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109

Rime

PoeTree.it

1.1Ove, o Roma, son or l'altere imprese,
1.2fonti de la tua gloria? Ove il fecondo
1.3seme, da cui fiorian quei degni eroi?
1.4ov'è l'invitto tuo valor che stese
1.5l'imperio e 'l grido, sì ch'un solo mondo
1.6spazio angusto sembrava a' merti tuoi?
1.7Quando Pallade e Febo ancor de' suoi
1.8fregi il tuo nome ornò famoso e chiaro,
1.9ambo in farti felice emuli a Marte?
1.10Tutte ha già rotte e sparte
1.11le tue pompe e corone il tempo avaro.
1.12Onde, se qual tu fosti io guardo, m'empi
1.13di meraviglia e di pietade il petto;
1.14e le reliquie tue divoto inchino.
1.15Tu dunque, mentre il tuo pregio divino
1.16m'infiamma il cor, gradisci il pronto affetto;
1.17né sdegnar che mia musa a' nostri tempi
1.18rinovi alcun de' tuoi più cari essempi:
1.19perch'altri preso a così nobil esca
1.20per l'orme loro il proprio vanto accresca.
1.21Scorgo sopra il destrier col ferro ignudo
1.22il magnanimo Cocle in mezzo il ponte
1.23corso a impedir de l'arme ostili il varco;
1.24che di sé fatto a la sua patria scudo
1.25sostenne a pugna con ardita fronte
1.26di tutta Etruria ei sol l'impeto e 'l carco.
1.27Poi, tronco il passo e d'ogni tema scarco,
1.28saltò ne l'onde, e sparse al grave peso
1.29d'acqua e vergogna a' suoi nemici il volto;
1.30e fu dal Tebro accolto
1.31quasi Marte dal cielo a lui disceso,
1.32ch'espresse il suo stupor con tali accenti:
1.33— Da che quest'urna io verso, atto più degno
1.34del tuo giamai non vidi in altro figlio.
1.35E mostri ben che sicurtà il periglio
1.36tiensi e s'ha per l'onor la vita a sdegno
1.37ove i cor sono al ben commune ardenti.
1.38Fa dubbi il tuo valor gli occhi e le menti
1.39se quel che scopre a noi sì chiaro lume
1.40sia d'uom terreno o di celeste nume. —
1.41Splende poscia al pensier quel petto forte
1.42ch'ignoto entrò fra mille armate schiere;
1.43ei sol, per torre al tosco re la vita.
1.44Vano fe' 'l bel desio contraria sorte,
1.45non già 'l valor; ch'in aspre fiamme e fere
1.46arse la man, del non suo error punita.
1.47E con voce dicea, libera, ardita:
1.48— Scorgasi in questa destra il cor romano,
1.49e 'l vivo ardor di gloria in questo foco;
1.50ch'ivi aver non pò loco
1.51tema. — E Roma additò con l'altra mano.
1.52— Ivi ognun scherza de la morte al passo,
1.53com'io, benché di lor men degno assai;
1.54e sorgon più quanto più 'l ciel gli preme.
1.55Conosci dunque, o re, che con la speme
1.56del vincer noi tu merchi i propri guai. —
1.57Sembrar tutti a quel dir d'immobil sasso,
1.58e 'l dio guerrier, dal ciel mirando a basso,
1.59con la vampa e la pena in lei sofferta
1.60gradì la mano in sacrificio offerta.
1.61Quell'altro, anch'ei da spron d'amor sospinto
1.62del patrio nido, col destrier feroce
1.63si lancia entro a l'oscura, ampia caverna,
1.64lieto ch'a l'alto precipizio accinto
1.65si mostri più d'ogni un pronto e veloce,
1.66perch'indi sorga poi sua fama eterna.
1.67Visto Pluton ne la sua sede inferna
1.68scender l'eroe, de l'antic'onta esperto
1.69teme un novo Teseo, ch'ivi a far preda
1.70di Proserpina rieda,
1.71fer trarla un'altra volta a l'aere aperto.
1.72Ma s'assicura poi, ch'altra, d'onore,
1.73brama l'ha scorto per l'orrendo speco.
1.74Da te, Curzio, da te s'impari il vanto
1.75di sprezzar morte, e 'l falso, oscuro manto
1.76squarciar che 'l ver contende al senso cieco;
1.77che di tua sacra bocca odo uscir fuore:
1.78— Chi per la patria more, unqua non more. —
1.79Però più ch'altro grido, il tuo rimbomba,
1.80né fu mai de la tua più nobil tomba.
1.81Ma quanto è poi del chiaro spirto il pregio
1.82ch'a sua povera mensa i doni e l'oro
1.83de' Sanniti rifiuta e in sé ne ride?
1.84Stimò ch'ogni ricchezza e splendor regio
1.85cedesse di virtute al bel tesoro,
1.86che spesso manca ove fortuna arride.
1.87Raro avarizia con onor si vide:
1.88ch'ella ogni bel desio da sé discaccia,
1.89provando in mezzo l'acque eterna sete.
1.90Sovrana laude miete
1.91chi la patria arricchir, non sé, procaccia;
1.92onde il buon Curio allor così rispose:
1.93— Dite al re vostro ch'a me il ferro splende
1.94via più che l'oro; e ch'io, nel vincer uso,
1.95per non rimaner vinto, il don ricuso:
1.96che s'altri esca non cura, amo nol prende. —
1.97Oh come in breve detto agli occhi espose
1.98di povertà l'alte ricchezze ascose!
1.99Ama natura il poco; e in lui sol giace
1.100vera de l'alma libertate e pace.
1.101Ecco offrirsi non meno a la mia vista,
1.102del bel poggio d'onor salito in cima,
1.103quel ch'a terra spianò l'alta Cartago;
1.104che tra le sue più ricche prede vista
1.105nobil vergine e bella oltr'ogni stima,
1.106ei sul fior de' verd'anni e di lei vago
1.107ma del mirarla sol contento e pago,
1.108al suo sposo insperata in don la porse,
1.109giunto al dono il tesor di queste note:
1.110— Forza d'amor non puote
1.111contra fermezza di virtute opporse.
1.112gloria è 'l vincer altrui, ma più se stesso,
1.113e biasmo in noi del senso vil l'impero
1.114ch'asconde aspro veleno in dolce frutto. —
1.115Ceda pur Giove a Scipio il pregio tutto
1.116de le su' imprese; che dal nudo arciero
1.117ei fu ben mille volte al giogo messo;
1.118questi, l'alto poter d'Amor depresso,
1.119in vendetta d'ogn'un tratto in catena
1.120dinanzi al carro trionfando il mena.
1.121In sì fertil terren, quasi rampolli
1.122di vario frutto in un medesmo stelo,
1.123sorser altre felici e nobil alme.
1.124Per le cui lingue e penne i sette colli
1.125con vanto non minor s'alzaro al cielo,
1.126ricchi d'altre corone e d'altre palme.
1.127Quinci la patria sua di gravi salme
1.128sgombra il gran Tullio, e fa ch'ella non cada;
1.129e co' più forti duci orando giostra:
1.130ché la toga esser mostra
1.131in bel campo d'onor pari a la spada.
1.132Arma l'una il parlar, l'altra la forza,
1.133di ferir e schermir ciascuna scaltra;
1.134quella assalta a silenzio, a tromba questa,
1.135sotto insegne di morte o vita onesta;
1.136gli animi l'una vince, i corpi l'altra;
1.137e 'l mondo il ferro, e 'l ciel la lingua sforza.
1.138Così 'l suo lume addoppia e gli altri ammorza
1.139l'alma figlia di Marte; e sovra Atene,
1.140giudice ancor Minerva, il pregio ottiene.
1.141O de' suoi figli a pien felice madre,
1.142se del regnar le troppo ingorde voglie
1.143tener sapea con man più parca a freno!
1.144Che poi che 'l mondo a le sue invitte squadre
1.145cesse l'imperio, e fu d'antiche spoglie
1.146senza nov'oste il Campidoglio pieno,
1.147languì virtute a lasciv'ozio in seno,
1.148tra pompe e fasti di superbia folle
1.149ch'ogn'alto stato al fin crollando atterra:
1.150più fero il ciel fa guerra
1.151a torre che più in aere il capo estolle.
1.152Un altro mal sua libertà disperse:
1.153che Megera infernal ne l'alme erranti
1.154empio furor di civil odio impresse;
1.155onde ognun, di pietà le leggi oppresse,
1.156stimò sua gioia de la patria i pianti;
1.157e col ferro crudel, ch'in lei converse,
1.158di sangue un fiume nel bel petto aperse.
1.159così ruina a lei dal salir nacque,
1.160e di sua propria mano estinta giacque.
1.161Tu, tu, Vinezia mia più saggia t'armi
1.162di schermo tal che vivi ognor secura
1.163da queste due mortali orride pesti.
1.164Fu dritta mira ognor di tue fort'armi
1.165pace, e non guerra; e sol regna in te cura
1.166d'egual concordia infra desir modesti.
1.167Quinci tu sola oltra mill'anni resti
1.168e duo secoli ancor, vergine invitta
1.169in regal manto e venerabil seggio;
1.170quinci a' tuoi lauri io veggio
1.171del saper e del dir la palma ascritta.
1.172Sei tu di libertà verace nido,
1.173a le tempeste altrui fidato porto,
1.174gloria del mar, del ciel diletta figlia.
1.175Onde può dir chi drizza al ver le ciglia
1.176che l'occaso di quella aperse l'orto
1.177de la tua luce, e in te sorse il suo grido;
1.178e che l'eterno re dentro al tuo lido
1.179tutto il più bel degli altri imperi accolse
1.180quando ornar de' tuoi raggi il mondo volse.
1.181Canzon, mentre ch'ammiro or questa or quella,
1.182quasi novo Elitropio a doppio sole,
1.183dubbio, non so qual più m'abbagli e splenda.
1.184Par che l'una da l'altra essempio prenda,
1.185e ch'or prima, or seconda al ciel se n' vole
1.186sovra ogn'uman pensiero altera e bella.
1.187Ma se tropp'erto è 'l segno e scarsa stella
1.188contende il lauro a la mia nuda chioma,
1.189tacito adorerò Vinezia e Roma.
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