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1.1Qual duro freno o qual ferrigno nodo,
1.2qual, s'esser può, catena di diamante
1.3farà che l'ira servi ordine e modo,
1.4che non trascorra oltre al prescritto inante,
1.5quando persona che con saldo chiodo
1.6t'abbia già fissa Amor nel cor constante,
1.7tu vegga o per violenzia o per inganno
1.8patire o disonore o mortal danno?
2.1E s'a crudel, s'ad inumano effetto
2.2quell'impeto talor l'animo svia,
2.3merita escusa, perché allor del petto
2.4non ha ragione imperio né balìa.
2.5Achille, poi che sotto il falso elmetto
2.6vide Patròclo insanguinar la via,
2.7d'uccider chi l'uccise non fu sazio,
2.8se nol traea, se non ne facea strazio.
3.1Invitto Alfonso, simile ira accese
3.2la vostra gente il dì che vi percosse
3.3la fronte il grave sasso, e sì v'offese,
3.4ch'ognun pensò che l'alma gita fosse:
3.5l'accese in tal furor, che non difese
3.6vostri inimici argini o mura o fosse,
3.7che non fossino insieme tutti morti,
3.8senza lasciar chi la novella porti.
4.1Il vedervi cader causò il dolore
4.2che i vostri a furor mosse e a crudeltade.
4.3S'eravate in piè voi, forse minore
4.4licenzia avriano avute le lor spade.
4.5Eravi assai, che la Bastia in manche ore
4.6v'aveste ritornata in potestade,
4.7che tolta in giorni a voi non era stata
4.8da gente cordovese e di Granata.
5.1Forse fu da Dio vindice permesso
5.2che vi trovaste a quel caso impedito,
5.3acciò che 'l crudo e scelerato eccesso
5.4che dianzi fatto avean, fosse punito;
5.5che, poi ch'in lor man vinto si fu messo
5.6il miser Vestidel, lasso e ferito,
5.7senz'arme fu tra cento spade ucciso
5.8dal popul la più parte circonciso.
6.1Ma perch'io vo' concludere, vi dico
6.2che nessun'altra quell'ira pareggia,
6.3quando signor, parente, o sozio antico
6.4dinanzi agli occhi ingiuriar ti veggia.
6.5Dunque è ben dritto per sì caro amico,
6.6che subit'ira il cor d'Orlando feggia;
6.7che de l'orribil colpo che gli diede
6.8il re Gradasso, morto in terra il vede.
7.1Qual nomade pastor che vedut'abbia
7.2fuggir strisciando l'orrido serpente
7.3che il figliuol che giocava ne la sabbia
7.4ucciso gli ha col venenoso dente,
7.5stringe il baston con còlera e con rabbia;
7.6tal la spada, d'ogni altra più tagliente,
7.7stringe con ira il cavallier d'Anglante:
7.8il primo che trovò, fu 'l re Agramante;
8.1che sanguinoso e de la spada privo,
8.2con mezzo scudo e con l'elmo disciolto,
8.3e ferito in più parti ch'io non scrivo,
8.4s'era di man di Brandimarte tolto,
8.5come di piè all'astor sparvier mal vivo,
8.6a cui lasciò alla coda invido o stolto.
8.7Orlando giunse, e messe il colpo giusto
8.8ove il capo si termina col busto.
9.1Sciolto era l'elmo e disarmato il collo,
9.2sì che lo tagliò netto come un giunco.
9.3Cadde, e diè nel sabbion l'ultimo crollo
9.4del regnator di Libia il grave trunco.
9.5Corse lo spirto all'acque, onde tirollo
9.6Caron nel legno suo col graffio adunco.
9.7Orlando sopra lui non si ritarda,
9.8ma trova il Serican con Balisarda.
10.1Come vide Gradasso d'Agramante
10.2cadere il busto dal capo diviso;
10.3quel ch'accaduto mai non gli era inante,
10.4tremò nel core e si smarrì nel viso;
10.5e all'arrivar del cavallier d'Anglante,
10.6presago del suo mal, parve conquiso.
10.7Per schermo suo partito alcun non prese,
10.8quando il colpo mortal sopra gli scese.
11.1Orlando lo ferì nel destro fianco
11.2sotto l'ultima costa; e il ferro, immerso
11.3nel ventre, un palmo uscì dal lato manco,
11.4di sangue sin all'elsa tutto asperso.
11.5Mostrò ben che di man fu del più franco
11.6e del meglior guerrier de l'universo
11.7il colpo ch'un signor condusse a morte,
11.8di cui non era in Pagania il più forte.
12.1Di tal vittoria non troppo gioioso,
12.2presto di sella il paladin si getta;
12.3e col viso turbato e lacrimoso
12.4a Brandimarte suo corre a gran fretta.
12.5Gli vede intorno il campo sanguinoso:
12.6l'elmo che par ch'aperto abbia una accetta,
12.7se fosse stato fral più che di scorza,
12.8difeso non l'avria con minor forza.
13.1Orlando l'elmo gli levò dal viso,
13.2e ritrovò che 'l capo sino al naso
13.3fra l'uno e l'altro ciglio era diviso:
13.4ma pur gli è tanto spirto anco rimaso,
13.5che de' suoi falli al Re del paradiso
13.6può domandar perdono anzi l'occaso;
13.7e confortare il conte, che le gote
13.8sparge di pianto, a pazienzia puote;
14.1e dirgli: - Orlando, fa che ti raccordi
14.2di me ne l'orazion tue grate a Dio;
14.3né men ti raccomando la mia Fiordi... -
14.4ma dir non poté: - ...ligi - , e qui finio.
14.5E voci e suoni d'angeli concordi
14.6tosto in aria s'udîr, che l'alma uscìo;
14.7la qual disciolta dal corporeo velo
14.8fra dolce melodia salì nel cielo.
15.1Orlando, ancor che far dovea allegrezza
15.2di sì devoto fine, e sapea certo
15.3che Brandimarte alla suprema altezza
15.4salito era (che 'l ciel gli vide aperto),
15.5pur da la umana volontade, avezza
15.6coi fragil sensi, male era sofferto
15.7ch'un tal più che fratel gli fosse tolto,
15.8e non aver di pianto umido il volto.
16.1Sobrin che molto sangue avea perduto,
16.2che gli piovea sul fianco e su le gote,
16.3riverso già gran pezzo era caduto,
16.4e aver ne dovea ormai le vene vòte.
16.5Ancor giacea Olivier, né riavuto
16.6il piede avea, né riaver lo puote
16.7se non ismosso, e de lo star che tanto
16.8gli fece il destrier sopra, mezzo infranto:
17.1e se 'l cognato non venìa ad aitarlo
17.2(sì come lacrimoso era e dolente),
17.3per se medesmo non potea ritrarlo;
17.4e tanta doglia e tal martìr ne sente,
17.5che ritratto che l'ebbe, né a mutarlo
17.6né a fermarvisi sopra era possente;
17.7e n'ha insieme la gamba sì stordita,
17.8che muover non si può, se non si aita.
18.1De la vittoria poco rallegrosse
18.2Orlando; e troppo gli era acerbo e duro
18.3veder che morto Brandimarte fosse,
18.4né del cognato molto esser sicuro.
18.5Sobrin, che vivea ancora, ritrovosse,
18.6ma poco chiaro avea con molto oscuro;
18.7che la sua vita per l'uscito sangue
18.8era vicina a rimanere esangue.
19.1Lo fece tor, che tutto era sanguigno,
19.2il conte, e medicar discretamente;
19.3e confortollo con parlar benigno,
19.4come se stato gli fosse parente;
19.5che dopo il fatto nulla di maligno
19.6in sé tenea, ma tutto era clemente.
19.7Fece dei morti arme e cavalli tôrre;
19.8del resto a' servi lor lasciò disporre.
20.1Qui de la istoria mia, che non sia vera,
20.2Federigo Fulgoso è in dubbio alquanto,
20.3che con l'armata avendo la riviera
20.4di Barberia trascorsa in ogni canto,
20.5capitò quivi, e l'isola sì fiera,
20.6montuosa e inegual ritrovò tanto,
20.7che non è, dice, in tutto il luogo strano,
20.8ove un sol piè si possa metter piano:
21.1né verisimil tien che ne l'alpestre
21.2scoglio sei cavallieri, il fior del mondo,
21.3potesson far quella battaglia equestre.
21.4Alla quale obiezion così rispondo:
21.5ch'a quel tempo una piazza de le destre,
21.6che sieno a questo, avea lo scoglio al fondo;
21.7ma poi, ch'un sasso che 'l tremuoto aperse,
21.8le cadde sopra, e tutta la coperse.
22.1Sì che, o chiaro fulgor de la Fulgosa
22.2stirpe, o serena, o sempre viva luce,
22.3se mai mi riprendeste in questa cosa,
22.4e forse inanti a quello invitto duce
22.5per cui la vostra patria or si riposa,
22.6lascia ogni odio, e in amor tutta s'induce;
22.7vi priego che non siate a dirgli tardo,
22.8ch'esser può che né in questo io sia bugiardo.
23.1In questo tempo, alzando gli occhi al mare,
23.2vide Orlando venire a vela in fretta
23.3un navilio leggier, che di calare
23.4facea sembiante sopra l'isoletta.
23.5Di chi si fosse, io non voglio or contare,
23.6perc'ho più d'uno altrove che m'aspetta.
23.7Veggiamo in Francia, poi che spinto n'hanno
23.8i Saracin, se mesti o lieti stanno.
24.1Veggiàn che fa quella fedele amante
24.2che vede il suo contento ir sì lontano;
24.3dico la travagliata Bradamante,
24.4poi che ritrova il giuramento vano,
24.5ch'avea fatto Ruggier pochi dì inante,
24.6udendo il nostro e l'altro stuol pagano.
24.7Poi ch'in questo ancor manca, non le avanza
24.8in ch'ella debba più metter speranza.
25.1E ripetendo i pianti e le querele
25.2che pur troppo domestiche le furo,
25.3tornò a sua usanza a nominar crudele
25.4Ruggiero, e 'l suo destin spietato e duro.
25.5Indi sciogliendo al gran dolor le vele,
25.6il ciel, che consentia tanto pergiuro,
25.7né fatto n'avea ancor segno evidente,
25.8ingiusto chiama, debole e impotente.
26.1Ad accusar Melissa si converse,
26.2e maledir l'oracol de la grotta;
26.3ch'a lor mendace suasion s'immerse
26.4nel mar d'amore, ov'è a morir condotta.
26.5Poi con Marfisa ritornò a dolerse
26.6del suo fratel che le ha la fede rotta:
26.7con lei grida e si sfoga, e le domanda,
26.8piangendo, aiuto, e se le raccomanda.
27.1Marfisa si ristringe ne le spalle,
27.2e, quel sol che pò far, le dà conforto;
27.3né crede che Ruggier mai così falle,
27.4ch'a lei non debba ritornar di corto.
27.5E se non torna pur, sua fede dàlle,
27.6ch'ella non patirà sì grave torto;
27.7o che battaglia piglierà con esso,
27.8o gli farà osservar ciò c'ha promesso.
28.1Così fa ch'ella un poco il duol raffrena;
28.2ch'avendo ove sfogarlo, è meno acerbo.
28.3Or ch'abbiam vista Bradamante in pena,
28.4chiamar Ruggier pergiuro, empio e superbo;
28.5veggiamo ancor, se miglior vita mena
28.6il fratel suo che non ha polso o nerbo,
28.7osso o medolla che non senta caldo
28.8de le fiamme d'amor; dico Rinaldo:
29.1dico Rinaldo, il qual, come sapete,
29.2Angelica la bella amava tanto;
29.3né l'avea tratto all'amorosa rete
29.4sì la beltà di lei, come l'incanto.
29.5Aveano gli altri paladin quiete,
29.6essendo ai Mori ogni vigore affranto:
29.7tra i vincitori era rimaso solo
29.8egli captivo in amoroso duolo.
30.1Cento messi a cercar che di lei fusse
30.2avea mandato, e cerconne egli stesso.
30.3Al fine a Malagigi si ridusse,
30.4che nei bisogni suoi l'aiutò spesso.
30.5A narrar il suo amor se gli condusse
30.6col viso rosso e col ciglio demesso;
30.7indi lo priega che gli insegni dove
30.8la desiata Angelica si trove.
31.1Gran maraviglia di sì strano caso
31.2va rivolgendo a Malagigi il petto.
31.3Sa che sol per Rinaldo era rimaso
31.4d'averla cento volte e più nel letto:
31.5et egli stesso, acciò che persuaso
31.6fosse di questo, avea assai fatto e detto
31.7con prieghi e con minaccie per piegarlo;
31.8né mai avuto avea poter di farlo:
32.1e tanto più, ch'allor Rinaldo avrebbe
32.2tratto fuor Malagigi di prigione.
32.3Fare or spontaneamente lo vorrebbe,
32.4che nulla giova, e n'ha minor cagione.
32.5Poi priega lui che ricordar si debbe
32.6pur quanto ha offeso in questo oltr'a ragione;
32.7che per negargli già, vi mancò poco
32.8di non farlo morire in scuro loco.
33.1Ma quanto a Malagigi le domande
33.2di Rinaldo importune più pareano,
33.3tanto, che l'amor suo fosse più grande,
33.4indizio manifesto gli faceano.
33.5I prieghi che con lui vani non spande,
33.6fan che subito immerge ne l'oceano
33.7ogni memoria de la ingiuria vecchia,
33.8e che a dargli soccorso s'apparecchia.
34.1Termine tolse alla risposta, e spene
34.2gli diè, che favorevol gli saria,
34.3e che gli saprà dir la via che tiene
34.4Angelica, o sia in Francia o dove sia.
34.5E quindi Malagigi al luogo viene
34.6ove i demoni scongiurar solìa,
34.7ch'era fra monti inaccessibil grotta:
34.8apre il libro, e li spirti chiama in frotta.
35.1Poi ne sceglie un che de' casi d'amore
35.2avea notizia, e da lui saper volle,
35.3come sia che Rinaldo ch'avea il core
35.4dianzi sì duro, or l'abbia tanto molle:
35.5e di quelle due fonti ode il tenore,
35.6di che l'una dà il fuoco, e l'altra il tolle;
35.7e al mal che l'una fa, nulla soccorre,
35.8se non l'altra acqua che contraria corre.
36.1Et ode come avendo già di quella
36.2che l'amor caccia, beuto Rinaldo,
36.3ai lunghi prieghi d'Angelica bella
36.4si dimostrò così ostinato e saldo;
36.5e che poi giunto per sua iniqua stella
36.6a ber ne l'altra l'amoroso caldo,
36.7tornò ad amar, per forza di quelle acque,
36.8lei che pur dianzi oltr'al dover gli spiacque.
37.1Da iniqua stella e fier destin fu giunto
37.2a ber la fiamma in quel ghiacciato rivo;
37.3perché Angelica venne quasi a un punto
37.4a ber ne l'altro di dolcezza privo,
37.5che d'ogni amor le lasciò il cor sì emunto,
37.6ch'indi ebbe lui più che le serpi a schivo:
37.7egli amò lei, e l'amor giunse al segno
37.8in ch'era già di lei l'odio e lo sdegno.
38.1Del caso strano di Rinaldo a pieno
38.2fu Malagigi dal demonio instrutto,
38.3che gli narrò d'Angelica non meno,
38.4ch'a un giovine african si donò in tutto;
38.5e come poi lasciato avea il terreno
38.6tutto d'Europa, e per l'instabil flutto
38.7verso India sciolto avea dai liti ispani
38.8su l'audaci galee de' Catallani.
39.1Poi che venne il cugin per la risposta,
39.2molto gli disuase Malagigi
39.3di più Angelica amar, che s'era posta
39.4d'un vilissimo barbaro ai servigi;
39.5et ora sì da Francia si discosta,
39.6che mal seguir se ne potria i vestigi:
39.7ch'era oggimai più là ch'a mezza strada,
39.8per andar con Medoro in sua contrada.
40.1La partita d'Angelica non molto
40.2sarebbe grave all'animoso amante;
40.3né pur gli avria turbato il sonno, o tolto
40.4il pensier di tornarsene in Levante:
40.5ma sentendo ch'avea del suo amor colto
40.6un Saracino le primizie inante,
40.7tal passione e tal cordoglio sente,
40.8che non fu in vita sua, mai, più dolente.
41.1Non ha poter d'una risposta sola;
41.2triema il cor dentro, e trieman fuor le labbia;
41.3non può la lingua disnodar parola;
41.4la bocca ha amara, e par che tòsco v'abbia.
41.5Da Malagigi subito s'invola;
41.6e come il caccia la gelosa rabbia,
41.7dopo gran pianto e gran ramaricarsi,
41.8verso Levante fa pensier tornarsi.
42.1Chiede licenzia al figlio di Pipino;
42.2e trova scusa che 'l destrier Baiardo,
42.3che ne mena Gradasso saracino
42.4contra il dover di cavallier gagliardo,
42.5lo muove per suo onore a quel camino,
42.6acciò che vieti al Serican bugiardo
42.7di mai vantarsi che con spada o lancia
42.8l'abbia levato a un paladin di Francia.
43.1Lasciollo andar con sua licenzia Carlo,
43.2ben che ne fu con tutta Francia mesto;
43.3ma finalmente non seppe negarlo,
43.4tanto gli parve il desiderio onesto.
43.5Vuol Dudon, vuol Guidone accompagnarlo;
43.6ma lo niega Rinaldo a quello e a questo.
43.7Lascia Parigi, e se ne va via solo,
43.8pien di sospiri e d'amoroso duolo.
44.1Sempre ha in memoria, e mai non se gli tolle,
44.2ch'averla mille volte avea potuto,
44.3e mille volte avea ostinato e folle
44.4di sì rara beltà fatto rifiuto;
44.5e di tanto piacer ch'aver non volle,
44.6sì bello e sì buon tempo era perduto:
44.7et ora eleggerebbe un giorno corto
44.8averne solo, e rimaner poi morto.
45.1Ha sempre in mente, e mai non se ne parte,
45.2come esser puote ch'un povero fante
45.3abbia del cor di lei spinto da parte
45.4merito e amor d'ogni altro primo amante.
45.5Con tal pensier che 'l cor gli straccia e parte,
45.6Rinaldo se ne va verso Levante;
45.7e dritto al Reno e a Basilea si tiene,
45.8fin che d'Ardenna alla gran selva viene.
46.1Poi che fu dentro a molte miglia andato
46.2il paladin pel bosco aventuroso,
46.3da ville e da castella allontanato,
46.4ove aspro era più il luogo e periglioso,
46.5tutto in un tratto vide il ciel turbato,
46.6sparito il sol tra nuvoli nascoso,
46.7et uscir fuor d'una caverna oscura
46.8un strano mostro in feminil figura.
47.1Mill'occhi in capo avea senza palpèbre;
47.2non può serrarli, e non credo che dorma:
47.3non men che gli occhi, avea l'orecchie crebre;
47.4avea in loco de crin serpi a gran torma.
47.5Fuor de le diaboliche tenèbre
47.6nel mondo uscì la spaventevol forma.
47.7Un fiero e maggior serpe ha per la coda,
47.8che pel petto si gira e che l'annoda.
48.1Quel ch'a Rinaldo in mille e mille imprese
48.2più non avvenne mai, quivi gli avviene;
48.3che come vede il mostro ch'all'offese
48.4se gli apparecchia, e ch'a trovar lo viene,
48.5tanta paura, quanta mai non scese
48.6in altri forse, gli entra ne le vene:
48.7ma pur l'usato ardir simula e finge,
48.8e con trepida man la spada stringe.
49.1S'acconcia il mostro in guisa al fiero assalto,
49.2che si può dir che sia mastro di guerra:
49.3vibra il serpente venenoso in alto,
49.4e poi contra Rinaldo si disserra;
49.5di qua di là gli vien sopra a gran salto.
49.6Rinaldo contra lui vaneggia et erra:
49.7colpi a dritto e a riverso tira assai,
49.8ma non ne tira alcun che fera mai.
50.1Il mostro al petto il serpe ora gli appicca,
50.2che sotto l'arme e sin nel cor l'agghiaccia;
50.3ora per la visiera gliele ficca,
50.4e fa ch'erra pel collo e per la faccia.
50.5Rinaldo da l'impresa si dispicca,
50.6e quanto può con sproni il destrier caccia:
50.7ma la Furia infernal già non par zoppa,
50.8che spicca un salto, e gli è subito in groppa.
51.1Vada al traverso, al dritto, ove si voglia,
51.2sempre ha con lui la maledetta peste;
51.3né sa modo trovar, che se ne scioglia,
51.4ben che 'l destrier di calcitrar non reste.
51.5Triema a Rinaldo il cor come una foglia:
51.6non ch'altrimente il serpe lo moleste;
51.7ma tanto orror ne sente e tanto schivo,
51.8che stride e geme, e duolsi ch'egli è vivo.
52.1Nel più tristo sentier, nel peggior calle
52.2scorrendo va, nel più intricato bosco,
52.3ove ha più asprezza il balzo, ove la valle
52.4è più spinosa, ov'è l'aer più fosco,
52.5così sperando tôrsi da le spalle
52.6quel brutto, abominoso, orrido tòsco;
52.7e ne saria mal capitato forse,
52.8se tosto non giungea chi lo soccorse.
53.1Ma lo soccorse a tempo un cavalliero
53.2di bello armato e lucido metallo,
53.3che porta un giogo rotto per cimiero,
53.4di rosse fiamme ha pien lo scudo giallo;
53.5così trapunto il suo vestire altiero,
53.6così la sopravesta del cavallo:
53.7la lancia ha in pugno, e la spada al suo loco,
53.8e la mazza all'arcion, che getta foco.
54.1Piena d'un foco eterno è quella mazza,
54.2che senza consumarsi ognora avampa:
54.3né per buon scudo o tempra di corazza
54.4o per grossezza d'elmo se ne scampa.
54.5Dunque si debbe il cavallier far piazza,
54.6giri ove vuol l'inestinguibil lampa:
54.7né manco bisognava al guerrier nostro,
54.8per levarlo di man del crudel mostro.
55.1E come cavallier d'animo saldo,
55.2ove ha udito il rumor, corre e galoppa,
55.3tanto che vede il mostro che Rinaldo
55.4col brutto serpe in mille nodi agroppa,
55.5e sentir fagli a un tempo freddo e caldo;
55.6che non ha via di torlosi di groppa.
55.7Va il cavalliero, e fere il mostro al fianco
55.8e lo fa trabboccar dal lato manco.
56.1Ma quello è a pena in terra che si rizza,
56.2e il lungo serpe intorno aggira e vibra.
56.3Quest'altro più con l'asta non l'attizza;
56.4ma di farla col fuoco si delibra.
56.5La mazza impugna, e dove il serpe guizza,
56.6spessi come tempesta i colpi libra;
56.7né lascia tempo a quel brutto animale,
56.8che possa farne un solo o bene o male:
57.1e mentre a dietro il caccia o tiene a bada,
57.2e lo percuote, e vendica mille onte,
57.3consiglia il paladin che se ne vada
57.4per quella via che s'alza verso il monte.
57.5Quel s'appiglia al consiglio et alla strada;
57.6e senza dietro mai volger la fronte,
57.7non cessa, che di vista se gli tolle,
57.8ben che molto aspro era a salir quel colle.
58.1Il cavallier, poi ch'alla scura buca
58.2fece tornare il mostro da l'inferno,
58.3ove rode se stesso e si manuca,
58.4e da mille occhi versa il pianto eterno;
58.5per esser di Rinaldo guida e duca
58.6gli salì dietro, e sul giogo superno
58.7gli fu alle spalle, e si mise con lui
58.8per trarlo fuor de' luoghi oscuri e bui.
59.1Come Rinaldo il vide ritornato,
59.2gli disse che gli avea grazia infinita,
59.3e ch'era debitore in ogni lato
59.4di porre a beneficio suo la vita.
59.5Poi lo domanda come sia nomato,
59.6acciò dir sappia chi gli ha dato aita,
59.7e tra guerrieri possa e inanzi a Carlo
59.8de l'alta sua bontà sempre esaltarlo.
60.1Rispose il cavallier: - Non ti rincresca
60.2se 'l nome mio scoprir non ti vogli'ora:
60.3ben tel dirò prima ch'un passo cresca
60.4l'ombra; che ci sarà poca dimora. -
60.5Trovaro, andando insieme, un'acqua fresca
60.6che col suo mormorio facea talora
60.7pastori e viandanti al chiaro rio
60.8venire, e berne l'amoroso oblio.
61.1Signor, queste eran quelle gelide acque,
61.2quelle che spengon l'amoroso caldo;
61.3di cui bevendo, ad Angelica nacque
61.4l'odio ch'ebbe dipoi sempre a Rinaldo.
61.5E s'ella un tempo a lui prima dispiacque,
61.6e se ne l'odio il ritrovò sì saldo,
61.7non derivò, Signor, la causa altronde,
61.8se non d'aver beuto di queste onde.
62.1Il cavallier che con Rinaldo viene,
62.2come si vede inanzi al chiaro rivo,
62.3caldo per la fatica il destrier tiene,
62.4e dice: - Il posar qui non fia nocivo. -
62.5- Non fia (disse Rinaldo) se non bene;
62.6ch'oltre che prema il mezzogiorno estivo,
62.7m'ha così il brutto mostro travagliato,
62.8che 'l riposar mi fia commodo e grato. -
63.1L'un e l'altro smontò del suo cavallo,
63.2e pascer lo lasciò per la foresta;
63.3e nel fiorito verde a rosso e a giallo
63.4ambi si trasson l'elmo de la testa.
63.5Corse Rinaldo al liquido cristallo,
63.6spinto dal caldo e da sete molesta,
63.7e cacciò, a un sorso del freddo liquore,
63.8dal petto ardente e la sete e l'amore.
64.1Quando lo vide l'altro cavalliero
64.2la bocca sollevar de l'acqua molle,
64.3e ritrarne pentito ogni pensiero
64.4di quel desir ch'ebbe d'amor sì folle;
64.5si levò ritto, e con sembiante altiero
64.6gli disse quel che dianzi dir non volle:
64.7- Sappi, Rinaldo, il nome mio è lo Sdegno,
64.8venuto sol per sciorti il giogo indegno. -
65.1Così dicendo, subito gli sparve,
65.2e sparve insieme il suo destrier con lui.
65.3Questo a Rinaldo un gran miracol parve;
65.4s'aggirò intorno, e disse: - Ove è costui? -
65.5Stimar non sa se sian magiche larve,
65.6che Malagigi un de' ministri sui
65.7gli abbia mandato a romper la catena
65.8che lungamente l'ha tenuto in pena:
66.1o pur che Dio da l'alta ierarchia
66.2gli abbia per ineffabil sua bontade
66.3mandato, come già mandò a Tobia,
66.4un angelo a levar di cecitade.
66.5Ma buono o rio demonio, o quel che sia,
66.6che gli ha renduta la sua libertade,
66.7ringrazia e loda; e da lui sol conosce
66.8che sano ha il cor da l'amorose angosce.
67.1Gli fu nel primier odio ritornata
67.2Angelica; e gli parve troppo indegna
67.3d'esser, non che sì lungi seguitata,
67.4ma che per lei pur mezza lega vegna.
67.5Per Baiardo riaver tutta fiata
67.6verso India in Sericana andar disegna,
67.7sì perché l'onor suo lo stringe a farlo,
67.8sì per averne già parlato a Carlo.
68.1Giunse il giorno seguente a Basilea,
68.2ove la nuova era venuta inante,
68.3che 'l conte Orlando aver pugna dovea
68.4contra Gradasso e contra il re Agramante.
68.5Né questo per aviso si sapea,
68.6ch'avesse dato il cavallier d'Anglante;
68.7ma di Sicilia in fretta venut'era
68.8chi la novella v'apportò per vera.
69.1Rinaldo vuol trovarsi con Orlando
69.2alla battaglia, e se ne vede lunge.
69.3Di dieci in dieci miglia va mutando
69.4cavalli e guide, e corre e sferza e punge.
69.5Passa il Reno a Costanza, e in su volando,
69.6traversa l'Alpe, et in Italia giunge.
69.7Verona a dietro, a dietro Mantua lassa;
69.8sul Po si trova, e con gran fretta il passa.
70.1Già s'inchinava il sol molto alla sera,
70.2e già apparia nel ciel la prima stella,
70.3quando Rinaldo in ripa alla riviera
70.4stando in pensier s'avea da mutar sella,
70.5o tanto soggiornar, che l'aria nera
70.6fuggisse inanzi all'altra aurora bella,
70.7venir si vede un cavalliero inanti
70.8cortese ne l'aspetto e nei sembianti.
71.1Costui, dopo il saluto, con bel modo
71.2gli domandò s'aggiunto a moglie fosse.
71.3Disse Rinaldo: - Io son nel giugal nodo; -
71.4ma di tal domandar maravigliosse.
71.5Soggiunse quel: - Che sia così, ne godo. -
71.6Poi, per chiarir perché tal detto mosse,
71.7disse: - Io ti priego che tu sia contento
71.8ch'io ti dia questa sera alloggiamento;
72.1che ti farò veder cosa che debbe
72.2ben volentier veder chi ha moglie a lato. -
72.3Rinaldo, sì perché posar vorrebbe,
72.4ormai di correr tanto affaticato;
72.5sì perché di vedere e d'udire ebbe
72.6sempre aventure un desiderio innato;
72.7accettò l'offerir del cavalliero,
72.8e dietro gli pigliò nuovo sentiero.
73.1Un tratto d'arco fuor di strada usciro,
73.2e inanzi un gran palazzo si trovaro,
73.3onde scudieri in gran frotta veniro
73.4con torchi accesi, e fêro intorno chiaro.
73.5Entrò Rinaldo, e voltò gli occhi in giro,
73.6e vide loco il qual si vede raro,
73.7di gran fabrica e bella e bene intesa;
73.8né a privato uom convenia tanta spesa.
74.1Di serpentin, di porfido le dure
74.2pietre fan de la porta il ricco vòlto.
74.3Quel che chiude è di bronzo, con figure
74.4che sembrano spirar, muovere il volto.
74.5Sotto un arco poi s'entra, ove misture
74.6di bel musaico ingannan l'occhio molto.
74.7Quindi si va in un quadro ch'ogni faccia
74.8de le sue loggie ha lunga cento braccia.
75.1La sua porta ha per sé ciascuna loggia,
75.2e tra la porta e sé ciascuna ha un arco:
75.3d'ampiezza pari son, ma varia foggia
75.4fe' d'ornamenti il mastro lor non parco.
75.5Da ciascuno arco s'entra, ove si poggia
75.6sì facil, ch'un somier vi può gir carco.
75.7Un altro arco di su trova ogni scala;
75.8e s'entra per ogni arco in una sala.
76.1Gli archi di sopra escono fuor del segno
76.2tanto, che fan coperchio alle gran porte;
76.3e ciascun due colonne ha per sostegno,
76.4altre di bronzo, altre di pietra forte.
76.5Lungo sarà, se tutti vi disegno
76.6gli ornati alloggiamenti de la corte;
76.7e oltr'a quel ch'appar, quanti agi sotto
76.8la cava terra il mastro avea ridotto.
77.1L'alte colonne e i capitelli d'oro,
77.2da che i gemmati palchi eran suffulti,
77.3i peregrini marmi che vi fôro
77.4da dotta mano in varie forme sculti,
77.5pitture e getti, e tant'altro lavoro
77.6(ben che la notte agli occhi il più ne occulti),
77.7mostran che non bastaro a tanta mole
77.8di duo re insieme le ricchezze sole.
78.1Sopra gli altri ornamenti ricchi e belli,
78.2ch'erano assai ne la gioconda stanza,
78.3v'era una fonte che per più ruscelli
78.4spargea freschissime acque in abondanza.
78.5Poste le mense avean quivi i donzelli;
78.6ch'era nel mezzo per ugual distanza:
78.7vedeva, e parimente veduta era
78.8da quattro porte de la casa altiera.
79.1Fatta da mastro diligente e dotto
79.2la fonte era con molta e suttil opra,
79.3di loggia a guisa, o padiglion ch'in otto
79.4faccie distinto, intorno adombri e cuopra.
79.5Un ciel d'oro, che tutto era di sotto
79.6colorito di smalto, le sta sopra;
79.7et otto statue son di marmo bianco,
79.8che sostengon quel ciel col braccio manco.
80.1Ne la man destra il corno d'Amaltea
80.2sculto avea lor l'ingenioso mastro,
80.3onde con grato murmure cadea
80.4l'acqua di fuore in vaso d'alabastro;
80.5et a sembianza di gran donna avea
80.6ridutto con grande arte ogni pilastro.
80.7Son d'abito e di faccia differente,
80.8ma grazia hanno e beltà tutte ugualmente.
81.1Fermava il piè ciascun di questi segni
81.2sopra due belle imagini più basse,
81.3che con la bocca aperta facean segni
81.4che 'l canto e l'armonia lor dilettasse;
81.5e quell'atto in che son, par che disegni
81.6che l'opra e studio lor tutto lodasse
81.7le belle donne che sugli omeri hanno,
81.8se fosser quei di cu' in sembianza stanno.
82.1I simulacri inferiori in mano
82.2avean lunghe et amplissime scritture,
82.3ove facean con molta laude piano
82.4i nomi de le più degne figure;
82.5e mostravano ancor poco lontano
82.6i propri loro in note non oscure.
82.7Mirò Rinaldo a lume di doppieri
82.8le donne ad una ad una e i cavallieri.
83.1La prima inscrizion ch'agli occhi occorre,
83.2con lungo onor Lucrezia Borgia noma,
83.3la cui bellezza et onestà preporre
83.4debbe all'antiqua la sua patria Roma.
83.5I duo che voluto han sopra sé tôrre
83.6tanto eccellente et onorata soma,
83.7noma lo scritto: Antonio Tebaldeo,
83.8Ercole Strozza; un Lino et uno Orfeo.
84.1Non men gioconda statua né men bella
84.2si vede appresso, e la scrittura dice:
84.3- Ecco la figlia d'Ercole, Issabella,
84.4per cui Ferrara si terrà felice
84.5via più, perché in lei nata sarà quella,
84.6che d'altro ben che prospera e fautrice
84.7e benigna Fortuna dar le deve,
84.8volgendo gli anni nel suo corso lieve. -
85.1I duo che mostran disiosi affetti
85.2che la gloria di lei sempre risuone,
85.3Gian Iacobi ugualmente erano detti,
85.4l'uno Calandra, e l'altro Bardelone.
85.5Nel terzo e quarto loco ove per stretti
85.6rivi l'acqua esce fuor del padiglione,
85.7due donne son, che patria, stirpe, onore
85.8hanno di par, di par beltà e valore.
86.1Elissabetta l'una, e Leonora
86.2nominata era l'altra: e fia, per quanto
86.3narrava il marmo sculto, d'esse ancora
86.4sì gloriosa la terra di Manto,
86.5che di Vergilio, che tanto l'onora,
86.6più che di queste, non si darà vanto.
86.7Avea la prima a piè del sacro lembo
86.8Iacobo Sadoletto e Pietro Bembo.
87.1Uno elegante Castiglione, e un culto
87.2Muzio Arelio de l'altra eran sostegni.
87.3Di questi nomi era il bel marmo sculto,
87.4ignoti allora, or sì famosi e degni.
87.5Veggon poi quella a cui dal cielo indulto
87.6tanta virtù sarà, quanta ne regni,
87.7o mai regnata in alcun tempo sia,
87.8versata da Fortuna or buona or ria.
88.1Lo scritto d'oro esser costei dichiara
88.2Lucrezia Bentivoglia; e fra le lode
88.3pone di lei, che 'l duca di Ferrara
88.4d'esserle padre si rallegra e gode.
88.5Di costei canta con soave e chiara
88.6voce un Camil che 'l Reno e Felsina ode
88.7con tanta attenzion, tanto stupore,
88.8con quanta Anfriso udì già il suo pastore;
89.1et un per cui la terra, ove l'Isauro
89.2le sue dolci acque insala in maggior vase,
89.3nominata sarà da l'Indo al Mauro,
89.4e da l'austrine all'iperboree case,
89.5via più che per pesare il romano auro,
89.6di che perpetuo nome le rimase:
89.7Guido Postumo, a cui doppia corona
89.8Pallade quinci, e quindi Febo dona.
90.1L'altra che segue in ordine, è Diana.
90.2- Non guardar (dice il marmo scritto) ch'ella
90.3sia altiera in vista; che nel core umana
90.4non sarà però men ch'in viso bella. -
90.5Il dotto Celio Calcagnin lontana
90.6farà la gloria e 'l bel nome di quella
90.7nel regno di Monese, in quel di Iuba,
90.8in India e Spagna udir con chiara tuba;
91.1et un Marco Cavallo, che tal fonte
91.2farà di poesia nascer d'Ancona,
91.3qual fe' il cavallo alato uscir del monte,
91.4non so se di Parnasso o d'Elicona.
91.5Beatrice appresso a questo alza la fronte,
91.6di cui lo scritto suo così ragiona:
91.7- Beatrice bea, vivendo, il suo consorte,
91.8e lo lascia infelice alla sua morte;
92.1anzi tutta l'Italia, che con lei
92.2fia triunfante, e senza lei, captiva. -
92.3Un signor di Coreggio di costei
92.4con alto stil par che cantando scriva,
92.5e Timoteo, l'onor de' Bendedei:
92.6ambi faran tra l'una e l'altra riva
92.7fermare al suon de' lor soavi plettri
92.8il fiume ove sudâr gli antiqui elettri.
93.1Tra questo loco e quel de la colonna
93.2che fu sculpita in Borgia, com'è detto,
93.3formata in alabastro una gran donna
93.4era di tanto e sì sublime aspetto,
93.5che sotto puro velo, in nera gonna,
93.6senza oro e gemme, in un vestire schietto,
93.7tra le più adorne non parea men bella,
93.8che sia tra l'altre la ciprigna stella.
94.1Non si potea, ben contemplando fiso,
94.2conoscer se più grazia o più beltade,
94.3o maggior maestà fosse nel viso,
94.4o più indizio d'ingegno o d'onestade.
94.5- Chi vorrà di costei (dicea l'inciso
94.6marmo) parlar, quanto parlar n'accade,
94.7ben torrà impresa più d'ogn'altra degna;
94.8ma non però ch'a fin mai se ne vegna. -
95.1Dolce quantunque e pien di grazia tanto
95.2fosse il suo bello e ben formato segno,
95.3parea sdegnarsi che con umil canto
95.4ardisse lei lodar sì rozzo ingegno,
95.5com'era quel che sol, senz'altri a canto
95.6(non so perché), le fu fatto sostegno.
95.7Di tutto 'l resto erano i nomi sculti;
95.8sol questi duo l'artefice avea occulti.
96.1Fanno le statue in mezzo un luogo tondo,
96.2che 'l pavimento asciutto ha di corallo,
96.3di freddo soavissimo giocondo,
96.4che rendea il puro e liquido cristallo,
96.5che di fuor cade in un canal fecondo,
96.6che 'l prato verde, azzurro, bianco e giallo
96.7rigando, scorre per vari ruscelli,
96.8grato alle morbide erbe e agli arbuscelli.
97.1Col cortese oste ragionando stava
97.2il paladino a mensa; e spesso spesso,
97.3senza più differir, gli ricordava
97.4che gli attenesse quanto avea promesso:
97.5e ad or ad or mirandolo, osservava
97.6ch'avea di grande affanno il core oppresso;
97.7che non può star momento che non abbia
97.8un cocente sospiro in su le labbia.
98.1Spesso la voce dal disio cacciata
98.2viene a Rinaldo sin presso alla bocca
98.3per domandarlo; e quivi, raffrenata
98.4da cortese modestia, fuor non scocca.
98.5Ora essendo la cena terminata,
98.6ecco un donzello a chi l'ufficio tocca,
98.7pon su la mensa un bel nappo d'or fino,
98.8di fuor di gemme, e dentro pien di vino.
99.1Il signor de la casa allora alquanto
99.2sorridendo, a Rinaldo levò il viso;
99.3ma chi ben lo notava, più di pianto
99.4parea ch'avesse voglia che di riso.
99.5Disse: - Ora a quel che mi ricordi tanto,
99.6che tempo sia di sodisfar m'è aviso;
99.7mostrarti un paragon ch'esser de' grato
99.8di vedere a ciascun c'ha moglie allato.
100.1Ciascun marito, a mio giudizio, deve
100.2sempre spiar se la sua donna l'ama;
100.3saper s'onore o biasmo ne riceve,
100.4se per lei bestia, o se pur uom si chiama.
100.5L'incarco de le corna è lo più lieve
100.6ch'al mondo sia, se ben l'uom tanto infama:
100.7lo vede quasi tutta l'altra gente;
100.8e chi l'ha in capo, mai non se lo sente.
101.1Se tu sai che fedel la moglie sia,
101.2hai di più amarla e d'onorar ragione,
101.3che non ha quel che la conosce ria,
101.4o quel che ne sta in dubbio e in passione.
101.5Di molte n'hanno a torto gelosia
101.6i lor mariti, che son caste e buone:
101.7molti di molte anco sicuri stanno,
101.8che con le corna in capo se ne vanno.
102.1Se vuoi saper se la tua sia pudica
102.2(come io credo che credi, e creder déi;
102.3ch'altrimente far credere è fatica,
102.4se chiaro già per prova non ne sei),
102.5tu per te stesso, senza ch'altri il dica,
102.6te n'avvedrai, s'in questo vaso béi;
102.7che per altra cagion non è qui messo,
102.8che per mostrarti quanto io t'ho promesso.
103.1Se béi con questo, vedrai grande effetto;
103.2che se porti il cimier di Cornovaglia,
103.3il vin ti spargerai tutto sul petto,
103.4né gocciola sarà ch'in bocca saglia:
103.5ma s'hai moglie fedel, tu berai netto.
103.6Or di veder tua sorte ti travaglia. -
103.7Così dicendo, per mirar tien gli occhi,
103.8ch'in seno il vin Rinaldo si trabbocchi.
104.1Quasi Rinaldo di cercar suaso
104.2quel che poi ritrovar non vorria forse,
104.3messa la mano inanzi, e preso il vaso,
104.4fu presso di volere in prova pôrse:
104.5poi, quanto fosse periglioso il caso
104.6a porvi i labri, col pensier discorse.
104.7Ma lasciate, Signor, ch'io mi ripose;
104.8poi dirò quel che 'l paladin rispose.
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