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Rime

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1.1Or dunque attenti, i miei pastor cortesi,
1.2Replicate entro al cor queste parole,
1.3Le quali io leggerò; ché tal ricerca
1.4L'antico rito dell'etrusca gente;
1.5Né nudi, come già fero i Romani,
1.6Che da gli Arcadi antichi, o forse altronde
1.7Trasser quel ch'a gli Etruschi oggi non piace.
1.8O reverendo Iddio, la cui potenza
1.9Più volte hai mostro ne' bisogni nostri,
1.10Porgi l'orecchie e pietose e benigne
1.11A' preghi dei pastor, che stanno intorno
1.12Tutti devoti al tuo sacrato altare,
1.13E umilmente ti chieggion perdono
1.14D'ogni lor fallo e palese e secreto:
1.15Se scevri di malizia, mal contenti
1.16Di non saver, o sedendo o pascendo
1.17Sotto alcun arbor, che sacrato fosse
1.18A la gran maestà dei sacri iddii,
1.19Avesser fatto ingiuria al santo nume;
1.20O se entrando ne gli ombrosi boschi,
1.21Securo albergo ai Satiri, ai Silvani,
1.22Agli Egipani, a' sacri Semicapri,
1.23Avesser con la lor venuta mai
1.24Turbato alcun lor giuoco o lor sollazzo;
1.25O se per nicistà d'erba, con falce
1.26Importuna le sacre selve avessero
1.27Prive de le lor sante chiome, acciò che
1.28Ne traesser la fame al gregge, laonde
1.29Le Driade ne fossero sdegnate;
1.30O se alcun semplicel col rozzo armento
1.31Avesse mai pascendo violato
1.32L'erbe che nascon vicino ai sepolcri
1.33De' già morti pastori, o de le Ninfe,
1.34De le semplici Ninfe, anzi pur sciocche,
1.35Che ben fur, mentre visser, troppo crude
1.36Ai loro amanti; e per cotal cagione,
1.37Per vendicarsi forse, alcun di loro
1.38Avesse error commesso, violando
1.39Le nenie sepolcrali o i santi tumuli,
1.40Pietosi accoglitor de le sante ossa,
1.41Ch'entro vi poser pie e giuste mani;
1.42O se mai cogl'impuri piedi avessero
1.43Turbato le chiare onde dentro a' fonti,
1.44O dentro a' fiumi ai grandi Iddei sacrati,
1.45Onde le sante Amadriade, a quelli
1.46Secure guardie, disdegnate, fossero
1.47Vèr lor men pie, e men cortesi al gregge.
1.48Preghianti dunque, o Santo Arcade, tutti
1.49Devotamente, che propizie renda
1.50L'offese deità di questi monti,
1.51Di questi pian, di tutti questi boschi,
1.52Da noi cacciando ogni periglio, ed ogni
1.53Morbo, ogni febre, ogni tossa, ogni rogna
1.54Dai nostri puri e mansueti greggi;
1.55Non sol da' greggi nostri, ma da quegli
1.56Che son, come noi siamo, al lor governo
1.57Preposti; né voler consentir mai
1.58Che gli occhi nostri mirin Ninfa, quale
1.59Vaga sia di beffarne, o di mostrarci
1.60In volto amor nel core odio ascondendo;
1.61Da le false lusinghe e i dolci inganni
1.62Di questa e quella, che ne vuol mostrare
1.63Per bianco il negro, e con fallace speme
1.64Cerca, col sempre far d'oggi domani,
1.65Nutrir in noi il velen, che i falsi sguardi
1.66Bever ne fan con l'indorate tazze
1.67De la fallace lor beltà, ch'ai nostri
1.68Occhi, ai nostri desiri, ai pensier nostri
1.69È come ignavo fuco a l'api in mezzo:
1.70E se talor di noi qualcun ne lega
1.71Più giusto amor, deh! levagli dal core
1.72Quelle pungenti spine, e quel coltello,
1.73Che sempre fere il cor d'un vero amante:
1.74Fuga, sacro Liceo, la gelosia.
1.75Chi invidia la bianchezza al nostro latte,
1.76Chi l'abondanza del cacio e ricotte,
1.77Gli assai vitelli, i teneri capretti,
1.78I grassi agnei bene spesso gemelli,
1.79Più per bell'arte e vivezza d'ingegno
1.80Condotti a grandi e dilettevol turme,
1.81Che per opre servili o copia d'oro;
1.82Chi il rimbombar de le profonde valli
1.83Coi dolci accenti de le nostre voci,
1.84Ch'arrivan ben forse oggi assai lontano,
1.85E fan grate parer le rime d'Ecco,
1.86E fa la fama delle Ninfe vostre,
1.87O lieti Iddii che 'l bel Bisenzio irrora,
1.88Poggiare al ciel (che forse nighittosa
1.89Si giacerebbe su le ripe vostre)
1.90Col dolce suon che di lor esce spesso;
1.91Chi 'l suon di nostre fistole o zampogne,
1.92Forse di canna, in miglior note sciolte,
1.93Che le di busso in molto argento involte;
1.94Chiunque turba la solida pace,
1.95Che tra noi lieta germina e fiorisce,
1.96Per dar sapor di mille dolci frutti,
1.97E ne mira con occhio invido; togli
1.98Lo scelerato e importuno ardire,
1.99E scompagna la forza da la voglia.
1.100Deh fa, benigno Iddio, che i nostri cani
1.101Tengan da noi discosto i ladri iniqui,
1.102Senza da lor ricevere unqua oltraggio.
1.103Non nuoca ai nostri armenti il mal susurro
1.104De le bestemmie magiche; ogni incanto
1.105Perda la forza, ch'oltraggiar ne cerca.
1.106Guarda i teneri agnelli dal mal fascino
1.107De gli occhi invidiosi, e ne conserva
1.108Ne l'innocenzia del poco bramare;
1.109E insegnaci conoscer la natura,
1.110Che si contenta sol d'erbe o di ghiande,
1.111E d'acque pure, e per cristallo o vetro
1.112Fa con la mano una durevol ciottola.
1.113Non si veggia pastor del nostro addiaccio
1.114Aver ma' in grembo zoppa pecorella,
1.115Ovver piangendo entro a la sua capanna
1.116D'una capra portar la pelle, appena
1.117Tratta già morta di bocca d'un lupo.
1.118Lontana sia da noi l'iniqua fame,
1.119Vivendo non di men contenti sempre
1.120Del poco pur, come chiedemmo sempre,
1.121Senza invidiare i larghi possessori,
1.122Pasto d'ignavia spesso e di pigrizia,
1.123Cuculi ignavi, ignavi fuchi, anzi ombre,
1.124Anzi uomini, che 'l numer non gli annovera.
1.125Sempre erbe fresche, sempre tener' frondi,
1.126Acque chiare da bere e da lavarne
1.127Ne soverchino insin da mezza state;
1.128Acciò che l'util nostre pecorelle
1.129In ogni tempo sien piene di latte,
1.130E d'ogni tempo dietro abbiano agnelli;
1.131Sien di morbide lane sempre e bianche
1.132Copiose, in guisa che i nostri pastori
1.133Con gran piacer veggiano il lor guadagno
1.134Farsi sempre maggior di giorno in giorno;
1.135E sopra tutto, che l'amate nostre
1.136Non prestin fede al latrar di coloro
1.137Che cercan seminare odio in quei petti,
1.138Dove si vede lampeggiare amore.
1.139Deh toi lor, pio Signor, l'invida forza,
1.140Ch'hanno, in cambio d'amore, odio o rancore;
1.141Né suocera né madre più le 'ncresca
1.142Del danno altrui, che non le fe' del suo,
1.143Mentre ch'a sdegno gioventù non ebbe
1.144Abitar dentro agli amorosi petti,
1.145D'invidiose rughe oggi vergati.
1.146Porta, Zefiro dolce, entro a gli orecchi
1.147Del già piegato Iddio le voci nostre,
1.148Se 'l mal divoto suon per suo difetto
1.149O per molta umiltà non vi aggiugnesse,
1.150O per colpa di noi. Orsù, pastori,
1.151Adorando di nuovo il santo nume,
1.152Con quella divozion che si conviene,
1.153Ognun li porga un don, qual più gli piace
1.154Per i suoi voti più particolari;
1.155Ond'io, di poi ch'ai suoi e santi e sacri
1.156Misteri sacerdote iniziato
1.157Son per voi tutti, per voi tutti umile
1.158Offerirò la vittima olocausta,
1.159Come conviensi all'idol reverendo.
1.160Poi finito il solenne sacrificio,
1.161E renduti benigni i sacri Dei,
1.162Di voi in bella e dilettevol gara,
1.163Come conviensi a semplici pastori,
1.164E come mille volte il Mincio vide
1.165Titiro o Melibeo, Dafni o Dameti,
1.166Onorerem del nostro Iddio gli altari.
1.167Indi addiacciati su l'erbetta verde
1.168De le vittime offerte e de' bei doni
1.169E dei liquor libando al sacro Iddio,
1.170Ne scaccerem da noi l'ingorda fame;
1.171E cantando e ridendo allegramente,
1.172Ne torneremo a mirar se le nostre
1.173Ninfe con un lor guardo ne volessero
1.174Render propizia la futura notte;
1.175Sì che il nostro sognar fosse con loro
1.176Unito insieme, non lontan dal sacro
1.177Santo tuo coro, o casta alma Diana;
1.178Che non possa nessun per ver mai dire,
1.179Che l'amorose nostre menti torse
1.180O vil pensiero o scempia voglia mai,
1.181Ma casto amore; a onta di coloro,
1.182Che ne miran con livida e maligna
1.183Mente, e hanno in odio i nostri onori.
1.184Orsù, Filinio umil, comincia adunque
1.185Con quella divozion che si richiede;
1.186Offerisci il tuo dono a Pan; che 'l miri
1.187Con occhio dritto, e con cortesi orecchie
1.188Ascolti le tue preci, ove più brami.
1.189Filopito, se Iddio tolga dai lupi
1.190Quella vitella che l'altr'ier perdesti,
1.191Séguita lieto, e 'l tardar non ti occùpi.
1.192Filardeo giovinetto, che già forse
1.193Provi soverchio lo amoroso affetto,
1.194Rendi propizio Iddio, che mai non torse
1.195L'aiuto suo da quello
1.196Che tener come agnello
1.197A bei desir dia loro entro al suo petto.
1.198Laura, voi bella ninfa, una sol dramma
1.199Onorate quel Dio
1.200Che vinse Amor, tra voi tanto restio.
1.201Silvio, tu che ardi in amorosa fiamma,
1.202Come in selva selvaggia,
1.203Deh se pietà di voi pur al fine aggia.
1.204O tutti voi, che i doni offerti avete,
1.205Come goder potete!
1.206Ch'io mi sono ora accorto
1.207Al dolce mormorar di queste canne,
1.208Ed al soffiar de le frondi di Danne,
1.209Ch'Amor e 'l biondo Apollo
1.210Vi son fatti propizi in questo punto;
1.211Mercé di Pan è che il mio prego è giunto
1.212A le sue orecchie: ond'io lieto per questo,
1.213Ecco che per voi tutti il santo e sacro
1.214Offerisco e solenne sacrificio;
1.215Ché veggio che 'l mio Dio propizio è fatto:
1.216Attenti dunque, umil, devoti, e cheti.
1.217Risguarda, o santo Pan, pel vivo amore
1.218Che tu portasti a la bella Siringa,
1.219I nostri preghi, e 'l casto sacrificio
1.220Che t'offerisce la devota turba,
1.221Se ben con pover man, con pura almeno.
1.222Con questo pastoral coltello, il quale
1.223Mai tagliò pan, mai fendé legne mai
1.224Né in lino o in lana estese il taglio suo,
1.225Arbor scoscese, erba segò, ma sempre
1.226In onor de gli Iddii sacrate vittime
1.227Uccise, uccider voglio il tuo nimico
1.228Crudele, il nostro ingordo rubatore;
1.229Coll'empio sangue del rapace lupo,
1.230Sperando di placare il sacro e santo
1.231Nume tuo, o gran padre de' pastori.
1.232In nome dei pastor del nostro addiaccio,
1.233Ficcherò dunque il sacrato coltello
1.234Ne la crudele e ingorda gola; e poi
1.235Spargerò il sangue scelerato ed empio
1.236In sul tuo santo altar devoto e pio
1.237De la più cruda iniqua e fera bestia
1.238Ch'a danno altrui sua crudeltade adopre;
1.239Ad onor tuo, e per salute nostra,
1.240E de le greggi nostre e delle Ninfe
1.241Amanti e dolci, e di quell'altre ancora
1.242Che ne son più crudel forse di loro;
1.243Che forse un dì potrian mutar pensiero
1.244Per temenza del fumo, che le aspetta,
1.245Poi prenderò in man questo catino
1.246Di puro e bianco latte, che pur ora
1.247Da l'ubere feconde munto abbiamo
1.248D'una bianca e ben grassa pecorella,
1.249Alle quali anco agnel labra non pose
1.250Né mai munse pastor per cacio farne;
1.251E spargerollo intorno al santo altare
1.252Con queste frondi verdi de la canna,
1.253Di quella canna, che vestì Siringa,
1.254Che sì ti piacque, o Pan, e sì l'amasti;
1.255Ed ella sì ti fu empia e crudele,
1.256Ch'anzi ella elesse in quelle verdi foglie
1.257Mutar la sua bellezza, che far quello
1.258Ch'ella dovea verso un fedel amante.
1.259Tanto può in donna ostinazione e sdegno,
1.260Che ben spesso anco voi ha per niente.
1.261E così spero aver fatto propizia
1.262La tua gran deitade; anzi 'l conosco
1.263Al lieto mormorar d'una dolce aura,
1.264Che dolce sì mi penetra gli orecchi.
1.265Però, pastori, a cui cantar fu imposto,
1.266Finite col cantar la lieta festa.
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