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353

Rime

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1.1A che dolervi e lagrimar cotanto,
1.2donna, e dagli occhi miei col vostro duolo
1.3trar così largo ed angoscioso pianto?
1.4L'aura che move un sospir vostro solo
1.5tal fiamma di pietate al cor m'accende
1.6ch'io per bocca n'esalo un largo stuolo;
1.7or qual pena m'apporta e qual mi rende
1.8lo strido udir che di lamenti cinto
1.9a far pietose ancor le stelle ascende?
1.10Io 'l provo allor ch'entro 'l mio petto, vinto
1.11dal gravoso martir, lo spirto manca
1.12a poco a poco, e in tutto sembra estinto.
1.13E quante volte in me pur si rinfranca,
1.14tante a vagar se n' torna in riva a Lete,
1.15spinto dal duol ch'in voi giamai non stanca;
1.16così mentre mal cauta altrui piangete
1.17per soverchia pietà d'una sol morte,
1.18con mille morti me, lasso, ancidete.
1.19Non è 'l vostro destin malvagio e forte
1.20sì ch'in tutto per voi debbiano aprirsi
1.21per mai non riserrarle al duol le porte;
1.22quante più care al ciel di voi sentirsi
1.23ch'in largo fondo di miseria poste
1.24più sventurate assai di voi pon dirsi.
1.25Ma benché prima al duol maligno esposte
1.26provasser dura insopportabil guerra,
1.27al fin da sé scacciaro il crudel oste;
1.28che quando questi in petto uman si serra,
1.29quasi in già vinta e mal difesa rocca,
1.30tutto dentro perturba, arde ed atterra.
1.31Quinci fiamme e lamenti escon per bocca,
1.32quinci a gran copia il vital nostro umore,
1.33per gli occhi lagrimosi in sen trabocca;
1.34e lo spirto del petto uscendo fuore,
1.35poich'invan chiede a la ragion soccorso,
1.36va peregrino in periglioso errore.
1.37Quinci al fin de' miei giorni anch'io trascorso
1.38tosto sarò, se più fedel consiglio
1.39al vostro flebil rio non frena il corso;
1.40né mi duol perch'io chiuda in morte il ciglio
1.41se non che mentre a ciò per voi son scorto,
1.42e voi meco correte egual periglio.
1.43Lasso ch'è troppo in voi pallido e smorto
1.44quel vago viso, e da soavi lumi
1.45tenuto in bando amor troppo a gran torto;
1.46onde al cangiar dei lor dolci costumi
1.47anch'ei si lagna, e dice: — A che piangendo
1.48te senza frutto e me, cruda, consumi?
1.49Deh non squarciar il crin, di cui sol tendo
1.50mie reti, e non turbar la vaga fronte
1.51onde pena agli amanti e premio rendo;
1.52pon freno al mesto e lagrimoso fronte,
1.53e 'n te tornando a vendicar ti desta
1.54del nemico dolor l'ingiurie e l'onte.
1.55Che da sé pur troppa veloce è questa
1.56vita mortal senza che sproni aggiunga
1.57e l'affretti al suo fin cura molesta.
1.58Dunque pietate omai, donna, ti punga,
1.59del regno mio che sol per te si prezza
1.60ed a' begli occhi tuoi mi ricongiunga. —
1.61Così cerca levar tanta tristezza
1.62quel pietoso fanciul del vostro petto,
1.63perché s'empia di gioia e di dolcezza.
1.64Or da qual vano ed ostinato affetto
1.65nemico al vostro ben vi fie contesa
1.66ragion, sì che non abbia in voi ricetto?
1.67Come quella potrà chiamarsi offesa
1.68che da legami e da prigione amara
1.69ne la primiera libertà v'ha resa?
1.70O bella libertà soave e cara,
1.71quanto è tuo pregio, e quant'uom più ti stima
1.72s'a sferza pria di servitù t'impara?
1.73Tu spregi ogni alta ed elevata cima
1.74onde chi più per ritrovarti poggia
1.75tra le pompe e gli onor, più falso stima.
1.76Teco festa, letizia e canto alloggia
1.77e sol ch'in tua balia te stessa miri
1.78offender non ti può vento né pioggia.
1.79Né la tua fronte ogni pensier ritiri:
1.80in te 'l vero non teme oltraggio e scorno,
1.81né di tuo stato mai col ciel t'adiri.
1.82Ben anzi amaro ed infelice giorno,
1.83donna, fu quel che primo al collo indegno
1.84tal giogo marital vi pose intorno;
1.85da indi in qua vi diede il ciel mai segno
1.86di pace? O 'l ciglio mai lieto v'aperse
1.87che dentro non serbasse occulto sdegno?
1.88Quanto di gioia e di piacer v'offerse
1.89fu sempre annunzio di futuro oltraggio,
1.90perch'in pianto e dolor tosto il converse.
1.91Chiudea, scorso per mar lungo viaggio,
1.92al fin in porto le già stanche vele
1.93il vostro sposo, a navigar mal saggio;
1.94e da la moglie sua troppo fedele
1.95in sen raccolto, o lui beato, udia
1.96del suo lungo tardar dolci querele.
1.97E 'nsieme il proprio suo volto sentia
1.98bagnar del pianto che per gaudio interno
1.99fuor de' begli occhi di sua donna uscia.
1.100Ma che? Forse il piacer durava eterno?
1.101O quale al coniugal letto conviensi
1.102per la legge adempir del re superno?
1.103A pena avean gli occhi bramosi e 'ntensi
1.104il guardo fermo entro l'amato volto
1.105gustando il ben di ch'eran tutti accensi,
1.106ch'ei sotto 'l verno a vostre braccia tolto
1.107e nel letto voi sola abbandonando,
1.108se n' gia col crudo legno altrove volto.
1.109E per un dì ch'in braccio a voi tornando
1.110prendea riposo in peregrini lidi,
1.111ne spendea mille a voi lontano stando.
1.112Quante volte timor di venti infidi
1.113e giusto duol del suo ritorno lento
1.114v'asperse i due d'amor leggiadri nidi;
1.115benché né minacciar d'averso vento
1.116né fremer di spumosa alta procella
1.117né 'l ciel mirar a sua ruina intento
1.118il tenean lunge a la sua fida e bella
1.119moglie, come rendea per tutto chiaro,
1.120e a voi forse ancor, certa novella.
1.121Ma preso a' laccio più gradito e caro
1.122di nova donna e 'n sue delizie immerso,
1.123gli sembrava il partir duro ed amaro.
1.124Quest'era il cielo aver mai sempre averso
1.125quinci tenta tra scogli e l'onde irate
1.126col legno rimaner vinto e disperso;
1.127ahi de' consorti rei perfide ingrate
1.128menti, u' son l'impromesse? U' è la fede,
1.129il ciel, le stelle in testimon chiamate?
1.130Barbara donna e vil, già fatta erede
1.131de' vostri amori, a sé coglieva il frutto
1.132de la dovuta a voi larga mercede.
1.133Ed ei continuo in grembo a lei ridutto
1.134il paradiso suo lieto godea,
1.135voi qui lasciando sconsolata in lutto.
1.136E mentre il vostro cor per lui spargea
1.137pietosi voti, ei ne l'amate braccia
1.138stando, il vostro aspettar forse ridea.
1.139Deh perch'avien che 'l fin tanto vi spiaccia
1.140d'un sì perverso ed infedel marito?
1.141E perché non piuttosto il duol vi scaccia?
1.142Se 'l corso innanzi al suo fosse finito
1.143di vostra vita, e in un quant'è di vago
1.144e di dolce qua giù con voi rapito,
1.145che gran querele? E che profondo lago
1.146sparso di pianto? E quanti lustri avrebbe
1.147serbata dentro al cor la vostra imago?
1.148Ben aperto è 'l veder quanto sarebbe
1.149stato il suo duol, che pria ch'a morte giunto
1.150fosse, mostrò quanto di voi gli increbbe.
1.151Ma se per nome sol v'era congiunto,
1.152che più v'importa, o più s'accresce al danno
1.153perch'in tal modo or sia da voi disgiunto?
1.154Strane genti oltra 'l mar più nol vedranno
1.155da voi sempre lontan; né fia possente
1.156servando a voi amor ordirvi inganno.
1.157Benché quando il doler l'alme già spente
1.158rendesse in luce, e mio consiglio fora
1.159mostrarvi a lui di ciò larga e clemente;
1.160ma invan si chiama, e più non torna fuora
1.161spirto che giunto sia di là dal fiume
1.162di Lete, ove 'l nochier sordo dimora.
1.163Più dunque il rio dolor non vi consume,
1.164ma desto da più saggia accorta voglia
1.165l'intelletto riprenda il proprio lume.
1.166Né men vi deve a ciò piegar la doglia
1.167che tal m'afflige al suon de' vostri lai,
1.168ch'a trarmen spesso la man propria invoglia.
1.169Lasso, dal dì ch'in voi quest'occhi alzai
1.170pur di lagrime sempre umidi e pregni
1.171ed io ricetto d'infiniti guai.
1.172Né per pietà giamai de' strazi indegni
1.173ch'io sostenni d'amor, placati scorsi
1.174o lenti in parte i vostri eterni sdegni.
1.175E benché in voi seguendo al fin m'accorsi
1.176ch'a la morte correa sempre vicino,
1.177il piè dal vostro amor giamai non torsi.
1.178Or che pur terminar l'aspro camino
1.179al fin sperava, in novo mar di pianto
1.180per voi mi spinge il mio fero destino.
1.181Dove smarrito il dolce lume e santo
1.182de le mie stelle, e di governo casso,
1.183anch'io me n' vo, sol con la morte a canto.
1.184E la mia stanca nave in preda lasso
1.185a vento eterno di sospir dolenti,
1.186che fuor manda il mio cor misero e lasso.
1.187Tal che se non scoprite i raggi ardenti
1.188rasserenando il ciel turbato e scuro
1.189della fronte e degli occhi almi e lucenti,
1.190avrò naufragio e fin più strano e duro
1.191che l'ingrato per cui lagrime tante
1.192spargete, e sparte, mentre visse, furo.
1.193E seguendo consiglio empio ed errante
1.194vedrete, lassa, voi medesma priva
1.195tosto e di sposo e di verace amante.
1.196Or poiché da voi sol pende e deriva
1.197questa mia vita, ed al soccorso è loco,
1.198oprate sì ch'io giunga salvo a riva.
1.199Ch'omai da varcar più m'avanza poco
1.200e s'indugiate al fin verrà che sorda
1.201prenderà morte il pentir vostro in gioco.
1.202Ma non basta scacciar la pena ingorda
1.203che 'l verde e 'l bel di vostre membra pasce
1.204se di mie pene ancor non vi ricorda.
1.205Perché 'l mio mal da cagion doppia nasce,
1.206mortal ciascuna; onde tor via che vale
1.207quella, quando quest'altra in piè si lasce?
1.208Resterà la ferita aspra e mortale
1.209che già m'impresse al cor dagli occhi vostri
1.210il crudo arcier c'ha la faretra e l'ale.
1.211Ond'io son detto essempio a' giorni nostri
1.212d'unico strazio, e voi fera simìle
1.213a qual sete maggior di sangue mostri.
1.214Ahi ch'orgoglio non regna in cor gentile,
1.215né creder vo' ch'istinto proprio in voi
1.216nutrisse mai pensier sì lasso e vile.
1.217La colpa n'abbia il servar fede a lui
1.218che sposo v'era, ancor ch'ei poco casto
1.219fesse de l'amor suo parte ad altrui.
1.220Questo certo a' miei prieghi alto contrasto
1.221fe' sempre, e voi tenendo in pensier vano
1.222ha quasi il fior di vostr'etate guasto.
1.223Or che preda è rimaso al flutto insano
1.224chi sol vi fea crudel, chiede il mio merto
1.225ch'a me vostra pietà larghi la mano.
1.226E 'l ciel per me n'ha mostro indizio aperto,
1.227poiché viver un buon seme e radice
1.228del commun nostro mal non ha sofferto.
1.229Deh, per mercé, se bramar tanto lice
1.230a fido amante, il mio giusto disio
1.231fate d'un vostro sol guardo felice.
1.232Deponete il rigor selvaggio e rio
1.233ch'a la vostra beltà gran pregio toglie,
1.234e gradite la fede e 'l servir mio!
1.235E poich'in voi tanto di ben s'accoglie,
1.236non lasciate ch'inculto e steril passi
1.237e che 'l tempo sol n'abbia ingorde spoglie.
1.238Pur troppo involta in pensier vani e cassi
1.239quasi stolta Penelope viveste,
1.240dal più saggio camin torcendo i passi.
1.241Or che vi s'apre al fin grazia celeste,
1.242non la sdegnate, e 'n voi ragion prevaglia:
1.243sì che, spento il dolor, le cure meste,
1.244d'amor, di me, di voi, donna, vi caglia.
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