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42

Rime

PoeTree.it

1.1Piangea l'acerbo fin Tirsi dolente
1.2di Dafne, amata sposa,
1.3nel celebrar l'infauste nozze estinta;
1.4né per rimedio alcun, lasso, ch'ei tente,
1.5trovar può tregua o posa
1.6col duol, che gli ha già l'alma oppressa e vinta.
1.7Un dì dal negro velo, ond'era cinta,
1.8tratta la mesta cetra, in man la prende;
1.9e con lei mentre intende
1.10consolarsi in disparte,
1.11fuor di sé, fuor di via l'aspra sua pena
1.12al sepolcro di Dafne incauto il mena.
1.13Grida allor: — Ben dei sempre in questa parte,
1.14misero cor, lagnarte.
1.15Ma qual, da canto e suon, cerchi conforto,
1.16se pace aver puoi solo esangue e morto?
1.17Già sparir le tue gioie e spente furo,
1.18lasso, in quei dolci lumi
1.19ove albergo felice un tempo avesti;
1.20or ch'in tenebre vivi, altro non curo
1.21se non che ti consumi
1.22sì ch'ancor io nud'ossa ed ombri resti.
1.23Ove son or quei raggi almi e celesti
1.24del sol del suo bel volto? ove il tesoro
1.25de' vaghi capei d'oro?
1.26E le perle e i rubini
1.27che formar già solean note sì care?
1.28Ove de l'alma l'alte doti rare,
1.29e l'opre, e i pensier casti e pellegrini?
1.30De' quai pregi divini
1.31ricca se n' giva a l'altre ninfe innanti,
1.32com'io di fede a tutti gli altri amanti.
1.33Qui dentro giace, ohimè, la bella spoglia,
1.34in polvere conversa;
1.35e la mia qui di fuor vivendo spira?
1.36Temprasi forse in me la mortal doglia
1.37perch'in pianto si versa?
1.38E si ravviva il cor mentre sospira?
1.39O per pena maggior, morto, respira?
1.40S'a questa tomba i passi il ciel mi scorse,
1.41ben chiaro indicio porse
1.42ch'anch'io spento e sepolto
1.43con chi fu la mia vita esser devrei.
1.44Ma poiché tarda il fin de' giorni miei,
1.45per dargli spron, sia sempre il pensier volto
1.46a quanto il ciel m'ha tolto:
1.47ché di perduto ben continuo duolo
1.48agli strali di morte affretta il volo.
1.49Tutta grazia e beltà, tutta onor vero
1.50Fu quell'alma gentile;
1.51e in lei tutti i suoi doni il ciel raccolse.
1.52Ahi colpo d'empia sorte iniquo e fero,
1.53qual piaga ebbe simìle
1.54il mondo? O mai con più ragion si dolse?
1.55Lasso, a me tanto ben prometter volse,
1.56lieto in vista, Imeneo, per cangiar poscia
1.57mia gioia in doppia angoscia:
1.58ché la sua face santa
1.59arse in essequie e in doloroso lutto.
1.60Così talor il ciel n'invidia il frutto,
1.61quando cor si dovea, di nobil pianta
1.62folgorando, e lo schianta.
1.63Così Tantalo vede a' desir suoi
1.64l'onda e i pomi appressarsi, e fuggir poi.
1.65Anzi mia pena in ciò maggior si scorge:
1.66ché 'l suo ben parte e riede,
1.67il mio per non tornar mai più se n' gio.
1.68Deh, perché 'l ciel, mia cetra, a te non porge
1.69quel ch'ad Orfeo già diede?
1.70Per impetrar, non già da Pluto anch'io,
1.71ma dal gran Giove, il caro idolo mio?
1.72Ch'essa splende or là su, più che mai bella,
1.73gradita dea novella.
1.74Ma che vaneggio, ahi lasso?
1.75A che sogna il desio falsa speranza?
1.76Sol dunque intorno a te pianger m'avanza,
1.77o ricco de' miei danni avaro sasso.
1.78E d'ogn'altro ben casso,
1.79spregio anco il suon di questo cavo legno:
1.80ché fuor che morte, ogni refugio i' sdegno. —
1.81Così 'l misero disse, e sovra il marmo
1.82che 'l suo tesor chiudea, spezzò la cetra;
1.83dove Amor la faretra,
1.84piangendo, e l'arco rotto avea non meno,
1.85e le Grazie squarciato il crine e 'l seno.
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