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1.1Signor, nel furor mio non mi riprendere,
1.2E nella stizza mia non mi arguire,
1.3Perché tu sai donde vien la cagione.
1.4Stomaco, e febre, e fianco già tant'anni,
1.5Senza darmi pur tregua un giorno almeno,
1.6Mi tengon sempre travagliato in guisa
1.7Che la mente del corpo suo non sano
1.8Si fa non sana, e s'empie di furore;
1.9Onde quel poco lume che m'avanza,
1.10S'adira, e grida, e rivolta le punte,
1.11E si lamenta, e ha sì mal talento,
1.12Che talvolta ti niega, e ti riprende,
1.13E brama morte, e non sa che si voglia.
1.14Vede da sé passar l'empio sì sano,
1.15Sì grazioso al vulgo, alla fortuna
1.16Sì caro, e mai non avere onde volga
1.17La voce a Dio, a dir: – Questo i' non voglio –.
1.18E dice: – Io non t'ancisi a la colonna,
1.19Non ti diedi io, non dissi e' non è figlio
1.20D'Iddio, e' non è Dio, e' vi seduce –.
1.21Io non sprezzai la tua legge, i profeti;
1.22Non cresi vani i tuoi comandamenti
1.23Per uman scempio, non per viva voglia,
1.24Trapassai io la sera e la dimane;
1.25Adorai il nome tuo, se non con quella
1.26Debita riverenza, almen con quella
1.27Debita voglia, e non di meno io veggio
1.28Quello inalzarsi, e volgere al ciel l'ali;
1.29Io non aver, mercé di cruda ardente
1.30Febre, pur tempo ond'io prenda quel sonno
1.31Che dà natura all'uom per sua quiete;
1.32Non quel cibo che ognun per contentarsi
1.33Piglia tanta fatica, e la formica
1.34Tutta state patisce, per goderlo
1.35Il verno poi con secura quiete.
1.36Io non oso parlar; ché pur diletta
1.37Sì gli uomini fra lor sermocinando
1.38Passar il tempo, che la state tutti
1.39Ho visti ingegni buon senza fatica
1.40Passar al caldo, al fresco, e come vuoi.
1.41E la cagion ch'io non parlo è l'umore
1.42Freddo, tardo, crudel che la natura
1.43Mantiene in corpo, e nulla medicina
1.44Non mi puote giamai, non che allentare,
1.45Minuir per un giorno; e quel mi tiene
1.46Col capo basso, e fa fuggir la gente,
1.47E doler d'esser vivo, e fa che nulla
1.48Non mi diletta, nulla non mi piace,
1.49Ed ho in odio me stesso e la mia vita,
1.50E bramo morte ognor; e perché quella
1.51È vivace nimica a chi la brama,
1.52Mi resto in vita, e però disperato
1.53Mi storco, e grido, e volentier vorrei
1.54Uscir per forza di man de la vita.
1.55Ma la paura de l'eterno danno,
1.56La legge che mel vieta, e quello amore,
1.57Che tu hai posto, Iddio, tra il corpo e l'alma,
1.58Mi fanno pigro e tardo, e quando al passo
1.59Giungo ritranno a forza il piede indietro;
1.60Ond'io tornato alla febre, a gli usati
1.61Martìr, rivolto ogni crudel lamento
1.62Alla natura; ché la tua grandezza
1.63Mi toglie il nominarti; e piango, e grido,
1.64E bestemmio, e di nuovo vo' la morte.
1.65Però, giusto Signor nel furor mio,
1.66Ne l'ira mia, ne le bestemmie mie,
1.67Ne la mia impazienza, non volere
1.68Attribuirmi ad impio alcuna parte;
1.69Ma a la disperazione, a quella febre,
1.70Che sette anni mi tien torpente e tristo;
1.71E dammi o sanità, s'io ne son degno,
1.72Ché nol penso, anzi so non esser degno,
1.73Per tua misericordia; e quando pure
1.74E' non ti paia, almen di tanto male,
1.75Come a colui che nacque in terra d'Usse.
1.76Da' pace e pane, e dona pazienza.
1.77Né volendo dar questo, sia la morte
1.78Fine e riposo di sì lunghi affanni.
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