,
1.203Gli chiuse addosso, aimè, quella finestra,
1.204Che poc'anzi gli aperse tanto allegra.
1.205O leggier giovinetta, or non è questo
1.206Colui che poco fa t'era sì caro?
1.207Non è questo il tuo bene, il tuo riposo,
1.208L'anima tua, il cor tuo, la vita tua?
1.209La tua fe', la tua speme, l'amor tuo?
1.210Non è questo il tuo Lucio? Egli è pur desso:
1.211Quel che strignevi or or nelle tue braccia,
1.212Senza volerle allentar, non ch'aprire,
1.213Acciò che non partisse da te mai,
1.214Né ti lasciasse sconsolata e sola;
1.215Non ti bastando l'animo soffrire
1.216Di viver senza lui pur un sol punto.
1.217Or non ti sentiv'io, che tu dicevi:
1.218– Io ne vo' venir teco? – e se non ch'egli
1.219Vi promise tornar la prima notte,
1.220Tu non volevi e' partisse; or che torna,
1.221E che ti serva l'impromessa fede,
1.222Più tosto ch'ei non disse, e tu li chiudi
1.223L'entrata, ahi cruda! Egli è pur il tuo caro,
1.224Gli è pur l'amante tuo, gli è un che cerca
1.225Fuggir la morte in sen della sua vita.
1.226Non gliel chiuder adunque, aprili il core,
1.227Aprili ambo l'orecchie, odil che dice
1.228Tutto pien di pallor queste parole:
1.229– O degli affanni miei sicura aita,
1.230O de' travagli miei saldo refugio,
1.231O guiderdone, o palma, o gloria, onore
1.232Di tutte l'amorose mie fatiche,
1.233O fine, o termin d'ogni mio pensiero;
1.234Perché mi chiudi tu testé quel passo,
1.235Ch'aperto m'hai già tante e tante volte,
1.236Allor che men mi bisognava? O core,
1.237Deh aprimi la via d'ire alla vita
1.238Di chi sol vive, sente, vive, e more,
1.239Sente, more, e morir gli è forza ovunque.
1.240Tu turi il calle del vital suo lume.
1.241Io son l'amante tuo, Lucio tuo dolce;
1.242Non mi conosci? Ahi cieca, io son pur desso;
1.243Non conosci la voce, che pur ora
1.244Ti sonava sì dolce entro alli orecchi,
1.245Ch'ogni altro suon fuor di quel t'era a schivo?
1.246Ma forse il tuo tremar, che dalla tema
1.247Del gran pericol nasce, ti fa dubbia,
1.248Che la sia la mia voce, e pur è dessa.
1.249Cor caro, ell'è la voce del tuo Lucio;
1.250L'è essa, vita dolce, odila adunque,
1.251Se ben la senti in così meste note
1.252Spiegar, mercé del pericol vicino.
1.253O vita mia, io ho dietro la morte,
1.254La qual mi giungerà, se tu non m'apri
1.255Quel passo, ov'è serrata la mia vita.
1.256Apri, sorda, gli orecchi a quella voce,
1.257Che t'aprì il core non mezz'ora a pena:
1.258Ché se non gli apri tu, che sei sua vita,
1.259Questa fune aprirà, ch'è la sua morte.
1.260O sorda, o cieca, o ingrata, e fie pur vero
1.261Ch'amor di donna piglia termin tosto,
1.262E che pietà si spenga in poco spazio,
1.263In un cor feminil, com'io prov'ora?
1.264Qual sdegno in un voltar d'occhio ha potuto
1.265Sverti dal cor sì ben impresso amore?
1.266M'hai di vista perduto a pena poi
1.267Che tu dicevi che m'amavi tanto?
1.268Che per seguirmi, ed esser meco sempre,
1.269Volevi esporti ad ogni gran periglio,
1.270Abbandonare i domestici affetti,
1.271L'oro e le perle, e l'altre tue ricchezze,
1.272E tutto quel che da gli antichi padri
1.273Ti fu lasciato; e ch'a dir fu più greve,
1.274Il caro onore? Oimè perché sì tosto
1.275Hai cangiato voler? Dunque è pur vero
1.276Quel ch'io sempre negai, che sì mutabile
1.277Sia 'l muliebre cor sempre e sì vario?
1.278O sorda, o sorda, orsù poi che la vita
1.279Non m'ode, discendiam, ché m'udrà morte. –
1.280Così dicea, mentre s'ode in l'orecchie
1.281Una voce crudel, che lo minaccia
1.282Di farlo giù tomar, se non discende:
1.283Ond'ei senza più dir, venuto a terra,
1.284Fu da lor preso, e con la scala in seno,
1.285Indice dell'error, messo in prigione.
1.286Il Reggente, che in Napoli è preposto
1.287All'essequir le criminal quistioni,
1.288Subito inteso il miserando caso,
1.289Montò sopra un veloce palafreno,
1.290E presentossi inanzi all'Eccellenza
1.291Di quel signor che pel gran Carlo il Quinto
1.292Regge il bel Regno, con gran pace, e grande
1.293Satisfazion di tutti: e ben ch'adesso
1.294Io nol posso lodar, ch'Amor non vuole,
1.295Né mel consente il crudel caso (ond'io
1.296Lui prego e la sua figlia, mia Signora,
1.297Che mi perdonin; ché ci fia ben tempo
1.298A spiegar i miei versi, ben che rozzi,
1.299Ne gli ampi campi delle lor gran lode);
1.300Il severo Signor, dunque, com'ebbe
1.301Udito il caso, diede ordin a quanto
1.302Devea seguire; e per chiuder il calle
1.303Alle preci, ai favori, alla pietate,
1.304Senza più indugio montato a cavallo,
1.305Se n'andò, come per via di diporto,
1.306Lontan circa due leghe dalla terra,
1.307Fra le ruine del vecchio Pozzuolo.
1.308La mattina seguente, che fu 'l giorno
1.309Che suscitò da morte il Verbo eterno,
1.310Ebbe il Reggente al suo conspetto tutti
1.311I giudici, e color che 'n Vicaria
1.312(Così si dice là) voce hanno, e a tutti
1.313Fe' noto il fatto, e diede lor la copia
1.314Del fiero bando ch'io vi dissi sopra;
1.315E con questo l'esamina, u' 'l delitto
1.316Del giovin confessato era raffermo:
1.317Salvo che chi fur quei che lo guardavano,
1.318O che 'l dovean guardar, per più ver dire,
1.319Né perché in quella scala era salito,
1.320Mai dir non volse; ma con saldo e fermo
1.321Volto diede in suo danno quelle scuse,
1.322Che potesser salvar la fama a quella
1.323Che non gli avea, col serrar la finestra,
1.324Voluto poco fa salvar la vita.
1.325Ma invan fu il pietoso atto, ché tal grido
1.326Avevan dato già le sue belle opre,
1.327Ch'alcun di buon giudicio creder debba
1.328Ch'altro ch'Amor lo possa aver indotto
1.329Ad atto, onde virtù fuggita fusse.
1.330Poi ch'ebbe presentato tutto quello
1.331Ch'io v'ho già detto il Reggente al consiglio,
1.332Ei gli richiese di sentenzia; ed essi,
1.333Mossi a pietà del poverel, cercarono
1.334Modo di prolungar la fiera impresa.
1.335Ma chi, se ben di pietra o di diamante
1.336Avesse avuto il core, udendo il caso,
1.337La cagione, lo autor, la fretta, il danno,
1.338Non fora divenuto molle cera?
1.339Onde per aiutarlo almen col tempo,
1.340Risposer tutti, che nel giorno sacro,
1.341Nel qual la vita superò la morte,
1.342Non parea onesto dare una sentenzia
1.343Di cosa che pendesse in pregiudizio
1.344Dell'altrui vita: sanza ch'ei pareva
1.345Che 'l nuovo caso ricercasse al meno
1.346Tre giorni o quattro, acciò con più chiarezza,
1.347Con più maturo e più saldo giudizio,
1.348Ei si potesse terminar l'impresa.
1.349Avria forse il Reggente acconsentito
1.350Al chiesto spazio da' pietosi padri;
1.351Se non ch'un mostro, assai vie più crudele
1.352Che tigre, a cui furati fur i figli
1.353Poc'anzi nati, e che ne va cercando;
1.354Colui che, procurando il dritto al fisco,
1.355Vien spesso vago dell'altrui ruina,
1.356Senza util, senza onor del suo Signore,
1.357Com'io già vidi mille volte in Roma,
1.358Con fiera voce non avesse detto:
1.359– Ch'accade più consigli, o buon Reggente,
1.360O metter tempo alla sentenzia in mezzo?
1.361Abbia suo luogo il bando, e il tempo e 'l spazio
1.362Con lor mentite larve non disturbino
1.363Alla giustizia il destinato corso. –
1.364E con un impio volto, protestando
1.365Non so che pregiudizi, o che sue pene,
1.366Con parole ampullose e pien di vento,
1.367Forzò il senato ad esequir il bando.
1.368Né pria fu fatto il decreto impio e crudo,
1.369Che si vide levar su in alto un palco
1.370Nel loco u' fece il fallo il poverello,
1.371Se voi chiamate fallo andar cercando
1.372Il suo core entro al sen della sua donna,
1.373Il di lei riportandole, e con scala
1.374E non con l'ale andar dov'altri il chiama.
1.375Ma così piace al cielo. Onde in un tratto
1.376Per la città s'udì quasi ch'urlare
1.377L'orrendo suon della tremenda tromba,
1.378Quel crudel suon, che sempre è 'l primo cenno
1.379Di violenta morte in la vil gente;
1.380Come colei che ben mostrar cercava
1.381Con quella mesta e spaventevol voce,
1.382Che 'l suo metallo men duro è che 'l core
1.383Dei mai ministri dell'empia giustizia,
1.384E quanto le rincresca della morte
1.385Del poverello amante in sul fiorire
1.386Del suo bel primo aprile, in sul far frutto.
1.387Non altrimenti mosse a tutti il core
1.388Nella mesta Partenope il fier urlo
1.389Della piatosa tromba ad un terrore,
1.390A una nuova pietà, a un disusato
1.391Dolor, ad un pensier dubbioso e vano
1.392Di tentar e per forza e per virtute
1.393D'impedir sì repente e stran decreto;
1.394Che fa il medesmo suon, allor che dentro
1.395A debil mura un popol poco ardito
1.396Rinchiuso dai nemici, aspetta il primo
1.397Assalto; che col suon di quella tromba
1.398Sente fuoco, prigion, ruina e morte:
1.399E pur vorria cercar la sua salute,
1.400E non sa dove, e quanto più vi pensa,
1.401Tanto men truova ove fondi il pensiero.
1.402Così la nobiltà partenopea,
1.403Così i buon cittadin, così i mercanti,
1.404Così la turba vil d'ogni nazione,
1.405D'ogni ordin, d'ogni etade e d'ogni sesso,
1.406Dal dolor abbattuta si vedea
1.407Correr chi qua chi là, senza sapere
1.408Ch'oprar volesse; e pur oprar volea.
1.409Questi percuote insieme ambo le palme,
1.410Ed alza il volto al ciel, poi 'l ferma in terra;
1.411Quel s'asciuga le tempie, ch'un sudore
1.412Freddo li bagna; l'altro è come un sasso,
1.413E duro, e senza moto, e senza senso;
1.414Un corre a casa a raccontarlo a' suoi;
1.415Altri desta la figlia, e gliel fa noto,
1.416Non senza morso dell'amante, e dice:
1.417– Impara da costei, figliuola cara. –
1.418Non di men pur l'incresce del garzone.
1.419Molti dicevan: – Se mi fusse frate,
1.420Io farei, io direi; – e con la mente
1.421Non manca chi lo tolga alla famiglia,
1.422Né chi ruini, tagli, frappi, ammazzi
1.423E questo e quello, e rimuti le leggi,
1.424Annulli il bando, e danni l'architetto,
1.425E renda il poverel salvo e sicuro,
1.426Se le parole uguali a' fatti fussero;
1.427Chi bestemmia il Reggente, e chi 'l Fiscale
1.428Giudica degno insin d'aver il foco
1.429Intorno all'uscio: e già con quel pensiero,
1.430Preso in mente un fastel, v'attacca il foco.
1.431Certi, per altro forse men contenti,
1.432Dolendo lor più alto e più addentro,
1.433Sfogando l'ira lor con questa scusa,
1.434Si fanno rei di più severa pena;
1.435Ma questo il taccio, perch'è ben tacerlo.
1.436Così mentre ch'attonita e confusa
1.437Era la gente, e che 'l volgo è diviso
1.438In vari studi, e che 'l giovine in mezzo
1.439A' fier ministri a pietà muove i sassi;
1.440Un molto accorto, ed amico del giusto,
1.441Come zelante del culto divino
1.442(Ma altro culto il preme, ed altro zelo),
1.443Al maggior sacerdote va volando,
1.444E che subito mandi il persuade
1.445Un protesto al Reggente, che 'n quel giorno
1.446Ch'è consecrato alle lode d'Iddio,
1.447Non lo macchi col sangue del meschino.
1.448Un altro in quel si ricorda del santo
1.449Consiglio che dicean di Santa Chiara,
1.450Che già fu in tanto pregio in quel gran Regno:
1.451Che non si potea dare esecuzione
1.452A simil cose, s'entro a quel collegio
1.453Non se ne fea parola. Or questi adunque
1.454Operò in guisa, che 'l detto Consiglio
1.455Si ragunasse subito, e per parte
1.456Lor sì facesse intender al Reggente,
1.457Che non mandasse il mal decreto avante,
1.458Se pria non era a lor proposto il caso,
1.459Secondo che volean gli ordini antichi.
1.460Ma il Reggente crudel, più presto in questo
1.461Ruina che Reggente, pien di sdegno
1.462Risponde: – Io non conosco altro signore,
1.463Che la gran Maestà di Carlo il grande,
1.464E quel che in vece sua governa il Regno: –
1.465E senza più, affretta l'ordin dato.
1.466Eccoti in questo mezzo in un momento
1.467Di duchi e gran baron farsi una schiera
1.468Sì ricca e sì gentil, ch'io me la taccio,
1.469Per non saperne dir quanto la merta;
1.470In compagnia de' quai sen gia grandezza
1.471D'animo dall'un canto, e 'l favor dolce
1.472Di fortuna gonfiato dall'altro era;
1.473Che spargevan di fuori uno splendore,
1.474Col sangue antico, e con gli aviti scettri,
1.475Che fean parer ogni opra lor più bella:
1.476E fu pietà lor guida, e la speranza
1.477Dinanzi al tron del Prince gli condusse;
1.478Il qual non so che cagion sel movesse;
1.479Sall'egli, e sall'Iddio; basta che indarno
1.480Sparser le preci, e che smarriti e mesti
1.481Se ne tornaro, e le lor guide altrove
1.482Giro a tentar al giovin qualch'aiuto;
1.483Ed alla gran madama di Salerno
1.484Sen venner tutt'a due quasi volando.
1.485La quale, avenga che poco bisogno
1.486Avesse del lor spron (ché cortesia,
1.487Sua domestica ancilla, anzi ch'adesso
1.488L'aveva indotta a far la pietosa opra);
1.489Dieci altre nobil donne insieme accolse,
1.490Che di beltà, ricchezza, stato e pregio
1.491Non hanno in quel bel regno forse uguali;
1.492Le quai, fatto apprestar ricche carrette,
1.493Con quella compagnia che conveniasi
1.494A sì gran nobiltade e tanto grado,
1.495Se ne preser la via verso Pozzuolo.
1.496Né muove sì veloce il vil corriero
1.497Per mercenario prezzo il suo cavallo,
1.498Come le belle donne, stimolate
1.499Dalla nuova pietà, spiegar le briglie
1.500A' ricchi palafren, per giunger tosto
1.501Dinanzi al gran Signor, come le fero;
1.502Sperando, come inver sperar doveano,
1.503Per guiderdon della lor cortesia,
1.504Aver del giovincel la vita almanco.
1.505Ma invan la nuova pieta, invan la speme
1.506Fer lor la scorta, e fur l'orecchie chiuse
1.507Del buon Signor alle lor preci, all'arte,
1.508Alle blandizie, alle lusinghe, a tutte
1.509Quelle cagion che le dovieno aprire;
1.510Con quelle scuse non di men, con quelle
1.511Parole, che paresse là com'era,
1.512Ch'alta cagion glie le tenesse chiuse.
1.513Né fu 'l negar senza gran sdegno, o senza
1.514Un'alta indignazion, alto rancore
1.515Della beltà superba, a impetrar usa
1.516Ciò che la chiede, anzi ciò che l'accenna.
1.517O beltà, che solevi ir sì gonfiata
1.518De' tuoi caduchi fior, del breve odore,
1.519E sì di te presumer, che pensavi
1.520Avere i Regi e i Regni sotto ai piedi,
1.521Ed a tuo senno muoverli e fermarli,
1.522Come Anton provò già per Cleopatra;
1.523Ecco ch'adesso il severo Signore
1.524Conosce pur tua vanitate in parte,
1.525E tal ti rende omaggio, qual conviensi
1.526Alle vili opre tue, ai steril fiori;
1.527E ben che avessi teco come ancille
1.528Quelle compagne a cui servir devresti,
1.529Se ben ti fan parer sempre più bella;
1.530Tornasti non di men sbattuta e vinta
1.531Così vilmente, ch'io non veggio come
1.532Possa più ardir di dimostrarti al vulgo.
1.533Hai tu mai visto una madre pietosa
1.534Sospesa star, mentre attende se 'l figlio,
1.535Ch'era in campo alle man col suo nimico,
1.536Debba perire, o restar vincitore,
1.537Ch'in quel dubbio ha la nuova ch'egli è morto;
1.538Ch'in guisa è sopragiunta dal dolore,
1.539Ch'ella chiude alle lagrime la via?
1.540Cotal il popol tutto, ch'aspettava
1.541Prospero fin della lodevol opra
1.542Delle gentil madame ch'io vi dissi,
1.543Divenne, udendo che 'l Signor vuol pure
1.544Che si esequisca quanto era ordinato.
1.545Scontransi dui, e guardansi l'un l'altro,
1.546E tacciono; un di loro alza la fronte,
1.547L'altro l'abbassa, e non sa che si voglia,
1.548E pur vorrebbe: e la Giustizia in tanto,
1.549Messisi in piede i tragici coturni,
1.550Sollecita al venir la cruda morte.
1.551Giunse la nuova al miserando padre,
1.552Che 'l suo figliuolo al fin pur dee morire,
1.553Fin qui nutrito in un vano sperare;
1.554Onde fatto venir tosto un cavallo,
1.555Senza pigliar gli spron, senza 'l mantello,
1.556Vi vuol montar; ma sì 'l dolor lo stringe,
1.557Ch'ei cade in terra, e quanto più s'affretta,
1.558Tanto men viengli fatto di salirvi;
1.559Ch'or lo staffil si rompe, or la pianella
1.560Li cade, ora è la cigna troppo lenta;
1.561E dopo molti affanni alfin montato,
1.562Com'ei tira la briglia, ella si tronca.
1.563Vannogli intorno scinte e scapigliate
1.564Sette giovin sue figlie, al garzon suore;
1.565Stride in mezzo di lor l'afflitta madre;
1.566Empion di muglia l'aere i parenti;
1.567Gli amici tutti, la famiglia tutta
1.568Piangono: ond'io all'incendio di Troia
1.569Non credo fusse il mirar sì crudele
1.570Fra cento nuore, fra cento figliuoli,
1.571Il vecchio Re rivolto in tanto sangue.
1.572Questo fu 'l fiero spettacol che mosse
1.573La città tutta, sì ch'entro non v'ebbe
1.574Pietra, non ch'uom, che non mostrasse in parte
1.575La conceputa doglia e 'l grande sdegno.
1.576Fra tanti pianti adunque e tante strida,
1.577E fra tant'urla e fra tante querele,
1.578Si parte il miser vecchio; e non par vecchio,
1.579In modo giunge al gran Signore in breve:
1.580E postoseli inanzi genuflesso,
1.581Dopo un lungo sospir, dopo un gran pianto,
1.582Appena poté dir queste parole:
1.583– Benigno Prence, anzi piatoso padre,
1.584So ben che intendi il filiale amore
1.585Per vera pruova, e l'hai dimostro in guisa,
1.586Ch'io ho preso ora ardir, non li corti anni
1.587Della mia vecchia età raccomandarti,
1.588Ma i teneri e gli acerbi del mio figlio.
1.589E perch'io so che 'l suo folle ardimento
1.590Entro a gli orecchi tuoi grida vendetta,
1.591Ed è reo della morte, avendo a' tuoi
1.592Editti, alle tue leggi contrafatto;
1.593Ecco la testa mia deposta in vece
1.594Di quella del mio figlio: or dunque prendila,
1.595Ponla sotto al coltel, sazia con essa
1.596L'impronta brama del severo bando;
1.597Lava col sangue del pietoso padre
1.598La macchia che i pochi anni e 'l troppo amore
1.599Feron contrarre al figlio, non gli dando
1.600Loco a poter considerare il dritto.
1.601Sempre avien che s'un cieco un cieco guida,
1.602Ch'ambo duoi caschin. Né negar mi puoi
1.603Quel ch'io domando con dir replicando,
1.604Ch'io non son io quel ch'ho fallito: io sono;
1.605Ché così vuol la legge, e cerca 'l giusto,
1.606Che 'l padre e 'l figlio una cosa medesma
1.607Sien riputati; ond'io son lui, ed egli
1.608È me; e se fallisce, ed io fallo,
1.609E s'io moro, e' si muor, s'ei muore, e io moro.
1.610Ed oltre a questo, ciò ch'acquista il figlio,
1.611Non l'acquist'egli al padre? Il mio figliuolo,
1.612Contro allo editto la scala portando,
1.613S'ha acquistata la pena della morte:
1.614Dunque ei l'acquista a me, dunque ell'è mia,
1.615Ed io la vo' per me; e vuol la legge
1.616Ch'io l'abbia; e tu, Signor, non puoi impedirmi,
1.617Che ci sei dal Re nostro e nostro Sire
1.618Dato in ministro delle sante leggi.
1.619Vorrei pur dir, ma le lagrime pie
1.620Impediscon la via delle parole,
1.621E l'accolto dolor nel mesto petto
1.622Allarga in guisa la via de' sospiri,
1.623Ch'io non posso parlar; ma basti questo,
1.624Ch'io vo' portar la pena del mio figlio. –
1.625Così, tacendo, senza senso in terra
1.626Cadde il misero padre; onde il Signore,
1.627Non senza gran pietà da sé il fe' tòrre.
1.628O che e' fusse il vecchion che lo crollasse
1.629Del suo saldo pensiero, o chi di poi
1.630Venne a pregarlo, o fussero ambi insieme;
1.631Ei pur cangiò la lunga ostinazione:
1.632Tal che Morte fuggita si sarebbe,
1.633Se Crudeltà non trovava l'incontro,
1.634Che voi poco più basso intenderete.
1.635Ma io torno ora al gran Signor, dicendo,
1.636Che ben propizie ed amiche li furo
1.637Le sante Muse nell'impor de' nomi
1.638A' suoi buon figli; che inanzi agli effetti
1.639Gli fer veder nell'informe cagione
1.640Quel che devea seguire, e lo spiraro
1.641Con la prudenza lor, ch'ei nominasse
1.642La bella figlia sua, d'Etruria onore,
1.643Con quel nome gentil di Leonora;
1.644Ch'ella l'onore onora, e l'onor lei:
1.645Ella al consorte suo procaccia onore,
1.646E 'l gran consorte suo lei onora, come
1.647A sì onorata donna si conviene;
1.648E mertan le virtù con ch'ella è saggia.
1.649E chiede la beltà con ch'ella è bella,
1.650E quelli onor che fan ch'ognun lei onora.
1.651Così Grazia chiamasti l'altro figlio,
1.652Perché le Grazie in formarlo, in nutrirlo,
1.653In renderlo gentil, mostrarlo saggio,
1.654In farlo grato a chi gli parla o 'l mira,
1.655Sparsero il favor lor sì gratamente,
1.656Ch'ogni altro nome mal si convenia,
1.657Che Grazia, a uno alunno delle Grazie.
1.658Questo giovine adunque grazioso,
1.659Mosso a pietà del miserabil caso,
1.660Da tutti gli altri disperato omai,
1.661Disse: – Io vo' pur cercar se far ci posso
1.662Opera di me degna e del mio nome.
1.663Che danno potrà far, tentar aiuto
1.664Per un amante, e sperar in suo padre?
1.665Udito ho dir, che nelle dure imprese
1.666Fu mai sempre da grandi aver voluto:
1.667S'i' otterrò la grazia, avrò ben fatto,
1.668Se non, sarà pur ben l'aver voluto –.
1.669Così disse, ed avendo seco insieme
1.670La reverenzia e 'l figlial timore,
1.671Si condusse dinanzi al suo buon padre;
1.672E con quelle parole e quelli affetti,
1.673Che li mostra pietà, che le natie
1.674Virtù gl'insegnan, la bontade avita
1.675Li detta, che li porgon quelle Grazie,
1.676Che lo nutriron, lo pregò, lo strinse,
1.677Lo forzò quasi: onde l'ostinazione
1.678Si crollò pure, anzi si svelse in parte;
1.679E dopo un gran tacer, come svegliato
1.680Da lungo sonno, queste sol parole,
1.681Rispose: – Abbia la grazia della vita;
1.682Con questo inteso, che l'offesa parte
1.683Ne sia contenta; – e senza più si tacque.
1.684Torna sì come dee Grazia contento
1.685Per l'ottenuta grazia. Ecco mutarsi
1.686Il popol tutto alla buona novella;
1.687Ecco che la speranza in nuove gemme
1.688Apre la scorza, e pullula il gran tronco
1.689Nuovi rampolli; ecco l'afflitta gente
1.690Già rider tutta, e farsi festa insieme.
1.691Già la famiglia vil ritorna indietro,
1.692Già è ridotto il giovin nel palazzo,
1.693Già è rimosso il tragico apparato;
1.694E chi pensa esser buon, si mette in mezzo
1.695Per accordar, come volea il Signore,
1.696L'offesa parte; e già si fan parole
1.697Per gli amici più saggi e più prudenti:
1.698E soprattutto piace ai buoni e saggi
1.699Che l'amoroso fallo emenda pigli
1.700Col giogo marital; e la speranza
1.701Oltre alle fronde va crescendo i fiori,
1.702Anzi par che l'alleghi già de' frutti.
1.703Quando la Crudeltade, a cui parea
1.704Rimaner vinta, se seguiva inanzi
1.705Il santo accordo, a sé chiamando subito
1.706La sua sorella (quella che col pomo
1.707Commosse Europa già sozzopra e l'Asia;
1.708Che tra i cultor della cristiana legge,
1.709Cultori in nome, in opre chi nol vede?
1.710Andava alcune spine seminando
1.711Entro ai lor campi, acciò la crndel falce
1.712Del fiero mietitor dell'Oriente
1.713Le svelga, non le mieta, anzi le sbarbi:
1.714O Cristo, omai il tuo gran converso è in loglio);
1.715E fra lor due d'accordo, e insieme unite
1.716Dierono il modo, e seguinne l'effetto,
1.717Che la Pietade restasse schernita.
1.718Così misero in cuor d'un Lionardo,
1.719Non zio, come ognun vuol, della fanciulla,
1.720Ma suo nimico, e nimico a se stesso,
1.721All'onor suo contrario, ed al dovere,
1.722Adverso di Pietà, crudel rebelle,
1.723Veramente leone, anzi più tosto
1.724Un alpestre orso, anzi una nuova Aletto;
1.725Misergli adunque in core le due inique
1.726Ch'ei cercasse col sangue e col supplizio
1.727Del giovin ricovrar l'onor perduto.
1.728Ma ben perduto l'hai, mostrando il fiero,
1.729Il crudo animo tuo contro alla giusta
1.730Voglia di tutto il popol! Che farai,
1.731Scempio, testé di questa tua nipote?
1.732Chi la vorrà per sposa, anzi per serva,
1.733Poi che tu stesso hai gridato il suo fallo?
1.734Che pria fallo non era; e se pur era,
1.735Qual altro miglior modo si potea
1.736Trovar, per ricoprirlo, o darli emenda?
1.737Stette alla fin lo scempio ognor più duro,
1.738Né porse mai l'orecchie a quei che 'l giusto
1.739E l'onorevol li persuadevano,
1.740I parenti più stretti, i cari amici;
1.741E la tenera giovin, che tacendo
1.742Da pietà, da timor, da amor confusa,
1.743Del zio voleva intepidir lo sdegno.
1.744Ma se alle mute preci aggiunto avesse,
1.745Come già fe' la pia Barda in Fiorenza,
1.746Un ardir vivo, un coraggioso zelo,
1.747E tutta amor, fuor di sua casa usciva,
1.748A dispetto d'ognun che l'impedisse,
1.749E piangendo e battendosi la fronte,
1.750E stracciandosi crin, con ferine urla
1.751Fusse andata a trovar il caro amante,
1.752Gridato al vulgo, al Reggente, al Signore:
1.753– Datemi il mio consorte, quel che 'l Cielo
1.754M'ha dato, voi non mel potete tòrre:
1.755Io gli porsi la scala, io lo chiamai,
1.756Io fui quella ch'apersi la finestra
1.757Al mio consorte; e voi tòr mel volete?
1.758Io son la parte offesa in questo caso,
1.759Che perdo la mia vita, il mio sostegno;
1.760Non il mio crudel zio. Ch'ha ei che fare
1.761Di me? Io son signor del corpo mio:
1.762Possol dare a chi io voglio, e dollo a lui.
1.763Io son la parte offesa; io non mi tengo;
1.764E s'io pur fussi offesa, io son contenta,
1.765Io son d'accordo: che n'ha a far quel crudo
1.766Mostro? Che voi pur dite che mi è zio,
1.767Ma falsamente: s'ei mi fusse stato
1.768Quel che voi dite, e con paterno affetto
1.769M'avesse copulata a degno sposo,
1.770Allor ch'ei vide che l'età il chiedeva,
1.771Questo il sa Iddio, ch'io non fora stata osa
1.772Prendermen un senza sua volontade.
1.773Ma e' fu sempre un aspide, una vipra.
1.774Dunque son io l'offesa parte, e sono
1.775D'accordo: adunque campate il mio sposo;
1.776O a me in luogo suo date la morte,
1.777Che li diedi la scala, e che 'l chiamai. –
1.778S'ell'andava al Signor con queste o simili
1.779Parole, come ben le detta Amore,
1.780Accompagnata da quei moti, e quegli
1.781Sospir, da quelle lagrime, da quelle
1.782Strida, che in petto pon giusto dolore,
1.783E l'ira insegna e dimostra lo sdegno,
1.784Chi gliel potea negar? Che direm poi
1.785Ch'ella nol fece? Ch'ella non l'amasse?
1.786Tolgalo Iddio; ma terrem ben per fermo,
1.787Che tutto fu per volontà de' Fati,
1.788E per lor ordin. Rimanendo adunque
1.789Senza conclusion l'accordo, e 'l crudo
1.790Zio divenendo ognor più fiero e strano,
1.791Venne dal (diroll'io? Io 'l dirò pure;
1.792Deh perdona al dolor mio questa volta,
1.793Saggio vecchion!), dal crudel Signor venne
1.794Dintorno le tre or' questa imbasciata,
1.795Che Crudeltà restasse vincitrice;
1.796Onde il giovin morisse: e la mattina
1.797Di nuovo comparì la fiera pompa
1.798Del tragico apparato, e la Giustizia
1.799Di nuovo a' piedi si mise i coturni,
1.800E di nuovo cangiar si vide il volto
1.801Alle pietose genti, anzi tornare
1.802In più grave travaglio, in maggior doglia;
1.803Come quei, che vedean quella speranza
1.804Torsi di man, che vi avien già sì stretta.
1.805E che cuor fusse il lor, quando e' rividero
1.806Lo sfortunato giovin tra coloro
1.807Che con pietose larve altrui confortano,
1.808A sperar quel che forse essi non sperano;
1.809Tra le vil turbe, tra l'orrende insegue,
1.810E tra quegli apparati, e quelle pompe
1.811Che ne fan, s'uom le vede, per un empio,
1.812Per un ladrone intenerire il core.
1.813Di qui si può pensar quel che faceva
1.814Veder un giovinetto andar a morte,
1.815Per sangue chiaro, nobil per costume,
1.816Per beltà riguardevole, per oro
1.817Degno di pregio, per virtù di gloria,
1.818Per leggiadria di amore, e per la etade
1.819Di scusa, e per ingegno di favore,
1.820E per amor di pietà e di cordoglio;
1.821Ché quella turba vil, ch'accompagnava
1.822L'immaculato agnello al sacrifizio,
1.823Contro alla loro usanza aprono il petto
1.824Ai messi di pietà, né potendo altro,
1.825Per dar luogo a color che pur s'affannano,
1.826Senza speranza, a procacciarli scampo,
1.827Muovono i passi lor sì pigri e lenti,
1.828Che pare spesso che tornino indietro.
1.829Volano i messi, né ne vola un solo,
1.830Se ben volano invan; né della plebe
1.831Si toe chi vada, ma si sceglie i saggi
1.832E i più pregiati e degni cavalieri.
1.833Così cercan placar l'ira concetta
1.834Nel petto di colui che sol poteva;
1.835Ma Crudeltà non vuol per questa volta
1.836Che chi può voglia, ché vorrà allor quando
1.837La voglia fie impedita dal potere.
1.838Che ben so che vorrà, ch'uso e natura
1.839Lo stringerebbon or; ma i Fati ch'hanno
1.840Disposto di troncar dal mondo un germe
1.841Così gentil, perch'ei non n'era degno,
1.842Lo sforzano a voler quel che gli è a schivo:
1.843Laonde non è colpa de' ministri
1.844De' crudei Fati, ma de' Fati stessi.
1.845Dunque, in capo a cinque ore ch'uscì fuori
1.846Lo spettacol crudel, giunge al proscenio
1.847Della negra tragedia l'istrione,
1.848Senza voler vestir altra persona
1.849Che quella ch'ei solea quando era in gioia:
1.850Ché tal mostra con l'animo e col volto
1.851Aver temenza dell'orrenda falce,
1.852Che miete spesso in erba l'uman seme,
1.853Che fan color che sazi della vita,
1.854E per fuggir queste miserie umane,
1.855Con le man proprie, cercan porre in terra
1.856Questa fragile spoglia e questo incarco.
1.857E se non lo premesse alto un pensiero,
1.858Conoscersi privato di potere
1.859Udir, veder, fruir l'amata luce;
1.860Se quest'alto pensier non lo premesse,
1.861Non martir mai, sia Stefano o Lorenzo,
1.862Morir sì allegri nel maestro loro,
1.863Tra' sassi quel, questo in la viva brace,
1.864E con sì caldo e sì costante core,
1.865Com'ei morrebbe. E con questo anco il vidi,
1.866Con quel sembiante, con quelle parole,
1.867Con quello ardir andar, mirar ciascuno,
1.868Che s'egli andasse ad una festa, dove
1.869E' pensasse trovar l'amata donna,
1.870In atto men selvaggio che l'usato.
1.871Non vuol mutar quell'abito, nel quale
1.872Poco anzi era contento; e quella veste,
1.873Con ch'ei toccò Madonna mille volte,
1.874Si vuol veder intorno insino a morte.
1.875E spera ancor con essa all'altro Regno
1.876Trovarsi in grembo alla smarrita vita,
1.877Senza sospetto di futura morte,
1.878E senza invidia e senza gelosia.
1.879Salito ch'ebbe il misero istrione
1.880Il tragico proscenio, che fu posto,
1.881Com'io vi dissi, sotto alla finestra
1.882Della sua amata luce, anzi più tosto
1.883Delle bramate tenebre; un fra gli altri,
1.884Più frettoloso a svèr costui del mondo,
1.885Il costringe per forza a dar principio
1.886All'argomento della fiera fabula.
1.887Laonde al popol volto, este parole
1.888Con tanto affetto e sì piatose disse,
1.889Ch'una compassione, e una pieta
1.890Aperse il petto a tutti, e un cordoglio;
1.891Ch'assai vi fur, che pensar morir prima
1.892Col dolor che per lui lor punge il core,
1.893Ch'ei per la forza dell'iniquo ferro:
1.894– Non dall'altrui voler chiamato o cerco,
1.895Ma da' miei van pensier forzato e spinto,
1.896Avendo meco Amor in compagnia,
1.897Fei quel ch'io non devea; anzi pur fei
1.898Quel ch'io devea, e ch'io farei pur ora,
1.899Se libertà men desse luogo. O Dio!
1.900Io mi credeva pur ch'ei fusse il vero,
1.901Ch'umana legge un semplicello amante
1.902Non mai legasse: e patiss'io pur solo
1.903Con questo error! Che voi chiamate errore,
1.904(Ma a me parve pietà, parvemi amore),
1.905Ch'io patirei, i' morrei volentieri.
1.906Ma perché bene spesso il scempio vulgo
1.907Con vane occasion lacera e morde
1.908L'onor di chi non erra, io temo (e questo
1.909Timor mi fa morir men consolato)
1.910Temo ch'ei non si creda ch'io avessi
1.911Compagnia al folle ardir che dall'onesto
1.912Cammin torcesse; e chi 'l crede è in errore:
1.913E noti ognun ch'io dico ciò morendo.
1.914Addio aere, addio cielo, amici addio. –
1.915Così si tacque, e chi far lo dovea
1.916Perché gli era commesso, col coltello,
1.917In vece della terza Parca, il filo
1.918Troncò allo stame, che Cloto pur ora
1.919Alla sua bella rocca avvolto avea,
1.920Essendone filato il quarto a pena.
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