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27

Rime

PoeTree.it

1.1Giacea presso al suo fin, languida e vinta,
1.2la bella Irene, e sconsolato Amore
1.3morir ne' vaghi lumi anch'ei parea.
1.4d'intorno a lei le Muse egual dolore
1.5scoprian con faccia di pallor dipinta,
1.6per cui rigando il pianto in sen cadea.
1.7E di lor una: — Ahi vergine — dicea,
1.8— degna sol per virtute ardente e chiara,
1.9il numero adeguar di nostra schiera;
1.10qual cruda stella e fera
1.11il commun danno nel tuo mal prepara?
1.12Qual destin vuol che 'n così verde etade,
1.13in sì bel corso di tua gloria manchi?
1.14Or quando fia che 'l mondo si rinfranchi
1.15del mal che sovra lui sì acerbo cade?
1.16Ahi non sia più ch'aggrade
1.17viver qua giù: poiché morte aspra e dura
1.18ogni ornamento, ogni piacer ne fura. —
1.19Ciò detto, ecco che 'l gir più innanzi a l'opra
1.20del suo filo vital prescrive il Fato:
1.21onde la Parca già secarlo intende.
1.22ma, come agricoltor che 'n verde prato
1.23l'adunca e sottil falce in giro adopra,
1.24e de' suoi ricchi onor vedovo il rende,
1.25s'allor che per ferir il braccio stende
1.26fior vede adorno di bellezze nove,
1.27a cui fin su dal ciel Venere aspira,
1.28s'arresta, e mentre il mira,
1.29non usata pietà nel punge e move;
1.30tal essa, per tagliar la mano alzando
1.31quel degno stame e 'l fior d'ogni virtute,
1.32ritarda il colpo; e le non più vedute
1.33grazie in altra giamai fiso mirando,
1.34ed al suo fin pensando,
1.35nel cor sì duro, inespugnabil pria,
1.36sentì pietade entrar per larga via.
1.37Sentilla ancor; previsto il duro caso
1.38con le sorelle, il dì che 'l parto eletto
1.39prima i begli occhi in questa luce aperse;
1.40e de l'orto felice infra 'l diletto
1.41provaro il duol del suo futuro occaso;
1.42or di dolce, or d'amaro i cori asperse.
1.43indi lo spazio a misurar converse
1.44ch'al suo viver segnava il cielo avaro;
1.45s'assiser presso a la gradita cuna.
1.46La conocchia avea l'una
1.47di stame avolta prezioso e raro;
1.48l'altra con la sinistra indi traeva
1.49a parte a parte il ricco vello in giuso,
1.50e con la destra infra le dita il fuso
1.51rotando in presto giro il fil torceva;
1.52la terza in man teneva
1.53per troncarlo al suo segno il ferro crudo,
1.54e far d'ogni bel pregio il mondo nudo.
1.55Queste di sacro spirto accese in vista
1.56nascendo Irene incominciar tal canto
1.57descritto negli eterni alti decreti:
1.58— Oh quanta grazia or dal ciel piove! Oh quanto
1.59oggi per cotal parto il mondo acquista
1.60de' suoi doni più cari e più secreti!
1.61Fronte serena, occhi soavi e lieti,
1.62bocca e guance di rose e chioma d'oro,
1.63e d'ogni parte in lei beltà divina
1.64farà dolce rapina
1.65Di ben mille e mill'alme a gloria loro;
1.66né per altra giamai di più bel laccio
1.67con onestate amor fia giunto insieme,
1.68o ricorrendo a sue forze supreme
1.69renderà stanco in più ferite il braccio.
1.70né fia che 'n foco e 'n ghiaccio
1.71altri più dolcemente si consumi
1.72dinanzi a due più vaghi e chiari lumi.
1.73Per sì leggiadro in lei corporeo velo
1.74trasparerà l'interna alma bellezza,
1.75qual per puro cristallo ardente luce.
1.76Di senno, di valor, di gentilezza
1.77fia chiaro specchio: e nel camin del cielo
1.78caste voglie e sant'opre avrà per duce.
1.79Che più? Quando le fronde altri produce,
1.80questa, come ben culto arbor fecondo,
1.81maturar si vedrà suoi dolci frutti.
1.82Per costei ricondutti
1.83fian d'Aracne e d'Apelle i pregi al mondo;
1.84questa giungendo al dolce canto il suono,
1.85potrà far molle un cor di dura pietra:
1.86ond'una in mille a prova eletta cetra
1.87Febo a lei serba in prezioso dono,
1.88e già sacrati sono
1.89lauri e palme in Parnaso al suo bel nome,
1.90ch' aspettano d'ornarle ancor le chiome.
1.91Cresci dunque a fermar ne' nostri petti
1.92cotanta speme, o fortunata prole,
1.93scopri i novelli rai del volto adorno;
1.94cresci, parto gentil, qual novo sole,
1.95e porta al mondo i suoi veri diletti:
1.96apri a tante sue notti un chiaro giorno.
1.97Già festosa t'annunzia d'ogn'intorno
1.98del tuo bel dì la desiata aurora,
1.99tal che ne rende il ciel puro e sereno
1.100e d'allegrezza pieno:
1.101e già del tuo splendor l'arde e innamora.
1.102Ecco che sparge il tuo lieto oriente
1.103d'incenso e croco e mirra un largo nembo,
1.104e ti dispiega il suo purpureo grembo
1.105ogni rosa, ogni fior vago e ridente;
1.106e salutar si sente
1.107il nascer tuo di sopra gli arboscelli
1.108da ben mille canori e lieti augelli.
1.109Ma perch', ohimè, del ciel contraria voglia
1.110sul più bel folgorar de' raggi tuoi
1.111a duro occaso ti destina e sforza?
1.112Perché del viver tuo l'arbitrio in noi
1.113almen non lascia? Acciò che mai nol toglia
1.114dal suo corso felice etate o forza? —
1.115Così del Fato aprir la chiusa scorza
1.116le sacre dive, e 'l fero altrui palese;
1.117a che poi chiara prova il tempo aggiunse,
1.118finché lo stame giunse
1.119ove l'amica dea la man sospese.
1.120Essa, che 'l tronchin, le sorelle prega,
1.121ma lor trova di sé non men pietose.
1.122tre volte il duro officio il ciel le impose,
1.123tre volte ella prestarlo indugia e nega;
1.124al fin, perché la piega
1.125l'immutabil destin, l'opra recise,
1.126e l'alma dal bel corpo in un divise.
1.127Ahi nemico destin, destin rapace,
1.128destin crudele e rio, poiché sì tosto
1.129di tanto ben ne spogli e di duol gravi!
1.130Dunque a sì degna vita hai pur fin posto?
1.131Dunque il sol di virtute estinto giace,
1.132per cui tu mondo, or cieco, alter andavi?
1.133E voi, già d'amor nido, occhi soavi,
1.134esca gentil di mille fiamme sparte,
1.135morte, ohimè, pur v'ha chiusi in sonno eterno.
1.136Anzi, se 'l ver discerno,
1.137desti or v'aprite in più beata parte:
1.138ivi pur giunti, al fin di vostra spene,
1.139de' rai del sommo sol lieti godete,
1.140e 'n atto d'umiltate a lui rendete
1.141grazie, ché v'alzò tosto a tanto bene.
1.142Nova dea fatta è Irene,
1.143nova Pallade il ciel l'addita e chiama,
1.144e de l'altra non men la pregia ed ama.
1.145Se desio di veder, canzon, ti punge,
1.146qual doglia e pianto a tutto 'l mondo apporte
1.147sì dura, acerba, intempestiva morte,
1.148segui ovunque di lei la fama aggiunge;
1.149ché non fia gente così alpestra e lunge
1.150dal nostro mar che non ne pianga al grido,
1.151né fera in alcun lido
1.152sì cruda a cui pietà nel cor non passi:
1.153e vedrai forse ancor piangerne i sassi.
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