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1.1O sanitate, o pazienza, o morte,
1.2Tu che faresti il ciel, la terra e l'acque,
1.3E non si muove in arbore una fronde
1.4Senza tua voglia, manda al servo tuo,
1.5Che giace in letto e domanda mercede,
1.6L'una come tu vuoi, pur che la febre
1.7Che già sette anni afflitto ha questo corpo,
1.8Li faccia tregua almen, se non vuol pace;
1.9L'altra con modo, che giacendo in letto,
1.10Senza vedere autunno o primavera,
1.11E provando in un dì più calda state
1.12Che non prova l'Arabia o l'Etiopia,
1.13E più orrido verno e più crudele
1.14Che quei che sotto a la Tana i lor anni
1.15Finiscono fra i ghiacci e fra le nevi,
1.16Io non abbia a cercare onde quel pane,
1.17Ch'io mangio tanto ch'un picciol uccello
1.18Ne patirebbe fame, e quel liquore,
1.19Che Noè tuo, aitando la natura,
1.20Sumministrò alla natura umana,
1.21Ch'io bevo; e quelle povere vivande,
1.22Che brama l'appetito infermo, e quelle
1.23Che d'Avicenna, Ippocrate e Galieno,
1.24De la natura istessa ucciditori,
1.25Pigliar bisogna; acciò che 'l tuo parente.
1.26Che ti vorrebbe pur veder sepolto,
1.27Per por le mani in su quel che tu lasci,
1.28E qualche amico, o finto o buon che sia,
1.29Non gridi e dica: – Questi vol morire
1.30A forza, e però Dio gli dà quel male –;
1.31Quell'altro dica: – L'avarizia il lascia
1.32In quel letto, per star mille e mill'anni,
1.33Se tanti o più se ne vivesse al mondo,
1.34Perché vuol preservar piuttosto un scudo,
1.35Che darlo ad un valente e dotto fisico,
1.36O pigliar qualche buona medicina,
1.37Che gli levi di corpo quello umore,
1.38Quelle collore, quel sangue corrotto –.
1.39La morte, quando sanità non piaccia
1.40Darmi; ch'io non la merito, il confesso,
1.41Perché son troppe le peccata mie,
1.42E a te par di gastigarle adesso,
1.43Senza aspettare al pagamento il sabbato.
1.44Dammela, Signor mio, ch'io te ne prego;
1.45Dammela, Signor mio, dammela adesso,
1.46Ché pur bisogna al fin che me la dia;
1.47E dieci e venti anni, e trenta, e cento
1.48Sono un nonnulla a cui ieri è quanto oggi,
1.49E oggi quanto sarà poi domani.
1.50Ma dammela, Signor, dammela, Iddio,
1.51Per passar non di vita a peggior vita,
1.52Ma per passar di morte a miglior vita.
1.53Troval tu, Signor mio, troval tu il modo:
1.54Fa' che 'l tuo figlio la sua passione,
1.55Che patì per ognun, sia per me ancora.
1.56Troval tu, Signor mio, troval tu il modo.
1.57E dammi o sanità, o pazienza,
1.58O morte; e sia morte pur più tosto.
1.59Se dee venir con quel debito modo.
1.60Che dee bramare ogni anima cristiana.
1.61Troval tu, Signor mio, troval tu il modo.
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