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1.1Se, come in acquistar qualch'altro dono
1.2che senza industria non può dar Natura,
1.3affaticate notte e dì si sono
1.4con somma diligenzia e lunga cura
1.5le valorose donne, e se con buono
1.6successo n'è uscit'opra non oscura;
1.7così si fosson poste a quelli studi
1.8ch'immortal fanno le mortal virtudi;
2.1e che per se medesime potuto
2.2avesson dar memoria alle sue lode,
2.3non mendicar dagli scrittori aiuto,
2.4ai quali astio et invidia il cor sì rode,
2.5che 'l ben che ne puon dir, spesso è taciuto,
2.6e 'l mal, quanto ne san, per tutto s'ode;
2.7tanto il lor nome sorgeria, che forse
2.8viril fama a tal grado unqua non sorse.
3.1Non basta a molti di prestarsi l'opra
3.2in far l'un l'altro glorioso al mondo,
3.3ch'anco studian di far che si discuopra
3.4ciò che le donne hanno fra lor d'immondo.
3.5Non le vorrian lasciar venir di sopra,
3.6e quanto puon, fan per cacciarle al fondo:
3.7dico gli antiqui; quasi l'onor debbia
3.8d'esse il lor oscurar, come il sol nebbia.
4.1Ma non ebbe e non ha mano né lingua,
4.2formando in voce o discrivendo in carte
4.3(quantunque il mal, quanto può, accresce e impingua,
4.4e minuendo il ben va con ogni arte),
4.5poter però, che de le donne estingua
4.6la gloria sì, che non ne resti parte;
4.7ma non già tal, che presso al segno giunga,
4.8né ch'anco se gli accosti di gran lunga:
5.1ch'Arpalice non fu, non fu Tomiri,
5.2non fu chi Turno, non chi Ettor soccorse;
5.3non chi seguita da Sidonii e Tiri
5.4andò per lungo mare in Libia a porse;
5.5non Zenobia, non quella che gli Assiri,
5.6i Persi e gl'Indi con vittoria scórse:
5.7non fur queste e poch'altre degne sole,
5.8di cui per arme eterna fama vole.
6.1E di fedeli e caste e saggie e forti
6.2stato ne son, non pur in Grecia e in Roma,
6.3ma in ogni parte ove fra gl'Indi e gli Orti
6.4de le Esperide il Sol spiega la chioma:
6.5de le quai sono i pregi agli onor morti,
6.6sì ch'a pena di mille una si noma;
6.7e questo, perché avuto hanno ai lor tempi
6.8gli scrittori bugiardi, invidi et empi.
7.1Non restate però, donne, a cui giova
7.2il bene oprar, di seguir vostra via;
7.3né da vostra alta impresa vi rimuova
7.4tema che degno onor non vi si dia:
7.5che, come cosa buona non si trova
7.6che duri sempre, così ancor né ria.
7.7Se le carte sin qui state e gl'inchiostri
7.8per voi non sono, or sono a' tempi nostri.
8.1Dianzi Marullo et il Pontan per vui
8.2sono, e duo Strozzi, il padre e 'l figlio, stati:
8.3c'è il Bembo, c'è il Capel, c'è chi, qual lui
8.4vediamo, ha tali i cortigian formati:
8.5c'è un Luigi Alaman: ce ne son dui,
8.6di par da Marte e da le Muse amati,
8.7ambi del sangue che regge la terra
8.8che 'l Menzo fende e d'alti stagni serra.
9.1Di questi l'uno, oltre che 'l proprio instinto
9.2ad onorarvi e a riverirvi inchina,
9.3e far Parnasso risonare e Cinto
9.4di vostra laude, e porla al ciel vicina;
9.5l'amor, la fede, il saldo e non mai vinto
9.6per minacciar di strazii e di ruina,
9.7animo ch'Issabella gli ha dimostro,
9.8lo fa, assai più che di se stesso, vostro:
10.1sì che non è per mai trovarsi stanco
10.2di farvi onor nei suoi vivaci carmi:
10.3e s'altri vi dà biasmo, non è ch'anco
10.4sia più pronto di lui per pigliar l'armi:
10.5e non ha il mondo cavallier che manco
10.6la vita sua per la virtù rispiarmi.
10.7Dà insieme egli materia ond'altri scriva,
10.8e fa la gloria altrui, scrivendo, viva.
11.1Et è ben degno che sì ricca donna,
11.2ricca di tutto quel valor che possa
11.3esser fra quante al mondo portin gonna,
11.4mai non si sia di sua constanzia mossa;
11.5e sia stata per lui vera colonna,
11.6sprezzando di Fortuna ogni percossa:
11.7di lei degno egli, e degna ella di lui;
11.8né meglio s'accoppiaro unque altri dui.
12.1Nuovi trofei pon su la riva d'Oglio;
12.2ch'in mezzo a ferri, a fuochi, a navi, a ruote
12.3ha sparso alcun tanto ben scritto foglio,
12.4che 'l vicin fiume invidia aver gli puote.
12.5Appresso a questo un Ercol Bentivoglio
12.6fa chiaro il vostro onor con chiare note,
12.7e Renato Trivulcio, e 'l mio Guidetto,
12.8e 'l Molza, a dir di voi da Febo eletto.
13.1C'è 'l duca de' Carnuti Ercol, figliuolo
13.2del duca mio, che spiega l'ali come
13.3canoro cigno, e va cantando a volo,
13.4e fin al cielo udir fa il vostro nome.
13.5C'è il mio signor del Vasto, a cui non solo
13.6di dare a mille Atene e a mille Rome
13.7di sé materia basta, ch'anco accenna
13.8volervi eterne far con la sua penna.
14.1Et oltre a questi et altri ch'oggi avete,
14.2che v'hanno dato gloria e ve la dànno,
14.3voi per voi stesse dar ve la potete;
14.4poi che molte, lasciando l'ago e 'l panno,
14.5son con le Muse a spegnersi la sete
14.6al fonte d'Aganippe andate, e vanno;
14.7e ne ritornan tai che l'opra vostra
14.8è più bisogno a noi, ch'a voi la nostra.
15.1Se chi sian queste, e di ciascun voglio
15.2render buon conto, e degno pregio darle,
15.3bisognerà ch'io verghi più d'un foglio,
15.4e ch'oggi il canto mio d'altro non parle:
15.5e s'a lodarne cinque o sei ne toglio,
15.6io potrei l'altre offendere e sdegnarle.
15.7Che farò dunque? Ho da tacer d'ognuna,
15.8o pur fra tante sceglierne sol una?
16.1Sceglieronne una; e sceglierolla tale,
16.2che superato avrà l'invidia in modo,
16.3che nessun'altra potrà avere a male,
16.4se l'altre taccio, e se lei sola lodo.
16.5Quest'una ha non pur sé fatta immortale
16.6col dolce stil di che il meglior non odo;
16.7ma può qualunque di cui parli o scriva,
16.8trar del sepolcro, e far ch'eterno viva.
17.1Come Febo la candida sorella
17.2fa più di luce adorna, e più la mira
17.3che Venere o che Maia o ch'altra stella
17.4che va col cielo o che da sé si gira:
17.5così facundia, più ch'all'altre, a quella
17.6di ch'io vi parlo, e più dolcezza spira;
17.7e dà tal forza all'alte sue parole,
17.8ch'orna a' dì nostri il ciel d'un altro sole.
18.1Vittoria è 'l nome; e ben conviensi a nata
18.2fra le vittorie, et a chi, o vada o stanzi,
18.3di trofei sempre e di trionfi ornata,
18.4la vittoria abbia seco, o dietro o inanzi.
18.5Questa è un'altra Artemisia, che lodata
18.6fu di pietà verso il suo Mausolo; anzi
18.7tanto maggior, quanto è più assai bell'opra,
18.8che por sotterra un uom, trarlo di sopra.
19.1Se Laodamìa, se la moglier di Bruto,
19.2s'Arria, s'Argia, s'Evadne, e s'altre molte
19.3meritâr laude per aver voluto,
19.4morti i mariti, esser con lor sepolte;
19.5quanto onore a Vittoria è più dovuto,
19.6che di Lete e del rio che nove volte
19.7l'ombre circonda, ha tratto il suo consorte,
19.8mal grado de le Parche e de la Morte!
20.1S'al fiero Achille invidia de la chiara
20.2meonia tromba il Macedonico ebbe,
20.3quanto, invitto Francesco di Pescara,
20.4maggiore a te, se vivesse or, l'avrebbe!
20.5che sì casta mogliere e a te sì cara
20.6canti l'eterno onor che ti si debbe,
20.7e che per lei sì 'l nome tuo rimbombe,
20.8che da bramar non hai più chiare trombe.
21.1Se quanto dir se ne potrebbe, o quanto
21.2io n'ho desir, volessi porre in carte,
21.3ne direi lungamente; ma non tanto,
21.4ch'a dir non ne restasse anco gran parte:
21.5e di Marfisa e dei compagni intanto
21.6la bella istoria rimarria da parte,
21.7la quale io vi promisi di seguire,
21.8s'in questo canto mi verreste a udire.
22.1Ora essendo voi qui per ascoltarmi,
22.2et io per non mancar de la promessa,
22.3serberò a maggior ozio di provarmi
22.4ch'ogni laude di lei sia da me espressa;
22.5non perch'io creda bisognar miei carmi
22.6a chi se ne fa copia da se stessa;
22.7ma sol per satisfare a questo mio,
22.8c'ho d'onorarla e di lodar, disio.
23.1Donne, io conchiudo in somma, ch'ogni etate
23.2molte ha di voi degne d'istoria avute;
23.3ma per invidia di scrittori state
23.4non sète dopo morte conosciute:
23.5il che più non sarà, poi che voi fate
23.6per voi stesse immortal vostra virtute.
23.7Se far le due cognate sapean questo,
23.8si sapria meglio ogni lor degno gesto.
24.1Di Bradamante e di Marfisa dico,
24.2le cui vittoriose inclite prove
24.3di ritornare in luce m'affatico;
24.4ma de le diece mancanmi le nove.
24.5Queste ch'io so, ben volentieri esplìco;
24.6sì perché ogni bell'opra si de', dove
24.7occulta sia, scoprir, sì perché bramo
24.8a voi, donne, aggradir, ch'onoro et amo.
25.1Stava Ruggier, com'io vi dissi, in atto
25.2di partirsi, et avea commiato preso,
25.3e dall'arbore il brando già ritratto,
25.4che, come dianzi, non gli fu conteso;
25.5quando un gran pianto, che non lungo tratto
25.6era lontan, lo fe' restar sospeso;
25.7e con le donne a quella via si mosse,
25.8per aiutar, dove bisogno fosse.
26.1Spingonsi inanzi, e via più chiaro il suon ne
26.2viene, e via più son le parole intese.
26.3Giunti ne la vallea, trovan tre donne
26.4che fan quel duolo, assai strane in arnese;
26.5che fin all'ombilico ha lor le gonne
26.6scorciate non so chi poco cortese:
26.7e per non saper meglio elle celarsi,
26.8sedeano in terra, e non ardian levarsi.
27.1Come quel figlio di Vulcan, che venne
27.2fuor de la polve senza madre in vita,
27.3e Pallade nutrir fe' con solenne
27.4cura d'Aglauro, al veder troppo ardita,
27.5sedendo, ascosi i brutti piedi tenne
27.6su la quadriga da lui prima ordita;
27.7così quelle tre giovani le cose
27.8secrete lor tenean, sedendo, ascose.
28.1Lo spettacolo enorme e disonesto
28.2l'una e l'altra magnanima guerriera
28.3fe' del color che nei giardin di Pesto
28.4esser la rosa suol da primavera.
28.5Riguardò Bradamante, e manifesto
28.6tosto le fu ch'Ullania una d'esse era,
28.7Ullania che da l'Isola Perduta
28.8in Francia messaggiera era venuta:
29.1e riconobbe non men l'altre due;
29.2che dove vide lei, vide esse ancora.
29.3Ma se n'andaron le parole sue
29.4a quella de le tre ch'ella più onora;
29.5e le domanda chi sì iniquo fue,
29.6e sì di legge e di costumi fuora,
29.7che quei segreti agli occhi altrui riveli,
29.8che, quanto può, par che Natura celi.
30.1Ullania che conosce Bradamante,
30.2non meno ch'alle insegne, alla favella,
30.3esser colei che pochi giorni inante
30.4avea gittati i tre guerrier di sella,
30.5narra che ad un castel poco distante
30.6una ria gente e di pietà ribella,
30.7oltre all'ingiuria di scorciarle i panni,
30.8l'avea battuta e fatto l'altri danni.
31.1Né le sa dir che de lo scudo sia,
31.2né dei tre re che per tanti paesi
31.3fatto le avean sì lunga compagnia:
31.4non sa se morti, o sian restati presi;
31.5e dice c'ha pigliata questa via,
31.6ancor ch'andare a piè molto le pesi,
31.7per richiamarsi de l'oltraggio a Carlo,
31.8sperando che non sia per tolerarlo.
32.1Alle guerriere et a Ruggier, che meno
32.2non han pietosi i cor, ch'audaci e forti,
32.3de' bei visi turbò l'aer sereno
32.4l'udire, e più il veder sì gravi torti:
32.5et obliando ogn'altro affar che avieno,
32.6e senza che li prieghi o che gli esorti
32.7la donna afflitta a far la sua vendetta,
32.8piglian la via verso quel luogo in fretta.
33.1Di commune parer le sopraveste,
33.2mosse da gran bontà, s'aveano tratte,
33.3ch'a ricoprir le parti meno oneste
33.4di quelle sventurate assai furo atte.
33.5Bradamante non vuol ch'Ullania peste
33.6le strade a piè, ch'avea a piede anco fatte,
33.7e se la leva in groppa del destriero;
33.8l'altra Marfisa, l'altra il buon Ruggiero.
34.1Ullania a Bradamante che la porta
34.2mostra la via che va al castel più dritta:
34.3Bradamante all'incontro lei conforta
34.4che la vendicherà di chi l'ha afflitta.
34.5Lascian la valle, e per via lunga e torta
34.6sagliono un colle or a man manca or ritta;
34.7e prima il sol fu dentro il mare ascoso,
34.8che volesser tra via prender riposo.
35.1Trovaro una villetta che la schena
35.2d'un erto colle, aspro a salir, tenea;
35.3ove ebbon buono albergo e buona cena,
35.4quale avere in quel loco si potea.
35.5Si mirano d'intorno, e quivi piena
35.6ogni parte di donne si vedea,
35.7quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo
35.8faccia non v'apparia d'un uomo solo.
36.1Non più a Iason di maraviglia denno,
36.2né agli Argonauti che venian con lui,
36.3le donne che i mariti morir fenno
36.4e i figli e i padri coi fratelli sui,
36.5sì che per tutta l'isola di Lenno
36.6di viril faccia non si vider dui;
36.7che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era
36.8maraviglia ebbe all'alloggiar la sera.
37.1Fêro ad Ullania et alle damigelle
37.2che venivan con lei, le due guerriere
37.3la sera proveder di tre gonnelle,
37.4se non così polite, almeno intere.
37.5A sé chiama Ruggiero una di quelle
37.6donne ch'abitan quivi, e vuol sapere
37.7ove gli uomini sian, ch'un non ne vede;
37.8et ella a lui questa risposta diede:
38.1- Questa che forse è maraviglia a voi,
38.2che tante donne senza uomini siamo,
38.3è grave e intolerabil pena a noi,
38.4che qui bandite misere viviamo.
38.5E perché il duro esilio più ci annoi,
38.6padri, figli e mariti, che sì amiamo,
38.7aspro e lungo divorzio da noi fanno,
38.8come piace al crudel nostro tiranno.
39.1Da le sue terre, le quai son vicine
39.2a noi due leghe, e dove noi siàn nate,
39.3qui ci ha mandato il barbaro in confine,
39.4prima di mille scorni ingiuriate;
39.5et ha gli uomini nostri e noi meschine
39.6di morte e d'ogni strazio minacciate,
39.7se quelli a noi verranno, o gli fia detto
39.8che noi diàn lor, venendoci, ricetto.
40.1Nimico è sì costui del nostro nome,
40.2che non ci vuol, più ch'io vi dico, appresso,
40.3né ch'a noi venga alcun de' nostri, come
40.4l'odor l'ammorbi del femineo sesso.
40.5Già due volte l'onor de le lor chiome
40.6s'hanno spogliato gli alberi e rimesso,
40.7da indi in qua che 'l rio signor vaneggia
40.8in furor tanto: e non è chi 'l correggia;
41.1che 'l populo ha di lui quella paura
41.2che maggior aver può l'uom de la morte;
41.3ch'aggiunto al mal voler gli ha la natura
41.4una possanza fuor d'umana sorte.
41.5Il corpo suo di gigantea statura,
41.6è più che di cent'altri insieme forte.
41.7Né pur a noi sue suddite è molesto,
41.8ma fa alle strane ancor peggio di questo.
42.1Se l'onor vostro, e queste tre vi sono
42.2punto care, ch'avete in compagnia,
42.3più vi sarà sicuro, utile e buono
42.4non gir più inanzi, e trovar altra via.
42.5Questa al castel de l'uom di ch'io ragiono,
42.6a provar mena la costuma ria
42.7che v'ha posta il crudel con scorno e danno
42.8di donne e di guerrier che di là vanno.
43.1Marganor il fellon (così si chiama
43.2il signore, il tiran di quel castello),
43.3del qual Nerone, o s'altri è ch'abbia fama
43.4di crudeltà, non fu più iniquo e fello,
43.5il sangue uman, ma 'l feminil più brama,
43.6che 'l lupo non lo brama de l'agnello.
43.7Fa con onta scacciar le donne tutte
43.8da lor ria sorte a quel castel condutte. -
44.1Perché quell'empio in tal furor venisse,
44.2vòlson le donne intendere e Ruggiero:
44.3pregâr colei, ch'in cortesia seguisse,
44.4anzi che cominciasse il conto intero.
44.5- Fu il signor del castel (la donna disse)
44.6sempre crudel, sempre inumano e fiero;
44.7ma tenne un tempo il cor maligno ascosto,
44.8né si lasciò conoscer così tosto:
45.1che mentre duo suoi figli erano vivi,
45.2molto diversi dai paterni stili
45.3(ch'amavan forestieri, et eran schivi
45.4di crudeltade e degli altri atti vili),
45.5quivi le cortesie fiorivan, quivi
45.6i bei costumi e l'opere gentili;
45.7che 'l padre mai, quantunque avaro fosse,
45.8da quel che lor piacea non li rimosse.
46.1Le donne e i cavallier che questa via
46.2facean talor, venian sì ben raccolti,
46.3che si partian de l'alta cortesia
46.4dei duo germani inamorati molti.
46.5Amendui questi di cavalleria
46.6parimente i santi ordini avean tolti:
46.7Cilandro l'un, l'altro Tanacro detto,
46.8gagliardi, arditi e di reale aspetto.
47.1Et eran veramente, e sarian stati
47.2sempre di laude degni e d'ogni onore,
47.3s'in preda non si fossino sì dati
47.4a quel desir che nominiamo amore;
47.5per cui dal buon sentier fur traviati
47.6al labirinto et al camin d'errore;
47.7e ciò che mai di buono aveano fatto,
47.8restò contaminato e brutto a un tratto.
48.1Capitò quivi un cavallier di corte
48.2del greco imperator, che seco avea
48.3una sua donna di maniere accorte,
48.4bella quanto bramar più si potea.
48.5Cilandro in lei s'inamorò sì forte,
48.6che morir, non l'avendo, gli parea:
48.7gli parea che dovesse, alla partita
48.8di lei, partire insieme la sua vita.
49.1E perché i prieghi non v'avriano loco,
49.2di volerla per forza si dispose.
49.3Armossi, e dal castel lontano un poco,
49.4ove passar dovean, cheto s'ascose.
49.5L'usata audacia e l'amoroso fuoco
49.6non gli lasciò pensar troppo le cose:
49.7sì che vedendo il cavallier venire,
49.8l'andò lancia per lancia ad assalire.
50.1Al primo incontro credea porlo in terra,
50.2portar la donna e la vittoria indietro;
50.3ma 'l cavallier, che mastro era di guerra,
50.4l'osbergo gli spezzò come di vetro.
50.5Venne la nuova al padre ne la terra,
50.6che lo fe' riportar sopra un ferètro;
50.7e ritrovandol morto, con gran pianto
50.8gli diè sepulcro agli antiqui avi a canto.
51.1Né più però né manco si contese
51.2l'albergo e l'accoglienza a questo e a quello,
51.3perché non men Tanacro era cortese,
51.4né meno era gentil di suo fratello.
51.5L'anno medesmo di lontan paese
51.6con la moglie un baron venne al castello,
51.7a maraviglia egli gagliardo, et ella,
51.8quanto si possa dir, leggiadra e bella;
52.1né men che bella, onesta e valorosa,
52.2e degna veramente d'ogni loda:
52.3il cavallier, di stirpe generosa,
52.4di tanto ardir, quanto più d'altri s'oda.
52.5E ben conviensi a tal valor, che cosa
52.6di tanto prezzo e sì eccellente goda.
52.7Olindro il cavallier da Lungavilla,
52.8la donna nominata era Drusilla.
53.1Non men di questa il giovene Tanacro
53.2arse, che 'l suo fratel di quella ardesse,
53.3che gli fe' gustar fine acerbo et acro
53.4del desiderio ingiusto ch'in lei messe.
53.5Non men di lui di violar del sacro
53.6e santo ospizio ogni ragione ellesse,
53.7più tosto che patir che 'l duro e forte
53.8nuovo desir lo conducesse a morte.
54.1Ma perch'avea dinanzi agli occhi il tema
54.2del suo fratel che n'era stato morto,
54.3pensa di torla in guisa, che non tema
54.4ch'Olindro s'abbia a vendicar del torto.
54.5Tosto s'estingue in lui, non pur si scema
54.6quella virtù su che solea star sorto;
54.7che non lo sommergean dei vizii l'acque,
54.8de le quai sempre al fondo il padre giacque.
55.1Con gran silenzio fece quella notte
55.2seco raccor da vent'uomini armati;
55.3e lontan dal castel, fra certe grotte
55.4che si trovan tra via, messe gli aguati.
55.5Quivi ad Olindro il dì le strade rotte,
55.6e chiusi i passi fur da tutti i lati;
55.7e ben che fe' lunga difesa e molta,
55.8pur la moglie e la vita gli fu tolta.
56.1Ucciso Olindro, ne menò captiva
56.2la bella donna, addolorata in guisa,
56.3ch'a patto alcun restar non volea viva,
56.4e di grazia chiedea d'essere uccisa.
56.5Per morir si gittò giù d'una riva
56.6che vi trovò sopra un vallone assisa;
56.7e non poté morir, ma con la testa
56.8rotta rimase, e tutta fiacca e pesta.
57.1Altrimente Tanacro riportarla
57.2a casa non poté che s'una bara.
57.3Fece con diligenzia medicarla;
57.4che perder non volea preda sì cara.
57.5E mentre che s'indugia a risanarla,
57.6di celebrar le nozze si prepara;
57.7ch'aver sì bella donna e sì pudica
57.8debbe nome di moglie, e non d'amica.
58.1Non pensa altro Tanacro, altro non brama,
58.2d'altro non cura, e d'altro mai non parla.
58.3Si vede averla offesa, e se ne chiama
58.4in colpa, e ciò che può, fa d'emendarla.
58.5Ma tutto è invano: quanto egli più l'ama,
58.6quanto più s'affatica di placarla,
58.7tant'ella odia più lui, tanto è più forte,
58.8tanto è più ferma in voler porlo a morte.
59.1Ma non però quest'odio così ammorza
59.2la conoscenza in lei, che non comprenda
59.3che, se vuol far quanto disegna, è forza
59.4che simuli, et occulte insidie tenda;
59.5e che 'l desir sotto contraria scorza
59.6(il quale è sol come Tanacro offenda)
59.7veder gli faccia; e che si mostri tolta
59.8dal primo amore, e tutto a lui rivolta.
60.1Simula il viso pace; ma vendetta
60.2chiama il cor dentro, e ad altro non attende.
60.3Molte cose rivolge, alcune accetta,
60.4altre ne lascia, et altre in dubbio appende.
60.5Le par che quando essa a morir si metta,
60.6avrà il suo intento; e quivi al fin s'apprende.
60.7E dove meglio può morire, o quando,
60.8che 'l suo caro marito vendicando?
61.1Ella si mostra tutta lieta, e finge
61.2di queste nozze aver sommo disio;
61.3e ciò che può indugiarle, a dietro spinge,
61.4non ch'ella mostri averne il cor restio.
61.5Più de l'altre s'adorna e si dipinge:
61.6Olindro al tutto par messo in oblio.
61.7Ma che sian fatte queste nozze vuole,
61.8come ne la sua patria far si suole.
62.1Non era però ver che questa usanza
62.2che dir volea, ne la sua patria fosse:
62.3ma, perché in lei pensier mai non avanza,
62.4che spender possa altrove, imaginosse
62.5una bugia, la qual le diè speranza
62.6di far morir chi 'l suo signor percosse:
62.7e disse di voler le nozze a guisa
62.8de la sua patria, e 'l modo gli devisa.
63.1"La vedovella che marito prende,
63.2deve, prima (dicea) ch'a lui s'appresse,
63.3placar l'alma del morto ch'ella offende,
63.4facendo celebrargli offici e messe,
63.5in remission de le passate mende,
63.6nel tempio ove di quel son l'ossa messe;
63.7e dato fin ch'al sacrificio sia,
63.8alla sposa l'annel lo sposo dia:
64.1ma ch'abbia in questo mezzo il sacerdote
64.2sul vino ivi portato a tale effetto
64.3appropriate orazion devote,
64.4sempre il liquor benedicendo, detto;
64.5indi che 'l fiasco in una coppa vòte,
64.6e dia alli sposi il vino benedetto:
64.7ma portare alla sposa il vino tocca,
64.8et esser prima a porvi su la bocca".
65.1Tanacro, che non mira quanto importe
65.2ch'ella le nozze alla sua usanza faccia,
65.3le dice: "Pur che 'l termine si scorte
65.4d'essere insieme, in questo si compiaccia".
65.5Né s'avede il meschin ch'essa la morte
65.6d'Olindro vendicar così procaccia,
65.7e sì la voglia ha in uno oggetto intensa,
65.8che sol di quello, e mai d'altro non pensa.
66.1Avea seco Drusilla una sua vecchia,
66.2che seco presa, seco era rimasa.
66.3A sé chiamolla, e le disse all'orecchia,
66.4sì che non poté udire uomo di casa:
66.5"Un subitano tòsco m'apparecchia,
66.6qual so che sai comporre, e me lo invasa;
66.7c'ho trovato la via di vita tôrre
66.8il traditor figliuol di Marganorre.
67.1E me so come, e te salvar non meno:
67.2ma diferisco a dirtelo più ad agio".
67.3Andò la vecchia, e apparecchiò il veneno,
67.4et acconciollo, e ritornò al palagio.
67.5Di vin dolce di Candia un fiasco pieno
67.6trovò da por con quel succo malvagio,
67.7e lo serbò pel giorno de le nozze;
67.8ch'omai tutte l'indugie erano mozze.
68.1Lo statuito giorno al tempio venne,
68.2di gemme ornata e di leggiadre gonne,
68.3ove d'Olindro, come gli convenne,
68.4fatto avea l'arca alzar su due colonne.
68.5Quivi l'officio si cantò solenne:
68.6trasseno a udirlo tutti, uomini e donne;
68.7e lieto Marganor più de l'usato,
68.8venne col figlio e con gli amici a lato.
69.1Tosto ch'al fin le sante esequie fôro
69.2e fu col tòsco il vino benedetto,
69.3il sacerdote in una coppa d'oro
69.4lo versò, come avea Drusilla detto.
69.5Ella ne bebbe quanto al suo decoro
69.6si conveniva, e potea far l'effetto:
69.7poi diè allo sposo con viso giocondo
69.8il nappo; e quel gli fe' apparire il fondo.
70.1Renduto il nappo al sacerdote, lieto
70.2per abbracciar Drusilla apre le braccia.
70.3Or quivi il dolce stile e mansueto
70.4in lei si cangia e quella gran bonaccia.
70.5Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto,
70.6e par ch'arda negli occhi e ne la faccia;
70.7e con voce terribile e incomposta
70.8gli grida: "Traditor, da me ti scosta!
71.1Tu dunque avrai da me solazzo e gioia,
71.2io lagrime da te, martìri e guai?
71.3Io vo' per le mie man ch'ora tu muoia:
71.4questo è stato venen, se tu nol sai.
71.5Ben mi duol c'hai troppo onorato boia,
71.6che troppo lieve e facil morte fai;
71.7che mani e pene io non so sì nefande,
71.8che fosson pari al tuo peccato grande.
72.1Mi duol di non vedere in questa morte
72.2il sacrificio mio tutto perfetto:
72.3che s'io 'l poteva far di quella sorte
72.4ch'era il disio, non avria alcun difetto.
72.5Di ciò mi scusi il dolce mio consorte:
72.6riguardi al buon volere, e l'abbia accetto;
72.7che non potendo come avrei voluto,
72.8io t'ho fatto morir come ho potuto.
73.1E la punizion che qui, secondo
73.2il desiderio mio, non posso darti,
73.3spero l'anima tua ne l'altro mondo
73.4veder patire; et io starò a mirarti".
73.5Poi disse, alzando con viso giocondo
73.6i turbidi occhi alle superne parti:
73.7"Questa vittima, Olindro, in tua vendetta
73.8col buon voler de la tua moglie accetta;
74.1et impetra per me dal Signor nostro
74.2grazia, ch'in paradiso oggi io sia teco.
74.3Se ti dirà che senza merto al vostro
74.4regno anima non vien, di' ch'io l'ho meco;
74.5che di questo empio e scelerato mostro
74.6le spoglie opime al santo tempio arreco.
74.7E che merti esser puon maggior di questi,
74.8spenger sì brutte e abominose pesti?"
75.1Finì il parlare insieme con la vita;
75.2e morta anco parea lieta nel volto
75.3d'aver la crudeltà così punita
75.4di chi il caro marito le avea tolto.
75.5Non so se prevenuta, o se seguita
75.6fu da lo spirto di Tanacro sciolto:
75.7fu prevenuta, credo; ch'effetto ebbe
75.8prima il veneno in lui, perché più bebbe.
76.1Marganor che cader vede il figliuolo,
76.2e poi restar ne le sue braccia estinto,
76.3fu per morir con lui, dal grave duolo
76.4ch'alla sprovista lo trafisse, vinto.
76.5Duo n'ebbe un tempo, or si ritrova solo:
76.6due femine a quel termine l'han spinto.
76.7La morte a l'un da l'una fu causata;
76.8e l'altra all'altro di sua man l'ha data.
77.1Amor, pietà, sdegno, dolore et ira,
77.2disio di morte e di vendetta insieme
77.3quell'infelice et orbo padre aggira,
77.4che, come il mar che turbi il vento, freme.
77.5Per vendicarsi va a Drusilla, e mira
77.6che di sua vita ha chiuse l'ore estreme;
77.7e come il punge e sferza l'odio ardente,
77.8cerca offendere il corpo che non sente.
78.1Qual serpe che ne l'asta ch'alla sabbia
78.2la tenga fissa, indarno i denti metta;
78.3o qual mastin ch'al ciottolo che gli abbia
78.4gittato il viandante, corra in fretta,
78.5e morda invano con stizza e con rabbia,
78.6né se ne voglia andar senza vendetta:
78.7tal Marganor d'ogni mastin, d'ogni angue
78.8via più crudel, fa contra il corpo esangue.
79.1E poi che per stracciarlo e farne scempio
79.2non si sfoga il fellon né disacerba,
79.3vien fra le donne di che è pieno il tempio,
79.4né più l'una de l'altra ci riserba;
79.5ma di noi fa col brando crudo et empio
79.6quel che fa con la falce il villan d'erba.
79.7Non vi fu alcun ripar, ch'in un momento
79.8trenta n'uccise, e ne ferì ben cento.
80.1Egli da la sua gente è sì temuto,
80.2ch'uomo non fu ch'ardisse alzar la testa.
80.3Fuggon le donne col popul minuto
80.4fuor de la chiesa, e chi può uscir, non resta.
80.5Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto
80.6dagli amici con prieghi e forza onesta,
80.7e lasciando ogni cosa in pianto al basso,
80.8fatto entrar ne la ròcca in cima al sasso.
81.1E tuttavia la còlera durando,
81.2di cacciar tutte per partito prese;
81.3poi che gli amici e 'l populo pregando,
81.4che non ci uccise a fatto, gli contese:
81.5e quel medesmo dì fe' andare un bando,
81.6che tutte gli sgombrassimo il paese;
81.7e darci qui gli piacque le confine.
81.8Misera chi al castel più s'avvicine!
82.1Da le mogli così furo i mariti,
82.2da le madri così i figli divisi.
82.3S'alcuni sono a noi venire arditi,
82.4nol sappia già chi Marganor n'avisi;
82.5che di multe gravissime puniti
82.6n'ha molti, e molti crudelmente uccisi.
82.7Al suo castello ha poi fatto una legge,
82.8di cui peggior non s'ode né si legge.
83.1Ogni donna che trovin ne la valle,
83.2la legge vuol (ch'alcuna pur vi cade)
83.3che percuotan con vimini alle spalle,
83.4e la faccian sgombrar queste contrade:
83.5ma scorciar prima i panni, e mostrar fàlle
83.6quel che Natura asconde et Onestade;
83.7e s'alcuna vi va, ch'armata scorta
83.8abbia di cavallier, vi resta morta.
84.1Quelle c'hanno per scorta cavallieri,
84.2son da questo nimico di pietate,
84.3come vittime, tratte ai cimiteri
84.4dei morti figli, e di sua man scannate.
84.5Leva con ignominia arme e destrieri,
84.6e poi caccia in prigion chi l'ha guidate:
84.7e lo può far; che sempre notte e giorno
84.8si trova più di mille uomini intorno.
85.1E dir di più vi voglio ancora, ch'esso,
85.2s'alcun ne lascia, vuol che prima giuri
85.3su l'ostia sacra, che 'l femineo sesso
85.4in odio avrà fin che la vita duri.
85.5Se perder queste donne e voi appresso
85.6dunque vi pare, ite a veder quei muri
85.7ove alberga il fellone, e fate prova
85.8s'in lui più forza o crudeltà si trova. -
86.1Così dicendo, le guerriere mosse
86.2prima a pietade, e poscia a tanto sdegno,
86.3che se, come era notte, giorno fosse,
86.4sarian corse al castel senza ritegno.
86.5La bella compagnia quivi pososse;
86.6e tosto che l'Aurora fece segno
86.7che dar dovesse al Sol loco ogni stella,
86.8ripigliò l'arme e si rimesse in sella.
87.1Già sendo in atto di partir, s'udiro
87.2le strade risonar dietro le spalle
87.3d'un lungo calpestio, che gli occhi in giro
87.4fece a tutti voltar giù ne la valle.
87.5E lungi quanto esser potrebbe un tiro
87.6di mano, andar per uno istretto calle
87.7vider da forse venti armati in schiera,
87.8di che parte in arcion, parte a pied'era;
88.1e che traean con lor sopra un cavallo
88.2donna ch'al viso aver parea molt'anni,
88.3a guisa che si mena un che per fallo
88.4a fuoco o a ceppo o a laccio si condanni:
88.5la qual fu, non ostante l'intervallo,
88.6tosto riconosciuta al viso e ai panni.
88.7La riconobber queste de la villa
88.8esser la cameriera di Drusilla:
89.1la cameriera che con lei fu presa
89.2dal rapace Tanacro, come ho detto,
89.3et a chi fu dipoi data l'impresa
89.4di quel venen che fe' 'l crudele effetto.
89.5Non era entrata ella con l'altre in chiesa;
89.6che di quel che seguì stava in sospetto:
89.7anzi in quel tempo, de la villa uscita,
89.8ove esser sperò salva, era fugita.
90.1Avuto Marganor poi di lei spia,
90.2la qual s'era ridotta in Ostericche,
90.3non ha cessato mai di cercar via
90.4come in man l'abbia, acciò l'abruci o impicche:
90.5e finalmente l'Avarizia ria,
90.6mossa da doni e da proferte ricche,
90.7ha fatto ch'un baron, ch'assicurata
90.8l'avea in sua terra, a Marganor l'ha data:
91.1e mandata glie l'ha fin a Costanza
91.2sopra un somier, come la merce s'usa,
91.3legata e stretta, e toltole possanza
91.4di far parole, e in una cassa chiusa:
91.5onde poi questa gente l'ha ad instanza
91.6de l'uom ch'ogni pietade ha da sé esclusa,
91.7quivi condotta con disegno ch'abbia
91.8l'empio a sfogar sopra di lei sua rabbia.
92.1Come il gran fiume che di Vesulo esce,
92.2quanto più inanzi e verso il mar discende,
92.3e che con lui Lambra e Ticin si mesce,
92.4et Ada e gli altri onde tributo prende,
92.5tanto più altiero e impetuoso cresce;
92.6così Ruggier, quante più colpe intende
92.7di Marganor, così le due guerriere
92.8se gli fan contra più sdegnose e fiere.
93.1Elle fur d'odio, elle fur d'ira tanta
93.2contra il crudel, per tante colpe, accese,
93.3che di punirlo, mal grado di quanta
93.4gente egli avea, conclusion si prese.
93.5Ma dargli presta morte troppo santa
93.6pena lor parve e indegna a tante offese;
93.7et era meglio fargliela sentire,
93.8fra strazio prolungandola e martìre.
94.1Ma prima liberar la donna è onesto,
94.2che sia condotta da quei birri a morte.
94.3Lentar di briglia col calcagno presto
94.4fece a' presti destrier far le vie corte.
94.5Non ebbon gli assaliti mai di questo
94.6uno incontro più acerbo né più forte;
94.7sì che han di grazia di lasciar gli scudi
94.8e la donna e l'arnese, e fuggir nudi:
95.1sì come il lupo che di preda vada
95.2carco alla tana, e quando più si crede
95.3d'esser sicur, dal cacciator la strada
95.4e da' suoi cani attraversar si vede,
95.5getta la soma, e dove appar men rada
95.6la scura macchia inanzi, affretta il piede.
95.7Già men presti non fur quelli a fuggire,
95.8che li fusson quest'altri ad assalire.
96.1Non pur la donna e l'arme vi lasciaro,
96.2ma de' cavalli ancor lasciaron molti,
96.3e da rive e da grotte si lanciaro,
96.4parendo lor così d'esser più sciolti.
96.5Il che alle donne et a Ruggier fu caro;
96.6che tre di quei cavalli ebbono tolti
96.7per portar quelle tre che 'l giorno d'ieri
96.8feron sudar le groppe ai tre destrieri.
97.1Quindi espediti segueno la strada
97.2verso l'infame e dispietata villa.
97.3Voglion che seco quella vecchia vada,
97.4per veder la vendetta di Drusilla.
97.5Ella che teme che non ben le accada,
97.6lo niega indarno, e piange e grida e strilla;
97.7ma per forza Ruggier la leva in groppa
97.8del buon Frontino, e via con lei galoppa.
98.1Giunseno in somma onde vedeano al basso
98.2di molte case un ricco borgo e grosso,
98.3che non serrava d'alcun lato il passo,
98.4perché né muro intorno avea né fosso.
98.5Avea nel mezzo un rilevato sasso
98.6ch'un'alta ròcca sostenea sul dosso.
98.7A quella si drizzâr con gran baldanza,
98.8ch'esser sapean di Marganor la stanza.
99.1Tosto che son nel borgo, alcuni fanti
99.2che v'erano alla guardia de l'entrata,
99.3dietro chiudon la sbarra, e già davanti
99.4veggion che l'altra uscita era serrata:
99.5et ecco Marganorre, e seco alquanti
99.6a piè e a cavallo, e tutta gente armata;
99.7che con brevi parole, ma orgogliose,
99.8la ria costuma di sua terra espose.
100.1Marfisa, la qual prima avea composta
100.2con Bradamante e con Ruggier la cosa,
100.3gli spronò incontro in cambio di risposta;
100.4e com'era possente e valorosa,
100.5senza ch'abbassi lancia, o che sia posta
100.6in opra quella spada sì famosa,
100.7col pugno in guisa l'elmo gli martella,
100.8che lo fa tramortir sopra la sella.
101.1Con Marfisa la giovane di Francia
101.2spinge a un tempo il destrier, né Ruggier resta,
101.3ma con tanto valor corre la lancia,
101.4che sei, senza levarsela di resta,
101.5n'uccide, uno ferito ne la pancia,
101.6duo nel petto, un nel collo, un ne la testa:
101.7nel sesto che fuggia l'asta si roppe,
101.8ch'entrò alle schene e riuscì alle poppe.
102.1La figliuola d'Amon quanti ne tocca
102.2con la sua lancia d'or, tanti n'atterra:
102.3fulmine par, che 'l cielo ardendo scocca,
102.4che ciò ch'incontra spezza e getta a terra.
102.5Il popul sgombra, chi verso la ròcca,
102.6chi verso il piano; altri si chiude e serra,
102.7chi ne le chiese e chi ne le sue case;
102.8né, fuor che morti, in piazza uomo rimase.
103.1Marfisa Marganorre avea legato
103.2intanto con le man dietro alle rene,
103.3et alla vecchia di Drusilla dato,
103.4ch'appagata e contenta se ne tiene.
103.5D'arder quel borgo poi fu ragionato,
103.6s'a penitenzia del suo error non viene:
103.7levi la legge ria di Marganorre,
103.8e questa accetti, ch'essa vi vuol porre.
104.1Non fu già d'ottener questo fatica;
104.2che quella gente, oltre al timor ch'avea
104.3che più faccia Marfisa che non dica,
104.4ch'uccider tutti et abbruciar volea,
104.5di Marganorre affatto era nimica
104.6e de la legge sua crudele e rea.
104.7Ma 'l populo facea come i più fanno,
104.8ch'ubbidiscon più a quei che più in odio hanno.
105.1Però che l'un de l'altro non si fida,
105.2e non ardisce conferir sua voglia,
105.3lo lascian ch'un bandisca, un altro uccida,
105.4a quel l'avere, a questo l'onor toglia.
105.5Ma il cor che tace qui, su nel ciel grida,
105.6fin che Dio e santi alla vendetta invoglia;
105.7la qual, se ben tarda a venir, compensa
105.8l'indugio poi con punizione immensa.
106.1Or quella turba d'ira e d'odio pregna
106.2con fatti e con mal dir cerca vendetta:
106.3com'è in proverbio, ognun corre a far legna
106.4all'arbore che 'l vento in terra getta.
106.5Sia Marganorre essempio di chi regna;
106.6che chi mal opra, male al fine aspetta.
106.7Di vederlo punir de' suoi nefandi
106.8peccati, avean piacer piccioli e grandi.
107.1Molti a chi fur le mogli o le sorelle
107.2o le figlie o le madri da lui morte,
107.3non più celando l'animo ribelle,
107.4correan per dargli di lor man la morte:
107.5e con fatica lo difeser quelle
107.6magnanime guerriere e Ruggier forte;
107.7che disegnato avean farlo morire
107.8d'affanno, di disagio e di martìre.
108.1A quella vecchia che l'odiava quanto
108.2femina odiare alcun nimico possa,
108.3nudo in mano lo dier, legato tanto,
108.4che non si scioglierà per una scossa;
108.5et ella, per vendetta del suo pianto,
108.6gli andò facendo la persona rossa
108.7con un stimulo aguzzo ch'un villano,
108.8che quivi si trovò, le pose in mano.
109.1La messaggiera e le sue giovani anco,
109.2che quell'onta non son mai per scordarsi,
109.3non s'hanno più a tener le mani al fianco,
109.4né meno che la vecchia, a vendicarsi;
109.5ma sì è il desir d'offenderlo, che manco
109.6viene il potere, e pur vorrian sfogarsi:
109.7chi con sassi il percuote, chi con l'unge;
109.8altra lo morde, altra cogli aghi il punge.
110.1Come torrente che superbo faccia
110.2lunga pioggia talvolta o nievi sciolte,
110.3va ruinoso, e giù da' monti caccia
110.4gli arbori e i sassi e i campi e le ricolte;
110.5vien tempo poi, che l'orgogliosa faccia
110.6gli cade, e sì le forze gli son tolte,
110.7ch'un fanciullo, una femina per tutto
110.8passar lo puote, e spesso a piede asciutto:
111.1così già fu che Marganorre intorno
111.2fece tremar, dovunque udiasi il nome;
111.3or venuto è chi gli ha spezzato il corno
111.4di tanto orgoglio, e sì le forze dome,
111.5che gli puon far sin a' bambini scorno,
111.6chi pelargli la barba e chi le chiome.
111.7Quindi Ruggiero e le donzelle il passo
111.8alla ròcca voltâr, ch'era sul sasso.
112.1La diè senza contrasto in poter loro
112.2chi v'era dentro, e così i ricchi arnesi,
112.3ch'in parte messi a sacco, in parte fôro
112.4dati ad Ullania et a' compagni offesi.
112.5Ricovrato vi fu lo scudo d'oro,
112.6e quei tre re ch'avea il tiranno presi,
112.7li quai venendo quivi, come parmi
112.8d'avervi detto, erano a piè senz'armi;
113.1perché dal dì che fur tolti di sella
113.2da Bradamante, a piè sempre eran iti
113.3senz'arme, in compagnia de la donzella
113.4la qual venìa da sì lontani liti.
113.5Non so se meglio o peggio fu di quella,
113.6che di lor armi non fusson guerniti.
113.7Era ben meglio esser da lor difesa;
113.8ma peggio assai, se ne perdean l'impresa:
114.1perché stata saria, com'eran tutte
114.2quelle ch'armate avean seco le scorte,
114.3al cimitero misere condutte
114.4dei duo fratelli, e in sacrificio morte.
114.5Gli è pur men che morir, mostrar le brutte
114.6e disoneste parti, duro e forte;
114.7e sempre questo e ogn'altro obbrobrio amorza
114.8il poter dir che le sia fatto a forza.
115.1Prima ch'indi si partan le guerriere,
115.2fan venir gli abitanti a giuramento,
115.3che daranno i mariti alle mogliere
115.4de la terra e del tutto il reggimento;
115.5e castigato con pene severe
115.6sarà chi contrastare abbia ardimento.
115.7In somma quel ch'altrove è del marito,
115.8che sia qui de la moglie è statuito.
116.1Poi si feccion promettere ch'a quanti
116.2mai verrian quivi, non darian ricetto,
116.3o fosson cavallieri, o fosson fanti,
116.4né 'ntrar li lascerian pur sotto un tetto,
116.5se per Dio non giurassino e per santi,
116.6o s'altro giuramento v'è più stretto,
116.7che sarian sempre de le donne amici,
116.8e dei nimici lor sempre nimici;
117.1e s'avranno in quel tempo, e se saranno,
117.2tardi o più tosto, mai per aver moglie,
117.3che sempre a quelle sudditi saranno,
117.4e ubbidienti a tutte le lor voglie.
117.5Tornar Marfisa, prima ch'esca l'anno,
117.6disse, e che perdan gli arbori le foglie;
117.7e se la legge in uso non trovasse,
117.8fuoco e ruina il borgo s'aspettasse.
118.1Né quindi si partîr, che de l'immondo
118.2luogo dov'era, fêr Drusilla tôrre,
118.3e col marito in uno avel, secondo
118.4ch'ivi potean più riccamente porre.
118.5La vecchia facea intanto rubicondo
118.6con lo stimulo il dosso a Marganorre:
118.7sol si dolea di non aver tal lena,
118.8che potesse non dar triegua alla pena.
119.1L'animose guerriere a lato un tempio
119.2videno quivi una colonna in piazza,
119.3ne la qual fatt'avea quel tiranno empio
119.4scriver la legge sua crudele e pazza.
119.5Elle, imitando d'un trofeo l'esempio,
119.6lo scudo v'attaccaro e la corazza
119.7di Marganorre e l'elmo; e scriver fenno
119.8la legge appresso, ch'esse al loco denno.
120.1Quivi s'indugiâr tanto, che Marfisa
120.2fe' por la legge sua ne la colonna,
120.3contraria a quella che già v'era incisa
120.4a morte et ignominia d'ogni donna.
120.5Da questa compagnia restò divisa
120.6quella d'Islanda, per rifar la gonna;
120.7che comparire in corte obbrobrio stima,
120.8se non si veste et orna come prima.
121.1Quivi rimase Ullania; e Marganorre
121.2di lei restò in potere: et essa poi,
121.3perché non s'abbia in qualche modo a sciorre,
121.4e le donzelle un'altra volta annoi,
121.5lo fe' un giorno saltar giù d'una torre,
121.6che non fe' il maggior salto a' giorni suoi.
121.7Non più di lei, né più dei suoi si parli,
121.8ma de la compagnia che va verso Arli.
122.1Tutto quel giorno, e l'altro fin appresso
122.2l'ora di terza andaro; e poi che furo
122.3giunti dove in due strade è il camin fesso
122.4(l'una va al campo, e l'altra d'Arli al muro)
122.5tornâr gli amanti ad abbracciarsi, e spesso
122.6a tor commiato, e sempre acerbo e duro.
122.7Al fin le donne in campo, e in Arli è gito
122.8Ruggiero; et io il mio canto ho qui finito.
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