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1.1Disse a Malvina allor commosso Ullino:
1.2Odi, figlia, laggiù que' dolorosi
1.3gemiti? gli odi? Il fier lamento è quello
1.4del valor moribondo. Or senti, Anch'io
1.5trattai nel fiore delle forze il brando
1.6in crudeli battaglie, e a me pur anco
1.7splende di belle cicatrici il petto.
1.8Infelice a far mia degl'infelici
1.9la sventura imparai. Scendiamo, o figlia,
1.10scendiam; ché grata al ciel, né indarno spesa
1.11in beneficio del valor che geme,
1.12fia, lo spero, laggiù la nostra aìta.
2.1Sbigottì, scolorossi a tanto invito
2.2la non avvezza a sanguinosi obbietti
2.3timidetta donzella, e, in lui gli sguardi
2.4fissi e fermi, tacea. Poi dal paterno
2.5esortar fatta più secura, e punta
2.6dallo stral di pietà, che ardite e pronte
2.7fa nell'uopo d'onor l'anime belle:
2.8Padre, disse, scendiamo: e coraggiosa
2.9l'orme del veglio a seguitar si mise.
2.10Van per mezzo alla strage, e non gli arresta
2.11il terror ch'esce dalle tronche membra,
2.12e dal sangue e dall'armi orribilmente
2.13sparse e confuse; ché sostienli e guida
2.14la virtù che fa l'uom negli ardui tempi
2.15più pensoso d'altrui che di se stesso.
2.16L'andar dei due pietosi illuminava
2.17tacita e pura la sorgente luna,
2.18che per veder sì santa opra scoprìa
2.19tutto il vergine volto, e rimovea
2.20l'invido velo delle nubi. Ed ecco
2.21per l'orrendo sentier gli attenti sguardi
2.22ferir d'Ullino a un tempo e di Malvina
2.23giovin guerriero, che fra molti uccisi
2.24giace in lago di sangue, e, stretta in pugno
2.25la rubiconda spada, ancor respira.
2.26L'alta strage che il cinge, il minaccioso
2.27tener del brando, ed il purpureo nastro,
2.28che argomento d'onor gli fregia il petto,
2.29fanno invito alla vista. Era il sembiante
2.30fiero, ma bello, e su la nuda fronte
2.31della luna scendea sì dolce il raggio,
2.32che rapito ti senti a riguardarla
2.33di pietade e d'amor, e qual sia primo
2.34o non l'intende o non sa dirlo il core.
3.1Vide il bel volto del garzon ferito
3.2la tenera Malvina, e pria che il piede,
3.3corse l'alma in aiuto all'infelice,
3.4che di questo s'accorse, e coll'alzata
3.5languida mano e co' natanti lumi
3.6le rendea la mercé che colla voce
3.7non potea. Molte, né però mortali,
3.8gli solcavano tutta la persona,
3.9e a poco a poco gli rapian la vita,
3.10le ferite; ed uscìa di ciascheduna
3.11in un col sangue una segreta voce
3.12che al cor parlava di Malvina. Ond'ella
3.13sciolte ratto dal fianco e dalle chiome
3.14le caste bende, con Ullin si diede
3.15a fasciarle veloce, e della piaga,
3.16che occulto strale già le aprìa nel seno,
3.17la meschinella ancor non s'accorgea.
4.1E già lo spirto, che fuggìa col sangue,
4.2le vie del cor ripiglia, e per le membra
4.3diffuso riede ai consueti offici.
4.4Già si folce sul cubito, già sorge,
4.5dia in piè sostiensi il Cavaliero, e puote,
4.6coll'aìta de' duo che al fianco infermo
4.7gli fan colonna, imprimer l'orme, e lento
4.8movere il passo. Non sorgea lontano
4.9d'Ullin l'umile tetto, e non fu lungo
4.10del venirvi lo stento. Ivi gioiosi
4.11sovra non ricco letticciuol, ma tutto
4.12bella spirante pastoral mondezza,
4.13il corcar mollemente. E ciò che l'uopo
4.14chiedea dell'arte, apparecchiato, e messo
4.15di medich'erbe un suo tal sugo in pronto,
4.16a lavar diessi coll'esperta mano
4.17ogni piaga il buon vecchio, ad irrigarle
4.18di sanatrici stille, a farle tutte
4.19innocenti e sicure. In mezzo all'opra
4.20le guardava il ferito e sorridea,
4.21e colla mano coraggiosa e ferma
4.22le misurava, e gli brillava il viso
4.23come raggio di Sol che dopo il nembo
4.24ravviva il fiore dal furor battuto
4.25d'aquilon tempestoso. E in quel gioire
4.26il cor sospinse i suoi purpurei rivi
4.27novellamente a risvegliar le rose
4.28delle pallide guance; e nelle vene
4.29tornò più lieta a circolar la vita.
5.1Sciolse allor quell' intrepido la voce,
5.2e con guardo sereno, e con parole
5.3che sul labbro gl'invia la conoscenza
5.4del ricevuto beneficio, disse:
5.5Generoso mortal, che al fato estremo
5.6mi togli, e tanta dalla nobil fronte
5.7riverenza m'inspiri, e tu che mostri
5.8d'angelo il volto, e la pietosa cura
5.9con lui dividi, amabile fanciulla,
5.10dite, se onesto è il mio pregar, chi siete?
5.11Di che gente? Saper di chi m'ha salvo
5.12giovami il nome, e il cor lo chiede, il core
5.13che non ingrato mi fu posto in seno.
5.14La mercede che scarsa io vi potrei
5.15render di tanto, vi fia larga e intera,
5.16pria dal Ciel, che le belle opre corona,
5.17poi dal possente mio Signor renduta:
5.18ché liberal, magnanimo, cortese
5.19del par che invitto è de' Francesi il Sire,
5.20e nel far lieta la virtude esulta.
6.1Guerrier, rispose Ullino, il tuo coraggio,
6.2la tua ne' mali alacrità, già detto
6.3m'avean la patria tua. Io dell'averti
6.4tolto a morte, e servato al tuo Signore
6.5sento letizia, ch'ogni detto eccede.
6.6Ma tu, figlio, tu fai misero e vile,
6.7promettendo mercede, il beneficio.
6.8Sta qui dentro il mio premio, in questo petto,
6.9premio che darmi né tu puoi, né il Grande
6.10per cui combatti. Né però disdegno
6.11del tuo cor grato i sensi, e mi fia dolce
6.12(ecco tutto che bramo) il saper vivi
6.13nella tua rimembranza il Bardo Ullino,
6.14e costei, che pietosa in tuo soccorso
6.15volò primiera, ed è la speme, il raggio
6.16dell'inclinato viver mio. - Nel fine
6.17di questo detto caramente ei prese
6.18la fanciulla per man, che compiaciuta
6.19chinò i begli occhi verecondi, e tosto
6.20gli alzò furtivi e timidetti al volto
6.21del già caro garzone; ed ei la stava
6.22già contemplando, e l'ultime parole
6.23del buon canuto ripetea nel core.
6.24Si scontraro gli sguardi, e negli sguardi
6.25l'alme sospinte. In lei beossi, e ferma
6.26la vista ei tenne: di color cangiossi
6.27l'altra, e atterrò l'oneste luci. Il veglio
6.28l'abbracciava, e seguìa: Questo diletto
6.29di santissimi nodi unico frutto
6.30(nodi troppo per tempo, ohimè! recisi,
6.31ma troppa, o Cielo, ti parea la gioia
6.32de' sereni miei dì!), questa gentile
6.33tenera pianta, come valgo, all'aura
6.34della virtude coltivando io vegno,
6.35e in lei comincia, in lei tutta finisce
6.36la mia cura, il mio regno. Ella m'è tutto,
6.37e la man cara della mia Malvina,
6.38questa mano innocente, allor che morte
6.39chiamerà la mia polve entro la tomba,
6.40i lumi in pace chiuderammi. Aperse
6.41a que' detti Malvina ambe le braccia,
6.42intenerita le ricinse al collo
6.43dell'amato vegliardo, e su lui tutta,
6.44senza veruna profferir parola,
6.45cadde col capo in abbandono, e pianse.
6.46A quell'atto d'amor tanto, a que' volti
6.47dolcemente confusi, a quelle mute
6.48lagrime alterne, si sentì sul ciglio
6.49correr pur esso una segreta stilla
6.50il sospeso guerriero, e per le membra
6.51il dolor tacque delle sue ferite;
6.52ma non già tacque il cor, che il molto affetto
6.53dicea con gli occhi rugiadosi e fissi.
6.54Ruppe alfin quella dolce estasi Ullino,
6.55e rasciutta la guancia, amicamente
6.56all'estatico disse: Io satisfeci,
6.57sconosciuto Francese, al tuo desire.
6.58Mi nomai Bardo, e in questo nome apersi
6.59tutto che sono. Per te, stesso or sai
6.60ch'io son de' buoni e in un de' forti amico,
6.61in solitaria povertà non vile,
6.62ricco di cor, di pace e di contento.
6.63Né, perché Bardo, argomentar che rozzo,
6.64qual già piacque a' miei prischi, e scevro in tutto
6.65da civile dolcezza il tenor sia
6.66di mia vita; ché care a me pur sono
6.67le virtù cittadine, e precettori
6.68nella somma de' carmi arte divina
6.69non mi fur sole le tempeste e i nembi,
6.70i torrenti, la luna, e le pensose
6.71equitanti le nubi ombre de' padri;
6.72ma i costumi ben anco e le dottrine,
6.73e gli affetti, e i bisogni, e le vicende
6.74dell'uom, cui nodo social costringe;
6.75ché culta ancora la natura è bella.
6.76Ben fu stagion che maestosa e diva,
6.77non che bella m'apparve, innanzi a quella
6.78de' vostri vati, la natura espressa
6.79ne' bardi carmi, e grande io sì l'estimo
6.80in suo rozzo vestir. Ma fantasia
6.81sempre avvolta di nembi, e sempre al lampo
6.82delle folgori accesa, ed al ruggito
6.83d'uniformi procelle, a lunga prova
6.84la bramosa di nuove dilettanze
6.85alma nel petto mi stancava; e dentro,
6.86sì qui dentro sentii che d'un sol fiore
6.87ir contenta non può questa divina
6.88nostra farfalla. Allor vid'io che il Bardo
6.89pittor non era sì fedel, qual sembra,
6.90di natura; ché varia ella e infinita
6.91nell'opre sue risplende; e circoscritta
6.92sotto i bardi pennelli è ognor la stessa.
6.93Non che il mio stato, ti fei chiari, o figlio,
6.94quali in petto li serro, i miei pensieri.
6.95Or piacciati cortese a me tu pure
6.96nomarti, e dirne i genitori. È questo
6.97l'interrogar che primo esce dal labbro
6.98de' vegliardi, e mi so che dolce in petto
6.99di buon figlio risuona. Come poscia
6.100tua salute il consenta, di più lungo
6.101desire antico mi farai contento.
6.102Guerrier mi giova de' guerrieri udire
6.103i magnanimi affanni; e del tuo Duce,
6.104che tutta del suo nome empie la terra,
6.105e ne libra i destini, è tempo assai
6.106ch'io solingo di selve abitatore
6.107molto udir bramo. - E molto udrai, rispose
6.108sollevando la testa il Cavaliero;
6.109ch'io su gl'Itali campi, ove le penne
6.110al primo volo la sua fama aperse,
6.111e sul barbaro Nilo, e fra l'eterne
6.112nevi dell'Alpi il seguitai fedele,
6.113e tutte del suo brando e del suo senno
6.114l'opre vidi e conobbi, e nel volume
6.115tutte le porto della mente impresse.
6.116Medicina sarammi all'egro fianco
6.117il narrarle. S'appaghi intanto il primo
6.118tuo dimando. Terigi è il nome mio.
6.119D'Itala madre mi produsse in riva
6.120dell'umil Varo genitor Francese,
6.121un di que' prodi che passar fur visti
6.122su generose antenne alla vendetta
6.123dell'oltraggiato American. Me privo
6.124del morto padre in povera fortuna,
6.125ma in non bassi pensieri e sentimenti
6.126nudrì la madre coraggiosa. E quando
6.127la non ben nota, né raccesa ancora
6.128(come fulmin che dorme entro la nube)
6.129virtù del magno Bonaparte scese
6.130nell'Italico piano, arse d'un bello
6.131desìo di gloria il giovanil mio petto,
6.132né della patria la chiamata attesi,
6.133ma volontario mi proffersi. Al seno
6.134mi serrò la dolente genitrice,
6.135dolente sì, ma non tremante, e, alzate
6.136le luci al cielo, benedisse il figlio,
6.137con queste, che profonde mi riposi
6.138nel più sacro dell'alma, alte parole:
6.139Figlio, tu corri a guerreggiar la terra
6.140che mi diè vita. Non odiar tu dunque
6.141la patria mia, che tua divien, che nullo
6.142fece oltraggio alla vostra. I suoi tiranni
6.143v'oltraggiaro, non ella, che cortese
6.144arti dievvi e scienze, ed or bramosa
6.145v'apre le braccia, e a sé vi chiama, e spera
6.146dal Francese valor, non danno ed onta,
6.147ma presidio e salute, e dell'antico
6.148suo beneficio la mercé. Calcando
6.149l'Itala polve, ti rammenta adunque
6.150che tutta è sacra; che il tuo piè calpesta
6.151la tomba degli eroi; ch'ivi han riposo
6.152l'ombre de' forti, e che de' forti i figli
6.153hanno al piè la catena, e non al core;
6.154che in que' cor non morì, ma dorme il foco
6.155dell'antica virtù; dorme il coraggio;
6.156dormon le grandi passioni. Oh sorga,
6.157sorga alfine alcun Dio che le risvegli,
6.158che la reina delle genti al primo
6.159splendor ritorni, ed il sepolto scettro
6.160della Terra rialzi in Campidoglio!
6.161Questi voti al valor consacro, o figlio,
6.162dell'auspicato Bonaparte. Il fiero
6.163spirto che ferve in quel profondo petto,
6.164è dell'Italo sole una scintilla,
6.165e l'ardir delle prische alme latine
6.166sul suo brando riposa. Or tu fra l'armi
6.167duce seguendo di cotanta speme,
6.168possa tu, figlio, meritarti il grido
6.169di buon, di prode, di leal guerriero,
6.170e tornar salvo ad asciugarmi il pianto
6.171che mi lasci partendo. - E qui troncaro
6.172le lagrime la voce. Il cielo io chiamo
6.173in testimonio, e te, cara e sovente
6.174del mio sangue bagnata Ausonia terra,
6.175che della madre io fui fedele ognora
6.176ai santi avvisi, e rispettai le tue
6.177maestose sventure, e qual seconda
6.178patria t'amai; ché ben di senso è privo
6.179chi ti conosce, Italia, e non t'adora.
6.180E voi di Dego e Montenotte orrendi
6.181dirupi, e voi dell'Adige e del Mincio
6.182onde battute, fatemi voi fede,
6.183che né disagio, né periglio alcuno
6.184schivai d'armi, né fui pugnando avaro
6.185della mia vita. - Si commosse Ullino,
6.186si commosse Malvina a quel pietoso
6.187racconto, e i moti fea del cor palesi
6.188l'alta eloquenza del tacer. Quetato
6.189degli affetti il tumulto, si riscosse
6.190il Bardo, e disse: Nella tua favella
6.191una forte risplende alma sublime,
6.192valoroso Terigi; e l'ascoltarti
6.193è gioia che si sente e non si parla.
6.194Ma di quiete or le tue piaghe han d'uopo,
6.195d'alta quiete: e il sanator di tutte
6.196cure, l'amico degli afflitti, il sonno,
6.197tempo è che scenda a riparar le spente
6.198tue forze. Avremo alle parole assai
6.199ore acconce altra volta. In questo dire
6.200surse il veglio, abbracciollo; e su le labbra
6.201ponendo in atto di silenzio il dito,
6.202allontanossi. Taciturna e lenta
6.203il seguìa la donzella, e un guardo indietro
6.204dalla soglia piegò con un sospiro
6.205che dicea: parte il piè, ma resta il core.
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